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nuova Basilica
Non erano passati due anni dalla morte di S. Francesco che già Frate Elia, il
successore al comando dell'Ordine, riceveva in dono un appezzamento di terreno,
fuori dalla porta occidentale di Assisi, un luogo scosceso del monte Subasio dove
si impiccavano i malfattori e perciò chiamato il Colle dell'Inferno. Su quel luogo
già maledetto sarebbe sorta una grandissima chiesa che avrebbe accolto la salma
del grande Santo.
Dal Vescovado, dov’era stato ospite del Presule assisiate, San Francesco si era
fatto portare, in barella, alla Porziuncola. Morì sulla terra del suo "luogo"
preferito. Ma i compagni non tennero neppure un giorno la salma di S. Francesco
nei pressi della chiesina. La mattina dei 4 ottobre lo ricondussero in città,
passando da S. Damiano, perchè Chiara e le sue compagne ne potessero
finalmente baciare le stigmate.
Da S. Damiano fu portato a seppellire nella Chiesetta di S. Giorgio, che si trovava
dentro la città e nelle vicinanze della casa paterna. In quella chiesetta il 16 luglio
1228 Gregorio IX proclamò solennemente la santità del gran figlio di Assisi e il
giorno dopo, invitato da Frate Elia il Papa si recava sul Colle dell'Inferno per
benedire la prima pietra della nuova grande costruzione in onore dei Santo.
Il 25 maggio 1230, cioè meno di quattro anni dalla morte del Santo, la chiesa
inferiore era ultimata e poteva esservi portato il corpo del Santo.
Da S. Maria degli Angeli, guardando verso il Subasio, all'estremità occidentale
della città si scorge nitidamente la poderosa costruzione di Frate Elia, sorretta
sullo strapiombo da giganteschi contrafforti. Par quasi un edificio fortificato e
suscita immediatamente l'idea di una roccaforte. E quella eretta da Frate Elia fu
la materiale e spirituale roccaforte del Francescanesimo, oltre ad essere una
delle più splendide manifestazioni d'arte ispirata dalla gloria del Santo assisiate.
BASILICA SUPERIORE
L'esterno della basilica ha richiami evidenti al gotico francese nella cuspide della
facciata, nello slancio, ma il tutto ha un carattere totalmente diverso dal gotico
d’oltralpe anche se il portale bipartito può richiamare quello stile.
Il campanile inoltre è greve con un largo impianto che si alleggerisce con le cornici
orizzontali divisorie e appena si rianima con profilature salienti, verticali, verso
aperture molto alte.
I contrafforti sono costituiti da pilastri cilindrici che si staccano quasi come rilievo
plastico dalla superficie, piuttosto che riassumere la tensione verticale delle pareti, e
si diversificano nel colore dall'insieme della costruzione.
Colore e linea dunque piuttosto che tensione o slancio acuto, nervoso, dinamico,
sono i caratteri di tutta la basilica che si offre come un messaggio di spiritualità
semplice, senza presupposti tecnici complicati o raziocini teologici, tomistici e
francesi.
Infatti, anche nella parte posteriore della basilica gli archi rampanti non sono
determinati dai giochi di scarico della basilica ma dal terreno scosceso dello sperone
su cui si erge l'edificio all'estremo ovest della città. E il gioco di essi, da contemplarsi
più in basso, non è che il gioco necessario per costruzioni che si sono aggiunte e
affiancate alla Chiesa, con un impianto più allargato dei previsto progetto che si
svilupperà poi nel pieno Rinascimento.
Dio aleggia ovunque, è vicino all'uomo, cammina con lui per le strade del mondo
per innalzare lo spirito sì, ma senza strappi violenti.
L'interno propone una sola navata a quattro campate di ampio respiro con largo
transetto e abside poligonaleI pilastri che sostengono le volte si inseriscono quasi
nella parete con le loro polistili linee ascendenti a fasci di colonnine su cui poggiano
senza grossi sforzi i costoloni delle volte a crociera.Le pareti, con un'ascendenza
calma ed ampia, ad una certa altezza rientrano formando un ballatoio che corre
lungo la navata e nella parete della facciata sale sopra il portale sottostante il
rosone.L'insieme architettonico crea un senso di luminosità, di colore, di serenità
che contrasta fortemente con l'austerità della basilica inferiore.
