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regolarmente l’Italia, favorendo anche il lavoro e l’integrazione sociale. «Questo non può
farlo il Viminale: servirebbe un’agenzia, con componente sia politica che tecnica, che
studi gli esempi migliori e affronti il problema dell’integrazione», dice.
Il sistema di pianificazione dei flussi migratori citato da Graziosi esiste già, ma finora non
ha mai funzionato in modo soddisfacente. Ogni anno, infatti, il governo italiano approva
un nuovo cosiddetto “decreto flussi” con cui stabilisce quanti e quali lavoratori
extracomunitari potranno arrivare regolarmente in Italia negli anni successivi. In
generale, però, i posti messi a disposizione non sono sufficienti: lo scorso marzo sono
arrivate oltre 240mila domande, a fronte di circa 83mila posti disponibili.
L’idea di un ministero che riunisca tutte le competenze è un’idea su cui si discute da
anni. Nel programma presentato per le elezioni del 25 settembre 2022, l’alleanza tra
Azione e Italia Viva ha sostenuto che l’immigrazione è stata gestita «con politiche
contraddittorie da parte di diversi ministeri», e ha quindi proposto di istituire un
«ministero per l’immigrazione» proprio per «superare la frammentazione delle funzioni
dei diversi uffici». Nel 2019 anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi,
intervenendo al Partito Democratico a Ravenna, si era detto favorevole all’istituzione di
un Ministero per l’Immigrazione, “vista la complessità del problema”. L’idea si trova
anche in un disegno di legge del 1999, mai esaminato in parlamento.
Anche a questo riguardo esiste qualche precedente. Tra il 2011 e il 2013 il fondatore
della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi è stato nominato ministro dell’Integrazione
con il governo tecnico di Mario Monti, mentre tra il 2013 e il 2014 il governo Letta ha
istituito la carica di ministro dell’Integrazione, affidata a Cécile Kyenge. Tuttavia,
entrambi non hanno avuto un impatto significativo sul sistema di gestione nel suo
complesso.
Secondo Eduardo Barberis, professore di Politiche dell’immigrazione all'Università di
Urbino, un modello promettente è quello del Servizio Centrale SAI: coordina le attività
di tutti gli enti locali, associazioni e cooperative coinvolte nel sistema di accoglienza e
integrazione, fornendo anche assistenza tecnica e raccolta dati sugli interventi effettuati.
Il Servizio Centrale è stato istituito dal Ministero dell’Interno, ma è gestito
dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).
Non tutti gli studiosi sono d’accordo con l’idea di creare un nuovo ministero incaricato di
occuparsi esclusivamente dell’immigrazione: c’è chi sostiene che l’attuale quadro
normativo presenta già tutti gli strumenti necessari per gestire il fenomeno migratorio, e
che dovrebbe quindi adoperarsi per migliorarli, rafforzarli e riformarli piuttosto che
investire risorse finanziarie e umane nella creazione di un nuovo organo amministrativo.
Mariateresa Veltri, docente di diritto dell’Unione europea all’Università di Bologna e
giurista specializzata in immigrazione, dice ad esempio che sarebbe auspicabile rivedere
alcune norme ormai datate: un esempio è la legge Bossi-Fini del 2002, che mirava a
ridurre drasticamente l’immigrazione irregolare nei confronti dell’Italia ma si è rivelato del
tutto inefficace. Tra l’altro, la legge limita l’ingresso in Italia solo ai migranti già in
possesso di un contratto di lavoro, un sistema fallito che ha infatti prodotto l’effetto
opposto a quello annunciato dai suoi sostenitori, aumentando la presenza di migranti
irregolari.
Anche a livello europeo si potrebbe adottare un approccio diverso, dice Veltri, senza
“battere i pugni” ma “stringendo alleanze volte a rafforzare i meccanismi di solidarietà
nella riforma del sistema di asilo, e non ad indebolirli”.
– Leggi anche: Il vero motivo per cui l’immigrazione in Italia non funziona