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Alessia Tarricone

Diritto processuale civile


Lezione 1
26 Settembre 2022

Buongiorno a tutti e bentornati a scuola.


È un piacere finalmente rivedervi senza mascherine, vedere sorrisi e sbadigli.
Allora cosi siamo collegati anche con quelli da casa.
Oggi c'è questa particolarità della lezione che resta ancora trasmessa in streaming e poi verrà caricata
sulla pagina moodle del corso. Avviso ai naviganti: questa cosa terminerà nel senso che da domani si
ricomincia con quella che era la didattica tradizionale, che forse voi non avete mai sperimentato in
quanto, essendo al terzo anno, siete generazione covid e quindi avete iniziato con mascherine e
didattica a distanza.
Invece si torna in presenza e quindi ci si alza alle 7 del mattino, si prende il pullman o il trenino e si
viene. Siccome c'era il nostro dovere civico del voto di ieri e molti sono dovuti rientrare
probabilmente nel loro paese natio, molti hanno fatto scrutatori, presidenti e quant'altro c'è questa
possibilità oggi di avere questa lezione in streaming.
Non sono la professoressa D'Alessandro, la professoressa è a Barcellona per un convegno e quindi
oggi e domani la sostituirò io, poi dalla settimana prossima si ricomincerà con il calendario. Perché
il corso è condiviso? Io sono Davide Castagno e sono anche titolare delle corso. Il corso si svolgerà
con una modalità conforme che abbiamo già sperimentato lo scorso anno con la professoressa
D'Alessandro e che diciamo ha dato i suoi frutti. Insomma è una modalità peraltro di istruzione che
l'università sta sponsorizzando e che è quella di alternare alla didattica tradizionale, frontale, classica
quella della didattica più innovativa-sperimentale in cui faremo insieme degli esercizi, dei workshops.
Quindi il lunedì e il martedì c’è la lezione con la professoressa D’Alessandro, il mercoledì faremo
questa attività didattica alternativa e su cui vi darò sicuramente maggiori ragguagli mercoledì quando
inizieremo questa attività.

WORKSHOP: Sin d'ora se volete farvi un'idea di cosa si tratterà, pensavo di sviluppare come l'anno
scorso una prima parte di queste attività in cui capire-premesso che l'obiettivo è quello di farvi capire
cos'è, cosa può servire quello che studiate oltre all'università- finita l'università cosa ce ne facciamo
del processo civile? E quindi una prima parte è volta a farvi capire che c'è una possibilità di carriera
anche all'interno dell'università, dopo la laurea e quindi proveremo a guardare insieme come si
esprime la giurisprudenza, come si esprimono le sentenze, a provare a sviluppare un commento alla
giurisprudenza cioè il lavoro che di fatto facciamo noi.
Poi intervalleremo con due workshops più come vere e proprie esercitazioni, attività proprio più tipo
dei test, dei piccoli quiz televisivi che faremo in aula.
La seconda parte, quando sarete già più addentro alla disciplina processuale, è quella di provare a
sviluppare insieme, con l'aiuto di due collaboratrici che svolgono la professione di avvocato, un
processo simulato cioè provare insieme a far partire da un dialogo tra avvocato e cliente, provare a
sviluppare un atto introduttivo -che vedrete è l'atto di citazione- e poi una comparsa di risposta e poi
esaminare al termine di questa attività gli atti veri da cui abbiamo tratto il caso che simuliamo e vedere
poi come si conclude con la sentenza.
Queste qui sono le attività del mercoledì che io vi invito a fare per questione di puro e mero interesse
scevro da altri tornaconti: sappiate che per ognuna di queste attività è previsto la l'assegnazione per
coloro che lo svolgeranno ovviamente in maniera sufficiente di 0,5 punti in sede di esame finale. 0,5
punti per un massimo comunque di 1 punto. Penso che faremo tre, massimo quattro, di queste
esercitazioni che assegnano un punteggio. Se anche voi diligentemente parteciperete a tutti e quattro,
comunque vi verrà riconosciuto al massimo un punto.
Questo vi consente al massimo di saltarne uno, al massimo di farne uno un po’ meno bene. Su tutte
queste cose ci intratterremo bene mercoledì ma è giusto per darvi un'idea, nel senso che chi dice che
queste cose non gli interessano perché tradizionalista, il mercoledì può stare a casa a dormire.

ORARI: Sia il mercoledì che il lunedì e martedì si comincerà alle 8.30 perché naturalmente
cerchiamo di agevolare gli studenti iniziando a quest’ora. Quindi dalle 8.30 alle 10. Poi da parte mia
vi garantisco che non sforeranno le lezioni. Anzi se capiterà che inizieremo un po’ prima,
recupereremo sempre prima della fine.

CORSO: Il corso di procedura civile è da 15 CFU per coloro che sono nati a livello universitario
nell'anno accademico (non si capisce).
Il vostro piano carriera prevede un corso unitario da 15 CFU. Questa modalità di insegnamento della
procedura civile unitaria da 15 CFU è nata con voi, prima negli ordinamenti precedenti c'erano due
esami separati che era uno da 9 CFU dato il terzo anno e poi un insegnamento da 6 CFU che veniva
dato il quinto anno. Per varie questioni, che io condivido, una delle quali era che di fatto poi
specialmente gli studenti interessati facevano una procedura al terzo anno poi silenzio perché ci sono
pochi insegnamenti opzionali di procedure e poi si arrivava al quinto anno. Ma soprattutto perché da
qualche anno c'è la possibilità di anticipare la pratica forense già al quarto o quinto anno e quindi è
piuttosto ragionevole dire che se io do la possibilità a uno studente di giurisprudenza di avviare già
l'attività forense seppur nello stato di praticante, devo fornirgli i mezzi quindi non posso portare uno
studente davanti uno studio di un avvocato che non sa cosa sia un decreto ingiuntivo o procedimento
cautelare. Quindi si è portato il corso di procedura civile unitario al terzo anno e qui ecco anche
l'interesse per questi workshop perché vi trovate quantomeno ad aver già visto magari degli atti
processuali ad aver già provato a capire cosa vuol dire la dinamica di un processo e via dicendo.
I contenuti sono gli stessi, cioè questo corso da 15 CFU si svilupperà in due semestri: nel primo
semestre di fatto farete ciò che si faceva nel vecchio corso di procedura civile 1 e quindi i principi
generali del processo, processo di cognizione e la sua evoluzione sino al giudizio di Cassazione (libri
uno e due del codice di procedura civile e del luiso), nella seconda parte che si svilupperà nel secondo
semestre invece studierete quello che era il vecchio programma di procedura civile 2 da 6 cfu.
Cambia la valutazione come ovvio che è unitaria, cioè non sono più due esami separati a libretto ma
c'è un unico esame che vi pesa per 15 CFU.

MODALITA’ ESAME: L’esame è scritto. Alla fine del primo semestre (gennaio o prima di Natale)
la professoressa da la possibilità per i frequentanti di sostenere un esonero, cioè fondamentalmente
un esame sulla prima parte del corso sempre scritto con le modalità che appunto trovate scritte sul
sito. Se sostenete l'esonero e lo superate con una valutazione sufficiente e che soddisfa anche voi,
avrete un anno solare per sostenere la seconda parte dell'esame (maggio, giugno, settembre etc.)
Vedete il peso non è proprio uguale cioè un 50:50 in termini di voti. Sarebbe una suddivisione
dell'insegnamento a spanne anche come materiale di studio e anche di ore, perché questo semestre è
da tre giorni per due ore, il prossimo sarà da due giorni per due ore.
La distribuzione del peso è 9 crediti in questo semestre e 6 il prossimo. Ovviamente ne risente anche
il voto, è un 60% il voto su questa prima parte e un 40% il voto che conseguiremo sulla seconda parte.
Non potete presentarvi agli appelli della sessione invernale perché quelli non vi riguardano, ci sarà
l’esonero fatto apposta per voi.
Chi sostiene l’esonero, da la seconda parte a maggio come un esame normale.
Chi non sostiene l'esonero, da maggio deve dare tutto l’esamone insieme.
Per chi è nel vecchio ordinamento l'invito è di scrivermi. Tendenzialmente ci potrebbe essere tra di
voi persone che vengono da un corso di laurea triennale (diritto per le imprese) o cuneo e via dicendo
che quindi fanno l'integrazione da 6 CFU o da 9 CFU.
Per quelli che vengono da diritto per le istituzioni c'è un programma apposta che di fatto è quello del
primo semestre però anche lì vi invito a scrivere; per quelli che arrivano da Cuneo, l'integrazione da
6 CFU invece riguarda l'argomento del secondo semestre. Attenzione perché ovviamente voi dovete
verificare in che anno siete immatricolati, cioè se c'è qualcuno tra voi che risulta formalmente
immatricolato all'anno quarto o successivi può sostenere gli esami nella sessione invernale.
LIBRI DI TESTO: Il libro è quello indicato, quindi fondamentalmente sono i manuali del LUISO
che sono sicuramente i più consigliati, preferiti dalla professoressa.
Ci sono queste alternative per quanto riguarda il primo libro, cioè i principi.
Questa quadripartizione è più o meno quella delle lezioni: Luiso 1 e 2 sono fondamentalmente libri
che dovrete avere per questa prima parte di corso; il volume 3 e 4 sono invece i volumi che studierete
nella seconda parte del corso. Quindi sul 2,3,4 non c'è alternativa, mentre sulla prima parte sui principi
c'è questa alternativa: il manuale di CONSOLO o del manuale di BOVE o del manuale di MERLIN.
Se avete un manuale di vostra sorella, zia, cugina già comprato -tipo il mandrioli- non potete usarlo?
Ovviamente sì, cioè nel senso la procedura civile è quella e serve il codice che è più importante e poi
il manuale ovviamente è un ausilio alle spiegazioni. Nessuno ovviamente verrà mai a casa vostra a
controllare su che libro studiate, cioè basta che sappiate la materia. Il consiglio se non avete dei
manuali a disposizione è quello di comprare il Luiso, che sono quelli su cui si basa anche
principalmente il corso e che ha una modalità esplicativa molto efficace anche se un po’ lungo, però
spiega molto bene. L’edizione sta a voi, se avete quello di vostra madre dell’86 in cui il processo era
un altro è totalmente inadeguato ma se è un manuale di 1, 2 o 3 anni fa insomma va bene.
Attenzione per lo studente a studiare con un codice per conto iperaggiornato e ovviamente a valutare
se ci sono delle parti del manuale che non corrispondono con il codice, allora bisogna andare in
biblioteca a reperire l'edizione aggiornata.
Su tutto ciò pesa la oramai imminente riforma del codice di procedura civile: perché il processo civile
come il processo penale, che sicuramente ha fatto più notizia, è in sede di riforma. Sono già stati
emanati i decreti attuativi. Adesso io non ho ancora parlato con la professoressa D’Alessandro, non
so ancora come intenderà procedere se le stessa vi farà di volta in volta dei rimandi a come potrebbe
cambiare o se preferirà fare uno di questi workshop, mentre so che con il professor Dalmotto c'era in
programma forse un seminario ad hoc e quindi può essere lì il rimando.
In ogni caso sappiate che c'è questa riforma che è lì ormai pronta e quindi potrebbero cambiare in
corso d'opera alcune parti.

MOODLE: Strumento che avete potuto sperimentare ampiamente durante i tempi pandemici che è
quello di moodle. Al fondo della pagina dell'insegnamento ci sono tutti i nostri contatti (io dovrò
ancora aggiornare l’orario di ricevimento ma sarà mercoledì dopo le lezioni, quindi se qualcuno ha
qualcosa da chiedere mi fermerò ancora un'oretta dopo le lezioni su al secondo piano) e potete trovare
la pagina moodle, dove trovate diritto processuale OZ 22-23 e qui c'è l'ambiente virtuale.
Invito tutti coloro che ancora non l’hanno fatto ad iscriversi tramite il procedimento che ho fatto
prima (moodle → iscrizione spontanea) e vi registrate. Registrandovi potete avere accesso a tutto
quello che è la parte e-learning, materiali etc. Il materiale viene erogato di settimana in settimana:
questa settimana trovate le slides della professoressa, un quiz che ci sarà poi settimana in settimana e
delle letture consigliate e così sarà poi di volta in volta.
Adesso metterò anche la mia parte cioè dedicata ai workshops dove caricherò le esercitazioni.
Io oggi se avete piacere proietto alcune slides che sono mie, non perché quelle della professoressa
siano fatte male assolutamente ma perché io ho le mie pronte. Se avete piacere io carico anche le mie
però appunto non volevo che mi trovaste troppe slide e moltiplichiamo le cose semplici.

