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assunto in Italia sempre maggiore importanza, è un tema di cui parlano I Mass media, su
cui interviene l’opinione pubblica. È infine anche un argomento discusso tra coloro che
studiano la criminalità straniera. Si tratta di un tema delicato e sensibile. Spesso il binomio
immigrazione criminalità è stato un catalizzatore di paure e ansie sociali, un facile capro
espiatorio per problemi di grande complessità. È certamente vero che la migrazione ha
portato con sé anche i nuovi fenomeni criminali o ha visto nuovi attori diventare
protagonisti di vecchi fenomeni criminali. Ma la criminalità è solo uno degli aspetti del
mutamento sociale che la migrazione ha provocato. Sono molti gli ambiti in cui la
migrazione ha costituito una rivoluzione: la scuola, l’organizzazione dei servizi pubblici. Gli
interrogativi che riguardano il fenomeno migratorio e i suoi rapporti con la criminalità sono
numerosi.
Il processo avviato dalla legge Martelli è portato a termine dalla legge 6 marzo 1998
numero 40, la cosiddetta legge Turco-Napolitano dai nomi degli allora ministri delle
politiche sociali e dell’interno. Questo testo legislativo rappresentava il tentativo più
organico e più ambizioso di ristrutturare sistematicamente la legislazione migratoria
italiana e disciplinare I diversi aspetti della vita di uno straniero in Italia. I principali obiettivi
della legge sono: la definizione di una politica di ingressi limitati e programmati, il contrasto
all’immigrazione clandestina e allo sfruttamento criminale, l’avvio di una politica di
integrazione per i nuovi immigrati e gli stranieri già presenti. Si dà una forte spinta agli
accordi con i paesi di origine, garantendo quote riservate di ingresso a fronte di una
collaborazione sul versante delle espulsione. L’ ingresso per lavoro subordinato continua a
basarsi sulla chiamata nominativa, vale a dire sulla richiesta del datore di lavoro di impiego
di un lavoratore straniero residente all’estero. Rispetto al 1986 non è però più necessario
provare l’indisponibilità dei lavoratori italiani e non esistono più le liste di iscrizione per i
lavoratori stranieri. La logica di ricerca del lavoro internazionale è il perno del sistema di
ingresso per lavoro in Italia. Al momento della scadenza, I permessi di soggiorno sono
rinnovati per un periodo pari al doppio della durata iniziale. Sempre sul piano della stabilità
di soggiorno, l’obiettivo dell’integrazione si persegue anche con la previsione della carta di
soggiorno (un permesso di soggiorno permanente che può essere emanato dopo cinque
anni di soggiorno regolare) le ampie possibilità di ricongiungimento familiare con il
coniuge, I figli, genitori e I parenti entro il terzo grado. Sono messi in funzione i centri di
permanenza temporanea strutture di detenzione amministrativa dove gli stranieri in attesa
di espulsione posso possono essere trattenuti per 30 giorni. Vengono aumentate le pene
per i reati di smuggling (contrabbando di stranieri clandestini) e trafficking (tratta degli esseri umani),
concede un permesso di soggiorno allo straniero che denunci situazioni di
sfruttamento legate all’operato di organizzazioni criminali. Dopo alcune vicessitudini, si
garantisce la regolarizzazione a tutti coloro che dimostrano di avere i requisiti, senza alcun
limite numerico. Con la fine degli anni 90 si supera così il milione di persone regolarmente
soggiornanti. La legge non a vita lunga. Tutti questi elementi non hanno permesso di
raggiungere l’obiettivo della politica attiva da rendere l’espulsione la detenzione ad essa
collegata una extrema ratio, riguardante un numero limitato di soggetti. La possibilità di
raggiungere quell’obiettivo tramonta con le modifiche contenute nella legge 30 luglio 2002
numero 189, la cosiddetta legge Bossi-Fini che, della relazione di accompagnamento,
dichiara di porsi gli obiettivi di fermare l’invasione e aumentare l’efficacia delle misure
contro l’immigrazione illegale. La legge introduce il contratto di soggiorno da firmarsi al
rilascio del permesso di soggiorno che viene ad essere strettamente legato, anche in
termini di durata, al contratto di lavoro. Accanto a questa disposizione ve ne sono altre che
suggeriscono la volontà del legislatore di scoraggiare la stabilizzazione degli stranieri in
possesso di permesso di soggiorno: la sua durata ridotta, con maggiori rischi di perdita del
lavoro e del soggiorno; si aumenta di un anno il periodo necessario per ottenere la carta di
soggiorno; infine si riducono le possibilità di ricongiungimento familiare. Sono altre però le
disposizioni per cui si ricorda la legge Bossi-Fini. Ci si riferisce alle politiche di controllo
volte al contrasto dell’immigrazione clandestina. Il legislatore introduce l’obbligo di rilascio
dell’impronta digitale per ogni straniero che fa richiesta di permesso di soggiorno. Si
generalizza l’impiego dell’espulsione con accompagnamento alla frontiera da parte delle
forze dell’ordine il nome di una maggiore efficienza. Anche la detenzione presso l’istituto di
pena assume ruolo nuovo e importante. La legge Bossi-Fini segna, l’inizio della storia
delle sanzioni penali applicate alla condizione di irregolarità. Aumentano le pene per la
violazione del divieto di reingresso a seguito dell’espulsione. Nel primo periodo di
applicazione della legge Bossi-Fini il numero di espulsioni effettivamente eseguite
aumenta.
