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PER TUTTI

IGRAZION
M E
IM salari e previdenza

Anna Cecilia Rosso


.
Anna Cecilia Rosso

IMMIGRAZIONE, SALARI E
PREVIDENZA
ECONOMIA PER TUTTI
N° 15 Immigrazione, salari e previdenza
Di Anna Cecilia Rosso

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I QUADERNI DE LA GAZZETTA DELLO SPORT – Anno 29


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ERRATA CORRIGE
Si segnala che il nono volume della collana, Il mercato del
lavoro, è stato curato dal Professor Paolo Buonanno, non dalla
Professoressa Alessandra Bonfiglioli, come indicato in copertina.
Ci scusiamo per l’errore.
INDICE

Prefazione 7
Immigrazione, salari e previdenza 13
Bibliografia e sitografia 89
.
PREFAZIONE
PAOLO BUONANNO

Nel 1970, il numero di immigrati a li-


vello mondiale era pari a 84 milio-
ni. Nel 2021, secondo gli ultimi dati
dell’Organizzazione internazionale per
le migrazioni (Oim), è aumentato co-
stantemente, fino a superare i 272 mi-
lioni, tanto da essere spesso considera-
to come il sesto continente in continuo
movimento.
Nel 1990 gli immigrati in Italia era-
no circa 650.000, mentre, a distanza di
dieci anni, nel 2000, la loro presenza
era salita a 1,3 milioni di unità. Queste
cifre sono cresciute nel tempo, arrivan-

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ECONOMIA

do a toccare i 3,8 milioni nel 2010 e a


superare i 5 milioni nel 2015, rimanen-
do sostanzialmente stabili fino a oggi.
La percezione del fenomeno migra-
torio è però talvolta molto diversa dal-
la realtà e spesso distorta. In uno stu-
dio del 2018 condotto dall’Università
di Harvard, chiedendo quale fosse la
percentuale di immigrati sulla popola-
zione italiana, gli italiani rispondevano
in media il 29 per cento, quando inve-
ce rappresentavano circa il 9 per cento
del totale della popolazione residente.
Molto spesso, quando si affronta
il tema dell’immigrazione, è difficile
considerarne in modo obiettivo gli ef-
fetti sociali ed economici, prescinden-
do dalle percezioni e dai luoghi co-
muni. Quante volte, sia nel dibattito
politico sia nella quotidianità, ci sia-
mo trovati a sentire o a controbattere
ad affermazioni quali: «Gli immigra-
ti rubano il lavoro agli italiani», «Gli
immigrati utilizzano i servizi pubblici

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ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

ma non pagano le tasse», «Gli immi-


grati sono scarsamente istruiti» o «Gli
immigrati sono la causa dei bassi sala-
ri nel mercato del lavoro». In assenza
di una rigorosa analisi sia dei dati sia
delle teorie economiche è molto dif-
ficile comprendere e capire le diverse
sfaccettature e dimensioni del feno-
meno migratorio.
Innanzitutto, è fondamentale ana-
lizzare le ragioni che lo determinano.
Gli esseri umani da sempre si sposta-
no per migliorare le condizioni di vita,
in cerca di nuove opportunità lavora-
tive, per ricongiungersi con la famiglia
per motivi di studio o purtroppo an-
che per sfuggire a situazioni difficili,
come guerre, persecuzioni, abusi o di-
sastri naturali dovuti al cambiamento
climatico. Al tempo stesso è impor-
tante valutare come la composizione
della popolazione immigrata per na-
zionalità, età, genere e istruzione evol-
va nel corso del tempo, determinando,

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ECONOMIA

spesso, un significativo cambiamento


delle caratteristiche degli immigrati.
Come già sottolineato, negli ultimi
decenni, l’Italia ha registrato una ra-
pida crescita del fenomeno migrato-
rio, che l’ha trasformata da Paese di
emigrazione a Paese di immigrazio-
ne. L’immigrazione è diventata un te-
ma centrale nel dibattito politico, ma
al tempo stesso fonte di preoccupa-
zione per gli effetti sociali ed econo-
mici. Una indagine condotta nel 2018
dall’Istituto Carlo Cattaneo mostra
come il 58 per cento degli italiani ri-
tenga che l’immigrazione comporti
una riduzione dell’occupazione per i
nativi, rispetto alla media europea in-
feriore al 41 per cento.
Per questo risulta fondamentale
chiarire e di spiegare, con una parti-
colare attenzione al caso italiano, l’im-
patto dell’immigrazione sul merca-
to del lavoro (domanda di lavoro dei
nativi, salari medi, tipologia di occu-

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ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

pazioni, competenze) e sulle finanze


pubbliche (sistema di welfare e siste-
ma previdenziale). L’analisi degli effetti
dell’immigrazione non può prescinde-
re dall’integrazione con i cambiamenti
demografici tipici dei Paesi sviluppati
e particolarmente rilevanti nel conte-
sto italiano (invecchiamento della po-
polazione).
Comprendere quali siano i reali ef-
fetti dell’immigrazione sul mercato del
lavoro e sul sistema del welfare è fon-
damentale, sia per una corretta per-
cezione del fenomeno che, soprattut-
to, per l’implementazione di politiche
volte all’integrazione della popolazione
immigrata e al tempo stesso finalizza-
te alla sostenibilità del sistema econo-
mico e sociale.

11
.
IMMIGRAZIONE, SALARI E PREVIDENZA

I flussi migratori internazionali, nel


mondo e in Italia

Gli esseri umani da sempre si muovo-


no per migliorare le proprie condizioni
di vita, in cerca di opportunità lavora-
tive, per ricongiungersi con la famiglia,
per motivi di studio o, purtroppo, an-
che per sfuggire a situazioni difficili,
come guerre, persecuzioni, abusi o di-
sastri naturali dovuti al cambiamento
climatico.
I migranti internazionali sono indi-
vidui che si spostano dal Paese di na-
scita o di cittadinanza per raggiunge-

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ECONOMIA

re un Paese di nuova residenza e sono


classificati sia rispetto al loro Stato di
partenza, emigrati, sia rispetto a quello
di arrivo, immigrati. Lo spostamento
può essere temporaneo, e quindi circo-
scritto a un periodo di tempo limita-
to, oppure definitivo, nel caso in cui il
migrante decida di non tornare più. In
questo volume definiremo i migranti
sulla base del Paese di nascita (diverso
da quello di residenza), ci concentre-
remo quindi sui migranti internazio-
nali, tralasciando le migrazioni in-
terne, cioè l’insieme dei trasferimenti
entro i confini nazionali. Inoltre, in-
dicheremo con nativi la popolazione
non immigrata, ovvero le persone na-
te nel Paese in cui risiedono.
Il fenomeno migratorio viene di
solito quantificato in termini di stock
o di flussi. Lo stock di migranti è il
numero di persone che risiedono in
una regione del mondo diversa da
quella di origine, indipendentemen-

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ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

te da quando vi si sono insediati; per


misurare i flussi, invece, si conside-
ra un periodo temporale (per esem-
pio un anno) e si calcola la differenza
dello stock tra la fine e l’inizio del pe-
riodo in questione, che di fatto cor-
risponde ai nuovi arrivi al netto del-
le partenze.
Negli ultimi trent’anni, il fenome-
no immigratorio si è intensificato su
scala mondiale. Una prima e semplice
analisi dei dati è quella riportata nel-
la Figura 1. Nel 1990 lo stock tota-
le di immigrati nel mondo era di 225
milioni, il 2,9 per cento della popo-
lazione, mentre nel 2020 era di 272
milioni, circa il 20 per cento in più,
e rappresentava il 3,5 per cento della
popolazione. Questo aumento è do-
vuto a vari fattori, tra cui, per esem-
pio, l’ampliarsi delle differenze di
reddito tra regioni, che ha reso certi
Paesi più attraenti dal punto di vista
economico, ma anche la corrispon-

15
ECONOMIA

dente diminuzione dei costi di tra-


sporto e soprattutto del costo dell’in-
formazione. Ottenere informazioni
sulle opportunità offerte dal Paese in
cui si intende spostarsi o semplice-
mente accedere a un network di per-
sone che già vi risiede, rappresenta
un onere per chi decide di trasferirsi,
la cui entità però, proprio grazie al-
le nuove tecnologie, si è ridotta negli
ultimi anni. Studi recenti hanno in-
fatti mostrato come l’accesso a inter-
net abbia incrementato il desiderio di
emigrare, modificando la percezio-
ne della propria situazione nel Pae-
se di origine, rendendo quello di de-
stinazione più attraente agli occhi di
chi deve decidere di spostarsi, e im-
pattando quindi sulla volontà di mi-
gliorare le proprie condizioni di vita.
Spesso l’aumento di questo desiderio
è poi corrisposto a un vero e proprio
flusso migratorio.

