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AB IN LIGURIA
L’antica età del bronzo in Liguria è poco conosciuta, le novità significative si sviluppano nella media età del bronzo. Fin
dal neolitico è nota la frequentazione di zone elevate dell’Appennino Ligure per attività di pascolo con evidenze di
pratiche di debbio. A questo sistema economico corrisponde una occupazione stabile rada e un’organizzazione sociale
basata sulla parentela. I rituali funerari, gli stessi dall’eneolitico, prevedono sepolture collettive in grotta e in strutture
artificiali. È attestato l’uso delle tombe come elementi di demarcazione territoriale. Per comprendere meglio i gruppi
liguri è utile analizzare le incisioni rupestri del Monte Bego che rappresentano elementi significativi sulle attività e
sull’economia: per esempio, la frequenza di bovini fra le rappresentazioni di animali domestici, la presenza di carri e
aratri a trazione animale. La frequenza delle raffigurazioni di armi indicano uno stato diffuso di conflittualità in
ambienti pastorali di montagna. È attestato anche lo sfruttamento delle risorse minerarie.
LA FACIES DELLE PALAFITTE E DEGLI ABITATI ARGINATI IN LOMBARDIA ORIENTALE, PIANURA PADANA
CENTRO-ORIENTALE E TRENTINO
A nord del Po, fra Lombardia orientale, Trentino e pianura padana centro-orientale, l’aspetto culturale della MEB e
EBR si sviluppa negli abitati palafitticoli dei bacini infra-morenici, con la massima concentrazione intorno al lago di
Garda e in una serie di abitati arginati di pianura. La continuità con Polada sembra essere ininterrotta, sia nella facies
culturale, sia nella distribuzione territoriale. La ceramica della MEB comprende tazze e scodelle emisferiche e carenate,
vasi biconici, bicchieri e boccali decorati a larghe scanalature o solcature. Con EBR le scodelle diventano più
standardizzate. La produzione metallurgica, in gran parte in comune con l’area terramaricola, è molto ricca;
probabilmente nelle diverse fasi della media e tarda età del bronzo gli insediamenti di Bor di Pacengo e Cisano
concentrano la maggior parte della lavorazione. L’industria di queste fasi comprende: falci, lance a cannone, pugnali e
spade, rasoi a doppio taglio, asce a margini rialzati con tallone a incavo e lama espansa. Peschiera è il centro più
importante dell’EBR, si producono pugnali, asce ad alette e un ricco repertorio di strumenti e ornamenti personali
come le prime fibule. I ripostigli in questa età, o del momento di passaggio alla successiva, comprendono vasi di bronzo
e molti oggetti spezzati intenzionalmente per la rifusione. Molto sviluppate la lavorazione del legno, dell’osso e del
corno di cervo. Gli abitati lacustri della media e tarda età del Bronzo sono conosciuti soprattutto grazie allo scavo di
Fiavè in Trentino. Gli abitati arginati di pianura sono circondati da un fossato, alimentato da un corso d’acqua vicino,
e da un terrapieno più interno. Fra i complessi il più noto è quello di Castello del Tartaro, Verona. I numerosi elemini
di somiglianza strutturale con i terramare, ai quali si aggiunge un notevole grado di affinità nella facies ceramica e nella
metallurgia, hanno spesso portato gli studiosi a considerare le manifestazioni culturali nelle due macroregioni a nord
e sud del Po come un’entità unica. Esistono tuttavia alcune differenze visibili in aspetti significativi, come il rituale
funerario e i collegamenti interregionali e internazionali. Sul margine settentrionale della pianura, gli insediamenti in
aree collinari e di altura sono probabilmente in parte complementari ai siti lacustri e di pianura, con funzione di
controllo delle vie di comunicazione verso le regioni transalpine. Con l’EBR, l’insediamento in queste regioni mostra
aspetti di crisi e di discontinuità, con differenze locali rilevanti. Gli abitati arginati di pianura e gli insediamenti
terramaricoli si interrompono in modo pressoché completo, mentre nella zona del Lago di Garda si vede una certa
continuità. Nel trentino si sviluppano o continuano gli abitati di altura, che vengono invece abbandonati nell’area
prealpina veronese; nel vicentino continuano i siti lacustri.