INIZIO LEZIONE
Allora, il processo civile.
Tutti noi abbiamo esperienza di qualcosa che non funziona nel mondo, quantomeno penso tutti voi
abbiate avuto da ridire con l'operatore telefonico. Io stesso lunedì ho ricevuto un'ingiunzione di
pagamento da parte di un huissier de la justice di Parigi che mi induceva a pagare senza ritardo
100 € alla compagnia che gestisce gli asili nido in Francia in cui mia figlia è rimasta tre ore e via
dicendo però devo pagare questi 100 €.
Quali sono le opzioni per rivendicare le mie ragioni? Io sostengo che il fatto che mia figlia sia stata
lì tre ore e si sia rotta un braccio e quindi poi ho cancellato l’iscrizione non dia diritto a questi soggetti,
che soprattutto non mi hanno inviato alcuna fattura prima, di inviarmi un'ingiunzione di pagamento
di 100 € in cui ci sono ovviamente gli interessi di mora.
Io penso di aver ragione, allora come faccio a farmi la mia ragione? La prima opzione che a caldo mi
è venuta è di prendere la macchina, andare all'asilo con una mazza e farmi valere ma questo è reato.
Sappiate che c’è una norma del codice penale che dice che è vietato l'esercizio arbitrario delle proprie
ragioni. Anche se io ho ragione, non posso farmi giustizia da me. Quindi questo è un metodo che non
funziona.
L'altra opzione è quello di andare dalla direttrice dell'asilo e dire cara signora, ho iscritto mia figlia e
poi ti ho chiesto di disdire e adesso mi fai sto scherzo? Cerchiamo di venirci incontro: quindi la prima
soluzione è ricercare una soluzione amichevole, cioè discutere tra persone civili e arrivare ad un
accordo più o meno formale a livello orale o accordo scritto (ad esempio il contratto di transazione,
in cui ognuna delle parti rinunciando a qualcosa, accetta a sua volta…) Questo naturalmente è un
accordo che ha efficacia ex lege.
Se proprio non riusciamo a metterci d'accordo, c'è sempre la possibilità di andare dal terzo soggetto
rispetto ai due litiganti e dire “ma riusciamo ad arrivare ad una soluzione? Non ce la facciamo, tu ci
dai una mano?”
Questo ad esempio è lo strumento che regola il procedimento di mediazione che è una delle
alternative al processo.
Se cosi non riusciamo, l'ultima alternativa che ci resta è quella di andare davanti a un giudice o un
arbitro, cioè un soggetto che non si metta più a dialogare con noi, cioè non abbia più la funzione di
mediare il litigio e cercare una soluzione, ma ha la funzione di -in Francia dicono l’espressione
tranchè- tranciare il litigio e dire chi ha ragione e chi ha torto. Quindi non interessa più discutere
insieme ma dire chi ha ragione e chi torto. Questo è l'arbitrato o il processo civile, che è oggetto di
questo corso di studi. La differenza fondamentale tra il procedimento di mediazione e il procedimento
giudiziario è proprio relativa anche all'esito della lite: se la vostra collega mi deve 1000 € e non me
li vuole dare, se andiamo da un mediatore l'oggetto della lite è il debito di 1000 della vostra collega
nei miei confronti ma può essere che l'esito del processo di mediazione sia che io e la vostra collega
ce ne andiamo dicendo 1000€ tienili però in compenso mi piace moltissimo la tua bici nuova che hai
comprato e quindi mi prendo la sua bici e si tiene 1000 €. Altro esempio, può essere che il debitore
come professione faccia la tata, io rinuncio a 1000 € ma lei viene per un anno a farmi due ore al mese
a casa con mia figlia. Perché nella mediazione l'importante è raggiungere una soluzione, non ci
importa di quale natura. Mentre nel processo no, perché io lo inizio chiedendo al giudice che tizio mi
dia 1.000 €, il processo non può concludersi in maniera diversa se non con una decisione del giudice
che dice “tizio deve o tizio non deve tot euro”.
Non possiamo andare a cercare soluzioni alternative.
Cosa si studia nella procedura civile? La disciplina di questo processo.
Il processo ha delle sue regole che ci dicono come il giudice può arrivare a una decisione, come il
giudice può arrivare a dire che tizio mi deve dare 1000 €? Si può fare alla carlona e si va dal giudice,
si discute? No, ci sono delle regole molto precise, molto importanti che portano, se rispettate, ad una
decisione che definirà in maniera incontrovertibile il giudizio.
Queste norme di disciplina sono, a differenza delle norme sostanziali, delle norme tecniche perché
hanno una funzione tecnica che è quella di disciplinare il processo.
Sono impostate su uno schema che forse potrebbe apparire per voi un po’ nuovo, perché lo schema
della norma penale è il divieto “devi o non devi tenere un certo comportamento”, lo schema della
norma civile con l'aggiunta della facoltà e del potere cioè “vuoi o puoi”. Invece lo schema delle norme
processuali è quello dell'onere che è una via di mezzo, che si può sintetizzare con la formula “se vuoi,
puoi” ma anche “se vuoi, devi”. Questo è l'onere, cioè ti do la possibilità ma devi rispettare la regola.
Caro cittadino vuoi una decisione del giudice? Allora devi compiere tutti questi certi atti e tutti questi
certi termini. Se lo fai, io ti rendo giustizia ma se non lo fai, non posso renderti giustizia.
Se commetti un errore processuale, ci sono delle conseguenze più o meno gravi a seconda dello stato
di avanzamento del giudizio ma può accadere che un soggetto pur avendo ragione dal punto di vista
sostanziale poi sbagli dal punto di vista processuale e quindi si vede terminare il processo con una
decisione di stampo negativo rispetto alla sua pretesa.
Dove troviamo queste norme tecniche? Fondamentalmente nel codice di procedura civile che si
compone di quattro libri, più le disposizioni attuative. Ci sono i numeri uno e due, cioè i primi volumi
e poi il terzo e quarto che contengono il procedimento esecutivo e i procedimenti speciali.
Attenzione perché il codice di procedura non esaurisce la disciplina del processo: infatti una parte è
anche contenuta nel codice civile, nella parte relativa alle prove, alle trascrizioni, all’efficacia del
giudicato e via dicendo che trovate nel Titolo Sesto dedicato alla tutela dei diritti.
Poi ci sono leggi speciali che disciplinano altri processi che vi interesseranno più che altro nella
seconda parte e poi ovviamente c'è una disciplina comunitaria perché siamo cittadini europei, anche
se da oggi un po’ nazionalisti visto le elezioni, però siamo cittadini europei quindi ovviamente la
normativa comunitaria ha prevalenza su tanti temi e anche sul processo civile. Le regole in materia
di litigi transnazionali che coinvolgono parti e soggetti che non si trovano sul territorio italiano, sono
regolate dalla normativa comunitaria, così come i procedimenti speciali divorzio sempre quando si
tratta di litigi con una dimensione transnazionale sono regolati dalla normativa comunitaria che
ovviamente prevale su tutto.
Di queste norme dobbiamo distinguere a sua volta un profilo statico e un profilo dinamico. Il profilo
statico ci indica la disciplina da applicare e il profilo dinamico ci indica cosa fare in caso di errore
perché la disciplina processuale è una disciplina che tende a correggere da sé i propri errori cioè non
bisogna andare da un altro soggetto per dire chi ha sbagliato nel processo. Il processo cercherà di
autocorreggersi. Ci sono tutta una serie di norme, che dovrete studiare e anche bene, su cui ci
eserciteremo che disciplinano la competenza del giudice, perché il giudice ovviamente in Italia non
è uno ma i giudici sono diversi per valore (competenza verticale) e per territorio (competenza
orizzontale). Abbiamo il giudice di pace, il tribunale, la Corte d’Appello, la Cassazione e abbiamo il
giudice di pace di Torino, di Vercelli, di Asti, di Alessandria, di Ivrea, poi il tribunale di Torino etc.
Come si fa a capire davanti a quale giudice si va?
Ex: il mio debitore non mi sta pagando il canone di locazione di una casa di mia proprietà che si trova
a Bologna. Io sono di Torino, lui sta affittando ma in realtà formalmente continua a risiedere a
Ravenna. Da chi vado? Dal giudice di Torino, di Ravenna, di Bologna? Giudice di pace o Tribunale?
Ce lo dicono le norme che disciplinano la competenza del giudice. → Profilo statico
Scopro da queste norme che devo andare davanti al giudice del luogo in cui l’immobile è locato, cioè
Bologna. Se io sbaglio e vado a Ravenna, c'è la possibilità di eccepire l’incompetenza del giudice e
ritornare davanti al Comune di Bologna, riassumere il processo e via dicendo → Profilo dinamico
Ecco perché dico che il processo è una disciplina che tende a correggere gli errori per quanto
possibile.
Ad un certo punto poi non si può più correggere e se si sbaglia le conseguenze sono processuali e
sono negative per la parte che ha sbagliato.
Il processo civile è soggetto ad una normativa ipertrofica, ci sono state costantemente riforme.
L’ultima è la legge 206 del 2021 che è quella di cui sono in discussione alle commissioni parlamentari
i decreti attuativi. È la riforma che dopo tanti anni finalmente interviene in maniera un po’ sistematica
e corposa su tutto il processo civile.
Perché queste continue riforme? Perché evidentemente il processo italiano è in crisi, ovunque ormai
si sente lamentare sul processo però è innegabile che la giustizia italiana insomma sia a livelli
abbastanza disastrosi a livello europeo ma anche a livello mondiale.
Io proprio in questi giorni ero a un convegno nei Pirenei, in cui si parlava di ambiente e clima, di
giustizia climatica cioè come tramite il processo si può tutelare il nostro ambiente, mitigare, cercare
di contenere il cambiamento climatico. Sapete che nel 2021 scorso è stato introdotto in Italia un
grande processo detto “il giudizio universale” proposto da onlus e altre associazioni, altri cittadini al
tribunale di Roma per cercare di ottenere la condanna del governo italiano ad adottare una normativa
più efficiente in tema di contrasto al cambiamento climatico e segnatamente riuscire a rispettare gli
accordi di Parigi. Si parlava di queste cose perché anche in questo noi siamo ultimi e si parlava di
difficoltà processuali, intenzione del processo, chi ha la legittimazione e chi ha l’interesse
(presupposti processuali). Uno dei problemi principali dell'Italia è il tempo perché se anche noi
superassimo tutte queste questioni processuali un po’ difficili -per darvi l'idea di questo processo la
causa è stata introdotta a giugno 2021, c'è stata l'udienza di comparizione a giugno 2022, sapete
quando il giudice ha fissato la prossima udienza di discussione? Il 23 settembre 2023, tra un anno. Se
tutto va bene potrebbe arrivare a metà 2024 la sentenza.
Quando in Francia una causa così si è conclusa in un anno. Questo per darvi un'idea del fatto che i
processi sono lunghi. Attenzione ho detto in Francia si è conclusa, mentre nel 2024 potrebbe ancora
esserci l'appello e poi potrebbe esserci la Cassazione perché in Italia siamo un paese di litigiosi e
quindi raramente i processi finiscono in primo grado, chi perde comunque fa appello o poi si cerca di
fare ricorso in Cassazione. Seppur la Cassazione abbia una funzione sua propria, che è uno strumento
di legittimità in cui non si contesta più il merito ma solo come si è deciso cioè solo il ricorso di
legittimità, questo strumento viene abusato e abusato. Quindi se sommiamo tutti questi strumenti
arriviamo al 2027-2028 e ho riportato durate medie. Per avere una decisione in tribunale o giudice di
pace più o meno 1 anno, in Corte d'appello sono 2 anni più o meno e in Cassazione 2 anni. Sono
durate medie perché ad esempio il tribunale di Torino è uno dei più efficienti in Italia mentre è
innegabile che al Sud Italia ci siano più problemi. Quindi la giustizia è inefficiente, i processi sono
lunghi, l'esito è imprevedibile: il risultato è una sfiducia nella giustizia.
Quali sono i rimedi a questa crisi del processo? Due strade che il nostro legislatore sta parimenti
percorrendo in questi ultimi anni: da un lato il mito della riforma perenne cioè interviene
costantemente nell’aggiornare alcuni effetti del processo. Uno dei principali problemi della nostra
inefficienza qual è? Il personale. Si potrebbero aprire più concorsi in magistratura ma costa. Invece
riformare il processo no. Quindi dire il processo deve essere iniziato con ricorso entro 120 giorni o
dire entro 90, non cambia nulla a livello di costo, un magistrato cambia parecchio. Quindi c’è questa
continua riforma, si interviene sempre o su parti settoriali o come adesso l'ultima riforma in maniera
più coesa e più organica. Questo per chi si occupa di diritto ovviamente è un problema: io ho finito
dopo quattro anni di lavoro tutto fiero il mio libro sul procedimento in Cassazione e sarà vecchio tra
un anno perché è cambiato tutto.
La seconda strada che viene battuta negli ultimi anni è quella del ricorso a strumenti alternativi della
risoluzione del contenzioso, cioè i famosi ADR (alternative dispute resolution).
Quindi caro locatore, c’è l’inquilino che non ti paga 100 € di affitto, non venire a rompere le scatole
in tribunale ma cerca di risolverlo in maniera amichevole fuori dal processo.
Quali sono questi strumenti di ADR? (che voi non studierete se non per avere contezza della loro
esistenza) Sono arbitrato, la mediazione e la negoziazione assistita.
L’arbitrato è uno strumento che esiste da molto tempo, dal codice preunitario. È una soluzione
eteronoma in cui la soluzione della lite è demandata a un soggetto eteros cioè diverso da quello delle
parti. L'arbitro è un giudice privato e quindi costa.
Il procedimento arbitrale è disciplinato nel codice di procedura civile nel quarto libro. Quindi la
disciplina è nel codice di procedura civile per dirvi quanto sia affine al processo al punto che la
decisione dell'arbitro finale, che assume il nome di lodo, è appunto equiparato a una sentenza del
giudice cioè ha un valore e un'efficacia praticamente oramai giurisdizionale.
L’arbitrato ha tanti vantaggi, perché avere dei giudici ad hoc fa risparmiare più tempo che si dedicano
solo a quella causa, solo al nostro interesse.
“Giudici” molto competenti, ovviamente giudici è un termine improprio ma è giusto arbitri perché
non sono magistrati. Gli arbitri sono generalmente delle persone di notoria competenza: professori
universitari, ex magistrati soprattutto dal punto di vista amministrativi in pensione, se a volte serve
anche tecnici perché magari serve un aspetto tecnico (ingegneri).
Ci sono degli svantaggi: più sono esperti e più costano e ovviamente c'è sempre un buon rischio di
una parzialità dubbia. Gli arbitri sono sempre in numero dispari: in genere i collegi sono fatti da tre
arbitri e il meccanismo di nomina funziona che una parte sceglie il proprio arbitro, l'altra sceglie il
proprio arbitro e poi i due arbitri scelti scelgono il presidente.
Il collegio giudicante comunque sono formati dai due arbitri che sono un po’ già l'alter ego di una
delle parti, quindi ha i suoi pro e i suoi contro.
Proprio perché si tratta di un procedimento tendenzialmente molto costoso, riguarda in genere liti con
un valore molto elevato e soprattutto la Corte costituzionale più volte ha detto che l'arbitrato non può
essere imposto ex lege. Il legislatore non può dire alle parti che anziché venire a litigare davanti al
giudice, andate davanti ad un arbitro. È intervenuta più volte perché forme di arbitrari obbligatori
erano stati introdotti dal legislatore, soprattutto dal punto di vista della giurisprudenza amministrativa
(appalti pubblici) e più volte ha detto che non si può fare.
Quello che si può fare invece sono altre forme di ADR che sono state introdotte sottoforma di
giurisdizione condizionata. Il legislatore non può dire tout court che vi nega la giustizia però può
dire che prima di accedere a questo servizio di provare una soluzione alternativa, se poi un'alternativa
non ti riesce torni da me.
Su questo la Corte Costituzionale ha detto che è compatibile con la nostra Costituzione e in particolare
con l’articolo 24 che dice che tutti possono agire in giudizio per la difesa dei propri diritti.
Le forme di giurisdizione condizionata sono la mediazione e la negoziazione assistita.
La mediazione è una soluzione autonoma, cioè che si raggiunge senza l'imposizione di un soggetto
terzo ma con l'ausilio di un soggetto terzo però chi arriva alla decisione sono le parti aiutate dal
mediatore, che è un soggetto che svolge questa professione più o meno in maniera abituale.
Ci sono dei requisiti per fare il mediatore, cioè non bisogna essere per forza laureati in giurisprudenza
ma ci sono dei corsi apposta in Camera di Commercio o altri organismi che svolgono l’attività di
mediazione. Ci sono appunto dei costi di accesso-di segreteria molto bassi poi ovviamente se il
procedimento di mediazione va avanti, i costi aumentano mentre se non va avanti i costi si fermano.
Poi c’è la negoziazione assistita che è stato introdotta 2014 mentre la mediazione nel 2009.
È una soluzione importata dal diritto francese ed è una soluzione autonoma, molto spinta dagli
avvocati perché prevede di fatto la soluzione della lite attraverso la cooperazione in buona fede e
lealtà delle parti per giungere ad un accordo.
Ovviamente negoziazione assistita da chi?
È una riforma che è stata molto spinta dalla classe forense perché è una proposta di attività.
Le parti si trovano con i loro avvocati, cercano discutere, arrivano ad un accordo.
Oggi questa negoziazione è possibile anche nelle controversie in materia familiare (separazione,
divorzio) se non ci sono insomma determinate condizioni, a seconda che siano figli minori o no,
autosufficienti e via dicendo… Si può separare/divorziare in questo modo, cioè i coniugi si trovano
con gli avvocati, discutono e raggiungono un accordo.
Queste due forme di mediazione e di negoziazione assistita sono dette giurisdizioni condizionate
perché per determinate liti il legislatore subordina l'accesso al processo all’esperimento di uno di
questi tentativi.
Esempio: per tutte le liti che hanno ad oggetto il pagamento di una somma di denaro inferiore a 50.000
€ occorre esperire il tentativo di negoziazione assistita; per le controversie in materia di comodato,
diritti reali, comunione ad esempio occorre esperire il tentativo di mediazione.
Bisogna provarci: per la negazione vuol dire che l'avvocato deve imitare l'altra parte alla
negoziazione, mentre nella mediazione c'è un invito e se le parti trovano un accordo va bene. Quello
che richiede il legislatore è almeno di provarci. Se il tentativo risulta inutile si può andare a processo.
Se si inizia il processo senza aver esperito uno di questi tentativi, l'altra parte o il giudice può dire che
non si è tentato di mediare inizialmente, quindi il processo si ferma per un attimo, le parti ci provano
e se non funziona si torna davanti al giudice.
Per determinate controversie che trovate disciplinate nel decreto legislativo n.132/2014 per la
negoziazione, e il decreto legislativo n. 28/2010 per la mediazione.
Questo è stato un impatto difficile da introdurre in Italia perché sia un popolo di litigiosi e quindi
l'idea di riuscire ad arrivare a una soluzione concordata nella lite per le vecchie generazioni è difficili
da digerire. Non c'è la cultura in Italia della mediazione, ma c’è la voglia di andare davanti al giudice
e non di trovare un accordo. Il nostro dipartimento insiste molto su questo, c’è anche un corso
opzionale con il professor Lupano di tecniche alternative alla lite, che se siete interessati vi invito a
fare.
Sappiate che partirà come ogni anno e ci sarà il bando per prendere parte alla squadra del dipartimento
che partecipa alla competizione italiana di mediazione. La competizione si svolge a Milano dove si
simulano dei casi di mediazione, dove tra l'altro l’anno scorso abbiamo vinto il titolo. Quindi sono
molte attività alternative che vi invito a fare perché noi giovani dobbiamo cambiare un po’ questa
mentalità e aprirci a queste nuove tendenze.
Tutto ciò senza dimenticarci del nostro processo.
Torniamo alle caratteristiche dell'attività del giudice. Sentirete parlare sempre di giurisdizione (ius
dicere: dire il diritto). Dire il diritto è la funzione del giudice ed è un'attività che si può assumere
appunto in termini di strumentalità, residualità, necessarietà ed è eteronoma. Eteronoma: il giudice
è un soggetto terzo e imparziale che per definizione è altro rispetto alle parti in causa.
È necessaria perché non ci si può far giustizia da sé ma nei limiti aperti alle nuove possibilità di
soluzioni alternative al contenzioso e se non ci si accorda in maniera alternativa, non si può far altro
che andare davanti al giudice. È residuale perché il giudice di fatto realizza quello che le parti devono
fare: Tizio mi deve 1.000 € e non me li da, non riusciamo ad accordarci, non posso andare a casa sua
e rubarmi la tv, il giudice fa ciò che le parti non fanno.
Il giudice attraverso una tutela che dapprima è cognitiva arriva a conoscere la ragione e il torto, quindi
se del caso arriva a conoscere il torto del debitore se del caso arriva a condannarlo al pagamento di
1000, se comunque il debitore non ottempera, arriva con l'ausilio della forza pubblica a prendermi la
tv che vale 1.000 € attraverso un procedimento di vendita forzata e a soddisfarmi del ricavato.
Alla fine si arriva lì, ma ciò che le parti non riescono a fare lo fa necessariamente il giudice tramite
tutta la trafila del processo.
Ecco perché attività sostitutiva o residuale, ma è anche per questo che è attività strumentale.
Servente a che cosa? Alle norme di diritto sostanziale, non ci servirebbe a nulla la norma del codice
civile che ci dice che il debitore deve adempiere l’obbligazione, perché tanto poi non ci fosse uno
strumento che consente al creditore in caso di inadempienza di avere la ragione, tutte le norme
sostanziali sarebbero prive di senso. Così come la norma penale dice che non puoi uccidere e se uccidi
c'è il pubblico mistero che esercita l’azione e vai in galera, così nel processo civile la norma ci dice
che il debitore deve pagare se non paga ecco che in maniera strumentale a soccorso delle norme di
diritto civile interviene il processo ed il giudice.
Come interviene il giudice? Lo fa attraverso una serie di tutele. Se il giudice effettivamente apprende
che tizio mi deve 1000, allora lo condanna, poi arriva l’ufficiale giudiziario a casa sua se non paga,
gli pignora la tv, la vende e ottengo i 1000 euro.
Questo procedimento che io vi ho semplificato in 10 secondi si articola in una serie di tutele:
• Dichiarativa
• Esecutiva
• Cautelare
In questa prima parte di corso studieremo la tutela dichiarativa, anche detta attività di cognizione.
Tant'è che il libro secondo è intitolato “il processo di cognizione”. Studieremo i principi del processo
del Libro Primo.
Hanno una valenza fondamentale che si ripercuote in sede d’esame, nel senso che se non si supera la
prima domanda inerente ai principi, l'esame non si supera. Ci sono due domande, se non ricordo male
ma se la prima domanda sui principi è insufficiente, l’esame non è superato.
Fate attenzione, studente avvisato mezzo salvato, da qui a quando finirete i principi, quella parte va
studiata bene, perché magari potete essere un po’ più scarsini sull'altra. Ex: se non vi ricordate che il
termine per impugnare è 30 giorni si passa, ma non sapere i criteri di competenza non si passa e cos’è
giudicato non si passa. Sono principi generali cioè li ritroverete una volta studiati da qua a maggio
perché valgono per il libro primo, secondo, terzo e per tutte le volte che c'è una disciplina normativa
carente si fa soccorso al principio.
Ovviamente il codice non può disciplinare tutto, allora enuncia una serie di principi (articoli 1-60 o
giù di li) e tutte le volte che nel futuro dei processi non si trova una regola, si fa ricorso a quei principi.
Cosa fa nella tutela dichiarativa o di cognizione? Tutela cognitiva, il termine deriva dal latino
cognosco e quindi conoscere. Il primo step del giudice è conoscere.
Io vado dal giudice e dico che Tizio mi deve 1000 euro. Il giudice deve conoscere, accertare i fatti,
sussumere fatti sotto una norma di diritto e quindi dire il diritto.
Se dico tizio mi deve 1000 € , accerto il fatto che i 1000 euro siano dovuti. Sussumo quel fatto in una
norma di diritto, cioè lo riporto in una norma di diritto (il debitore deve adempiere l’obbligazione),
dico la norma di diritto cioè dico cosa deve fare tizio.
Questo è il sillogismo giuridico con una distinzione importante: per quello che riguarda i fatti, il
giudice non può saper nulla se non quello che gli riportano le parti. Le parti attraverso la prima fase
istruttoria portano il giudice una serie di elementi cioè consentono al giudice di capire come sono
andati i fatti e il giudice non può andare da solo alla ricerca dei fatti perché il nostro non è un processo
di stampo inquisitorio ma un processo di stampo dispositivo.
Il giudice può conoscere i fatti così come sono prospettati dalle parti: se una delle parti in realtà aveva
un argomento decisivo, una nota scritta del creditore che gli rimetteva il debito, quindi fondamentale
ma non la produce in giudizio perderà la causa perché il giudice deve accertare i fatti così come sono
prospettati dalle parti.
Secondo il noto brocardo “iudex secundum alligata et probata iudicare debet” cioè deve giudicare
secondo le allegazioni e le prove portate dalle parti. Questo è un principio fondamentale che regola
tutta l’attività processuale delle parti.
Non così per le norme di diritto perché lì c'è l'altro brocardo cioè “iura novit curia” cioè la Corte
conosce il diritto e quindi non importa quello che dicono le parti. Anche se le parti dicono che mi
deve 1000 a titolo di comodato ma il giudice nel leggere il contratto riqualifica e ritiene che non sia
comodato ma mutuo, è il giudice che fa il diritto. Tramite il combinarsi di questa attività si arriva
finalmente a dire appunto quale comportamento devono tenere le parti.
Si arriva in questo modo alla cessazione della contestazione in maniera più o meno controvertibile
perché appunto ci sono gli strumenti di impugnazione, però a un certo punto gli strumenti finiscono
e si arriva al giudicato che in teoria, salvo eventi eccezionali, si dice “facit de albo nigrum” cioè
giudicato fa del bianco il nero, nel senso che quello che dice il giudice quello è.
Certe verità ovviamente processuali, cioè non sappiamo quale sarà la verità storica, magari c'era un
documento fondamentale… ma quello che dice il giudice da lì in poi è diritto. Ovviamente con delle
eccezioni, perché lo vedrete quando farete le impugnazioni straordinarie, c'è la possibilità talvolta di
rimettere in discussione questa decisione.
Senza entrare nel merito, all'interno di questa tutela dichiarativa ne potete distinguere:
• l'azione di mero accertamento
• l’azione di condanna
• l’azione costitutiva

L’azione di accertamento è il minimum cioè il nucleo indispensabile di qualunque decisione del


giudice. Perché io chiedo al giudice di accertare che tizio mi deve 1000, può essere che l'attività del
giudice si fermi li. Ad esempio nelle servitù prediali, il mio vicino contesta che io abbia diritto di
passare su quel fondo, io voglio fare accertare una volta per tutti che invece io ho diritto di passaggio,
vado dal giudice e chiedo di accertare la servitù dei due fondi e l'attività del giudice finisce lì perché
accerta e li si ferma l’attività → accertamento mero.
Può essere però che l’attività del giudice vada oltre e che sia un'attività che porti a una decisione di
condanna, quindi ora ci sarà un’azione di condanna. Io non me ne faccio niente del fatto che i giudici
accerti che tizio mi deve 1000, ma voglio che lo condanni a pagarmi e accerta che ha leso il mio
diritto quindi lo condanna a ripristinare la situazione che ha leso. → condanna.
L’ultima è l'azione costitutiva. Annullamento del contratto: accerta il giudice che io ho concluso il
contratto per effetto del raggiro di tizio e quindi annulla, quindi modifica la situazione sostanziale.
L’azione di accertamento c'è sempre, è il minimum. Le azioni possono concorrere in maniera
semplicissima: chiedo l'annullamento (azione costitutiva) e come conseguenza sinallagmatica
dell'annullamento chiedo che mi vengano restituiti i 1.000 € che ho pagato in forza del contratto. C'è
un capo sinallagmatico di condanna che dipende dalla domanda costitutiva.
Ci sarebbero ancora da vedere le altre tutele, cioè quella esecutiva e quella cautelare ma rispetto gli
accordi presi e vi lascio e domani continueremo con le altre tutele e i principi costituzionali.
Ilaria Scivoli
Diritto processuale civile
Lezione 2
27 settembre 2022

Prima di iniziare giusto due nozioni tecniche, viste le domande che mi sono state poste ieri e forse
non sono stato sufficientemente chiaro. Giusto per evitare inconvenienti ripeto: coloro che sono
immatricolati nell’anno 2020/2021 vuol dire che stanno facendo il terzo anno, quindi voi siete iscritti
al terzo anno e voi avete l'esame da 15 CFU. Conseguentemente voi non potrete formalmente
iscrivervi agli appelli verbalizzanti di diritto processuale civile 15 CFU D’Alessandro e Castagno,
perché non potete ancora sostenere l’esame. Avrete a disposizione l'esonero, come anticipato, che
sarà ovviamente un esonero non verbalizzante. Poi l'esame verrà verbalizzato da maggio in poi,
quando sosterrete definitivamente l’esame.
Coloro che invece sono qua a seguire questo corso ma non sono di fatto iscritti al terzo anno, perché
risultano iscritti al quarto o quinto o anno successivo, loro ovviamente possono se vogliono già
iscriversi all'appello dalla sessione invernale e sostenere l’esame verbalizzante.

Altra questione che mi è stata posta: non siamo così sadici come alcuni professori che fanno fare
l'esonero e poi richiedono ciò che è stato fatto all'esonero. Se voi sostenete l'esonero sulla prima parte
del programma, poi all'appello questa parte non vi verrà più richiesta.

Domani, cioè mercoledì, vi ricordo che iniziamo questa attività didattica alternativa. Pensavo di
lavorare, come l'anno scorso, a gruppetti di 3, 4 massimo 5 persone.

Inizio lezione:
Allora ieri abbiamo chiuso parlando delle tutele. Abbiamo detto fondamentalmente che il giudice,
attraverso l’attività processuale, si sostituisce a ciò che le parti non riescono a fare da sole. Abbiamo
fatto questo esempio banalissimo del debitore che deve mille euro e abbiamo detto che la cosa più
naturale che viene da fare in una società in cui homo homini lupus est sarebbe quella di andare a casa
del debitore, spaccargli la porta, rubargli un bene che valga mille euro, portarselo a casa e avere
giustizia. Questo non si può fare e allora occorre che lo faccia qualcuno in maniera legale. A questo
serve il processo.
Abbiamo visto la prima fase, quella della tutela dichiarativa o cognitiva in cui il giudice viene
anzitutto a conoscere qual è la situazione prospettata dalle parti. Abbiamo detto che questa tutela si
suddivide al suo interno in tre possibili azioni:
1. Azione di accertamento, che è sempre presente; è sempre un minimo comune denominatore.
Questa può poi arrestarsi lì, quindi diventa un'azione di accertamento mero perché si accerta
solo.
2. Azione di condanna: accerto e quindi condanno a qualcosa una delle parti.
3. Azione costitutiva, volta a modificare la realtà sostanziale per il tramite della pronuncia del
giudice.

