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TECNICHE FISIOTERAPICHE

LEZIONE 5

IL METODO VOJTA

Il metodo Vojta è la prima impostazione di un trattamento riabilitativo preventivo, basato su una diagnosi
precoce. Durante la terapia Vojta il terapista esercita una pressione mirata su determinate zone del corpo
del paziente, che si trova in posizione prona, supina o decubito laterale. Tali stimoli conducono nelle
persone di qualunque età automaticamente e senza un impulso proprio, quindi senza la collaborazione
volontaria del paziente, a due complessi locomotori: lo strisciamento riflesso in posizione prona e
il rotolamento riflesso in posizione supina e decubito laterale. Lo strisciamento riflesso conduce ad un tipo
di movimento strisciante, mentre il rotolamento riflesso inizia dalla posizione supina e passa attraverso la
posizione di decubito laterale al cosiddetto andamento quadrupede.
Il prof. Vojta presupponeva che nel paziente tramite la ripetuta stimolazione di tali movimenti di “tipo
riflesso” si generano delle “liberazioni” e delle “nuove strade” all’interno delle reti nervose che collegano
l’encefalo al midollo spinale, la cui funzione è bloccata.
Il metodo si applica soprattutto nei bambini con disturbi della coordinazione centrale, esiti di lesioni al SNC
(paralisi cerebrali infantili, ictus, lesioni midollari), esiti di lesioni al SNP (spina bifida, paralisi del plesso
brachiale,…), lesioni di tipo ortopedico (fratture, piede torto, lussazione/sublussazione all’anca …), distrofia
muscolare, ipotonie conseguenti ad alterazioni dello sviluppo psicomotorio ecc. La metodica può essere
utilizzata anche nei soggetti adulti con esiti di lesioni midollari, sclerosi multipla ecc. Per l’adulto cambia il
tipo di approccio e anche la stimolazione che deve essere sicuramente più intensa rispetto a quella data al
neonato.

Nella seconda foto in alto a dx per esempio è mostrata la


sollecitazione allo striscio. La figura in basso a sx mostra i punti
grilletto.

In figura osserviamo un bambino con emiplegia dx in posizione favorente il rotolamento. Il bambino non
riesce ad eseguire correttamente il movimento, non svincola il braccio dx.
L’operatore tiene una mano dietro la scapola e l’altra dietro la pala
ischiatica per ottenere come risposta la contrazione dei glutei e quindi
l’estensione della gamba dx tenuta in flessione per via della spasticità.

In figura osserviamo il movimento precedente di rotolamento; in questo caso il bambino anticipa il


movimento con la gamba e svincola il braccio.
In figura osserviamo la stimolazione preparatoria al rotolamento attraverso la rotazione del capo in un
bambino di circa 5 mesi. In questo caso il bambino assume la posizione dello
“schermitore”: un gomito flesso dal lato nucale (sx in questo caso) e un
gomito esteso dal lato facciale (dx in questo caso). Si tratta quindi del
riflesso asimmetrico del collo. Il riflesso simmetrico ,invece, avviene quando
si flette il capo del bambino in avanti ottenendo l’estensione degli arti
inferiori e la flessione degli arti superiori. In una seconda fase il bambino
staccherà dal piano di appoggio il braccio sx portando la mano verso la linea
mediana, ruotando il tronco e flettendo la gamba nel tentativo di rotolare.

In generale, i movimenti non avvengono immediatamente dopo la prima stimolazione ma sono necessari
vari tentativi affinché il bambino si abitui e il terapista comprenda quali sono i punti che devono essere
maggiormente stimolati. Solitamente si utilizzano uno o due punti grilletto contemporaneamente (per
esempio mandibolare e scapolare, mammillare ed epicondilo lat.). Il bambino potrebbe non mostrare
alcuna reazione se è affetto da una grave patologia.

I punti grilletto sono pochi: calcagno, zona retro malleolare, condilo femorale, pala ischiatica posteriore e
anteriore; quest’ultimo punto se stimolato crea fastidio così come quello sotto la clavicola. Quelli più
utilizzati sono l’epicondilo laterale e mediale dell’omero e la zona scapolare che viene maggiormente
stimolata nelle paralisi ostetriche permettendo il sollevamento del braccio. E’ preferibile che durante il
trattamento il bambino sia nudo così da essere completamente libero di muoversi.