La necropoli e il ruolo dell’incinerazione: i dati sulle strutture di insediamento delle palafitte e dei siti arginati sono
insufficienti per tentare una costruzione dell’organizzazione delle comunità, le informazioni più significative vengono
dalle necropoli. Le necropoli sono concentrate soprattutto nel territorio di Verona. Sono gruppi di complessi databili
fra MEB ed EBR, con rito misto (inumazione e incinerazione). Il più importante di questi complessi è la necropoli di
Olmo di Nogara, situato sulla sponda destra del Tartaro, che comprende 517 tombe (456 inumazioni e 61 incinerazioni)
divise in grandi gruppi, probabilmente gradi di parentela. Inumazioni maschili con armi e femminili con ornamenti
corrispondono probabilmente ai membri della comunità che rivestono i ruoli sociali più importanti. Questi corredi
sono riservati principalmente agli individui maturi ed anziani di ogni gruppo di parentela della comunità. Le spade
appartengono per la maggior parte a classi e tipi rappresentativi di un ampio territorio che comprende anche Europa
centrale e area danubiana fra Carpazi e Alpi orientali. La cronologia relativa della necropoli, compresa fra la fase
centrale della MEB e l’EBR, è basata sui tipi metallici. Due elementi di questa necropoli documentano cambiamenti
organizzativi. →Il primo è la tomba 194 datata alla fase finale della MEB. Si tratta della sepoltura di un uomo adulto
con armi in posizione isolata e in una fossa di grandi dimensioni con tracce di un piano di deposizione o di una bara di
legno, con elementi di corredo. Sembra essere riferibile a un membro della comunità che ricopriva un ruolo sociale
particolarmente importante. Questa tomba potrebbe riflettere una fase di discontinuità nella quale uno dei gruppi di
parentela prevale temporaneamente sugli altri, ed esprime un singolo capo accettato da tutta la comunità. Il secondo
elemento è il fatto che nella fase del BR le tombe a inumazione sono quasi solo femminili, e le tombe maschili,
totalmente prive di corredo, sono anche a incinerazione. Nei periodi precedenti e in molte necropoli della regione
l’incinerazione era già praticata, ma in proporzione minoritaria. A questo cambiamento sia aggiunge la scomparsa dai
corredi maschili delle armi, che nelle fasi precedenti ne erano il principale elemento distintivo. Una pratica cultuale
diffusa è quella dell’offerta di oggetti di bronzo, soprattutto armi, nelle acque di laghi e corsi d’acqua, che si sviluppa
in Italia fra MEB e EBF. Si tratta di una pratica documentata in molte regioni europee, e interpretata come sacrificio
alle divinità o come manifestazione funeraria. Sulla base del carattere quasi esclusivamente maschile degli oggetti
deposti, e della rarità della presenza di armi nelle necropoli, è stata proposta l’ipotesi di una relazione fra l’assenza di
armi nei corredi e la loro presenza nei depositi votivi di acqua. Questo fenomeno sembra essere comunque legato alla
progressiva diffusione dell’incinerazione, che ha un forte connotato ideologico riguardo la smaterializzazione del
corpo, che si esprime anche nel divieto rituale di deporre armi nelle tombe; i sacrifici delle armi alle acque
sostituirebbero la loro deposizione nelle tombe. È invece possibile ritenere che alla rilevanza dei portatori di armi
nelle manifestazioni funerarie corrispondano forme di organizzazione politica delle comunità basate su equilibri
politicamente instabili. Quindi nelle necropoli dell’EBF (età del bronzo e del ferro) la presenza esclusiva delle armi nel
corredo di singoli individui indica un processo generalizzato di centralizzazione della decisione politica.
Collegamenti interregionali: l’area dei collegamenti della regione delle palafitte e dei siti arginati è molto ampia. Alcuni
tipi di spade circolano tra la pianura veronese, il Friuli, le Alpi orientali e la pianura danubiana. Fra la MEB avanzata e
l’EBR si intensifica nelle facies locali la presenza di una componente peninsulare (ceramica appenninica e
subappenninica). I contatti si sarebbero sviluppati lungo la costa adriatica. Rispetto alla IEB, è possibile riconoscere
alcune indicazioni convergenti di aumento della complessità: la maggiore stabilità e durata degli abitati e la presenza
di necropoli con centinaia di tombe, che indicano comunità più consistenti e in grado di sviluppare processi di
articolazione interna; la concentrazione della produzione metallurgica in alcuni siti, che implica una rete di rapporti
sistematici. C’è una tendenza all’aumento della complessità sociopolitica, che si sviluppa all’interno di singole
comunità o di gruppi di comunità per periodi di tempo relativamente brevi: almeno per ora, non sembra possibile
identificare durante questo periodo processi che giungano fino all’emergere di forme di organizzazione politica
complessa e stabile, e su un’ampia scala territoriale. Questi processi vengono interrotti o rallentati dalla crisi che
investe la regione alla fine dell’EBR.
