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UOC Anestesia e Rianimazione – Direttore Dr Pierpaolo Ciocchetti

Ente Ecclesiastico Ospedale Regionale F. Miulli – Acquaviva delle Fonti


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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
PRO.002

Procedura di Reparto
LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE (PRO.002)

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Redatto da:

Verificato da:

Approvato da:

Livello organizzativo di applicazione:

 Aziendale

 Unità Operativa (Unità Operativa Complessa Anestesia e Rianimazione)

STATO DELLE REVISIONI

Rev. N. PARAGRAFI REVISIONATI DESCRIZIONE REVISIONE DATA

0 Prima Stesura GIUGNO 2019

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INDICE

1.SCOPO pag 3

2.EZIOLOGIA DELLE LESIONI DA PRESSIONE pag 3

3.CLASSIFICAZIONE DELLE LDP pag 5

3.1.STADIAZIONE NPUAP/EPUAP pag 5

3.2CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONI DA PRESSIONE IN BASE AL COLORE pag 8

3.3CLASSIFICAZIONE IN BASE ALL’ESSUDATO pag 9

4. SCHEDA DI VALUTAZIONE pag 10

5. MISURAZIONE DI UNA LDP pag 13

6.TRATTAMENTO DELLA LESIONE pag 15

6.1.DETERSIONE pag 15

6.2. SBRIGLIAMENTO pag 17

6.3.SCELTA DELLA MEDICAZIONE pag 20

6.4.CONTROLLO DELL’INFEZIONE pag 22

7.Il TIME pag 25

8. IL RUOLO DELLA MEDICAZIONE pag 27

8.1. PRINCIPALI TIPOLOGIE DI MEDICAZIONI AVANZATE pag 30

9.SCHEDE DI MEDICAZIONE

10.GLOSSARIO

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1. SCOPO
Con il seguente protocollo si intende migliorare la qualità di vita del paziente immobilizzato o
non autosufficiente, creando uniformità nel processo assistenziale di prevenzione e trattamento
delle lesioni da pressione. Queste ultime, infatti, costituiscono nel contesto domiciliare e in
quello ospedaliero, un rilevante problema di assistenza sanitaria tale da richiederne un elevato
ed importante impegno gestionale delle risorse umane, materiali e tecnologiche.
Il progressivo invecchiamento della popolazione, la riduzione della mortalità precoce, il continuo
incremento della vita media hanno determinato una cronicizzazione dei processi patologici.
Il tema delle lesioni cutanee, a cominciare dalle lesioni da pressione(LdP),è da sempre stato di
interesse per la professione infermieristica che se ne è fatta carico, al punto che oggi ci sono
competenze infermieristiche avanzate in merito e contemporaneamente vi è una forte esigenza
di rivedere i modelli organizzativi per rispondere in modo efficace ed efficiente ai bisogni sanitari.
L’entità del fenomeno è importante, sia per il numero di pazienti coinvolti, sia per i tempi e le
risorse necessarie per il trattamento del problema. Le ulcere croniche sono debilitanti, dolorose
e hanno un impatto notevole sulla qualità della vita percepita dai pazienti, che viene
notevolmente ridotta.

2.EZIOLOGIA DELLE LESIONI DA PRESSIONE


Un’ulcera da pressione è una lesione localizzata alla cute e/o agli strati sottostanti, generalmente
in corrispondenza di una prominenza ossea, quale risultato di pressione, o pressione in
combinazione con forze di taglio o stiramento” (Definizione Internazionale NPUAP-EPUAP di
Ulcera da Pressione, 2009).
Le lesioni da pressione (LdP) sono aree localizzate di danno della cute e del tessuto sottostante
che si realizzano per effetto della pressione, in combinazione con altri fattori. La necrosi cellulare
tende a svilupparsi quando i tessuti molli vengono compressi tra una prominenza ossea e una
superficie solida per un tempo prolungato. La compressione e lo stiramento causano uno stress
meccanico tissutale e la compressione dei vasi sanguigni.
Ogni singolo paziente in base all’ età, alla patologia e al metabolismo, ha una propria
predisposizione allo sviluppo della LDP; tale lesione tende a svilupparsi quando la forza
comprimente risulta essere maggiore a 32 mmhg, ovvero alla pressione media arteriolare della
cute, stabilita da Landy nel 1930.
Inizialmente si viene a creare un quadro di ipossia che porta all’ aumento del metabolismo
anaerobio, il quale fa sì che ci sia l’alterazione capillare con formazione di edema interstiziale.
L’edema allontana il vaso dalle cellule tissutali e quindi c’è una minor diffusione di ossigeno.
Ciò associato all’ostruzione del lume comporta ischemia tissutale e conseguente necrosi.

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FATTORI LOCALI CHE CONCORRONO ALLA FORMAZIONE DI UNA LDP:


Pressione: forza generata perpendicolarmente ai tessuti che vengono compressi tra le
prominenze ossee e il piano di appoggio del corpo (materasso,sedia..).
Forze di stiramento: forze esercitate parallelamente al piano d’appoggio, determinate dallo
slittamento dei segmenti corporei da una posizione ad un’altra se non sorretti adeguatamente.
Attrito: si ha quando il paziente viene trascinato nel letto, per spostarlo si viene a creare una
forza dissipativa che si esercita tra due superfici a contatto tra loro e ciò può provocare
l’asportazione degli strati superficiale dell’ epidermide rendendola più suscettibile ad eventi
lesivi.
Macerazione della cute: si viene a creare prevalentemente in pazienti con incontinenza urinaria
e/o fecale o con profusa sudorazione. L'ambiente troppo umido favorisce la penetrazione
batterica e la macerazione della cute; è stato constatato che in pazienti a parità di condizioni
favorenti, la presenza di incontinenza aumenta di circa 6 volte il rischio di comparsa di piaghe.
Corpi estranei: cappucci di aghi, tappi di deflussori e tappi utilizzati per gli accessi venosi vanno a
creare nella zona della cute dove poggiano, una interruzione del microcircolo, da non
sottovalutare in quanto può essere causa di un principio di lesione.

FATTORI GENERALI O DI TIPO SISTEMICO:


- Età: Le ulcere da decubito nei pazienti anziani sono causa di modificazioni strutturali cui vanno
incontro la cute ed il tessuto sottocutaneo con conseguenti alterazioni quali: alterata capacità
rigenerativa cellulare, le modificazioni del rimodellamento del collagene, la ridotta elasticità e
percezione sensoriali. Ciò motiva anche il riscontro di una maggiore percentuale delle ulcere da
decubito.
Fattori biologici generali:
- Riduzione della mobilità: È una condizione caratterizzata da ridotta o assente autonomia nel
movimento, conseguenza di altre patologie di tipo:
Neurologico: Malattia di Parkinson e debolezza muscolare, stroke e perdita di sensibilità,
demenze propriocettiva e di altro, neuropatie periferiche tipo vertigini, atassia.
Polmonari: BPCO dispnea, ridotta capacità, Insufficienza polmonare di lavoro aerobico,restrittiva.
Psico-sociali: Abitudini alla sedentarietà, stato depressivo del tono dell’umore, riduzione alla
partecipazione alla vita sociale, supporti familiari carenti o iperprotettivi, solitudine, la presenza
di barriere architettoniche, la convinzione errata che il riposo a letto sia la migliore terapia per le
malattie che debilitano l’anziano.
- Malnutrizione: La malnutrizione è identificata come uno dei maggiori fattori di rischio intrinseci
nello sviluppo delle LDP. Lo stato nutrizionale può risultare seriamente compromesso in pazienti
anziani, nella cachessia neoplastica, nelle iperpiressie prolungate, nella riduzione della

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funzionalità dell'apparato digerente, nelle malattie croniche che determinano un incremento del
fabbisogno calorico -proteico e infine in caso di condizioni socio-economiche che hanno
ripercussioni nelle abitudini alimentari.
- Ipoalbuminemia: Una recente ricerca ha evidenziato che in pazienti (prevalentemente anziani)
con ipoalbuminemia (<3g/dL), ipoproteinemia (<6g/dL) e ipoleucocitemia (<1000/mm3), la
comparsa di LDP si verifica nella quasi totalità dei casi. La principale causa di ipoalbuminemia è la
malnutrizione che risulta essere il comune denominatore in quasi l'80% dei portatori di lesioni da
pressione.
· Iposideremia: altera la respirazione cellulare e la sintesi del collagene. Determina anemia
ipocromica e microcitica la quale può causare disturbi gastroenterici come stomatiti angolari,
atrofia, dolore linguale e malassorbimento. L'escrezione fisiologica del ferro avviene con le urine,
le feci, il sudore, la desquamazione di cellule intestinali, della cute, delle vie urinarie. Una
sideremia bassa si riscontra in diverse situazioni quali insufficiente apporto alimentare di ferro,
insufficiente assorbimento del minerale a livello intestinale, perdite eccessive di ferro.
Incontinenza: L'incontinenza, singola o doppia, danneggia la cute sana, provocando macerazione
e favorendo l'insorgenza di infezioni.
Stato immunitario: La soppressione delle difese immunitarie provoca una più facile insorgenza di
infezioni.

3.CLASSIFICAZIONE DELLE LDP


La classificazione delle lesioni da pressione può essere effettuata valutando:
 la perdita di tessuto e la morfologia
 il colore
 l'essudato.
Per la gravità del problema socio-economico delle piaghe da decubito in U.S.A. nel 1989, si è
costituito il National Pressure Ulcer Advisory Panel (N.P.U.A.P.), con il compito di regolamentare
le ricerche e soprattutto gli indirizzi terapeutici: una delle prime iniziative è stata quella di
proporre una classificazione in quattro stadi. Nel 1996 nasce l' European Pressure Ulcer Advisory
Panel (E.P.U.A.P.) che propone una propria classificazione allo scopo di uniformare i
comportamenti e il linguaggio nel continente.

3.1.STADIAZIONE NPUAP/EPUAP
Il panel che ha elaborato la linea guida NPUAP/EPUAP ha tentato di trovare un vocabolo comune
per indicare lo stadio o il grado, per questo è stato proposto un termine neutrale come
“categoria” in sostituzione di “stadio” o “grado”. Sebbene possa risultare poco familiare o
significativo per chi è abituato ad altre definizioni, “categoria” ha il vantaggio di non avere una
valenza gerarchica, cosa che permette di liberarci dall’erroneo concetto che la LdP “passi dal I al

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IV” e “guarisca dal IV al I”. Con la consapevolezza che “stadio” e “grado” sono parole familiari, il
panel ha proposto di utilizzare qualsiasi termine (es., stadio, grado, categoria) che sia il più chiaro
e comprensibile possibile. Il vantaggio maggiore consiste nel fatto che le attuali definizioni di LdP
e dei livelli di danno cutaneo-tessutale sono le stesse, anche se alcuni potrebbero classificare le
LdP in stadi e altri in gradi o categorie. Il panel ha concordato 4 livelli di danno. Partendo dal
presupposto che i termini non classificabile/non stadiabile e danno dei tessuti profondi in Europa
sono classificati generalmente come “grado/stadio IV”, NPUAP ha convenuto di metterli a parte
nel testo della linea guida. Questa differenza rappresenta una problematica al momento di
comparare i dati tra le diverse nazioni.

STADIO I°: (Categoria I) Eritema non sbiancante


Cute intatta con eritema non sbiancante di un’area localizzata generalmente in corrispondenza
di una prominenza ossea. Nella cute di pelle scura lo sbiancamento potrebbe non essere
osservabile e individuabile; il suo colore può differire dall’area circostante. L’area può essere
dolente, dura, molle, più calda o più fredda in confronto al tessuto adiacente. Può essere il primo
segno di rischio.

STADIO II°: (Categoria II) Spessore parziale


Perdita di spessore parziale del derma che si presenta come un’ulcera aperta superficiale con un
letto di ferita rosa, senza slough. Può anche presentarsi come vescicola intatta o aperta/rotta
ripiena di siero o di siero e sangue(FLITTENE). Si presenta come un’ulcera lucida o asciutta, priva
di slough o ematoma* . Questa categoria non dovrebbe essere usata per descrivere skin tears
(lacerazioni cutanee da strappamento), ustioni da cerotto, dermatiti associate all’incontinenza,
macerazione o escoriazione.
* L’ematoma indica danno tessutale profondo.

STADIO III°: (Categoria III) Perdita di cute a tutto spessore


Perdita di cute a tutto spessore. Il tessuto adiposo sottocutaneo può essere visibile, ma l’osso, il
tendine o il muscolo non sono esposti. Può essere presente slough, ma senza nascondere la
profondità della perdita tessutale. Può includere tratti sottominati e tunnellizzati. La profondità
di una ldp di Categoria/Stadio III varia a seconda della posizione anatomica. Le narici del naso,
l’orecchio, l’occipite e il malleolo non sono dotati di tessuto sottocutaneo (adipe) e le ulcere di
Categoria/Stadio III possono essere superficiali. Al contrario, aree con significativa adiposità
possono sviluppare ldp di Categoria/Stadio III molto profonde. Osso/tendine non sono visibili o
direttamente palpabili.

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STADIO IV°: (Categoria IV) Perdita tessutale a tutto spessore


Perdita di tessuto a tutto spessore con esposizione di osso, tendine o muscolo. Potrebbero
essere presenti slough o escara. Spesso include sottominatura e tunnellizzazione.
La profondità di una LDP di Categoria/Stadio IV varia a seconda della regione anatomica.
Le narici del naso, l’orecchio, l’occipite e i malleoli non hanno tessuto (adiposo) sottocutaneo, e
queste ulcere possono essere superficiali. Le UDP di Categoria/Stadio IV possono estendersi a
muscoli e\o strutture di supporto (es., fascia, tendine o capsula articolare) rendendo probabile
l’osteomielite o l’osteite. Ossa \tendine sono esposti, visibili o direttamente palpabili.

Non Stadiabile: Profondità Ignota


Perdita di tessuto a tutto spessore in cui la base dell’ulcera è ricoperta da slough (di color giallo,
beige, grigiastro, verde o marrone) e/o escara (di color beige, marrone o nero) presenti nel letto
dell’ulcera. Fino a quando lo slough e/o l’escara non vengono rimossi in misura sufficiente da
esporre la base dell’ulcera, non è possibile determinare la reale profondità e conseguentemente
la Categoria/Stadio. Un’escara stabile (secca, adesa, integra, senza eritema o fluttuazione)
localizzata sui talloni ha la funzione di “naturale (biologica) copertura del corpo” e non dovrebbe
essere rimossa.