Studierete in questa prima parte il procedimento ordinario di cognizione. Ma perché il legislatore


precisa “ordinario”? Se c'è scritto “ordinario” è perché effettivamente ci sono altri procedimenti di
cognizione che però non sono ordinari: ad esempio il rito del lavoro è un procedimento di cognizione
speciale, seppur disciplinato nel libro secondo dedicato al processo di cognizione (ma questo per
ragioni storiche, perché il codice è un codice del 42, quindi siamo in epoca fascista e in quel regime
il lavoro era il cuore pulsante del paese. Non stupisce quindi che un rito come quello del lavoro fosse
nel libro secondo, seppure fosse un procedimento speciale). Voi non studierete il rito del lavoro: non
fa parte di questo corso, né della prima parte né della seconda.
Ci sono poi dei procedimenti che sono speciali non per ragioni appunto storiche o particolari come
quello del lavoro, ma sono speciali perché sommari. La cognizione ordinaria ci dice che si arriva a
conoscere ed accertare in maniera ordinaria, cioè in una maniera più completa possibile, con un
processo che è piuttosto lungo, che dà ampie chance difensive e che si svolge sempre nel
contraddittorio delle parti. Ci sono invece dei procedimenti che sono speciali perché la cognizione è
sommaria, cioè ci si accontenta di qualcosa di meno, quantomeno in una certa fase del processo. Un
esempio di procedimento speciale è il procedimento monitorio, anche detto ingiuntivo: uno di quei
procedimenti che voi studierete nella seconda parte del corso, dedicata appunto ai procedimenti
speciali, libro quarto del codice di procedura. Per farla molto semplice: vi ricordate ieri che ho fatto
quell’esempio stupido dei 100 €? Io creditore ho una fattura che dice “lei mi deve 100”, vado dal
giudice e il giudice con un decreto di ingiunzione dice che il debitore deve pagare punto; cioè non c'è
contraddittorio, non c'è niente, il procedimento è inaudita altera parte. Questo cosa vuol dire, che il
povero debitore non ha chance difensive? ovviamente no, sono semplicemente differite: cioè se il
debitore non ha nulla da eccepire perché effettivamente deve pagare, allora pagherà e punto. Se invece
ha da dire la sua, allora farà opposizione al decreto ingiuntivo ed ecco che lì si aprirà una fase di
cognizione ordinaria. Questo è un esempio di procedimento speciale, perché non ordinario.

La tutela dichiarativa capite che è un po’ di per sé limitata. Immaginatevi nel nostro esempio che io
voglia ottenere 10.000 € dal mio debitore. Vado dal giudice, il giudice mi dice “caro Castagno hai
ragione, Tizio ti deve 10.000 €” e quindi emette una sentenza di condanna: condanna cioè Tizio a
pagare 10.000 euro al Dott. Castagno. Bene ho una sentenza favorevole. Vado dal signor Tizio e dico
“caro Tizio, ho la sentenza quindi dammi 10.000 euro”. Lui dice grazie e arrivederci, nel senso che
non fa nulla. Cosa posso fare? Torniamo al punto di prima? allora faccio giustizia da mè... no serve
qualcosa di più, perché capite che se le tutele finissero qua, la mia sentenza di condanna farebbe la
fine del mio diploma di liceo: lo appendo in camera e mi ricordo che ho fatto il liceo, però non mi
serve a nulla.
Serve quindi uno step in più: lo Stato, nell’offrire la giustizia, deve garantire la piena attuazione del
tuo diritto. Allora in seguito alla sentenza di condanna, c'è bisogno di ripristinare la situazione ex
ante, cioè la situazione sussistente prima della violazione del diritto. Ecco allora che interviene la
tutela esecutiva, che studierete anch'essa nella seconda parte di questo corso.
La tutela esecutiva è quella forma di tutela che permette al creditore, o meglio a colui che ha vinto il
processo, di ottenere soddisfazione, non solo nel mondo giuridico ma nel mondo materiale. Quindi
se in seguito alla sentenza la controparte non adempie spontaneamente, io posso rivolgermi ad un
soggetto (che non è più il giudice ma è l’ufficiale giudiziario) che realizzerà la soddisfazione della
mia pretesa. Come? Ci sono diverse modalità: la prima modalità è l'espropriazione forzata, che è la
modalità cosiddetta generica, tipica del pagamento di denaro.
Caratteristica dell'esecuzione forzata è il possibile ausilio della forza pubblica: cioè l’ufficiale
giudiziario può andare a casa del debitore, ingiungere il pagamento dovuto e, se questo non adempie,
può procedere al pignoramento di determinati beni. In seguito, si arriverà alla loro vendita forzata
e sul ricavato si soddisfa il creditore. Ecco che il cerchio si è completato.
Nel processo di esecuzione forzata il ruolo del giudice è più marginale, perché non si tratta più di
conoscere, si tratta di eseguire: cioè si è già conosciuto, ora bisogna portare a compimento.

L’espropriazione forzata non esaurisce però il genus “esecuzione forzata”: può anche essere infatti
che io abbia diritto non al pagamento di una certa somma, ma che abbia diritto alla consegna di un
certo quadro; cioè se io voglio quel Picasso che mi ha venduto il venditore, non mi interessa che il
debitore mi dia per equivalente altri 10 quadri di Modigliani, perché io voglio quel Picasso. In questo
caso c'è l'esecuzione in forma specifica e non più l’esecuzione forzata, che sarà la consegna (se
trattasi di bene mobile) o il rilascio (se trattasi di bene immobile).

C'è però un limite a tutto ciò. Qual è il limite? Se i Ferragnez prendessero l'impegno con il boss di
terra madre per venire domenica a fare una serata e poi dicessero “no adesso c'ho Vittoria che ha mal
di pancia”, l’ufficiale giudiziario può andare a casa loro, prenderli e portarli a Parco Dora? No non si
può fare, c’è questo limite. Quindi l’ufficiale giudiziario non si può sostituire ad un obbligo di fare
infungibile. Cioè se il famoso editore Wolters Kluwer vuole che Elena D’Alessandro scriva un saggio,
vuole che lo scriva la D’Alessandro, non gli interessa che lo scriva Davide Castagno, però allo stesso
tempo non può obbligare Elena D’Alessandro perché non può materialmente puntarle la pistola alla
tempia e dire “scrivi”. Ecco allora che soccorrono degli strumenti di esecuzione indiretta: poiché
non posso ottenere quello che voglio, cerco di ottenerlo in un'altra maniera. Elena D’Alessandro deve
consegnare il suo manuale entro il 30 dicembre ma è inadempiente, allora il giudice la condanna a
consegnare il suo manuale e dice “cara D’Alessandro sappi che per ogni giorno di ritardo in cui non
consegnerai sono 1.000 €”. Si cerca quindi di indurre il debitore ad adempiere spontaneamente,
perché è l'unico modo per farlo. Quindi ogni giorno che Elena D’Alessandro ritarda, saranno 1.000 €
che possono essere portati ad esecuzione secondo le forme dell’esecuzione indiretta e che possono
soddisfare in una certa misura il creditore.
Sappiate che la sentenza non è l'unico titolo esecutivo che consente di avviare un procedimento
esecutivo. È il più comune, il più famoso, il più completo ed è un titolo giudiziale, ma ci sono anche
altri titoli esecutivi che consentono di avviare l’esecuzione forzata. Ad esempio, titoli stragiudiziali
come l'assegno, la cambiale, gli atti pubblici, le scritture private autenticate, oppure titoli
assimilati a quelli giudiziali come il verbale di mediazione che abbiamo visto ieri, il decreto
ingiuntivo, l’ordinanza di sfratto e via dicendo. Quindi vedete che ci sono molti titoli esecutivi, più
o meno che hanno efficacia diversa e rilevanza diversa, ma comunque si può iniziare l'esecuzione
forzata anche senza passare per forza dal giudice.

C'è ancora un limite a tutto ciò. Secondo voi lo Stato offre un sistema di tutela, un sistema di giustizia
veramente completo, oppure ci sono ancora dei margini di tutela? Immaginatevi che io adesso debba
a voi 10.000 € e io so che se non ve li dò voi prima o poi andrete dal giudice, quello mi condannerà
e voi potrete iniziare l'esecuzione forzata. Siccome non si tratta di obblighi di fare o non fare
infungibili, ma si tratta di 10.000 €, quindi denaro, e siccome io so che tanto prima o poi arriverete a
prenderli questi soldi, li faccio sparire. Come si previene tutto ciò? Bisogna riuscire ad anticipare in
qualche modo il risultato del processo. Ecco che ci soccorre la tutela cautelare.
Cosa fa la tutela cautelare? permette al creditore una sorta di garanzia ante processum, cioè prima
che inizi il processo. Procedimento cautelare che studierete anch'esso nella seconda parte del corso,
perché è un procedimento speciale che si caratterizza per la sommarietà della cognizione, perché io
non ho il tempo di accertare compiutamente le ragioni del creditore, perché se no capite che saremmo
punto e capo perché dò il tempo al debitore di far sparire tutto quello che serve. E allora ecco che il
nostro ordinamento si accontenta di un qualcosa di meno dell’accertamento: si accontenta di quella
formuletta latina che dice fumus boni iuris (=fumo del buon diritto, ossia una parvenza di fondatezza
della ragione). Ci si accontenta di questo in questa fase. Questa parvenza di fondatezza della ragione
deve essere però accompagnata da che cosa? Dal compagno del fumus boni iuris, ossia il periculum
in mora, ovvero il pericolo nel ritardo. Bisogna quindi dimostrare al giudice che effettivamente se si
attendesse la fine del processo ci potrebbe essere il rischio che il debitore occulti tutti i suoi beni. Ma
capite che questa è una valutazione discrezionale del giudice. Se io agisco contro Andrea Agnelli, è
difficile che il giudice mi accordi la cautelare se per esempio la mia domanda è di 10.000 €, perché è
difficile che Andrea Agnelli sia un soggetto insolvibile di 10.000 € tra due o tre anni o quello che
sarà. Quindi i due requisiti vanno di pari passo: ci va sia la parvenza del buon diritto, ma anche
l'effettivo pericolo che nel ritardo del procedimento il mio debitore diventi insolvente. Se sussistono
entrambi questi requisiti, ecco che il giudice può accordare certe misure cosiddette conservative,
cioè volte a conservare quella garanzia patrimoniale generica del debitore di cui all'articolo 2740 c.c.
(egli risponde cioè con tutti i suoi beni presenti e futuri). Ad esempio potrà disporre un sequestro,
classica misura conservativa, cioè potrà dire “il creditore mi sembra che abbia ragione, c'è un pericolo
che nel frattempo tutti i tuoi beni spariscano e quindi io ti sequestro sin da ora la tua bellissima BMW
che vale 30.000 €, poi alla fine del processo vediamo: se ho sbagliato ovviamente ritiro il sequestro,
se invece ho ragione allora ti condanno e quel sequestro, iniziato prima del processo e durato tutto il
processo, con la sentenza di condanna come per magia si trasforma automaticamente in
pignoramento”.

Non basta, perché attenzione che la tutela conservativa è sempre una tutela strumentale, cioè quel
sequestro è subordinato al fatto che poi entro il termine fissato dal giudice (che è massimo di 60
giorni) si inizi il processo. Se non inizia il processo entro 60 giorni, perde efficacia la misura cautelare.

C'è però un altro tipo di tutela cautelare che è la tutela anticipatoria, che ha un’altra funzione: non
più tanto quella di conservare i beni del debitore affinché effettivamente poi il processo si risolva
fruttuoso, ma è quella di dare subito ciò che potrebbe non arrivare più dopo. Immaginate che un
soggetto scopra di essere affetto da una malattia potenzialmente terminale ed esiste un farmaco
salvavita che tuttavia non è garantito dal sistema sanitario. Quindi sorge la questione se il nostro
povero malato abbia diritto o meno a ricevere quel farmaco. Capite che magari al termine del
processo, tra tre anni, il giudice dirà “avevi ragione tu, hai diritto a quel farmaco”, però non si può
inviare in paradiso perché ormai il nostro povero malato è deceduto. Ecco allora che c’è la tutela
anticipatoria: cioè il giudice dice di nuovo “visto il fumus, visto il periculum imminente ti consento
di avere ora per allora ciò che potresti aver diritto ad avere, poi vediamo”.
Questa tutela non è strettamente strumentale, perché in questo caso le parti se vogliono possono
iniziare il processo ma se alla fine il povero malato è contento e il sistema sanitario dice “vabbè ormai
l’ho dato e non sto più a discutere”, potrebbe anche finire tutto lì. Quindi potrebbe essere una tutela
cautelare che non è in questo caso strettamente strumentale al processo.

Ahimè un problema molto frequente è: se ci troviamo dall'altra parte un debitore che non ha nulla
(nullatenente) ahimè questo è l’unico vero grande limite dell'esecuzione forzata. Non c’è nulla da
fare: se non c’è denaro non c’è denaro. Questo è l’unico caso in cui la sentenza di condanna me la
appendo in camera in ricordo di quel processo. Non c’è più la galera per l’insolvibilità.
Cambiamo ora decisamente argomento e iniziamo finalmente a studiare le nostre regole che
disciplinano il processo. Abbiamo detto che l’obiettivo del processo è quello di arrivare ad una
soluzione il più giusta possibile, attraverso appunto la composizione della lite: quindi mettere fine
alla lite in una maniera che, come abbiamo detto ieri, non è necessariamente la verità storica ma è la
verità processuale. Come? Attraverso una procedura che anch'essa ovviamente deve essere giusta.
Quindi ci sono una serie di regole che disciplinano il processo. Quali sono le regole per eccellenza
che ogni anno si studiano all'inizio di ogni corso? Sono i principi costituzionali. Ci sono infatti una
serie di articoli della Costituzione dedicati al processo.
I principi costituzionali reggono tutta l’impalcatura: qualunque norma, qualunque regola deve in
definitiva confrontarsi con i principi costituzionali. Quindi tutto il processo deve informarsi a queste
regole. Allora cerchiamo di vedere quali sono queste regole, dicendo sin da ora che al giorno d’oggi
concorrono con altre regole sovranazionali che sono quelle della Carta Europea dei Diritti dell'Uomo
(la CEDU) e quelle della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea.

Ora, sicuramente questa è una norma con cui vi sarete già confrontati, non foss'altro perché se siete
qua presumo che tutti abbiate superato diritto costituzionale. Parlo dell’art. 24: tutti possono agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Questo articolo fonda la cosiddetta
garanzia costituzionale della tutela giudiziaria. Il sistema di giustizia è costituzionalmente protetto
e quindi non si può abolire.
Da questa regola generale, un po’ banale, discendono tutta una serie di altre regole più di dettaglio.
Il primo aspetto che vedete è che la norma dice “tutti”, non dice “tutti i cittadini”, “tutti i piemontesi”,
“tutte le donne”. “Tutti” vuol dire che non c’è un altro requisito se non quello di essere viventi:
italiani, stranieri, bianchi, neri, di destra, di sinistra, non ci importa. Tutti hanno diritto ad accedere
alla giustizia. E guardate che questo è molto rilevante, perché vuol dire che il povero immigrato che
sbarca a Lampedusa e che si vede negare il diritto di soggiorno, ha diritto a fare ricorso.
Vi faccio un esempio banale, ma per capire: il DPR n. 115 del 2002, detto Testo unico in materia di
spese, all'articolo 119 relativo al patrocinio gratuito (che vedremo tra poco) dice che è altresì garantito
allo straniero regolarmente soggiornante. Voi sapete che c’è sempre l’interpretazione conforme,
quindi la Corte di Cassazione dice che si deve interpretare nel senso che lo straniero deve quantomeno
aver fatto domanda per avere il permesso di soggiorno. Quindi questo “regolarmente soggiornante”
per non essere incompatibile con l’art. 24 della Costituzione deve essere inteso nel senso che basta
che tu abbia fatto tutto quanto in tuo potere per diventare regolarmente soggiornante.
E qui possiamo aprire una parentesi su quelle che sono le forme di giurisdizione condizionata, cioè
delle ipotesi in cui il legislatore subordina l'accesso alla giustizia all'esperimento di determinate forme
di alternative dispute resolution, di cui abbiamo parlato.
Allora abbiamo già detto ieri, quindi su questo vado piuttosto veloce, che l’arbitrato obbligatorio,
come è stato più volte ribadito dalla Corte costituzionale, è incostituzionale: proprio a fronte dell’art.
24, non si può imporre alle parti di risolvere in arbitri la loro controversia, perché ha un costo
eccessivo e via dicendo. Pertanto determinate forme di arbitrato obbligatorio, previste per lo più nella
normativa relativa agli appalti pubblici, sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte
costituzionale. Quindi su quello non ci piove: se il legislatore domani dovesse introdurre l’arbitrato
obbligatorio sarebbe incostituzionale.
Però ieri è stato detto che invece per certe controversie il legislatore subordina l'accesso all'inutile
tentativo di una mediazione o di una negoziazione assistita. Allora questo è costituzionale sì o no?
La Corte costituzionale si è occupata di questi temi ed è giunta a dire che non si può a priori dire che
questo obbligo di esperimento delle forme alternative sia incostituzionale se queste forme alternative
sono innanzitutto accessibili (cioè non comportano degli oneri gravosi per le parti) e soprattutto se
sono funzionali a loro volta a garantire il buon funzionamento della giustizia. E allora ecco che
queste ipotesi di mediazione obbligatoria e queste ipotesi di negoziazione assistita obbligatoria sono
costituzionalmente legittime ai sensi dell'articolo 24, perché comunque non impediscono l'accesso
alla giustizia: basta solo provarci; il costo è contenuto e se poi non ci riesci puoi tranquillamente
andare dal giudice.
Attenzione però, e questo è importante, l'ottica è sempre quella di migliorare il sistema della giustizia:
e infatti la Corte costituzionale fino a qualche tempo fa (2019) è intervenuta su una forma di
condizionamento all’accesso alla giustizia che ha dichiarato incostituzionale. Qual era questa forma?
Era una forma un po’ a favore dello Stato per quanto riguarda le controversie di locazione: era una
normativa speciale che diceva “se tu caro locatore vuoi avviare un procedimento di sfratto, prima
dimostrami che hai pagato tutte le tasse che dovevi pagare, cioè dimostrami che sei in regola con il
pagamento delle imposte”. Quindi era un modo per lo Stato per recuperare, tramite una situazione di
litigio tra due parti, i suoi oneri. La Corte costituzionale ha detto che questa forma condizionata è
illegittima, perché il fine non è quello di migliorare il sistema della giustizia, ma quello dello Stato di
assicurarsi il pagamento delle imposte dovute.

Resta, sempre relativamente all'articolo 24, il problema di quel potere che hanno determinati organi
costituzionali (il Parlamento su tutti, ma anche la Corte costituzionale) di regolare al loro interno le
proprie problematiche. Una garanzia costituzionale che nasce con la Costituzione, o meglio che viene
riportata nella Costituzione ma che nasce per prima, cioè nascere ai tempi in cui la magistratura cioè
il sistema giustizia promanava dell’esecutivo; cioè quando i magistrati venivano nominati al governo.
Allora capite che quando i magistrati erano nominati dal governo, di fatto non c’era una vera
imparzialità quando c'erano controversie che riguardavano gli organi costituzionali: immaginatevi
una lite tra membri del Parlamento che è decisa da un giudice che di fatto dipende dal governo. Allora
si è sviluppata questa garanzia dell'organo per cui le liti che riguardano i miei soggetti me li risolvo
io. Questa forma di tutela è garantita/prevista dalla Costituzione, per cui ad esempio se il povero
parlamentare lamenta il mancato pagamento di una quota del suo stipendio, non va dal giudice ma si
risolve dentro il Parlamento; ci sono organi apposta.
Se sorgono questioni sulle elezioni, non c'è nessun giudice a cui si può fare ricorso: la povera Emma
Bonino che è stata esclusa, non può lamentarsi del giudice di nulla; le cose si risolvono nel
Parlamento.
Si tratta di una norma anacronistica, perché ormai la magistratura non è più un soggetto che comanda
il potere esecutivo, ma è un organo indipendente. Tant’è che nelle disposizioni che concernono le
elezioni introdotte più recentemente è previsto, in caso di contestazione, il ricorso al Tar: ogni anno
si ricorre al Tar. Quindi è una norma anacronistica che stride un po’ con l'articolo 24; tuttavia per il
momento è mantenuta e sappiamo che c’è questa norma costituzionale che la garantisce seppur le
ragioni di essere sono quelle che sono.

