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Aspetti dellimmigrazione straniera in Italia

INTRODUZIONE

Il tema dell'immigrazione, in Italia, una tra le questioni sociopolitiche pi discusse ed argomentate dell'agenda istituzionale. A partire dagli anni novanta, durante i quali si verific un boom di arrivi, i flussi furono continuativi, in particolare dai paesi dell'ex-yugoslavia, prima, e dal continente africano poi. In Italia la presenza di importanti flussi migratori, sia di emigrazione che di immigrazione, dovuta in gran parte alla posizione geopolitica di cui gode la nostra penisola e dalla relativa facilit con cui pu essere raggiunta. Grazie alle indagini dell'Istituto Nazionale di Statistica oggi possibile verificare il livello di molte delle sfaccettature che determinano e sono determinate dalla presenza di cittadini stranieri in Italia. Cocentrandoci su un'intervallo di tempo della durata di 3 anni possiamo comprendere al meglio l'evoluzione di questo fenomeno nel nostro paese. Bisogna sottolineare per che possibili raccogliere esclusivamente dati per quanto riguarda l'immigrazione regolarmente registrata, tralasciando quindi quella fetta di stranieri che si rifugia in Italia clandestinamente. Nell'anno 2009 l Ocse (Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo) stimava che nel nostro Paese vivevano tra i 500 e i 750 mila immigrati clandestini, i quali costituivano l1,09% della popolazione italiana e il 25,6% di tutti i residenti stranieri. Al primo gennaio 2008 si conferma che lItalia una delle destinazioni europee privilegiate dei flussi migratori in entrata. Secondo i dati forniti dal rapporto annuale dellIstat sono 3,5 milioni i cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia, ovvero il 5,8% della popolazione italiana. Gli stranieri che risiedono nel nostro paese sono per lo pi rumeni (640mila) - aumentati nel 2007 di quasi 300mila unit a seguito dell'entrata del loro paese nell'UE e della loro emersione dall'irregolarit- albanesi (400mila), marocchini (370mila), cinesi (160mila) e ucraini (135mila). Peculiarit dei migranti che giungono in Italia la loro provenienza da tutte le parti del mondo, una caratteristica che fa del nostro paese un puzzle etnico e culturale che non ha precedenti n riscontro nella storia europea recente. Causa e conseguenza di questo incremento la crescita del numero di famiglie con almeno un componente straniero, come anche i matrimoni misti e ed il numero di nati da coppie di genitori starnieri. Entrando pi nello specifico, grazie alla documentazione fornita dall'Istat, che riguarda gli ultimi 3 anni, possiamo delineare un quadro completo sull'inserimento degli immigrati nella scoiet italiana. Popolazione residente per cittadinanza e paese di nascita (II Trimestre 2008) Stranieri Italiani Totale Da 15-74 anni Stranieri Italiani 2906 450 3356 1192 54746 55938 4098 55196 59294 Estero Italia Totale 265 20 2678 1043 41589 42632

Tutte le et Estero Italia Totale

Totale 3701 41609 45310

IL MERCATO DEL LAVORO

L'approfondimento Istat ''Lintegrazione nel lavoro degli stranieri e dei naturalizzati italiani'', riferito al secondo trimestre 2008, si base sulle informazioni ottenute da quesisti rivolti ad un campionone di individui di cittadinanza straniera, tra i 15 e i 74 anni. In particolare il questionari si riferiscono a: l'eventuale aiuto ricevuto in Italia per trovare lavoro; ilcontributo allinserimento nel mercato del lavoro fornito dai servizi pubblici e privati; il riconoscimento del titolo di studio; la percezione di svolgere un lavoro adeguatoalle proprie professionalit. Sono in oltre forniti notizie sul grado di utilizzo della lingua italiana nei diversi contesti di lavoro, famiglia, amicizie con riferimento ai soli lavoratori stranieri. Vengono presi in considerazione gli