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3.2.CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONI DA PRESSIONE IN BASE AL COLORE


La classificazione in base al colore è utile come criterio di valutazione e trattamento diretto.
Vengono identificati:

LESIONE GIALLA: il tessuto devitalizzato può presentarsi anche sotto forma di slough(necrosi
umida), un materiale che aderisce al letto della lesione in filamenti o in ammassi ispessiti o che è
mucillaginoso. Nella lesione gialla il letto dell'ulcera appare di colore giallo, beige o biancastro a
seconda della variabilità della combinazione dei comportamenti dello slough, un mix di tessuti
devitalizzati, materiale cellulare di sfaldamento, essudato, leucociti e batteri. Se è presente una
grande quantità di globuli bianchi, lo slough tende ad assumere un'aspetto cremoso.

Obiettivo: rimuovere i tessuti non vitali; ridurre la carica batterica; controllare l’essudato.

LESIONE VERDE: Indica la presenza di infezione. Le lesioni possono complicarsi con infezioni che
possono diffondersi ai tessuti profondi causando celluliti, fasciti necrotizzanti, osteomieliti,
batteriemie associate a rischio di mortalità. Le manifestazioni cliniche delle infezioni delle lesioni
da pressione possono essere estremamente variabili e vanno dal ritardo nella cicatrizzazione alla
presenza di intenso eritema, calore, tensione locale con crepitio dei tessuti sottostanti,
secrezione purulenta, cattivo odore, ai segni sistemici della sepsi e dello shock settico.

Obiettivo: ridurre la carica batterica; trattare l’infezione.

LESIONE ROSSA: Indica il tessuto di granulazione. Il letto della lesione appare di colore rosso
grazie alla presenza di tessuto di granulazione. Il tessuto di granulazione “sano” ha un aspetto
umido, a bottoncini; essendo molto vascolarizzato assume un colore rosso vivo o rosa profondo,
stante ad indicare che la cicatrizzazione sta progredendo normalmente.
La lesione “rossa” è ricoperta di tessuto di color rosa intenso/rosso.

Obiettivo: mantenere la ferita detersa e protetta; fornire un ambiente umido di guarigione.

LESIONE NERA: Indica la necrosi secca. Quando un’area di tessuto è deprivata di un adeguato
apporto di ossigeno o nutrienti diviene non vitale. Il tessuto devitalizzato ha la tendenza a
disidratarsi, e via via che perde umidità forma uno strato ispessito, per lo più duro, coriaceo, di
color marrone o nero, che aderisce saldamente al letto della lesione o ai margini dell’ulcera. Il
tessuto disidratandosi si contrae, mettendo in tensione i tessuti circostanti e causando dolore.

Obiettivo: rimuovere i tessuti non vitali.

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LESIONE ROSA: Indica la riepitelizzazione. In questa fase, è possibile osservare aree di


riepitelizzazione di color rosa traslucido al di sopra del tessuto di granulazione, costituite da
cellule epiteliali migranti dai bordi dell’ulcera che avanzano in modo concentrico fino a unirsi. Il
neoepitelio, nelle lesioni a spessore parziale, si sviluppa anche sottoforma di isole all’interno
della superficie della lesione. Il colore indica la presenza di nuovo epitelio.

Obiettivo: mantenere la ferita detersa e protetta; fornire un ambiente umido di riepitelizzazione.

MISTO: Con il termine lesione “mista” si fa riferimento ad una ferita in cui sono presenti due o
più tipi di colori e altrettanti tipi di tessuti. In questo caso, scegliere il trattamento sulla base del
colore meno desiderabile tra quelli presenti.

3.3.CLASSIFICAZIONE IN BASE ALL’ESSUDATO

Aspetto del letto della ferita Essudato


Granulazione Fibrinoso Escara
A 100% - -
B 1 Sotto completo controllo. Essudato
scarso o minimo. Non è richiesta
50-100% + - una medicazione assorbente. Se
clinicamente accettabile, la
medicazione può rimanere in sede
fino a una
settimana
C 2 Sotto parziale controllo. Quantità
<50% + -
moderata. È
necessario cambiare la medicazione ogni 2-3
giorni
D 3 Fuori controllo. Ferita che produce molto
Assente + + essudato. È necessario cambiare la
medicazione assorbente almeno una volta
al giorno

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4. SCHEDA DI VALUTAZIONE
PUSH TOOL

Pressure Ulcer Scale for Healing (PUSH)


PUSH Tool 3.0
Nome del Paziente____________ Sede dell’ulcera ___________Data

Istruzioni
Osservare e misurare l’ulcera da pressione. Classificare l’ulcera relativ amente ad area di
estensione, essudato, e tipo di tessuto presente. Annotare il punteggio parziale per ciascuna
delle caratteristiche dell’ulcera. Sommare i punteggi parziali per ottenere il totale. La comparazione
dei punteggi totali rilevati nel corso del tempo fornirà un’indicazione del miglioramento o del
peggioramento nella guarigione dell’ulcera da pressione.

LUNGH. X 1 2 3 4 5 Punt.
LARGH. < 0,3 0,3-0,6 0,7-1,0 1,1-2,0 2,1- parziale
(in cm²) 0 3,0
0 6 7 8 9 10
3,1- 4,1-8,0 8,1-12,0 12,1- > 24,0
4,0 24,0
QUANTITÀ DI 0 1 2 3 Punt.
ESSUDATO nessuno scarso moderato abbondant parziale
e
TIPO 0 1 2 3 4 Punt.
DI TESSUTO chiuso tessuto tessuto di slough tessuto parziale
epiteliale granulazione necrotico
Punt.
totale

Lunghezza x Larghezza: Misurare la massima lunghezza (direzione dalla testa ai piedi) e la


massima larghezza (direzione da fianco a fianco) mediante un righello. Moltiplicare i due
valori (lunghezza x larghezza) per ottenere una stima dell’area di estensione in centimetr i
quadrati (cm²). AVVERTIMENTO: non approssimare! Utilizzare sempre lo stesso righello e lo
stesso metodo ogni volta che la lesione viene misurata.

Quantità di Essudato: Stimare la quantità di essudato (drenaggio) presente dopo aver


rimosso la medicazione e prima di applicare qualsiasi agente topico sulla lesione. Valutare
l’essudato come: assente, scarso, moderato, e abbondante.
Tipo di Tessuto: Si riferisce ai tipi di tessuto che sono presenti nel letto della lesione (ulcera). Assegnare un

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punteggio pari a “4” se è presente un qualsiasi tipo di tessuto necrotico. Assegnare un punteggio pari a
“3” se è presente una qualsiasi quantità di slough e se è assente tessuto necrotico. Assegnare un
punteggio pari a “2” se la lesione è detersa e contiene tessuto di granulazione. Ad una lesione
superficiale che sta riepitelizzando, deve essere assegnato un punteggio pari a “1”. Quando la lesione
è chiusa, deve essere assegnato un punteggio pari a “0.
4 - Tessuto Necrotico (Escara): tessuto di colore nero, marron e o marroncino che aderisce saldamente al
letto o ai margini dell’ulcera e potrebbe essere di consistenza più dura o più molle della cute
perilesionale.
3 - Slough: tessuto di colore giallo o biancastro che aderisce al letto della lesione in filamenti o in
ammassi ispessiti o che è mucillaginoso.
2 - Tessuto di Granulazione: tessuto di colore rosso o rosa intenso, dall’aspetto lucido, umido e
a ‘bottoncini’.
1 - Tessuto Epiteliale: neo-tessuto di color rosa smaltato che si sviluppa dai margini della lesi one o,
nelle lesioni superficiali, sottoforma di isole all’interno della superficie della lesione.
0 - Chiusa: una lesione che è completamente coperta di neo -epitelio

Pressure Ulcer Healing Chart


Per monitorare l’andamento dei punteggi nel PUSH nel corso del tempo
(Usare una pagina separata per ogni ulcera da pressione)
Nome del Paziente ________Paziente ID#
Sede dell’ulcera
Data
Istruzioni
Osservare e misurare l’ulcera da pressione ad intervalli regolari usando il PUSH Tool.
Annotare i punteggi parziali e totali, e relativa data, sul Pressure Ulcer Healing Record.

Pressure Ulcer Healing


Record
Data
Lungh.
x Largh.
Quantità
di
Essudato
Tipo di
Tessuto
Punt.tot. push
Inserire i punteggi totali del PUSH sul Pressure Ulcer Healing Graph.

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PUSH
Punt. Pressure Ulcer Healing Graph
Totale
17
16
15
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
Guarigion
e
=0
DATA

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5. MISURAZIONE DI UNA LDP

1. AREA (lunghezza x larghezza)


2. PROFONDITÀ
Misurare la profondità della LdP inserendo un tampone sterile nella parte più profonda della
lesione; contrassegnare con un pennarello la parte emergente del tampone all’altezza della cute del
paziente. Estrarre il tampone e misurare mediante un righello o una guida calibrata l’intervallo tra la
punta del tampone e il segno del pennarello.
3. ACQUISIZIONE DELL’IMMAGINE
La fotografia è un metodo comunemente utilizzato tra i professionisti sanitari per contribuire a
documentare la guarigione o la mancata guarigione di una ferita, che non deve sostituire la
valutazione eseguita al letto del paziente. Bisogna standardizzare l’acquisizione dell’immagine a
garanzia della fedele rappresentazione della condizione della lesione cutanea che ne consenta la
comparazione in modo affidabile nel tempo. Inoltre, si deve tutelare la privacy, la dignità e il
benessere del paziente.
I principali punti da prendere in considerazione sono:
- Ottenere il consenso informato dal paziente (o da un delegato legale).
- Definire le tempistiche delle fotografie
- Definire come preparare la ferita: stabilire se la ferita va detersa prima di effettuare la
fotografia.
- Attrezzatura / tecnica utilizzata: quando possibile, adottare lo stesso punto di osservazione,
la stessa angolazione e la stessa distanza dalla ferita.
- Considerare gli elementi che potrebbero alterare l’immagine acquisita (oltre ai precedenti,
ossia angolazione, distanza, punto di osservazione, tenere conto anche della luce, sfondo,
ecc)
- Quando possibile, utilizzare una griglia di misurazione o, in alternativa, un righello accanto
alla ferita in modo da avere un riferimento per le dimensioni
- Identificazione del paziente: determinare il tipo di informazioni ammissibili (es., data, iniziali
del paziente o altri sistemi di codifica per la corretta identificazione del soggetto fotografato)
- Accessibilità / archiviazione del materiale fotografico
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Guida ai livelli di prova e al grado delle raccomandazioni


(Secondo il Sistema Nazionale Linee Guida - SNLG)
Livello delle prove
I Prove ottenute da più studi controllati randomizzati e/o da revisioni sistematiche di studi
randomizzati.

II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato.

III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o
loro metanalisi.

IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso controllo o loro metanalisi.

V Prove ottenute da studi di casistica senza gruppo di controllo.

VI Prove basate sull’opinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti o basata su opinioni dei
membri del gruppo di lavoro responsabile delle linee guida.

Forza delle raccomandazioni


A L’esecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico è fortemente raccomandata.
Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche di buona qualità, anche se
non necessariamente di tipo I o II.

B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba sempre essere
raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata.

C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o


l’intervento.

D L’esecuzione della procedura non è raccomandata.

E Si sconsiglia fortemente l’esecuzione della procedura.

[]Migliore pratica raccomandata in base all’esperienza clinica del gruppo di sviluppo della Linea
Guida.
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6.TRATTAMENTO DELLA LESIONE


TAPPE PRINCIPALI PER IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI DA PRESSIONE
(Wound Bed Preparation):
 DETERSIONE
 SBRIGLIAMENTO
 MEDICAZIONE
 CONTROLLO DELL’INFEZIONE