Procediamo con questa carrellata di principi costituzionali: art. 3, che sicuramente avete studiato,
nella parte in cui dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Norma che dobbiamo leggere
in parallelo con l'art. 111 della Costituzione (che è stato introdotto in una delle ultime riforme del
2010; una norma piuttosto lunga che si compone di diversi commi che riguardano tutti il processo),
che al primo comma dice che il processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di
parità, davanti a giudice terzo e imparziale. Da questa norma si ricavano una serie di principi: il
contraddittorio e la parità delle armi.
Sapete cos'è il contraddittorio? deve sempre essere permesso alle parti di contraddire: se io affermo
A, la parte deve poter affermare controA; se io allego una prova B, la controparte deve poter
controprovare B.
Il processo si svolge nel contraddittorio fino alla sentenza. Se il processo garantisce x ad A, deve
garantire controx a B. Non può dare a uno e non dare all’altro. Così come il giudice non può assumere
nessuna decisione senza che le parti siano state interpellate. Quando farete diritto amministrativo
vedrete le cosiddette sentenze della terza via, cioè ipotesi in cui una parte dice “per me è A”, l’altra
parte dice “per me è B”, mentre invece il giudice si convince che la soluzione è C → questa cosa il
giudice non può farla, perché su C non c'è stato il contraddittorio. Allora ecco vedrete che ogni
qualvolta nel processo di cognizione, ma anche in altri processi, il giudice rileva d'ufficio una
questione che può decidere la causa deve sottoporla a contraddittorio delle parti; deve cioè dire “cosa
ne pensate? Ditemi la vostra”.
E allora qualcuno potrebbe dire “ma io sono obbligato a difendermi? cioè se a me non interessa nulla
devo per forza andare in giudizio e contraddire?”. No. Chiaramente è un diritto che deve essere
garantito quello della difesa, però la norma dice “tutti possono” e non “tutti devono”. Se io sono
convenuto in giudizio ma a me non interessa nulla, posso restarmene a casa inerte, perché ciò che
deve essermi garantita è la possibilità di partecipare. Vedrete che tutte le norme che regolano
l'introduzione del giudizio sono volte a far sì che la controparte abbia effettiva contezza
(=conoscenza) che il giudizio inizia; se poi lui, nonostante questa conoscenza, vuole starsene a casa
può farlo: resterà in tal caso contumace → processo contumaciale, ossia un processo che si svolge
solo con l’attività di una parte. E poi vedrete che anche in un processo contumaciale tutte le volte in
cui si verifica una situazione che potenzialmente potrebbe cambiare le carte in tavola, lì di nuovo
bisogna portare notizia alla controparte perché se vuole possa intervenire nel giudizio.
Vedrete poi che nel processo contumaciale c'è una particolarità fondamentale, che è quella di derogare
all’art. 115 c.p.c., cioè ad una norma che ci dice che nel processo (proprio perché il processo si svolge
nel contraddittorio delle parti) il giudice può porre a fondamento della sua decisione tutti i fatti non
specificatamente contestati dalla controparte. Che cosa vuol dire? vuol dire che nella dialettica
processuale se io dico “Tizio mi deve 10.000 € perché l'anno scorso abbiamo stipulato un contratto
di mutuo e non mi ha mai dato i soldi”, mentre Tizio difendendosi dice “non è vero, io ho già restituito
a Castagno 3.000 € quindi gliene devo solo più 7.000”, il fatto che io e Tizio abbiamo stipulato un
contratto di mutuo non è contestato, quindi non va più provato: il giudice può porre a fondamento
della sua decisione il fatto che comunque un contratto di mutuo c’è stato, perché la controparte non
l’ha contestato; non ha contraddetto su quel punto, ma ha solo detto “devo meno”. Quindi
implicitamente ha riconosciuto che abbiamo fatto un contratto di mutuo.
Allora capite che se questa norma vigesse anche nel procedimento contumaciale, questo vorrebbe
dire che il contumace perde sempre, perché tutti i fatti affermati dall’attore non sono mai contestati.
Ecco allora che questa cosa non vale nel processo contumaciale. Vedrete che questa è una scelta
peculiare all'ordinamento italiano; non è detto che sia così ovunque: ad esempio in Inghilterra se uno
non si vuole difendere perde la causa punto. Da noi la Costituzione non permette questa soluzione,
perché c’è sempre una tutela. Tutela che deve essere quindi effettiva, non solo dal punto di vista
formale (tutti sono uguali), ma anche dal punto di vista sostanziale. Sapete infatti che l’articolo 3
garantisce un’uguaglianza formale ma soprattutto sostanziale: inutile dire che siamo tutti uguali se
poi una persona può correre e l'altra invece ha le stampelle, perché sarebbe come prendersi in giro.
Bisogna prendere atto che quella persona ha le stampelle e quindi garantirgli degli strumenti per
essere effettivamente e il più possibile uguale all’altra parte. Uguale per il processo.
Ecco allora che esistono le tutele differenziate per garantire l’effettività della tutela. Ad esempio, c'è
una tutela particolare che è quella del consumatore, che avete studiato in diritto privato e che ha anche
dei risvolti processuali. Oppure nel rito del lavoro il lavoratore è considerato parte debole, perché
tendenzialmente fa sempre parte di controversie che lo oppongono all'azienda, che per definizione
dovrebbe essere un soggetto professionalmente più potente. Quindi serve una tutela della parte più
debole.

E qui potresti dirmi “ma allora scusi, se c'è il contraddittorio allora quella cosa che diceva prima del
decreto ingiuntivo? Cioè uno che è stato condannato potrebbe dire la sua?”. Bisogna considerare che
sono tutte regole di bilanciamento, perché comunque nel processo deve essere garantita una certa
efficienza e una certa speditezza. E allora in questi casi si consente di derogare per un momento al
contraddittorio, perché il debitore può sempre poi opporsi. Quindi il giudice accorda subito la tutela
al creditore che porta una prova scritta, ma non è che viene negato il contraddittorio, semplicemente
viene differito: se poi il debitore vorrà si opporrà e ne parleremo, eventualmente sospendendo
l'efficacia di quel titolo.
Per le misure cautelari vale la stessa cose: una misura cautelare può anche essere concessa inaudita
altera parte. Se c'è urgenza non posso aspettare di convocare l'altra parte e di parlarne; il giudice può
farlo subito con decreto, ma poi in quello stesso decreto fissa l’udienza di comparizione per
discuterne. Quindi il contraddittorio c’è ma è differito.
Capite che c’è sempre un bilanciamento tra diverse esigenze.

Torniamo indietro: vedrete che la difesa nel processo non è una difesa personale, ma occorre una
difesa tecnica. Cioè l’art. 24 non vuol dire tu puoi difenderti da solo: nel nostro processo, salve
determinate e particolari ipotesi che vedrete, la difesa dell’avvocato è obbligatoria. Cioè voi non
potete andare in giudizio da soli.
Ma io che studio giurisprudenza conosco il diritto e mi difendo da me… No! Ci va sempre un
avvocato.
Anche in questo caso, ci sono invece paesi in cui la difesa cosiddetta tecnica non è assicurata.
Del patrocinio del difensore parlerete ampiamente più avanti, però anticipiamo la domanda “proprio
perché la difesa del diritto è inviolabile e deve essere garantita a tutti, cosa succede se io non possono
permettermi un avvocato, che comunque ha un costo?”. È lo Stato che paga → patrocinio a spese
dello Stato, che una volta si chiamava gratuito patrocinio.
Per accedere a questo tipo di patrocinio mi sembra che il reddito annuale sia intorno agli 11.000 €.
Ma allora ecco che torniamo a quello che dicevo prima: questa norma del gratuito patrocinio è
garantita anche allo straniero. Immaginatevi quello che arriva da Lampedusa e che sicuramente non
ha il reddito: se la sua domanda fosse condizionata al soggiorno regolare di fatto non potrebbe
difendersi. Allora ecco che la Corte di Cassazione dice “basta che tu fai domanda e quindi ha diritto
ad avere accesso al patrocinio a spese dello Stato”.

Come dicevo, però, l’art. 111 garantisce anche la ragionevole durata. Allora ecco quanto vi dicevo
in tema di economia processuale, quindi la possibilità che le tutele siano talvolta differenziate e che
a volte il contraddittorio sia differito. Ciononostante, abbiamo visto ieri che i processi italiani sono
lunghi. Qual è il problema? che questa ragionevole durata non è che la garantisce solo la Costituzione:
facciamo un mega balzo avanti e diciamo che l'articolo 6 CEDU garantisce ugualmente il termine
ragionevole. E cosa succede se uno Stato viola una garanzia prevista dalla CEDU? I cittadini fanno
ricorso e lo Stato viene sanzionato. In questo caso, lo Stato italiano viene puntualmente sanzionato.
Allora cosa fa? Lo Stato italiano, anziché dire “investiamo sul sistema giustizia e cerchiamo di
rispettare i termini”, per evitare di essere condannato fa una legge che garantisce un indennizzo se il
processo dura troppo. In questo modo, se il processo dura tanto si fa ricorso in Italia, si ottiene un
indennizzo in Italia e non si va più a Strasburgo. Tale legge consente appunto un’equa riparazione
per ogni giorno di ritardo, in base al grado di giudizio. Questa diventa quindi una condizione per
ricorrere a Strasburgo.

Sui giudici non mi soffermo più di tanto, perché sapete già che esistono delle norme (artt. 25, 111,
101, 108) che garantiscono l’indipendenza della magistratura.
Vedrete che ci sono delle regole del processo (ad esempio quelle in tema di astensione e ricusazione)
che proprio in forza di queste norme fanno sì che il giudice, se effettivamente ha un certo interesse in
causa, possa astenersi o debba astenersi o possa essere ricusato dalle parti.
L’art. 103 è un unicum nel panorama europeo perché fa sì che in Italia la tutela dei diritti non sia
garantita solo dal giudice ordinario ma anche dal giudice amministrativo. Quando farete diritto
amministrativo vedrete che l'interesse legittimo è quella posizione particolare che vanta il cittadino
di fronte al potere della pubblica amministrazione. Di fronte alla pubblica amministrazione i cittadini
non hanno diritti, ma hanno interessi legittimi. Questa situazione di interesse legittimo è tutelata dal
giudice amministrativo e non dal giudice ordinario (che si occupa di diritti soggettivi).
Quindi quando la PA agisce con potere autoritativo, il mio diritto è come se degradasse a qualcosa di
meno (interesse legittimo). Se però la pubblica amministrazione agisce non con gli strumenti di diritti
pubblico ma con quelli di diritto privato (per esempio fa un contratto per la somministrazione delle
macchinette del caffè), allora lì se ne occupa il giudice civile.
Tuttavia, per determinate controversie che pure concernono diritti soggettivi si può andare dal giudice
amministrativo nell'ambito della sua giurisdizione esclusiva.
Su questi argomenti ci ritornerete, però per ora vi basti sapere che questa norma fonda il riparto di
giurisdizione tra quella che è la giurisdizione del giudice ordinario/civile e quella che è la
giurisdizione del giudice amministrativo (Tar e Consiglio di Stato).

L’art. 111 dice che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Il giudice non può
decidere nulla se non motiva, se non esplica alle parti perché ha deciso una certa cosa.
Motivazione che naturalmente ha un'intensità diversa a seconda del tipo di provvedimento interessato:
vedrete infatti che i provvedimenti del giudice non sono sempre gli stessi → il giudice può decidere
con sentenza (il provvedimento giudiziale per definizione), con ordinanza (che viene assunta sempre
nel contraddittorio delle parti, ma richiede una motivazione succinta) oppure con decreto (che non
necessita di contraddittorio e, di conseguenza, è ancor meno motivato).
Ma che funzione ha la motivazione? Ha una funzione duplice: la motivazione è importante perché
consente di capire l'orientamento della giurisprudenza e soprattutto perché se le parti non sono
convinte della decisione possono finalmente fare impugnazione.
Vi ho detto ieri che il nostro sistema di giustizia prevede più livelli: se la decisione del primo grado
(quindi il giudice di pace o il tribunale) non mi convince, posso impugnarla rispettivamente in
tribunale o in Corte d'Appello. Ma come impugno se non so come ha deciso il giudice? Cioè per
protestare contro una decisione devo portare argomenti al giudice dell’impugnazione e quindi devo
attaccarmi alla decisione, dicendo che lì il giudice ha sbagliato nel decidere.
A sua volta, se la decisione della Corte d’Appello (tribunale di secondo grado) non mi convince,
posso infine andare in Cassazione.
→ Vi sono due interessi da bilanciare: l’interesse ad avere una decisione definitiva, che metta fine al
litigio una volta per tutte, e l'interesse a che quella giustizia sia il più possibile giusta. Due interessi
contrastanti.
Nel contemperare queste esigenze il legislatore italiano offre tre gradi di giurisdizione: primo, appello
e ricorso in Cassazione.
Ma se un domani il legislatore dicesse “basta, tre sono troppi: tolgo l'appello” potrebbe farlo perché
l'appello non ha una copertura costituzionale. Il ricorso in Cassazione invece sì e quindi non si può
togliere. Attenzione però perché il rimedio in Cassazione è, come anticipato ieri, un rimedio di sola
legittimità: non vado più a ridiscutere il merito della questione, ma vado solo a vedere se il giudice
ha fatto corretta applicazione della legge processuale e sostanziale.
Vedremo che in Cassazione si può ricorrere per una serie di motivi tipici e tassativi, che sono cinque.
Quindi è un ricorso vincolato. Si può solo ricorrere per quei motivi che riguardano fondamentalmente
la violazione di legge sostanziale e processuale.
La Cassazione ha peraltro una funzione fondamentale, ossia la cosiddetta funzione nomofilattica.
La Cassazione è quella che mette la parola finale alla lite. È vero che nel nostro ordinamento non vi
è lo stare decisis e che quindi le sue decisioni non si impongono ratione imperii (cioè non si
impongono perché ce lo dice la legge), ma comunque esse si impongono imperio rationis (cioè si
impongono per suggerimento della ragione).

Sui principi sovranazionali non mi dilungo perché sono già le 09:57, però sappiate appunto che esiste
l'articolo 6 CEDU e poi l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, che bene o male ripropone
quello che abbiamo visto sinora.

Con ciò, se non avete domande io la parte sui principi costituzionali l'avrei conclusa. Da lunedì
prossimo tornerà la professoressa e vi addentrerete appunto all'interno della tutela di cognizione.
Diritto processuale civile.

Sbobina del 28 settembre 2022.

Informazioni iniziali.
Non erano chiari alcuni profili della lezione di ieri su quelli che sono l’Art. 24 Cost. le possibilità di
condizionare l’accesso alla giustizia.
Ha caricato le slides.
L’Art 24 Cost. impedisce al legislatore di istituire forme di arbitrato obbligatorio di giurisdizione
condizionata e di autodichia. No, la slide era strutturata così. Poi andava sviluppata. L’arbitrato
obbligatorio è incostituzionale. Le forme di giurisdizione condizionata come ad esempio la
mediazione, la negoziazione, ma abbiamo anche visto l’esempio del pagamento dell’imposta di
locazione, ce ne sono anche altre, ci sono ipotesi di responsabilità mediata in cui bisogna prima
esperire un tentativo di accertamento tecnico preventivo che è un procedimento speciale che vedremo
nella seconda parte del codice. Ci sono tante ipotesi ad esempio nelle controversie in materia di
infortuni, prevenzioni, ci sono queste ipotesi. In questo caso il legislatore chiede che venga esperito
un tentativo, ci si provi. Appunto esistono queste forme di giurisdizione condizionata.
Quanto all’autodichia ci siamo detti che ormai è una cosa un po’ anacronistica perché i tempi sono
evoluti, esistono ancora delle forme, garantite dalla costituzione, come dal parlamento, della corte
costituzionale, proprio perché previsti in costituzione possiamo discuterne quanto vogliamo, ma non
sono incostituzionali.

Inizio lezione odierna.


Questa lezione segna l’inizio di questi cicli di mercoledì. Sono presenti sulla pagina di moodle del
corso.
Per darci un’idea di quello che faremo, permetterci una scelta cosciente, possiamo dire che in queste
10 lezioni che ci aspettano il mercoledì, con un grande punto interrogativo su quanto sarà il 2
novembre, forse mercoledì recupererà la professoressa.
In questi 10 mercoledì, concordati con la professoressa, ci si deve addentrare in cose più pratiche
rispetto alla teoria, mano a mano che affronteremo determinati argomenti verranno ripresi il
mercoledì e si proverà a svilupparli insieme. In questa prima parte, le prime tre lezioni, cercheremo
di capire come funziona una decisione della giurisprudenza. Cercheremo di addentrarci in una
sentenza e provare a fare il lavoro che in parte fanno anche loro, che è quello di dare un commento,
cioè capire ed argomentare un commento rispetto a quella determinata decisione.
Prima ci spiegherà e ci fornirà gli strumenti per farlo e poi ci proveremo a cimentarci. L’anno scorso
da questo lavoro è uscita una rivista del corso di procedura civile O-Z che si è cimentato nel fare un
commento alla sentenza.

Poi ci sarà una sorta di intermezzo in cui dovremmo arrivare più o meno al ponte dei santi in cui
faremo due workshop più pratici in cui cercheremo di capire le regole di competenza sempre in modo
interattivo, che cercheremo di capire bene giocando.

Poi faremo un altro workshop dedicato ad un approfondimento tematico che ancora dobbiamo
scegliere forse relativo alla giustizia climatica, quindi allo sviluppo di questo nuovo tipo di
contenzioso, tendenzialmente strategico e quindi le problematiche processuali che pone sapendo
proprio che l’anno scorso è stato introdotto questa grande causa contro lo Stato italiano. Dopo la sosta
dei santi, se ci sarà, dovremo avere gli strumenti per capire come si svolge un processo e a quel punto
giocheremo a fare gli avvocati.

Quindi guarderemo dapprima come fatto un atto processuale, cioè quello che noi studiamo in teoria
lo vedremo in pratica.
Prima guarderemo queste cose insieme con l’ausilio di due colleghe o una, che svolgono la
professione di avvocato, l’anno scorso è venuto questo avvocato e ha spiegato nella pratica come
funzionano questi atti. Poi simuleremo un processo, partiremo da dei fatti, simuleremo dei colloqui
tra cliente e avvocato, sempre con la collaborazione di queste colleghe, e poi in base a quello che ci
dice in classe dovremo provare a sviluppare degli atti difensivi, la citazione e la comparsa, e poi
vedremo al termine come finisce questo processo.

Importante è la formazione dei gruppi, per fare questa cosa troviamo sulla pagina di moodle una
prima attività per la formazione dei gruppi. Noi dovremo semplicemente cliccarci sopra e dovrebbe
aprirsi, con il nostro indirizzo istituzionale, e non con altri, con quella di unito, altrimenti non
funziona, e dovrebbe aprirsi una pagina. Lo deve fare un rappresentante per gruppo.
Si deve inserire il nome del gruppo, nel rispetto del luogo in cui ci troviamo, e inseriamo nome
cognome matricola nell’ordine definito.
Il gruppo deve essere composto da un minimo di tre persone, fino a cinque, poi lo si deve inviare.
Se sono una studentessa triste e solitaria e non ho un gruppo, gli scriviamo una mail e lui formerà i
gruppi tra quelli rimasti scoppiati. Li accoppierà lui. Abbiamo tempo fino a mercoledì prossimo per
decidere se partecipare al lavoro o meno e fare tale procedura.
In base al numero dei gruppi tarerà l’esercitazione. Determinati workshop attribuiscono un punteggio
0.5 se è fatto bene altrimenti può anche non attribuire un punto se è fatto male.
Questo vale per ogni esercitazione per un massimo di 1 punto.
Se qualcuno avesse problemi gli scriva una mail.

Per partire ovviamente si deve partire dalle basi ovvero gli strumenti per lavorare.
Quali sono questi strumenti secondo noi?
Le banche dati, utili per scrivere la tesi. Importanti sono le note a piè di pagina per dimostrare a chi
legge e al controrelatore che ciò che diciamo si basa su un terreno e un fondamento importante.
Al quarto anno forse c’è un seminario sulle modalità di compilazione della tesi, che adesso è
facoltativo dove si spiegheranno queste cose.
Le banche dati sono dei posti in cui si trovano una serie di dati, che sono la giurisprudenza e la
dottrina. Facciamo una grande precisazione, noi per ragioni di tempo tratteremo solo le banche dati
concernenti il diritto italiano. E approcciandoci a questo tema dobbiamo fare una prima grande
distinzione tra:
- Le fonti che sono free ovvero accessibile a tutti
- E quelle a pagamento.
Non è detto che quelle free cioè non a pagamento siano peggio di quelle a pagamento. Ci va
discernimento. Vero è che quello che va in rete direttamente tendenzialmente non è sottoposto ad un
rigido controllo. Nel senso che io domani potrei aprire un blog in cui scrivo tutto quello che mi passa
per la testa di procedura civile, potrei scrivere cose molto furbe, ma potrei anche scrivere delle
cretinate. Non è vero che tutto quello che va su una banca dati sia giusto, ci possono anche essere dei
contributi non così fondati. Allora devo sempre risalire all’autore, questo che ho scritto chi è? Si va
su Internet e si trovano delle notizie.
Ovviamente se è un articolo che è scritto da un professore universitario è possibile che sia fondato,
viceversa se l’articolo è di un avvocato può essere il più bravo avvocato di Torino, ma è un avvocato
che talvolta si dilettava anche a scrivere della giurisprudenza.
Altra cosa importante è che la fonte che pubblica il contributo dispone di procedure di referaggio.
Ovvero la verifica del contributo da parte di un comitato o di un soggetto esperto che dice che questa
cosa è convalidata e un’altra no. Sì voglio pubblicare un contributo, questo prima deve passare un
referaggio cioè prima dei professori di chiara fama dicono che l’articolo può essere pubblicato.
Importante anche la data perché tendenzialmente più il contributo, tratta cose legate ad una legge,
una riforma più recente più l’approfondimento scientifico è valido.
Tendenzialmente quello che va in rete è molto veloce perché si vuole tutto e subito, l’avvocato che
vuole conoscere la giurisprudenza vuole il contenuto e un breve commento se invece dobbiamo
approfondire un determinato argomento ci possono essere delle note a sentenza, ieri ho visto che è
stata pubblicata una mia nota sentenza ad una sentenza di novembre e una di febbraio.
Ovviamente essendo state sottoposta a revisione ci vuole più tempo.
Viceversa una data troppo arretrata probabilmente indica che quel contributo non è stato aggiornato.
Importantissimo e poi vedere i riferimenti bibliografici cioè se quel contributo ha delle note, se quelle
idee sono sostenute da altri o solo da quello che è l’autore dell’articolo. Se noi leggiamo un articolo
di Luiso che è un professore emerito perché in pensione, una delle menti più brillanti in Italia ma direi
anche nel mondo a livello processuale, se alla sua veneranda età scrive un contributo può fregarsene
degli altri perché lui è la dottrina. se scrive Castagno forse meglio che ci sia un bel corredo di note a
sostegno in quanto è un giovane studioso che non può dire la sua.