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ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

Figura 1– Percentuale di migranti sul totale della


popolazione residente nel mondo
Fonte: United Nations Department of Economic and
Social Affairs, Population Division (2020). Interna-
tional Migrant Stock (2020)

I flussi migratori sono diretti prin-


cipalmente dal Sud verso il Nord del
mondo, da Africa, Asia e Sud America
verso Europa e Nord America. La com-
posizione dal punto di vista del gene-
re è molto simile: le donne sono circa
la metà delle persone che migrano. Gli
stessi dati mostrano che le dieci destina-

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ECONOMIA

zioni che attirano il maggior numero di


immigrati (circa la metà di tutti gli im-
migrati su scala internazionale) sono: gli
Stati Uniti, l’Arabia Saudita, la Germa-
nia, la Federazione russa, il Regno Uni-
to, gli Emirati Arabi Uniti, la Francia, il
Canada, l’Australia e la Spagna.
Dal punto di vista puramente conta-
bile, il fenomeno migratorio può essere
misurato sia come immigrazione in una
regione del mondo, sia come emigrazio-
ne dalla stessa in un periodo definito di
tempo. La differenza tra lo stock di im-
migrati e lo stock di emigrati da un Paese
o da una regione viene definito saldo mi-
gratorio. Il tasso migratorio, invece, è il sal-
do migratorio espresso come percentuale
della popolazione residente:

Saldo Migratoriot = Immigratit − Emigratit

Il grafico nella Figura 2 mostra lo


stock di immigrati e lo stock di emi-
grati nei cinque continenti. Parliamo di

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ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

saldo migratorio positivo di un Paese o


di una regione del mondo se il nume-
ro di immigrati è maggiore del numero
di emigrati, situazione nella quale il nu-
mero di persone in entrata (barra scu-
ra) è maggiore del numero di persone in
uscita (barra chiara). Il saldo è positivo
nei seguenti continenti: Europa, Nord
America e Oceania. In Africa, Asia e
Sud America, il saldo migratorio è in-
vece negativo: il numero di emigrati è
maggiore del numero di immigrati. In-
fine, il saldo può essere anche calcolato
rispetto alle caratteristiche sociodemo-
grafiche dei migranti (immigrati e emi-
grati con un alto livello di istruzione).
Non riporteremo queste differenze, ma
la distribuzione di emigrati e immigra-
ti tra continenti per livello di istruzione,
età e genere è diversa dalla distribuzio-
ne riportata in Figura 2. Come vedremo
più avanti, l’Italia ha un saldo migrato-
rio positivo, ma negativo se prendiamo
solo gli individui altamente istruiti.

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ECONOMIA

Europa

Figura 2 – Immigrati ed emigrati nel mondo nel 2020


Fonte: United Nations Department of Economic and
Social Affairs, Population Division (2020). Interna-
tional Migrant Stock (2020)

Soffermandoci sull’Unione europea,


i dati mostrano differenze tra un Pa-
ese e l’altro, sia in termini di stock sia
in percentuale rispetto alla popolazio-
ne residente. I dati Eurostat – l’Ufficio
statistico europeo responsabile di tut-
ti i dati ufficiali a livello europeo – del
2021 contano un totale di oltre 37 mi-
lioni di immigrati nei 27 Stati membri

20
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

dell’Ue, circa l’8,4 per cento della po-


polazione residente. La Germania ne
accoglie quasi un terzo, collocando-
si al primo posto per stock: 10 milioni,
che rappresentano il 12 per cento del-
la popolazione tedesca. In seconda po-
sizione si trova la Spagna con 5,4 mi-
lioni di immigrati, che corrispondono
al 14 per cento dei residenti, essendo
questi meno numerosi. Infine, al terzo
e quarto posto si collocano la Francia
con 5,2 milioni, il 13,9 per cento del-
la popolazione, e l’Italia con 5,2 milio-
ni, che equivalgono all’8,7 per cento dei
residenti, in linea con la media europea.
Il Lussemburgo è un caso molto parti-
colare: si tratta di un Paese piccolo con
una popolazione di 600.000 persone, la
metà delle quali è immigrata (300.000).
Gli stessi dati mostrano che, in tutti i
Paesi, la componente immigrata del-
la popolazione è in continua crescita, a
differenza invece della componente na-
tiva che è in calo. Le economie europee

21
ECONOMIA

stanno vivendo un rallentamento de-


mografico che – come vedremo nei ca-
pitoli successivi – rischia di avere con-
seguenze negative anche sulle finanze
pubbliche nazionali. L’aumento del-
la popolazione immigrata aiuta a con-
trobilanciare questo calo. Recenti dati
dell’Istituto nazionale di statistica ita-
liano (Istat) mostrano una diminuzio-
ne di quasi un milione di persone re-
sidenti in Italia tra il 2019 e il 2022: i
tassi di natalità sono ormai sempre in-
feriori ai tassi di mortalità e il Paese
non riesce a «rimpiazzare» a sufficien-
za chi muore con chi nasce. L’arrivo di
immigrati, tendenzialmente più giova-
ni dell’età media della popolazione, po-
trebbe quindi frenare questo fenomeno.

Perché i flussi migratori interessano


all’economia?

Le domande che si pongono gli stu-


diosi di economia in relazione ai flus-

22
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

si migratori riguardano in primo luo-


go la loro composizione in termini di
caratteristiche, definita come selezione
dei migranti, che analizza, per l’appun-
to, le caratteristiche dei migranti, oltre
alle motivazioni e ai fattori che spin-
gono le persone a prendere la decisio-
ne di spostarsi e vivere in un altro Pa-
ese. Questi si dividono in due gruppi:
da un lato, i pull factors, fattori econo-
mici, politici e sociali che attraggono
gli individui nei Paesi di destinazione,
per esempio salari, situazioni politiche
e istituzionali migliori; dall’altro ci so-
no i push factors, fattori economici, po-
litici e sociali che inducono gli indi-
vidui a emigrare dal Paese di origine.
La vera spinta migratoria rimane sem-
pre la speranza che le condizioni di vi-
ta possano solo migliorare.
In base alla ragione che spinge le
persone a spostarsi si possono definire
due tipi di migrazioni: il primo è quel-
la legato alla fuga (da guerre e situazio-

23
ECONOMIA

ni politiche incerte), il secondo – che


è anche quello che interessa in misu-
ra maggiore agli economisti – è detta-
to da motivazioni economiche. Questa
distinzione è osservabile anche a livello
istituzionale, in quanto implica diffe-
renze di trattamento, dal punto di vista
giuridico, delle due tipologie: i migran-
ti che fuggono da situazioni di insta-
bilità accedono ai Paesi di arrivo attra-
verso la protezione umanitaria, mentre
coloro che si spostano per ragioni eco-
nomiche, per esempio la differenza di
ricchezza tra Stati, sono regolati da ac-
cordi tra Paesi o da quote di accesso.
Nello studio delle motivazioni che
inducono le persone a migrare può es-
serci d’aiuto l’intuizione che ebbe, già
negli anni Trenta del XX secolo, il pre-
mio Nobel per l’Economia John Hi-
cks: le scelte migratorie dipendono
dalle differenze nei salari tra Paese di
destinazione e Paese di origine, al net-
to dei costi di migrazione (per esem-

24
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

pio, imparare una nuova lingua, il


viaggio, ecc.). Un individuo deciderà
di spostarsi se il flusso dei salari atte-
si nel Paese di destinazione sarà mag-
giore del flusso dei salari attesi nel Pa-
ese di origine al netto del costo, dove
per flusso di salari si intende la somma
di tutti i salari che il migrante si aspet-
ta di ottenere durante il periodo di re-
sidenza all’estero. Ovviamente si tratta
di un’approssimazione della realtà, ma
rappresenta sicuramente il punto di
partenza della teoria economica nel-
lo studio del processo di selezione de-
gli immigrati tra Paesi. Studi successi-
vi hanno articolato il modello di Hicks
introducendo la possibilità di definire
la probabilità di immigrare sulla base
delle caratteristiche dei migranti. Un
immigrato può essere selezionato po-
sitivamente o negativamente dal Pae-
se di nascita: la selezione è positiva se
il salario (o livello di istruzione) della
persona che si sposta si colloca sopra la

25
ECONOMIA

media nazionale dei salari (o livello di


istruzione); viceversa per quella nega-
tiva. La selezione, quindi, non dipen-
de solo dalla differenza dei salari medi
tra i due Paesi (destinazione e origine),
ma anche dalla differenza di rendi-
menti delle competenze tra Stati, ov-
vero quanto diversamente queste sono
valorizzate. Se il Paese di destinazio-
ne ha rendimenti maggiori rispet-
to ai rendimenti di quello di origine,
secondo il modello, i migranti saran-
no selezionati positivamente dal Paese
di origine, mentre se i rendimenti nel
Paese ospite sono minori, la selezione
sarà negativa. Per esempio, i migranti
con elevati livelli di istruzione saran-
no più indirizzati verso realtà naziona-
li che valorizzano maggiormente (con
rendimenti alti) le loro competenze. I
rendimenti delle competenze rappre-
sentano quindi una misura del prezzo
delle competenze stesse e dipendono
dalla distribuzione dei salari nei due

26
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

Paesi. I rendimenti sono elevati do-


ve ci sono alti livelli di disuguaglianza
del reddito, mentre sono più bassi do-
ve la disuguaglianza è minore. Questo
significa che avremo selezione positiva
dei migranti verso Paesi più disuguali
e selezione negativa dei migranti verso
quelli meno disuguali rispetto al Pae-
se di partenza.
Il modello appena descritto ci per-
mettere di sostenere che le differenze
di competenze dei migranti tra i Paesi
di destinazione, rispetto a quelli di par-
tenza dipendono principalmente dalle
diverse condizioni economiche. Pas-
sando dalla teoria alla pratica, per ana-
lizzare la selezione, la prima tipologia
di analisi empirica da svolgere è sicura-
mente la descrizione delle caratteristi-
che dei migranti: il livello di istruzione,
l’età e il genere.
All’interno di questo ambito, un
tema molto dibattuto è quello del-
la «fuga dei cervelli» (brain drain). Il

27
ECONOMIA

fenomeno del brain drain si verifica


quando la selezione dei migranti è po-
sitiva, cioè quando i migliori per istru-
zione (o salari) decidono di lasciare il
proprio Paese. Il brain drain, da un
lato, comporta un vantaggio a livello
globale, perché i lavoratori si sposta-
no in regioni dove le loro competenze
sono meglio valorizzate; dall’altro ri-
schia di impoverire il Paese di origi-
ne, con possibili conseguenze negative
su chi invece decide di non emigra-
re. In ultima analisi, la fuga dei cer-
velli può indirettamente rappresentare
un’opportunità per il Paese di prove-
nienza: una volta rientrati, grazie alle
nuove competenze acquisite all’estero,
potrebbero avere effetti positivi pro-
prio sull’economia nazionale.
La seconda domanda a cui cerche-
remo di dare una risposta nei capitoli
successivi riguarda invece l’integrazio-
ne economica degli immigrati nel Pa-
ese di destinazione. Una volta arrivati,