In figura osserviamo la stimolazione allo striscio che può essere eseguita


dal 2°-3° mese di vita. In questo caso il bambino tende ad estendere il
gomito perché il punto grilletto stimolato corrisponde all’innervazione
C4-C7.

Il metodo Vojta parte dal presupposto che nelle lesioni infantili del SNC, periferico e nei disordini neuro
psicomotori non si realizza l’integrazione tra alcune funzioni presenti in tutti i tipi di movimento:
 Componente posturale, attività automatica riflessa di tutto il corpo (orientamento nello spazio)
 Componente di raddrizzamento (possibilità di avere sempre la testa orientata in modo da avere
l’orizzontalità della rima buccale)
 Componente fasica (coordinazione motoria)
La carenza di stimolazioni adeguate sensitivo-motorie incide negativamente sull’organizzazione dell’attività
cerebrale. Il trattamento dovrebbe avere lo scopo di indurre la coordinazione automatica riflessa del
comportamento motorio attraverso la stimolazione di aree somatiche chiamate zone grilletto.

IL CONCETTO BOBATH
I coniugi Bobath considerano il loro approccio al paziente come una filosofia e non come un metodo
definito una volta e per sempre. L’applicazione del concetto bobattiano impone la precocità del
trattamento. Il neonato a rischio è un lattante che a causa di una lesione embrionale, fetale o
peri/postnatale è predisposto a sviluppare un’infermità di origine cerebrale. Ciò richiede una perfetta
conoscenza dello sviluppo neuromotorio dalla nascita ai 18-36 mesi.

L’interfaccia permanente tra il corpo del rieducatore e quello del paziente viene definito da Berta Bobath
come lo “scambio infinito” che permette al bambino di integrare schemi motori normali: il paziente riceve
un massimo di informazioni (propiocettive, vestibolari, cinestesiche …) che gli permetteranno di eseguire,
sia a livello automatico (reazioni di raddrizzamento, reazioni di equilibrio, reazioni a paracadute) sia a livello
volontario, attività globali.

In foto osserviamo il bambino in posizione favorente il rotolamento anteriore. Si


può utilizzare uno stimolo, come in questo caso un giocattolo, che il bambino
tenta di afferrare allungando così il braccio. Allungando via via sempre di più il
braccio si stimola automaticamente anche il tronco all’allungamento.
Contemporaneamente il bacino è tenuto fermo dalla mano della terapista per
verificarne la torsione e guidare il movimento.

In questa foto vediamo un esercizio per caricare il peso sul lato sx del corpo
immaginando che la bambina sia emiplegica sx, controllare e verticalizzare il
tronco con il riflesso di raddrizzamento per tenere il capo teso e lo sguardo in
avanti.

In foto osserviamo lo standing da prono che può essere eseguito anche


sul pallone. Spesso i bambini tendono ad addormentarsi in questa
posizione.

In foto vediamo come posizionare il bambino per gestire tutte le componenti motorie e anche lo sguardo.
Ad esempio si possono afferrare le mani del bambino e portargliele lungo il
corpo, sul viso, in bocca al fine di sentire il contatto e percepire il proprio
corpo e per stimolare movimenti che il bambino con deficit non compie.

Nei diversi bilanci effettuati nel corso dello sviluppo del bambino si deve
ricercare:
 Un’eccessiva ipotonia
 La presenza di spasmi di estensione totale, nelle fasi di eccitazione, presenti ancora a quattro mesi
 Un ipertono già manifesto alla nascita o che compare intorno al quarto mese
 Un tono fluttuante
 Un’asimmetria
Questi segni rendono il bambino “sospetto”, il periodo di trattamento precoce si estende al quarto mese
fino al secondo anno di vita perché deve cominciare prima che il bambino abbia potuto compensare in
modo eccessivo e soprattutto fissare le eventuali deformità.

La presa in carico non prevede solo la valutazione del bambino e l’elaborazione del progetto riabilitativo; si
deve impiegare tempo per insegnare ai genitori come devono occuparsi al meglio del figlio a casa, in modo
che i progressi compiuti nel corso della seduta di trattamento siano continuativi e rinforzati anche a
domicilio. Ai genitori va insegnato come sistemare il neonato, trasportarlo, nutrirlo, lavarlo, giocare.