stranierei, persone con cittadinanza diversa da quella italiana, e i naturalizzati di prima generazione, cio persone nate all'estero, da genitori nati all'estero, che hanno acquistato la cittadinanza italiana. Nel secondo trimestre 2008, la popolazione di riferimento tra i 15 e i 74 anni pari a 2.678.000 unit per gli stranieri e a 311.000 unit per i naturalizzati. Sette persone su dieci con cittadinanza straniera dichiarano di partecipare al mercato del lavoro avendo un impiego o cercandolo. Il grado di partecipazione della componente maschile particolarmente elevato tra gli stranieri (circa l86%), quasi sette punti in pi rispetto ai naturalizzati. Il tasso di occupazione pari al 65,9% per gli stranieri, mentre scende al 52,9% per gli italiani per acquisizione. Il tasso di disoccupazione dei naturalizzati invece di circa un punto percentuale pi elevato di quello degli stranieri (9,7% e 8,8%, rispettivamente).
''Valutazione degli occupati di alcune delle principali comunit straniere sulla corrispondenza tra lavoro svolto e competenze - IITrimestre 2008 - (Incidenza percentuali su totale occupati) "

Ricerca di un impego Per quanto riguarda l'individuazione del lavoro emerge dai dati che l'itermediazione informale il canale pi utilizzato, abbracciando pi del 70% dell'utenza straniera e il 46% di quella dei naturalizzati. Tale proprozione rispecchia, in senso inverso, la percentuale di coloro che ottengo un impiego senza alcun sostegno, vedendo intraprendere maggiormente questa strada dai naturalizzati. Sicuramente residuale diviene la scelta a favore di agenzie ed enti specializzati nel collogamento di forza lavoro straniera. Questo scarso utilizzo delle risorse statali si verifica maggiormente per stranieri, mentre i naturalizzati sfruttano con pi facilit questa opportunit (anche grazie all'utilizzo dei corsi di lingua). Solo alcune delle comunit prevalenti segnalano incidenze superiori al 10% del totale in almeno uno dei servizi di assistenza per la ricerca di lavoro, formazione professionale e corsi di lingua. Questi numeri sono in parte dovuti anche alla diffusa situazione iniziale di clandestinit, che priva i soggetti di tali possibilit. Qualifiche e competenze lavorative Molto difformi sono anche i dati per quanto riguarda le procedure di riconoscimento del titolo di studio. La maggior parte tra stranieri e naturalizzati dichiara non ritenere necessario tale riconoscimento ai fini dell'impiego in Italia, questo perch, in particolare gli stranieri, si concentrano nel bacino dei lavori meno qualificati non aspirando ad un impiego adeguato al titolo di studio. Oltre tali concezioni subentrano anche le molte difficolt burocratiche ed economiche che si incontrano nel processo di riconoscimento. Appena il 4,6% del totale degli occupati stranieri che hanno conseguito allestero il titolo di studio ha terminato o in procinto di concludere il percorso di riconoscimento del titolo; notevolmente pi alta risulta invece la percentuale per i naturalizzati (19,5%), presumibilmente perch il loro inserimento lavorativo pi orientato verso le professioni qualificate. Parallelamente, quindi, si creata la consapevolezza di svolgere impieghi non pertinenti con le proprie conoscenze, negli stranieri pi che nei naturalizzati, in special modo tra quelli che risiedono da pi tempo in Italia, vittime di una mancata mobilit occupazionale e sociale. Secondo la percezione degli intervistati la valorizzazione delle competenze gi acquisite scarsa. Nemmeno un quarto degli occupati stranieri (23,6%), senza alcuna differenza di genere, ritiene di svolgere un lavoro vicino al proprio percorso d'istruzione o alle competenze acquisite, percentuale chesale al 44% per i naturalizzati e al 65% per gli italiani.