LA CULTURA DEI CASTELLIERI: LE FASI DELL’ETÀ DEL BRONZO MEDIA E RECENTE
L’area compresa tra il Carso triestino e Goriziano, l’Istria, le isole del Quarnaro e la costa settentrionale della Dalmazia,
è interessata dalla cultura dei castellieri. Il termine cultura potrebbe essere usato in questo caso legittimamente, dal
momento che siamo in presenza di una situazione nella quale l’omogeneità della facies archeologica coincide con un
sistema di insediamento con caratteri specifici e riconoscibili; a questi elementi si aggiungono la continuità territoriale
e l’occupazione ininterrotta della stessa area per uno spazio di tempo complessivo che va dalla MEB all’età del ferro.
Un elemento geomorfologico di importanza strategica per l’insediamento e per lo sviluppo di collegamenti a lunga
distanza in questa regione è costituito dalla linea delle risorgive. Il repertorio della MEB e EBR è ben differenziato
rispetto a quello dei complessi contemporanei della pianura padana. Nel Carso e nell’Istria i castellieri hanno inizio
con la MEB; gli abitati sono collocati su pianori di sommità di estensione limitata, spesso in posizioni strategiche e
difesi da cinte murarie e terrapieni; il perimetro dell’area difesa, per lo più di forma ellittica o circolare, si aggira intorno
a 300m. La continuità di occupazione negli stessi siti ha di solito impedito la conservazione delle strutture difensive
originarie. In alcuni abitati, l’area difesa comprende una piccola acropoli e una zona inferiore pianeggiante, con cinture
murarie separate. È documentata anche l’occupazione di grotte. Le aree di pianura nei territori di Pordenone e Udine
sono intensamente insediate fra la MEb avanzata e l’EBR; alcuni siti arginati occupano posizioni di altura a quote
comunque poco elevate, ma gli abitati si sviluppano anche in posizioni aperte, spesso in zone umide. Nella fascia
pedemontana e collinare ai margini dell’alta pianura, sui due lati del Tagliamento, sono presenti abitati in posizione
difesa e di controllo territoriale, come Sequals e Ragogna. Nel repertorio ceramico dei castellieri sono presenti alcuni
elementi tipologici di origine padana, e qualche raro elemento di tipo peninsulare appenninico e subappenninico. La
regione dei castellieri costituisce il tramite tra l’Europa sud-orientale e la pianura padana settentrionale attraverso il
movimento di individui e gruppi, la circolazione di oggetti in bronzo e contatti fra cerchi metallurgiche. La specificità
della produzione metallurgica di questa regione è ben documentata dai ripostigli di bronzi, concentrati nella tarda età
del bronzo. Nell’EBR molti ripostigli vengono dalla fascia delle risorgive. La crisi dell’insediamento al passaggio tra EBR
e EBF è documentata anche in questa regione, in particolare nell’area a sud della linea delle risorgive e sulla costa,
dove si interrompe la fitta rete di collegamenti in direzione del Veneto e della pianura padana.
