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Sessione 3 - Le comunità di villaggio dell’età del bronzo

Relazioni

Maurizio Cattani, Monica Miari


La Romagna tra antica e recente età del Bronzo

CARATTERISTICHE GEOGRAFICHE, RISORSE E AMBIENTE

Il territorio preso in esame in questo contributo è incentrato nelle moderne province della
Romagna (Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna) ed esteso verso ovest alla provincia di Bologna, verso
nord fino al corso del fiume Po comprendendo la provincia di Ferrara, ed infine verso sud a
considerare il territorio della Repubblica di San Marino e dei comuni da poco passati dalla
provincia di Pesaro Urbino a quella di Rimini.
Dal punto di vista meramente geografico la regione romagnola è in gran parte separata sia come
idrografia, sia come aspetti geomorfologici dal fiume Po, ma può essere considerata come la parte
della pianura padana, proiettata verso l’Adriatico e verso l’Italia centrale. L’orografia non
raggiunge quote elevate e proprio nella parte orientale è presente un corridoio caratterizzato da
lievi morfologie che ha da sempre comportato una maggiore frequenza di contatti, movimenti ed
interazioni con l’Italia peninsulare.
Nell’età del Bronzo la linea di costa era significativamente più arretrata rispetto a quella attuale
soprattutto in prossimità del delta del fiume Po (fino a ca. 30 km), mentre verso sud nelle attuali
province di Forlì-Cesena e di Rimini non ha subito eccessivi mutamenti (BONDESAN 1990, CIABATTI
1990, CIABATTI, VEGGIANI 1990). Tenendo in considerazione queste variazioni risulta che l’estensione
del territorio preso in esame corrisponde pertanto a 10479 km2. Tra le altre caratteristiche
fisiografiche che sono mutate nel tempo, determinante è il percorso del fiume Po, che nell’età del
Bronzo doveva aver attivo diversi rami, anche molto distanziati tra loro, che sfociavano
nell’Adriatico non con il sistema deltizio attuale, ma con singoli estuari. Il ramo meridionale
doveva essere il Po di Primaro, attivo fino all’età etrusca, oggi occupato dal percorso del fiume
Reno, mentre più a nord altri canali potrebbero essere indicati dalla posizione di alcuni siti come
Coccanile vicino a Copparo (FE) o Garda di Lavello (RO).
La conformazione geo-fisiografica della regione comprende diversi ecosistemi: l’ambiente costiero
con lagune e dune, la pianura fortemente articolata in altimetria con l’alternanza di dossi formati
dai numerosi spostamenti dei fiumi appenninici e delle zone vallive depresse intermedie, l’alta
pianura con i suoli migliori, ma qui fortemente meno estesi rispetto all’area emiliana, il territorio
collinare che si inoltra senza una vera discontinuità nelle vallate fino all’area di montagna con il
crinale poco elevato che raggiunge la quota massima di m 1654 nella vetta del monte Falterona.
Questa pluralità di ambienti ha certamente influenzato le scelte delle comunità dell’età del
Bronzo: ciò che meglio caratterizza la tipicità della Romagna è forse proprio la costa, dove non

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poche sono le segnalazioni di abitati che si trovavano a poca distanza dal mare. La costa era
caratterizzata dallo sbocco dei fiumi appenninici e da lagune con ambienti e risorse da non
sottovalutare nella interpretazione dello sviluppo demografico dell’epoca. Tra queste risorse, lo
sfruttamento del sale, raramente visibile nel record archeologico, doveva essere certamente
quella peculiare della zona costiera.
Le altre zone corrispondono alle specificità di tutta la fascia della pianura e del pedeappennino
dell’Emilia Romagna e portano a confondere gradualmente le caratteristiche della Romagna con
l’area terramaricola, in cui è ben evidente quanto fosse importante nel popolamento il rapporto
con i fiumi e le altre risorse idriche (risorgive, corsi minori, bacini). Il controllo territoriale, dalla
costa alle valli era uno dei fattori dominanti la programmazione economica, permettendo di
integrare le risorse alle esigenze delle comunità dell’età del Bronzo

Le segnalazioni con rinvenimenti databili all’età del Bronzo nell’area presa in esame ammontano a
311 (BO: 90, FE: 8, RA: 84, FC: 74, RN: 48,RSM: 3). A queste si potrebbero aggiungere per una
migliore valutazioni alcune delle 39 della provincia di Pesaro – Urbino (Fig. 1).

Fig. 1. Segnalazioni relative all’età del Bronzo della Romagna e delle province di Bologna e Ferrara (in nero).

La distribuzione di queste segnalazioni dipende principalmente dalle ricerche (CAVANI 2008, CAVANI
2009) e dalle occasioni di maggiore controllo del territorio grazie alla presenza di ricercatori e
gruppi di appassionati locali o di centri distaccati degli organismi preposti alla tutela, oppure dalle
condizioni di giacitura, spesso sepolti da coltri alluvionali nella zona di bassa pianura e
difficilmente raggiungibili dalle occasioni di scavi e ricerche. Va comunque rilevato che la maggior
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parte delle segnalazioni si colloca nella fascia altitudinale tra 0 e 50 m slm e principalmente in
quella tra 20 e 50 (fig. 2).

250

200
0-50 m
150
50-100 m
100 100-500 m
oltre 500 m
50

0
segnalazioni per fasce altitudinali

Fig. 2. Grafico con attestazioni nelle seguenti classi di altitudine: 0-50 (205); 50-100 (42); 100-500 (54); 500-1700 (8).

INQUADRAMENTO CRONOLOGICO E CARATTERISTICHE DEL POPOLAMENTO

Il quadro qui presentato potrebbe mutare significativamente nel momento in cui le numerose
segnalazioni genericamente attribuite all’età del Bronzo (circa 1/3: 106) o ad una delle sue fasi
(medio: 7 e recente: 51) possano essere meglio circostanziate dal punto di vista tipologico e
cronologico. Si ritiene tuttavia utile per un confronto con le altre situazioni regionali limitrofe
tentare di riassumere le tappe più significative dell’evoluzione del popolamento in Romagna e
nelle province ferrarese e bolognese.
Appartengono al Bronzo antico 27 aree insediative, 1 area sacra, 2 aree sepolcrali, 6 bronzefunde,
6 grotte, 5 rinvenimenti imprecisabili, 2 rinvenimenti isolati, 3 ripostigli.

L'antica età del Bronzo (2300 – 1650 a.C.)