Nello studio dei comportamenti del sistema occupazionale italiano nei confronti di immigrati e naturalizzati importante rilevare il ruolo della lingua e quindi della comunicazione. Per i soli stranieri stato esaminato anche il grado di diffusione della lingua italiana, rivelatosi particolarmente importante nel contesto lavorativo. La quasi totalit degli intervistati dichiara di utilizzare litaliano nel luogo di lavoro e di ritenerla una condizione spesso necessaria per limpiego, ma tale utilizzo si riduce sensibilmente nei contesti non lavorativi. In percentuale, per, negli ultimi 10 anni, l'utilizzo dell'italiano in ambito famigliare o non lavorativo, va aumentanto, questo dovuto alla crescita dei matrimoni misti e al prevalere di determinate comunit di appartenenza, pi inclini all'apprendimento della lingua italiana, come i polacchi, a discapito di altre, pi restie, come le popolazioni orientali. In base a quanto appena detto possibile comprendere la difficolt e la criticit in cui versa il sistema di inserimento degli stranieri nel mercato del lavoro. Tale stato dovuto prioprio dal modesto utilizzo dei servizi pubblici e privati, dallo scarso impiego dei supporti di assistenza e formazione, dalla rinuncia al riconoscimento del titolo di studio e dal sottoutilizzo delle competenze acquisite.
OCCUPATI STRANIERI

Risulta utile integrare le nozioni ottenute dal rapporto Istat appena preso in considerazione con quelle relative al capitolo ''Gli occupati stranieri'' contenuto nell'analisi, pubblicata nel 2008, ''Gli stranieri nel mercato del lavoro'', riguardante l'occupazione straniera nell'anno 2006, redatto, sempre, dall'Istituto Nazionale di Statistica. In questo testo la ricerca sul sistema occupazionale tiene particolarmente conto della diversificazione etnica e territoriale. E' possibile verificare, nel grafico sottostante, l'articolazione territoriale delloccupazione straniera divisa per popolazioni, tenendo presente che a livello generale poco meno dei due terzi si concentra nel Nord, un quarto nel Centro e circa il dieci per cento nel Mezzogiorno; allontanandosi dunque in misura rilevante da quella italiana in cui la met degli occupati risiede nelle regioni settentrionali e il trenta per cento in quelle meridionali.

Bisogna tener conto che vi un continuo sviluppo sia della domanda che dell'offerta degli occupati stranieri, si verificato un incremento di circa l'1,5 per cento a livello nazionale, dal 2006 al 2008, che ancora oggi tende a crescere. Protagonisti dell'offerat di lavoro sono gli occupati che vengono principalmente da cinque Paesi: Albania, Romania, Ucraina, Marocco e Filippine. Quest'ultimo dato conforme con la cittadinanza dei lavoratori stranieri, che vede per il 90% provenienze extracomunitarie e per il 10% immigrati europei ( tra quest'ultimi la comunit polacca risulta essere quella predominante). Tenendo sempre presenti gli indicatori principali per questo studio, si pu dire che per quanto riguarda l'incidenza per sesso, risult preponderante la forza lavoro femminile, mentre in base alla distribuzione per et risultano maggiormente impiegate le fasce pi giovani, superando le rispettive quote dei lavoratori italiani di circa 15 punti percentuali. A tal proposito dai rilevamenti fatti sul livello di istruzione degli stranieri inseriti nel mercato del lavoro emerge che circa la met degli occupati stranieri in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di un titolo di studio di livello universitario (rispettivamente, il 40,4% e l11,1%); la restante parte ha un livello di istruzione elementare, oppure in possesso di un titolo di scuola secondaria inferiore (nellordine, il 13,3% e il 35,2 %). Nello specifico i cittadini dell'UE risultano avere un livello di istruzione pi alto. Oltre alla distribuzione, l'indagine si sofferma sull' articolazione e sulla qualit del lavoro, sempre per l'anno