LE TERRAMARE
L’area terramaricola classica è una delle regioni meglio note della protostoria italiana, grazie sia alle ricerche del
passato, sia a una concentrazione di ricerche sistematiche recenti di carattere archeologico e paleo-ambientale. Tale
area è composta dalla pianura padana centrale a sud del Po (Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza) e dalle aree
appenniniche che si affacciano sulla pianura. Secondo la maggior parte degli studiosi, l’occupazione della pianura
padana a sud del Po è il risultato di un fenomeno di colonizzazione proveniente dalle regioni settentrionali, già da
molti secoli intensamente abitate, inizialmente nell’area dei laghi infra-morenici ai piedi delle Alpi, e più tardi anche
nella pianura. Tracce di occupazione della pianura padana a sud del Po compaiono già nelle fasi iniziali della MEB, con
materiali di facies vicina a quella delle regioni italiane nord-occidentali nella parte occidentale del territorio, e materiali
riferibili alla facies peninsulare di Grotta Nuova. Nella fase centrale della MEB (1550-1450 a.C.) vengono impiantati
molti nuovi insediamenti nei quali compaiono le tipiche strutture dei terramare: l’area di abitato è delimitata da un
fossato e da un terrapieno, spesso preceduto nella fase di impianto da una palizzata, le case sono costruite su un
impalcato di legno e disposte in file regolari. Generalmente gli abitati non vengono impiantati in ambiente umido,
anche se le tecniche costruttive sono simili a quelle adottate nella costruzione delle palafitte. L’impianto degli abitati
era accompagnato dal diboscamento su ampie superfici, destinato a fornire materiale da costruzione, ma soprattutto
a circondare il nuovo insediamento di terreni coltivabili. Al momento dell’inizio dell’insediamento corrisponde una
forte contrazione della copertura forestale e un aumento consistente di piante erbacee e cereali coltivati. La densità
di occupazione è molto alta (un sito ogni 10 kmq). Alle terramare con terrapieno e fossato si alternano numerosi piccoli
insediamenti non strutturati, che documentano lo sfruttamento capillare del territorio agricolo. Nell’area appenninica
collinare e montana gli abitati sono poco estesi, e sono di solito in posizioni adatte al controllo delle vie di
comunicazione e del territorio. Nell’ultima fase della MEB una tendenza di concentrazione di insediamento nella
pianura è indicata dallo sviluppo di villaggi di grandi dimensioni. Con l’EBR le opere di delimitazione e di difesa degli
abitati raggiungono le massime dimensioni, e compare una tendenza alla gerarchizzazione dell’insediamento. L’inizio
dell’EBR è il momento di massima espansione demografica delle terramare. Nel momento finale invece, attorno al
1200 a.C., il sistema subisce invece una crisi, che segna la fine dell’occupazione della pianura.
Necropoli, demografia, organizzazione sociale: Le necropoli delle terramare sono poco conosciute: solo 5 su più di
100 abitati. I dati generali sono la collocazione a breve distanza dall’abitato, l’uso esclusivo dell’incinerazione, le
dimensioni consistenti (>100), il corredo limitato ad alcuni ornamenti personali. Gli elementi più completi riguardano
la necropoli di Casinalbo, riferibile alla terramara di Tabina di Magreta (dalla fine MEB) e comprende 337 tombe a
incinerazione. Le urne per le ceneri sono vasi biconici. Le strutture sono fosse o pozzetti poco profondi. Sono frequenti
i casi di riapertura della fossa per alcune sepolture successive. In nessun caso sono state trovate armi associate
direttamente alle sepolture, fatto che conferma il collegamento tra l’incinerazione e il divieto del rituale. Dal punto di
vista demografico il campione di Casinalbo appare vicino a una distribuzione naturale per sesso e classi di età.
Ideologia e religione: Vasi in miniature, figurine di animali e antropomorfe, ruote, tutti di ceramica d’impasto,
provengono da molte terramare, e sono per lo più considerati oggetti di carattere cultuale. La lettura di questo tipo di
materiali in relazione con un culto solare paneuropeo è relativamente frequente, così come la lettura dei dischi di
lamina d’oro. La deposizione delle armi nelle acque di fiumi e laghi sembra concentrata nell’area padana a nord del Po
ed è probabilmente collegata alla diffusione del rito dell’incinerazione e al divieto della deposizione delle armi nelle
tombe. Una evidenza di grande interesse è la vasca dalla terramara di Noceto-La torretta. Si tratta di un grande
contenitore di legno di quercia collocato all’interno del perimetro dell’abitato. La vasca veniva riempita d’acqua. La
stratificazione interna è formata da una successione di sottili livelli laminari, tipici dei depositi in acque ferme, con
differenze dei livelli dovute alle variazioni climatiche stagionali. La vasca è stata in uso per alcuni decenni. Durate
questo periodo ci sono stati due principali episodi di deposizione all’interno di oggetti, semi, attrezzi agricoli, fauna.