Per gli inizi dell'età del Bronzo in Romagna, già nel passato era emersa con chiarezza l'esistenza di
due fasi nettamente distinte, di cui la prima permeata di elementi di tradizione campaniforme.
Come già tratteggiato nella relazione generale sull'Eneolitico, la prima fase del Bronzo Antico in
Romagna appare, infatti, l'esito finale di un più ampio ciclo di popolamento che ha inizio almeno
intorno alla metà del III millennio a.C.
Tale aspetto, tradizionalmente definito in Romagna stile della Tanaccia (BARFIELD 1987; BERMOND
MONTANARI et al. 1996; COCCHI GENICK 1998) e contraddistinto dal permanere della tradizione
campaniforme (con decorazioni relative al Campaniforme evoluto) a fianco della comparsa di
elementi Polada, si raccorda sia con quanto attestato nell'area centrale della regione (fase

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Tardicampaniforme: Ferrari 2009) sia con l'Epicampaniforme toscano (LEONINI et al. 2008; CARTOCCI
et al. 2008).
Per la Romagna non abbiamo date assolute disponibili per questa fase; possiamo però presumere
che non si discostino troppo da quelle ottenute per le abitazioni della Stellina di Castenaso,
comprese tra XXI e XX sec. BC (CADEDDU et al. cs).
Tale continuità trova, d'altronde, riscontro in una più generale dinamica di occupazione del
territorio, sostanzialmente unitaria in un arco di tempo compreso tra una fase tarda dell'Eneolitico
e agli inizi dell'età del Bronzo e che è attestata sia nei siti di abitato (Riolo Terme: MIARI 2007;
Provezza di Cesena: Fig. 3; MIARI et al. 2009a; Fornace Cappuccini di Faenza: MORICO 1996a), sia in
contesti di carattere rituale (Panighina di Bertinoro: MORICO 1996b; 1997), sia infine nelle grotte
della Vena del Gesso (comprensorio del Farneto: BELEMMI et al. 1996; grotta del Re Tiberio:
PACCIARELLI, VON ELES 1994; Tanaccia di Brisighella: FAROLFI 1976; MASSI PASI, MORICO 1996).

Fig. 3. Cesena, Provezza, fasi 4/5.

Il recente riesame del complesso della Grotta dei Banditi ha portato alla formulazione di alcune
interessanti ipotesi relative allo sviluppo del Bronzo Antico in Romagna (PACCIARELLI 2009 e
comunicazione).
La prima ipotesi, di carattere cronologico, riguarda la possibilità di individuare una fase successiva
al Bronzo Antico iniziale, così come precedentemente delineato, ma comunque anteriore
all'aspetto evoluto evidenziato lungo la fascia costiera, a Valle Felici (BERMOND MONTANARI 1991-92)

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e Cattolica (MIARI et al. 2009b) e caratterizzata dall'assenza, da un lato, della ceramica di tradizione
campaniforme e dall'altra degli elementi propri della fase successiva. Coerente con l'analisi
tipologica, la datazione disponibile per la Grotta dei Banditi (1950-1690 BC cal. 2 sigma) si colloca
tra il BAI finale e la prima parte del BAII poladiano (DE MARINIS 1992).
Si evidenzierebbe così, inoltre, la continuità nella frequentazione delle grotte, non solo a scopo
funerario, come attestato per il Re Tiberio (PACCIARELLI, VON ELES 1994), ma anche “cerimoniale” e/o
rituale, oltre i limiti della prima fase del Bronzo Antico (Fig. 4).

Fig. 4. Grotta del Re Tiberio. Ceramiche.

In un range solo di poco posteriore a quello della Grotta dei Banditi si collocano le due datazioni
(1890-1640 BC; 1880-1610 BC) disponibili per l'abitato di recente scoperta in via Ravegnana a Forlì.
Alla periferia settentrionale della città, tra il 2008 e il 2009, i lavori per la realizzazione del
sottopasso della tangenziale hanno portato in luce, alla profondità di circa 2,8 metri dal livello
attuale del suolo, un villaggio dell'antica età del Bronzo (cfr. comunicazione MIARI et al.).
L'insediamento, che è stato esplorato su di una fascia lunga 100 metri e ampia 60, per un'ampiezza
complessiva di 6.000 mq, non presenta successioni stratigrafiche orizzontali e sovrapposizioni
significative di strutture: pare quindi da inquadrasi in un'unica fase abitativa (Fig. 5).
Il villaggio è caratterizzato da una regolare organizzazione degli spazi, con grandi abitazioni a
pianta absidata edificate secondo allineamenti paralleli, intervallate da aree di servizio.
Una sola abitazione presenta pianta rettangolare, di dimensioni, però, complessivamente simili a
quelle absidate.
Strutture più piccole, a forma sia circolare che quadrangolare dovevano costituire piccoli
magazzini, recinti o palizzate di protezione di focolari esterni. Buche di scarico e pozzi per la
captazione dell'acqua si trovavano, infine, in una zona depressa e maggiormente umida
dell'insediamento, in corrispondenza di un antico corso d'acqua non più attivo.

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Fig. 5. Forlì, Via Ravegnana.

I materiali rinvenuti nel suolo di abbandono, nei pozzetti, in corrispondenza dei focolari e nelle
buche di palo, se pur non molto numerosi e fortemente frammentari, si inseriscono bene in un
panorama non iniziale del Bronzo Antico (Fig. 7). Scarsi gli elementi di tradizione campaniforme
(un frammento decorato e una scodella a calotta con orlo appiattito) prevalgono i boccaletti a
carena bassa, con confronti tra i materiali del Bronzo Antico di Faenza - Fornace Cappuccini e del
Farneto di Bologna (Fornace Cappuccini di Faenza: MORICO 1996a; BELEMMI et al. 1996), di tazzine a
profilo sinuoso, attestate a Borgo Panigale (CATARSI DALL'AGLIO 1997), di vasi decorati a cordoni lisci
e anse a gomito con prolungamento più o meno accentuato. Completamente assenti, invece, gli
elementi più avanzati, quali le anse a nastro con prolungamento pseudoasciforme o ad ascia.

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Fig. 7. Forlì, Via Ravegnana.

Sempre dal territorio di Forlì, si colloca in una fase piena del Bronzo Antico (CARANCINI 1993;
BERMOND MONTANARI 1996) il ripostiglio di bronzi di San Lorenzo in Noceto, rinvenuto nel 1674 nei
pressi della riva del fiume Rabbi, lungo uno dei tracciati a lunga percorrenza che da oltre
Appennino conduceva alla Pianura Padana. Al momento della scoperta si contavano 41 asce, di cui
ne sono rimaste solo due, a margini rialzati, tallone semicircolare con incavo e taglio espanso e
cinque o sei pugnali a manico fuso, andati tutti, purtroppo, dispersi. Sempre dal territorio forlivese
provengono altre tre asce riferibili con certezza al periodo in esame (ib.)