Ovviamente ci sono degli articoli anche sono anche dati a pagamento in cui non ci sono note in quanto
vengono fatte in brevissimo tempo. Anche se questi articoli sono su banche dati affidabili. Altro punto
importante è saper selezionare, cogliere punti fondamentali per capire se ci interessa o meno
l’argomento. Vediamo concretamente le potenziali fonti che ci possono essere utili ricordandoci tutto
ciò che ci ha detto.
Vediamo concretamente le possibili fonti che ci possono essere utili.
C’è una tripartizione:
- Fonti che riguardano la legislazione;
- Fonti che riguardano la giurisprudenza;
- onti che riguardano la dottrina;
Imprescindibile è sicuramente conoscere la legge, non la normativa attuale e non solo perché molto
spesso ci interessa sapere la disciplina di un certo momento rispetto a quella passata, com’è cambiato
la norma. Ieri abbiamo parlato di esecuzione diretta, un nostro collega diceva che quando c’è un
obbligo infungibile di fare o non fare, non posso sostituirmi al debitore. La normativa originaria
diceva che per gli obblighi infungibili di fare e non fare è previsto
Questo cambiamento di qualche parola ha fatto sì che oggi ci siano pagine e pagine di commenti di
libri e allora diventa importante capire questo cambiamento e allora può essere utile confrontare la
norme vigenti prima e dopo la riforma. come si fa? Qual è lo strumento per eccellenza che ci consente
di fare questa cosa?
È Normattiva. Questo è uno strumento che normalmente non è tra i più indicizzati su Google cioè se
noi scriviamo un articolo su Google di norma nel primo sito che ci viene è brocardi.it che è affidabile
e troviamo anche la legge per tutti e AltaLex.
Sono tutti strumenti utilizzabili per questa cosa, normattiva non esce. Facciamo attenzione perché
quando scriviamo un articolo, una norma di legge non è aggiornata.
Con la ricerca avanzata scriviamo quello che ci interessa. Lui ha detto che con la riforma del codice
civile la legge delega n. 206 del 2020-2021, legge 26 novembre 2016, cliccando si apre il testo che è
quello ufficiale, e come se noi consultassimo la Gazzetta Ufficiale.
Questo è il portale ufficiale della nostra Repubblica in cui possiamo consultare le leggi e gli atti della
Repubblica italiana. Questo abbiamo sempre il testo in vigore.
La finalità è vedere il codice nell’atto originario e l’atto multi vigente ovvero che ci consente di
selezionare la normativa a seconda dei nostr interessi con tutte le modifiche intervenute nel corso del
tempo.

La giurisprudenza.
Questa va distinta in base all’organo che pronuncia la sentenza, abbiamo visto ieri che ci sono più
giudici in Italia, c’è il giudice di pace, il tribunale, la Corte di appello e la Cassazione per quanto
riguarda la giurisdizione civile. Ovviamente ieri come abbiamo capito ci sono talune pronunce della
Corte costituzionale che hanno rilevanza per il diritto civile.
Se scriviamo Corte costituzionale si fa sul sito di quest’ultimo e qui, non accessibile a chiunque,
pubbliche e gratuite, basta inserire i dati della sentenza.
Se studiassimo diritto amministrativo la cosa sarebbe facile perché basterebbe andare in giustizia
amministrativa in cui ugualmente troviamo tutte le decisioni adottate dei vari Tar e del Consiglio di
Stato perché anche qui tutte sono pubblicate e sono rese conoscibile gratuitamente al cittadino.
Se la giustizia amministrativa e la corte costituzionale possono permetterselo perché sono pochi, per
la giustizia civile non è possibile. Per quanto infatti studieremo che le sentenze sono pubbliche tutte
possono prenderne visione, possiamo trovarle in cancelleria con un estratto, ma non sono tutte
pubblicate online, anche se si vuole arrivare a delle banche dati anche per tribunali. Ad oggi questa
cosa non esiste. Le uniche sentenze che vengono pubblicate che sono liberamente e gratuitamente
accessibili sono quelli della corte di cassazione.
Andando su corte di cassazione, se noi andiamo su recentissima, c’è la possibilità di consultare la
giurisprudenza civile divisa per sezioni, ma si tratta veramente delle ultime decisioni più importanti.
Possiamo anche andare su sentenza web ma dobbiamo conoscere gli estremi della sentenza, perché
fare una ricerca libera ovvero partire da una parola e da una norma è complicato mentre il secondo
usiamo gli estremi della sentenza che ci interessa si può fare.
Se copiamo un testo da un sito online e rimane la formattazione, un modo per capire questo è il
famoso apostrofo, non è un apostrofo apice e serve per capire se lo studente copio le cose a
modificarle. La corte di cassazione l’unico sito ufficiale che viene gestito da un ente esponenziale
della giustizia italiana che è liberamente accessibile. Non ce ne altri. Ciò non toglie che ci siano altri
siti tali più o meno affidabili in cui poter vedere la giurisprudenza. Uno è brocardi.it c’è una sezione
dedicata alla giurisprudenza.
Uno può anche partire da questi siti, ma poi si deve verificare prendendo i dati della sentenza andando
sul sito della Corte di Cassazione e leggere la massima per verificare che i dati siano corretti. Poi c’è
il caso.it in cui viene pubblicato oltre alla giurisprudenza un po’ di tutto, interessante e perché aldilà
della cassazione troviamo anche delle sentenze di merito di alcuni tribunali ad esempio quello di
Bergamo, quello di Brescia, quello di Catania in quanto questo è un portale gestito da una serie di
magistrati che come pionieri hanno cercato di mettere in rete e far girare le loro sentenze. Molto
importanti queste sentenze di merito per quanto riguarda i procedimenti cautelari. Perché questo?
Abbiamo detto che il ricorso di cassazione Art. 111 è sempre consentito per la violazione di legge
contro le sentenze che ci ha detto che è da intendersi come qualunque provvedimento che decide in
maniera definitiva sui diritti. Quando abbiamo visto la tutela cautelare di norma è una decisione
strumentale. In materia cautelare non abbiamo decisioni della Corte di cassazione e allora chi è che
fa la giurisprudenza cautelare visto che non c’è un organo che garantisce la nomofilachia c’è l’esatta
applicazione della legge, la fanno i tribunali. Questo fa sì che in materia cautelare per quanto riguarda
la concessione di sequestri ci sia un certo orientamento a Milano, un’altra a Torino, un’altra a Roma
e quindi un provvedimento può essere concesso in un posto e non in un altro anche per lo stesso caso.
Qua possiamo trovarle.
Poi esiste anche euro Conference legal che pubblica molte decisioni di gente più o meno affidabile
e a volte anche trova giurisprudenza di merito molto immediata.

La dottrina.
Per questo ognuno può aprire un blog e scrivere ciò che vuole. Qua si deve fare ovviamente molto
più attenzione secondo le regole che ci ha detto prima, cercare l’autore, cosa fa, se si occupa di studio
di diritto civile. Un sito famoso e iudicium.it che ormai è pagamento si deve essere abbonati, ciò non
toglie che tutto quello che è stato pubblicato prima che diventasse a pagamento resta fruibile e in più
ci sono alcuni commenti che non vanno sulla parte a pagamento, ma restano nella parte free.
Se noi vediamo il comitato scientifico vediamo che non ci sono proprio gli ultimi trovati, sono tutti
dei nomi di primo livello in Italia e in Europa, tra cui troviamo il professor Luiso.
Il processo civile.it è un portale tematico curato da Giuffrè dove troviamo strumenti a pagamento e
altri no, importante è che ci consente di vedere la preview. Se ti interessa abbiamo gli strumenti per
arrivarci. Altro sito è questione giustizia che è una rivista cartacea ma comunque accessibile e gestita
da un’associazione di magistrati che hanno il loro punto di vista sull’argomento ovviamente ed è da
tenere in conto. Chiudiamo questa parentesi se le banche dati free accessibili online e guardiamo
invece quella parte di banche dati a pagamento. In quanto studente di questa facoltà però possiamo
accedere alle banche dati paga l’università, le principali banche dati le possiamo consultare non solo
dall’università, ma anche da casa perché possiamo accedere con molti strumenti, il prima e poi ti
usare bibliopass su Google, mettiamo le credenziali di unito e accediamo a quello che ci interessa tra
questi strumenti particolarmente utile ce ne segnala due.
Infoleges che è un metamotore. Possiamo cercare degli articoli in base a chi li ha scritti se ci interessa
ovviamente l’autore. Se scriviamo ad esempio “autosufficienza” avremo diversi risultati che ci
compariranno e vedremo tutti quelli che hanno scritto su questo argomento ovvero l’autosufficienza.
Cose più o meno pertinenti e cliccando sul link abbiamo l’eventuale sentenza annotata, il luogo in cui
possiamo reperirla e un piccolo sommario. Quindi dal dogi non possiamo accedere al contributo, il
dogi dove trovare il contributo
Per capire dove vedere l’intero testo dobbiamo andare sulle riviste, la grande bipartizione delle riviste
sta su riviste che viaggiano sul catalogo WalterKlover Italia che è un grande editore è Giuffrè. Se
dobbiamo capire qualcosa sull’autosufficienza, il primo commento sul dogi di Claudio Consolo, la
troviamo in giurisprudenza italiana che è edita da Walterkruwer. Allora andiamo su WalterKruver e
tra le riviste troviamo la giurisprudenza italiana all’interno della quale si troverà tale articolo alla
pagina . Questo è un classico esempio di nota non referata. Se andiamo dopo ne vediamo una che che
ci rimanda al fatto di un controllo da parte di un referato. Il portale ci permette anche di accedere alla
giurisprudenza, facendo attenzione a cosa scriviamo perché se scriviamo autosufficienza ricorso in
cassazione, lui cerca tutte queste parole, se vogliamo alimentare la ricerca dobbiamo inserire gli
operatori logici, quindi dire che voglio che ci sia l’autosufficienza and il ricorso ovvero voglio cercare
entrambi, and e ci metto un riferimento normativo. Oppure se volessi proprio una certa parola voglio
autosufficienza del ricorso. E voglio esattamente questa frase.
Gli operatori logici sono: le “che significa che vogliamo esattamente quello che c'è scritto all'interno
di queste.
L’altro grande circuito e DeJure che contiene un’altra serie di riviste che è una particolarità perché
non è accessibile da bibliopass, ma esiste un’altra possibilità ovvero è uno strumento che è l’identità
su cui ci presentiamo su Internet cioè lo strumento che ci permette di accedere a Internet con un certo
identificativo di rete. Se noi andiamo su sempre la stessa pagina ci specifica che solo se non presenti
si può usare il Proxy. Dalle impostazioni può essere inserito.
Questa è più semplice, possiamo trovare giurisprudenza, dottrina, note a sentenza.
Erica Verri
Diritto Processuale Civile
Lezione 4 – 03/10/22

La tutela dichiarativa, e la tutela esecutiva e la tutela cautelare l’approfondiamo nel secondo semestre
e ci viene molto comodo perché ci sono molte modifiche che riguardano la tutela esecutiva e la tutela
cautelare e capiremo che fine faranno in base alla riforma.

TUTELA DICHIARATIVA
Oggi iniziamo ad occuparci della TUTELA DICHIARATIVA che avete visto la scorsa settimana è
lo strumento che il nostro ordinamento mette a disposizione tutte le volte in cui è stato commesso un
illecito in riferimento ad una norma di diritto sostanziale ed è sorta quindi una controversia tra le parti
e l’ordinamento processuale mette a disposizione la tutela dichiarativa per risolvere la controversia.
La settimana scorsa immagino che vi sia stato detto che la tutela giurisdizionale è una tutela residuale
che il nostro ordinamento mette a disposizione, cioè il nostro ordinamento anche se non lo trovate
scritto espressamente in apertura del Codice, come era nel vecchio codice del 1865 concepisce la
tutela giurisdizionale come l’ultimo strumento nel caso in cui le parti non si siano accordate, vuoi per
fare la presentazione della controversia, vuoi per andare in negoziazione, vuoi per andare in
mediazione, vuoi per devolvere la controversia ad arbitri.
(Tutti questi strumenti che possiamo chiamare “facoltativi” che necessitano la volontà di ambedue
parti per poter essere utilizzati non formano oggetto di questo corso ma sono oggetto di corsi
complementari che se avete voglia potete seguire, c’è il Professor Dalmotto per il diritto di arbitrato
e il Professor Lupano che insegna il corso di mediazione.)
Noi qui ci occupiamo solo della tutela giurisdizionale, cioè dello strumento residuale che
l’ordinamento non può non mettere a disposizione dei singoli.
Ora, il punto di partenza che rimane invariato anche nella riforma è: qual è l’oggetto del processo
dichiarativo? Che cosa il nostro ordinamento mette ad oggetto del giudizio civile? Una situazione
giuridica soggettiva, un diritto; cioè l’idea è che nel processo civile, l’attore, cioè colui che agisce
in giudizio fa valere un proprio diritto nei confronti del convenuto, che è la parte citata in giudizio.
Quindi attore colui che propone una domanda giudiziaria e che instaura un processo, convenuto
colui il quale è chiamato, è coinvolto a partecipare al giudizio.
L’oggetto del processo civile (questa è la regola generale) è un diritto; lo avete visto nell’Art. 24
Cost. “tutti possono adire in giudizio per la tutela dei propri diritti”, lo avete visto nei vostri studi
di Diritto Civile perché il libro VI del Codice Civile si chiama “Della tutela giurisdizionale dei diritti”
e ci sono una serie di norme nel Codice di Procedura Civile dalle quali si evince che l’oggetto del
processo civile è la tutela di un diritto sostanziale perché (come spero vi sia stato spiegato la volta
scorsa) tutte le volte in cui si commette un illecito entra in gioco il processo civile, che si conclude
con un giudicato e il giudicato è una norma concreta che ritorna nella realtà del diritto sostanziale; è
un procedimento circolare, ed è per questo che nel nostro ordinamento, ad oggetto del processo
civile c’è un diritto, una situazione giuridica soggettiva, ed è questo il tratto di unione tra il diritto
sostanziale e il diritto processuale civile. Il diritto processuale civile è una materia servente rispetto
al diritto sostanziale.
Nei primi due anni voi studiate l’ordinamento statico, come dovrebbe essere, quindi in qualche modo
perfetto, come se tutti rispettassero i diritti altrui, nel 3° anno iniziate a familiarizzare con il diritto
processuale che interviene nelle situazioni patologiche, quando qualcuno viola una regola di condotta;
se tutti rispettassero le regole del codice civile, non ci sarebbe necessità del diritto processuale civile.
Quello che a voi sembra ovvio, ovvero che ad oggetto del diritto processuale civile ci sia un diritto
sostanziale, in altri ordinamenti non è ovvio perché per esempio possiamo pensare ad ordinamenti a
noi vicini come per esempio la Germania, l’Austria ai quali a volte noi ci ispiriamo; infatti, ve lo dirà
anche man mano, il nostro legislatore non è mai originale, si ispira sempre a legislazioni francesi o
tedesche. I nostri “vicini” tedeschi e austriaci hanno fatto una scelta diversa dalla nostra e mettono ad
oggetto del processo civile un’entità processuale, che crea un sacco di problemi di collegamento tra
il diritto processuale e il diritto sostanziale.
Noi siamo stati, come i francesi, lineari, e il diritto sostanziale è l’oggetto del processo civile.
Qual è la conseguenza?
Tutte le volte in cui (e alcuni casi ve li segnalerò) nel processo civile l’oggetto è diverso, è qualcosa
di meno rispetto ad un diritto sostanziale, ci vuole la norma di legge perché se non c’è una norma di
legge, vale la regola generale che potete riferire all’articolo 24 Cost. per cui la minima unità
azionabile, la ragione per cui si instaura un processo, è la tutela di un diritto soggettivo.
Perché non si può agire in giudizio per un qualcosa di meno?
Perché il diritto processuale civile è uno strumento di diritto pubblico, costa denaro e tempo, costa il
tempo dei magistrati, costa l’efficienza degli uffici giudiziari. Questo è un aspetto che credo abbiate
trattato a sistemi giuridici comparati, immagino che abbiate esaminato qualche sistema giuridico di
Common Law e loro sono molto sensibili al fatto che il processo è uno strumento pubblico che va
utilizzato con parsimonia. L’idea per cui chi agisce in giudizio lo fa solo per la tutela di un diritto
soggettivo c’è, in accordo con il diritto sostanziale, ma c’è anche la convinzione per cui in questo
modo e quindi non consentendo di agire in giudizio per qualcosa di meno come, per esempio, mi
accerti che Tizio è passato con il rosso, non lo puoi fare! Perché tu al limite devi agire in giudizio
chiedendo il risarcimento dei danni e lo si fa per ragioni di economia processuale, perché il processo
civile è uno strumento di diritto pubblico e quindi va usato con parsimonia.
Qui siamo davanti alla prima modifica introdotta dalla riforma; dunque, le norme che disciplinano il
processo civile, il processo dichiarativo le troviamo nel libro II del codice di Procedura Civile, ed è
ancora così, il libro II sarà rivisitato parecchio però troverete le norme sullo svolgimento del giudizio
dichiarativo.
La settimana scorsa, quando avete studiato i principi costituzionali riguardanti il processo, non c’è
dubbio che abbiate esaminato l’articolo 111 della Costituzione il quale dice che: “Tutti hanno diritto
ad un giusto processo civile regolato dalla legge”; questo articolo 111 2° comma che è stato
introdotto nella Costituzione nel 1990 ha recepito quello che è ancora l’articolo 6 della Convenzione
della tutela dei diritti dell’uomo, cioè l’idea del “giusto processo” non è che l’ha introdotta l’articolo
111 della Costituzione, era già prevista, era un obbligo che l’Italia aveva poiché l’Italia è membro, è
stato contraente della Convenzione della tutela dei diritti dell’uomo.
Quello che c’è solo scritto nell’articolo 111, e non c’è scritto né nell’articolo 6 della CEDU, né
nell’articolo 47 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea è il “giusto processo
regolato dalla legge”.
Regolato dalla legge che cosa vuol dire?
Vuol dire che ci deve essere, e il nostro ordinamento VUOLE, che ogni aspetto, che ogni passo del
processo civile, sia regolato dalla legge. E perché secondo voi?
Voi considerate che nel processo civile, c’è un oggetto che è il diritto sostanziale leso.
Esempio: attraverso la Strada Regina Margherita, un’auto passa con il rosso, mi fa cadere e mi
danneggia un braccio, io subisco quindi una lesione al braccio, ho diritto al risarcimento del danno,
agisco in giudizio, che è il diritto al risarcimento del danno responsabilità extracontrattuale, ed è un
illecito derivante dalla circolazione del veicolo, questo è un illecito del processo civile e però questo
processo civile si svolge secondo determinate regole. C’è una situazione di diritto sostanziale, ma poi
ci sono delle regole che sono quelle contenute nel Codice di Procedura Civile, che mi dicono come
si svolge quel processo, come per esempio quale sia l’atto introduttivo, che cosa deve contenere, se
posso andare direttamente in aula, se sono dovute delle spese, cosa possono fare ed entro quali termini
devo agire, quando devo allegare, se per esempio ho un testimone, quando devo allegare il fatto che
ho un testimone.
Queste sono tutte regole processuali.
Secondo voi perché la Costituzione mi dice che è importante che sia regolato dalla legge il giusto
processo e quindi non rimesso alla discrezionalità del giudice come è invece in altri ordinamenti,
come per esempio l’ordinamento inglese, in cui è potere del giudice aggiustare le spese processuali a
seconda del caso. Qual è il vantaggio e lo svantaggio?
Lo svantaggio è che è un meccanismo rigido per cui per ogni controversia, da quella che riguarda la
vendita di ITA, causa miliardaria molto complicata, a quella che riguarda il mio sinistro stradale le
regole sono sempre quelle. Questo è l’aspetto negativo, e invece chi sostiene queste regole di che se
invece al giudice gli si da poteri di adattare le regole a seconda della controversia, le regole si
modellano meglio al tipo di giudizio e la giustizia è più funzionale.
La scelta fatta dal nostro ordinamento invece, è una scelta più garantista, e dice che se le regole del
processo sono predeterminate dalla legge; quindi, se c’è una norma di legge uguale per tutti, tutte le
volte in cui il giudice viola quella norma si può fare impugnazione. E’ per questo che voi trovate
questa scritta nell’articolo 111 della costituzione perché si dice “Giusto Processo regolato dalla
legge”, vuol dire che se il giudice non viola una norma, se c’è scritto nel codice che i termini di difesa
sono 30 giorni, e il giudice ne da 20, quindi regola violata, si può far impugnazione per far valere
questa violazione della norma di legge. Questa è un’attività che non potete fare nella tutela esecutiva
e nella tutela cautelare, tutte le volte in cui le modalità di svolgimento del giudizio sono rimesse alla
discrezionalità del giudice perché non c’è una regola di legge che potete utilizzare come parametro
per valutare se il giudice ha violato quella regola oppure no.
Ecco perché il libro II del Codice di Procedura Civile è stato da sempre considerato l’emblema del
giusto processo regolato dalla legge; però da un lato il nostro ordinamento sente l’esigenza molto
garantista di dire che ogni regola deve essere prevista dalle legge perché se poi il giudice la viola si
può fare impugnazione, dall’altro lato ci si rendeva conto che questo meccanismo che affatica lo
svolgimento del processo, che crea lungaggini soprattutto in quelle controversie che sono semplici e
quindi potrebbero, se il giudice avesse il potere discrezionale, procedere più velocemente.
Ad un certo punto, credo nel 2009, o insomma dopo gli anni 2000, per soddisfare queste necessità si
era introdotto la tutela esecutiva e la tutela cautelare nel Codice di Procedura Civile, cioè lo trovate
sempre, qui sul documento è barrato in rosso poiché è un punto dove interviene la riforma. Se voi
aprite il Codice di Procedura Civile agli articoli 702 bis e seguenti ci trovate sempre il procedimento
sommario di cognizione. Nel 2009 ad un certo punto il legislatore si rende conto che non si può
continuare così, e che bisogna introdurre nel Codice di Procedura Civile un rito un po' più flessibile,
ispirato ai modelli anglosassoni dove il giudice ha il potere di “key management”, di coordinare le
regole processuali a seconda della tipologia della controversia e si introduce nel Codice di Procedura
questi articoli 702 bis e seguenti. Questi articoli li trovate, non nel libro II del Codice di Procedura
Civile, ma con una scelta un po' singolare li trovate nel libro IV che è dedicato ai procedimenti
speciali e questa è già stata una collocazione infelice. È sempre stata molto criticata poiché si è detto
che questo non è un procedimento speciale, è un rito ordinario di cognizione semplificato rispetto
a quello ordinario. È chiara la ragione per cui questo rito sia stato introdotto per agevolare lo
svolgimento di controversie semplici, tanto è vero che ad oggi è previsto solo per le controversie di
competenza del Tribunale in composizione monocratica che si reputano di facile soluzione.
Questo procedimento ha avuto diverse critiche: ha avuto diverse critiche poiché si è detto, se voi
aprite gli articoli 702 bis e seguenti del Codice di Procedura Civile vedete che sono pochi articoli,
pochissime norme, invece nel libro II gli articoli sono dal 163 al 473 (se mi ricordo bene), quindi
sono oltre 300 articoli, qui ce ne sono 4 o 5 e si è detto che si da troppo potere discrezionale al giudice,
si viola la regola del giusto processo regolato dalla legge, per di più il provvedimento conclusivo è
un’ORDINANZA e invece siamo abituati noi nel processo civile ad avere come provvedimento
conclusivo una SENTENZA; insomma è stato un procedimento molto criticato.
È per questo che la riforma del processo civile, io credo che questo non sarà toccato, perché questa è
una delle parti meglio fatte della riforma, cos’ha fatto la riforma Cartabia?
Primo dato: cambia nome, non si chiama più procedimento sommario di cognizione ma si chiamerà
PROCEDIMENTO SEMPLIFICATO DI COGNIZIONE e sarà trasferito nel libro II del Codice
di Procedura Civile.
Avrà una disciplina maggiormente dettagliata rispetto a quello che ha adesso il procedimento
sommario di cognizione e vedete, io vi ho segnato in giallo, il procedimento deve; quindi, l’attore
dovrà utilizzare le forme del procedimento sommario di cognizione quando si tratta di una
controversia semplice perché i fatti di causa non sono controversi e non c’è necessità di fare
istruttoria; davanti ad un Tribunale di composizione monocratica o anche collegiale e si concluderà
con sentenza.