1.Detersione
Come e quando eseguire la detersione delle LdP?
La lesione generalmente deve essere detersa ad ogni cambio della medicazione.
La detersione della lesione permette l’eliminazione di detriti metabolici, essudato, tessuto non
vitale e residui della vecchia medicazione. Deve essere eseguita generalmente ad ogni cambio di
medicazione: ciò favorisce la diluizione della carica batterica presente che può essere
causa/favorire l’infezione.
Detergere la lesione irrigandola con soluzione fisiologica sterile, acqua sterile o ringer lattato o
altro detergente non citotossico. [B]
In condizioni particolari (ad esempio durante le cure igieniche del soggetto), può essere
utilizzata l’acqua del rubinetto potabile. La soluzione detergente deve essere riscaldata ad una
temperatura intorno ai 30°. []Raccomandazione 13.1
Per la detersione deve essere utilizzata una pressione sufficiente per pulire la lesione senza
traumatizzarla. [C] Un'efficace pulizia e lo sbrigliamento minimizzano la colonizzazione batterica
della lesione. [A] Una lesione pulita dovrebbe mostrare l’inizio del processo di guarigione entro 2
settimane. Se ciò non avviene è opportuno rivalutare complessivamente il piano di trattamento
ed anche il grado di adesione ad esso. [C]
Diversi studi hanno confrontato la detersione della ferita effettuata con soluzione fisiologica,
acqua sterile, ringer lattato o acqua potabile e non hanno dimostrato rilevanti differenze nella
prevenzione delle infezioni tuttavia la scelta del tipo di detergente dovrebbe tener conto del
setting di cura ed orientarsi, per i pazienti che si trovano in regime di ricovero, verso l’utilizzo di
soluzioni sterili che permettono la prevenzione della trasmissione di infezioni crociate.
È documentato da diversi studi clinici che l’allontanamento di elementi che possono interferire
con la guarigione della lesione permetta una più veloce riparazione tissutale, in ogni caso è
importante ricordare che la temperatura della soluzione detergente deve essere mantenuta al
momento del suo utilizzo intorno ai 30°: utilizzando una soluzione più fredda, si verifica un
blocco della rigenerazione tessutale con una inattività che può perdurare anche per alcune ore.
La pressione di irrigazione deve essere efficace e permettere la rimozione di essudato e prodotti
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metabolici della ferita senza però essere troppo aggressiva e danneggiare l’eventuale tessuto di
granulazione. Per questi scopo si consiglia l’utilizzo di una siringa da 50 ml e ago da 19G , irrigare
la lesione con 100 – 150 ml di soluzione o comunque con una quantità di soluzione tale da
permettere la pulizia della lesione stessa.
Raccomandazione 1
Per la detersione NON è raccomandato l'uso routinario di agenti quali ad es. iodopovidone,
ipoclorito di sodio, clorexidina, o di soluzioni a base di perossido di idrogeno, acido acetico. [E]
non utilizzare:
- acqua ossigenata, in quanto distrugge le cellule in fase di riepitelizzazione fino al 50%.
- iodio povidone, per la possibile attività citotossica sui fibroblasti, per la comparsa di
reazioni di ipersensibilità e per il rischio di scatenare tireotossicosi.
- cetrimide e ipoclorito di sodio, per l’attività citotossica.
- alcool etilico, perché è irritante e provoca secchezza della cute.
- nitrato d’argento, perché è irritante e conferisce una colorazione bruna alla cute.
Nei casi in cui sia richiesta la disinfezione, l’antisettico da preferire è la clorexidina gluconato
in soluzione acquosa allo 0,05%, dotata di una buona attività antisettica, un’ottima tollerabilità e
bassa citotossicità.
La detersione delle lesioni deve avvenire mediante l’impiego di soluzioni non citotossiche
poiché il suo scopo non è quello di sterilizzare la lesione, ma di allontanare i tessuti
devitalizzati, i detriti metabolici e gli agenti topici che possono ritardarne la guarigione; la
diluizione produrrà inoltre una riduzione della carica batterica. La pulizia di routine della
lesione dovrebbe essere condotta riducendo al minimo i traumi chimici e meccanici e quindi
evitando l’utilizzo di prodotti chimici quali gli antisettici.
Le Linee Guida internazionali, raccomandano di non utilizzare gli antisettici topici allo scopo di
ridurre la carica batterica nelle lesioni. Vengono inoltre riportati vari studi in cui sono stati
documentati gli effetti tossici dell’esposizione agli antisettici da parte delle cellule del tessuto di
granulazione e vi sono evidenze relative allo sviluppo di resistenze da parte dei microrganismi
agli agenti antisettici quando impiegati in maniera continuativa ed inappropriata.
Sulle lesioni da pressione NON utilizzare mai agenti colorati come mercurocromo
(merobromina), eosina, fuxina fenica (tintura rubra di Castellani), violetto di genziana (cristal
violetto). [E]
L’utilizzo di soluzioni colorate:
 blocca la possibilità di una corretta valutazione della lesione
 la possibilità di impostare un piano di trattamento adeguato
 la possibilità di riconoscere precocemente alcuni dei principali segni di infezione
 può creare traumatismi sul fondo della lesione a causa della difficoltà di rimozione.
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Di per sè basterebbero già questi presupposti per sconsigliare l’utilizzo delle soluzioni citate nella
raccomandazione ma a fronte di ciò, va sottolineato che l’FDA (Food and Drug Administration
USA) ha ritirato questi prodotti dal commercio in quanto teratogeni sulle cavie.

2. Sbrigliamento
Come e quando eseguire lo sbrigliamento delle lesioni da pressione?
Il tessuto necrotico va sempre rimosso mediante sbrigliamento, in conformità agli obiettivi
individuati per il soggetto. []
Selezionare il metodo di sbrigliamento più adeguato rispetto alle condizioni del soggetto e agli
obiettivi del trattamento (tipo, quantità e localizzazione dei tessuti necrotici, profondità della
lesione e quantità di essudato). []
Le tecniche di sbrigliamento che il panel ritiene applicabili nella nostra realtà sono: []
- Sbrigliamento autolitico.
- Sbrigliamento enzimatico.
- Sbrigliamento chirurgico.
Raccomandazione 16.4
Lo sbrigliamento chirurgico è indicato: []
- quando vi è urgenza di rimuovere il tessuto necrotico;
- in presenza di lesioni profonde;
- in presenza di cellulite nell’area circostante la necrosi o sepsi.
Lo sbrigliamento chirurgico deve avvenire con tecnica sterile. [C].
In occasione dello sbrigliamento chirurgico controllare il dolore associato a questa tecnica. []
La rimozione del tessuto necrotico (debridement o sbrigliamento ha l’obiettivo di ridurre i rischi a
cui la lesione può andare incontro per la presenza in sede di materiale devitalizzato. L’ablazione
dei tessuti necrotici o devitalizzati (escara nera e/o slough) corregge l’ambiente di guarigione
della lesione diminuendo la carica batterica e riducendo il rischio di diffusione dell’infezione.
La selezione delle specifiche metodiche di debridement dovrebbe essere decisa in base alle
condizioni cliniche dell’assistito, e tenere conto delle preferenze del paziente e del caregiver.
Altri fattori da considerare sono: il tipo, la qualità, la profondità e la localizzazione dei tessuti
necrotici. È necessario compiere una distinzione tra tessuti necrotici superficiali e tessuti
necrotici profondi. È preferibile rimuovere il tessuto devitalizzato il più rapidamente possibile,
tuttavia le contingenze cliniche influiscono sulla scelta della metodica da adottare.
Il debridement chirurgico permette di rimuovere il tessuto necrotico attraverso l’uso di bisturi,
forbici o di altri strumenti taglienti. I vantaggi di questa tecnica sono l’immediatezza del risultato
e la velocità di risposta nei confronti del rischio di infezione. Di conseguenza, il debridement
chirurgico costituisce la metodica preferenziale per il trattamento della necrosi quando è
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circondata da cellulite o quando è presente uno stato settico, poiché permette di eliminare la
sorgente dell’infezione. Tuttavia, lo sbrigliamento chirurgico causa sanguinamento e può
necessitare di un’anestesia locale(per le lesioni di IV stadio), ed è potenzialmente in grado di
arrecare danni ai tessuti nervosi o ad altri tessuti vitali limitrofi alla lesione. Questo tipo di
debridement deve essere effettuato con tecnica asettica e materiale sterile, in idoneo contesto
clinico e va ricordato che essendo una procedura che può comportare dei rischi dovrebbe essere
intrapreso con discernimento, ed eseguito da un professionista con una specifica formazione ed
esperienza.
Il debridement autolitico: è caratterizzato dalla dissoluzione spontanea del tessuto devitalizzato
attraverso l’azione di enzimi prodotti dalla lesione stessa. Per favorire l’autolisi è necessario
creare un ambiente umido nell’interfaccia tra medicazione e fondo della lesione mediante
l’applicazione di idrogel sul tessuto necrotico e coprendo poi con medicazioni avanzate come
idrocolloide, film o schiuma di poliuretano. Queste medicazioni facilitano l’azione dei fagociti, la
detersione spontanea e la formazione di tessuto di granulazione. Non dovrebbe essere utilizzato
in caso di lesioni infette in quanto le medicazioni utilizzate per questo tipo di sbrigliamento
possono costituire una medicazione occlusiva
Il debridement enzimatico si avvale dell’utilizzo di enzimi proteolitici quali ad esempio la
collagenasi, la fibrinolisina e la papaina-urea; può essere effettuato in alternativa allo
sbrigliamento autolitico quando lo sbrigliamento chirurgico non trova indicazioni.
In determinate circostanze tuttavia, il debridement enzimatico potrebbe non essere indicato: per
esempio in caso di intolleranza degli enzimi proteolitici o in caso di utilizzo contemporaneo di
antisettici, metalli pesanti, detergenti e saponi; in questo caso l’associazione dei diversi prodotti
infatti inibisce l’attività enzimatica degli enzimi proteolitici. Vengono impiegati prodotti presenti
in commercio sottoforma di pomate o liquidi a base di enzimi di origine batterica, animale o
vegetale. Agiscono rompendo i ponti di collagene denaturato, facilitando così la rimozione dei
frammenti necrotici. Vanno utilizzati esclusivamente per un tempo medio di 8-12 ore per
collagenasi e proteasi specifiche. Di notevole importanza sarà attuare una metodica di
protezione della cute circostante all'azione di queste pomate, per non causare la macerazione
della cute sana, poiché il prodotto non è in grado di distinguere tessuto vitale e non.
Possono essere utilizzati in associazione a medicazione secondaria non aderente (garza grassa)
per ridurre il traumatismo alla rimozione; sono attivi in ambiente umido e vengono inattivati da
acqua ossigenata ed antisettici e non devono essere impiegati su lesioni infette. L’applicazione
del prodotto, in strato sottile, va rinnovata dopo lavaggio con soluzione di Ringer lattato o
Soluzione fisiologica, 1 o 2 volte al dì, conformemente al prodotto impiegato.

La scelta se effettuare un debridement autolitico o enzimatico va fatta dal professionista in


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relazione alla valutazione generale delle condizioni cliniche del soggetto e del piano di cura che si
è definito con l’utente o con i famigliari. Fanno parte della valutazione anche i tempi di
permanenza del prodotto in base alle sue caratteristiche, in relazione alle singole specificità delle
unità assistenziali. Va infine ricordato che gli enzimi proteolitici sono registrati come specialità
farmacologiche ed in quanto tali il loro utilizzo è soggetto a prescrizione medica; questi farmaci
inoltre sviluppano interazioni con alcuni antisettici od altri agenti topici.
Quando si utilizzano agenti per lo sbrigliamento è consigliata la protezione del bordo
perilesionale con creme dermoprotettive per evitare macerazione/erosione della cute
perilesionale.
Secondo alcuni autori viene consigliata una iniziale rimozione chirurgica del tessuto devitalizzato,
seguita da sbrigliamento autolitico o enzimatico per una completa pulizia del fondo della lesione.
Oltre all’azione sulla lesione devono sempre essere effettuati la valutazione/trattamento del
dolore associato allo sbrigliamento e quando ritenuto opportuno si dovrò valutare, con il
responsabile terapeutico se somministrare analgesicI.
Raccomandazione 17
In caso di lesione secca del calcagno, la necrosi NON va rimossa in assenza di: edema, eritema,
fluttuazione o secrezione. Programmare una osservazione quotidiana dell’area e qualora
questi segni comparissero si deve procedere allo sbrigliamento.

Il tallone nell’ambito della sua struttura anatomica è costituito oltre che dal calcagno anche da
tessuto connettivo entro il quale si connettono giunzioni di setti, derma reticolare e periostio.
Quattro arterie apportano sangue al tallone formando una ricca rete di vasi che
si insinuano nei setti fibrosi tra il periostio ed il plesso sotto ipodermico. I setti creano dei
compartimenti avascolari di adipe vulnerabili all’ischemia. Il tallone inoltre ha una ridotta
superficie di contatto ed una scarsa quantità di tessuto sottocutaneo per cui la pressione viene
esercitata direttamente sull’osso. Sulla base di questi presupposti anatomici si comprende
perché le lesioni da pressione al tallone impegnano notevolmente i prestatori di cure ed i
pazienti, sia in termini di prevenzione che di trattamento. La presenza di una scarsa
vascolarizzazione determina inoltre un allungamento dei tempi di guarigione ed un intervento di
debridement potrebbe reliquare in esiti invalidanti per la deambulazione.
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Sbrigliamento
3.Scelta della medicazione
Quali medicazioni utilizzare e con quali caratteristiche?

Utilizzare una medicazione che mantenga umido il fondo della lesione. [A]
La medicazione deve avere le seguenti caratteristiche: []
- mantenere un ambiente umido;
- controllare l’essudato mantenendo il letto della lesione umido e la cute circostante asciutta e
integra;
- fornire l’isolamento termico e mantenere stabile la temperatura della lesione;
- proteggere la lesione dalla contaminazione di microrganismi esogeni;
- mantenersi integra senza rilasciare fibre né corpi estranei all’interno della lesione;
- non causare traumi alla lesione al momento della sua rimozione;
- essere facile da usare ed economica sul piano dei costi e del tempo.
Raccomandazione 18.2
La medicazione di routine delle lesioni da LdP non infetta può essere effettuata con tecnica pulita
e non richiede l’uso di materiale sterile. []
Alcune delle funzioni basilari delle medicazioni consistono nel:
- proteggere la lesione/ferita da contaminazioni e traumatismi;
- fornire compressione in caso di edema o sanguinamento;
- applicare trattamenti farmacologici topici;
- assorbire l’essudato o sbrigliare i tessuti necrotici.
L’avvento delle medicazioni interattive ha permesso lo sviluppo di prodotti che agiscono in
funzione dell’interazione tra letto della ferita e il suo materiale di copertura in modo da creare un
micro ambiente umido e promuoverne la guarigione in tempi più veloci e con minor rischio di
complicanze.
Per questo motivo la gestione delle lesioni da pressione, dovrebbe prevedere l’uso di
medicazioni in grado di creare un microambiente umido definite comunemente “medicazioni
avanzate” in contrapposizione alle “medicazioni tradizionali” che utilizzano la modalità
dell’essiccamento come tipologia di trattamento topico. Ciò è confermato anche da numerosi
studi e da revisioni sistematiche. Gli effetti benefici della guarigione in ambiente umido sono ben
documentati in letteratura per diversi tipi di lesioni, sia acute sia croniche.
Inoltre, alcuni studi hanno riportato una riduzione nel dispendio di tempo del caregiver ed un
ottimo rapporto costo/efficacia. Esistono svariati criteri da tenere in considerazione nella
selezione di una medicazione interattiva:
- il rischio di indurre la macerazione dei tessuti perilesionali, dato che questo fenomeno è
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associato ad un allungamento dei tempi di guarigione.


- La capacità di indurre un controllo dell’essudato della lesione, che implica il mantenere da un
lato il letto della lesione umido e dall’altro la cute circostante asciutta e integra .
- il numero dei cambi che la medicazione richiede, in riferimento alle risorse umane ed
economiche disponibili, alla compliance e qualità della vita del paziente.
- i costi e i tempi necessari per la gestione della medicazione sia al momento del
confezionamento, sia in relazione al numero dei cambi che quella medicazione richiede, in
rapporto anche alle risorse umane ed economiche disponibili, alla compliance e alla qualità della
vita del paziente.