Ad una fase piena-evoltuta del Bronzo Antico vanno riferiti i due insediamenti costieri di Valle
Felici di Cervia e Cattolica.
Si tratta, in entrambi i casi, di abitati che sorgono in siti precedentemente non occupati,
caratterizzati dalla presenza di tipologie vascolari riferibili a partire da un momento avanzato del
Bronzo Antico agli inizi del Bronzo medio.
Mentre nell'abitato di Valle Felici (BERMOND MONTANARI 1991-1992) le due fasi risultavano
stratigraficamente distinte, non così in quello di Cattolica, in cui la continuità del ciclo insediativo è
attestata dall'assenza di cesure nella successione stratigrafica (MIARI et al. 2009b).

7
Il sito sorge in prossimità dell'antica linea di costa e lungo la riva sinistra di un paleoalveo allora
attivo. L'insediamento si caratterizza per la presenza di strutture abitative a terra, a pianta
rettangolare absidata, con fondazioni su buche di palo, piastre di focolari e fosse-silos all'interno
(cfr. comunicazione MIARI et al.).
Tra gli aspetti maggiormente peculiari, oltre alla presenza di aree con scarti di macellazione (cfr.
comunicazione CURCI et al.), si segnala la vocazione produttiva del sito, con zone dedicate alla
lavorazione della selce (cfr. poster Vaccari, Fontana) e l'attestazione della raccolta di molluschi,
con probabilità dall'area della vicina falesia del San Bartolo, per la produzione tramite molatura e
perforazione di elementi ornamentali.
Tra i materiali caratteristici di una fase piena/evoluta del Bronzo antico si evidenzia la presenza di
anse a gomito con prolungamento pseudoasciforme e asciforme; prese a bottone circolare e ovale
associate a grandi forme vascolari; serie di cordoni lisci con sintassi a T e motivi ad occhiello.
La fase successiva, riferibile al BM1, rivela la presenza sia di tipi caratteristici del protoappennnico
1, quali le anse con alta sopraelevazione nastriforme ed estremità ad ascia a margini espansi sia di
decori ad incisione ben rappresentati nella facies di Belverde (CARANCINI et al. 1996) confermando
quindi la consistente penetrazione in tale fase di elementi peninsulari (PACCIARELLI 1997, p. 423)
L'importanza del popolamento della fascia litoranea della Romagna nel corso del Bronzo antico è,
infine, messa in risalto da numerose segnalazioni che punteggiano la linea di costa nel tratto
compreso tra Misano e Riccione). Frutto per lo più di recuperi del passato, tra queste segnalazioni
meritano di essere ricordate quella relativa ad un insediamento a Riccione, in via Castrocaro, con
fondi di capanne con pozzetto centrale e le due asce di bronzo dal riminese, una riferibile ad un
momento iniziale del BA, l'altra con caratteristiche formali più evolute (BERMOND MONTANARI et al.
1996).

Sito Codice Lab. materiale Radiocarbon Age Data Calibrata Bibliografia


(BP) 2σ
Grotta dei Banditi LTL1379A osso 3500±50 1950-1690 BC Pacciarelli 2009
(RA)
Forlì – Via LTL4945A carbone 3419±45 1880-1610 BC
Ravegnana
Forlì – Via LTL4945A carbone 3451±45 1890-1640 BC
Ravegnana
Datazioni Radiometriche da Grotta dei Banditi e da Forlì, via Ravegnana.

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La media età del Bronzo (BM1 ca. 1650-1550 – BM2 ca. 1550-1450 – BM3 ca. 1450 -1350)

Il quadro conoscitivo attuale sul popolamento nel momento di passaggio tra la fase più tarda del
Bronzo antico e l’inizio della media età del Bronzo mostra una netta cesura nelle evidenze
archeologiche.
Delle 27 attestazioni di abitato del BA solo 3 continuano nel BM, di cui almeno due (Valle Felici e
Cattolica) solo nel primo momento della fase, mentre delle 6 attestazioni in grotta solo 2 sono
frequentate nel BM1. L’esplosione demografica che accompagna e caratterizza le fasi medie ed
avanzate dell’età del Bronzo pare non includere gli abitati con cronologia più antica.

Fig. 7. Segnalazioni databili alla media età del Bronzo.

Per una ricostruzione del popolamento del BM è necessario fare riferimento al quadro cronologico
presentato nella mostra sulle Terramare (PACCIARELLI 1997), che comprende una seriazione distinta
in tre fasi:
1^ fase: BM1 A: elementi del protoappenninico e della facies di Belverde in cui l’indicatore
principale è la presenza dell’ansa ad ascia.

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2^ fase: BM1B: facies di Grotta Nuova con gli elementi caratteristici tra cui il manico a nastro con
estremità a rotolo, la ciotola a profilo sinuoso, la ciotola ad orlo rientrante, la presa a lobo o a
rocchetto, o la presa a due fori verticali.
3^ fase già BM2: compresenza di elementi della facies di Grotta Nuova e della facies terramaricola
(in successione cronologica?)

Questa ipotesi fondata sulla sequenza stratigrafica di Valle Felici e su quella tipologica dei materiali
di Monte Castellaccio necessita di una migliore analisi attraverso la ridefinizione dei singoli
indicatori utilizzati (prevalentemente ceramici). Il recente scavo di Cattolica (MIARI et al. 2009)
sembra confermare l’esistenza di una prima fase del BM in cui gli elementi tipologici in continuità
con la fase finale del BA si affiancano alle anse ad ascia, così come era stato messo in evidenza
nello scavo di Valle Felici (BERMOND MONTANARI 1992), dove erano stati riconosciuti due orizzonti,
separati da un livello sterile, uno databile al BA ed uno con anse con sopraelevazioni ad ascia
attribuito al BM iniziale. L’orizzonte più recente di Valle Felici è caratterizzato dalla pressoché
totale assenza degli indicatori della facies di Grotta Nuova, mentre considerevolmente numerose
sono le sopraelevazioni con terminazione a bottone o con estremità asciforme. In particolare,
questo secondo elemento, un vero e proprio fossile guida delle fasi iniziali del BM, richiede
tuttavia un’analisi tipologica e distributiva più articolata volta all’inquadramento generale nel
contesto più ampio dell’Italia centro-settentrionale. Dopo la prima definizione tipologica di
Ceccanti (CECCANTI 1979) di questo indicatore si è spesso fatto un utilizzo troppo generico
(terminologia di ansa ad ascia applicata indistintamente a tipi decisamente differenti) o al
contrario troppo selettivo verso alcuni tipi che non trovano precise corrispondenze nella
precedente proposta di classificazione (terminazione espansa semicircolare).
L’ansa ad ascia si colloca cronologicamente nel BA2 con i due tipi principali dell’ansa a gomito che
assume una sopraelevazione più o meno sviluppata in verticale, e dell’ansa a nastro che si
prolunga verso l’esterno e verso l’alto con una vera e propria estremità che più propriamente
richiama il modello dell’ascia in metallo.
Il primo modello si inserisce nelle tipologie del BM1 principalmente nell’area a nord del Po, dove in
certi ambiti continua ad essere attestato nel BM2, mentre in altri scompare definitivamente
(CONDÒ, FREDELLA 2007, p. 257; DE MARINIS 2007, p. 12). Nella regione presa in esame il tipo è
attestato al Farneto, a Monte Castellaccio, mentre il confronto più vicino in area terramaricola è
nella 1 fase del villaggio di Gaggio (BALISTA et al. 2008).
Il secondo modello, apparentemente comparso nel protoappenninico dell’Italia meridionale ha
una estesa distribuzione che arriva fino alla Provenza (DAMIANI 1997), ma che assume una precisa
connotazione regionale nella fascia adriatica con gli esemplari marchigiani (Ancarano, Cava
Giacometti di Arcevia, Castel di Lama) ed emiliano-romagnoli di Cattolica, Valle Felici, e Farneto1.