Dal profondo dell'essere turbato dal peccato e dalle passioni nasce al contatto
purificatore di Francesco questo respiro di liberazione e di gioia pura.
Al popolo, per lo più analfabeta, che non sapeva o non poteva leggere un testo
scritto, veniva offerto un testo dipinto sulle pareti della Chiesa. La decorazione
pittorica della chiesa francescana non aveva scopi ornativi, ma didattici, e perciò
veniva chiamata la "Bibbia dei poveri". Vi si trovavano infatti descritti e
rappresentati, per episodi salienti, tutti i testi della Rivelazione divina.
Il grandioso ciclo pittorico della basilica Superiore è il più unitario e logico che si
conosca, e si presenta come un'opera storica e religiosa.Tutto l'insieme della
decorazione esprime, con ordine rigoroso ed evidente, l'unità e la finalità della
Chiesa raffigurata concretamente nell'edificio della Basilica, costruita in forma di
Croce, cioè sulla passione dell'Uomo? Dio.Il centro della Chiesa è costituito
dall'Altare, cioè del mistico Calvario, sul quale il Cristo rinnova il suo sacrificio.
Nelle Vele sopra l'altare sono rappresentati i propagatori del messaggio di Gesù, i
Quattro Evangelisti, opera di Cimabue, con lo sfondo delle città capoluoghi di quelle
regioni nelle quali si svolse il loro insegnamento.
Alla destra del Cristo vivente si svolge la raffigurazione della Chiesa celeste, per
mezzo delle simboliche visioni del 'Ubro dell'Apocalisse" ? ( l. Adorazione
dell'Agnello, figura dei fedeli che nella Messa adorano la Vittima immolata ? 2.
Visione dei quattro Angeli ? 3. Visione del giudizio di Dio ? 4. Visione della
distruzione di Babilonia, cioè della sconfitta finale del male).La grande scena della
Crocifissione, di Cimabue, nella parete di destra, ricorda ai fedeli che Gesù, per
vincere il peccato, si è immolato sulla Croce. (La Chiesa e il cristiano devono
accettare la Croce di Gesù per vincere il male).
Lungo la navata, nelle due zone in lato si sviluppano gli episodi del Vecchio
Testamento, a sinistra, e del Nuovo Testamento, a destra.La Bibbia dei poveri è così
compiuta con la viva rappresentazione dell'Antico Testamento, del Nuovo
Testamento, dell'Apocalisse, degli Atti degli Apostoli, della Madonna, nel magistero
infallibile della Chiesa.
Ma c'era una aggiunta da fare alla Bibbia dei poveri, ed era la Storia di S. Francesco,
cioè la storia dell'Alter Christus che ripeteva nella propria vita la gaudiosa, dolorosa
e gloriosa vita del Salvatore, dalla nascita alle stigmate sul monte della Verna.
Interessa a questo punto soffermarci per considerare l'arte insigne dei due massimi
pittori della Basilica di S. Francesco.
CIMABUE e GIOTTO
Se in lui altrove era indubbia l'influenza bizantina, nei fondi d'oro e nelle
lumeggiature delle vesti e nell'impostazione statica frontale di alcune figure, ad
Assisi questa impostazione lascia posto ad un nuovo modo di sentire e soprattutto
ad una nuova impostazione tecnico artistica.Certamente egli fu colpito
profondamente dalla patetica arte di Giunta Pisano espressa nei Crocifissi che da
trionfanti diventano sofferenti; per questo la rappresentazione si impregna di una
realtà che va al di là della nostra piccola vicenda umana e scava nello spazio una
profondità che mette in risalto il rigore quasi plastico delle figure su cui si incentra
la sua attenzione.Questo rigore è creato innanzi tutto da una linea che distacca dal
fondo e che con lumeggiature particolari, non ancora giochi chiaroscurali, evidenzia
figure ed oggetti.E' proprio questa linea che si fa atto, sicurezza, espressione,
interiorità di sentimenti e non più limite del semplice colore come nei bizantini
quando serviva alla distinzione delle partiture cromatiche, la protagonista assoluta
dell'arte nuova di Cimabue. Inoltre tutto quanto circonda la figura centrale sente
questo brivido nuovo e sembra gemere intorno alla presentazione del fatto
evangelico con un partecipazione viva, gestita, sofferta e non totalmente espressa.