Classificazione del “bambino a rischio”:


1. Il neonato: l’età del rischio
2. L’età dei 4 mesi: l’età del dubbio
3. L’età dei nove mesi: la certezza, l’età della diagnosi globale
4. L’età dei 12 mesi: età della diagnosi precisa e del tipo di lesione tramite l’elettroencefalogramma
5. L’età dei 18 mesi: la prognosi (distribuzione del deficit, tipo di tono, alterazioni associate e
accettazione da parte della famiglia)
Oggi la classificazione è cambiata e la diagnosi precisa spesso si ha prima dei 12 mesi grazie ai nuovi e più
avanzati metodi di indagine e valutazione.
I Bobath propongono anche una classificazione in base alla qualità del tono muscolare:
 Spastici (gravi o moderati): eccessivo o anomalo aumento del tono muscolare, caratterizzato da
aumento del tono dei riflessi allo stiramento e spasmi muscolari;
 Atetosici (con spasmi in estensione, coree o spasticità): conseguente a danno acquisito o congenito
dei nuclei grigi;
 Atassici (con spasticità o atetosi in una parte del corpo);
 Ipotonici;
 Ipercinetici: attività motoria involontaria non coordinata
ESEMPIOIn uno spastico moderato con tono fluttuante da normale ad ipertonico, influenzato
dall’emozione e dallo sforzo, da problemi di comunicazione, loro consigliano di
1. Inibire gli schemi spastici, muovere il bambino e farlo muovere nel modo corretto
2. Utilizzare i punti chiave per facilitare le reazioni automatiche
3. Controllare le sincinesie
4. Lottare contro le deformazioni (posizionamenti corretti ma anche evitare attività che possano
aggravare la situazione, ad esempio fare uso di un triciclo anziché far camminare il bambino in
modo patologico)

MATERIALE AGGIUNTIVO (è consigliabile vedere i video su YouTube per capire meglio)


La locomozione riflessa – le basi della terapia Vojta

La terapia Vojta

Il movimento riflesso o locomozione riflessa secondo Vojta viene attivato nelle tre posizioni principali:
prona, supina e decubito laterale. Per attivare dei modelli di locomozione ci sono a disposizione, descritti
secondo Vojta, dieci zone sul tronco, sugli arti superiori e sugli arti inferiori. Tramite la combinazione di
diverse zone e l’alternanza di pressione e trazione si attivano i modelli globali di movimento, rotolamento
riflesso e strisciamento riflesso. Un ruolo importante giocano inoltre la posizione angolare ottimale delle
estremità e le cosiddette resistenze. Il terapista pone una resistenza all’esecuzione delle locomozioni
parziali del modello di locomozione. Così viene per esempio contrastata la tendenza alla rotazione della
testa durante lo strisciamento riflesso. La muscolatura intorno alla parte “frenata” sviluppa così un
aumento della tensione, senza accorciarsi ulteriormente (isometria). Ma anche le attività per aumentare il
reclutamento muscolare delle parti del corpo più distali (addome, schiena, arti superiori, arti inferiori)
vengono così rinforzate.
I due complessi di coordinazione della locomozione riflessa
Nell’applicazione pratica della locomozione riflessa vengono utilizzati due cosiddetti sistemi di
coordinazione:

 Strisciamento riflesso
 Rotolamento riflesso

Entrambi i sistemi sono stati scoperti, applicati in principio nei bambini e negli adolescenti con disturbi
motori già fissati, (per es. paralisi spastica), osservandone le reazioni.
Tramite l’osservazione dell’attivazione nei neonati sani si è arrivati più tardi alla conclusione che si trattasse
di sistemi di locomozione congeniti autonomi, che possono essere applicati anche nella terapia dei piccoli
neonati.

Un principio – molte varianti

L’attività motoria della locomozione riflessa è sempre riproducibile. Per le tre posizioni base prona, supina e
laterale esistono più di 30 varianti. La terapia è adattata al quadro clinico del paziente e agli obiettivi
terapeutici mediante la combinazione e la variazione delle zone di stimolazione e resistenza nonché i
cambiamenti minimi nella direzione della pressione e nella posizione angolare delle estremità nella
posizione di partenza.
 

1. Lo strisciamento riflesso

Lo strisciamento riflesso è una attività motoria, che include gli elementi essenziali della locomozione:
1. determinato controllo della postura
2. raddrizzamento del corpo contro la forza di gravità
3. determinati movimenti ciclici di braccia e gambe
Pertanto lo strisciamento riflesso contiene il modello base della locomozione umana. La posizione di base è
quella di decubito prona, con il capo appoggiato lateralmente sul piano d’ appoggio.
L’immagine di sopra dimostra la posizione di partenza dello strisciamento riflesso e le sue zone di
attivazione. Questi “punti di stimolo” in connessione con l’ angolatura delle estremità e della testa danno
inizio al decorso motorio dello strisciamento con le sue attività muscolari.