1
Da non sottovalutare la presenza di questo tipo anche nei contesti toscani di Dicomano (SARTI 1980) e Semitella
(BALDUCCI, CUDA, SARTI 2008)
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Diverso è il caso delle estremità semicircolari o molto espanse, talvolta decorate che potrebbero
rappresentare un evoluzione del tipo in un momento seriore (DE MARINIS 1991-1992). A questo
modello, ben rappresentato negli esemplari di Cadrezzate (VA), di Dorno e Gambolò (PV),
Chiaravalle (PC), Quingento (PR), La Braglia (RE), appartengono i frr. di Montirone (Fig. 8; BAZZOCCHI
2010), Bondeno (FE) e Coriano (PRATI 1996). Proprio questi ultimi si caratterizzano per il profilo
dell’estremità ampio e semicircolare, simile ad un esemplare di Ancarano (BALDELLI et al. 2005).

Fig. 8. Montirone di S. Agata Bolognese. Anse con estremità ad ascia (da BAZZOCCHI 2010).

Ancora come tipologia differente dovrebbero essere valutate le estremità purtroppo


frammentarie ma molto caratterizzate per il taglio espanso e per la sezione spessa e rettangolare
dell’impugnatura degli esemplari di S. Pietro in Isola (CARDARELLI 1988). Questi esemplari sono
riconducibili più probabilmente a manici come farebbe ipotizzare il frammento di attacco su
piccola ciotola attingitoio (CARDARELLI 1988, fig. 50,5) supportata dalla presenza di un manico con
estremità a brevi corna tronche (CARDARELLI 1988, fig. 51,1) e pertanto non comparabili con le altre
anse a nastro con sopraelevazione ad ascia. Questo modello di impugnatura con estremità ad ascia
presentato frequentemente come indicatore di una fase di BM1, precedente anche l’affermazione
dei tipi Grotta Nuova (BERNABÒ BREA, CARDARELLI, CREMASCHI 1997) potrebbe essere rivalutato sia per
la diversa tipologia dell’impugnatura, sia per l’associazione nel contesto con numerosi tipi Grotta
Nuova e pertanto più indicativo di una fase avanzata, probabilmente immediatamente precedente
o addirittura contemporanea alla fase con compresenza di materiali Grotta Nuova e terramaricoli.
A conferma di questa ipotesi potrebbero essere i reperti tipologicamente più vicini a manici
piuttosto che alle anse a nastro degli esemplari di Gaggio e di Grotta del Mezzogiorno.
11
Più incerta è nell’area della Romagna la successiva fase che secondo quanto proposto da Pacciarelli
dovrebbe essere testimoniata dalla comparsa degli elementi Grotta Nuova (PACCIARELLI 1996, 1997).
Il modello più incisivamente confermato da Cocchi Genick, a seguito di una esemplare analisi
sistematica dei dati disponibili (COCCHI GENICK 2001, 2002) non è tuttavia testimoniata da scavi
stratigrafici in Romagna e non sarebbe sufficiente l’analisi tipologica dei reperti di Monte
Castellaccio ad identificare questa fase intermedia.
Dati più consistenti vengono a supporto di questa ipotesi da recenti ricerche effettuate più ad ovest
tra modenese e bolognese: i recenti scavi di Gaggio (BALISTA et al. 2008), Montirone (da ultimo
BAZZOCCHI 2010), Baggiovara (inedito, ma cfr comunicazione CARDARELLI et al.) Chiesaccia (inedito),
nonché il rinvenimento di superficie di Recovato (CATTANI 2009d), si aggiungono ai noti siti di San
Pietro in Isola (CARDARELLI 1988) e Castelvetro S. Polo (CATTANI 1997) e mostrano l’esistenza di un
aspetto antecedente alla facies cd. di Tabina in cui la presenza delle tipologie Grotta Nuova è
associata a indicatori di BM1 come anse a nastro con sopraelevazioni a corna accennate (presenti
a Coriano, Solarolo, Prevosta, Monte Castellaccio, Farneto, Montirone, Rastellino, Gaggio),
scodelloni con decorazione sulla vasca esterna a fasci radiali di linee incise o segnate da sottili
solcature (Coriano, Solarolo, Monte Castellaccio, Farneto, Montirone), tazze con solcature
orizzontali e decorazione a fasci di segmenti verticali paralleli (Coriano, Gaggio, San Polo Canova),
prese canaliculate semplici o a lobo (Fig. 9,tipo 522 Grotta Nuova, per il quale si ipotizza un’origine
nell’area emiliana), prese di forma simile, ma prive di foro (Solarolo, Rastellino, Pilastri). A queste
verrebbero ad aggiungersi le impugnature con terminazione ad ascia espansa o semicircolare.