Con la legge Bossi-Fni si chiude il ciclo dei provvedimenti organici di modifica della
legislazione in materia di immigrazione e si apre un lungo periodo caratterizzato da
modifiche legislative parziali, ma continue, che nel complesso incidono pesantemente
sulla condizione giuridica dello straniero. Si comincia con le novità introdotte all’interno
della legislazione contro il terrorismo internazionale (legge 31 luglio 2005 numero 155),
che modifica in senso restrittivo la disciplina delle espulsioni. Segue un primo gruppo di
modifiche dovute (relative al ricongiungimento familiare) che in parte cancellano alcune
modifiche restrittive interrotte dalla legge Bossi-Fini. Infine, nel biennio 2008-2009 un
ultimo gruppo di modifiche inserite in provvedimenti legislativi volti all’introduzione delle
norme di garanzia della sicurezza dei cittadini. Il 2003 trascorre senza rilevanti novità
normative. Il 2006 è un anno di svolta. La procedura per l’assunzione di lavoratori stranieri
diventa di competenza di un nuovo ufficio, Lo sportello unico per l’immigrazione. La nuova
modalità di presentazione, con moduli a lettura ottica presso gli uffici postali, manda in crisi
l’intero sistema. Gli sportelli unici risultano sottodimensionati per esaminare le domande in
un tempo congruo. L’intero sistema è duramente censurato dalla corte dei conti che
sottolinea come l’effetto principale sei un amento della clandestinità. La ferma critica della
corte dei conti è la più efficace sintesi delle accuse mosse alla regolazione del sistema di
ingresso e soggiorno. Dal decreto flussi 2007 in avanti le quote cessano di essere un tema
caldo per diverse ragioni. Il legislatore, interviene sul funzionamento della macchina
amministrativa, introducendo una nuova procedura di inoltro delle domande via Internet
che sembra capace di garantire tempi ragionevoli di smaltimento delle pratiche. Il
legislatore ritiene la condizione giuridica dello straniero una questione di sicurezza. Lo
stato di modifiche all’insegna della sicurezza trova la sua sintesi nelle previsioni legislative che
sanzionano una condizione di clandestinità in quanto tale. In primis la legge 125 del
2008 introduce una nuova circostanza aggravante per la persona che commette un fatto di
reato mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale. Ciò significa, ad esempio, che di
fronte a una rapina in banca commessa da un italiano e da uno straniero il reato dello
straniero verrà considerato più grave solo per il fatto di non essere cittadino italiano e non
essere in regola con la con normativa riguardante l’ingresso e il soggiorno in Italia. Il
legislatore introduce, inoltre, la legge 94/2009 la contravvenzione di ingresso soggiorno in
violazione delle norme che disciplinano l’ingresso il soggiorno in Italia.
Gli ultimi anni si caratterizzano per l’importante decisioni della corte costituzionale e della
corte di giustizia europea. Il 2011 è un anno rilevante anche per gli accadimenti politici che
hanno interessato il Nord Africa, in particolare i rivolgimenti politico sociali in Tunisia ed
Egitto e la situazione di guerra civile in Libia. Ciò ha determinato l’arrivo dei cittadini
provenienti da questi paesi, che sono approdati sulle cose siciliane dell’Italia, in particolare
sull’isola di Lampedusa. Momenti di tensione si sono avuti tra l’Italia e l’Unione Europea
nella primavera del 2011 rispetto alla necessità di considerare le persone in arrivo sulle
coste italiane come una questione europea e non esclusivamente italiana. A seguito degli
arrivi di circa 24.000 cittadini tunisini il presidente del consiglio dei ministri il 5 aprile emana
un decreto che stabilisce la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari
della durata di sei mesi a tutti cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa. Saranno circa
10.600 I cittadini tunisini che beneficiano del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Quella che è stata denominata emergenza Nordafrica non fa che confermare le
insufficienze del legislatore italiano e la mancanza di una politica e di una legislazione
adeguate in materia di asilo.