Nel neonato è possibile stimolare la completa attivazione dello strisciamento riflesso da una zona, nei
bambini più grandi e negli adulti è necessaria la combinazione di più punti di stimolazione.
Il movimento si esegue principalmente nella cosiddetta “andatura crociata” nel quale si muovono
contemporaneamente gamba destra e braccio sinistro o all’inverso. Una gamba e il braccio opposto
sostengono il corpo e muovono il tronco in avanti.
La sequenza che si crea è dimostrato nell’immagine sottostante.

 
 Sequenza dello strisciamento riflesso
Nella terapia il terapista pone una adeguata resistenza alla rotazione iniziale del capo del paziente. Cosi
rinforzando l'attivazione della muscolatura globale, crea i presupposti per il raddrizzamento.
 

 
 Lo strisciamento riflesso – attivazione della posizione prona

Gli obiettivi dello strisciamento riflesso sono in particolare:

 Attivazione dei meccanismi muscolari di sostegno e elevazione, necessari per l’appoggio e la prensione,
la verticalizzazione e la deambulazione nonché il movimento ciclico degli arti superiori e inferiori.
 Attivazione della muscolatura respiratoria addominale e del pavimento pelvico nonchè degli sfinteri
 Movimento di deglutizione, importante per la masticazione
 Movimento oculari

2. Il rotolamento riflesso

Il rotolamento riflesso parte dalla posizione supina, continua nella posizione di decubito laterale e termina
nel gattonamento. Nello sviluppo fisiologico del neonato sano una parte di questi modelli  compaiono
spontaneamente intorno al sesto mese di vita, mentre altri si possono osservare intorno all’ottavo-nono
mese. Con la terapia Vojta è possibile attivare questi schemi motori già nei neonati. A livello terapeutico il
rotolamento riflesso è utilizzato in diverse fasi in posizione supina e in decubito laterale.

1° fase
La prima fase parte in posizione supina, con braccia e gambe stese lungo il corpo. Tramite lo stimolo nella
zona pettorale a livello dello spazio intercostale (tra la settima e l’ottava costola), sulla linea mammillare
sotto il capezzolo, si attiva il rotolamento verso il fianco. La rotazione della testa è contrastata dalla
resistenza opposta dal terapista.

   
1. fase del rotolamento riflesso: attivazione in posizione supina nel neonato e nell’adulto

Le risposte principali sono:

 estensione assiale della colonna vertebrale


 flessione delle anche, delle ginocchia e delle caviglie
 mantenimento delle gambe contro gravità e al di fuori della base d’ appoggio costituita dalla schiena
 preparazione delle braccia alla successiva funzione d’appoggio
 movimenti laterali degli occhi
 attivazione dei movimenti di deglutizione
 respirazione più profonda
 attivazione coordinata e differenziata della muscolatura addominale
 

Rotolamento riflesso: attivazione dalla posizione supina

II° fase
La seconda fase del rotolamento riflesso parte dal decubito laterale. Essa contiene attività motorie presenti
fisiologicamente nel rotolamento spontaneo, nel gattonamento e nella navigazione a costiera. Il braccio e la
gamba sottostanti sostengono il corpo e lo spostano contro  gravità in alto e in avanti. Attraverso l’attività
muscolare del braccio sottostante dalla spalla verso il gomito e la mano, viene raggiunto l’appoggio sulla
mano. Il movimento termina nel momento in cui dal rotolamento si raggiunge la quadrupedica.

   
2. Fase del rotolamento riflesso: attivazione in decubito laterale nel neonato e nell’adulto.
 
Le risposte principali sono:

 Movimenti reciproci di flessione ed estensione delle braccia e delle gambe, sovra e sottostanti, con
aumento della funzione d’appoggio dalla spalla alla mano e dal bacino alla gamba sottostante
 Estensione assiale della colonna vertebrale durante tutto il rotolamento
 Mantenimento del capo in decubito laterale contro gravità

 
 Rotolamento riflesso: attivazione nella posizione decubito laterale
Anche dopo il trattamento il programma degli schemi motori rimane attivo a livello cerebrale nel paziente
per un periodo più o meno lungo. Trattando il paziente più volte durante l’arco della giornata si mantiene la
possibilità di accesso spontaneo da parte del paziente agli schemi motori attivati negli intervalli tra un
trattamento e l’altro. In tal modo l’effetto della terapia si prolunga, spesso, per tutto il giorno e si ottiene un
miglioramento duraturo della postura, della mobilità e della percezione.