Secondo una interpretazione plausibile, si tratta di un impianto votivo legato alle pratiche agricole.
Sussistenza, produzione e scambi: L’economia di sussistenza delle terramare è basata sull’allevamento, finalizzato al
consumo di carne e di prodotti secondari, e su un’agricoltura sviluppata, basata sul disboscamento, sull’uso dell’aratro
a trazione animale e su tecniche complesse di irrigazione. La facies terramaricola è strettamente correlata con le facies
delle palafitte e degli abitati arginati della pianura padana centrale a nord del Po. Due elementi che riflettono la
particolare intensità di collegamenti che ha caratterizzato questo ampio territorio. Dopo le fasi iniziali della MEB, nella
quale gli aspetti formali e decorativi della ceramica si collegano con le facies delle regioni nord-occidentali e con la
facies di Grotta Nuova, fra la fase centrale della MEB e l’EBR è possibile seguire lo sviluppo specifico della facies
ceramica terramaricola. I tratti distintivi sono anse con sopraelevazioni plastiche. L’industria metallurgica si collega
all’ambiente palafitticolo. Questo settore della produzione è evidentemente un’attività stabile, documentata negli
abitati, legata allo sviluppo di molte attività artigianali e produttive. Un importante salto di qualità si verifica in questo
settore con l’EBR. L’industria metallurgica di questo periodo prende il suo nome dal sito di Peschiera. In tutta l’area
palafitte-terramare cresce il volume della produzione e compaiono nuove categorie di strumenti.
Il processo storico delle terramare: La comunità del villaggio terramaricolo era basata sulla parentela (lignaggi e
gruppi familiari estesi), con una capacità di controllo sociale forse maggiore a quella che possiamo ipotizzare per i
gruppi contemporanei della pianura padana a nord del Po. Una indicazione in questo senso potrebbe essere ricavata
dall’assenza di armi nelle tombe e dalla prevalenza assoluta dell’incinerazione, un rituale che sembra costituire un
efficace strumento di controllo ideologico della competizione e della violenza fra i gruppi di parentela delle singole
comunità. Apparentemente, all’interno di queste, o forse fra gruppi di comunità collegate, esiste una struttura
gerarchica in grado di organizzare e controllare le attività di interesse comune.
Una organizzazione territoriale gerarchica a due livelli indica probabilmente la presenza di più entità politiche sovra
comunitarie di tipo tribale. Per analizzare lo sviluppo delle terramare bisogna prendere in considerazione alcuni
elementi, tra cui l’omogeneità complessiva, culturale e linguistica, che per 3 o 4 secoli caratterizza queste comunità,
si struttura grazie ad una situazione ambientale favorevole allo sviluppo di comunicazioni intense e sistematiche; la
pianura attraversata da una importante rete fluviale. Questo insieme di fattori potrebbe essere all’origine dello
sviluppo nell’area terramaricola, di per sé priva di risorse minerarie, della più importante produzione metallurgica
dell’età del bronzo italiana, caratterizzata anche dalla omogeneità formale. Alcuni siti con una forte concentrazione di
manufatti giocano probabilmente un ruolo centrale nella produzione e distribuzione dei prodotti. Il secondo elemento
è la collocazione dell’area palafitte-terramare, e in generale della pianura padana centro-orientale, in una posizione
strategica, all’incrocio delle vie di scambio dell’Europa e del Mediterraneo. Incrocio che viene raggiunto dai metalli
della zone alpina e probabilmente dell’Etruria, dall’ambra baltica, da conterie egee o orientali. Il loro complesso
sistema produttivo non era sostenuto da una forma di direzione politica unitaria ed efficiente, e questo è dimostrato
dalla rapidità e dall’impatto della crisi che in poco tempo travolse il sistema terramaricolo. Sulla fine delle terramare
e sulla crisi del 1200 a.C. ci sono state molte ipotesi. Quella tradizionale della crisi ambientale non veniva considerata
come un fattore determinante, dal momento che il deterioramento climatico che si verifica tra MEB e EBR si presenta
come un processo graduale, che non produce eventi catastrofici, ai quali si pensava visto l’abbandono rapido in una
situazione di emergenza. La crescita demografica superò alla fine dell’EBR la soglia della capacità produttiva dei suoli
agricoli della pianura, provocando il collasso delle strutture politiche e dell’organizzazione produttiva delle comunità
terramaricole. Il complesso di rifornimento idrico della terramara e del suo territorio agricolo, basato sulla scavo di
pozzi con la funzione di impianti di risalita dell’acqua, entra in una crisi irreversibile a causa del costante abbassamento
della falda, legato a un fenomeno regionale di siccità che aveva determinato l’abbassamento del livello del Po. Questo
fattore di crisi potrebbe aver costituito il detonatore del collasso del complesso sistema territoriale delle terramare,
già reso progressivamente meno stabile dalla crescita demografica e dall’aumento della pressione sulle risorse
agricole.