28
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

gli immigrati entrano nel mercato del


lavoro con una penalità (un salario in
media più basso rispetto ai nativi), do-
vuta alla mancanza di competenze spe-
cifiche del Paese di arrivo, per esem-
pio, la conoscenza della lingua e delle
istituzioni. Questa penalità diminui-
sce all’aumentare del tempo trascorso
nel nuovo Paese, garantendo quindi al-
la popolazione immigrata la possibilità
di integrarsi dal punto di vista econo-
mico. Infine, l’entrata degli immigrati
nel nuovo mercato del lavoro può ave-
re delle conseguenze anche sui nati-
vi, sulla misura delle quali, per più di
vent’anni, gli economisti hanno dibat-
tuto in cerca di una soluzione. Dedi-
cheremo la seconda parte del capitolo
sui salari degli immigrati, proprio all’a-
nalisi teorica ed empirica degli effetti
dell’immigrazione sul mercato del la-
voro. È necessario aggiungere che una
parte della letteratura si focalizza anche
sull’effetto dell’emigrazione sul merca-

29
ECONOMIA

to del lavoro delle persone che sono ri-


maste nel Paese di nascita. In breve, dal
punto di vista del Paese di destinazio-
ne, il flusso migratorio rappresenta uno
shock che aumenta la forza lavoro cre-
ando un possibile disequilibrio nell’e-
conomia; viceversa, per il Paese di ori-
gine il flusso migratorio diminuisce la
forza lavoro, compromettendo ugual-
mente l’equilibrio economico. Per po-
terlo ripristinare e quindi riassorbire lo
shock, sono necessari degli aggiusta-
menti economici che avvengono, per
esempio, attraverso una variazione del
salario medio.
La terza parte di questo volume è
dedicata all’effetto dei flussi migratori
sul welfare – ovvero l’insieme delle po-
litiche messe in atto per garantire assi-
stenza e benessere ai cittadini – di uno
Stato. Negli ultimi anni, soprattutto a
causa dell’invecchiamento della popo-
lazione nei Paesi di destinazione, mol-
ti governi si sono trovati ad affronta-

30
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

re il tema della sostenibilità della spesa


pubblica, cresciuta in seguito all’au-
mento della spesa assistenziale e pre-
videnziale: la popolazione invecchia e
grava maggiormente sulle casse dello
Stato. A differenza dei nativi, gli im-
migrati sono più giovani e partecipano
altamente al mercato del lavoro. Parte
degli studi degli ultimi anni si è con-
centrata proprio sull’apporto degli im-
migrati alla sostenibilità della spesa as-
sistenziale e previdenziale.

Il fenomeno migratorio in Italia

Alla domanda su quale sia la percen-


tuale di immigrati nella popolazione
italiana, gli italiani rispondono in me-
dia il 29 per cento. Questi sono i da-
ti di un recente studio del 2018, svolto
da professori dell’Università di Har-
vard, sulla percezione della presenza di
immigrati in alcuni Paesi europei, tra
cui l’Italia. Al contrario, secondo i da-

31
ECONOMIA

ti Istat del 2020, il numero di residen-


ti stranieri è risultato pari a 5,1 mi-
lioni di persone, circa l’8,7 per cento
del totale della popolazione residen-
te. Lo stesso studio mostra come gli
italiani percepiscano il fenomeno mi-
gratorio in modo molto diverso dal-
la realtà, non solo per quanto riguarda
la numerosità («quanti sono gli immi-
grati?»), ma anche in relazione alle ca-
ratteristiche della popolazione immi-
grata («gli immigrati che arrivano in
Italia sono istruiti e lavorano?»). Que-
ste informazioni sono quindi necessa-
rie e ci aiutano a capire i fatti legati
all’immigrazione nel nostro Paese.
Il numero di immigrati in Italia è in
aumento. L’Istat nel 2010 contava circa
3,8 milioni di immigrati, che, in undici
anni, sono aumentati del 34 per cento.
Ma vediamo ora la composizione del-
la popolazione immigrata in termini di
Paese di origine, genere e istruzione.

32
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

Da dove arrivano gli immigrati italiani?


In termini di stock, il Paese straniero
con una quota maggiore è la Romania (1
milione di persone), seguita dall’Albania
(421.000) e dal Marocco (414.000). Lo
stock però può essere diverso dai flus-
si. Infatti, come abbiamo visto nel pri-
mo capitolo, le variazioni negli equili-
bri geopolitici ed economici portano a
cambiamenti anche nella composizio-
ne degli immigrati per Paese di origi-
ne. I flussi tra il 2020 e il 2021 hanno
visto una diminuzione degli immigrati
rumeni e un aumento della popolazio-
ne immigrata di altra provenienza, co-
me per esempio dalla Cina. I cinesi non
rappresentano la componente immigra-
ta più numerosa in Italia, tuttavia i flussi
in entrata negli ultimi anni sono stati tra
i più alti: rispetto al 2020 sono cresciuti
del 14 per cento sull’anno. A conclusio-
ni simili, ma di entità minore, si può ar-
rivare per gli immigrati dal Bangladesh
e dal Pakistan.

33
ECONOMIA

Tra gli immigrati in Italia, ci sono più uomi-


ni o più donne?
I dati mostrano delle similitudini con
il resto del mondo. Lo stock di don-
ne immigrate in Italia è molto simi-
le a quello degli uomini, con una per-
centuale intorno al 51, che è rimasta
stabile negli ultimi anni. Vi sono però
delle interessanti differenze che ri-
guardano i Paesi di origine. In genera-
le, alcuni sono sovrarappresentati dal-
la popolazione femminile, Paesi in cui
la probabilità per le donne di emigrare
in Italia è maggiore rispetto a quella
degli uomini, come l’Ucraina, il Brasi-
le o la Turchia; nel caso di altri, inve-
ce, l’emigrazione in Italia è prevalen-
temente maschile, come Bangladesh,
Pakistan, Senegal o Argentina. Que-
sto scarto, come anticipato, può es-
sere dovuto a fattori socioculturali
del Paese di provenienza (per esem-
pio, la guerra in Ucraina, da cui prin-
cipalmente sono solo le donne a poter

34
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

scappare), ma anche a ragioni econo-


miche legate al Paese di destinazione
(come la domanda di lavoro in alcu-
ne occupazioni). Infine, esistono de-
gli accordi bilaterali (Italia-Paese di
origine), a supporto di flussi migrato-
ri con determinate caratteristiche, che
stabiliscono le quote dei permessi di
soggiorno per entrare in Italia, riser-
vate proprio a chi arriva tramite que-
sti accordi (accordi di cooperazione in
materia immigratoria) e definite an-
nualmente dal decreto flussi.

In che regioni troviamo il maggior numero


di immigrati?
In Italia, la maggior parte degli immi-
grati si stabilisce in Lombardia, Lazio,
Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e
Piemonte.

Qual è l’età media degli immigrati in Italia?


Gli immigrati sono più giovani del-
la popolazione nativa: hanno in me-

35
ECONOMIA

dia 36 anni di età, dieci anni in me-


no rispetto agli italiani (46 anni). La
fascia anagrafica più numerosa tra gli
immigrati è quelle tra i 30 e 39 an-
ni. Il grafico rappresentato in Figura 3
mostra la differenza nella distribuzio-
ne per fasce di età della popolazione
italiana (rappresentata dal colore più
scuro) e della popolazione immigrata
(di colore chiaro). Ogni barra del gra-
fico rappresenta esattamente la per-
centuale di persone per fascia di età,
la quale è data dal rapporto tra il nu-
mero di individui in quella fascia e il
totale di persone, native o immigrate.
Per esempio, nella fascia di età 30-39
rientra il 21 per cento del totale del-
le persone immigrate in Italia e solo
il 10 per cento di italiani; se prendia-
mo invece la fascia di età 60-69 anni,
la percentuale passa al 6 per la popo-
lazione immigrata e al 13 per quel-
la italiana. Risulta quindi chiaro che
gli immigrati sono sovrarappresentati

36
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

(in percentuale maggiore) nelle fasce


di età sotto i 49 anni, e quindi quel-
li in età lavorativa (18-65 anni) sono
più numerosi.

Figura 3 – Percentuale di immigrati e nativi per


fasce di età nel 2021
Fonte: Dati Eurostat 2021

Quanto sono istruiti gli immigrati italiani?


Una domanda ricorrente è proprio
quella che riguarda le competenze, mi-
surate attraverso il livello di istruzio-
ne, degli immigrati nel nostro Paese.
I dati mostrano che il livello di istru-
zione degli immigrati è in media bas-
so, sia rispetto alla popolazione italia-

37
ECONOMIA

na sia rispetto agli immigrati negli altri


Paesi dell’Unione europea, che invece
riescono ad attrarre persone maggior-
mente istruite: il 50 per cento della po-
polazione immigrata in Italia non di-
spone del diploma di scuola superiore.
Recenti studi del Migration Observa-
tory, presso il Centro Studi Luca d’A-
gliano, rivelano che i Paesi con più al-
te percentuali di immigrati dotati di
istruzione terziaria (laurea universita-
ria) nella popolazione nativa riescono
ad attirare immigrati più istruiti. Come
esempio illustrativo, prendiamo pro-
prio il caso dell’Italia. L’Italia si collo-
ca agli ultimi posti per quanto riguarda
le dimensioni della popolazione laure-
ata (20 per cento). Lo stesso vale per gli
immigrati: solo il 14 per cento di loro
– la percentuale più bassa tra tutti i Pa-
esi europei – ha una laurea. Immigrati
più istruiti, quindi, si spostano in Pae-
si in cui anche la popolazione residen-
te è più istruita. Questa relazione è de-