solare 2006. Per quanto riguarda il primo aspetto emerge che circa l85 per cento degli stranieri lavora alle dipendenze, unincidenza decisamente pi elevata in confronto a quella degli italiani. Il lavoro a tempo determinato assorbe una quota intorno al 13 per cento del totale, con una punta poco al di sotto del 18 per cento nelle regioni meridionali. Contrariamente alle attese, lincidenza delloccupazione a termine degli stranieri non si distanzia molto da quella degli italiani pari nel 2006 al 9,4 per cento del totale. La componente straniera si vede sfavorita rispetto a quella italiana per quanto riguarda le garanzie sia reddituali che contrattuali. Circa otto lavoratori stranieri ogni dieci svolgono un lavoro a tempo pieno. La quota degli occupati stranieri a tempo parziale pari al 18,3 per cento, cinque punti percentuali in pi rispetto agli italiani. Tralasciando le divisioni territoriali, si rileva una differenza per genere particolarmente ampia: la quasi totalit degli uomini svolge un lavoro full-time, mentre quattro straniere ogni dieci hanno unoccupazione a tempo parziale, un valore molto pi alto delle italiane (nonostante molte occuppate straniere sostengono che la scelta di un impiego part-time sia di carattere involontario). Un'altro ramo dell'articolazione del lavoro quello costituito dal lavoro indipendente, che vede, per, l'assorbimento di una modesta parte dell'occupazione straniera.

E' possibile rilevare, dalla tabella sovrastante, che pi del 40% degli occupati stranieri si colloca nel settore industriale, la distribuzione di questa forza lavoro pi diffusa in Italia settentrionale, mentre per quanto riguarda l'impiego agricolo riscontrabile prevalentemente nel Sud Italia. Nonostante l'incidenza superiore, in quasi tutti i settori, degli occupati italiani, si rivela che la distanza tra le due componenti maggiore al Nord, mentre diminuisce nel Mezzogiorno. Quasi paritario, tra stranieri ed italiani, il livello di occupazione nel settore turistico-commerciale, nonostante vi sia una forte disparit in base alla specializzazione dell'impiego, per cui la popolazione autoctona occupa i ruoli pi importanti, lasciando alla forza lavoro estera le posizioni meno qualificate. Dal prospetto su riportato emerge anche l'avanzare di una segregazione occupazionale. Principalmente in base al sesso, le occupate straniere nei servizi si vedono impiegate per il settanta per cento come collaboratrici

domestiche e assistenti familiari, creando cos un bacino autonomo ed in continuo rincaro. Un altro tipo di segregazione quello della specializzazione etnica che vede il concentrarsi di specifiche popolazioni in determinate attivit, come i fillippini nel comparto dei servizi alle famiglie o i marocchini nel settore industriale. Questi dati sono lo specchio del problema del mancato corrispentivo tra qualifiche ed impiego a cui sono soggeti gli occupati stranieri, segregati nei lavori dequalificati e a bassa specializzazione. Vi sono in sostanza lavori del segmento inferiore del mercato del lavoro, dove le attivit vengono spesso svolte con orari disagevoli e poche opportunit di carriera, che tendono ad essere diffusamente affidati alla componente straniera.

Per quanto riguarda la qualit del lavoro vi un forte collegamento con il problema, in merito alla forza occupazionale straniera, della mancata corrispondenza tra livello di istruzione e lavoro svolto. Circa 4 milioni di occupati (il 17,4 per cento del totale) svolgono un lavoro non adeguato al livello di istruzione. Ancora una volta gli stranieri sono pi svantaggiati degli italiani con unincidenza dei lavoratori sottoinquadrati pi che doppia: il 36,9 per cento contro il 16,1 per cento. Per gli italiani, inoltre, il dislevello tra conoscenze ed impego, inversamente proporzionale all'et, diminuisce con l'avanzare delle fasce di et, cosa che non accade per gli stranieri determinando una bassa probabilit di miglioramento delle condizioni lavorative. Da questo quadro ne consegue un ulteriore indicatore qualititivo, quello riscontrato verificando il numero di occupati che sono alla ricerca di un secondo lavoro o di uno sostitutivo. Anche qui gli stranieri ne risultano maggiormente sfavoriti, in particolare le donne e gli extra-comunitari, poich soltanto per uno straniero su dieci la ricerca intrapresa per ottenere maggior soddisfazione, i restanti nove si vedono costretti a procurarsi un altro impiego per motivi di sostentamento o per paura di perdere quello che gi detengono. Ultimo, ma non meno importante, indicatore di qualit sono le condizioni di lavoro, in particolare gli orari. Questi risultano disagiati per circa un quarto della componente lavorativa straniera, che, ricoprendo determinate mansioni, si vede impiegata nelle fasce notturne e nelle festivit (compresa la domenica). Meritano un accenno le analisi svolte sul livello di sottoccupazione e di disoccupazione. Il primio tasso, rientrante nell'annovero degli indicatori di qualit, verifica l'inadeguato rapporto tra la disponilit a lavorare un determinato numero di ore e le prestazioni effettivamente richieste. Circa il 3,9 per cento della forza lavoro totale ha affermato che avrebbe voluto lavorare pi ore, tale tendenza risulta, nel 2006, pi che doppia negli stranieri rispetto agli italiani, in particolare tra gli immigrati extra Ue. Questo dato si associacia, quindi, alla difficolt di pieno inserimento lavorativo, che spesso sfocia nella disoccupazione, prima saltuaria, poi persistente. Sempre nel 2006, la quota di popolazione straniera che non ha