La differenza tra il vecchio procedimento sommario di cognizione e questo nuovo è che la


commissione che ha scritto la riforma lo ha reso un procedimento regolato dalla legge, troverete
(quando la disciplina entrerà in vigore) una regolamentazione del procedimento semplificato di
cognizione molto più dettagliata rispetto a quello che oggi trovate agli articoli 702 bis e seguenti del
Codice di Procedura Civile, di modo che attualmente quello che si delineerà da giugno 2023, e questo
è sicuro, poiché io non credo che questa cosa verrà eliminata, perché capite che la situazione è
continuare ad avere un rito ordinario regolato dalla legge che però è molto pesante, che è lo stesso
per tutte le tipologie di controversie, e la svolta è cercare di affiancargli un rito più elastico, più breve
per le controversie più semplici, questa è la scelta che ha fatto il nostro legislatore. Si è ispirato
sicuramente ai poteri di key management inglesi, ma come sempre noi siamo un ordinamento
continentale e quindi ci piace avere delle regole scritte per i motivi che vi ho detto, però
l’orientamento della riforma è quello di mettere nel libro II un rito ordinario e un rito di cognizione
semplificato che nell’idea della riforma dovrebbe essere più breve per le controversie più semplici.

Vi metterò su moodle, perché purtroppo manuali sulla riforma non ce ne sono, e purtroppo temo che
non ci saranno almeno fino a giugno perché tutti stanno aspettando di vedere se il nuovo Governo
modifica qualcosa oppure no. Allora io vi metto queste pillole, ve le spiego a lezione; alcune delle
cose che sono scritte nella pillola che ho messo ora non siete ancora in grado di capirle perché è la
lezione numero 2; alla fine del corso vedrete che lì capirete. Vi dirò allora che questo semplificato di
cognizione vale la pena studiarlo e sapere quale sarà la nuova versione. Per il resto vi dirà io cosa
sarà necessario sapere per quanto riguarda la riforma e cosa no.

Abbiamo visto dall’inizio della lezione quale sia l’oggetto del procedimento civile, qual è il contesto
processuale nel quale il diritto per il quale si chiede tutela che è trattato dal giudice nel contesto di un
giudizio a cognizione piena ed esauriente, ordinario o semplificato.

LE TIPOLOGIE DI TUTELA
Ci sono tre tipologie di tutela che il nostro ordinamento mette a disposizione.
La settimana scorsa avete visto: tutela dichiarativa, tutela esecutiva e tutela cautelare.
LA TUTELA DICHIARATIVA da tenere sempre presente che in tutte le tre tipologie di tutela
l’accertamento c’è sempre, poiché è il minimo indispensabile!
Si distingue a sua volta in:
1. TUTELA DI MERO ACCERTAMENTO: Quando si ha tutela di mero accertamento?
Come abbiamo detto il processo civile interviene per rimuovere uno stato di crisi del diritto
sostanziale. Esempio: immaginiamo che io affermo di essere la proprietaria di questo
computer, la vostra collega contesta ciò che ho detto, ovvero sostiene che questo computer è
suo, sorge quindi una controversia tra di noi, non riusciamo a risolverla amichevolmente e io
ad un certo punto instauro un giudizio nei confronti della vostra collega chiedendo che sia
accertato chi sia il titolare di questo computer, se io o la vostra collega. Arriverà una sentenza
che quando sarà passata in giudicato dichiarerà che (immaginiamo) il giudice dichiari che
sono io la proprietaria, io che ho già il computer presso di me, che ho già la disponibilità del
computer. In questo modo non c’è bisogno di altro, io non ho bisogno di altro, quello che a
me interessava era rimuovere lo stato di incertezza. La stessa cosa la si può fare con un bene
immobile; quello che la tutela di accertamento è una dichiarazione sulla titolarità̀ di un
diritto.
Quando la sentenza passa in giudicato, torna la realtà del diritto sostanziale vuol dire che nel
momento in cui la vostra collega verrà da me a lamentarsi del fatto che è lei la proprietaria del
computer io gli esibirò la sentenza passata in giudicato che mi dichiara proprietario.
Tutte le volte in cui voi avete un giudicato, il giudicato è anche una norma concreta: i rapporti
tra voi e la controparte sono regolati dal giudicato, non più dall’astratta norma di legge. Tutte
le volte che la vostra collega dopo il giudicato verrà da me a lamentarsi del fatto che è lei la
proprietaria del computer io non le dirò guarda che secondo il Codice civile articolo 840 il
proprietario ecc, NO! Le mostrerò la sentenza passata in giudicato del Tribunale di Torino
che mi dichiara proprietaria del computer, ecco l’utilità che offre un giudicato civile, accerta
la titolarità di un diritto.
Questo è un esempio semplice, ma ci sono esempi più complessi per esempio in materia
contrattuale, e qui si capisce quanto possa essere importante avere una sentenza di
accertamento quando c’è dubbio su chi sia il proprietario, per esempio, di un determinato
brevetto e chi ha scoperto una determinata cosa.
La caratteristica della tutela di accertamento è che è una tutela autosufficiente.
Siccome il computer è della mia disponibilità, io una volta che ho ottenuto una sentenza di
accertamento non ho più bisogno di altro, ho il computer presso di me, ho un titolo che mi
dichiara proprietario e non ho bisogno di altro.
La tutela di accertamento può essere anche negativa. (in quella positiva, ad esempio, il giudice
dichiara che Tizio è proprietario di un computer).
Che differenza c’è tra una situazione in cui io chiedo al giudice di accertare che io sia
effettivamente la proprietaria del computer, o quella in cui chiedo al giudice di accertare che
la vostra collega non sia la proprietaria del giudice.
Se io agisco in giudizio, e chiedo al giudice di accertare che io sia la proprietaria di questo
computer; perché io vinca la causa non bastano le affermazioni, dovrò provare che sono la
proprietaria poiché l’ho comprato al negozio X, piuttosto che l’ho comprato su Amazon, e lo
dovrò dimostrare, poiché se io non lo dimostro la causa la vince la collega perché io dimostro
tutti i fatti costitutivi del mio diritto o sennò la causa non la vinco.
Se invece chiedo al giudice di accertare che lei non sia proprietaria, in buona sostanza, ed è
per questo che il nostro ordinamento (la tutela di accertamento negativo non è materia
d’esame, non viene mai chiesta) è come se io sfidassi lei a provare che sia la proprietaria
semplificando molto la mia situazione. L’azione di accertamento negativa è un’azione molto
delicata, poiché tutte le volte in cui io dico “accerta che lei non è” ne faccio onere alla vostra
collega di dimostrare che sia la proprietaria e quindi lei in un’azione di accertamento negativa
sarà in una situazione più difficoltosa; quindi, butto sul convenuto un onere della prova che
nel processo di accertamento positivo non avrebbe.
La ragione per cui voi nel Codice di procedura civile non ci trovate un articolo che esplica
l’azione di accertamento positivo e negativo (come invece c’è in Germania). Non lo trovate
perché nei codici pre-unitari c’erano queste azioni di accertamento negativo che si
chiamavano … esistono ancora nella repubblica di San Marino, ma il problema processuale
che si è posto è che costringi una persona, che non è quella che ha deciso di agire in giudizio,
ecco qui la differenza; perché chi decide di agire in giudizio ha modo di provare il suo diritto,
ma chi si trova coinvolto in un giudizio di accertamento negativo, non può essere onerato di
una prova così difficoltosa. Ecco perché è scomparso dal codice del ’42 la norma relativa alle
azioni di accertamento con un’idea per cui l’azione di accertamento positivo è sempre
ammessa, quella di accertamento negativo va maneggiata con cautela.
Sappiate che quindi esiste questo problema e che ci sono dei casi tipo la negatoria servitutis
in cui l’azione di accertamento negativo è previsto dal codice ma sappiate che esiste questo
problema di carattere generale.
2. TUTELA DI CONDANNA: si chiama tutela di condanna ma è una tutela che è di
accertamento + di condanna.
Ci siamo detti che il diritto processuale civile risponde a delle situazioni di crisi del diritto
sostanziale. Immaginate adesso che ad agire in giudizio per rivendicare la proprietà su questo
computer sia la vostra collega; quindi, lei agisce in giudizio, quindi lei è l’attrice, io sono la
convenuta (quindi l’esempio inverso rispetto a prima)
La vostra collega chiede di accertare di essere la proprietaria del computer; quindi, avrà il
titolo di acquisto e la ricevuta di Amazon. Per soddisfare la sua necessità basta che il giudice
accerti che è la proprietaria del computer? No, perché́ il computer è nella mia disponibilità̀ e
quindi c’è bisogno che la nostra compagna chieda l’accertamento del diritto di proprietà + la
mia condanna alla consegna del computer; perché altrimenti con una decisione di mero
accertamento la vostra collega rimane con una tutela a metà, perché si ha il titolo però il
computer rimane presso di me. Essendo un bene mobile c’è un problema grosso, perché io
potrei venderlo ad altri, che grazie all’articolo 1153 diventano proprietari a titolo originario.
Il diritto processuale ci offre un rimedio diverso a seconda delle vostre necessità e quindi a
seconda delle vostre necessità c’è il rimedio.
La tutela di condanna risponde a fronte di un rapporto obbligatorio inadempiuto, perché
magari io le ho venduto il computer e non gliel’ho consegnato; quindi, lei mi ha pagato ma io
non gliel’ho consegnato. La caratteristica è che sempre nella tutela di condanna non c’è solo
l’accertamento ma c’è anche la richiesta di condannare la controparte all’adempimento della
prestazione.
Perché è importante anche questa condanna?
Accertamento + condanna è la tutela condannatoria.
È importante che ci sia la condanna della controparte all’adempimento della prestazione
perché se la vostra collega vince il giudizio contro di me, io ho davanti a me due possibilità:
a. in attuazione della sentenza di condanna consegno il computer alla vostra collega che a
quel punto è soddisfatta perché ha un titolo che la dichiara proprietaria del computer e ha
presso di sé il computer della quale è proprietaria, che aveva comprato da me ma che io
non le avevo mai consegnato.
Quindi se io adempio spontaneamente alla sentenza di condanna la nostra collega è nella
stessa situazione in cui sarebbe stata se io mi fossi comportata per bene fin dall’inizio,
ovvero se avessi adempiuto alle norme di diritto sostanziale, quindi se le avessi consegnato
il computer.
b. Se io non adempio alla sentenza di condanna, e me ne infischio di ciò che ha detto il
giudice, la nostra collega con la sentenza di condanna può chiedere l’esecuzione
all’autorità̀ giudiziaria e ottenere alla fine che il bene mobile gli verrà̀ ridato dall’esecutore
giudiziario; questa situazione si chiama esecuzione per consegna.

In questo caso vedete che mediante l’abbinamento tutela dichiarativa e tutela esecutiva ancora una
volta il diritto processuale civile da alla parte interessata esattamente quello di cui ha bisogno.
La tutela di condanna non può̀ essere seguita dalla tutela esecutiva quando l’obbligazione rimasta
inadempiuta è un’obbligazione infungibile. Ora, spolverate i vostri ricordi di diritto sostanziale e
ditemi che cos’è l’obbligazione infungibile?
Esempio: se per la mia festa di compleanno stipulo un contratto con Fedez, lui si impegna a venire a
cantare, a fare un concerto privato alla mia festa di compleanno, io faccio il bonifico e poi Fedez non
si presenta; è chiaro che possiamo chiedere una sentenza di condanna per inadempimento, ma di
fronte ad una prestazione infungibile, quella obbligazione, quel contratto, o lo risolve Fedez venendo
e cantando altrimenti non c’è modo di tramite l’intervento dell’ufficiale giudiziario di soddisfare la
mia esigenza, e quindi di adempiere a quel contratto.
L’unico strumento che il legislatore può̀ mettere a disposizione delle parti è poter chiedere una
sentenza di condanna, che andrebbe però chiesta in anticipo, quindi prima del giorno del mio
compleanno, e dire che ogni giorno di ritardo, devi pagare la cifra tot, ma purtroppo tutte le volte in
cui ci sono obbligazioni che sono state inadempiute e sono obbligazioni infungibili la tutela esecutiva
non serve perché la tutela esecutiva prevede che si vada sul posto, con la sostituzione dell’ufficio
esecutivo all’obbligato per soddisfare il soggetto, ma le volte in cui l’obbligazione sia infungibile,
quindi o la soddisfa l’obbligato, o se il creditore non è soddisfatto non si può avere tutela esecutiva.

3. TUTELA COSTITUTIVA (accertamento + costitutiva)


Sempre, nella tutela di accertamento e nella tutela di condanna quello che fa il giudice è
accertare il modo di essere di un diritto.
La tutela costitutiva è particolare perché il giudice modifica la realtà̀ di un diritto
sostanziale, il giudice innova la realtà di diritto sostanziale.
Esempio: ART 2908 cc: “Nei casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria può
costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o
aventi causa.”
Fatemi un esempio di sentenza costitutiva che conoscete dai vostri studi di diritto sostanziale:
- Annullamento del contratto
- Risoluzione del contratto
- Divorzio (materia familiare)

Sono sentenze costitutive perché pensiamo all’ipotesi del contratto annullabile. Il contratto
annullabile è un contratto valido e produttivo di effetti fino al momento in cui il giudice non
dichiara che il contratto è annullabile. Con la sua pronuncia, quindi, modifica la realtà del
diritto sostanziale.

Altro esempio: ART 2932 cc:


“Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l’altra parte,
qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli
effetti del contratto non concluso.

Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa
determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere
accolta, se la parte che l'ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei
modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile”

Immaginiamo che io voglia comprare un immobile, un’abitazione, un appartamento, lo vedo in


agenzia, vado dal notaio e di solito si fa il compromesso, il cosiddetto contratto preliminare: io e il
venditore ci accordiamo, pago una certa somma oggi e poi finisco di pagare il giorno x e il venditore
ci accordiamo di pagare una certa somma oggi e finirò di pagare il giorno x e il venditore si impegna
a ripresentarsi dal notaio per la stipula del contratto di compravendita diciamo il 1° dicembre. Per
effetto del contratto preliminare di compravendita il venditore si obbliga a concludere il contratto di
compravendita il 1° dicembre comparendo dal notaio. Il 1° dicembre vado dal notaio e il venditore
non si presenta. Che strumenti giuridici ho?
L’art. 2932 cc che mi permette di chiedere al giudice, proponendo domanda giudiziale e allegando
il contratto preliminare di vendita e possiamo chiedere al giudice di pronunciare una sentenza che
tenga luogo del contratto non concluso; può ottenere quindi una sentenza che conduca gli effetti del
contratto non concluso, ed è una sentenza costitutiva perché il giudice praticamente ci dichiara
proprietari dell’immobile anche se il venditore non si era presentato davanti al notaio per concludere
il contratto definitivo e quindi per adempiere al contratto preliminare.
Nell'ambito della tutela costitutiva ci sono due categorie:
• tutela costitutiva non necessaria:
ci sono strumenti contrattuali per raggiungere quello stesso risultato, quindi la modifica del
diritto sostanziale voi la potete ottenere anche fuori dal processo civile. Cioè il giudice non è
l’unico soggetto che può modificare la situazione di diritto sostanziale.
Esempio: La servitù̀ (diritto reale) e costituisce un rapporto tra fondi, e come si costituisce?
Si costituisce per contratto o per sentenza costitutiva (in alcuni casi previsti dalla legge quando
si parla di servitù necessarie).
Questa è una ipotesi di tutela costitutiva non necessaria, perché c’è anche uno strumento
negoziale che consente di ottenere lo stesso risultato.
Esempio risoluzione del contratto, è un esempio di tutela costitutiva necessaria o non
necessaria? Esempio di tutela costitutiva non necessaria.
Si può̀ inserire nel contratto una clausola risolutiva espressa.
Esempio: anche il divorzio (oggi), che si può̀ ottenere anche con la negoziazione assistita

• tutela costitutiva necessaria: ovvero le situazioni in cui il giudice è l’unico che può cambiare
la situazione giuridica preesistente, e l’unico esempio è la rettifica di sesso di una persona.
(l’arbitro può pronunciare lodi arbitrali, per esempio, ex articolo 2932 cc, per esempio risoluzione
del contratto, per esempio annullamento del contratto. Per il mediatore è un po' diverso.)
La tutela costitutiva è come la tutela di accertamento è autosufficiente: il giudice con la sua pronuncia
modifica la realtà di diritto sostanziale.
Quando il giudice dichiara che il contratto è annullato, modifica la realtà di diritto sostanziale, non
c’è spazio della tutela esecutiva.
Quando il giudice pronuncia il divorzio, i due soggetti non sono più sposati e quindi non c’è bisogno
della tutela esecutiva.
Ci sono due problemi per quanto riguarda la tutela esecutiva:
1. ART 2908 cc “nei casi previsti dalla legge il giudice può̀ pronunciare tutela costitutiva.”
Il primo problema che si pone con riferimento alla tutela costitutiva è che cosa vuol dire nei
casi previsti dalla legge? Da dove voi capite che si può chiedere la tutela costitutiva?
Per capirlo bisogna leggere il Codice civile.
- Prima teoria (che è stata scartata dalla prassi): si può̀ avere la sentenza costitutiva solo quante
volte nel c.c il legislatore faccia espresso riferimento alla possibilità̀ di ottenere una sentenza,
tipo l’articolo 2932. Può ottenere quindi una sentenza che possa produrre gli effetti di un
contratto non concluso. Si è detto che era una teoria troppo restrittiva perché se così fosse
rimarrebbero fuori un sacco di fattispecie, e quindi bisognava creare un criterio più ampio.
- Seconda teoria: diritto potestativo
caratteristica del diritto potestativo = facoltà̀ di modificare la sfera giuridica altrui senza il
consenso dell’altra parte.
Tutte le volte in cui nel Codice civile c’è un diritto potestativo così come c’è la possibilità̀
per il privato di modificare la sfera giuridica altrui con strumenti di diritto privato,
analogamente esiste per il giudice la possibilità di emanare una tutela costitutiva.
Qual è l’oggetto del giudizio costitutivo? È il diritto potestativo? È qualcos’altro?
Verrebbe logico pensare che ad oggetto del giudizio costitutivo ci sia un diritto potestativo.
La giurisprudenza si è posta però un problema: nelle sentenze costitutive c’è qualcosa di diverso
rispetto al diritto potestativo, che è come se fosse un fiammifero voi lo accendete ma quando viene
esercitato il diritto potestativo lo si consuma. Ha senso accertare con efficacia di giudicato che esiste
un diritto potestativo che poi si consuma quando il giudice dichiara una tutela costitutiva? Allora la
dottrina e la giurisprudenza (Sezioni Unite, 2014, impugnative negoziali) hanno detto che nel giudizio
costitutivo quello che l’oggetto del processo è l’intero rapporto negoziale, quindi non il diritto
potestativo ma il rapporto contrattuale.
La giurisprudenza, quindi, dice se io chiedo l’annullamento del contratto, l’oggetto del giudizio
costitutivo non è il diritto a chiedere l’annullamento del contratto per errore, violenza e dolo; la
giurisprudenza dice, ad oggetto dei contratti in questo giudizio è l’intero rapporto negoziale; quindi,
il giudice se ha eventualmente rilevato che c’è una causa di annullamento del contratto dichiarerà che
il contratto è annullabile e l’accertamento si forma sulla non più esistenza.
Perché bisogna fissarsi su questi aspetti che sembrano ovvi? perché C’è una conseguenza: de voi
mettete ad oggetto del processo civile il diritto potestativo ad ottenere l’annullamento del contratto
per errore, violenza e dolo, immaginiamo che il giudice lo rigetta dicendo che il contratto non sia
annullabile; potete proporre un’altra domanda per chiedere la risoluzione del contratto?
Se ad un certo momento del contratto ci mettete il diritto potestativo SI, perché è un diritto potestativo
diverso, ma se invece, come fa la giurisprudenza mettete ad oggetto del processo il contratto, voi tutte
le patologie di quel contratto ve le dovete giocare in un unico processo.
Ecco perché la giurisprudenza ha insistito tanto per spostare l’oggetto del giudizio costitutivo dal
diritto potestativo al rapporto negoziale perché ottiene un risultato di economia processuale.
Hai un contratto, tutti i vizi di quel contratto li puoi far valere in un unico giudizio e non ci sono
impossibilità.
Francesca Rolando
Diritto Processuale Civile
Lezione n 5
04/10/2022

Il diritto processuale civile per la docente va studiato e si stupisce che su 150 in aula solo 3 sappiano
cos’è il diritto potestativo, soprattutto per un concorso in magistratura, si viene bocciati se non si
sanno le nozioni del diritto privato. Consiglia di colmare le lacune soprattutto per riuscire a formulare
i pareri di diritto civile.
Oggi riprende l’oggetto del processo, qual è la differenza tra una situazione giuridica soggettiva, un
diritto soggettivo e l’aspettativa, e se non si sa questo non si può sapere quali sono i diritti azionabili
in giudizio. Prima colmiamo questa lacuna, a gennaio ci sarà l'esonero però bisogna lavorare tanto.
La professoressa aveva pensato il 31/10 di fare una lezione su webex registrata, per finire le lezioni
la prima settimana di dicembre e lasciarci più tempo per studiare, però dice che c’è molto lavoro da
fare, è preoccupata per le lacune, che pare abbia riscontrato, di diritto privato.
Ci sono tanti modi per spiegare il diritto processuale civile: ci può spiegare le norme, modo inutile
per lei, perché le norme cambiano, lo stiamo vedendo in questo periodo, invece, bisogna sapere la
struttura e quindi bisogna sapere il diritto privato/civile, altrimenti non ha senso studiare diritto
processuale civile.
Quindi chi non si ricorda i concetti di diritto potestativo, bisogna recuperare prendendo un manuale
e riprendere i concetti, se no diventa difficile studiare il diritto processuale civile.