38
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

terminata da diversi fattori, tra cui le


differenze nei rendimenti delle compe-
tenze (quanto sono valorizzate), di cui
abbiamo parlato prima.
L’integrazione degli immigrati nel
mercato del lavoro del Paese ospite è
sicuramente un argomento rilevante
nello studio dell’economia delle migra-
zioni. Per questo motivo, nel terzo ca-
pitolo, affronteremo il tema dal punto
di vista teorico. Per completare l’analisi
sugli immigrati nel mercato del lavoro
italiano prendiamo spunto dai dati rac-
colti dal Migration Observatory e os-
serviamo il tasso di occupazione sia de-
gli italiani che degli immigrati in Italia.
Lo studio ci pone davanti a un fatto
molto interessante. Il tasso di occupa-
zione degli italiani nativi è del 66 per
cento, ciò significa che il 66 per cen-
to degli italiani in età lavorativa è oc-
cupata; questo valore si colloca però al
di sotto della media europea, che in-
vece è pari al 76 per cento. Gli immi-

39
ECONOMIA

grati in Italia registrano un tasso di oc-


cupazione del 62 per cento, che risulta
più elevato se consideriamo solo quelli
che risiedono nel Paese da più tempo.
Il differenziale tra immigrati e nativi
italiani nei tassi di occupazione è di 4
punti percentuali, differenziale minore
rispetto alla media europea, che inve-
ce si colloca intorno ai 10 punti per-
centuali. Queste informazioni ci per-
mettono di affermare che da un lato, in
termini di occupazione, i nativi italiani
sono molto distanti dai nativi di altri
Paesi europei, dall’altro che gli immi-
grati in Italia mostrano un compor-
tamento sul mercato del lavoro molto
più in linea con quello degli immigrati
nel resto dell’Europa, pur avendo livel-
li di istruzione inferiori.
Nell’analisi del mercato del lavoro
conta non solo la probabilità di ave-
re un impiego, ma anche il tipo di im-
piego. In generale, in molti Paesi di
destinazione, così come anche in Ita-

40
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

lia, gli immigrati hanno una proba-


bilità maggiore rispetto ai nativi di
trovare lavori poco qualificati ed ele-
mentari. Le motivazioni possono es-
sere varie e dipendere, per esempio,
da fattori socioculturali, dal livello di
conoscenza della lingua e delle isti-
tuzioni o semplicemente dal tipo di
immigrazione. Studi precedenti han-
no inoltre dimostrato che le caratteri-
stiche sociodemografiche degli immi-
grati (età, genere, istruzione) spiegano
solo in parte le differenze tra tassi di
occupazione e tipi di occupazione tra
immigrati e nativi. Cultura, istituzioni
o anche fenomeni discriminatori pos-
sono di fatto rallentare l’integrazione
dei cittadini stranieri, influenzando la
loro performance sul mercato del la-
voro. L’accesso a occupazioni elemen-
tari e meno qualificate ha a sua volta
un effetto sui salari degli immigrati:
questi ultimi sono generalmente pa-
gati meno dei nativi, di conseguen-

41
ECONOMIA

za la probabilità di trovarsi nella fa-


scia bassa della distribuzione dei salari
nella popolazione è maggiore.

Come entrano gli immigrati in Italia?


I cittadini che arrivano da Stati mem-
bri dell’Unione europea (comunita-
ri) non hanno bisogno di permessi di
soggiorno o di lavoro per vivere e la-
vorare nel Paese che li ospita. L’Ita-
lia fa parte dell’area Schengen, istitu-
ita nel 1985 con l’omonimo Trattato,
all’interno della quale i cittadini dei
Paesi aderenti possono circolare libe-
ramente senza controlli alle frontiere.
Questa misura è valida per qualsiasi
motivo di spostamento, come studio,
lavoro o vacanza. I cittadini non comu-
nitari possono vivere in Italia esclusi-
vamente se dotati di un permesso di
soggiorno rilasciato per ragioni diver-
se – lavoro, ricongiungimento familia-
re – dallo Stato italiano e la cui durata
varia nel tempo.

42
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

Il numero di permessi di soggiorno


concessi in Italia per motivi di lavoro
viene stabilito dal decreto flussi su base
annua. Questo canale di ingresso, pur
essendo il più interessante per la no-
stra economia, si sta progressivamen-
te chiudendo negli anni: la quota dei
permessi è diminuita da circa 157.000
per lavoro subordinato non stagionale
e autonomo e 80.000 per lavoro stagio-
nale nel 2007 a circa 30.000 per il pri-
mo e 44.000 per il secondo nel 2023.
L’arrivo di migranti economici in Italia
risulta quindi più complesso.
Per entrare in Italia, tra le varie pos-
sibilità a disposizione dei cittadini
stranieri, vi è la richiesta di protezio-
ne umanitaria attraverso una doman-
da di asilo, a cui spesso ricorrono anche
migranti economici in mancanza di al-
ternative valide. Le domande vengono
quindi rigettate a causa dell’assenza di
una vera motivazione, il che è norma-
le se si è un migrante economico. Una

43
ECONOMIA

volta che la richiesta è rigettata, il go-


verno italiano dovrebbe rimpatriare
gli stranieri a cui non è stata conces-
sa protezione umanitaria. La soluzio-
ne del rimpatrio è di fatto una missio-
ne impossibile: l’unica reale alternativa
è quella di diventare immigrati irrego-
lari, nella speranza di essere messi in
regola attraverso successive sanatorie
(ovvero, atti amministrativi o legislativi
volti a legittimare uno stato anomalo di
cose che si protrae nel tempo). Così è
successo negli ultimi anni in Italia (sa-
natoria del 2002 e del 2020). È dove-
roso dire che questo meccanismo non è
però la norma. Lo scopo di questo pa-
ragrafo è proprio quello di sottoline-
are l’esistenza di un rischio legato alla
chiusura progressiva del canale di ac-
cesso al mercato del lavoro italiano re-
golare. I dati mostrano che la maggio-
ranza degli immigrati in Italia risulta,
appunto, entrata regolarmente: attra-
verso le domande di riunificazione fa-

44
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

miliare accolte, attraverso le richieste di


asilo accettate o attraverso il permesso
di soggiorno da lavoro.
Il problema della chiusura dei ca-
nali di accesso per lavoro porta quin-
di a una soluzione dell’immigrazione
subottimale, che ha un costo notevo-
le per la nostra economia sia dal punto
di vista fiscale e delle finanze pubbli-
che, sia dal punto di vista della sicu-
rezza per i cittadini. Un immigrato ir-
regolare lavora in nero, non paga tasse
e contributi, pur avendo accesso ai ser-
vizi pubblici come istruzione e sanità,
e mostra una maggiore propensione a
delinquere. Come vedremo, l’Italia ha
invece molto bisogno degli immigrati
economici, in quanto lavorano e paga-
no regolarmente le tasse e i contributi,
riuscendo così ad aiutare il Paese a far
fronte alla crisi demografica. Si è in-
fatti stimato che senza il lavoro degli
immigrati, il nostro Prodotto interno
lordo rischierebbe di essere inferiore

45
ECONOMIA

a quello attuale, le famiglie avrebbero


meno aiuti domestici, le aziende agri-
cole incontrerebbero maggiori difficol-
tà a trovare manodopera e gli ospeda-
li a reclutare personale infermieristico.

E gli emigrati?

Anche in Italia, come negli altri Pa-


esi, ci sono flussi migratori sia in en-
trata che in uscita. Gli emigrati italia-
ni hanno però caratteristiche diverse
dalla popolazione immigrata. Cer-
chiamo di capire chi sono gli emigrati
italiani all’estero: caratteristiche e luo-
ghi di espatrio. La migliore fonte di
dati per questa analisi è sicuramente
l’Anagrafe degli italiani residenti all’e-
stero (Aire), il registro di tutti gli ita-
liani che hanno spostato la loro resi-
denza da un comune italiano a una
località fuori dai confini nazionali.
La registrazione all’Aire è obbligato-
ria per periodi superiori ai dodici me-

46
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

si. Secondo stime recenti, il numero di


italiani con residenza estera è superio-
re a 5 milioni, non troppo diverso da
quello di immigrati residenti in Italia.
Quindi, anche in questo caso, la per-
centuale di emigrati sulla popolazio-
ne italiana è intorno all’8,7 per cento.
Il saldo migratorio netto risulta, an-
che se di poco, sicuramente positivo:
più di 5,4 milioni gli immigrati e 5,1
milioni gli emigrati.
La quota di emigrati italiani è in for-
te aumento rispetto ai primi anni Due-
mila. Gli spostamenti riguardano tut-
to il territorio italiano e in percentuale
simile uomini e donne, sebbene, negli
anni precedenti alla pandemia da Co-
vid-19, gli emigrati provenissero per la
maggior parte dal Nord Italia e da zo-
ne con alti livelli di istruzione.
I principali Paesi di destinazione
si trovano in Europa (Regno Unito,
Germania, Francia e Spagna), mentre,
fuori dall’Unione europea, gli italiani

47
ECONOMIA

puntano a Brasile, Stati Uniti, Svizze-


ra e Argentina. I tassi di emigrazio-
ne sono più alti e in crescita tra gli in-
dividui sotto ai 35 anni; in termini di
istruzione, le competenze sono più
elevate rispetto alla media di chi ri-
mane. Gli emigrati, quindi, sono gio-
vani e più istruiti e il loro numero è in
continuo aumento.
Queste informazioni risultano più
preoccupanti se paragonate alle carat-
teristiche dei flussi in entrata. Il sal-
do migratorio netto calcolato solo per
gli individui con un alto tasso di istru-
zione risulta infatti negativo: a parità
di competenze, il numero di immigra-
ti in Italia è più basso del numero di
emigrati. Il rischio che l’Italia corre in
questa situazione è quello di perdere
progressivamente i cittadini più istru-
iti senza riuscire ad attrarre immigra-
ti ugualmente qualificati. L’effetto del-
la fuga dei cervelli interessa l’Italia per
due motivi: il primo è legato al sistema

48
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

previdenziale, come vedremo nei capi-


toli successivi, il secondo, invece, alla
ricchezza del Paese, che con la perdi-
ta degli individui più produttivi si im-
poverisce, soprattutto nell’eventualità
in cui gli emigrati italiani decidano di
non rientrare.