L’efficacia: effetto globale

Le attività motorie della locomozione riflessa secondo Vojta qui illustrate, contengono gli stessi schemi
motori di base presenti nel normale sviluppo motorio individuale della postura e del movimento. Ogni
paziente deve essere trattato in maniera individuale, considerando la sua patologia di base e poi di
conseguenza i suoi limiti e le sue possibilità. Dall’ampio spettro di applicazione della terapia di Vojta,
possono trarre beneficio pazienti con diverse alterazioni, per es. paralisi cerebrali, scoliosi della colonna
vertebrale, displasie o lussazioni delle anche. Anche nelle alterazioni motorie cerebrali più accentuate si
può, perfino, ottenere un miglioramento notevole del raddrizzamento e delle capacità comunicative.
L’efficacia della terapia di Vojta può agire in diverse zone del corpo del paziente, sopratutto:
Muscolatura scheletrica:

 La colonna vertebrale si estende assialmente e ruota in modo segmentale, migliorando la sua mobilità
funzionale
 Il capo può muoversi più liberamente.
 Le articolazioni vengono centrate, soprattutto quelle delle anche e delle spalle, diminuendo le posture
anormali.
 Le mani e i piedi possono essere utilizzati con maggiore precisione e ampiezza per la funzione
d’appoggio e la presa

Zona orofacciale:

 Vengono facilitati i movimenti di suzione, deglutizione e masticazione


 Gli occhi vengono mossi indipendentemente dal capo ed in maniera più differenziata
 Aumento del tono di voce
 Si facilita il linguaggio e la produzione verbale è più intelligente, la pronuncia diventa più scandita

Funzione respiratoria:

 Il torace si espande.
 La respirazione diventa più profonda e più regolare.

Sistema nervoso vegetativo

 La cute è più irrorata.


 Migliora il ritmo sonno-veglia.
 Viene attivata la regolazione delle funzioni vescicali e intestinali

La percezione:

 Miglioramento delle reazioni di equilibrio.


 Migliora l’orientamento spaziale.
 Aumentano e diventano più precise le sensibilità termiche (freddo-caldo) e dolorifiche (oggetto
appuntito e smusso).
 Diventa più chiara la percezione del proprio corpo.
 Migliora il riconoscimento tattile della forma e della struttura esclusivamente palpando degli oggetti
(stereognosi).
 La capacità di concentrazione diventa maggiore e più flessibile

Psiche:

 Il paziente è più equilibrato, più soddisfatto e controlla meglio le emozioni.

L’applicazione della terapia: un lavoro di equipe

   
L’insegnamento preciso da parte del terapista Vojta fornisce alla madre sicurezza per poter effettuare la
terapia a casa.

Affinché la terapia secondo Vojta sia efficace è necessario che venga ripetuta più volte al giorno,
(eventualmente fino a 4 volte al dì). Una seduta dura tra i 5 e i 20 minuti. Poiché i genitori o le persone di
riferimento del bambino effettuano il trattamento quotidianamente, essi hanno un ruolo decisivo
nell’applicazione della terapia Vojta.
Oltre alla patologia di base, l’intensità degli esercizi, la frequenza e l’esattezza dell’applicazione
determinano l’efficacia e quindi il successo del trattamento. Dopo la prescrizione della terapia Vojta da
parte del medico curante, il terapista specializzato sviluppa un programma individuale e stabilisce gli
obiettivi terapeutici in accordo con il paziente o con i genitori. Durante la terapia che può durare settimane
o mesi – in casi specifici anche anni – il terapista Vojta dovrebbe essere sempre al fianco dei
genitori.L’insegnamento della terapia ai genitori o a chi accudisce il paziente dovrebbe essere immediato, in
modo tale che il trattamento possa essere eseguito anche a casa e venga così mantenuta l’adeguata e
necessaria intensità del trattamento.
Durante l’applicazione della terapia il dosaggio nonché eventuali sospensioni del trattamento vengono
personalizzati regolarmente a seconda dello sviluppo del paziente.

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