Attualmente la ricerca non fornisce prove di efficacia conclusive in merito a quale medicazione
sia la più efficace nella gestione delle LdP. [B]
Il panel raccomanda di creare un ambiente di guarigione ottimale avvalendosi come medicazione
primaria di: []
- Idrocolloidi o idrogel o film o silicone morbido per le lesioni poco essudanti o con escara.
- Idrofibra o schiuma di poliuretano semplice o con strato di contatto al silicone o alginato per le
lesioni mediamente o molto essudanti.
Raccomandazione 19.2
In presenza di perdita di sostanza è consigliabile riempire lo spazio vuoto con uno zaffo morbido.
Le modalità di fissaggio della medicazione primaria devono tener conto dello stato della cute
perilesionale e della sede anatomica della lesione. []Raccomandazione 19.4
Proteggere le lesioni da pressione da fonti di contaminazione. []
Raccomandazione 19.5
Le medicazioni dovrebbero essere lasciate in sede per il maggior tempo possibile in rapporto
all’andamento clinico e alle specifiche del prodotto. La rimozione frequente può danneggiare il
fondo della lesione. [B]
Il prodotto che il professionista sceglie per il trattamento della lesione deve avere la capacità di
gestire l’essudato (può essere necessario sostituirlo con un altro con capacità di assorbimento
diverso quando si modificano le caratteristiche della lesione).
Un altro criterio di trattamento riguarda le tempistiche relative ai cambi di medicazione. Nel caso
di utilizzo di medicazioni avanzate in molte situazioni cliniche non è necessario provvedere
quotidianamente alla loro sostituzione ( I tempi di cambio delle medicazione vanno definiti sulla
base della valutazione del paziente, della lesione e del tipo di medicazione utilizzata).
L’allungamento dei tempi di sostituzione della medicazione favorisce il mantenimento del
microclima e della lesione, stimolando e velocizzando il processo di guarigione che viene invece
allungato in caso di cambi di medicazione frequenti.
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Vi sono dei limiti/controindicazioni all’utilizzo delle medicazioni avanzate quali ad esempio:


 lesioni localizzate nella zona sacrale e qualora il paziente presenti diarrea profusa;
 tumori cutanei/lesioni neoplastiche;
 sanguinamento post escarectomia.

4.Controllo dell’infezione
Come fare diagnosi di infezione nelle lesioni da pressione e come gestire le lesioni infette?
Raccomandazione 20
La diagnosi di infezione di una lesione da pressione è clinica. []
La diagnosi di infezione locale si effettua rilevando/valutando la presenza di almeno 2 dei
seguenti parametri: []
- Dolore e arrossamento della cute perilesionale;
- Edema dei tessuti perilesionali;
- Aumento dell’essudato;
- Secrezione purulenta;
- Tessuto di granulazione friabile;
- Ipergranulazione;
- Cattivo odore;
- Calore;
- Nuove aree di slough;
- Aumento delle dimensioni della lesione.comandazione 20.2
La positività del tampone della lesione NON rappresenta un criterio per sospettare/diagnosticare
un’infezione. []
A conferma del sospetto diagnostico le tecniche colturali raccomandate sono: []
 Esame colturale del materiale bioptico;
 Esame colturale dell’essudato;
Tutte le lesioni croniche sono contaminate, ciò nonostante non tutte le lesioni croniche
svilupperanno inevitabilmente un’infezione, perfino nel caso in cui la lesione sia pesantemente
colonizzata.
La diagnosi precoce di infezione di una lesione da pressione è difficile e richiede un alto livello di
sospetto clinico. In presenza di un’infezione, aumenta la possibilità di ulteriori complicanze quali
osteomielite e batteriemia. Lo sviluppo di una infezione dipende dalla virulenza del
microrganismo, dall’immunocompetenza dell’ospite, dall’interazione fra ospite e agente
patogeno che non sempre si traducono in una forma patologica: la valutazione microbiologica da
sola non rappresenta un metodo affidabile per la diagnosi di infezione di una lesione, ma è
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necessaria anche una valutazione completa dello stato psico/fisico/sociale del paziente.
La carica batterica nelle lesioni da pressione è tipicamente alta anche in assenza di infezione e
poiché il letto della ferita è spesso abbondantemente contaminato, l’esecuzione di indagini
microbiologiche non è idonea e spesso fuorviante per fare diagnosi di infezione in atto.
Nelle lesioni da pressione quindi le colture ricavate da tamponi superficiali generalmente
riflettono la colonizzazione batterica piuttosto che il microrganismo responsabile dell’infezione.
Anche gli ago aspirati e le colture di osso o di altri campioni dei tessuti profondi, seppur più
attendibili non dovrebbero essere utilizzati come unico criterio per la diagnosi di infezione.
Lo sviluppo di criteri clinici per la diagnosi d’infezione nelle lesioni da pressione fatta eccezione
per i classici segni e sintomi, è stato definito attraverso la formulazione del consenso con la
tecnica Delphi dallo EWMA (European Wound Management Association) che stabilisce che la
valutazione dell’infezione si basa sulla individuazione dei segni classici (eritema, edema, aumento
della temperatura e dolore) e sulla individuazione di ulteriori criteri quali:
 Aumento del dolore/cambiamento della tipologia del dolore: le lesioni da pressione
possono provocare dolore localizzato e, se infette, spesso il dolore tende ad aumentare.
E’ probabile che in caso di ferita infetta, anche il tipo di dolore cambierà in seguito alla
risposta immunologica.
 Peggioramento della ferita/arresto nel processo di guarigione nonostante misure
appropriate/espansione di una ferita nonostante lo scarico pressorio: un’infezione può
interrompere il normale processo di guarigione di una ferita. Questo è dovuto alla
produzione di un metabolismo competitivo, di tossine distruttive, alla replicazione
intracellulare o alle risposte antigene-anticorpo.
 Odore sgradevole o ‘maleodore’: il cattivo odore non è stato classificato come sintomo di
prima rilevanza da parte del panel di esperti per le lesioni da pressione dello studio Delfi.
Questa osservazione può essere dovuta al fatto che l’odore può essere presente anche in
assenza di infezione, sebbene un odore netto sia associato alla degradazione delle
proteine ad opera di specifici batteri.
 Tessuto di granulazione: sebbene il tessuto di granulazione diventi friabile in presenza di
una ferita infetta, riconoscere ciò diventa molto difficile clinicamente a causa della
scarsità di tessuto di granulazione o della presenza di un’ipergranulazione provocata da
sollecitazioni e da frizione.
La medicazione della lesione infetta deve avvenire con tecnica e materiale sterile evitando
l’utilizzo di medicazioni occlusive. []
Il trattamento dell’infezione (anche quando presente biofilm) deve avvenire attraverso la
detersione/sbrigliamento della lesione. [A]
La somministrazione di antibiotici per via generale deve avvenire quando sono presenti segni
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di progressione locale dell’infezione o segni clinici di infezione sistemica (ad esempio, cellulite,
osteomielite o sepsi ecc.). [A]
Quando è presente una colonizzazione critica o infezione andrebbe considerato l’utilizzo topico
di: [C]
- medicazioni avanzate a base di argento;
- medicazioni non aderenti a base di argento;
- crema a base di sulfadiazina d’argento.
Quando si medicano più lesioni di uno stesso soggetto lasciare per ultima la più contaminata. [C]
In presenza di secrezione purulenta e/o maleodorante, effettuare la detersione/medicazione con
maggiore frequenza e valutare l’opportunità di effettuare con urgenza lo sbrigliamento o la
toilette chirurgica. [C]
Non è raccomandato l’uso routinario di antisettici per ridurre la carica batterica della lesione.
[E]
Tuttavia in presenza di colonizzazione critica o infezione e/o biofilm, l’applicazione topica di
antisettici a base di iodiopovidone, clorexidina, ipoclorito di sodio, detergenti commerciali,
andrebbe considerato. [C]
NON è raccomandato l’utilizzo topico di: [E]
 garza iodoformica in quanto la sua efficacia clinica non è stata stabilita da evidenze
certe;
 antibiotici in quanto inefficaci per via topica con aumento del rischio di sviluppare
resistenze.
Il trattamento dell’infezione di una lesione da pressione viene espletato attraverso la detersione
della lesione, il debridement e la somministrazione per via sistemica di antibiotici, quando
indicato dalla situazione clinica. Generalmente gli antibiotici per via sistemica non sono necessari
per le lesioni da pressione che presentano esclusivamente segni clinici di infezione locale.
Tuttavia, ci sono delle eccezioni in cui potrebbe essere preso in considerazione il ricorso ad
antibiotici sistemici in presenza di lesioni con infezione locale, laddove la virulenza del
microrganismo e la compromissione delle difese dell’organismo-ospite lo rendano opportuno.
Le indicazioni alla somministrazione di antibiotici per via sistemica includono:
 gestione dei pazienti con batteriemia;
 sepsi;
 cellulite in fase di progressione;
 osteomielite.
La medicazione delle lesioni infette deve essere effettuata rispettando le norme generali di
asepsi ed antisepsi, intensificando le precauzioni al fine di evitare di contaminare altre lesioni di
cui il paziente sia eventualmente portatore e/o altri pazienti.
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La scelta del trattamento deve essere fatta evitando l’utilizzo di medicazioni occlusive ma
orientandosi, quando indicato, attraverso la valutazione globale del paziente e della lesione,
verso l’utilizzo di medicazioni in grado di controllare la carica batterica locale quali ad esempio le
medicazioni contenenti argento e/o quelle contenenti soluzioni antisettiche.
L’utilizzo della garza iodoformica è controindicato in quanto questo tipo di medicazione non
garantisce la formazione di un microambiente umido nell’interfaccia tra fondo della ferita e
medicazione, è dolorosa la sua rimozione, e può causare fenomeni di
sensibilizzazione/assorbimento, infatti sono descritti casi di tossicità, stimolazione di vomito e
tachicardia. Gli antisettici quando applicati, devono essere lasciati in sede il tempo necessario ad
esplicare la loro azione battericida (le tempistiche corrette sono indicate dal produttore).
Al termine di questo periodo devono essere rimossi con soluzione fisiologica in quanto il loro
potere battericida è stato espletato e la loro permanenza in situ potrebbe favorire lo sviluppo di
fenomeni di sensibilizzazione/tossicità, inoltre, alcuni di questi interagiscono con alcune
medicazioni come ad esempio le medicazioni all’argento.
In particolari situazioni quando ad esempio la lesione presenta colonizzazione critica e/o biofilm
e/o segni di infiammazione, può essere utile prendere in considerazione l’utilizzo di detergenti
commerciali non istolesivi in quanto l’azione dei tensioattivi che fanno parte della composizione
di questa tipologia di prodotti permette una detersione sufficientemente aggressiva senza che
però la stessa interferisca nel processo di guarigione.

7. Il TIME
L’acronimo TIME (dall’inglese Tissue, Infection or Inflammation, Moisture imbalance, Epidermal
margin) è stato ideato per aiutare il personale medico e non medico a inquadrare meglio i
principi della preparazione del letto della ferita o Wound Bed Preparation (WBP).
Facendo ricorso al TIME, l’operatore che si occupa della gestione di una lesione cronica riuscirà a
effettuare una revisione sistematica di tutte le caratteristiche obiettivabili della lesione stessa,
individuando agevolmente gli elementi da correggere e gli interventi più appropriati per una
efficace preparazione del letto della ferita che porti a rimuovere le barriere che impediscono la
guarigione. Il TIME ha lo scopo di fornire al clinico una guida pratica per ricordare il processo
della Wound Bed Preparation, la strategia volta ad accelerare la naturale guarigione delle ferite
croniche o a facilitare l’efficacia di eventuali misure terapeutiche.
La WBP comporta la gestione del paziente con ulcera cronica secondo un approccio olistico, in
cui il trattamento locale della lesione non può prescindere dalla valutazione dello stato di salute
globale del paziente. Per accelerare i processi endogeni di riparazione tessutale occorre eliminare
le barriere che li ostacolano, oltre che mantenere un corretto equilibrio biochimico all’interno
della lesione. Tale obiettivo è raggiungibile esclusivamente attraverso una valida preparazione
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del letto della ferita. Il TIME permette di concentrarsi sulle tappe patogenetiche fondamentali
della lesione cronica e di apportare le misure terapeutiche che servono a convertirne l’ambiente
cellulare e molecolare in quello di una ferita avviata alla guarigione. Il TIME consente di scindere
tutti i vari aspetti del trattamento della ferita nelle componenti individuali, focalizzando secondo
un approccio coordinato tutti gli elementi critici per la guarigione dell’ulcera quali il
debridement, il bilancio batterico e la gestione dell’essudato, pur mantenendo una visione
globale dell’obiettivo che si intende raggiungere.

Rivalutazione della ferita


I principi TIME devono essere utilizzati come una checklist per controllare di aver effettuato tutti
gli interventi appropriati:
 si è proceduto al debridement di tutto il tessuto necrotico?
 il letto della ferita è ben vascolarizzato?
 l’infezione è tenuta sotto controllo?
 l’infiammazione è sotto controllo?
 è stato corretto lo squilibrio dei fluidi?
 quali medicazioni sono state applicate?
Nota bene
In assenza di un approccio globale al paziente che preveda, oltre al trattamento locale della
ferita, la correzione delle patologie di base che si oppongono alla sua normale guarigione, anche
la corretta applicazione della WBP potrebbe non portare i risultati sperati.

T Tessuto necrotico o devitalizzato La presenza di tessuto necrotico e/o


devitalizzato ostacola la guarigione: impedisce
la valutazione delle dimensioni, della
profondità della lesione e delle strutture
interessate al processo ulcerativo; è focolaio di
infezione, prolunga la fase infiammatoria,
ostacola meccanicamente la contrazione e
disturba il processo di riepitelizzazione.

I Infezione o infiammazione L’infezione ostacola la guarigione della ferita


contribuendo alla sua cronicizzazione; la
continua presenza di microrganismi virulenti
porta a una risposta infiammatoria massiccia e
persistente e l’aumento di citochine e di
attività proteasica, unito alla ridotta attività
dei fattori di crescita,contribuisce a
danneggiare l’organismo ospite.
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M Macerazione o secchezza: squilibrio dei La disidratazione cutanea rallenta la


fluidi migrazione delle cellule epiteliali, mentre
l’eccesso di essudato causa la macerazione dei
margini della ferita e promuove un ambiente
biochimico ostile che blocca l’azione dei fattori
di crescita.

E Epidermide: margini che non La mancata risposta agli stimoli dei fattori di
progrediscono sul letto della ferita crescita condiziona un arresto della
proliferazione e della migrazione dei
cheratinociti perilesionali, con conseguente
mancata chiusura della lesione. Anche in
presenza dell’orletto la lesione non riuscià a
guarire.