Fig. 9. Carta di distribuzione delle prese canaliculate con apici a lobo tipo 522 (poco sviluppata in larghezza) della
classificazione Cocchi Genick (COCCHI GENICK 2001) con aggiornamenti.
12
La frequenza dell’associazione di queste tipologie è ben rappresentata proprio nel contesto del
bolognese e della Romagna, evidenziando come le caratteristiche del gruppo Farneto – Monte
Castellaccio non siano solo collegate alla facies di Grotta Nuova, ma che fondendosi sempre più
con indicatori “settentrionali”, si configurano come un aspetto autonomo già nel BM1 generato
proprio dalla combinazione di vari elementi culturali. Valutando la distribuzione di alcune tipologie
ceramiche verso occidente, si può affermare che potrebbe aver contribuito in modo significativo
nella formazione dell’aspetto terramaricolo orientale2.
Rimangono tuttavia ancora dubbi sulla cronologia e sulla durata di questa fase e soprattutto sul
momento in cui cominciano a diffondersi le anse a nastro con sopraelevazioni a corna tronche che
caratterizzeranno l’aspetto di Tabina e la successiva fase di BM2.
Proprio in questo momento la compresenza e talvolta la fusione degli indicatori della facies
propriamente terramaricola e di quella di Grotta Nuova sono la caratteristica peculiare dell’ambito
romagnolo del BM2. I materiali di Monte Castellaccio (MORICO, PACCIARELLI 1996), di Coriano (PRATI
1996) sono integrati dai recenti scavi nel sito di Via Ordiere a Solarolo (RA) in cui lo scavo
stratigrafico ha dimostrato una perfetta associazione delle tipologie altrove caratterizzanti facies
autonome (CATTANI 2009b, cfr. poster CATTANI et al.).
In tutti questi casi, più che individuare una successione cronologica tra espansione della facies di
Grotta Nuova seguita dall’espansione della facies terramaricola, si preferisce suggerire il
riconoscimento di un aspetto autonomo, pienamente formato nel BM2 e caratterizzato proprio
dalla fusione degli aspetti culturali3 che troverà una piena continuità anche nelle fasi successive.
L’abitato di Via Ordiere è un ampio villaggio di ca. 7 ha configurato in più nuclei insediativi distinti
con una durata dal BM1 finale al BR avanzato (CATTANI 2009b). Gli scavi si sono concentrati nel
settore 1, in cui è conservata la stratificazione dal momento iniziale fino ad un momento non
avanzato del BM2, mentre il resto del deposito è stato rimaneggiato dai lavori agricoli e
testimoniato solo da reperti rinvenuti in superficie. L’attribuzione cronologica della fase è
supportata da date C14 e identifica il momento di massima diffusione delle anse a corna poco
sviluppate con terminazione breve tronca, ad appendice conica o arrotondata e delle decorazioni a
solcature.

Datazioni calibrata e relativa


Codice Provenienza Radiocarbon Age (BP) 13
δ C (‰) probabilità 2σ
LTL5044A US 36 T1 3254 ± 45 -30.1 ± 0.5 1630BC (95.4%) 1430BC
LTL5045A US 89 3353 ± 45 -24.8 ± 0.3 1750BC (95.4%) 1520BC
Datazioni radiometriche dall’abitato di Solarolo, via Ordiere

2
La presenza di indicatori attribuibili alla facies di Grotta Nuova in Emilia, considerata come l’evidenza di una fase
BM1 preterramaricola potrebbe indicare in questo caso il contributo apportato dalle comunità più orientali.
3
Per una discussione sul concetto di cultura e sulle modalità di riconoscimento della valenza degli indicatori
archeologici si rimanda alla comunicazione in programma di Cattani M. Aspetti culturali ed identità sfumate nell’età
del Bronzo dell’Emilia Romagna
13
I tipi meglio rappresentativi di questa fase sono già stati riconosciuti nei contesti di Monte
Castellaccio e di Coriano. I dati provenienti dallo scavo di via Ordiere permettono di selezionare
come caratteristici di una continuità nel BM2 alcune tipologie come il manico a nastro con
estremità a rotolo (Fig. 10; DEBANDI 2009), la presa a lobo o a rocchetto e le ciotole a profilo
sinuoso, che si rinvengono con una abbondante frequenza insieme alle anse a corna tronche e alle
decorazioni a solcature (Fig. 11).

Fig. 10. Distribuzione dei manici a nastro caratterizzati dalle decorazione distinti per tipo (da DEBANDI 2009). A destra, es. di manico
a nastro ed estremità a rotolo con nervatura esterna da Solarolo, via Ordiere.

Testimonianza di una continuità tra BM1 e BM2 sono le 12 attestazioni (di cui 3 terramare, 2 in
grotta, 2 abitati d’altura e 5 abitati generici), mentre i nuovi siti (11) sono il chiaro segnale della
continua espansione demografica, al pari di quello che avviene nell’area emiliana (Fig. 12). Di
questi, 7 sono abitati generici, 1 imprecisabile e 2 abitati d’altura.

14
Fig. 11. Fr. di anse a corna tronche da Solarolo, via Ordiere.

Fig.. 12. Siti con continuità nelle fasi BM1 e BM2.

L’analisi delle forme del popolamento difetta ampiamente di indagini recenti e gli unici dati
utilizzabili indicano la presenza di abitati dalle dimensioni contenute, solitamente entro 1 ha (M.
Castellaccio, Solarolo, via Ordiere settore1, Coriano), ma distribuite diffusamente nel territorio
15
(PACCIARELLI, VON ELES 1994). Anche sulle tipologie delle unità abitative i dati sono troppo disparati
per proporre un unico modello: sono documentate infatti capanne circolari o rettangolari con
pavimento a terra (M. Castellaccio), case a pianta rettangolare con piattaforma in crudo (Solarolo),
capanne seminterrate (fondi di capanna) e non si esclude la presenza di impianti su impalcato
sorretto da pali verticali.

La successiva fase di BM3 è riconoscibile per la presenza nella ceramica di modelli di


sopraelevazione a corna più sviluppate e diversificate rispetto alla fase precedente, ma soprattutto
per la presenza di ceramica con decorazione appenninica e con maniglie e prese fortemente
sviluppate verso l’esterno con estremità espanse.
La parte orientale della regione sembra non aderire completamente alla moda delle anse falcate,
con dischi frontali o a corna sviluppate, apparentemente limitate fino al bolognese occidentale
(Gaggio, Montirone di S.Agata B., Zenerigolo, Pragatto, Bazzano). I numerosi tipi realizzati con
grande cura e con ricco assemblaggio di solcature, bugne e cuppelle non sembrano essere prodotti
nei siti più orientali, mentre numerose sono le attestazioni delle corna allungate semplici o delle
anse a dischi frontali, peraltro sempre di piccole dimensioni rispetto alle grandi anse del modenese
e con decorazione all’estremità semplificata alla sola presenza della bugna.
Il panorama delle anse con sopraelevazione non sembra molto dissimile dall’area dell’Emilia
orientale (parte della provincia di Modena e provincia di Bologna). Sembra pertanto verificarsi una
perfetta continuità delle caratteristiche regionali che già nel BM2 hanno permesso di focalizzare
nel territorio emiliano orientale e romagnolo una condivisione di elementi diversi dall’area
terramaricola occidentale e altrettanto distinta dai contesti centro-italici.
Sono invece attestate con una presenza in progressione inversa da est verso ovest le ceramiche con
decorazione appenninica, formata da motivi geometrici (triangoli, losanghe, spirali, meandri),
frequentemente articolati in sintassi molto complesse, incisi o excisi, di frequente campiti da
puntini e che prevede l’uso di una pasta bianca di riempimento per ottenere un maggiore effetto
cromatico (Fig. 13). Per un inquadramento della distribuzione della ceramica appenninica
nell’Italia peninsulare si fa riferimento al lavoro di I. Macchiarola dove sono posti in evidenza sia la
decorazione molto accurata realizzata ad incisione e ad intaglio, sia una precisa ripartizione degli
spazi selezionati nella morfologia dei vasi (MACCHIAROLA 1987). Per la produzione romagnola
invece, è già stato segnalato in altri contributi come, rispetto alle altre produzioni, sia resa con
un’esecuzione approssimativa.