Immigrazione, integrazione nel mercato


del lavoro e salari

Una volta entrati, gli immigrati devono


potersi integrare nella società e nell’e-
conomia del Paese che li ospita.
Il processo di integrazione degli im-
migrati nel mercato del lavoro risul-
ta importante per due fattori. Il primo
riguarda il benessere della stessa popo-
lazione immigrata, che deve poter aspi-
rare a una vita dignitosa anche nel Pa-
ese di destinazione; il secondo riguarda
la popolazione nativa, perché l’immi-
grazione ha conseguenze anche sul lo-
ro benessere.

49
ECONOMIA

Il livello di integrazione degli im-


migrati sul mercato del lavoro si mi-
sura come differenza tra il salario dei
nativi e quello degli immigrati: se è
positiva, significa che il salario medio
dei nativi è maggiore rispetto a quel-
lo degli immigrati. Chiamiamo que-
sto differenziale incondizionato, cioè il
differenziale nei salari tra immigrati
e nativi che non prende in conside-
razione le caratteristiche sociodemo-
grafiche, importanti per il merca-
to del lavoro (genere, età e livello di
istruzione), tra i due gruppi. Le di-
verse caratteristiche tra immigrati e
nativi potrebbero invece parzialmen-
te spiegare il differenziale tra salari.
Attraverso tecniche econometriche di
analisi dei dati, è possibile cercare di
assottigliare il divario tra i due grup-
pi e quindi misurare il differenzia-
le salariale tra immigrati e nativi «co-
me se» fossero simili. In questo caso
si parla di differenza condizionata al-

50
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

le caratteristiche osservabili, la qua-


le può rimanere simile alla differenza
incondizionata, azzerarsi o addirittu-
ra diventare positiva. Il risultato di-
pende dal funzionamento del mer-
cato e dall’esistenza di imperfezioni.
Nel caso in cui questa differenza ri-
manga negativa, l’interpretazione che
viene data dagli economisti è che, a
parità di caratteristiche tra immigra-
ti e nativi, ci sono altri fattori, spesso
non osservabili (come istituzioni, cul-
tura, discriminazione), per cui il sa-
lario degli immigrati risulta più bas-
so di quello dei nativi. Se immigrati
e nativi hanno salari diversi perché
hanno caratteristiche diverse, tenuto
conto di questo scarto, la differenza
condizionata si annulla. Infine, quan-
do la differenza condizionata diventa
positiva, vuol dire che gli immigrati
presentano caratteristiche «migliori»
dal punto di vista del mercato del la-
voro, quindi dovrebbero ricevere sala-

51
ECONOMIA

ri più alti, ma, per fattori non osserva-


bili, hanno salari più bassi.
Questa analisi risulta molto uti-
le perché ci permette di capire qua-
li aspetti influenzano l’integrazione
degli immigrati nel mercato del la-
voro, tra cui, per esempio, il periodo
di tempo passato nel Paese di desti-
nazione. Banalmente, a parità di livel-
lo di istruzione, un immigrato arriva-
to da più tempo sarà più integrato al
Paese ospitante, anche solo perché ha
una conoscenza maggiore della lin-
gua, delle istituzioni, del funziona-
mento del mercato del lavoro, quindi
riuscirà a «contrattare» salari maggio-
ri. Nel calcolo del differenziale sala-
riale tra immigrati e nativi la variabi-
le tempo deve necessariamente essere
presa in considerazione; è infatti pos-
sibile stimare il tasso di avvicinamen-
to dei salari degli immigrati a quelli
dei nativi per ogni anno trascorso nel
mercato del lavoro del Paese di arrivo.

52
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

Con il tempo, la differenza di salario


tra i due gruppi dovrebbe quindi di-
minuire. La velocità di integrazione sa-
lariale è un’approssimazione della ve-
locità a cui la distanza tra i salari dei
due gruppi si riduce e permette di cal-
colare gli anni che devono passare af-
finché un immigrato riceva un salario
pari a quello di un nativo. Essa dipen-
de dal tasso di crescita dei salari per
i due gruppi. In generale, dall’analisi
dei dati sulle differenze salariali si os-
serva che, quando gli immigrati entra-
no nel Paese, soffrono di una penali-
tà iniziale (salario più basso rispetto a
quello dei nativi), ma, avendo una cre-
scita annuale di salario più veloce ri-
spetto ai nativi il differenziale tende a
chiudersi.
L’esistenza di un processo di inte-
grazione è legata alla possibilità di ac-
quisire competenze specifiche, impor-
tanti per il Paese di destinazione, che
completano le competenze generiche

53
ECONOMIA

acquisite in quello di origine (istru-


zione); gli immigrati hanno quindi la
possibilità di trasferire le competen-
ze più generiche affinché possano es-
sere utilizzate e valorizzate nel Pae-
se di arrivo.
Prendiamo l’esempio proposto in
Tabella 1. Nel periodo 0 gli immi-
grati arrivano nel Paese e hanno sa-
lari inferiori a quelli dei nativi: i pri-
mi guadagnano 5 euro all’ora mentre i
secondi 10 euro all’ora, il doppio. I sa-
lari di entrambi i gruppi aumentano,
ma il tasso di crescita è maggiore per
gli immigrati (30 per cento l’anno) ri-
spetto ai nativi (20 per cento). Il dif-
ferenziale nel tasso di crescita dei sa-
lari tra nativi e immigrati nei primi
anni trascorsi è riscontrabile anche
nella realtà, quindi è un’ipotesi molto
realistica. Se il tasso di crescita rima-
ne costante nel tempo, per esempio
non ci sono shock all’economia, do-
po nove anni di residenza nel Paese,

54
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

gli immigrati riescono a raggiungere


il livello dei salari dei nativi. In questo
esempio il tempo necessario affinché
un processo di integrazione si conclu-
da è di nove anni.

Anno 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Immi-
grati (€/ 5,00 6,50 8,45 10,99 14,28 18,56 24,13 31,37 40,79 53,02
ora)

Nativi
(€/ora) 10,00 12,00 14,40 17,28 20,74 24,88 29,86 35,83 43,00 51,60

Tabella 1 – Esempio di integrazione salariale

Un’analisi simile può essere fatta an-


che rispetto al tasso di occupazione, la
percentuale di occupati sulla popola-
zione in età lavorativa, e al tipo di la-
voro svolto. I dati mostrano che in ge-
nerale gli immigrati presentano tassi di
occupazione inferiori rispetto ai nativi
e che questa differenza, sebbene tenda
ad attenuarsi, non sparisce completa-
mente; il loro valore diventa più simile

55
ECONOMIA

all’aumentare del numero di anni pas-


sati dall’arrivo degli immigrati.
L’integrazione nel mercato del la-
voro può variare non solo in base alle
caratteristiche sociodemografiche de-
gli immigrati, rispetto a quelle dei na-
tivi, ma anche in base a fattori isti-
tuzionali. Un esempio interessante è
proprio quello osservabile in Euro-
pa, tra immigrati che arrivano da altri
Paesi comunitari e immigrati che ar-
rivano da Paesi fuori dall’Unione eu-
ropea: un recente studio del Migra-
tion Observatory ha mostrato come
i tassi di occupazione dei primi sono
da subito simili a quelli della popola-
zione nativa, mentre i tassi di occu-
pazione degli immigrati extraeuropei
risultano minori rispetto a quelli dei
residenti, anche a parità di altre carat-
teristiche. Gli immigrati comunita-
ri, essendo parte dello spazio Schen-
gen, godono di condizioni di accesso
al mercato del lavoro più favorevo-

56
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

li (non hanno bisogno di permessi di


soggiorno, il che riduce alcuni costi,
per esempio quelli legati alla burocra-
zia di un visto, e ne facilita l’assun-
zione) rispetto agli immigrati non co-
munitari, e questi diritti facilitano la
loro integrazione sul mercato del la-
voro, aumentando la probabilità di
trovare impiego.
Oltre a studiare i meccanismi di in-
tegrazione degli immigrati sul mer-
cato del lavoro, gli economisti si sono
focalizzati sull’effetto che l’immigra-
zione ha avuto sul mercato del lavo-
ro dei nativi, principalmente su sala-
ri e occupazione di questi ultimi. A
tal proposito ci serviamo della teo-
ria economica. Innanzitutto, conside-
riamo un’economia in cui ci sono solo
due tipi di lavoratori: quelli qualifica-
ti e quelli non qualificati; inoltre, ipo-
tizziamo che il lavoro di immigrati e
nativi sia sostituibile, ovvero che, te-
oricamente, il lavoro di una persona

57
ECONOMIA

nativa può essere svolto ugualmente


da una persona immigrata. In queste
condizioni, un incremento del nume-
ro degli immigrati – in maggioranza
non qualificati – porta a un innalza-
mento del salario medio, a un abbas-
samento dei salari dei lavoratori la
cui offerta relativa è cresciuta a cau-
sa dell’aumento dell’immigrazione (i
non qualificati) e a un rialzo dei sala-
ri dei lavoratori la cui offerta relativa è
stata diminuita dall’arrivo degli immi-
grati (i qualificati).
Prendiamo la Tabella 2. A tito-
lo esemplificativo, supponiamo che
nel periodo 1 si hanno solo lavorato-
ri nativi, 60 qualificati e 60 non qua-
lificati; l’offerta di lavoratori qualifica-
ti risulta quindi identica a quelle dei
lavoratori non qualificati (50 per cen-
to). Nel periodo 2 entrano 30 immi-
grati non qualificati nell’economia e
0 immigrati qualificati. Questo flus-
so di migranti aumenta l’offerta di la-

58
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

voratori non qualificati e lascia inva-


riata l’offerta di lavoratori qualificati;
inoltre, anche l’offerta relativa dei la-
voratori non qualificati è cresciuta ri-
spetto a quella di lavoratori qualifica-
ti. Questo comporta un disequilibrio
sul mercato del lavoro: un eccesso di
offerta di lavoro non qualificato e un
eccesso di domanda di lavoro qualifi-
cato. Gli equilibri di mercato saran-
no ripristinati attraverso un aggiusta-
mento dei salari: una diminuzione per
i lavoratori in eccesso di offerta (non
qualificati), perché sono relativamen-
te più numerosi rispetto a quelli di cui
il mercato ha bisogno, e un aumento
per i lavoratori in eccesso di domanda
(qualificati), in quanto relativamente
meno numerosi. Nel periodo 3 entra-
no immigrati qualificati, riportando
l’economia all’equilibrio del periodo
1, in cui le percentuali di qualificati
e non qualificati erano simili. Questo
secondo aggiustamento avverrà grazie

59
ECONOMIA

a un abbassamento dei salari dei lavo-


ratori qualificati, la cui offerta relati-
va è aumentata, a un incremento per i
non qualificati, la cui offerta relativa al
contrario è diminuita, e a una riduzio-
ne del salario medio.