8. IL RUOLO DELLA MEDICAZIONE

La medicazione è ritenuta una componente centrale nella cura delle LdP ed il suo utilizzo deve
essere contestualizzato all’interno di un approccio che consideri il paziente nella sua interezza e
globalità.
Se infatti l’applicazione di una medicazione appropriata contribuisce a ottimizzare il
microambiente di guarigione della ferita, supportando localmente il processo di riparazione
tessutale, è innegabile che anche il prodotto più avanzato e sofisticato non potrà portare una
lesione cutanea alla chiusura se in contemporanea non si agisce anche sul fronte del trattamento
delle cause che sono alla base del danno tessutale, così come della gestione degli aspetti relativi
allo stato di salute generale del paziente, in linea con le indicazioni proposte dal paradigma della
Preparazione del Letto della Ferita (WBP).
Occorre dare risalto al fatto che, nel caso in cui una LdP non mostri progressi verso la guarigione
entro 2 settimane, non c’è l’indicazione a cambiare tipo di medicazione, ma c’è la
raccomandazione di “rivalutare la LdP, l’individuo e il Piano di cura”.
Nell’ambito di quella che è definita la scelta appropriata della medicazione, le recenti linee guida
a cura di NICE e di NPUAP/EPUAP/PPPIA raccomandano di utilizzare medicazioni che
promuovono l’ambiente umido e garantiscono l’isolamento termico mantenendo stabile la
temperatura fisiologica.
Nello specifico, la medicazione è chiamata a controllare l’essudato presente, senza però essiccare
il letto della ferita e nel contempo preservando l’integrità della cute perilesionale mantenendola
asciutta. Poiché la guarigione di una lesione cutanea è un evento dinamico, anche se la
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medicazione scelta inizialmente era giusta, con il tempo e il variare delle condizioni della ferita e
del paziente potrebbe non esserlo più. In generale, le medicazioni andrebbero lasciate in sede il
più a lungo possibile, in base alle condizioni cliniche e in accordo con le istruzioni del produttore,
evitando qualsiasi sostituzione inutile. È stato infatti dimostrato che medicazioni non isolanti o
ad alta frequenza di cambio determinano un raffreddamento della superficie della ferita, con
rallentamento della guarigione. La proliferazione cellulare raggiunge la massima velocità di
replicazione ad una temperatura compresa fra 35°C e 37°C.
Inoltre, la prematura o troppo frequente rimozione di medicazioni adesive può danneggiare sia la
cute perilesionale (stripping delle cellule epiteliali) sia il letto della ferita stessa.
Nei pazienti con infezioni in atto utilizzare una tecnica sterile , mentre per tutti gli altri pazienti
utilizzare una tecnica pulita. Se il paziente presenta più LdP, eseguire il trattamento locale
(detersione, medicazione ecc) partendo da quella meno contaminata a quella più contaminata.
Fissare le medicazioni avendo cura di applicare il cerotto o il film di poliuretano solo ai bordi
della medicazione. Al momento della rimozione, prestare attenzione a rimuoverli delicatamente
sfibrandoli, cioè sollevandoli dai bordi con trazione parallela alla cute per evitare ulteriori
lacerazioni cutanee.
La rigenerazione cellulare, nella guarigione per seconda intenzione avviene per migrazione delle
cellule dermiche dai bordi e dal fondo della lesione verso il centro della stessa per un
meccanismo definito “salto di rana”. Le cellule neo formate scivolano le une sulle altre per
riempire lo spazio lasciato vuoto dalla perdita di tessuto: questo meccanismo viene rallentato
dalla presenza di slough, tessuto necrotico e detriti.
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In ambiente asciutto infatti, l’epitelio migra fra il derma essiccato e il tessuto adiposo
sottocutaneo, scollando i tessuti intermedi: ciò avviene lentamente. Successivamente sono stati
condotti numerosi studi sull’ambiente di guarigione delle ferite che hanno permesso lo sviluppo
di una serie di prodotti (“dressing revolution”) che garantiscono le giuste condizioni di umidità,
definiti “medicazioni avanzate”.
Con il termine di medicazione avanzata si definisce quel materiale di copertura che abbia
caratteristiche di biocompatibilità e che garantisca la creazione di un ambiente umido
nell’interfaccia tra lesione e medicazione.
Le condizioni che creano le medicazioni avanzate per una veloce riparazione tissutale sono le
seguenti:
Occlusività: evita l’eccessiva evaporazione dell’essudato, garantisce isolamento termico, assicura
stabilità termica e garantisce isolamento batterico dalle fonti esterne.
Ipossia: stimola la proliferazione dei capillari mediata da macrofagi, favorisce la crescita dei
cheratinociti, dei fibroblasti e la liberazione dei fattori di crescita da parte dei macrofagi.
Autolisi della necrosi: l’essudato prodotto dalla ferita è ricco di leucociti polimorfo nucleati e
macrofagi che unitamente alla flora batterica residente liberano granuli lisosomi ali contenenti
enzimi. Questi enzimi hanno attività proteolitica e favoriscono la degradazione di proteine,
mucopolisaccaridi, glicoproteine, glicolipidi. L’autolisi avviene senza dolore.
Angiogenesi: dagli studi condotti in questo ambito, è emerso che la neoangiogenesi è più
marcata rispetto le ferite medicate con semplice garza, in tutti gli spessori indagati. Lo sviluppo di
nuovi vasi é più ordinato e questi sono di diametro maggiore.
Dolore: il controllo del dolore è legato al fatto che nell’interfaccia tra medicazione avanzata e
ferita si determina una situazione di ipossia. Questa è necessaria ai macrofagi per la produzione
di acido arachidonico e dei suoi metaboliti, che sembrano modulare/ridurre la sintomatologia
dolorosa. Inoltre, il controllo del dolore è correlato al fatto che durante il cambio di medicazione
si evita di asportare gli strati più superficiali delle cellule in quanto le stesse non rimangono
imbrigliate nelle trame della medicazione.
Costi: ridotti per la prolungata permanenza in sede della medicazione con riduzione degli accessi
e ottimizzazione dell’impiego di personale.
Formazione della cicatrice: Una lesione che richieda più di tre o quattro settimane per la
riparazione è maggiormente esposta alla formazione di cicatrici ipertrofiche. L’ambiente umido
permette un miglior modellamento del collagene nella formazione della cicatrice. Il ruolo
dell’ambiente umido è importante anche nella fase di contrazione che avviene a lesione ormai
chiusa e prosegue nel tempo. L’ambiente umido ha inoltre evidenziato buoni risultati (in termini
di rossore, spessore, durezza, prurito, sensibilità e dolore) nella cura di cicatrici ipertrofiche
quando confrontato con l’utilizzo di una semplice crema.
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Infezione: Le medicazioni occlusive agiscono con un effetto barriera nei confronti dei
microrganismi presenti nell’ambiente esterno. La realizzazione di un ambiente umido attraverso
una medicazione occlusiva può modificare la flora batterica della lesione senza predisporre
all’infezione.

8.1. PRINCIPALI TIPOLOGIE DI MEDICAZIONI AVANZATE


FILM IN POLIURETANO

Pellicole trasparenti, in poliuretano, ricoperte da un sottile strato adesivo acrilico, permeabili ai


gas con o senza rinforzo in TNT in forma di rotolo e medicazione con o senza taglio ad U. sono
impermeabili ai liquidi e ai batteri, ma permeabili al vapore acqueo. Non sono assorbenti e quindi
non sono adatte per lesioni essudanti o infette. Possono essere usate per tenere in sede gli
idrogel o come medicazione secondaria. Sono utili nella fase preventiva perché riducono l’attrito
e il contatto con liquidi organici. Attenzione: rimuovere con cautela perché possono causare
lesioni epidermiche.
Possono essere impiegati come medicazione primaria nelle lesioni di 1° stadio e nella
prevenzione dei danni da sfregamento o da macerazione per esposizione prolungata all’umidità,
o come medicazione secondaria o per fissarne un’altra.
Indicazioni
- Protezione della cute nel sito di catetere venoso periferico e centrale;
- Medicazione primaria di lesioni superficiali, scarsamente essudanti e ustioni di I grado,
medicazione secondaria di lesioni scarsamente essudanti di piccole e grandi dimensioni.
Esempi sono: opsite, tegaderm roll, mepitel film

IDROGEL
Sostanze poliglucosidiche ad alta saturazione d’acqua (dal 50% al 90% circa) in forma di gel amor-
fo, garze impregnate o placche. Possono contenere CMC, alginato di calcio o sodio, poliglucosidi
di amido, particelle di argento, cloruro di sodio, ed altri eccipienti. Maggiore è il contenuto di
acqua, maggiore è la capacità di idratazione e di idrolisi (“sbrigliamento”) dei tessuti necrotici.
Indicazioni
- Sbrigliamento di ferite superficiali, profonde e cavitarie e non cavitarie
Esempi sono: nu-gel (forma liquida) e hydrosord (cerotto/spugna)

MEDICAZIONI NON ADERENTI


Garze in fibre di cotone o viscosa, con trama a maglia larga impregnate con gel, vaselina,
paraffina, acido ialuronico, grassi neutri, silicone, petrolato, emulsione di acqua e petrolanum ed
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altro con o senza matrice lipido colloidale.


Indicazioni
- Interfaccia tra il letto della lesione e una medicazione secondaria per ridurne l’aderenza;
medicazione delle lesioni superficiali scarsamente essudanti; medicazione delle ustioni
associata a medicazione secondaria; medicazione del sito donatore e del sito ricevente
dell’innesto. Medicazione secondaria di lesioni scarsamente essudanti a fogli singoli.
- A rotolo/confezione per superfici estese (ad es. ustioni/innesti).
- Medicazione tecnologicamente avanzata (silicone), con particolare attenzione al dolore

Esempi sono: atrauman, mepitel.

IDROCOLLOIDI
Prodotti a diverso spessore contenenti miscele di polimeri idrofili (in particolare CMC), immersi in
una matrice adesiva di peptina e/o gelatina con una copertura esterna in poliuretano
semipermeabile che garantisce l’isolamento. Quando la medicazione si idrata avviene
l’inversione di fase con formazione di un gel che non aderisce alla cute lesa, mantiene umidità,
promuove autolisi, angiogenesi, granulazione e riparazione. Stimolano la granulazione e la
detersione autolitica delle lesioni ricoperte da fibrina e/o tessuto necrotico. Sono indicati per
lesioni poco essudanti, non infette. Viene prodotto un odore sgradevole. Possono essere lasciate
in sede 7 giorni, se cambiano colore sostituire prima. Se la lesione è molto profonda si possono
associare idrocolloidi in pasta o polvere.
Indicazioni
- Medicazioni primarie e secondarie di lesioni scarsamente essudanti al fine di favorire il
debridement autolitico.
- Medicazioni primarie e secondarie di lesioni superficiali scarsamente essudanti.
Se trasparenti, permettono di osservare il progredire della lesione.

Esempi sono: duoderm, comfeel.

SCHIUME DI POLIURETANO
Medicazioni in schiuma poliuretanica assorbente pluristratificata con o senza bordo adesivo, con
o senza superficie di contatto aderente. Possono avere una componente gelificante o rilasciare
antidolorifico. Medicazioni in schiuma di poliuretano sagomate per determinati siti anatomici,
per ferite cavitarie e medicazioni in schiuma di poliuretano sottile.
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Indicazioni
- Medicazione primaria e secondaria di lesioni essudanti in siti con difficoltà di fissaggio. .
- Medicazione primaria e secondaria di lesioni essudanti, anche con scarsa tendenza alla
guarigione.
- Medicazione primaria e secondaria di lesioni essudanti sacrali.
- Medicazione primaria e secondaria di lesioni al tallone.
- Medicazione primaria di lesioni molto o mediamente essudanti sottominate.
Esempi sono: mepilex, allevyn sacrum, acquacel foam.

ALGINATI
Medicazioni a base di sali di calcio o calcio-sodio dell’acido alginico, un polisaccaride estratto
dalle alghe marine, disponibili in forma di medicazioni piatte, nastri o tamponi. Hanno un elevato
grado di assorbenza. Controindicati nelle lesioni scarsamente essudanti in quanto possono
causare disidratazione della lesione e formazione della crosta. Gli ioni calcio si scambiano con gli
ioni sodio presenti nell’essudato e si forma un gel che impedisce l’adesione alla ferita, ne prende
la forma e copre la lesione mantenendo un ambiente umido, favorendo lo sbrigliamento
autolitico. Gli ioni calcio, attivando la coagulazione, favoriscono un’azione emostatica. È
necessaria una medicazione secondaria di fissaggio. Vanno sostituiti dopo 24-72 ore (a
saturazione) previa detersione.
Indicazioni
- Medicazione primaria di lesioni anche cavitarie con essudato da moderato ad abbondante
che necessitano di debridement e/o controllo emostatico.

IDROFIBRE
Medicazioni costituite da fibre di carbossimetilcellulosa sodica (CMC) pura con un elevato grado
di assorbenza che gelificano a contatto con l’essudato trattenendolo senza rilasciarlo.
Indicazioni
- Lesioni superficiali e profonde ad essudato medio alto. Ustioni dermiche.
Esempio: aquacel extra.
Classificazione
p
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9.SCHEDE DI MEDICAZIONE

Cute a rischio di LdP LESIONE ROSA

OBIETTIVI

 Garantire la sicurezza dell’individuo.


 Salvaguardare l’integrità della cute.
 Prevenire la formazione di LdP,2
skin tears.
 Prevenzione/gestione del dolore procedurale.

INTERVENTI

 Proteggere la cute in corrispondenza delle prominenze ossee, utilizzando, nei soggetti a


rischio di frizione e scivolamento, film in poliuretano non sterili o idrocolloidi
extrasottili (la trasparenza di queste medicazioni permette un assessment della cute
sottostante), da lasciare in sede almeno 7/8 giorni
 Nei pazienti esposti ad umidità da incontinenza e a rischio di macerazione utilizzare prodotti
barrierain modica quantità
 Utilizzare con costanza prodotti emollienti/idratanti per trattare la secchezza cutanea e
mantenere una buona elasticità della cute stessa
 Utilizzare adeguate tecniche di mobilizzazione per evitare il più possibile frizione, forze di
taglio e skin tears.