un lavoro, ma lo sta cercando pari al 7,6 per cento del totale. Le donne rappresentano il 62% delle persone in questa condizione. A differenza della disoccupazione italiana fortemente localizzata nel Mezzogiorno, i disoccupati stranieri si concentrano nel Nord dove il territorio offre pi occasioni di impiego. Il livello dei non occupatii stranieri direttamente proporzionale all'avanzamento dell'et, cosa che si verifica quasi del tutto inversamente per la popolazione italiana.

SVILUPPI: I RISULTATI ALL'ANNO 2009

Possiamo approfondire lo sviluppo del fenomeno immigrazione tramite altre due indagini dell'Istituto Nazionale di Statistica, in riferimento all'anno solare 2009, ''Le famiglie con stranieri: indicatori di disagio economico" e ''La popolazione straniera in Italia'', pubblicate rispettivamente nel ottobre 2010 e nel febbraio 2011. La prima prende in cosiderazione, rispetto a quanto detto in precedenza, un altro aspetto della qualit di vita degli stranieri in Italia, quello del disagio economico nella totalit dei suoi aspetti, concatenato, quindi, molto saldamente con l'approfondimento, sulla qualit del lavoro per gli occupati stranieri, riportato sopra. I dati desunti da tale studio, su un campione di 6000 famiglie con almeno un componente straniero residenti in Itialia, sono in primi nel loro genere, poich la prima volta che l'Istat conduce l'indagine ''Reddito e condizioni di vita'' su tale segmento di popolaziione. Alla fine del 2009 i cittadini stranieri residenti in Italia sono 4 milioni e 235 mila, pari a circa il 7 per cento della popolazione totale; le famiglie in cui presente almeno uno straniero ammontano invece a 2 milioni e 74 mila (8,3 per cento). Inoltre, la quota di famiglie miste (composte sia da italiani, sia da stranieri) sul totale di quelle con stranieri - un indicatore del grado di integrazione nella comunit autoctona - pari al 22,6 per

cento. Le famiglie con stranieri risiedono prevalentemente nel Nord-ovest (32,9 per cento), nel Centro (27,3 per cento) e nel Nord-est (24,3 per cento) e sono composte da individui pi giovani rispetto alle famiglie di soli italiani (let media di 30 anni, contro 43). Rispetto alle famiglie di italiani, le famiglie con stranieri si trovano pi spesso in condizioni di grave deprivazione abitativa, ovvero in una condizione di sovraffollamento unita ad almeno un altro grave problema di tipo abitativo, perlopi in case in affitto o subaffitto. E' da sottolineare, per, che le famiglie straniere lamentano meno i disagi residenziali rispetto agli italiani, segno che le loro aspettative circa le condizioni di vita nel nostro paese siano meno elevate di quelle delle famiglie italiane.