Lavoratori Periodo 1 Periodo 2 Periodo 3


Nativi
60 60 60
qualificati

Nativi non
60 60 60
qualificati

Immigrati
0 0 30
qualificati

Immigrati
0 30 30
non qualificati

Offerta assoluta

Qualificati 60 60 90

Non qualificati 60 90 90

Offerta relativa

Qualificati 50 per cento 40 per cento 50 per cento

Non qualificati 50 per cento 60 per cento 50 per cento

Tabella 2 – Distribuzione dei lavoratori qualificati e


non qualificati in seguito all’arrivo degli immigrati

60
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

Se le offerte relative dei lavoratori


qualificati e non qualificati, tra il primo
e il secondo periodo, rimanessero inva-
riate (50 per cento per entrambi), i sa-
lari non cambierebbero.
Il modello appena descritto però
non prende in considerazione alcuni
fattori importanti che, come ha mo-
strato la letteratura economica, pos-
sono interferire con il meccanismo
appena descritto. L’arrivo degli im-
migrati è accompagnato anche da un
incremento dei consumi di prodot-
ti e servizi, che a sua volta aumenta
la produzione e la domanda di lavoro.
I nativi non sono lavoratori perfetta-
mente sostituibili agli immigrati, il cui
arrivo può portare a uno spostamen-
to dei primi verso occupazioni diverse,
con la conseguenza che nativi e immi-
grati diventano, nella stessa economia,
fattori di produzione complementa-
ri (il lavoro di un gruppo dà suppor-
to ed è necessario a quello dell’altro):

61
ECONOMIA

gli immigrati si dedicano a occupazio-


ni che spesso i nativi non vogliono più
fare; i lavoratori decidono di lasciare
le regioni in cui arrivano gli immigra-
ti, spostandosi semplicemente in altre
zone del Paese. Questi fattori devono
essere presi in considerazione nell’a-
nalisi gli effetti prodotti dall’immigra-
zione sul mercato del lavoro, perché,
se presenti, attenuano le variazioni di
salario descritte dal modello proposto.
Dal punto di vista teorico, l’effetto
dell’immigrazione sul mercato del la-
voro è chiaro. Ma cosa succede nella
realtà e cosa dicono i dati? A questa
domanda non c’è una risposta im-
mediata e gli economisti per decen-
ni hanno cercato di misurare come e
se l’immigrazione abbia avuto un im-
patto sui salari dei nativi. Per poterlo
stimare, è necessario delineare una si-
tuazione che possa in qualche modo
simulare quella che l’economia avreb-
be vissuto se non fossero arrivati gli

62
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

immigrati; grazie all’uso di tecniche


econometriche diverse, gli studio-
si sono arrivati a conclusioni spesso
molto simili. Essi concordano qua-
si sempre sul fatto che l’immigrazio-
ne ha effetti nulli sui salari dei nativi
nel Paese di destinazione, e, nei ca-
si in cui un effetto esista, l’entità dello
stesso è molto piccola.
Mostriamo ora, a titolo di esem-
pio, una ricerca svolta da economi-
sti del lavoro proprio su questo tema.
Lo studio del 2013 analizza gli effet-
ti dell’immigrazione partendo pro-
prio dalla differenza di distribuzione
del reddito tra gli immigrati e i nati-
vi nel Regno Unito e mostra, in primo
luogo, che gli immigrati si classifica-
no nella parte bassa della distribuzio-
ne dei salari e hanno, quindi, proba-
bilità maggiori rispetto ai nativi di
essere meno retribuiti. Partendo da
questo risultato, gli studiosi osserva-
no che l’immigrazione ha quindi de-

63
ECONOMIA

gli effetti negativi solo sui salari dei


nativi che si concentrano nella parte
bassa della distribuzione, riducendo-
li ulteriormente; al contrario, le con-
seguenze saranno positive per i nativi
con salari più alti. L’innovazione in-
trodotta da questa ricerca, rispetto alle
precedenti, risiede nell’analisi dell’in-
tera distribuzione dei salari, e non so-
lo dei salari medi o dei salari dei la-
voratori qualificati e non qualificati,
come invece indicato dal modello te-
orico. Ciò si deve al fenomeno dello
skill downgrade: gli immigrati hanno
in media livelli di istruzione più alti
rispetto ai nativi, ma lavorano in oc-
cupazioni meno qualificate rispet-
to alle loro competenze. Seguendo il
modello teorico, gli studiosi avrebbero
dovuto riscontrare effetti negativi sui
salari dei lavoratori più qualificati, in
seguito a un aumento dei lavori qua-
lificati dovuto all’immigrazione, inve-
ce così non è stato. Il fenomeno dello

64
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

skill downgrade spinge gli immigra-


ti verso la parte più bassa della distri-
buzione; seppure qualificati, gli immi-
grati non competeranno con i nativi
qualificati, ma con quelli meno quali-
ficati, che invece hanno salari minori.
Parallelamente, i nativi che si trovano
nella parte più alta della distribuzione,
beneficeranno dell’immigrazione con
effetti positivi sui salari.
Oltre a quelli sui salari, studi empi-
rici recenti hanno mostrato l’esisten-
za di effetti su altre variabili di interes-
se legate al mercato del lavoro, tra cui
l’occupazione o la scelta del tipo di oc-
cupazione da parte dei nativi. In par-
ticolare, una ricerca condotta in Ame-
rica ha stimato quanto l’immigrazione
di infermieri qualificati abbia impatta-
to sull’occupazione degli infermieri na-
tivi. I risultati sono molto interessanti.
L’arrivo di personale straniero ha ge-
nerato un displacement, o spostamen-
to, dei nativi verso altre occupazioni:

65
ECONOMIA

per ogni immigrato che inizia a lavo-


rare come infermiere qualificato ne-
gli Stati Uniti, il numero di infermie-
ri nativi si riduce di circa 1-2 unità, pur
non diminuendo la qualità del servizio.
I nativi continuano a lavorare, ma cam-
biano mestiere e settore, per esempio
quello dell’istruzione elementare. L’au-
mento dell’immigrazione di infermieri,
inoltre, ha portato a un miglioramen-
to delle opportunità di accesso ai ser-
vizi sanitari, soprattutto nelle zone più
disagiate del Paese, influendo positiva-
mente sulla redistribuzione della spe-
sa sanitaria.
Una parte degli studi economici si
è concentrata sui flussi migratori di
individui qualificati, high-skilled mi-
gration, analizzandone l’impatto non
solo sul mercato del lavoro dei nati-
vi, ma anche su altre variabili di inte-
resse per l’economia. Negli Stati Uni-
ti, negli ultimi anni si è assistito a un
incremento del numero di immigra-

66
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

ti Stem (science, technology, engineering


and mathematics), che sono passati dal
6 per cento a circa un terzo del totale
degli immigrati americani. Il dato in-
teressante è che proprio a questo au-
mento è stato attribuito il migliora-
mento della capacità innovativa (per
esempio, la creazione di brevetti o di
impresa) del Paese.
Ma il fenomeno migratorio esi-
ste da sempre, si pensi alle emigrazio-
ni di massa dei cittadini europei all’ini-
zio del XX secolo. La digitalizzazione
di registri storici della popolazione ha
permesso lo studio del mercato del la-
voro degli immigrati giunti negli Sta-
ti Uniti tra il 1850 e il 1915. Prima di
tutto, un dato interessante è che il di-
battito politico in tema di integrazione
degli immigrati nel mercato del lavo-
ro non era molto lontano da quello di
oggi. In secondo luogo, gli immigrati
americani in quel periodo raggiunge-
vano percentuali superiori a quelle at-

67
ECONOMIA

tuali. Alcuni studi, poi, hanno mostra-


to che negli Stati Uniti gli immigrati
erano selezionati più negativamente ri-
spetto alla popolazione di origine e che
il processo di integrazione era sicura-
mente più rapido: il differenziale sala-
riale in entrata era minore o inesisten-
te e i tassi di crescita dei salari erano
da subito molto simili a quelli del re-
sto della popolazione. Le ragioni sono
probabilmente legate all’entità del fe-
nomeno migratorio, sicuramente mag-
giore rispetto a oggi, ma anche alla ne-
cessità del lavoro degli immigrati ai
fini dello sviluppo stesso del Paese, che
agevolava il processo di integrazione.
In ultima analisi è importante ricor-
dare che anche l’emigrazione può ave-
re degli effetti sul mercato del lavo-
ro (salari e occupazione) di chi invece
non si è spostato. Gli studi più impor-
tanti si sono concentrati su alcuni Pae-
si che negli ultimi anni hanno visto un
aumento dei flussi migratori in uscita:

68
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

Messico verso gli Stati Uniti, Est Eu-


ropa verso il resto del continente. Par-
ticolarmente interessante è proprio il
caso messicano: tra il 1960 e il 2002 il
tasso emigratorio, espresso come nu-
mero di emigrati sul totale dalla po-
polazione messicana, è passato dal 2
per cento al 10 per cento. Si stima che
questo fenomeno abbia influito positi-
vamente sui salari dei messicani rima-
sti nel Paese, soprattutto su quelli dei
lavoratori più qualificati. Al contrario,
un’analisi sull’emigrazione italiana ha
dimostrato che la fuga dei giovani cer-
velli dal nostro Paese abbia ridotto il
numero di imprese create, con un con-
seguente impoverimento dell’econo-
mia nazionale. Le imprese più colpite
sono state quelle ad alto contenuto tec-
nologico, la cui importanza deriva dal-
la loro capacità di trainare la produtti-
vità e rendere il sistema economico più
dinamico.