DO NOT DO

NON UTILIZZARE: prodotti a base di argento; antibiotici e antimicotici topici; prodotti


coloranti come eosina, fuxina ecc; creme a base di cortisone o acido ialuronico per la
prevenzione delle LdP

NON MASSAGGIARE vigorosamente la cute durante l’applicazione dei


prodotti emollienti/idratanti o barriera
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LdP di categoria/stadio1 LESIONE ROSA

OBIETTIVI

 Ripristinare la vascolarizzazione della


zona interessata
 Prevenire l’insorgenza di lesioni di
continuo della cute
 Prevenzione/gestione del dolore
procedurale.

INTERVENTI

 Applicare, dopo accurata idratazione della cute evitando i massaggi vigorosi, film in
poliuretano non sterili o idrocolloidi extrasottili (la trasparenza di queste medicazioni
permette un asses sment della cute sottostante) da lasciare in sede almeno 7/8 giorni
 Generalmente la presenza di LdP al tallone deve essere gestita tramite il sollevamento del
tallone dal piano del letto posizionando un cuscino sotto l’arto o attivando la specifica
funzione nei dispositivi antidecubito che ne sono provvisti (es. sgonfiaggio delle celle
corrispondenti nei materassi ad alta tecnologia)
 In casi selezionati con scarsa possibilità di mobilizzazione (es., pazienti ricoverati in terapia
intensiva), nelle LdP al tallone possono essere usate schiume di poliuretano valutando
l’appropriatezza del trattamento da parte dell’infermiere specialista/esperto in lesioni
cutanee. Ispezionare giornalmente la cute sottostante. Lasciare in sede la medicazione
almeno 7 giorni o fino al suo deterioramento in quanto svolge esclusivamente una
funzione protettiva.

DO NOT DO

NON UTILIZZARE: prodotti a base di argento; antibiotici e antimicotici topici;


prodotti coloranti come eosina, fuxina ecc; creme a base di cortisone o acido
ialuronico per la prevenzione/trattamento delle LdP
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LdP di categoria/stadio 2 (abrasione/ulcera) LESIONE ROSSA

OBIETTIVI

- Ripristinare la vascolarizzazione della zona


interessata.
- Favorire la ricostruzione tessutale.
- Proteggere la cute neoformata, fragile
e sottile.
- Promuovere un buon trofismo cutaneo.
- Assicurare un’adeguata umidità sul fondo della LdP.
- Prevenzione/gestione del dolore procedurale.

INTERVENTI

 In caso di essudato BASSO e MEDIO, dopo accurata detersione della LdP, applicare:
- idrocolloidi, da sostituire ogni 2/3 giorni o fino alla saturazione della medicazione
- schiume di poliuretano sottili, da sostituire ogni 3/4 giorni o fino alla saturazione
della medicazione
 In caso di pazienti incontinenti che richiedono ripetuti cambi di medicazione,
applicare:
- garza a bassa aderenza, coperta con garze in cotone; fissare con cerotto.

DO NOT DO

NON UTILIZZARE: prodotti a base di argento; antibiotici e antimicotici topici;


prodotti coloranti come eosina, fuxina ecc; creme a base di cortisone o acido
ialuronico per la prevenzione/trattamento delle LdP
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LdP di categoria/stadio 2 (flittene)

OBIETTIVI

 Ripristinare la vascolarizzazione della zona


interessata.
 Favorire la ricostruzione tessutale.
 Proteggere la cute fragile e sottile.
 Promuovere un buon trofismo cutaneo.
 Evitare la progressione della LdP.
 Evitare la rottura non controllata della flittene.
 Prevenzione/gestione del dolore procedurale.

INTERVENTI

 Se la flittene NON è a rischio di rottura, applicare a seconda delle dimensioni e del


materiale disponibile:
- schiuma di poliuretano sottile con interfaccia in silicone, da lasciare in sede 6 /7 giorni;
OPPURE
- idrocolloide, da lasciare in sede 6/7 giorni;
OPPURE
- garza a bassa aderenza, coperta con garza in cotone e fissata con cerotto, da lasciare in
sede 2/3 giorni
 Se la flittene è a rischio di rottura:
- eseguire antisepsi cutanea; aspirare il liquido con tecnica asettica avendo cura di non
rimuovere il tetto della flittene
- medicare come sopra

DO NOT DO

NON FORARE le flittene che non sono a rischio di rottura.


NON ASPORTARE il tetto della flittene.
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LdP di categoria/stadio3 LESIONE GIALLA (presenza di fibrina)

OBIETTIVI

 Favorire e/o mantenere la


detersione.
 Gestire l’essudato mantenendo un
ambiente umido per favorire la
guarigione ed evitare la
macerazione.
 Prevenire le infezioni.
 Promuovere la guarigione.
 Prevenzione/gestione del dolore procedurale.

INTERVENTI
 Gestire la LdP considerando: il tipo e la quantità di essudato; il tipo di tessuto; e l’eventuale
presenza di tratti fistolosi o sottominati.
 Considerare la prossimità in zone altamente contaminanti.
 Accertarsi di rimuovere tutte le medicazioni introdotte.
 In caso di LdP detersa o con fibrina e BASSO essudato, applicare:
- medicazione primaria: idrogel + medicazione secondaria: idrocolloide (se la LdP è molto secca),
da sostituire ogni2/3 giorni; OPPURE
- medicazione primaria: idrocolloidi o schiume di poliuretano, da sostituire ogni 4
giorni,
anticipando o posticipando sulla base della saturazione della medicazione o del suo
distacco.
 In caso di LdP detersa o con fibrina e MEDIO essudato, applicare:
- medicazione primaria: idrocolloidi o schiume di poliuretano, da sostituire ogni 3 giorni,
anticipando o posticipando sulla base della saturazione della medicazione o del suo distacco.
 In caso di LdP detersa o con fibrina e ALTO essudato, applicare:
- medicazione primaria: schiume di poliuretano o alginati, da sostituire ogni 2/3 giorni,
anticipando o posticipando sulla base della saturazione della medicazione o del suo
distacco
- se è necessaria la gestione dell’iperessudazione con idrofibra, il suo utilizzo deve essere indicato
dall’infermiere specialista/esperto in lesioni cutanee
 Nei casi dove è necessaria una medicazione secondaria (es., alginato),
- coprire con schiuma di poliuretano (quando la cute perilesionale è macerata) o con pad
superassorbente (da non utilizzare come medicazione primaria)
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LdP di categoria/stadio4 LESIONE GIALLA (presenza di fibrina)

OBIETTIVI

 Favorire e/o mantenere la Detersione.


 Gestire l’essudato mantenendo un
ambiente umido per favorire la
guarigione ed evitare la macerazione.
 Prevenire le infezioni.
©PUCLAS 2
 Promuovere la guarigione.
 Prevenzione/gestione del dolore
procedurale.

INTERVENTI

 Gestire la LdP considerando: il tipo e la quantità di essudato; il tipo di tessuto; e l’eventuale


presenza di tratti fistolosi o sottominati.
 Considerare la prossimità in zone altamente contaminanti.
 Accertarsi di rimuovere tutte le medicazioni introdotte.

 In caso di LdP detersa o con fibrina e BASSO essudato, applicare:


- medicazione primaria: idrogel + medicazione secondaria: idrocolloide (se la LdP è molto
secca), da sostituire ogni 2/3 giorni; OPPURE
- medicazione primaria: idrocolloidi o schiume di poliuretano, da sostituire ogni 4 giorni,
anticipando o
posticipando sulla base della saturazione della medicazione o del suo distacco.

 In caso di LdP detersa o con fibrina e MEDIO essudato, applicare:


- medicazione primaria: idrocolloidi o schiume di poliuretano, da sostituire ogni 3 giorni,
anticipando o posticipando sulla base della saturazione della medicazione o del suo
distacco
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
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 In caso di LdP detersa o con fibrina e ALTO essudato, applicare:


- medicazione primaria: schiume di poliuretano o alginati, da sostituire ogni 2/3 giorni,
anticipando o posticipando sulla base della saturazione della medicazione o del suo
distacco
- se è necessaria la gestione dell’iperessudazione con altri prodotti richiedere la
consulenza dell’infermiere specialista/esperto in lesioni cutanee.
 Nei casi dove è necessaria una medicazione secondaria (es., alginato):
- coprire con schiuma di poliuretano (quando la cute perilesionale è macerata ) o
con pad superassorbente (da non utilizzare come medicazione primaria).
- altri prodotti richiedere la consulenza dell’infermiere specialista/esperto in lesioni
cutanee

DO NOT DO
NON LASCIARE SPAZI VUOTI E NON STIPARE in modo eccessivo con materiale da medicazione le LdP,
esercitando forte pressione sui tessuti.
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
PRO.002

LdP CON FISTOLE/TRATTISOTTOMINATI

OBIETTIVI

 Favorire e/o mantenere la


detersione.
 Gestire l’essudato mantenendo un
ambiente umido per favorire la
guarigione ed evitare la
macerazione.
 Prevenire le infezioni.
 Promuovere la guarigione.
 Prevenzione/gestione del dolore procedurale.

INTERVENTI

 In caso di LdP con fistole o sottominature:


- zaffare con medicazione a captazione batterica a nastro, da sostituire ogni 24 ore, se le
dimensioni della fistola lo consentono
- in alternativa, utilizzare alginato a nastro o medicazioni cavitarie, da sostituire sulla
base della saturazione della medicazione
- riempire il resto della cavità come indicato in “LdP di categoria/stadio 3/4” in base alla
quantità di essudato presente
- se è necessaria la gestione dell’iperessudazione con idrofibra a nastro, il suo utilizzo deve
essere indicato dall’infermiere specia lista/esperto in lesioni cutanee
- se è necessaria la gestione della fistola con garza ipertonica o collagene, il suo utilizzo deve
essere indicato dall’infermiere specialista/esperto in lesioni cutanee

NON LASCIARE spazi vuoti

NON UTILIZZARE più pezzi di medicazioni per zaffare ma preferire medicazioni a nastro o
cavitarie
NON STIPARE in modo eccessivo con materiale da medicazione le LdP, esercitando forte
pressione sui tessuti
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
PRO.002

LdP con necrosi LESIONE GIALLA E NERA

OBIETTIVI

 Rimozione del tessuto non vitale.


 Ripristino del tessuto vitale.
 Prevenzione delle infezioni.
 Prevenzione delle
complicanze (fistole,
sottominature).
 Evitare danni in caso di scarsa/
mancata perfusione della LdP.
 Prevenzione/gestione del dolore procedurale.

INTERVENTI

(1) NECROSI GIALLA / SLOUGH


 In caso di essudato MEDIO:
- utilizzare unguenti o gel a base di enzimi proteolitici, applicandoli in uno strato di circa 2-
3mm di spessore sulle aree di tessuto non vitale al centro della LdP; coprire con garze a
bassa aderen za e quindi ricoprire con garze; fissare con cerotto. Da sostituire ogni 1/2
giorni.
 In caso di essudato ALTO:
- medicazione primaria: utilizzare alginato o medicazioni a contenuto salino, da
sostituire ogni 48/72 ore, anticipando o posticipando sulla base della saturazione della
medicazione o del suo distacco
- medicazione secondaria: schiuma di poliuretano (quando la cute perilesionale è macerata)
o pad
superassorbente (da non utilizzare come medicazione primaria) o garza fissata con
cerotto.
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
PRO.002

(2) NECROSI NERA / ESCARA SECCA


- utilizzare idrogel, applicando uno strato di almeno 5 mm di spessore al centro della LdP (in
caso di LdP spessa e molto adesa, praticare delle microincisioni sulla superficie della
necrosi per favorire la penetrazione del prodotto). Coprire con film di poliuretano o
idrocolloide sottile. Da sostituire ogni 2/3 giorni..
 Continuare il trattamento dei diversi tipi di tessuto necrotico fino alla loro completa
rimozione.
 In caso di urgenza clinica, prendere in considerazione il debridement con taglienti/chirurgico
.
 Il debridement con taglienti/chirurgico è raccomandato in presenza di:
- estese aree necrotiche;
- cellulite in fase di avanzamento; crepitio;
- fluttuazione dei tessuti; e/o
- sepsi secondaria all’infezione associata alla LdP.
 Intraprendere con cautela il d. con taglienti/chirurgico dopo accurata valutazione in caso di:
- compromissione del sistema immunitario;
- compromissione della perfusione vascolare;
- mancanza di copertura antibatterica nella sepsi sistemica;
- terapia anticoagulante e disturbi della coagulazione (controindicazione relativa).

 Il debridement chirurgico 1 deve essere effettuato da personale medico.

 In presenza di parti colliquate, scollate e non adese, chiaramente devitalizzate, lo sbrigliamento


conservativo con taglienti2 può essere effettuato dall’infermiere specialista/esperto in lesioni cutanee.

DO NOT DO

NON UTILIZZARE enzimi proteolitici per sbrigliare LdP con essudato assente/basso o
iperessudanti

NON UTILIZZARE idrogeli per sbrigliare LdP iperessudanti


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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
PRO.002

LdP con necrosi occipitale, al tallone, alle dita dei piedi o agli arti inferiori in presenza di
insufficiente vascolarizzazione

OBIETTIVI

 Mantenere stabile l’escara e


favorire il suo distacco naturale.
 Ripristino del tessuto vitale.
 Prevenzione delle infezioni.
 Prevenzione delle complicanze
(fistole, sottominature).
 Evitare danni in caso di scarsa/
mancata perfusione della LdP.
 Prevenzione/gestione del dolore procedurale.

INTERVENTI

 L’escara secca conseguente all’uso di dispositivi medici, e quella localizzata all’occipite, al tallone, alle
dita dei piedi o agli arti inferiori, quando non è presente una vascolarizzazione sufficiente, NON deve
essere rimossa se non in caso di eritema, edema, dolore della cute perilesionale, fluttuazione,
fissurazione, crepitio, secrezioni purulente
 Se presenti questi segni/sintomi (indicanti infezione), effettuare un debridement urgente secondo le
indicazioni riportate in “LdP con necrosi”
 In caso di necrosi secca:
- rimuovere la causa (pressione)
- per facilitare il distacco naturale della necrosi, applicare toccature con soluz ione a base di
iodopovidone al 10%; coprire con garza pulita; fissare con cerotto. Sostituire la medicazione ogni
24 ore, controllando che non ci siano segni di infezione
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
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LdP “mista”

OBIETTIVI

 Rimozione dell’eventuale tessuto non vitale.


