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In un quadro di grande mobilità sociale e di altrettanto grande fragilità dei confini della conoscenza, in una

società dove lo spartiacque tra giusto e sbagliato era in discussione, un ruolo importante fu quello della
regina Vittoria. La regina Vittoria ascese al trono giovanissima, a diciotto anni, e regnò dal 1837 al 1901.
L'età vittoriana che da lei prende il nome si divide in tre fasi: Early Victorianism (1815-1850) Mid-
Victorianism (1851-1874) Late Victorianism (1875-1914) E’ importante dire però che il regno della regina
Vittoria non coincide strettamente con il vittorianesimo, nel senso che è così potente l'influenza del
vittorianesimo e della regina Vittoria sulla cultura inglese che molto spesso si tende a far continuare l'età
vittoriana fino alla prima guerra mondiale. Se si può dire con assoluta precisione quando un re sale al trono,
quando nasce e quando muore, molto più difficile è applicare lo stesso rigore alle periodizzazioni culturali.
La regina Vittoria regna dal 1837 al 1901, ma parliamo all’incirca di un secolo di Vittorianesimo (1815-1850).
La prima cosa che ci colpisce quando prendiamo in considerazione questo periodo è che il vittorianesimo ha
due facce, perché da un lato c'è un momento di straordinaria ricchezza, progresso e benessere, ma allo
stesso tempo parte della popolazione, la stragrande maggioranza della popolazione, vive in condizioni
disumane. Quindi guardando al vittorianesimo, da un lato potremmo dire che l'Inghilterra è la nazione più
progredita e più ricca del mondo, e dall'altro dobbiamo dire che l'Inghilterra versa in una condizione di
indigenza e di miseria completa. Questo è il motivo per cui molti storici vittoriani hanno parlato di 2
Nazioni: esiste una nazione dei ricchi e una nazione dei poveri. A tal proposito possiamo esaminare due
citazioni che riassumono questi due aspetti del vittorianesimo: 1. La prima citazione è tratta dal discorso
inaugurale del principe Alberto, che è il marito della regina Vittoria, che nel 1851 apre la cosiddetta Great
Exhibition, che lui stesso aveva molto voluto; la Great exhibition è la prima delle grandi esibizioni, ce ne
saranno molte tra la fine dell'800 e l'inizio del 1 900, in cui le nazioni mostrano il livello di progresso
raggiunto. Questa Great exhibition viene allestita dentro un grande padiglione, il Crystal Palace, un'opera
architettonicamente molto innovativa perché in vetro e ferro, e appare come una mostra di prodotti
naturali e di manufatti che provengono dall'impero e dalle principali Nazioni civilizzate, a Gloria e onore
dell'Inghilterra che ha la posizione di leader tra tutti questi paesi. In questo discorso inaugurale il principe
Alberto dice: "We are living at a period of most wonderful transition, which tends rapidly to accomplish
that great end, to which, indeed, all history points -- the realisation of the unity of mankind." “Viviamo un
periodo di meravigliosa trasformazione, che tende rapidamente al massimo fine a cui la storia punta, cioè
l'unità della umanità” Quello che ci interessa di questa citazione, perfettamente in tono con la visione
ottimistica del vittorianesimo, è questo senso laudatorio, ottimistico, usato dal principe Alberto, che dice
che l'Inghilterra è al massimo delle proprie possibilità, e che sta vivendo il momento più alto del proprio
sviluppo storico. Quindi è rappresentata la nazione dei Ricchi. 2. Dall’altro lato c’è la nazione dei poveri.
Thomas Carlyle, che è un critico del vittorianesimo, uno storico, un filosofo, uno dei cosiddetti saggi
vittoriani, scrive un libro intitolato Past and Present nel 1843, in cui si pone il problema della cosiddetta
“Condition of England Question”, la grande domanda del perché l'Inghilterra sia un paese ricchissimo, con
la ricchezza concentrata nelle mani di pochissimi e abbia poi la stragrande maggioranza della popolazione
che versa in condizioni disastrose. Carlyle scrive: "The condition of England ... is justly regarded as one of
the most ominous, and withal one of the strangest, ever seen in this world. England is full of wealth, of
multifarious produce, supply for human want in every kind; yet England is dying of inanition". “La
condizione dell'Inghilterra è una delle cose più terribili e anche delle più curiose che si possano vedere nel
mondo, perché L'Inghilterra è piena di ricchezze, ha moltissimi prodotti, fornisce all'umanità tutto ciò di cui
ha bisogno, eppure in Inghilterra si muore di fame”. 2 una forza politica che la rappresenti, che sia in grado
di fargli fare passi in avanti in modo da aumentarne insieme con la ricchezza anche il potere. La nazione
naturalmente si apre alle idee democratiche che provengono dalla due rivoluzioni importanti di fine
Settecento, che sono la francese e l'americana, e in particolare i più democratici, i liberali inglesi, accolgono
quelle concezioni di democrazia che hanno circolato in Europa con le rivoluzioni. Benthamismo e laissez
faire In questi anni in Inghilterra una delle ideologie predominanti è il benthamismo o radicalismo filosofico
che caratterizza la vita culturale e politica della Gran Bretagna. Il benthamismo prende il nome dal filosofo
utilitarista, fondatore dell'utilitarismo, Jeremy Bentham. Quest’ultimo vive tra il 1748 ed il 1832 ed è un
grande riformatore. Caposaldo della filosofia benthamiana è che bisogna promuovere la maggior felicità
per il maggior numero, Bentham ritiene anche che l'individuo facendo la propria felicità, perseguendo il
proprio benessere, finisca per perseguire anche quello della nazione tutta, perché la nazione è un
organismo e il singolo individuo è come un organo, un membro di questo organismo. Al centro di questo
pensiero c'è un concetto molto significativo, che è quello del laissez faire, cioè la limitazione delle
interferenze dello Stato nella vita del singolo. Siamo in pieno liberalismo: il secolo vittoriano è un secolo nel
quale si crea tutto un sistema sociale di supporto, ma è soprattutto nella sua seconda parte il secolo del
laissez faire, cioè si ritiene che il singolo con la propria intraprendenza, con la propria operosità, possa
migliorare e progredire, e che lo Stato debba interferire il meno possibile per non bloccarne lo spirito di
iniziativa. Quindi l'individuo che cerca il proprio profitto diventa agente del mutamento dello Stato e
responsabile per la sua ricchezza. Queste sono le idee di Bentham che vengono poi in pieno vittorianesimo
riformulate da due suoi discepoli, John Stuart Mill e Chadwick, i quali danno vita alla filosofia liberale della
riforma sociale che vedremo in azione in questi anni. Da questo quadro nasce tutto l'impianto del
vittorianesimo che vede nell'individuo il maggior artefice del benessere dello Stato.

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