Per questo il messaggio della sua pittura rimane al di là della prosa poetica e umana
di Giotto e mantiene quel tanto di aristocratico tono che si fa denso di bagliori e
fortemente drammatico.
GIOTTO fu chiamato ad Assisi dai Francescani dopo che per loro aveva creato la
Maestà per la bella Chiesa d'Ognissanti e per sempre rimarrà legato all'Ordine fino
alla morte. I critici sono incerti sulla data dei lavori giotteschi della Basilica
Superiore. Il Vasari parla nelle "Vite" degli anni 1296? - 1304, mentre sappiamo che
in tale anno è già tutto assorbito per gli affreschi della Cappella degli Scrovegni di
Padova.
Il ciclo di Assisi abbina due meraviglie: quella della vera prima narrazione
prosastica di una vita di S. Francesco in un ritmo continuo narrativo e quella
dell'arte di Giotto: "clel ritrarre bene, di naturale, le persone vive come dirà il
Vasari.
Il cosiddetto naturalismo di Giotto ebbe buon gioco in queste pitture che avevano il
compito di narrare di commuovere colpendo direttamente la semplice fantasia
popolare senza sottigliezze dottrinali e senza astrattezze allegoriche.
1. “Fu un uomo d'Assisi che, quando egli alcuna volta vedeva Francesco... si poneva
giù le vestimenta e spazzavagli la via per la città innanzi e poneale sotto i piedi...” (S.
Bonaventura ? Vita di S. Francesco ? 1,1).
Due gruppi di persone ai quali corrispondono due gruppi architettonici, più calmo
quello della parte del Santo, impennato e rotto quello dalla parte degli spettatori
sorpresi. In mezzo il Tempio di Minerva, reso più aperto e leggero. Bellissimo
esempio della partecipazione scenografica del paesaggio al fatto rappresentato.
2. “... Si incontrò in un cavaliere nobile, ma era povero e mal vestito, del quale
pigliando pietà e misericordia si spogliò di quei panni, e al povero cavaliere per
amore di Dio li diede... " (Id. 1,2).
La scena è divisa, dai profili dei monti, in diagonale. All’incrocio delle diagonali, la
testa del santo. La sagoma del cavallo fa quasi grotta, mentre i paesi in alto sono
come stupiti della generosità del donatore.4. “...essendo uscito fuori nel campo a
pensare, e andato presso alla chiesa di San Damiano, la quale per troppo vecchiezza
purea che volesse cadere, ... udì una voce divina nell'aere che disse: Francesco, va'
racconcio la chiesa, che vedi ch'ella si distrugge tutta" (Id. 2,1).
Le rotture della chiesa permettono la visione della scena. Il Santo è chiuso tra le due
colonne e un architrave, ma il Crocifisso appare, tra gli strappi dei muro, in desolato
abbandono.
6. “… il Papa... vide un'altra visione in questo modo, ch’ei veda la chiesa di San
Giovanni Laterano che parea che cadesse, e un povero piccolo e spregiato vi mettea
sotto il dosso e sosteneala che non cadesse” (Id 3, 10).
Quieto il sonno del Papa vegliato dai vecchi seduti, nella camera a formelle. La
figura del Santo è di potente volume come un pilastro, al confronto delle esili
colonne.
14) “Il beato Francesco scese dall'asino e gittassi in orazione con le mani levate al
cielo, e disse al povero: "Va ci quella pietra e troverai acqua viva che Iddio t'ha
apparecchiato per la suo misericordia". (Id 7,12).
La roccia del monte s'impenna con la preghiera, mentre l'assetato si schiaccia sulle
falde orizzontali. Il gruppo di sinistra, coi soprastante monte, fa quasi da
contrappeso allo slancio mistico del Santo.