LE FASI INIZIALI DELL’ETÀ DEL BRONZO NELLE REGIONI CENTRALI (L’ETÀ DEL BRONZO ANTICA E MEDIA
INIZIALE)
L’antica età del bronzo
Nel momento più antico, in Emilia-Romagna è relativamente ben conosciuta una facies con elementi di Polada e
campaniformi, documentata in siti all’aperto e in grotta. Gli scarsi elementi noti comprendono la posizione degli abitati
all’aperto in prossimità di una zona lacustre o lacustre o di un corso fluviale o su altura, la continuità dall’eneolitico
delle sepolture collettive in grotte naturali. Nelle Marche ci sono piccoli abitati di versante e di fondovalle; rari i casi
di insediamenti di altura. Frequenti i siti in grotta, forse in parte legati ad attività di culto. Nel Lazio meridionale sono
attribuibili alla IEB 34 siti: abitati, prevalentemente di fondovalle, in alcuni casi su altura, sulle rive di laghi o costieri;
grotte e ripari; alcuni ripostigli e oggetti di bronzo isolati.
Le facies di Grotta Nuova-Candalla-Farneto
Sembra probabile che le facies indicate come pre e proto-appenniniche si sviluppino, più o meno
contemporaneamente, a partire dalla fine del III o dagli inizi del II millennio a.C., cioè nel periodo indicato come antica
età del bronzo. Questi aspetti proseguono nel periodo successivo (età del bronzo iniziale). Le facies preappenniniche
tipo Grotta Nuova-Candalla-Farneto sono distribuite fra la Romagna, le Marche, l’Umbria, la Toscana e il Lazio fino al
territorio di Roma, con la massima concentrazione di siti fra Toscana centro-meridionale e Lazio settentrionale. Sulla
base della classificazione della ceramica, contemporanea del Protoappenninico, è stata suddivisa in gruppi regionali e
in momenti successivi. La ceramica comprende piatti con motivo a croce sul fondo interno, scodelle carenate, olle con
colletto e vasi biconici attribuiti al periodo più antico. Nonostante l’ampia area di distribuzione di queste facies, il
numero di forme ceramiche comuni è in genere superiore a quello delle forme con distribuzione regionale, quindi è
presente una generale omogeneità; inoltre, molti tratti tipologici sono in comune con gli aspetti proto-appenninici
meridionali.
Caratteri dell’insediamento: Gli abitati comprendono siti all’aperto, anche vicino alla costa, e in aree interne, spesso
sulle rive o in vicinanza di laghi. In alcune regioni, in particolare l’Etruria meridionale, sembra svilupparsi fin da queste
fasi la tendenza all’occupazione di siti di sommità con difese naturali. L’abitato meglio conosciuto è il villaggio del
Monte Castellaccio di Imola, impiantato su un piccolo rilievo con sommità pianeggiante. Vennero identificate tre fasi
edilizie, con capanne a pianta generalmente curvilinea con all’interno fosse e focolari, i pavimenti delle capanne sono
piani di argilla concotta, forse in alcuni casi appoggiati su un impalcato di legno. Una prima fase stratigrafica potrebbe
risalire all’eneolitico. Nei livelli più alti, derivanti dal rimaneggiamento di strati dell’età del bronzo, compaiono materiali
dell’età del ferro e altomedievali. Il riesame dell’area e dei materiali del villaggio comprende analisi naturalistiche e lo
studio di tutte le classi di materiali. La stratificazione conserva le tracce di una sequenza serrata di fasi di occupazioni,
con frequenti cambiamenti dell’uso dell’area. Le analisi polliniche mostrano che l’impianto dell’abita era stato
accompagnato dal disboscamento dell’area circostante. Le date assolute sono 1680-1524 e 1619-1435. L’abitato si
sviluppa nel corso della MEB, con un’apparente contrazione dell’occupazione nella fase finale del periodo, e continua
nell’EBR. Le capanne sono di piccole dimensioni prevalmentemente ovali o circolari, con pozzetti e focolari all’interno.