69
ECONOMIA

Immigrazione e previdenza

Nel capitolo precedente, abbiamo vi-


sto i processi di integrazione degli im-
migrati nel mercato del lavoro e co-
me questi possano produrre effetti sul
mercato del lavoro dei nativi. Abbia-
mo inoltre osservato che la popolazio-
ne immigrata è in media più giovane
di quella ospitante, sia grazie ai nuo-
vi arrivi, sia grazie al fatto che, una vol-
ta andata in pensione, una buona par-
te di questa preferisce tornare nel Paese
di origine, riducendo la percentuale di
immigrati nelle fasce più anziane. Scel-
te e caratteristiche sociodemografiche
degli immigrati hanno a loro volta un
impatto sulle finanze pubbliche del Pa-
ese di destinazione. Per introdurre l’ar-
gomento, vediamo prima di tutto come
funziona il bilancio di uno Stato e solo
in seguito il ruolo dei flussi migratori.
Il bilancio di uno Stato può esse-
re rappresentato, molto semplicemen-

70
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

te, come differenza tra entrate e uscite.


Se le uscite sono maggiori delle en-
trate, si parla di deficit pubblico, vice-
versa di avanzo. L’insieme delle uscite
costituisce la spesa pubblica, cioè le spe-
se effettuate dallo Stato e da altri en-
ti per produrre beni e servizi pubblici e
quelle per interessi sul debito pubblico;
essa include, per esempio, la spesa di
gestione della Pubblica Amministra-
zione (stipendi dei dipendenti pubbli-
ci), la spesa assistenziale e di previden-
za (welfare), ma anche quella per beni
e servizi e per trasferimenti finalizzati
proprio al perseguimento degli obiet-
tivi statali. Sull’altro fronte si trovano
invece le entrate tributarie, che posso-
no essere divise in tributi diretti (Ir-
pef, ovvero l’Imposta sul reddito delle
persone fisiche, le tasse sull’automobi-
le, ecc.) o tributi indiretti (Iva, l’Impo-
sta sul valore aggiunto, Irap, l’Imposta
regionale sulle attività produttive, ecc.),
ma anche i contributi sociali, cioè quel-

71
ECONOMIA

li pagati sia dai lavoratori che dai da-


tori di lavoro per pensioni e assistenza.
Le voci di spesa assistenziale e pre-
videnziale rappresentano l’insieme de-
gli interventi da parte dello Stato con
il fine di garantire sostegno a tutti i cit-
tadini. Tra questi vi sono istruzione e
sanità, le pensioni e altri servizi offerti
dalla Pubblica Amministrazione, come
i mezzi di trasporto, supporto al mer-
cato del lavoro o sicurezza di fronte a
situazioni emergenziali. La spesa pen-
sionistica coincide, soprattutto in Ita-
lia, a una quota importante di quel-
la complessiva in welfare, seguita dalla
spesa per sanità e infine dalla spesa per
l’istruzione. Il sistema pensionistico
italiano è a ripartizione (pay-as-you-
go) e prevede che i contributi paga-
ti dai lavoratori in un certo momento
siano utilizzati per erogare le pensio-
ni nello stesso periodo. Questo signi-
fica che le pensioni di oggi sono in-
teramente pagate dai contributi degli

72
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

individui ancora attivi sul mercato del


lavoro; perciò se il numero di lavoratori
diminuisce, perché sempre meno gio-
vani entrano sul mercato del lavoro, si
riducono anche i soggetti in grado di
pagare le pensioni, rendendo il sistema
insostenibile.
La sostenibilità delle finanze pub-
bliche, misurata in termini di varia-
zione temporale della differenza tra le
entrate e le uscite dello Stato, dipen-
de quindi in larga misura da fattori
demografici e dalla partecipazione al
mercato del lavoro dei cittadini. In ge-
nerale, una popolazione giovane e atti-
va economicamente influisce sulle en-
trate e sulle uscite statali in due modi:
dal lato della spesa, la quota di giova-
ni a carico del sistema assistenziale e
previdenziale è minore, perché si trat-
ta di servizi di cui usufruiscono pro-
porzionalmente in misura maggiore le
persone anziane; dal lato delle entrate,
una partecipazione più attiva al mer-

73
ECONOMIA

cato del lavoro innalza il reddito del


Paese, aumentando il gettito – ovvero
l’entrata complessiva derivante da una
o più imposte – dello Stato attraver-
so il pagamento dei tributi diretti, dei
tributi indiretti per consumi maggiori
e dei contributi previdenziali. Quindi,
i giovani incidono maggiormente sul-
le entrate e pesano meno sulla spesa.
L’Ocse (l’Organizzazione per la coo-
perazione e lo sviluppo economico) ha
stimato che nel 2018 cento lavoratori
pagavano le pensioni a circa 68,6 per-
sone, mentre nel 2050, se la popola-
zione continua a invecchiare, la rela-
zione si invertirà, e i cento lavoratori
dovranno pagare le pensioni a 105,7
persone.
E gli immigrati come influenza-
no la sostenibilità delle finanze dello
Stato? In primo luogo, la popolazio-
ne immigrata, essendo più giovane,
può modificare la struttura demogra-
fica del Paese. L’Italia, infatti, invec-

74
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

chia molto rapidamente, sia perché


l’aspettativa di vita si è alzata sia per-
ché il tasso di fertilità è in diminu-
zione. Inoltre, i tassi di emigrazione
degli italiani, in crescita dopo la cri-
si del 2008-09 e in larga misura bas-
si dal punto di vita anagrafico, con-
tribuiscono a questo peggioramento.
L’immigrazione e il conseguente mu-
tamento della struttura demografi-
ca agiscono proprio sulla composi-
zione della spesa pubblica, che oggi
è più indirizzata a coprire i bisogni
delle persone più anziane. La spe-
sa assistenziale e previdenziale in ca-
po agli immigrati è minore, mentre
il loro contributo alle entrate è mag-
giore rispetto al resto della popola-
zione. Per quanto riguarda il sistema
pensionistico, l’aumento dell’immi-
grazione innalza il monte contribu-
ti necessario per pagare le pensioni;
al tempo stesso, la popolazione im-
migrata è più attiva economicamen-

75
ECONOMIA

te e può quindi influire positivamen-


te sulla crescita economica. Nel 2017,
l’Organizzazione internazionale per
le migrazioni – unità interna alle Na-
zioni Unite che si occupa proprio di
immigrazione – ha stimato che gli
immigrati erano responsabili di quasi
il 10 per cento del Pil italiano. Flussi
migratori in entrata, dunque, contri-
buiscono all’aumento della ricchezza
dell’economia, da un lato attraverso
il lavoro dipendente, dall’altro tra-
mite la creazione di attività impren-
ditoriali. In Italia, le imprese gestite
da immigrati rappresentano circa il 9
per cento del totale delle imprese in-
dividuali.
Il risultato, dal punto di vista teo-
rico, è sicuramente positivo e il mes-
saggio che se ne trae è che l’immigra-
zione può aiutare i Paesi a sostenere
le finanze pubbliche. Il dibattito po-
litico ed economico degli ultimi an-
ni si è infatti concentrato molto su

76
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

questo tema e sulla possibilità che gli


immigrati partecipino alla spesa per
welfare, più di quanto ne utilizzano.
Per calcolare con certezza il contri-
buto netto degli immigrati alle finan-
ze pubbliche, è necessario analizzare
i dati a diposizione e misurare costi,
ovvero l’accesso e utilizzo di beni e
servizi pubblici, e benefici, le tasse di-
rette pagate sul reddito e le indirette
pagate sui consumi, per gli immigra-
ti regolari presenti nel Paese. Il calco-
lo di costi e benefici si basa su ipotesi
necessarie per ottenere la stima di al-
cuni fattori difficilmente quantifica-
bili, per esempio le tasse sui consumi.
Gli studiosi concordano che gli im-
migrati aiutano a sostenere le finan-
ze dello Stato, proprio modificando
la composizione della spesa pubbli-
ca, diminuendo cioè quella per wel-
fare e influendo positivamente sui bi-
lanci dei sistemi di protezione.

77
ECONOMIA

La misurazione dell’impatto dei flussi


migratori sulle finanze pubbliche

La misurazione dell’effetto dei flussi


migratori sulle finanze pubbliche di-
pende da alcune ipotesi. In primis, la
definizione del gruppo di riferimen-
to: chi sono i migranti e come si con-
siderano i loro figli? I figli degli im-
migrati, la seconda generazione, sono
importanti in questo calcolo perché
usufruiscono della spesa per istruzio-
ne, ma una volta raggiunta la mag-
giore età possono, per esempio, esse-
re ritenuti nativi. È importante poi
definire il tipo di analisi che si vuo-
le condurre: se di breve o lungo pe-
riodo, se considerare tutti gli immi-
grati o solo quelli arrivati nel Paese
da poco.
Sicuramente il metodo più sempli-
ce è quello che permette di arrivare
a un’approssimazione del contributo
fornito dalla popolazione immigra-

78
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

ta alle entrate e alle uscite dello Stato.