15) “Fratelli miei, lodate Dio che vi creò e havvi vestiti di penne per volare e havvi
conceduto la purità dell'aria e davvi l'esca per la vostra vita” (Id. 12,3).
Tra i due alberi fronzuti, un ampio spazio dal quale l'amoroso gesto del Santo evoca
e attrae.
19) “...un Serafino discese dal cielo... di sì grande splendore che parea che ardesse...
e infra l'ali di detto Serafino di subito apparve una similitudine d'uomo crocifisso...
e le due ali di detto Serafino erano sopra il capo, e l'altre due stese come da volare, e
l'altre due fasciavano tutto il corpo”. (Id 13,3).
La figura del Santo fa quasi parte del monte sul cui fianco le celle hanno forma di
piccole chiese. Nello squarcio dei cielo, il serafino occupa lo spazio con le due ali di
fuoco.
(Dal libro: Assisi. Dove anche le pietre sono parole. Itinerario artistico/spirituale
sulle orme di san Francesco, Milano 1996).
INFERIORE
La prima impressione che ci colpisce entrando dalla luce sfasciata della piazza e
soprattutto scendendo dalla Chiesa Superiore in quella inferiore, è quella di
un'oscurità nella quale difficilmente si riesce ad orientarsi.
La Chiesa superiore par che canti impennata verso il cielo. La Chiesa inferiore par
che preghi inginocchiata sulla tomba del Santo.
La Chiesa superiore invita all'espansione e alla letizia; questa alla meditazione, alla
penitenza e al silenzio.
I due edifici sovrastanti par che alludano alla doppia vicenda della vita umana,
prima nella fase terrena e dolorosa, poi in quella celeste e gaudiosa.
L'unione dei due edifici esprime anche il concetto tipicamente francescano che la
perfetta letizia (Chiesa superiore) può nascere soltanto sul sacrificio liberamente
accettato (Chiesa inferiore).
La navata centrale si presenta come una galleria oscura formata dalle potenti
costolature degli archi impostati ad altezza d'uomo. Lo sguardo è attratto da una
incerta luminosità dell'altare maggiore e dalle vele della Crociera. Le quattro pitture
allegoriche. iscritte in quattro triangoli della volta non sono pura decorazione o
piacevole ornamento ma rappresentano le –u8209 – ommecose" del
Francescanesimo e sono le figurazioni allegoriche della santità a cui pervenne
Francesco nell'osservanza dell'Obbedienza, della Castità e della Povertà.
Le vele sono uno degli esempi più luminosi della collaborazione fra l'ideatore
religioso del "soggetto" e l'esecutore laico dell'opera d'arte, secondo le consuetudini
e la tradizione di tutto il Medio Evo.
LE VELE
VELA DELL'OBBEDIENZA
L'Obbedienza impone silenzio – mentre appoggia il giogo sulle spalle di un frate. E'
assistita dalla Prudenza con doppio volto e da una fanciulla bellissima che
rappresenta l'Umiltà. Un Angelo alla destra allontana un Centauro simbolo della
bestialità.
"Questa, privata dal primo marito, millecent’anni e più dispetta e scura fino a costui
si stette senza invito".
Madonna Povertà sta coi piedi scalzi sui rovi, simbolo delle tribolazioni pungenti
della vita materiale; ma i rami più alti dei roveto fioriscono di rose cioè di
consolazioni spirituali. Gesù benedice le nozze. La Speranza offre l'anello. La Carità,
coronata con tre fiammelle offre il cuore. La Carità è in se stessa sterile se non è
accompagnata dalla Fede, dalla Speranza e dalla Carità.
Entro un castello eretto sulla vetta di un monte, nella più alta stanza della torre
centrale si è chiusa spontaneamente la Castità difesa dalla Purità e dalla Fortezza.
Alla difesa esterna del castello provvederanno gli anziani. Fuori dalle mura un
giovane dopo il bagno purificatore riceve la bianca insegna e lo scudo d'oro.