Non supera le 100-200 persone, fatto che indica probabilmente che faceva parte di un insieme di villaggi. Le attività
documentate comprendono la filatiura e la tessitura, la produzione ceramica, la fusione del metallo e la lavorazione di
osso e corno. La ceramica, molto abbondante per le fasi iniziale e medie della MEB, è inizialmente vicina al repertorio
peninsulare tipo Grotta Nuova, mentre nel momento successivo aumentano forme e decorazione del repertorio delle
terramare; nell’EBR la facies ceramica è di tipo subappenninico peninsulare. Un abitato lacustre è il Villaggio delle
Macine sul lago di Albano, l’ambiente era caratterizzato dalla disponibilità permanente di risorse idriche e da una fitta
copertura forestale. Le fasi dell’insediamento corrispondono alle variazioni del livello del Lago. Grotte e ripari
costituiscono circa il 25% dei siti noti e sono presenti in tutte le regioni, con una forte concentrazione in area tirrenica;
per quanto riguarda i complessi in grotta, viene sottolineata soprattutto l’evidenza di attività cultuali o di
seppellimenti collettivi, ma la loro frequenza in tutta l’area considerata sembra indicare anche una funzione abitativa,
probabilmente stagionale.
Necropoli, demografia, organizzazione sociale: Sugli usi funerari di questo periodo nelle regioni centrali ci sono
informazioni limitate. È possibilie che non tutti i membri delle comunità venissero sepolti con un rituale specifico e in
aree formalmente definite. Il rituale più frequente è il seppellimento collettivo in grotte naturali, una pratica
ininterrotta fin dall’eneolitico e conosciuta soprattutto nell’area tirrenica. L’evidenza di attività di culto si concentra,
come si è visto, nelle grotte. Un complesso di grotte funerarie e cultuali di particolare importanza, con una estensione
cronologica molto ampia, è quella del monte Cetona e della zona adiacente. Per analogia con le comunità dell’Italia
meridionale, le comunità preappenniniche potrebbero essere entità sociopolitiche di dimensioni limitate (singoli
villaggi o gruppi di villaggi), con territori diversificati e adatti all’integrazione di agricoltura, allevamento stanziale,
transumanza e cacia, con frequenti contatti intercomunitari e possibilità di aggregazioni politiche temporanee. È
possibile che in questo periodo lo sfruttamento dei giacimenti metalliferi dell’Etruria e lo sviluppo dei collegamenti
interregionali legati a questa attività rappresentino un fattore di articolazione sociale e di organizzazione politica; gli
indizi più consistenti sono rappresentati dalla presenza di tombe collettive aristocratiche.
Sussistenza, produzione, scambi e collegamenti interregionali: L’economia di sussistenza per questo periodo è
relativamente mal conosciuta. C’era l’integrazione dell’agricoltura con l’allevamento, con un ruolo significativo della
caccia solo in alcuni siti. Alcuni dati indicano la forte componente pastorale dell’economia e la pratica della
transumanza: percentuali quasi sempre consistenti di caprovini, presenza di aree di pascolo ad alte quote, frequenza
di grotte e ripari caratterizzate dall’evidenza di frequentazioni stagionali. Un altro elemento importante nell’economia
e nell’organizzazione delle comunità durante queste fasi è la presenza, non frequente, del cavallo domestico, noto in
Italia a partire dall’eneolitico. Fra le attività artigianali, la metallurgia è relativamente sviluppata. La concentrazione di
ripostigli, soprattutto nelle aree metallifere dell’Etruria, è una chiara indicazione dello sfruttamento sistematico delle
risorse locali, e probabilmente implica anche una partecipazione diretta delle comunità alle diverse fasi dell’attività
metallurgica. La circolazione del metallo in aree non produttrici è legata almeno in parte agli spostamenti dei
metallurghi. I collegamenti interregionali sono prevalentemente di tipo diffuso: non sembra possibile identificare con
una certa precisione vie di comunicazione e scambi direzionali a lunga distanza, ma esistono indici di contatti capillari
e sistematici sia interni all’area di distribuzione delle facies preappenniniche, sia con il resto della penisola. Il repertorio
della ceramica ha molti elementi in comune con quello proto-appenninico e quello terramaricolo. Contatti di questo
tipo, messi in evidenza dalle affinità di una produzione domestica e strettamente collegata alle attività di sussistenza
come la ceramica, indicano movimenti di persone, che sono certamente un fenomeno molto diffuso in tutte le fasi
della preistoria. Nella forma sistematica e progressivamente più intensa che questi movimenti sembrano assumere
nella penisola italiana, una spiegazione plausibile è che siano il risultato degli spostamenti di piccoli gruppi che si
staccano dalle comunità residenziali con cadenza stagionale regolare, per la transumanza e per attività analoghe come
la caccia. Qualche indizio dello sviluppo di collegamenti per via marittima, molto più consistente in questo periodo
nelle regioni meridionali, deriva dalla presenza di siti costieri e insulari. Lo sviluppo dell’industria metallurgica
determina collegamenti con le regioni settentrionali, identificabili soprattutto attraverso la circolazione dei modelli.