Tra le differenze dei due starndard di famiglia necessario evidenziare lo svantagio dei nuclei stranieri in merito al possesso di beni durevoli e sulle condizioni di deprivazione materiale, comprendenti problematiche riguardanti la sostenibilit delle spese di sostentamento e le condizioni generali della struttura abitativa, che colpisce circa un terzo delle famiglie con stranieri. Sono molte le famiglie composte da stranieri che incorrono

in situazioni poco favorevoli per l'assenza di beni necessari come l'automobile, per via della deprivazione abitativa o per altri problemi sui pagamenti, sia quotidiani che a scandenza. Sono raggiunti livelli di mancanze economiche considerati come situazioni di grave deprivazione materiale dal 9,9% degli stranieri e dal 6,0% degli italiani. Tali condizioni, nel caso degli stranieri, sono dettate in buona parte anche dalla struttura media della famiglia, che spesso si rivela composta da elementi di et particolarmente giovane, e dalla prevalenza di nuclei formati da un singolo individuo o da molte persone. E' possibile ciudere il quadro sul fenomeno dell'immigrazione con i dati ottenuti nel corso dei vari anni. Risulta utile a tale scopo il documento, ''La popolazione straniera residente in Italia'', che considera i dati anagrafici di circa 8100 comuni, nell'anno 2009, tracciando una linea per comprendere al meglio lo sviluppo del fenomeno di immigrazione in Italia nell'arco di un anno. I cittadini stranieri residenti in Italia al 1 gennaio 2010 sono 4.235.059 pari al 7,0% del totale dei residenti, mentre al 1 gennaio 2009 essi rappresentavano il 6,5%. Nel corso dellanno 2009 il numero di stranieri aumentato di 343.764 unit (+8,8%), un incremento ancora molto elevato, sebbene inferiore a quello dei due anni precedenti (494 mila nel 2007 e 459 mila nel 2008, rispettivamente +16,8% e +13,4%), principalmente per effetto della diminuzione degli ingressi dalla Romania. Circa la met dei residenti stranieri (2 milioni 86 mila individui,pari al 49,3% del totale) proviene dai paesi dellEst europeo: in particolare, circa un quarto proviene dai Paesi Ue di nuova adesione (1 milione 71 mila, escludendo Cipro e Malta, fra cui 888 mila dalla sola Romania); un altro quarto (1 milione 15 mila) rappresentato dai cittadini dei paesi est-europei non appartenenti allUe. I cittadini dei paesi est-europei (+181 mila nel corso del 2009, +9,5%) contribuiscono per circa la met anche allincremento degli stranieri residenti: quelli dei paesi Ue di nuova adesione sono cresciuti complessivamente di circa 105 mila unit (+10,9%), mentre quelli dei paesi dellEst europeo non facenti parte dellUnione sono aumentati di 76 mila unit (+8,1%). I cittadini dei paesi asiatici sono complessivamente cresciuti di 71 mila unit, con un incremento relativo del 11,6%. Oltre il 60 per cento dei cittadini stranieri residenti in Italia risiende nelle regioni del Nord, il 25,3 per cento in quelle del Centro e il restante 13,1 in quelle del Mezzogiorno.

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CONCLUSIONI: LO SVILUPPO DEL FENOMENO IMMIGRAZIONE FINO AD OGGI

Quanto sintetizzato in questo testo, basato sulle analisi dei quattro rapporti Istat presi in esame, mostra un quadro ben dettagliato dell'immigrazione in Italia e sul suo sviluppo. Anno 2006 2007 2008 2009 2010 59.619.290 +7,1 60.045.068 +4,9 60.340.328 +4,7
Fonte: dati Istat.