Tutta la decorazione indica il senso della gloria raggiunta. I colori si sciolgono nella
luce mentre le linee si restringono nella vela a dare il senso della leggerezza del
movimento ascensionale, in piena armonia con le linee architettoniche.
Il braccio sinistro della Crociera rispecchia in certo qual modo la parte destra per la
decorazione che ricopre tutte le pareti, ma mostra più varietà nella
rappresentazione e nella disposizione dei riquadri spesso irregolari. Infatti qui
operò un altro grande artista di scuola senese PIETRO LORENZETTI coi suoi aiuti.
Egli espresse in queste opere la forza lirica e drammatica del suo sentire, in un
crescendo potente ed insolito per questa scuola senese che si abbandona più
facilmente alla dolcezza con una umanità nuova rispetto a tutti gli altri pittori.
Nulla turba questo incontro così ricco di motivazioni umane in cui la linea senese si
sposa al colore, mai acceso ma diluito nella chiarità espressiva della forma e del
contenuto.
(Dal libro: Assisi. Dove anche le pietre sono parole. Itinerario artistico/spirituale
sulle orme di san Francesco, Milano 1996).
SIMONE MARTINI
Nella chiesa inferiore della Basilica di San Francesco si trovano gli stupendi affreschi della
cappella di San Martino (prima cappella navata sinistra, forse uno dei maggiori capolavori
di Simone Martini e, certamente, della pittura trecentesca (ca 1312). All’interno di questi
tabernacoli, tipicamente giotteschi, Simone disegnò però un mondo malinconico, tipico, in
questo caso, della civiltà profana del Medioevo, ma lo fece usando un colore talmente
luminoso che, nonostante avesse derivazioni puramente duccesche e della cultura delle
miniature parigine, presentava delle novità assolute in merito alla sua capacità evocativa.
Nelle mezze figure di santi, poste tra i finestroni, nella scena dedicatoria e in tutte le Storie
di San Martino il colore diventa mezzo di illuminazione, riesce a dare forma e profondità
alle varie superfici. In alcuni casi, la Morte, i Funerali e l’Investitura di San Martino il
colore è fondamentale per creare determinate atmosfere, per ricreare le ombre o per far
percepire la densità dell’aria respirata.
Ricordate la maestà in trono nel palazzodi siena?
SANT'ANTONIO DA PADOVA E SAN FRANCESCOGli otto santi a figura intera, nel
sottarco della cappella, sono tutti raffigurati a due a due all’interno dei vani di una bifora,
con l’azzurro del cielo che fa da sfondo.La distribuzione delle figure vede sulla destra in
basso, Sant’Antonio da Padova e San Francesco, in alto, Santa Maria Maddalena e Santa
Caterina d’Alessandria; sulla sinistra, in alto, San Luigi di Francia e San Ludovico da
Tolosa, in basso, Santa Chiara e Santa Elisabetta d’Ungheria. Spesso la critica ha messo in
evidenza una differenza stilistica tra le figure dei santi maschili rispetto a quelle femminili,
attribuendo i primi a dei collaboratori di Simone, a causa di una presunta inferiorità di stile
rispetto alle seconde. La presunta inferiorità, però, non è reale. È necessario, invece,
considerare un lieve scarto verso una maggiore concisione formale e una più chiara
definizione plastica, che raggiunge il massimo livello nell’immagine di San Francesco.
PIETRO LORENZETTI
Nel braccio sinistro del transetto della Chiesa inferiore di San Francesco d’Assisi, si trova il
ciclo d’affreschi di Pietro Lorenzetti. Discepolo di Duccio
LA CRIPTA
La luce che parte dalla sua Tomba benedetta è un continuo richiamo agli uomini
smarriti per le vie del mondo alla ricerca di un po’ di pace. Sembra di vederla ancora
la tormentata immagine del Santo di Assisi adergersi in un nimbo di luce, tendere al
mondo le mani stigmatizzate e ripetere a tutte le creature il suo saluto serafico di
«Pace e bene»! San Bonaventura lo chiamava il banditore di pace perché
annunciava pace in ogni predica, auspicava pace in ogni saluto, sospirava
l’ineffabile pace dell’estasi negli istanti di contemplazione. Ben possiamo dirlo ora
cittadino di quella Gerusalemme, per la quale il Salmista, uomo della pace, pacifico
dinanzi a coloro che la pace odiarono, cantava: «Chiedete pace per Gerusalemme»
(S. Bonaventura).