Non esiste una statistica della criminalità straniera. Quando si parla di stranieri si fa
semplicemente riferimento ai dati relativi alle persone denunciate, sottoposte a giudizio,
condannate o detenuti straniere che sono presenti nelle rispettive statistiche.
La scelta degli indicatori per rappresentare la criminalità degli stranieri è l’ultimo nodo da
sciogliere. L’indicatore non rappresenta interamente il concetto che si vuole rappresentare,
ma è legato ad esso da un’affinità di significato e ha il vantaggio di essere misurabile. Il
rapporto tra concetto e indicatore è un rapporto parziale. Come noto la maggior parte degli
stranieri denunciati sono persone non in regola con le norme che disciplinano l’ingresso e
il soggiorno in Italia. Ciò rende la popolazione irregolare particolarmente importante
nell’analisi della criminalità. I dati pubblicati, infatti, riporta il numero assoluto delle persone
denunciate per le quali è iniziata l’azione penale, divise in italiani e stranieri. Non esistono
dati ufficiali pubblicati, suddivisi in italiani e stranieri, in merito le persone denunciate dalle
forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria. Ne è possibile individuare un indicatore migliore
di altri nel momento in cui si vuole analizzare la criminalità di una popolazione in parte
sconosciuta, gli stranieri, rispetto a quella di una popolazione conosciuta, gli italiani in
questo caso. Affinché il dato abbia un maggiore significato occorrere rapportarlo alla
popolazione di riferimento. Non essendo nota popolazione straniera irregolare, l’unica
possibilità per un’analisi efficace è utilizzare più indicatori confrontati tra loro.
I numerosi limiti mostrate nella statistica ufficiale non sono un buon motivo per ignorarla.
Le fonti possono essere anche buone o cattive. Le statistiche ufficiali sono dati raccolti da
persone impegnate per variegati scopi, e non da ricercatori allo scopo di rispondere a
domande specifiche in modo sistematico. Sono allo stato attuale una fonte che avrebbe
ampi spazi di miglioramento se intervenisse per rendere più accurata la registrazione. Le
statistiche ufficiali sono uno strumento utile per alcuni dati di contesto, ma senza adeguate
integrazioni o approfondimenti di carattere qualitativo raramente forniscono informazioni
utili. Le statistiche relative a immigrazione e criminalità hanno la particolare caratteristica di
muovere grandi scontri tra fazioni pro e contro gli stranieri.
La teoria ecologica
La scuola di Chicago utilizza l’approccio della teoria ecologica. Si riferisce teoria ecologica
in quanto i rapporti tra le persone e quelle con l’ambiente circostante sono studiate avendo
come riferimento l’interdipendenza che caratterizza le relazioni delle specie vegetali e
animali con l’ambiente circostante. La devianza non viene di conseguenza considerata un
attributo individuale, ma una caratteristica della struttura sociale e, in particolare, della
struttura della città. All’interno della città è la disorganizzazione sociale, definibile come
una situazione di forte indebolimento delle relazioni sociali. Le condizioni strutturali dei
quartieri, unite alle condizioni socio economiche di coloro che inevitabilmente vengono a
popolarli, sono alla base della situazione di segregazione sociale di tali aree urbane che
diventano luoghi fertili per forme di devianza e criminalità.
I contributi empirici
Numerosi studi hanno utilizzato un approccio riconducibile alla scuola di Chicago. È il caso
degli studi sulle violenze nei quartieri periferici delle grandi città europee, caratterizzati da
segregazione residenziale, un importante presenza di famiglia di origine immigrata e di
giovani di seconda o terza generazione in situazione di disagio a causa della
disoccupazione o della condizione lavorativa precaria. Sono proprio le condizioni strutturali
dei quartieri periferici a essere poste sotto la lente di ingrandimento. Ciò che negli anni
aveva impedito il continuo ripetersi di situazioni di conflitto violento era stato una serie di
politiche volte a sostenere le reti associative, di vicinato, le istituzioni comunitarie. E, non a
caso, ciò che nel 2005 determina il riproporsi di una situazione di conflitto è proprio l’esito
di un progressivo disinvestimento delle istituzioni in quel tipo di programmi, unito a un
progressivo aumento della segregazione spaziale.