16
Fig.. 13. Distribuzione della ceramica con decorazione appenninica (dati da MACCHIAROLA 1987 con
aggiornamenti).

La presenza di ceramica con decorazione appenninica, tradizionalmente inserita nella fase del
BM3, potrebbe espandersi, almeno nel contesto romagnolo, anche alle prime fasi del BR. La
presenza di ceramica decorata in contesti che non hanno restituito altri indicatori di BM (cfr.
comunicazione su Monterenzio) e la presenza nelle tazze di decorazione appenninica associate ad
anse cilindro-rette4 suggeriscono una possibile continuità d’uso nel BR1.

Sebbene si possa affermare che in base alla distribuzione della ceramica con decorazione incisa la
Romagna appartenga al mondo culturale appenninico, altre tipologie ceramiche (soprattutto di
impugnature dei vasi) non trovando riscontri nei siti coevi dell’Italia centro-settentrionale,
sembrano caratterizzare un aspetto regionale distinto romagnolo e adriatico comprendente il
territorio dal bolognese all’Abruzzo settentrionale:
- varie tipologie di maniglia con apici a terminazione appuntita, a brevi corna o cilindriche, a
brevi corna con appendici coniche, a cornetti, espanse, a lobo (Fig. 14). In alcuni tipi si assiste ad

4
Questa associazione è stata fino ad oggi utilizzata per testimoniare la comparsa della sopraelevazione cilindro-retta
già nel BM3. Mantenendo confermata questa ipotesi, riconosciamo piuttosto come prototipo attestato alla fine del
BM3 solo le sopraelevazioni di piccole dimensioni come indicano i rinvenimenti di Cappuccinini (FC) e di Zenerigolo
(San Giovanni in Persiceto – BO). I casi di associazione tra decorazione appenninica e ansa cilindro-retta, attestati a
Villa Cassarini (KRUTA POPPI 1976) e Solarolo, via Ordiere (PACCIARELLI, VON ELES 1994) mostrano invece una tipologia di
cilindro allungato, simile pertanto a tutte le altre attestazioni di BR. L’estensione della decorazione appenninica alle
fasi iniziali del BR risolverebbe inoltre il problema della associazione in alcuni contesti con ceramiche del TEIIIB e
conseguentemente permetterebbe di accettare la datazione assoluta del passaggio BM3 –BR1 alla metà del XIV
secolo.
17
una vera e propria assimilazione di elementi tipici della cultura terramaricola (per es. le corna
espanse) che vengono innestati sulle maniglie, impugnatura maggiormente articolata nelle facies
centro-italiche.

Fig. 14. Carta di distribuzione delle maniglie con apici espansi. A destra fr. di maniglia con apici espansi da Zenerigolo
di S. Giovanni in Persiceto (da TESINI 2010).

- l’ansa a nastro con foro verticale (Fig. 15).

Fig. 15 Carta di distribuzione dell’ansa anastro con foro verticale e rappresentazione grafica dell’esemplare di
Meldola (da GONZALES MURO, MAINI, MAZZARI 2010).

18
Il panorama delle anse con sopraelevazione espanse è certamente minore rispetto all’area
terramaricola vera e propria, ma non sembra molto dissimile dall’area dell’Emilia orientale (parte
della provincia di Modena e provincia di Bologna). Sembra pertanto verificarsi una perfetta
continuità delle caratteristiche microregionali che già nel BM2 hanno permesso di focalizzare nel
territorio emiliano orientale e romagnolo una condivisione di elementi diversi dall’area
terramaricola occidentale e altrettanto distinta dai contesti centro-italici.
Alla luce dei quadri distributivi degli indicatori analizzati in questa sede e della presenza delle
fogge tipiche e peculiari sopra presentate, la Romagna, più che area di confine che subisce le
influenze tipologico-culturali provenienti dai due poli maggiori - area terramaricola e Italia
peninsulare- si delinea sempre più come un’area dotata di caratteristiche proprie, in grado non
solo di rielaborare modelli, ma di crearne di originali; già Ida Macchiarola segnalava, nel 1995,
come ipotesi di lavoro, la possibilità che quella serie di siti del territorio bolognese e della
Romagna, che vengono identificati nelle prime due fasi del Bronzo Medio, come gruppo di
Farneto-Monte Castellaccio, potessero rappresentare un gruppo analogo anche nella successiva
terza fase (MACCHIAROLA 1995, p. 455).

Nelle fasi finali della media età del Bronzo il popolamento del territorio romagnolo sembra non
avere interruzioni e continua il progressivo aumento demografico con un numero di siti maggiore
rispetto alla fase precedente. In questa fase sono stati identificate 45 segnalazioni di cui 18 in
continuità con BM2 e 37 nuovi. Tra questi si segnalano 3 terramare (in continuità dal BM2), 30
abitati generici, 2 imprecisabili, 7 abitati d’altura, 2 in grotta, 1 necropoli ad incinerazione, 3
necropoli ad inumazione di incerta attribuzione.
La riorganizzazione del popolamento che viene a concentrarsi in grandi abitati, abbandonando
alcuni dei piccoli abitati delle fasi precedenti, così come è stato proposto per l’area emiliana e
identificato da Pacciarelli per l’imolese, sembra confermarsi anche in Romagna. Sono presenti
nell’area romagnola grandi abitati che raggiungono dimensioni di alcuni ettari come Trebbo (6-8
ha VITALI 1998, p.), Prevosta (4-5 ettari, PACCIARELLI, VON ELLES 1994, p. 40), S. Giuliano di Toscanella
(1,65 ha, MORICO 2007, p. 139), Bertarina di Vecchiazzano (1,7 ha a cui dovrebbero aggiungersi più
4.000 mq erosi in varie epoche dal vicino fiume Montone, MASSI PASI 1997, p. 204), Case Missiroli
(10 ha MASSI PASI, STOPPIONI, 1988, GABUSI 2010), Capuccinini (3 ha, BERMOND MONTANARI 1997, p.
196), Podere Ex Conti Spina e via Berlinguer (BERMOND MONTANARI et al. 1992, p. 105; poster MIARI
et al.). A differenza dell’area emiliana tuttavia non è accertato in nessun modo l’impianto di grandi
fortificazioni. Anche i pochi indizi come nel caso di S. Giuliano (MORICO, PACCIARELLI 1996) e della
Bertarina, con un ampio fossato posto a sbarramento del pianoro (SANTARELLI 1886) non sono
paragonabili alle imponenti opere testimoniate nei siti terramaricoli.
Incerti sono ancora i dati sui rituali funerari sia dal punto di vista cronologico, sia per la tipologia
della sepoltura. Ad ovest, la necropoli di Pragatto ad incinerazione conferma il rituale esclusivo
della incinerazione diffuso in tutto il mondo terramaricolo, mentre in Romagna le due attestazioni
19
di S. Giuliano di Toscanella (SCARABELLI 1962) e Basiago (MONTI 1961), indicherebbero il rituale
dell’inumazione senza corredo. Il numero limitato di inumazioni (11 e 1) e l’incerta attribuzione
all’età del Bronzo, proposta solo per l’associazione al vicino insediamento non permettono di
andare oltre la semplice segnalazione.