Qui, nel rozzo sarcofago di sasso, contenuto nel pilastro eretto al centro del vano a
crociera, è il Sacro Corpo del Poverello. In quel punto lo nascose, integro, Frate Elia,
nel 1230, rendendolo inaccessibile a qualunque possibile violazione.
Nel 1818, dopo 52 notti di lavoro, i Frati del sacro Convento, autorizzati da Pio VII,
giungevano col piccone a rimettere in luce il prezioso Tesoro che fu racchiuso in
un’urna di bronzo sigillata della Santa Sede; nel 1820 fu aperta la vasta cripta,
scavata nella viva pietra; 1932 su disegno dell’Arch. Ugo Tarchi venne realizzata
l’attuale sistemazione, in luogo di quella neoclassica dell’800. Nelle nicchie – agli
angoli del vano – sono state sistemate le tombe di quattro discepoli del Santo: Fra’
Leone, Fra’ Masseo, Fra’ Rufino, Fra’ Angelo, originariamente sepolti nella Chiesa
inferiore; mentre nel punto di congiunzione delle due scale che conducono alla
cripta, sono i resti della Nobil Donna romana Jacopa de’ Sottesoli, devota
benefattrice del Santo, il quale era solito chimarla Frate Jacopa.
www.thais.it/speciali/assisi/Giotto/mappa_giotto.html
VITA
Francesco d'Assisi è vissuto 44 anni, dall'inverno 1181/82 fino al crepuscolo del sabato 3
ottobre 1226. II biografo che I'ha conosciuto, Tommaso da Celano, inizia così la sua Prima
Vita: "Viveva ad Assisi, nella valle spoletina, un uomo di nome Francesco". Ne prende lo
spunto anche san Bonaventura nella sua Leggenda Maggiore: "Vi fu, nella città di Assisi, un
uomo di nome Francesco ... ". Non c'e alcun riferimento storico perché la vita di un santo la
si racconta per eventi e temi. Viene battezzato con il nome Giovanni, ma il padre, Pietro di
Bernardone, pendolare tra I' Italia e la Francia a commerciare "panni franceschi", lo chiama
Francesco. Cresce simpatico, umano, credibile; non passa repentinamente dalle tenebre dei
peccati alla luce abbagliante della perfezione, ma attraverso una vita normale di sogni e di
spensieratezza, di svaghi e di impegni lavorativi, matura in se stesso i segni di una intensa
esperienza cristiana. E’ un giovane particolarmente allegro, ma non superficiale, generoso
ad oltranza e sensibile, ma non incosciente, dotato di una certa civetteria ama essere al
centro dell’attenzione, ma più per la consapevolezza delle sue doti che per eccessivo
narcisismo.Si sente avviato a grandi cose e non manca di affermarlo: so che diventerò un
grande principe. E per di più c'e in Assisi un semplice il quale ogni volta che lo incontra per
la strada si toglie il mantello e lo stende davanti ai suoi piedi, proclamando che avrebbe
compiuto un giorno delle meraviglie. Era il gesto ingenuo e riconoscente di un povero
trattato con generosità e umanità o il messaggio di una profezia? Le grandi cose a cui
ambire a quel tempo erano le imprese dei cavalieri di cui era ricca la cultura giullaresca. A
vent'anni si cimenta in una battaglia vera appena fuori casa, a Collestrada, ma il suo esercito
è fragile e improvvisato come le fantasie giovanili, ma soprattutto i suoi muscoli non sono
forti come la sua sensibilità e il suo cuore, le sue mani non sanno stringere una spada come
quando si poseranno sulle piaghe dei lebbrosi. E viene fatto prigioniero per un anno intero
ma non perde il vizio di essere contento e di fantasticare. Ritorna a casa e riprende il suo
lavoro nel negozio del padre. Poi si ammala di una malattia lunga e misteriosa che debilita il
corpo ma rafforza i pensieri e soprattutto lo spirito.