La frustrazione strutturale
La teoria della frustrazione strutturale di Merton si sviluppa tra gli anni 30 e 40 negli stati
uniti. Nel periodo storico in cui Parsons, di cui Merton fu allievo, ha sviluppato il
funzionalismo, un approccio teorico che vede la società impegnata nel mantenimento di un
equilibrio attraverso l’integrazione di tutti i membri intorno a valori e norme comuni e
condivise. La devianza è quindi sempre stata un elemento che turba una situazione di
ordine e il deviante è colui che non ha interiorizzato le norme e i valori della società. Se si
pensa al fenomeno migratorio, è evidente come esso sia sempre un elemento
potenzialmente in grado di perturbare l’ordine di una società per i cambiamenti che
determina al suo interno, ad esempio sul piano demografico e sociale. Merton ritiene che
la devianza non è una caratteristica individuale, ma il prodotto dell’influenza della strutture
sociali sui singoli. In particolare, Merton osserva che la società impone ai suoi membri il
raggiungimento di mete culturali definite e strutturate, senza però garantire loro uguali
opportunità di accesso ai mezzi istituzionalmente legittimi per raggiungere questi obiettivi. I
modi di adattamento individuale di Merton sono cinque: la conformità, l’innovazione,
ritualismo, la rinuncia, la ribellione. È proprio l’innovazione la modalità di adattamento di
coloro che pur di non raggiungere le mete sono disponibili ad utilizzare ogni opportunità,
anche quelle illegittime.
I contributi empirici
I percorsi biografici degli stranieri detenuti in carcere analizzati da Sbraccia permettono di
comprendere come il peso della mancanza di opportunità sia stato uno dei determinanti
delle scelte delinquenziali degli stranieri.
I empirici empirici
La teoria di Sutherland e quella del conflitto culturale di Sellin sono emerse in un’indagine
il cui obiettivo era analizzare i comportamenti conformi e devianti degli studenti italiani e
stranieri. L’indagine è stata condotta attraverso la somministrazione di questionari e una
successiva procedura di analisi statistica.
Le teorie subculturali
Le teorie della subcultura si sviluppano tra gli anni 50 e 60 degli stati uniti, in un periodo
storico in cui la delinquenza giovanile, specie di gruppo, era piuttosto diffusa. Le teorie
della sub cultura si sviluppano a partire dai contributi di Merton e della scuola di Chicago.
Due sono le principali teorie della subcultura. La prima relativa la subcultura della
delinquenza giovanile di Cohen che spiega come e per quali ragioni nasce una subcultura;
la seconda, la teoria delle opportunità differenziali di Cloward e Lloyd, si focalizza sulle
diverse forme di subcultura e sulle condizioni che ne determinano lo sviluppo. Cohen
osserva che i comportamenti devianti dei giovani maschi delle classi inferiori sono
comportamenti collettivi caratterizzati da un contenuto di prevaricazione e di volontà di
distruzione e della mancanza di un fine pratico. Questi adattamenti nascono, secondo
Cohen, dall’impossibilità per i giovani delle classi inferiori di raggiungere le mete proposte.
L’impossibilità di competere su quel terreno porta i giovani a cercare altre mete e valori a
cui fare riferimento, il cui raggiungimento sia per loro accessibile. Cloward e Ohlin
compiono un passo in più rispetto a Cohen, osservando che non solo le mete proposte
della classe media non sono raggiungibili da tutti, ma anche le opportunità illegittime,
quelle che si sviluppano nel mondo della criminalità e delle devianze, sono differenziate.
Non tutti hanno eguali opportunità di affermarsi come esponenti di una criminali, perché
queste opportunità dipendono dal contesto sociale in cui ci si trova.
I contributi empirici
Calabró affronta la criminalità di alcuni gruppi di zingari nell’ottica della subcultura
criminale. Gli elementi culturali sono certamente di grande importanza nella strutturazione
di percorsi di vita, ma le scelte delinquenziali non appartengono alla cultura tradizionale.