 Ripristino del tessuto vitale.
 Prevenzione/controllo delle infezioni.
 Prevenzione/gestione del dolore
procedurale.

INTERVENTI

 Con il termine lesione “mista” si fa riferimento ad una lesione in cui sono presenti in contemporanea due o
più colori indicanti diversi dipi di tessuti.
 Trattare la LdP come se fosse del colore meno auspicabile tra quelli presenti ovvero la condizione più grave
che è l'infezione, poi la necrosi e quindi i tessuti vitali.

(1) LdP MISTA: qualsiasi tessuto + infezione


- vd. indicazioni per “LdP con colonizzazione critica/infezione”

LESIONE VERDE

 Valgono le stesse indicazioni sopra descritte

(2) LdP MISTA: tessuto non vitale + tessuto vitale


- utilizzare metodiche autolitiche per preservare i tessuti vitali; selezionare la medicazione in base alla
quantità di essudato presente
- in caso di essudato BASSO: utilizzare idrogel, applicando uno strato di almeno 5 mm di spessore al centro
della LdP. Coprire con idrocolloide. Da sostituire ogni 48/72 ore
- in caso di essudato MEDIO: utilizzare idrocolloidi, da sostituire ogni 3 giorni, anticipando o
posticipando sulla base della saturazione della medicazione o del suo distacco
- in caso di essudato ALTO: utilizzare alginati, coprire con schiuma di poliuretano (quando la cute
perilesionale è macerata) o con pad superassorbente (da non utilizzare come medicazione
primaria) o garza fissata con cerotto. Da sostituire ogni 48/72 ore, anticipando o posticipando sulla base
della saturazione della medicazione o del suo distacco
- se è necessaria la gestione dell’iperessudazione con idrofibra, il suo utilizzo deve essere indicato
dall’infermiere specialista/esperto in lesioni cutanee

LESIONE NERA LESIONE GIALLA


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PRO.002

LdP con colonizzazione critica/infezione

OBIETTIVI

 Promuovere detersione e sbrigliamento.


 Controllare e ridurre l’infezione.
 Prevenire l’ulteriore progressione
dell’infezione.
 Ripristinare il regolare processo di
riparazione tessutale.
 Controllare, ridurre e gestire il dolore.

CRITERI PER IL RICONOSCIMENTO DELL’INFEZIONE

 L’obiettivo è individuare precocemente la progressione della LdP verso l’infezione.


Il riconoscimento precoce dei segni clinici da parte di tutti i professionisti permette un approccio
tempestivo.
1. Segni di infezione locale:
- assenza di segni di guarigione da due settimane;
- tessuto di granulazione friabile;
- cattivo odore;
- aumento del dolore associato alla LdP;
- aumento della temperatura del tessuto perilesionale;
- aumento della quantità di essudato;
- cambiamento anomalo nella natura dell’essudato (es., comparsa ex novo di essudato ematico o di
essudato purulento);
- aumento del tessuto necrotico nel letto della LdP; e/o
- formazione di tasche o di ponti di tessuto nel lett o della LdP.
2. Segni di infezione in fase di diffusione/sistemica:
- eritema che si espande dai margini della LdP;
- indurimento;
- esordio ex novo o aumento di dolore o di calore;
- essudato purulento;
- aumento delle dimensioni;
- crepitio, fluttuazione dei tessuti, o discromia a carico della cute perilesionale;
- iperpiressia, malessere, e ingrossamento dei linfonodi;
- confusione/delirio e anoressia (soprattutto negli anziani).
 Le indagini colturali indicate per l’identificazione dei patogeni sono:
- Tampone quantitativo in alginato, effettuato secondo la tecnica di Levine
- Biopsia di tessuto profondo
INTERVENTI

 La gestione delle LdP infette è frutto della collaborazione del team multidisciplinare, composto da medici e
infermieri.
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DO NOT DO

NON EFFETTUARE tamponi colturali di routine

NON EFFETTUARE tamponi qualitativi in quanto non sono indicativi per infezione

(1) ANTISEPSI
L’antisepsi deve essere effettuata solo in presenza di almeno 2 dei segni/sintomi elencati in “Criteri per il
riconoscimento dell’infezione”
 Prima di applicare l’antisettico, effettuare una abbondante e accurata detersione con soluzione
fisiologica e/o agenti detergenti che contengono prodotti surfactanti (in questo caso far seguire un
abbondante risciacquo)
 Gli antisettici indicati sono su base acquosa, e comprendono:
 Iodiopovidone al 10%
 Clorexidina allo 0.05%
 Clorossidante elettrolitico allo 0.05%
 PHMB
 Soluzioni superossidanti
Lasciare agire per il tempo indicato dalla scheda tecnica di ogni prodotto, e risciacquare con soluzione
fisiologica al termine dell’applicazione, ad esclusione dei prodotti a base di PHMB e delle soluzioni
superossidanti

DO NOT DO
NON UTILIZZARE acqua ossigenata; prodotti colorati come mercurocromo, eosina, fucsina,
violetto di genziana, tintura rubra di castellani.

NON UTILIZZARE iodopovidone nelle LdP di grandi dimensioni e per periodi prolungati per il rischio
di assorbimento sistemico dello iodio

EVITARE la miscelazione e l’utilizzo in contemporanea di diversi antisettici.


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(2) MEDICAZIONE

 Se è presente tessuto necrotico, rimuovere lo stesso attraverso il debridement urgente (vd. “LdP con necrosi”)
 La scelta della medicazione deve tener conto dell’ingravescenza dei segni/sintomi e della possibilità di lasciare in
situ la medicazione per più giorni.
 Se necessario un cambio della medicazione quotidiano, applicare come medicazione primaria:
- alginati; OPPURE
- medicazioni a base di antisettici topici; OPPURE
- medicazioni a captazione batterica; OPPURE
- sulfadiazina d’argento (su prescrizione medica) applicando una garza a bassa aderenza
 Come medicazione secondaria, utilizzare garze o pad superassorbente; fissare con cerotto
 Se possibile un cambio della medicazione ogni 48-72 ore o più,applicare come medicazione primaria:
- medicazioni a base di argento; OPPURE
per le LdP maleodoranti, si può considerare l’utilizzo di medicazioni a base di carbone e argento , o
antimicrobiche con rilascio di antisettici.
 Come medicazione secondaria, utilizzare garze, pad superassorbente o schiume di poliuretano prive di bordi
adesivi (in caso di macerazione perilesionale); fissare con cerotto.

DO NON DO

NON UTILIZZARE medicazioni occlusive e semiocclusive (es., film, idrogel, idrocolloidi, schiume di
poliuretano dotate di bordatura adesiva) nelle LdP infette

NON UTILIZZARE antibiotici topici, in quanto il gold standard è l’antibiotico-terapia sistemica

NON UTILIZZARE garza iodoformica

NON UTILIZZARE medicazioni antisettiche per un tempo indefinito

LESIONE VERDE
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
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LdP post-escarectomia chirurgica e/o sanguinante

OBIETTIVI

• Prevenzione/gestione di emorragie.
• Prevenzione di contaminazione e/o
infezioni.
• Favorire i processi riparativi.
• Prevenzione/gestione del dolore
©PUCLAS 2
procedurale.

INTERVENTI

 Nelle prime 8/24 ore (in base all’estensione dell’escara e della zona trattata chirurgicamente),
effettuare un attento monitoraggio al fine di individuare precocemente eventuali fenomeni di
sanguinamento.
 In caso di sanguinamento MODERATO o ABBONDANTE:
- seguire le prescrizioni indicate dal chirurgo
 In caso di sanguinamento LIEVE:
- seguire le prescrizioni indicate dal chirurgo
- può essere utile l’applicazione locale di medicazioni a base di alginati di calcio o di collagene
emostatico
 In assenza di sanguinamento:
- seguire le indicazioni fornite in base a profondità, categoria/stadio e tessuto della LdP utilizzando
per le prime 48 ore la tecnica sterile durante la medicazione

DO NOT DO

NON RIMUOVERE in modo traumatico la medicazione


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10.GLOSSARIO
Antisettico: prodotto per uso cutaneo o altre superfici tessutali che svolge un’attività antimicrobica; può
danneggiare le cellule.

Assessment : processo di valutazione.

Batteriemia: presenza di batteri vitali nel flusso sanguigno.

Biofilm: dopo aver aderito ad una superficie, ad esempio ad una ferita, i batteri possono incapsularsi in
una matrice gelatinosa, ovvero un biofilm. I biofilm possono contenere varie specie di batteri che sono così
protetti nei confron ti del sistema immunitario e dell’azione degli agenti antimicrobici. Sembra esservi
una correlazione fra biofilm e mancata guarigione delle ulcere croniche, ma è necessario chiarire meglio gli
effetti clinici esercitati dal biofilm. L’identificazione del biofilm richiede l’uso di tecniche sofisticate. [6]

Bordo: termine utilizzato come sinonimo di “margine”. Più propriamente, descrive la parete o il lato di una
ferita di una certa profondità.

Bordo introflesso (denominato anche epibole): mano a mano che le LdP a tutto spessore guariscono,
l’epitelio tenta di avanzare. Tuttavia, senza uno strato di tessuto alla base, le cellule epiteliali non
riescono a migrare e quindi il bordo si arrotola su se stesso. Il bordo appare anche in rilievo, pallido o
più rosa rispetto al tessuto circostante. Indica che la guarigione è in stallo.

Bordo piano (o indistinto): viene osservato quando la LdP sta riepitelizzando. Il tessuto irregolare
all’estremità della ferita appare come un bordo di tessuto pallido, n on lucido/satinato.

Cellulite: infiammazione del tessuto connettivo. L’infiammazione può essere attenuata o assente in
soggetti immunocompromessi.

Colonizzazione: moltiplicazione dei batteri che però non causano danni alla ferita e/o all’organismo
ospite.

Colonizzazione critica: concetto sviluppato per distinguere i problemi di origine batterica che non sono
però sempre accompagnati dai segni classici di infezione dalle infezioni conclamate, ma da segni più
subdoli come la guarigione ritardata o bloccata. Tuttavia, il termine non è universalmente accettato, e
non c’è unanimità sul significato e sulle implicazioni.

Contaminazione: presenza di batteri che non aumentano di numero né causano problemi clinici.

Cute perilesionale: area compresa entro 4 cm dai margini della ferita.

Cute xerotica: cute secca

Debridement: vd. sbrigliamento


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Detersione: lavaggio del letto della ferita e della cute perilesionale con soluzioni non antisettiche allo scopo di
“rimuovere la sporcizia (materiale estraneo o detriti metabolici non aderenti)”.
Le principali tecniche includono:
Tamponamento: consiste nella pulizia meccanica di una ferita mediante contatto diretto (sfregamento)
con garze, spugnette, ecc, imbevute di soluzione fisiologica. È ritenuta una tecnica poco efficace per la
riduzione della carica batterica e potenzialmente traumatica per il tessuto di granulazione. [14]
Immersione: è una tecnica di detersione in cui la parte interessata viene immersa in un liquido. Ha il
vantaggio d i agire, oltre che sull’ulcera, anche sulla cute perilesionale. Per ovvie ragioni anatomiche,
è utile soprattutto per le ulcere dell’arto inferiore.
Irrigazione: implica una forza idraulica generata dal flusso di un liquido. È considerata il metodo
ottimale per detergere le lesioni cutanee.
Disinfettante: prodotto finalizzato all’eliminazione della maggior parte o tutti i microrganismi patogeni
sugli oggetti inanimati, ad eccezione delle spore batteriche. La disinfezione delle LdP non è né auspi cabile
né fattibile.

Dispositivo medico: “qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato
da solo o in combinazione, [ .. ] , destinato dal fabbricante ad essere impiegato nell’uomo a scopo di diagnosi,
prevenzione, c ontrollo, terapia o attenuazione di una malattia [ .. ]”. In questo documento, si fa
specificatamente riferimento a questi dispositivi medici di vario genere (che includono, ma non sono
limitati a: maschera o occhiali per ossigenoterapia, saturimetro, tubo endotracheale, tavola spinare,
collare cervicale, tutori, drenaggi, ago -cannula per accesso periferico, cateteri venosi centrali, sondino
nasogastrico, cateteri vescicali, ecc) che, causando una prolungata pressione sui tessuti, possono dare esito
ad una LdP.

Dolore procedurale: dolore derivante da una procedura di routine per la cura della ferita, ad esempio la
rimozione e l’applicazione della medicazione, la detersione e/o lo sbrigliamento (per lo più meccanico o con
taglienti) della ferita.

Epitelio: l’epitelizzazione è la rigenerazione dell’epidermide attraverso la superficie della ferita. Il


processo di riepitelizzazione inizia quando i cheratinociti basali migrano dai margini della ferita, avanzando in
modo centripeto fino a unirsi. Nelle LdP a spessore parziale il neoepitelio si sviluppa anche sottoforma di
isole all’interno del letto della LdP stessa. Il nuovo tessuto appare di colore più chiaro rispetto alla normale
pigmentazione (spesso è rosa chiaro). Quando una ferita è riepitelizzata , inizialmente lo strato epidermico
ha uno spessore di pochi strati di cellule e il nuovo tessuto appare traslucido. Questo neoepitelio è
vulnerabile ai danni causati dalle forze meccaniche, essiccamento ecc.

Escara: è costituita da tessuto devitalizzato; nello specifico, si tratta di tessuto di granulazione essiccato,
cute, tessuto adiposo o tendine o muscolo non più vitali. L’escara è di color nero o marrone, e prende il
colore dall’emoglobina presente nei tessuti.
Escara stabile: escara integra, di color nero e marrone, circondata da tessuti che non sono induriti,
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fluttuanti (liquido in movimento sotto il tessuto), crepitanti (tessuto che emette un crepitio alla
palpazione), dolenti, o drenanti, ma è secca, dura e coriacea. L’escara stabile è riscontrata più
comunemente sui talloni, negli arti ischemici o su altre prominenze ossee della gamba. La pratica
attualmente avallata è di lasciare intatta l’escara: le ragioni alla base di questa pratica sono che la
rimozione dell’escara aumenta il rischio di infezione negli arti ischemici perché c'è un’insufficiente
(o assente) perfusione sanguigna per fornire ossigeno, nutrienti o farmaci (es., antibiotici) alla ferita
aperta.
Escara instabile: è un tessuto in fase di ‘ammorbidimento’ dovuto alla produzione di enzimi proteolitici
endogeni o ad un aumento di enzimi proteolitici prodotti dai batteri nei tessuti. L’escara instabile al
tatto appare spugnosa, viscida, con emissione di secrezione purulenta; a livello perilesionale si
rileva edema, eritem a, calore, senso di tensione e/o dolore. L’escara instabile aumenta il rischio di
infezione sistemica, sepsi, e amputazione. L’infiammazione potrebbe anche indicare la presenza di
gangrena umida e deve essere prontamente valutata da un medico o chirurgo. L’escara instabile non
deve essere confusa con una escara deliberatamente ammorbidita attraverso l’uso di enzimi o di
idrogel.