Chiarisce il significato di diritto soggettivo, domandando perché l’oggetto del diritto processuale
civile sia il diritto soggettivo.
Parte dalla definizione di diritto soggettivo: è una situazione protetta dall’ordinamento, tra le facoltà
comprese dal diritto soggettivo, c’è anche quella di agire in giudizio nel caso in cui il diritto soggettivo
sia stato violato. Ecco perché il diritto soggettivo è l’oggetto del processo civile.
Poi ci sono le situazioni giuridico soggettive che si chiamano inattive, ad esempio l’aspettativa
che non possono costituire oggetto del processo civile, perché l’oggetto del processo civile che è il
diritto soggettivo, la situazione giuridica soggettiva attiva, quella che comprende nel pacchetto di
facoltà che l’ordinamento mette a disposizione del titolare di quel diritto anche la facoltà di agire in
giudizio.
Chi non ha dimestichezza con questi concetti, vanno ripresi dal libro di diritto privato, si devono
colmare le lacune, le situazioni giuridiche soggettive devono essere chiare, soprattutto in vista di
concorsi.
Capiamo perché nel nostro ordinamento non si ragiona più come si faceva nel diritto romano in
termini di azione, perché l’idea del diritto soggettivo che comprende tra le sue facoltà anche quella,
la possibilità di attivarsi per azionare in giudizio quel diritto, ha sostituito il diritto processuale
moderno il diritto di azione. E perché è importante conoscere bene e non avere dubbi sulle
situazioni giuridiche soggettive di diritto privato? Perché se no non siamo in grado di individuare
i diritti che possono farsi valere in giudizio e quali no. Soltanto quelle situazioni giuridico soggettive
che comprendono tra le facoltà che li compongono, anche la possibilità di far valere quel diritto in
giudizio.
E non è un caso che tutte le volte che voi avete a che fare con diritti nuovi, molto spesso abbiamo un
giudice che per la prima volta riconosce che quel diritto esiste e che quindi l’attore ben ha fatto ad
agire in giudizio. Molto spesso il riconoscimento di nuovi diritti passa per le vie giudiziarie. Ecco
perché è importante, qualsiasi lavoro giuridico si farà, aver chiara questa distinzione.
A gennaio facciamo l’esonero e fissiamo la data, dà delle raccomandazioni:
1. Adesso chi è in difficoltà ristudi con il manuale di diritto privato.
2. Farà il 31/10 una lezione registrata che lascerà su moodle, per non perdere la settimana e
riuscire a finire con la prima di dicembre, così da avere tutto il mese di dicembre e fino la
metà di gennaio per studiare.
3. L’esonero sarà unico, fissiamo la data entro fine ottobre, per problemi di ricerca aula. Saranno
due domande, la terza domanda sarà a maggio, ogni domanda vale 15 punti. Avrete una
proposta di risultato che se piace si accetta, se no si darà l’esame tutto assieme.
Dà per esaurita la spiegazione sulle tre tipologie di tutela dichiarativa, le tre tipologie di sentenze
dichiarative che sono ammesse nel nostro ordinamento, cioè la sentenza di mero accertamento, la
sentenza di condanna e la sentenza costitutiva. Compito a casa è riaprire il manuale di diritto privato
e riacquistare dimestichezza con questi concetti se non si ricordano.

Ci siamo detti, fino a questo momento che l’oggetto del processo civile è la situazione giuridica
soggettiva, il diritto soggettivo vantato dall’attore, l’attore è colui che agisce in giudizio e per il quale
l’attore chiede tutela.
L’atto introduttivo del processo dichiarativo si chiama domanda giudiziale, e la domanda
giudiziale produce sia effetti sostanziali, sia effetti processuali. E questo per due motivi, perché il
processo civile ha sì ad oggetto una situazione di diritto sostanziale, ma al contempo questa protezione
del diritto sostanziale svolge un giudizio che è regolato da norme processuali.
La domanda giudiziale può assumere due forme: la citazione o il ricorso. Più avanti le vedremo,
perora ci basta sapere che la domanda giudiziale può avere queste due forme.
Per quanto riguarda il contenuto, tendenzialmente le due forme degli atti introduttivi del giudizio,
citazione e ricorso, si equivalgono.
Ora vediamo quali sono gli effetti processuali della proposizione della domanda giudiziale.
Quando proponiamo una domanda giudiziale, il primo effetto è la litispendenza. Intesa nel senso
letterale del termine: si apre la lite, si apre il processo.
Il secondo effetto processuale causato dalla domanda giudiziale è che una volta che l’attore ha
proposto la domanda giudiziale di regola non la può ritirare senza il consenso della contro parte
che si sia costituita (vedremo più avanti cosa vuol dire). Il processo è uno strumento di diritto
pubblico, per cui l’attore una volta che propone la domanda giudiziale, quindi impegna il sistema di
giudizio civile, non è libero di ripensarci dicendo no ho sbagliato. Per ritirare la domanda giudiziale,
occorre come regola generale, il consenso dell’altra parte, perché è un sistema di giustizia pubblico,
di cui l’attore non può liberamente disporre.
L’arbitrato e la negoziazione sono cose diverse, sono strumenti privatistici, ma se decidiamo di
utilizzare il processo, essendo uno strumento di diritto pubblico, queste sono le sue regole.
Poi c’è un’altra conseguenza che si chiama perpetuatio iurisdictionis, disciplinata dall’articolo 5
del Codice di procedura civile, e dice in sostanza questo: per stabilire se c’è la giurisdizione italiana,
se c’è la competenza del giudice adito, si guarda alla situazione esistente al momento della
proposizione della domanda giudiziale, questo vuol dire perpetuatio iurisdictionis.
Sono tutte regole che vedremo più nel dettaglio più avanti.
Andiamo più avanti è importante vedere le slide su moodle se ci perdiamo qualcosa.
La domanda giudiziale produce questi effetti processuali: si apre il processo, si guarda per
stabilire se c’è la giurisdizione e la competenza la situazione esistente al momento della proposizione
della domanda giudiziale.
Quando l’attore propone la domanda di regola non la può più ritirare, se non c’è il consenso della
controparte, a dimostrazione del fatto che il processo civile ha una valenza pubblicistica, l’attore non
ne dispone come vuole.
Ma poi la domanda giudiziale ha anche effetti di diritto sostanziale, perché? Perché come detto
ieri, l’oggetto del processo civile è un diritto soggettivo e alla fine del processo si avrà una sentenza
dichiarativa che potrà essere di accertamento, di condanna, costitutiva che riguarda una situazione
giuridica soggettiva. Ecco perché, la domanda giudiziale che apre un processo che si conclude con
un giudicato che la realtà di diritto sostanziale, ha effetti sostanziali.
Ora, quali sono questi effetti di diritto sostanziale? Dobbiamo ricordare quali sono le
caratteristiche dei diritti soggettivi. Cos’è la prescrizione di un diritto? Il nostro ordinamento per
alcune tipologie di diritti, non tutti, perché ci sono dei diritti imprescrittibili come ad esempio il diritto
di proprietà, esige che il diritto sia esercitato, altrimenti se non esercitato si prescrive. Quindi se il
titolare del diritto rimane inerte per un numero di anni, quel diritto si prescrive perché evidentemente
il titolare che non lo esercita vuol dire che non ha interesse a far valere quel diritto, quindi
l’ordinamento prende atto di quella situazione e il diritto si prescrive.
Qual è il termine ordinario di prescrizione? 10 anni.
Ci sono poi dei termini di prescrizione quinquennali come nel caso del termine per il risarcimento del
danno derivante da fatto illecito, il 2043cc e poi ci sono delle prescrizioni più brevi. Anche qui se non
lo ricordiamo da ripassare sul libro di diritto privato.
Ci siamo detti che il processo civile serve a porre rimedio in quella situazione in cui vi è stata
una lesione del diritto sostanziale.
Esempio: il termine di prescrizione del diritto è 10 anni, se non adempio ad un’obbligazione
contrattuale, supponendo che si sia sottoscritto un contratto di fornitura di marzapane, se mi viene
consegnato e non pago, chi me l’ha venduto ha 10 anni per chiedermi il pagamento della somma di
denaro. Se il debitore non paga, e il creditore non chiede il pagamento per 8 anni, all’ottavo anno, il
creditore si stufa e propone un’ istanza civile. Il processo civile dura tanto tempo, più di due anni e
allora il meccanismo che si vuole evitare è che il processo civile duri 4 anni e che quando il giudice
va a decidere dopo 4 anni, 8+4 fa 12, sia costretto a dichiarare prescritto il diritto. Per evitare questo
risultato, che sarebbe non funzionale allo scopo del processo civile, perché il creditore ha proposto la
domanda giudiziale quando ancora il diritto non era prescritto(all’ottavo anno), allo scopo di ottenere
quanto dovuto. Per evitare questo risultato iniquo che effetti ha la domanda giudiziale di diritto
sostanziale? La domanda giudiziale interrompe il termine di prescrizione del diritto.
L’interruzione del termine di prescrizione del diritto è come un punto, voi iniziate a contare da 1 a 8,
all’ottavo anno, il creditore del prezzo del marzapane propone la domanda giudiziale, che interrompe
il termine di prescrizione e si mette un punto. E si ricomincia a contare da 1.
L’altro problema da affrontare è: da quanto si ricomincia a contare? Si ricomincia a contare dal
momento della formazione del giudicato.
A, creditore del prezzo del marzapane, propone una domanda giudiziale all’ottavo anno nei confronti
di B.
Il processo dura 10 anni. Dal momento in cui A propone la domanda giudiziale, il termine di
prescrizione si interrompe, c’è un punto, mancherebbero ancora 2 anni al termine ordinario di
prescrizione.
Gli effetti della domanda giudiziale è che il termine è interrotto ma non solo, è anche sospeso
fino a quando non si arriva ad una sentenza passata in giudicato. Se la domanda giudiziale è
accolta, se il creditore vince, il termine di prescrizione del diritto dedotto in giudizio è interrotto e
sospeso fino al momento del passaggio in giudicato. Quando la sentenza passa in giudicato, inizia a
decorrere un nuovo termine di prescrizione. O meglio quando la sentenza passa in giudicato, il
termine di prescrizione ricomincia a decorrere, erano 8 anni, 10 anni di processo, al 18 anno, arrivato
il giudicato, il termine di prescrizione del diritto ricomincia a decorrere e quindi, affinché il diritto si
prescriva, mancano ancora 2 anni, però c’è una norma nel codice di procedura civile che è l’art
2953, che ci dice che i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve ai 10 anni,
quanto riguarda ad esse, è intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono
con il decorso dei 10 anni.
Quindi nel nostro esempio di responsabilità contrattuale dopo il giudicato di condanna, resta il termine
di prescrizione che continua a decorrere, ma mancano ancora due anni affinché il diritto si prescriva.
Ma se invece il creditore della somma della vendita del marzapane, avesse fatto valere un risarcimento
del danno extra contrattuale, dove il termine di prescrizione è breve, quinquennale e avesse agito in
giudizio il 4 anno, dopo la fine del processo se ci fosse stato un giudicato di condanna, in virtù dell’art
2953 il termine di prescrizione diventa decennale.
Facciamo l’esempio con riferimento al termine di prescrizione ordinario che è più semplice. È
chiara la finalità della norma. Ogni diritto, tranne quelli dei diritti imprescrittibili ha un termine di
prescrizione, per evitare che la durata del processo civile vada a danno della parte che è stata costretta
a far valere quel diritto in giudizio, cosa si fa? Si fa che quando è proposta la domanda giudiziale, il
termine di prescrizione del diritto si interrompe, punto, e il termine di prescrizione non decorre più
fino a quando non si arriva alla sentenza passata in giudicato. A quel punto si comincia a contare.
Domanda: ma quando interviene il giudicato e cominciano a decorrere i termini della prescrizione
da capo si conta 10 anni o solo il residuo che porta a 10, nell’esempio i 2 anni che portano a 10?
Risposta: prendiamo il codice civile sulla prescrizione ordinaria 2945c.c dice:” per effetto
dell’interruzione si inizia un nuovo periodo di prescrizione”.
Domanda: L’interruzione è diversa dalla sospensione, ma la sospensione quando agisce?
Risposta: lei, la studentessa che ha rivolto la domanda, ha un diritto nei confronti della prof che si
prescrive in 10 anni, aspetta fino all’ottavo anno, facciamo l’esempio più semplice dove Lei non pone
mai atti interruttivi della prescrizione stragiudiziali, sta quieta fino all’ottavo anno, all’ottavo anno
instaura un processo nei confronti dalla prof, il credito matura nel 2010, il 1° gennaio 2018, otto anni,
Lei propone una domanda giudiziale nei confronti della prof. Il processo dura 10 anni, quindi 2028
finisce, il termine di prescrizione rimane sospeso dal 1° gennaio 2018 fino al 31 dicembre 2028 che
non ha il giudicato, dal 1° gennaio 2029 ricomincia, secondo le regole di interruzione della
prescrizione a decorrere un nuovo termine di prescrizione del diritto.
Perché prevede questo il diritto processuale? Perché non vuole che le lungaggini del processo
civile vadano a suo danno, perché quello che poteva fare, esercitando il suo diritto, Lei lo ha fatto
proponendo la domanda giudiziale, il resto poi è di competenza del sistema giurisdizionale civile. E
se il sistema giurisdizionale civile ci mette degli anni per dare la sentenza, non può essere Lei che
paga le conseguenze del tempo necessario per darle giustizia. Ecco perché la domanda giudiziale
interrompe il termine di prescrizione del diritto, punto , poi apriamo una parentesi(, per tutta la durata
del processo non succede niente, quando si arriva al giudicato, se la domanda è accolta, dal giorno
dopo del passaggio in giudicato, inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione.
E se viene respinta la domanda?
Risposta: la norma dice che la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la
sentenza che definisce il giudizio. Quindi se viene respinta ricomincerà un nuovo termine di
prescrizione del diritto.
Se lei perde, il problema non la riguarda perché il giudice dice lei quel diritto non ce l’ha, però nel
nostro ordinamento esistono dei mezzi di impugnazione. Lei può ritenere che il Tribunale di Torino
abbia sbagliato nel dirle che il suo diritto non esiste, può fare appello, e se non è soddisfatta può
andare in cassazione. E durante i tre gradi di giudizio, il termine di prescrizione del diritto rimane
sospeso. Quindi quello che fa fede, quello a cui si riferisce l’art 2945, quando dice “definire il
giudizio” è il giudicato. Cioè il momento in cui non si può più proporre nessun mezzo di
impugnazione ordinaria. A quel punto se lei il giudizio l’ha perso, non c’è più il problema di
prescrizione. Se invece l’ha vinto decorre un nuovo termine di prescrizione.
È logico perché quel diritto non esiste, come dichiarato dalla sentenza passata in giudicato e quindi
non può chiedere niente.
Il problema si pone, ma per il momento non ci riguarda, quando il processo si estingue perché allora
sì non c’è la sospensione, però perora, lasciamo perdere la parte dell’estinzione, perché se no
mettiamo troppi tasselli che vanno visti piano piano. Guardiamo solo la parte che riguarda la
conclusione del giudizio che riguarda il giudicato, il provvedimento di accoglimento o di rigetto della
domanda giudiziale. Quando è proposta la domanda giudiziale, si interrompe il termine di
prescrizione del diritto fatto valere in giudizio, il termine rimane sospeso fino a che il giudizio non è
definito con giudicato, poi naturalmente se è una sentenza di accoglimento, perché se di rigetto il
problema non si pone, un nuovo termine di prescrizione del diritto incomincerà a decorrere il giorno
dopo la formazione del giudicato.
Lasciamo perdere la parte degli interessi che è un po’ più complicata e riprendiamo la seconda
parte delle slide.
Ora vediamo com’è composta la domanda giudiziale.
Qui ci sono minime modifiche che la riforma farà e che ce ne darà conto, così sappiamo cosa prevede
la riforma a questo riguardo.
La domanda giudiziale, genus, può avere o la forma dell’atto di citazione o la forma del ricorso.
Ma sia la citazione che il ricorso hanno lo stesso contenuto simile, con poche differenze, tutte e due
contengono la vocatio ius e l’editio actionis
Domanda: a che serve la domanda giudiziale?
Risposta: ha due funzioni, la prima far capire qual è il diritto dedotto in giudizio, chi la riceve
deve capire di che cosa stiamo parlando, per quale diritto si chiede tutela.
La seconda caratteristica che si chiama la vocatio in ius deve dare a chi è chiamato in giudizio,
al convenuto, le informazioni necessarie per comparire in giudizio. A me non basta sapere che si
stia discutendo della compravendita del computer Acer, ma devo sapere dove comparire, davanti a
quale giudice si svolge il processo, quando si svolge l’udienza, a che ora. Questa prima tipologia di
informazione che serve a fare in modo che il convenuto compaia avanti all’autorità giurisdizionale
competente si chiama, vocatio in ius.
Mentre la parte dell’editio actionis è la parte in cui si individua il diritto sostanziale di cui si richiede
tutela e si chiama petitum sostanziale, e poi si deve indicare il tipo di tutela che volete. Che tutela
vuoi in riferimento a questo computer? Vuoi una tutela di mero accertamento? Vuoi una condanna?
Questo va scritto nella domanda giudiziale.
Commenta una slide: Questo è un atto di citazione originale, compare il nome di un politico.
Vedere l’inizio:
il tribunale di Roma, atto di citazione.
La vocatio in ius è questa: si invoca l’autorità giurisdizionale competente, si individua il nome
dell’attore e mostra nella sentenza la parte finale.
Il tribunale X
Atto di citazione
Dati dell’attore
Si spiega la vicenda,
spiegate le vostre richieste,
tutto ciò premesso, cito il convenuto, dove lo cita? a comparire all’udienza del giorno (data) ore 9 e
seguenti davanti al tribunale di Firenze.
E si dice al convenuto: guarda tu devi comparire in giudizio costituendoti 20 giorni prima.
Teniamo presente ora la struttura dell’atto di citazione: vocatio in ius e editio actionis.
Nella citazione l’attore individua il giudice competente, individua lui la data dell’udienza, e notifica
l’atto interruttivo del giudizio al convenuto.
Della notifica, (non ne parla dettagliatamente, dobbiamo vederla sul manuale) dovendone dare una
definizione la notifica è l’attività formale con cui una domanda giudiziale è consegnata al
convenuto tramite, per esempio l’ufficiale giudiziario che consegna mani o per posta l’atto
introduttivo del giudizio al convenuto.
Se guardiamo le pillole di riforma messe in sintesi nelle slide, tra le modifiche che la riforma
prevede, perora lasciamo perdere quelle in giallo che vedremo poi, la riforma prevede che nell’atto
di citazione oltre che indicare la data di udienza, il luogo dove si deve comparire, si indichi al
convenuto che deve comparire con avvocato, perché nel nostro ordinamento di regola la parte deve
comparire in giudizio rappresentata tramite il proprio rappresentante tecnico. Non esiste nel nostro
ordinamento la difesa personale in giudizio, e che sussistendone i presupposti di legge, si può essere
ammessi al patrocinio a spese dello stato. In non abbienti che non abbiano denaro necessario per
corrispondere l’onorario al proprio avvocato, per pagare le spese della giustizia, possono accedere al
patrocinio a spese dello stato. Queste sono le informazioni, in questo la riforma è molto positiva,
naturalmente non è farina del nostro sacco e spiega a breve perché, e devono essere inserite
nell’atto di citazione. Non è farina del legislatore italiano perché da anni c’è una tendenza del
legislatore europeo a chiedere che il convenuto sia messo nella posizione più comoda possibile e che
gli siano date le informazioni, tutte quelle ritenute necessarie per difendersi n giudizio, tra cui queste
due informazioni.
Ma come fa l’attore a sapere quali sono i giorni in cui può fissare l’udienza, perché è l’attore
che redige l’atto di citazione e dunque come fa a sapere che data mettere. Ecco nel sapere che data
indicare, l’attore deve tenere in considerazione due dati: il primo è che l’art 163 bis del
cod.proc.civ. indica quanti giorni bisogna dare al convenuto per potersi difendere, non possiamo
notificargli un atto di citazione e dire, che tra 10 giorni ci vediamo in aula, no perché il codice di
procedura civile, libro 2, da una tempistica necessaria dei giorni a disposizione che devono essere
messi a disposizione del convenuto per potersi difendere.
Art 163 bis: termini per comparire
Dal giorno della notificazione della citazione e il giorno dell’udienza di comparizione, devono
intercorrere termini liberi non minori di 90 giorni.
Naturalmente non li dobbiamo sapere a memoria, perché il codice l’abbiamo sempre, no all’orale di
avvocatura e magistratura ci vuole lo sforzo mnemonico, ma quando si lavora il codice ci sarà sempre,
basta sapere dove cercarlo.
Il codice dice all’attore: attenzione bene che quando tu fissi la data della prima udienza, devi tenere
in considerazione le indicazioni che ti do, cioè 90 giorni liberi. Tieni a disposizione del convenuto,
per andare dall’avvocato di fiducia, per fargli leggere l’atto di citazione e predisporre le proprie difese.
Quindi l’attore con il codice di procedure civile alla mano e il calendario, calcoleremo per fissare il
giorno dell’udienza, un termine non inferiore a 90 giorni. Forse con la riforma cambierà ma è
importante dove cercare, nel 163 bis.
Una volta fatto il calcolo, c’è un altro dato da tenere in considerazione perché ogni ufficio
giudiziario all’inizio dell’anno, indica e li rende pubblici anche sui siti web, qual è il giorno in cui
si svolgono le prime udienze. Es: il tribunale di Venezia dice, da me tutte le prime udienze si
svolgono il lunedì o il venerdì. Per cui l’avvocato dell’attore, calendario alla mano e sulla base
dell’articolo 163 bis dice, che data scrivo? Deve considera che il convenuto ha bisogno dei 90 giorni,
perché glielo dice il codice e la prima udienza deve essere un giorno di lunedì, perché il tribunale di
Venezia colloca le prime udienze il giorno di lunedì. Ed ecco come viene fuori la data che troviamo
scritta nell’atto di citazione e che spetta all’attore individuare.
Il meccanismo è questo:
• L’attore scrive l’atto di citazione, indica la data dell’udienza, notifica l’atto di citazione al
convenuto.
• Il convenuto riceve l’atto di citazione e poi l’attore deposita l’atto di citazione notificato in
cancelleria. È un deposito telematico, ma comunque deposito è la parola corretta.
Quindi il passaggio è: attore→convenuto→cancelleria, ergo giudice.
Per quando riguarda il ricorso, quali sono le differenze?
Non contiene l’ indicazione della data della prima di udienza, la data della prima udienza viene fissata
dal giudice.
Il procedimento semplificato di cognizione, nuovo nome, e sommario di cognizione, vecchio nome,
si propone con il ricorso.
In tutte e due gli atti introduttivi del giudizio c’è la vocatio in ius e l’editio actionis, però la data
dell’udienza nel ricorso, non la indica l’attore e il passaggio è diverso, c’è l’attore che redige il ricorso,
non mette la data dell’udienza, per questo motivo il passaggio è:
ricorso→ cancelleria del giudice che legge il ricorso e fissa lui la data dell’udienza con un decreto
e poi notifica al convenuto del ricorso, più il decreto del giudice che indica la data dell’udienze.
Il ricorso è più semplice per l’avvocato dell’attore perché redigete il ricorso, non mettete la data
dell’udienza, lo depositate in cancelleria, mostra la slide del ricorso. È fatto allo stesso modo dell’atto
di citazione, la cosa diversa è che non c’è la data dell’udienza. C’è l’intestazione, Tribunale di, nome
dell’attore, lo svolgimento dei fatti, le richieste, ma non c’è la data dell’udienza che la fissa il giudice.
Voi depositate il ricorso in cancelleria chiedendo la fissazione dell’udienza, il giudice con decreto,
letto il ricorso, guardata la sua agenda, indica la data dell’udienza e poi l’attore notifica al convenuto
il ricorso più il decreto che contiene la data dell’udienza. Questo è il passaggio per quanto riguarda il
ricorso.
Il dott. Castagno farà vedere gli atti giudiziari per toccarli con mano oltre che a seguire la teoria, così
vediamo come funziona.
Consiglio: non vi fate prendere dallo sconforto c’è un po’ di difficoltà di recuperare le nozioni di
diritto privato, poi alla fine del corso chi ha fatto l’esonero, il 75% lo supera molto bene. Il diritto
processuale civile è come la matematica, serve sapere le strutture di base che una volta capite si va
tranquillamente, non ci richiede sforzi di memoria.
Parte sulla domanda giudiziale:
la domanda giudiziale ha una vocatio in ius che serve per far capire al convenuto dove deve
comparire e quando predisporre le proprie difese, poi ha anche una parte che si chiama dissertionis
dove dobbiamo individuare il diritto dedotto in giudizio e dobbiamo specificare la tutela che
chiediamo. Cosa facciamo valere in giudizio, se un diritto di credito, un diritto reale, uno
status(chiediamo il divorzio) e che tipo di tutela chiediamo, l’accertamento processuale,
l’accertamento di un credito, la condanna del debitore all’adempimento dell’obbligazione e per
esempio la restituzione del pc, chiediamo un sentenza costitutiva di divorzio? Va specificato nella
domanda giudiziale.
Ora in diritto processuale civile si fa sempre una distinzione che troviamo in tutti i manuali tra:
diritti AUTO INDIVIDUATI e diritti ETERO INDIVIDUATI. È una distinzione questa sì che
non abbiamo conosciuto a diritto privato. Abbiamo conosciuto la distinzione tra diritti assoluti e
diritti relativi.
I diritti assoluti sono: ad esempio il diritto di proprietà.
I diritti relativi sono i diritti di credito.
Domanda: gli status a quale categoria gli assocereste? Sono diritti assoluti.
La nozione di diritto auto individuato, corrisponde ai diritti assoluti: i diritti di proprietà e gli
status sono diritti auto individuati.
Mentre i diritti etero individuati sono diritti di credito, come le obbligazioni pecuniarie.
Perché si fa questa distinzione? Perché nella domanda giudiziale deve essere chiaro qual è il diritto
che fate valere in giudizio.
Se tizio propone domanda di divorzio nei confronti di Caia è evidente che basta dire che chiede
divorzio allo stato e si capisce qual è la situazione giuridica soggettiva che si fa valere in giudizio.
Se la vostra collega cita me in giudizio e chiede l’accertamento del suo diritto di proprietà, sopra il
pc Acer modello X, è chiaro che l’oggetto di quel processo è il diritto di proprietà. E se la vostra
collega nella domanda giudiziale non specifica, ma di solito lo fa, immaginiamo che abbia un
avvocato che ha il dono della sintesi e scrive: il processo, l’oggetto rivendico il diritto di proprietà
sopra il pc Acer, basta. Si capisce qual è l’oggetto di questo giudizio, non importa che l’avvocato
precisi proprietà perché l’ho comprato su Amazon, perché l’ho acquistato da una compagna, perché
è un regalo, non importa questa precisazione, perché comunque su questo computer esiste uno
soltanto diritto di proprietà.
Sapere a che titolo la vostra collega è proprietaria, servirà per vincere la causa, ma non è un elemento
determinante per capire qual è il diritto dedotto in giudizio. Ecco perché si parla di diritto auto
individuato, dal punto di vista processuale che cosa interessa? Perché si chiama auto individuato,
quello che noi conosciamo come diritti assoluti e che non vivono di rapporto giuridico. Dal punto di
vista del diritto processuale, quello che interessa è che voi diciate che cosa chiedete: il diritto di
proprietà sopra il bene. Senza necessità di dover dire, nella domanda giudiziale, a che titolo valutate
quel diritto. Basta dire il petitum: diritto di proprietà sul pc.
Se il vostro avvocato che ha il dono della sintesi compone così la domanda giudiziale, quella domanda
giudiziale è valida. Certo tutti gli avvocati in genere specificano perché sono proprietari del pc e
perché lo rivendicano, perché è acquistato su Amazon, da una collega, ma sono dati che non servono
per far capire al convenuto qual è l’oggetto del processo. Servono poi però per vincere la causa. Ecco
perché si chiama auto individuato, recuperiamo la categoria dei diritti assoluti e quelli sono gli auto
individuati.
Ma se invece i diritti di credito sono diritti relativi, il processualista gli chiama diritti etero
individuati, perché?
Esempio: se la vostra collega mi cita in giudizio e dice che voglio che il giudice ti condanni al
pagamento del credito di 5000 euro. Se un nostro collega venisse a chiedervi 5000? Rispondereste
perché? a che titolo? Io posso pagare 5000 perché la vostra collega mi ha venduto un quadro o me li
ha dati a mutuo e sono crediti diversi. 5000 euro perché devo restituire la somma mutuata, perché mi
ha venduto un bel quadro, sono crediti diversi. Il nostro perché, a che titolo, il diritto processuale
civile vuole che quando a far valere in giudizio un diritto di credito, un'obbligazione pecuniaria, non
basta che tu indichi la somma dovuta perché il convenuto non capisce a che credito tu stai riferendoti.
Quindi nei diritti etero individuati in particolare alle obbligazioni pecuniarie, dobbiamo anche
indicare nell’atto di citazione la causa dei crediti, la causa petendi, cioè a che titolo chiediamo i
5000 euro. Li chiedi perché devi restituire una somma mutuata, li chiedi come corrispettivo di una
vendita, devi sempre indicare un titolo. C’è un onere in più, un qualcosa in più che va detto per far
capire al convenuto di che tipo di diritto stiamo parlano, questo è l’oggetto del processo ed è la
distinzione che si fa.