L’autrice distingue tre principali strategie di vita di sopravvivenza messe in atto dagli
zingari presenti nelle periferie della città di Milano. In primo luogo la scelta di acquisire la
cittadinanza conciliando elementi della cultura tradizionale e di quella maggioritaria e
percorrendo scelte di legalità spesso a costo di gravi sacrifici. In secondo luogo, i percorsi
di emarginazione e progressiva perdita di identità al cui interno si sviluppano, da un lato,
una subcultura criminale e, dall’altro, la condizione di povertà ed emarginazione di chi è al
di fuori della subcultura criminale. La subcultura criminale si specializza in alcune attività
illecite, all’interno di un contesto sociale molto coeso, che favorisce comportamenti
devianti. Chi non vuole o non può aderire a questa subcultura si trova spesso a vivere
situazioni di grave marginalità. Anche in questo caso la risposta delle istituzioni diventa un
fattore determinante nella definizione dei percorsi di vita e di azione quotidiana. Le
ricerche empiriche svolte in Italia hanno individuato un quadro molto composito in cui
l’appartenenza al gruppo è un elemento importante di riconoscimento di affermazione di
uno status, spesso negato al di fuori di esso.
I contributi empirici
Gli autori osservano l’esistenza di una relazione tra politiche restrittive, aumento
dell’irregolarità di soggiorno e criminalizzazione degli stranieri. In altri termini, paesi con politiche
migratorie più inclusive e trasparenti produrrebbero un minor numero di stranieri
destinatari di sanzioni. In merito al rapporto tra forze dell’ordine e stranieri si richiamano
all’approccio dell’etichettamento i contributi che si rifanno al concetto di discriminazione
istituzionale. Con questo concetto si fa riferimento alla maggiore probabilità che
l’attenzione delle forze dell’ordine si indirizzi verso gli stranieri a causa delle pratiche
organizzative degli uffici. Nel corso del processo penale, variabili quali la provenienza
geografica, la religione, la condotta processuale e soprattutto la qualità della difesa
incidono sulla decisione finale. Anche in questo caso non si ritiene esservi una giustizia
vendicativa nei confronti degli stranieri o una macchinazione a loro danno ma gli studi
rilevano come la particolare debolezza degli stranieri li renda tra i principali protagonisti
delle deficienze della giustizia di routine.
I contributi empirici
La teoria del controllo sociale ha ricevuto numerosi riscontri empirici nelle ricerche svolte
sulla devianza e la criminalità giovanile. L’analisi statistica effettuata individua una
correlazione fortemente negativa tra le scelte devianti e la robustezza dei legami familiari.
Quanto maggiori sono l’attaccamento e la fiducia dei minori verso i genitori e il loro
coinvolgimento positivo all’interno della scuola, tanto maggiore sarà la protezione nei
confronti di comportamenti devianti.
A partire dagli anni 80 si possono distinguere due modelli che connotano le politiche di
prevenzione e sicurezza, uno ispirato alla sicurezza dei diritti e un altro al diritto della
sicurezza. Sono politiche che ricorrono in modo ampio a interventi di prevenzione
situazionale e che non prestano alcuna attenzione alla rieducazione della persona che
commette atti devianti o criminali, ma si preoccupa unicamente della tutela della sicurezza
e dell’ordine pubblico.
Non dobbiamo puoi dimenticare che le opinioni dei cittadini rappresentano una delle
variabili che orientano la scelta delle politiche, l’opinione pubblica ha un centrale poiché
sono i cittadini attraverso il voto a decidere chi governa e fa le scelte. I cittadini influenzano
le scelte non solo e non tanto attraverso il voto, ma anche e soprattutto nel momento in cui
riescono a qualificare le loro richieste mediante l’organizzazione in gruppi, soprattutto se
capaci di accreditarsi presso i mezzi di informazione. I mass-media sono l’ulteriore
elemento di grande influenza nella definizione dei contenuti delle politiche su immigrazione
e criminalità e rappresentano anche un elemento che indubbiamente condiziona le
opinioni dei cittadini.
Si vedrà ora il dettaglio come l’opinione pubblica e le rappresentazioni mediatiche incidono
sulle politiche in materia di criminalità e immigrazione. Il dato da cui partiamo è
un’indagine transnazionale sul tema dell’immigrazione che registra l’opinione dei cittadini,
tra cui gli italiani, su alcuni aspetti del fenomeno immigrazione. In tutti paesi europei si
registra una considerevole percezione errata in merito al numero di stranieri presenti.
L’Italia è una nazione dove tale percezione regista e maggiore scostamento. Economia e
immigrazione sono stabilmente le fonti di maggiore preoccupazione dei cittadini, ma non
c’è un generalizzato consenso sull’idea che gli stranieri determinano una riduzione del
salario dei nativi o li privino di opportunità lavorative. L’Italia si distingue per essere il
paese dove oltre il 60% dei cittadini pensa che vi siano più stranieri regolari che irregolari.