LA FORZA DI UN SOGNO
La spoliazione davanti al padre e al vescovo nella piazza di Assisi, aveva portato finalmente
Francesco a scoprire la sua identità di figlio di Dio e la sua configurazione a Cristo. "Oh,
come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre". Coloro che compiono le opere del
Padre "sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi quando
I'anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù delle Spirito Santo. Siamo
suoi fratelli quando facciamo la volontà del Padre che e nei cieli. Siamo madri quando
portiamo nel cuore e nel corpo per mezzo del divino amore e della pura coscienza e lo
generiamo attraverso le opere sante" (Lettera a tutti i fedeli). Diventare come Gesù. Fu
questa il senso della sua vita espresso nella Regola per i frati: "Questa e la vita del vangelo
di Gesù Cristo, che frate Francesco chiese che dal signor Papa Innocenzo gli fosse concessa
e confermata" (Regola non bollata). La sua conformazione/imitazione di Cristo cercata per
tutta la vita I'ebbe perfino impressa nella sua carne con i segni delle stimmate. Scrisse frate
Elia dopo la morte di Francesco: "Ed ora vi annuncio una grande gioia, uno straordinario
miracolo: non si è udito un portento simile, se non nel Figlio di Dio, Cristo Signore.
Qualche tempo prima della sua morte il nostro Padre (Francesco) apparve crocifisso,
portando impresse nel suo corpo le cinque piaghe, come sono veramente le stimmate di
Cristo". E testimonia frate Leone: "Quando si stava lavando il suo corpo per la sepoltura,
sembrava veramente come un crocifisso deposto dalla croce”. Un altro modo per vivere il
rapporto con Dio e realizzarlo in Cristo è fare corpo con I'umanità di Gesù stesso, entrare in
lui, unirsi intimamente a lui. E questo è possibile 'realmente' attraverso il sacramento
dell'Eucaristia. Un sacramento che Francesco ha vissuto con tale intensità da vibrare e
ardere "di amore in tutte le fibre del suo essere, preso da stupore oltre ogni misura per tanta
benevola degnazione e generosissima carità. Si comunicava con tanta devozione da rendere
devoti anche gli altri" (Tommaso da Celano, Vita Prima).
FOLIGNO
SAN FELICIANO
Nella centrale piazza della Repubblica vi è la chiesa intitolata a San Feliciano, patrono della città.
Fu edificata nella prima metà del XII secolo sul luogo della sepoltura del Santo ad opera di Maestro
Atto, come documenta una iscrizione posta sulla facciata principale. Nel 1201 fu ampliato con la
costruzione di una facciata secondaria e nei secoli XVI e XVII fu oggetto di numerosi restauri e
aggiunte. Nel 1904 la facciata anteriore è stata liberamente restaurata e presenta un mosaico
raffigurante "Cristo in Trono, San Feliciano", messalina (protettori della città) e papa Leone XIII
(colui che commissionò l'opera). La facciata sinistra, quella su piazza della Repubblica è
caratterizzata da un bel portale romanico decorato con bassorilievi raffiguranti Federico Barbarossa,
Innocenzo III, i Simboli degli Evangelisti ed i Segni Zodiacali. L'elegante cupola è un'addizionale
cinquecentesca opera di Giuliano di Baccio d'Agnolo. L'interno ad un'unica navata denota i tratti del
rifacimento Neoclassico operato nella seconda metà dell'Ottocento da Giuseppe Piermarini, ed è
evidenziato dal baldacchino dell'altare maggiore, fedele riproduzione di quello berniniano presente
nella Basilica di San Pietro a Roma. Al suo interno custodisce una statua del XIX secolo, la
cappella del Sacramento del 1527 è opera di Antonio da Sangallo il Giovane con affreschi di
Vespasiano Strada e Baldassare Croce, la cripta (sotto l'edificio) ha origini romaniche ed è quindi
più antica della chiesa stessa con capitelli preromanici ed altri elementi architettonici.
CAPITOLO IV
VENDUTA OGNI COSA,SI LIBERA ANCHE DEL DENARO RICAVATO