Sono concetti che all’inizio non sono semplicissimi ma servono nel futuro se si farà l’avvocato o il
magistrato, serve capire come funziona.
Ricordarsi il perché? A che titolo? Per i diritti etero individuati, allora anche il convenuto ha diritto
di sapere qual è la fattispecie costitutiva di quella obbligazione pecuniaria.
Nel processo civile quindi noi abbiamo da un lato l’oggetto sostanziale che è il diritto per il quale
si chiede tutela e poi come detto ieri, il processo civile si svolge secondo delle regole che sono
regole processuali che il giudice deve osservare.
Nel processo civile interattivo abbiamo un duplice profilo: tutto quello che riguarda il diritto
sostanziale si chiama merito, quando troviamo scritto merito, siamo nel piano del diritto sostanziale,
quando troviamo scritto rito, riguarda l’osservanza delle norme processuali che regolano il processo
civile, perché il giudice è nel processo seguendo delle regole contenute nel Codice di procedura civile,
che si chiamano rito. Non a caso ieri si parlava di rito ordinario, rito semplificato di cognizione, regole
processuali.
Tra le regole processuali contenute nel codice di procedura che disciplinano il processo civile, in
particolare sono contenute nel libro secondo, nel libro primo ci sono i principi generali, ci sono
alcune norme processuali che sono più importanti di altre e che il legislatore esige che tali norme
siano rispettate per poter avere una decisione di merito.
Dalla prossima settimana vediamo quali sono queste norme processuali che il legislatore vuole a tutti
i costi che siano rispettate affinché il processo sia deciso nel merito.
Ad esempio: la giurisdizione, la competenza, il nostro legislatore dice che se il giudice che decide
non è il giudice che veramente ha il potere di decide quella controversia, è inutile scendere all’esame
del merito, perché quel giudice non ha il potere processuale di decidere la controversia, per cui prima
il giudice deve verificare se queste norme sono osservate e solo se la risposta è positiva, scende
all’esame nel merito della controversia.
La prossima settimana vedremo i presupposti processuali.
Ha caricato per la lezione della prossima settimana dei materiali bellissimi fatti dai colleghi durante
il periodo della pandemia, dove hanno illustrato con video, PowerPoint il loro presupposto
processuale preferito, hanno fatto dei capolavori. Hanno il pregio questi lavori multimediali di far
capire con immagini, musica tutti i presupposti processuali.

Il libro di testo:
non spendete denari per comprare, comprate il primo di Luiso non il secondo. Se lo dovete comprare
non spendete soldi. Mette a disposizione il libro la prof per delle fotocopie. Lo stesso discorso sui
volumi 3 e 4, perché siamo in un momento di riforma e cambierà.
Lezione n. 6 – 5/10

Sbobinatrice: Francesca Zollo

INFORMAZIONI
19/10 → esercitazione in aula, divisi per gruppi.
26/10 → esercitazione in aula.
Dal 26/11 → Processo simulato.
Fine lezioni 30/11.

La settimana prossima dovremo sviluppare il commento alla sentenza.

Sentenza della Corte Costituzionale n. 272/2012 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale
della norma che introduceva lo strumento della mediazione obbligatoria.
La rivista per eccellenza delle tematiche del diritto processuale civile è la rivista “Rivista di diritto
processuale”, gestita dall’università di Bologna ed è liberamente consultabile tramite bibliopass.
Altra rivista è “Il giusto processo civile”, ma può essere consultata solo tramite l’accesso fisico in
biblioteca.
Sulle banche dati possiamo trovare materiali fino agli inizi degli anni ’80. Per edizioni precedenti è
necessario recarsi in biblioteca.
Per la consultazione delle riviste in biblioteca è necessario andare nella sezione cataloghi del sito
della Biblioteca Bobbio e ricercare il titolo della rivista.
“Rivista trimestrale” in DeJure.
Le principali riviste di diritto in Italia sono “Il foro italiano” e “La giurisprudenza italiana”. La
seconda si trova tramite bibliopass e le riviste in Leggi d’Italia PA.

Come svolgere la nota a sentenza.


È necessaria la capacità di sintesi.

Struttura della Sentenza della Corte Costituzionale.


- Numero di ruolo.
- Presidente e Redattore. Sono i due magistrati che compongono il collegio: il primo presiede
il collegio ed il secondo redige la sentenza (giudice relatore).
- Tre date: udienza, decisione e deposito. (il giudice decide in una certa data, redige la decisione
e solo dopo questa viene pubblicata). → Normalmente la pubblicazione è la data che fa fede,
poiché solo in questo momento il documento diventa pubblico e dunque conoscibile e
conosciuto a tutti.
- Composizione della Corte.
- La prima parte della sentenza riassume la vicenda processuale.
- Ritenuto in fatto → parte più corposa perché riprende tutto lo sviluppo processuale della
vicenda.
- Considerato in diritto.

Analisi della sentenza.


Il Tar Lazio solleva la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 24 e 77 Cost.,
dell’art. 5 d.lgs. n.28/2010.
Vado su Normattiva e ricerco il d.lgs. b. 28/2010 ed attivo Atto Multivigente. Prendo l’art. 5 e lo
prendo nella sua versione originaria, perché oggetto della pronuncia della Corte Costituzionale.
ATTENZIONE: molto spesso i codici non eliminano la parte dichiarar incostituzionale dei commi e
lo segnalano solo tramite nota.

1
In questo caso il comma 1 è stato dichiarato incostituzionale, ma può essere ancora presente sul
codice. → il comma 1 stabiliva che chi intende esercitare in giudizio una azione relativa ad una
controversia in materia di condominio, diritti reali, divisioni, successioni, contratto di famiglia,
locazione, comodato, responsabilità medica con diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi,
bancari e finanziari, etc. a prescindere dal valore doveva prima esperire un procedimento di
mediazione. l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della
domanda giudiziale. Dunque, se le parti non adempiono il giudice d’ufficio o la parte non convenuta
poteva eccepire che non era stato esperito questo tentativo. Il giudice dunque non poteva decidere e
doveva necessariamente richiedere la mediazione.
Si trattava di una decisione politica. Ciò non rispettava precisamente il procedimento di legislazione
delegata, che prevede che il Governo possa adottare d.lgs. solo nel rispetto di quanto stabilito dal
Parlamento attraverso legge delega (che segna parametri). Se il Governo legifera eccedendo tali
parametri quel decreto legislativo (che è legge equiparata alla legge formale) è dichiarato
incostituzionale per eccesso di delega.

Profili sollevati dal Tar Lazio.


- Art. 24 Cost → tutti possono agire in giudizio per la difesa dei propri diritti → pertanto il
legislatore non può condizionale l’accesso al processo al previo tentativo di una mediazione,
perché ciò è incostituzionale.
- Art. 77 Cost. → nella legge delega non era prevista la mediazione.

Altri giudici sollevano le stesse questioni: Giudice di Pace di Parma solleva le stesse questioni (24,
77), Giudice di pace di Recco (3, 24, 111), Giudice di pace di Catanzaro (24, 76, 77), Tribunale di
Genova (3, 24), Giudice di pace di Catanzaro (24, 77), Giudice di Pace di Palermo (24, 76, 77),
Tribunale id Torino (3, 24, 76, 77)→ otto ordinanze di rimessione riunite dalla Corte Costituzionale,
poiché aventi ad oggetto la stessa questione.
La Corte Costituzionale esamina prima le questioni inerenti all’acceso di delega, perché se fondante
si ha l’incostituzionalità della norma in sé e per sé e non interessa più l’analisi degli altri parametri.
Sia la legge delega che il decreto legislativo, nel preambolo, si richiamano alla coerenza del diritto
con il diritto UE, pertanto deve essere operata una ricognizione anche di tali elementi.
→ La normativa europea si trova su EUR-lex. Si cerca tra “atti giuridici” e cerchiamo direttiva
n.52/2008.
La Corte Costituzionale indica una serie di parametri normativi → considerando n. 14 → la presente
direttiva fa salva la legislazione nazionale che richiede il ricorso alla mediazione obbligatorio, purché
ciò non renda troppo gravoso l’accesso alla giustizia. La direttiva lascia salva la normativa interna
che richiede il ricorso alla mediazione, purché ciò non renda eccessivamente gravoso l’accesso alla
giustizia. Ciò è ribadito all’art. 5, comma 2 della direttiva.
Viene citata la risoluzione del Parlamento Europeo → EUR-lex. Se non si trova su EUR-lex si
cercano gli estremi della risoluzione su Google.
La risoluzione al paragrafo 10 stabilisce che: “Al fine di non pregiudicare l’accesso alla giustizia il
Parlamento Europeo si oppone a qualsiasi imposizione generalizzata di un sistema obbligatorio di
mediare”. Un’altra risoluzione del Parlamento, sempre al paragrafo 10 stabilisce che nel sistema di
diritto italiano la mediazione obbligatoria introdotta nel 2010 sembra raggiungere l’obiettivo di
disunire la congestione dei tribunali, ciononostante sarebbe necessario incentivare la mediazione
come strumento di risoluzione, ma ciò deve avvenire senza renderla obbligatoria.
Viene citata la sentenza della Corte di Giustizia UE che troviamo su CURIA. Sostanzialmente
ribadisce che la direttiva non osta all’adozione di un sistema di mediazione obbligatorio, purché ciò
non renda eccessivamente gravoso l’accesso alla giustizia.
→ Corte Cost. → il diritto UE sembra far trasparire una preferenza verso un sistema di trasparenza
verso la mediazione negoziata, ma non imposta ex lege.

2
La legge delega consente l’introduzione del sistema di mediazione obbligatoria? → consulto la legge
delega→ comma 3, lett. a), b), c), n).
Da questi principi direttivi non emerge la possibilità di introdurre un sistema di mediazione
obbligatorio. Sembra desumersi un orientamento verso la sola facoltà verso la mediazione e non la
sua obbligatorietà. La lett. n) sembrerebbe da intendersi (“possibilità”) indica appunto la mera
possibilità e non la obbligatorietà. Pertanto, la Corte Costituzione con un ragionamento a contrario
desume l’incostituzionalità del d.lgs. ad oggetto.

La Corte richiama un suo precedente (circa la conciliazione obbligatoria in materia di diritto del
lavoro) e spiega che la situazione era differente perché la norma aveva funzione di completamento
circa una determinata situazione giuridica già presente.

La Corte richiama l’illegittimità consequenziale di rutta una serie di norme correlate al d.lgs., anche
se era dubbia la loro consequenzialità diretta.
La Corte introduce una serie di illegittimità consequenziali (riportate nella nota a sentenza) che hanno
ad oggetto norme che valgono anche per la mediazione.

Struttura della nota a sentenza.


- Epigrafe. Indica l’organo (corte cost.), la data (del deposito), il numero della sentenza,
Presidente e Redattore.
- Parole chiave in grassetto che seguono → Tags. Sono parole chiave utili all’identificazione
del contenuto della nota a sentenza. Tra parentesi devono essere contenuti i riferimenti
normativi contenuti nella sentenza. I tags vanno indicizzati e dunque vanno sul motore di
ricerca.
Se andiamo su Leggi d’Italia PA ed andiamo in “dottrina d’Italia” nella sezione
Interpretazione (in fondo alla pagina iniziale) e ricerchiamo i tags indicati ritroviamo la nota
a sentenza ad oggetto.
Allo stesso modo opera la ricerca su info.leges.it
- Massima → riassunto della decisione. In genere la massima si trova nel dispositivo della
sentenza. La massima può essere ufficiale, ossia enunciata dall’organo che enuncia la sentenza
oppure implicita, ossia operata dal soggetto che redige la nota a sentenza.
- Per il testo della sentenza si fa rimando al sito della Corte costituzionale.
- Titolo pertinente al contenuto della nota a sentenza (scelto dall’autore, con cognizione di
causa). Meglio se breve e curato.
- (primo paragrafo) Premessa → riassunto delle considerazioni in fatto.
- (secondo paragrafo) Le ordinanze di rimessione → contenuto delle ordinanze di rimessione.
- (terzo paragrafo) Decisione della Corte.
- Conclusione + punto di vista dell’autore della nota a sentenza.

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