In Italia, Spagna e regno unito una parte maggioritaria dei cittadini si dichiara inoltre
preoccupata per l’immigrazione clandestina. Il quadro delineato da questi dati sembra
evidenziare che i cittadini percepiscono l’immigrazione come un fenomeno di portata molto
più ampia di quanto non sia nella realtà e lo vivono come un problema. Il dato relativo alle
preoccupazioni vede l’Italia come un paese fortemente turbato per l’immigrazione
irregolare, ma poco preoccupato di quella regolare, all’interno però di un contesto in cui si
considera gran parte l’immigrazione irregolare.
Il quadro che emerge vede un’opinione pubblica che vive in mondo problematico il
fenomeno migratorio e i Mass media allineati nel trattare il tema dell’immigrazione in
relazione alla criminalità e alla richiesta di sicurezza.
Il fenomeno delle organizzazioni criminali stranieri emerge intorno alla metà degli anni 90,
con l’aumento della presenza straniera in Italia, e si consolida tra la fine degli anni 90 e
l’inizio del 2000. Le principali organizzazioni criminali stranieri in Italia sono di provenienza
albanese, rumena, ucraina, Russa, Georgiana, nordafricana, nigeriana, cinese,
sudamericana. Va sottolineato che negli ultimi anni è aumentata la capacità dei gruppi
criminali stranieri di interesse rapporti tra di loro e con la criminalità, organizzata e non,
italiana. In particolare, il ministero dell’interno sottolinea i legami tra la criminalità
nordafricana e quella autoctona.
La presenza degli stranieri comincia a crescere progressivamente dalla metà degli anni
90. Emerge in quegli anni la domanda di sicurezza urbana come nuovo diritto sociale.
L’interesse dei cittadini e dei politici si estende dai fenomeni criminali. L’immigrazione
diventa uno degli elementi catalizzatori dell’insicurezza sociale. Emerge tra le politiche di
sicurezza urbana e l’immigrazione un rapporto circolare, che determina il focalizzarsi di
molte politiche e interventi di sicurezza urbana sul tema immigrazione. Ciò avviene non
solo per effetto della copertura mediatica del tema immigrazione, ma anche per un dato di
fatto: gli stranieri irrompono in città portando con sé un uso diverso e molto intensivo dello
spazio pubblico. Possiamo individuare due grandi modelli di politiche di prevenzione:
situazionale e sociale. La prevenzione situazionale fa riferimento alla possibilità di ridurre
la criminalità e i comportamenti che producono disordine attraverso un intervento sul
contesto ambientale, il presupposto di queste misure è che la criminalità si possa ridurre
non tanto intervenendo sugli autori di reato, quanto riducendo le opportunità criminose
attraverso una serie di tecniche che aumentano i rischi per l’autore di reato. Ne sono
esempi la sorveglianza mediante telecamere a circuito chiuso. La prevenzione sociale si
propone di intervenire sulle cause sociali della criminalità. A questo fine l’individuo che
commette reato e le condizioni sociali economiche che vive sono messe al centro
dell’intervento. Tra gli esempi, le attività di mediazione riduzione del danno, i servizi alle
vittime, gestione allo spazio pubblico.
Nell’ambito delle politiche di contrasto alla criminalità è interessante notare la criminalità
organizzata e la criminalità urbana. Le prime sono in gran parte derivate
dall’esperienza maturata nell’ambito del contrasto alla criminalità autoctona. Nel secondo
caso, si può affermare che le politiche di contrasto al disordine e alla criminalità urbana
sono nate e si sono sviluppate con l’emergere del fenomeno migratorio.
È molto alto il rischio di creare una cesura tra coloro che, ormai regolari, devono lottare
per mantenere un permesso di soggiorno e coloro che, irregolari, si vedono preclusa ogni
possibilità di divenire regolari. Fino a quando sono esistite le regolarizzazioni, il passaggio
dallo stato di regolare a quello di irregolare erano possibili. Oggi questo potrebbe non
esserlo più. Ciò che si rischia è di marginalizzare ulteriormente questi soggetti,
spalancando le porte al loro coinvolgimento nella criminalità e a percorsi detentivi senza
uscita. Gli opposti non si possono certamente integrale, ma non vi sono dubbi che una
maggiore interdisciplinarietà, così come una maggiore contaminazione metodologica,
potrebbe portare interessanti sviluppi.