Essudato: liquido prodotto da una ferita.


Essudato assente: nell’arco delle 24 ore, i tessuti della ferita sono asciutti o lievemente umidi.
Essudato basso: nell’arco delle 24 ore, i tessuti sono umidi; l’essudato coinvolge il 25% della medicazione.
Essudato medio: nell’arco delle 24 ore, i tessuti sono saturati; l’essudato coinvolge più del 25% e meno del
75% della medicazione.
Essudato alto: nell’arco delle 24 ore, i tessuti sono imbibiti dall’essuda to; l’essudato coinvolge più del
75% della medicazione.

Fascite necrotizzante: infezione che generalmente coinvolge il tessuto sottocutaneo e la fascia e che ne
provoca la necrosi.

Fibrina: termine utilizzato impropriamente come sinonimo di “slough ”. Indica una sostanza appiccicosa
che agisce normalmente come collante nella ricostruzione dei tessuti. Tuttavia se le ferita è troppo
asciutta o ha difficoltà nella guarigione, la fibrina si accumula a formare una patina che non è possibile
rimuovere tramite detersione e deve essere sbrigliata.
Fistola: anormale connessione che si verifica in due distretti corporei; può essere una comunicazione tra due
visceri o tra un viscere e la cute. In questo caso si parlerà di fistola entero -cutanea.

Flittene: vescicola che può essere a contenuto sieroso oppure a contenuto siero -ematico o ematico (vd.
rispettivamente vd. “Categoria/stadio II” e “Sospetto danno dei tessuti profondi” in “Stadiazione
NPUAP/EPUAP”).

Fondo della ferita: denominato anche “base”, o “letto”, o “pavimento” della ferita.
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
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Guarigione: processo dinamico durante il quale viene ripristinata l’integrità anatomica e funzionale.
Guarigione per prima intenzione : la ferita presenta margini approssimabili, con scarsa o assente dista nza fra
loro, e sono fissati con mezzi di sintesi come sutura, cerottini adesivi, graffette, colla cutanea ecc.
Guarigione per seconda intenzione: la ferita presenta una perdita di sostanza tale da rendere i margini
non approssimabili. La ferita ripara attraverso la formazione di tessuto di granulazione e,
successivamente, alla riepitelizzazione della superficie.
Guarigione per terza intenzione : denominata anche “primaria ritardata. È indicata nel caso in cui la ferita presenta
un alto livello di contaminazione che rende preferibile ritardarne la chiusura con mezzi di sintesi fino a quanto
la carica batterica è sotto controllo.

Incontinenza: perdita involontaria di urina e/o feci.

Infezione: moltiplicazione dei batteri che causano compromissione della guarigione e danneggiano i tessuti
della ferita (infezione locale). I batteri possono invadere l’area adiacente alla ferita (propagazione
dell’infezione) oppure entrare in circolo e causare danni all’organismo -ospite (infezione sistemica).

Lesioni da stripping: danno all’epidermide conseguente all’azione di rimozione di cerotti o medicazioni


adesive che possono provocare anche la denudazione della cute.

Margine: termine utilizzato come sinonimo di “bordo”. Più propriamente, descrive l’estremità di una
ferita poco profonda.

Medicazione: presidio progettato per proteggere e trattare una ferita.


Medicazione primaria: presidio progettato per essere posto a contatto diretto con il letto della ferita.
Medicazione secondaria: è intesa come medicazione di fissaggio o che va a supportare, integrare o
completare l’azione della medicazione primaria.
Medicazioni attive : medicazioni che regolano la guarigione delle ferite per mezzo di componenti
fisiologicamente attivi che agiscono ad un livello biochimico nel letto dell’ulcera, influenzando la cres
cita delle cellule o correggendo deficit chimici (es., fattori di crescita, collagene, acido ialuronico),
oppure prodotti che replicano uno strato (o più strati) della cute umana (es., innesti cutanei,
prodotti di bioingegneria tessutale). [
Medicazione avanzata: vd. medicazioni interattive.
Medicazioni interattive (o avanzate ): medicazioni che regolano la guarigione delle ferite attraverso
semplici mezzi fisico-chimici, in genere mediante il controllo dei livelli di umidità. Osservano il principio
di ‘ambiente umido’, in cui il punto centrale è creare/mantenere microclima fisiologico (giusto livello
di umidità, temperatura, pH ecc).
Medicazioni passive: medicazioni che non modificano il loro stato fisico o non interagiscono con la
fisiologia della ferita. Servono solo come barriere inerti senza funzione di regolamentazione
dell’umidità, sebbene siano in grado di assorbire l’essudato. Includono garze in cotone e in TNT, garze
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
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impregnate (con emulsioni, antisettici o altri principi attivi). Queste medicazioni soddisfano un limitato
numero dei requisiti di una medicazione ideale.

Necrosi: vd. Escara

Occlusività: capacità di una medicazione di ridurre la cessione di umidità dalla superficie di una ferita
all’ambiente esterno in quantità sufficiente da evitare la formazione della crosta. È misurata sulla base della
quantità di vapor acqueo che la medicazione rilascia.

Odore: “La sensazione specifica dell’organo dell’olfatto, diversa a seconda delle sostanze da cui è provocata”.
Una ferita viene definita maleodorante quando è offensiva e avvertita come tale da parte del
paziente, caregiver o professionista sanitario.

Osteomielite: processo di natura infettiva a carico del tessuto osseo (osteite) e/o del midollo osseo.

Prodotto barriera: si intende un prodotto in grado di isolare la cute dalle sostanze dannose o irritanti,
nonché da un eccesso di umidità, dovuta a essudato, urine e/o feci ecc. A questa categoria NON
appartengono prodotti a base di sulfadiazina d’argento (es., Sofargen), antibiotici topici associati o meno a
cortisonici (es., Gentalyn beta), antisettici e antimicotici topici che non devono essere utilizzati.

Saturazione della medicazione: limite massimo di assorbimento della medicazione.

Sbrigliamento (o debridement): l’atto di rimuovere materiale necrotico, escara, tessuti devitalizzati, tessuti
siero -crostosi, tessuti infetti, ipercheratosi, slough, pus, ematoma, corpi estranei, detriti, frammenti
ossei o qualsiasi altro tipo di bioburden [carica biologica] da una ferita con l‘obiettivo di promuoverne la
guarigione. Il debridement non comprende la revisione di una ferita, la resezione di tessuto funzionale o
l‘amputazione. Deve essere chiaramente distinto dall‘atto della detersione.
Sbrigliamento autolitico : processo fisiologico che può essere supportato da una strategia di gestione in
ambiente umido. È una tecnica selettiva che agisce in virtù degli enzimi endogeni del paziente e
dell’attivazione dei fagociti .
Sbrigliamento chirurgico : procedura eseguita in anestesia generale che implica la rimozione del tessuto
devitalizzato mediante vari strumenti chirurgici . È eseguita da un chirurgo in una sede dedicata come
la sala operatoria . È una procedura più invasiva dello s. con taglienti (vd.).
Sbrigliamento enzimatico : si basa sull’applicazione di enzimi proteolitici esogeni, in gel o in unguento, che
agiscon o in sinergia con quelli endogeni al fine di idrolizzare i legami peptidici e facilitare la rimozione del
tessuto non vitale.
Sbrigliamento meccanico: rimuove fisicamente il tessuto non vitale dal letto della ferita. Implica l’uso di
medicazioni a base di garze asciutte, garze bagnato -asciutte, medicazioni in fibre monofilamento.
Sbrigliamento con taglienti : procedura eseguita al letto del paziente o in ambulatorio che implica la
rimozione di tessuto devitalizzato tramite bisturi o forbici .
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LESIONI DA PRESSIONE E MEDICAZIONI AVANZATE
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Shock settico: grave complicanza della sepsi, caratterizzata da drastica riduzione della perfusione
tessutale.

Slough: anche se lo slough è solitamente descritto come un tipo di tessuto necrotico, in realtà non è un tessuto
fisico ma un sottoprodotto infiammatorio. Nello specifico, si tratta di un mix di proteine sieriche
(fibrina, albumina, immunoglobuline) e proteine della matrice (collagene) denaturate. Lo slough può
avere l’aspetto di una massa filamentosa, mollemente o saldamente adesa alla ferita. Mano a mano che
‘invecchia’, tende ad ispessirsi in una patina compatta. Frequentemente ospita batteri e biofilm. A s econda
dei batteri che contiene, lo slough può assumere diverse colorazioni. Lo slough di colore biancastro indica
che la colonizzazione batterica è scarsa; quello di color giallo o verdognolo indica una carica batterica più
alta. Lo slough è osservabile n elle LdP di categoria/stadio 3 o 4, ed indica una ferita a tutto spessore:
tuttavia se esso oscura il letto dell’ulcera quest’ultima non può essere stadiata. Le LdP di
categoria/stadio 2 non generano una risposta infiammatoria sufficiente a produrre slough . Lo slough può
essere confuso con normali tessuti anatomici come legamenti, fascia muscolare, tendini, capsule
articolari ecc.
Skin tear: “Una skin tear è una ferita causata dall’azione di forze di taglio, frizione e/o forze contundenti, con
consegu ente separazione degli strati della cute. Una skin tear può essere a spessore parziale (separazione
dell’epidermide dal derma) o a tutto spessore (separazione di epidermide e derma dalle strutture
sottostanti)”.

Sottominatura: perdita di contiguità del tessuto del bordo che crea una rima o una sporgenza del tessuto.
L’estensione di una LdP sottominata in superficie è inferiore rispetto a quella della sua base. La
sottominatura è descritta utilizzando il sistema ad orologio.
Tampone quantitativo: coltiva ed identifica i batteri e quantifica il numero delle unità formanti le colonie
(CFU) (batteri) per grammo di tessuto o mm 3 di pus.

Tampone semi-quantitativo: coltiva ed identifica i batteri, ma fornisce dati limitati sulla loro quantità. Il
cam pione prelevato viene inoculato su un terreno solido e strisciato in 4 quadranti. La crescita viene
segnalata come lieve, moderata o forte a seconda del numero di quadranti occupati.

Tecnica di Levine: detergere la ferita con soluzione fisiologica e asciugare con garze sterili. Non effettuare il
prelievo su essudato, pus, escara, slough/fibrina ispessita, ma su tessuto di granulazione. Ruotare l’estremità
dell’applicatore sterile con punta in alginato su un’area di 1 cm 2 per almeno 5 secondi. Imprimere una
pressione sufficiente con il tampone da far rilasciare l’essudato dall’interno dei tessuti della ferita. Utilizzare
una tecnica sterile per spezzare la punta del tampone nel dispositivo di raccolta per colture quantitative.

Tecnica pulita: comporta strategie utilizzate nella cura del paziente allo scopo di ridurre il numero
complessivo di microrganismi o di prevenire o ridurre il rischio di trasmissione di microrganismi da una
persona ad un’altra o da un luogo all’altro. La tecnica pulita prevede il lavaggio meticoloso delle mani, il
mantenimento di un ambiente pulito attraverso la preparazione di un campo pulito, l’uso di guanti puliti e
strumenti sterili, e evitando la contaminazione diretta di materiali. La tecnica pulita è ritenuta più appropri
ata nei setting di cure a lungo termine (es., RSA), in ambito di assistenza domiciliare, e in alcuni setting
ambulatoriali; per i pazienti che non sono ad alto rischio di infezione; e per i pazienti gestiti di routine con
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medicazioni per ulcere croniche, c ome ulcere venose, o ferite che guariscono per seconda intenzione
tramite tessuto di granulazione.

Tecnica sterile: comporta strategie utilizzate nella cura del paziente allo scopo di ridurre l’esposizione ai
microrganismi e mantenere oggetti e aree liberi da microrganismi per quanto possibile. La tecnica sterile
prevede il lavaggio meticoloso delle mani, l’uso di un campo sterile, l’uso di guanti sterili per
l’applicazione di una medicazione sterile, e l’uso di strumenti sterili. La tecnica sterile è ritenuta più
appropriata nel setting ospedaliero, per i pazienti ad alto rischio di infezione, e per alcune procedure,
come lo sbrigliamento con strumenti taglienti/chirurgico.

Tessuto di granulazione: il tessuto di granulazione sano è umido, luci do, di color rosso carne, e dall’aspetto a
bottoncini. Il tessuto di granulazione è costituito da nuovi capillari, matrice, fibroblasti e collagene. Esso
fornisce il ‘pavimento’ occorrente per promuovere la guarigione dai margini di una LdP a tutto spessor e.
Mano a mano che una lesione procede nella guarigione, uno strato di epitelio andrà a ricoprire il tessuto di
granulazione. Quando è sottoposto a una pressione eccessiva, il tessuto di granulazione si scurisce. In
assenza di un adeguato flusso di sangue diventa pallido.

TIME: acronimo coniato utilizzando le iniziali delle quattro componenti considerate dalla preparazione
del letto della ferita (wound bed preparation), ossia T = Tessuto non vitale o carente; I = Infezione o
infiammazione; M= Macerazione o secchezza (livello non equilibrato di umidità); E = Epidermide (Margini
non proliferativi o sottominati).

Trattamento locale: è costituito da detersione, eventuale debridement, e applicazione della medicazione.

Wound care palliativo: “Approccio olistico e integrato che comprende e coniuga la gestione dei sintomi
correlati alla ferita e il miglioramento del benessere psicosociale, mediante l’adozione di un approccio
multidisciplinare, al fine di indirizzare obiettivi incentrati sul paziente/familiari”. Esso “agisce in
congiunzione con trattamenti curativi” ed “è molto di più della mera gestione di dolore, essudato o
odore”.
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11. FONTI BIBLIOGRAFICHE

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