L’età del Bronzo recente (BR1 ca. 1350-1250 – BR2 ca. 1250-1150)

Per quanto riguarda la successiva fase del BR (Fig. 16), il popolamento sembra delineare
sostanzialmente un aumento demografico ed una continuità insediativa con la fase precedente
(Fig. 17). Oltre alle generiche segnalazioni di BR (41 + 10 incerti) sono accertati nel BR1 64 siti di cui
43 in continuità con il BM3 e 21 nuovi. Sono in continuità con la fase precedente le terramare,
mentre tra le altre attestazioni 46 sono abitati generici, 5 imprecisabili, 10 abitati d’altura, 2 in
grotta, ed 1 necropoli ad incinerazione.
Il processo di espansione indica una continua ricerca di terre da sfruttare che sembra
interrompersi nel passaggio tra BR1 e BR2.

Fig. 16. Carta di distribuzione dei siti del BR.

20
Fig. 17. Carta di distribuzione dei siti di BM3 e BR con siti in continuità.

Fra la fase finale del Bronzo Medio e gli inizi del Bronzo Recente aumentano in particolare gli
insediamenti nella zone di collina e lungo il crinale appenninico. Questo fenomeno è ben registrato
soprattutto nel Bolognese (Monterenzio Vecchio, Montebibele, Bologna-Villa Cassarini, Castel de’
Britti, Rocca di Roffeno, S. Maria in Villana, Poggio della Gaggiola, Podere Chiesuola), meno in
Romagna, testimoniato solo dall’abitato di S.Maria in Castello, nel forlivese, e da alcuni
insediamenti nella zona di Riolo Terme (MIARI 2007). Questa differenza tuttavia potrebbe
dipendere solo dalla minore intensità delle ricerche effettuate nell’Appennino Romagnolo.

Gran parte dell’Italia settentrionale nel BR partecipa alla formazione e sviluppo del
subappenninico. La Romagna sembra rivestire un ruolo significativo nella formazione e diffusione
di alcune tipologie caratteristiche di questa fase.
E’ necessario premettere che gli elementi che caratterizzano le produzioni ceramiche del Bronzo
recente sono identificate principalmente in due tendenze generali: da una parte l’aumento nelle
tazze delle pareti maggiormente svasate e dall’altra nelle impugnature il passaggio da
un’impostazione della sopraelevazione a nastro verso una a cilindro. Le tipologie più
esemplificative sono costituite dalla sopraelevazione verticale cilindro-retta o con terminazione a
flabello, ma la struttura viene applicata anche alle sopraelevazioni a corna, a lumaca, rostrate,
crestate e a lobo.
Alcune di queste tipologie sembrano svilupparsi proprio nella regione romagnola, dove sono
attestate nei rinvenimenti con una quantità considerevole: l’ansa cilindro-retta ad esempio supera
il centinaio di occorrenze in vari siti dal bolognese al forlivese: Anzola (> 150), Monterenzio (>
21
150), Toscanella S. Giuliano (133), S.Maria in Castello (95). Pur considerando gli estesi scavi
realizzati nei siti sopraelencati questo dato non trova riscontri analoghi in altre regioni e permette
di individuare un ipotetico areale di origine e sviluppo del modello. L’analisi di densità (Fig. 18), pur
richiedendo un controllo più accurato ed una diversificazione in tipi all’interno della famiglia delle
anse con sopraelevazione cilindro-retta, inoltre caratterizza in modo ancora più consistente sia la
maggiore distribuzione nell’ambito romagnolo marchigiano, sia le connessioni che si vennero a
stabilire tra la fascia adriatica dalla Puglia alle regioni settentrionali orientali (Veneto).
Rientra nello stesso ambito di strette relazioni con le regioni a nord del Po, la diffusione di anse
con sopraelevazione crestata (ansa con costolatura mediana longitudinale rilevata lungo tutto
l’arco della sopraelevazione), rostrata o a lobo, attestate in un’area piuttosto vasta che comprende
la Romagna, l’Emilia orientale, la pianura veneta e il Friuli.
Altre tipologie sembrano configurare sviluppi locali, come la sopraelevazione a flabello con
distribuzioni più localizzate in ambito romagnolo (Fig. 19).

Fig.18. Analisi di densità pesata sul numero di esemplari rinvenuti per sito.

22
Fig. 19. Carta di distribuzione delle anse con sopraelevazione a flabello.

Con più ampia diffusione, probabilmente connessa ad usi particolari è il cd. Becco ansa,
considerata tradizionalmente una foggia tipica della facies subappenninica documentata dalle
Eolie e dalle regioni meridionali peninsulari fino all'Emilia orientale (Gaggio e Casinalbo) attraverso
le Marche e la Romagna, dove è attestata a Bachero di Cingoli, Solarolo, via Ordiere, S. Giuliano di
Toscanella, Monterenzio, con più sporadici esemplari lungo il versante tirrenico, dove raggiunge il
sito di Candalla in Versilia.
Sempre tra le impugnature ad ampia diffusione caratteristiche della fase figurano le famiglia
tipologiche delle anse a bastoncello sopraelevato e delle anse a nastro fortemente sopraelevato,
talvolta arricchite da decorazioni a solcature disposte lungo l’asse verticale. Queste tipologie sono
talmente diffuse in gran parte della penisola da richiedere analisi più approfondite ed esulano
dalla trattazione sulla Romagna, dove peraltro sono ampiamente testimoniate.
L’ansa a bastoncello si configura con un tipo semplice già a partire della prima fase, mentre nel
periodo avanzato del Bronzo Recente, diventano più frequenti le decorazioni a solcature o le
appendici a cornetti o le tipologie con sezioni poligonali.
Le sopraelevazione ornitomorfe, infine, già attestate nel BM3 assumono una particolare diffusione
nelle fasi avanzate del BR, soprattutto quando contemporaneamente anche le anse a bastoncello
con apofisi laterali sembrano mostrare un intento di rappresentazione zoomorfa (DAMIANI 2004, p.
247).

