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Le origini e il Duecento

Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente il latino rimane a lungo in Italia l’unica lingua impiegata nella
comunicazione scritta, la sola a essere utilizzata nella letteratura, nei documenti e nei luoghi ufficiali. Ancora nel
1600, nelle università di tutta Europa, si parla in latino.
I primi documenti scritti in volgare, cioè la lingua parlata del popolo in una certa regione e che ora chiamiamo
dialetto, sono i “placiti” (cioè sentenze) di Cassino (Frosinone) del 960 d.c.
La lingua volgare scritta verso il 1200 viene utilizzata anche nei testi letterari. Del 1224 è il famoso “Cantico delle
creature” di San Francesco d’Assisi, scritto in volgare umbro

Il Trecento
Il volgare comincia ad avere uguale dignità rispetto al latino per l’uso letterario.
Tra i due volgari italiani più usati, siciliano e toscano, vince il toscano fiorentino. Questo perché compaiono lì, nel
giro di pochi decenni, quelli che diventeranno famosi scrittori in volgare: Dante, Petrarca e Boccaccio, tutti
toscani.
Il primo è Dante Alighieri che decide di scrivere una colossale opera che sta tra la metafisica e la fantascienza.
E’ il suo fantastico viaggio attraverso l’inferno, il purgatorio ed il paradiso. Poi Francesco Petrarca che scriverà
bellissime e tenerissime poesie d’amore per la sua amata, Laura. E poi Giovanni Boccaccio che scrive il
Decamerone

Il Quattrocento
Nel ‘400 si ha un ritorno al latino attraverso la riscoperta dei classici greci e latini. Gli Umanisti, come si
chiamavano questi studiosi, ritrovano testi che si credevano perduti e scoprono opere di cui si ignorava
l’esistenza. L’ammirazione per il mondo classico crea il desiderio di imitare gli scrittori antichi e il latino è
considerato l’unica lingua nobile per la letteratura.

Il Cinquecento
E’ il secolo del grande dibattito per quale volgare si debba usare. Ci sono tre posizioni principali: qualcuno vuole
il toscano fiorentino dei grandi scrittori del Trecento (Dante, Petrarca e Boccaccio), altri pensano che l’italiano
deve essere l’insieme delle parole più eleganti di tutte le parlate della nazione e infine chi vorrebbe il predominio
del toscano fiorentino moderno.

Il SEICENTO
L’età del Barocco è un periodo ricco di innovazioni linguistiche. L’esigenza di suscitare la «meraviglia» nel
lettore spinge gli scrittori a inventare in gran numero metafore ardite e bizzarre, a inventare parole nuove, a
mescolare nel lessico, opponendosi alla tradizione, parole eleganti a termini quotidiani e concreti, voci dialettali e
straniere a vocaboli tecnici.

L’Ottocento
E’ caratterizzato dalla polemica tra Classicisti e Romantici. I primi, contrari all’abuso dei francesismi dei letterati
del Settecento, preferiscono il ritorno all’eleganza della lingua della tradizione e l’imitazione dei classici. I
Romantici, invece, vorrebbero una lingua moderna e fresca, capace di aderire alla realtà del paese, per
diventare uno strumento verso l’unità politica dell’Italia.

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