Popolazione 01/01 58.751.711 +6,5 59.131.287 +8,3

Popolazione 31/12

Saldo Naturale Saldo Migratorio 2.118 -6.868 -8.467 -22.806 -25.544

Variazione

59.131.287 59.619.290 60.045.068 60.340.328 60.626.442

377.458 494.871 434.245 318.066 380.085

Gi dai numeri riguardanti il saldo migratorio degli ultmi 5 anni possibile rendersi conto secondo quale segno si verificata la variazione degli immigrati. I dati Istat pi recenti, relativi al 1 gennaio 2011, riportano che sono presenti in Italia 4.563.000 stranieri, pari al 7,5% della popolazione totale, con un incremento, rispetto all'anno precedente, del 7,45% (328 000 persone). Da segnalare che a tale valore contribuiscono anche, in aumento, un saldo naturale, riguardante i naturalizzati, di 73 000 unit e, in diminuzione, le 64 000 acquisizioni di cittadinanza italiana (Il fenomeno delle naturalizzazioni tuttavia ancora limitato nel nostro Paese, seppure in crescita costante negli ultimi anni). E' evidente che l'immigrazione possa ritenersi un fenomeno relativamente recente ed altrettanto comprensibile come le misure per regolare gli eventi che lo caratterizzano siano ancora da ritenersi pi che imperfette. La questione dell'assorbimento di popolazioni straniere nel proprio territori una tematica che tocca, chi pi chi meno, tutte le nazioni, percui sono svariati gli esempi di approccio a tale situazione. L'Italia, nel particolare, ha visto il susseguirsi di attegiamenti differenti, dovuti sia alla regenza di governo, sia alla diversificazione che si riscontrava nel flussi in arrivo. Procedendo nel tempo si riscontra, anche grazie ai dati, che i processi di assorbimento vanno, seppur lentamente, migliorando, ne un indice l'aumento dei richiedenti cittadinanza, ma pi di tutti ne indicatore specifico il calo degli stranieri clandestinamente presenti sul nostro territorio. A livello occupazionale, secondo uno studio effettuato dallIstituto Nazionale di Statistica, nel 2009 erano circa 377mila gli immigrati clandestini che svolgevano attivit lavorative non censite; vale a dire 30mila in meno rispetto allanno precedente. Anche se tutt'ora non si raggiunto uno dei ''minimi storici'' di questo settore, cio il tasso di immigrati clandestini del 2007, che registrava 350mila clandestini, comunque un'importante inversione di tendenza con il passato, che pu far sperare ad un miglioramento progressivo (Sopratutto perch i dati del 2007 era principalmente dovuti ad un calo dei flussi e non all'attuazione di politiche di assorbimento). Nonostante tale tendenza, non vi sono stati grandi avanzamenti nell'ambito della qualit lavorativa e di vita degli stranieri. La segregazione occupazionale, la deprivazione abitativa e materiale, le sfavorevoli condizioni contrattuali e pi in generale l'emarginazione sociale, a tutt'oggi, non anno visto miglioramenti, anzi forse sotenibile l'esatto contrario. Nonostante l'inserimento nel nostro Stato avvenga per numeri di stranieri sempre maggiori, le condizioni in cui avviene non sono migliorate, vi quindi uno sviluppo di tale fenomeno in senso quantitativo, ma non qualitativo. Proprio su questo frangente sarebbe necessario tendere a progredire, poich, anche se numericamente la questione si va man mano semplificando, non si raggiunger un buon livello di assorbimento e tutte le problematiche che colpiscono le comunit estere, e che di riflesso infieriscono anche sugli italiani, non verranno risolte, creando sempre pi attrito sociale. Il 2011 stato segnato da un'impennata dell'affluenza, sopratutto dal continente africano a seguito di diversi

ribaltamenti politici in pi stati nel Nord Africa, ma negli anni appena precedenti vi fu un calo di entrate dovuto al periodo di crisi. Ovviamente ora non possono essere disponibili dati certi su tale fenomeno attuale, ma sicuramente per contrastare questo improvviso incremento lo Stato Italiano deve procedere secondo strategie che probabilmente non sono mai state intraprese, data l'eccezzionalit dell'evento, e delle quali il risultato sociopolitico difficilmente prevedibile. E' sicuro per che al livello demografico vi saranno variazioni non indifferenti e mai riscontrate prima.

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