Come visto in precedenza, le entra-
te sono fonte di reddito per lo Sta-
to, dipendono, a loro volta, dai red-
diti dichiarati dai cittadini (anche
immigrati) e si misurano come tasse
e contributi su questi stessi redditi (in
Italia, l’Irpef, i contributi previdenzia-
li), oltre che come tasse indirette (l’I-
va) sui consumi. La stima di questi
ultimi è più complicata, perché la di-
stribuzione dei cittadini immigrati in
termini di reddito – e quindi di con-
sumi – è diversa rispetto a quella dei
nativi e bisogna, per esempio, suppor-
re che il loro consumo sia più simile a
quello dei nativi con lo stesso reddito.
Una volta misurato il livello di consu-
mo, è possibile quantificare il contri-
buto degli immigrati in termini di tri-
buti indiretti.
Per quanto riguarda le uscite, il cal-
colo può essere fatto attraverso il me-
todo del costo medio, che approssima

79
ECONOMIA

l’uso della spesa pubblica a una me-


dia per ogni beneficiario; il costo me-
dio viene poi allocato in proporzione
agli utilizzatori immigrati. Prendia-
mo, solo come esempio, le spese per
la sanità, sebbene lo stesso principio
di allocazione si applica ugualmen-
te anche alle altre. Qualora la popo-
lazione immigrata rappresentasse il
20 per cento di coloro che usufrui-
scono dei servizi sanitari, la spesa per
sanità in capo agli immigrati sarebbe
il 20 per cento del totale. Ipotizzia-
mo che le spese sanitarie ammontino
a 1000 euro e il numero complessivo
dei beneficiari a 100, di cui 20 immi-
grati, ovvero il 20 per cento: la spe-
sa per sanità allocata agli immigrati
sarebbe di 200 euro e l’utilizzo me-
dio, uguale tra tutti i cittadini (immi-
grati e non), sarebbe di 10 euro. La
spesa per istruzione verrebbe invece
allocata sulla base del numero di uti-
lizzatori, gli alunni stranieri, che fre-

80
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

quentano la scuola pubblica: se questi


fossero il 10 per cento, per esempio,
la spesa per istruzione in capo agli
immigrati sarebbe pari al 10 per cen-
to del totale.
La Fondazione Leone Moressa cal-
cola ogni anno il contributo netto de-
gli stranieri in Italia, mostrando co-
me la differenza tra entrate e uscite
sia positiva, proprio grazie alla bassa
incidenza della spesa previdenziale:
la popolazione immigrata è composta
da un numero minore di beneficiari
(utilizzatori) della spesa per pensioni.
Alcuni fattori possono cambiare
questa tendenza. Come anticipato nei
paragrafi precedenti, la chiusura del
canale del lavoro, con il conseguen-
te aumento dell’ingresso attraverso ri-
congiungimenti famigliari, rischia di
portare solo a un aumento della spe-
sa per welfare. Infatti, gli immigrati
che non entrano per ragioni lavorati-
ve hanno probabilità minori di con-

81
ECONOMIA

tribuire alle entrate dello Stato, perché


non hanno un’occupazione ma posso-
no usufruire della sanità e dell’istru-
zione; perciò la loro integrazione al
mercato del lavoro, sia dipendente sia
autonomo, diventa indispensabile af-
finché contribuiscano positivamente
alla sostenibilità delle finanze pubbli-
che. In questo senso, un caso interes-
sante è rappresentato dall’immigra-
zione comunitaria e non comunitaria.
Come anticipato, rispetto agli immi-
grati da Paesi non europei, quelli pro-
venienti da Stati membri dell’Ue so-
no più integrati al mercato del lavoro
che li ospita: registrano tassi di occu-
pazione più alti e svolgono impieghi
migliori; il loro contributo netto alle
finanze dei Paesi di arrivo è maggiore
rispetto a quello di altri gruppi di im-
migrati.
Infine, l’impatto degli immigrati
sul bilancio dello Stato dipende mol-
to dalle loro caratteristiche socio-

82
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

demografiche. Uno studio di Dust-


mann e Frattini del 2014 mostra
come anche nel Regno Unito gli im-
migrati siano contribuenti netti per
le finanze pubbliche e non incidano
affatto sui costi. In generale, perché
questo avvenga, è necessario tuttavia
che i flussi immigratori siano conti-
nuativi, al fine di assicurare una dif-
ferenza demografica tra immigrati e
nativi vantaggiosa per i Paesi di de-
stinazione, e che i regolari processi di
integrazione nel mercato del lavoro si
svolgano velocemente.

Il calcolo della posizione previdenziale


degli immigrati in Italia

L’Inps – Istituto nazionale per la pre-


videnza sociale – in Italia ha calcola-
to la posizione previdenziale (le pen-
sioni) maturata dai lavoratori stranieri
registrati e assicurati. Il saldo tra con-
tributi e prestazioni erogate è positivo

83
ECONOMIA

e potrebbe rimanere tale per molti al-


tri anni. I dati mostrano che, nel 2016, i
cittadini stranieri hanno pagato contri-
buti per 8 miliardi di euro e usufruito
della spesa pubblica sociale per 5 mi-
liardi; il contributo netto risulta quin-
di positivo e corrisponde a 3 miliardi.
Sempre l’Inps, in uno studio del
2017, ha quantificato l’ammontare di
contributi totali pagati dagli stranieri
tra il 1960 e il 2016, pari a 241,2 mi-
liardi di euro, valore massimo e valu-
tato a tassi di interesse di lungo pe-
riodo (nel caso in cui il calcolo fosse
fatto utilizzando altri indici di infla-
zione il valore sarebbe di 181 miliar-
di, valore minimo del contributo ri-
portato nell’esercizio di calcolo. È
importante ricordare che si tratta di
un’approssimazione della realtà). Per
il calcolo delle prestazioni pensioni-
stiche, come anticipato, bisogna fare
delle ipotesi sulla popolazione di ri-
ferimento. In questa misura si consi-

84
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

derano solo le persone che hanno già


maturato un’anzianità sufficiente per
richiedere la pensione. Il sistema pen-
sionistico italiano ha subìto delle va-
riazioni proprio nel periodo in que-
stione, perciò alcuni individui erano
soggetti al sistema precedente al
1995, altri a quello retributivo intro-
dotto con la riforma Dini. I primi do-
vevano avere maturato 5 anni di con-
tributi a 70 anni, i secondi, invece, 20
anni di contributi. Il totale dei bene-
fici pensionistici di cui hanno goduto
gli immigrati (il costo della prestazio-
ne per lo Stato) è di 145 miliardi (se
si considerano tutti i cittadini, e non
solo quelli che hanno maturato l’an-
zianità sufficiente, i benefici pensio-
nistici per gli immigrati sarebbero di
184 miliardi).
Il contributo netto al sistema pen-
sionistico è dato dal saldo tra i contri-
buti versati e le rendite future ricono-
sciute agli immigrati; esso è positivo

85
ECONOMIA

e raggiunge un massimo di 96 miliar-


di di euro.
Se gli immigrati, una volta che han-
no maturato l’anzianità sufficiente per
richiedere la pensione, tornano nel lo-
ro Paese di origine, l’Inps paga loro le
pensioni. Inizialmente la quota di im-
migrati in pensione residenti all’este-
ro era minore rispetto alla quota di
pensionati italiani trasferitisi in un al-
tro Paese per svariati motivi. La ten-
denza ora si sta invertendo, a causa
del continuo aumento della quota di
immigrati che, dopo aver lavorato in
Italia, decidono di rimpatriare, e po-
ne una serie di problematiche in ma-
teria di diritto internazionale che ri-
guardano soprattutto la portabilità dei
diritti, per cui è necessario un coordi-
namento internazionale. Vi sono poi
altri fattori che influenzano le entra-
te statali e che si applicano soprattut-
to al caso italiano: in primo luogo, il
ritorno di molti immigrati ai loro Pa-

86
ImmIgrazIone, salarI e prevIdenza

esi di origine prima di avere raggiun-


to l’età lavorativa (20 anni), necessaria
per accedere ai contributi accumulati
per prestazioni a cui avrebbero diritto
se fossero rimasti.

87
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20contributions.pdf

91
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Finito di stampare nel mese di maggio 2023
a cura di RCS MediaGroup S.p.A.
presso Grafica Veneta , Trebaseleghe (PD)
Printed in Italy
Paolo Buonanno è Professore Ordinario di Econo-
mia Politica presso il Dipartimento di Scienze Eco-
Negli ultimi trent’anni
nomiche dell’Università degli Studi di Bergamo. È si è verificato un
laureato in Economia Politica presso l’Università
degli Studi di Bergamo, ha conseguito il Master in
aumento significativo
Economics alla London School of Economics e il delle migrazioni
Dottorato di Ricerca in Economia presso l’Univer-
sità degli Studi di Milano-Bicocca. I suoi interessi internazionali, da cui
di ricerca riguardano principalmente la microeco- l’Italia è stata coinvolta
nometria applicata all’economia del crimine, alle
interazioni sociali e immigrazione e alle determi- in modo particolare.
nanti di lungo periodo dello sviluppo economico. Ma perché l’economia
è interessata ai
Anna Cecilia Rosso è ricercatrice di Economia Po-
litica presso il Dipartimento di Economia dell’U-
flussi migratori?
niversità degli Studi dell’Insubria a Varese. È lau- Comprendere come
reata in Discipline Economiche e Sociali presso
l’Università Bocconi. Ha conseguito il Dottorato di
questi influenzano i
Ricerca in Economia presso la University College Paesi di origine e di
of London. I suoi interessi di ricerca riguardano
principalmente la microeconometria applicata
arrivo, soprattutto in
all’economia dei flussi migratori e la loro intera- termini di mercato
zione con il mercato del lavoro e all’adozione e
allo sviluppo di nuove tecnologie. del lavoro e finanze
pubbliche, consente
di mitigare gli impatti
negativi e di sfruttare
quelli positivi.

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