Nel quadro insediativo del Bronzo recente avanzato possiamo osservare che dei 26 siti esistenti
durante il BR1 tutti continuano durante il BR2, ma non sono attivati nuovi insediamenti, indicando
l’inizio di una contrazione demografica che caratterizza tutto l’ambito regionale e che porterà allo

23
spopolamento registrato nelle fasi finali dell’età del bronzo5. Tuttavia per la Romagna, proprio la
maggiore continuità insediativa sembra indicare la ricerca di strategie diverse che porteranno alla
costituzione di un polo alternativo proprio tra la fine del BR e il BF. Dei siti segnalati 18 sono abitati
generici, 1 imprecisabile e 7 abitati d’altura.

Per spiegare le modalità e le cause che portarono al collasso della gran parte degli abitati alla fine
del BR servirebbero nuove indagini e soprattutto dati da scavi stratigrafici. Le analisi
paleoambientali mostrano un progressivo inaridimento dell’ambiente in parte dovuto alla
pressione antropica dell’uomo e in parte causato da un probabile peggioramento climatico in
senso arido. L’eccessivo sfruttamento delle risorse ambientali, che si manifesta con un
depauperamento progressivo della fertilità del terreno e il conseguente calo della resa produttiva
per unità di superficie, è probabilmente una delle principali cause che hanno determinato prima la
crisi e poi la scomparsa dalla pianura emiliana della civiltà terramaricola (BERNABO BREA, CARDARELLI,
CREMASCHI 1997, CREMASCHI 2009, CARDARELLI 2009, DE MARINIS 2010, CREMASCHI 2010, CARDARELLI
2010).
Tuttavia sembra probabile che il processo di crisi non avvenne in tempi così ravvicinati come
supposto precedentemente, ma in un arco temporale più esteso tra XIII e XII sec.
La rarefazione degli insediamenti sembra corrispondere ad un tentativo di far rimanere in vita un
sistema che aveva dovuto affrontare diverse difficoltà negli ultimi 150 anni e che in molte aree
della pianura padana non riesce a trovare soluzioni per dare una continuità al popolamento.
Una delle possibili sperimentazioni di successo sembra tuttavia riconoscersi proprio nell’area
romagnola orientale, dove nelle fasi finali dell’età del Bronzo recente e nel corso del Bronzo finale
si configura un polo demografico forse collegato a quello polesano, con funzioni di vero e proprio
centro intermedio nell’asse tra Adriatico e area tirrenica (BIETTI SESTIERI et al 2001; ZANINI, LA PILUSA
2008 ).
Gli indicatori archeologici di questa sopravvivenza si possono riconoscere nelle fogge ceramiche e
nei metalli in alcuni siti del bolognese (Villa Cassarini, Borgo Panigale - pod. S. Agnese, Trebbo Sei
Vie, Zenerigolo di S. Giovanni in Persiceto), ma si tratta di un ultima fase di sopravvivenza nelle fasi
finali del Bronzo recente, con abitati che molto probabilmente assumono un’estensione
notevolmente più contratta. In Romagna un numero esiguo di insediamenti d'altura già occupati in
precedenza invece riusciranno a sopravvivere nelle fasi iniziali del Bronzo finale e permettere la
continuità del popolamento fino all’età del Ferro (Ripa Calbana, Monte Titano (RSM), Monte
Perticara, Podere La Fratta di Verucchio).

5
Fa eccezione l’abitato di S. Giovanni in Triario presso Minerbio (BO) rinvenuto in occasione di uno scavo d’emergenza
lungo il tracciato di metanodotto (BOTTAZZI 1997). Le recenti ricerche in corso realizzate come tesi di laurea da G.
Vinci stanno per ora dimostrando un’attribuzione cronologica alle fasi avanzate del BR.
24
Fig. 20. Zenerigolo (San Giovanni in Persiceto – BO). Materiali della fase finale del BR (da TESINI 2010).

Gli indicatori di questa fase (Fig. 20) possono essere individuati in alcuni materiali che possono
trovare confronti nei contesti relativi alla fase di BF come Casalmoro (PAU 2009), negli
insediamenti toscani di Fossa Nera di Porcari e di Monte Lieto, o nel tradizionale
protovillanoviano (PERONI 1996): decorazioni che nelle tazze, negli orci e negli orcioli, assumono
una direzione più obliqua delle solcature o delle impressioni od incisioni. Negli orci la
decorazioni ad impressioni va a collocarsi più frequentemente sul bordo esterno e non alla
sommità come avveniva nelle fasi precedenti. Sempre negli orci, la sintassi di disposizione dei
cordoni diviene più complessa con file multiple o con direzione meandriforme, oppure, si trova
associata a tubercoli molto rilevati, talvolta con sfaccettature prismatiche.
Oltre ai numerosi rinvenimenti nell’area tra Rimini e Verrucchio, le modeste attestazioni
riguardanti un non completo abbandono della pianura (Fig. 21), costituite dall'insediamento di
Montaletto di Cesena, da alcuni reperti metallici isolati provenienti dai dintorni di Ravenna e da
alcuni frammenti ceramici da Solarolo, non possono che confermare il ruolo della Romagna nel
nuovo sistema di interrelazioni relazioni fra il Veneto, e nello specifico l'area polesana, e l'Etruria
orientale, che si viene a creare nel BF dopo la scomparsa del mondo palafitticolo-terramaricolo
(ZANINI 1999).

25
Fig. 21. Carta della Romagna ed aree limitrofe con segnalazioni del BR2 e BF.

Una conferma da un punto di vista culturale proverrebbe dal fatto che il cosiddetto
protovillanoviano romagnolo mostra chiare affinità con la facies definita di “Chiusi-Cetona”, sul cui
processo di formazione ha influito in misura non irrilevante il complesso della tradizione
artigianale terramaricola, che osserviamo estesa all’area romagnola nel BM e BR. La Romagna ha
indubbiamente operato da nucleo di sviluppo di queste interazioni, soprattutto per la continuità
culturale tra i due versanti dell’Appennino tosco-romagnolo, attestata in tutte le fasi dell’età del
Bronzo.

Fig. 22 . Grafico con segnalazioni dell’età del Bronzo. Fig. 23 . Grafico con segnalazioni in continuità tra le diverse fasi
dell’età del Bronzo.

26
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