LE FASI INIZIALI DELL’ETÀ DEL BRONZO (DAL 2300 ALLA METÀ DEL II MILLENNIO) NELLE REGIONI MERIDIONALI
Dati generali >>>L’evidenza archeologica relativa alle regioni meridionali fra gli ultimi secoli del III e la prima metà del
II millennio a.C. non supporta l’ipotesi che la scansione cronologica convenzionale (eneolitico, IEB, MEB iniziale)
corrisponda a facies archeologiche nettamente distinte. La novità più importante che si è definita con le ricerche negli
ultimi anni è la facies di Palma Campania. L’attività metallurgica dell’età del bronzo più antica, comprese le fasi proto-
appenniniche iniziali, si sviluppa in modo simile a quella delle regioni centrali, anche se apparentemente la circolazione
di oggetti in bronzo è meno intensa.
La Campania: la facies di Palma Campania
La facies prende il nome dal sito nel quale è stata identificata, un abitato nel territorio di Napoli che occupava una
collinetta ai piedi del Vesuvio. Si definisce forse in un momento non iniziale della I età del bronzo, e si sviluppa nei
primi secoli del II millennio a. C. L’eccezionale qualità documentaria di alcuni dei complessi di questa facies, con
l’ambiente circostante, è dovuta al fatto che essi sono stati investiti e sepolti, in un momento di vita e attività intensa,
dall’eruzione del Vesuvio detta delle Pomici di Avellino (attorno al 1750). La facies archeologica di Palma Campania è
stata definita specialmente sulla base della tipologia della ceramica. Come è già stato ricordato, elementi tipologici
che si collegano formalmente a questa facies sono riconoscibili in molti contesti delle regioni meridionali; sembra però
legittimo considerare come un’entità culturale definita il gruppo dei complessi che si concentrano sul territorio della
Campania centro-settentrionale, caratterizzati dalla contiguità spaziale, dalla omogeneità complessiva della cultura
materiale e della complementarietà nella distribuzione degli insediamenti sul territorio e nell’economia di sussistenza.
Caratteri dell’insediamento: l’area nucleare di Palma Campania è caratterizzata da una occupazione intensiva, con
numerosi villaggi in pianura, spesso su leggeri dossi, circondati da terreni coltivati e da aree di pascolo, e siti in aree
collinari. In questo secondo gruppo, i siti che occupano le posizioni più elevate potrebbero indicare spostamenti
stagionali di transumanza. Mancano dati sull’utilizzazione delle grotte, mentre alcuni dati pollinici indicano attività di
disboscamento. È possibile che il sistema di insediamento implicasse una componente gerarchica; la presenza di siti
molto ravvicinati potrebbe indicare uno sfruttamento intensivo dei suoli agricoli per periodi definiti, alternato a periodi
di abbandono e spostamento in aree circostanti. L’evidenza relativa alla pianura campana sembra indicare una
prolungata discontinuità nell’occupazione dopo la crisi determinata dall’eruzione delle Pomici di Avellino. Una ripresa
dell’occupazione stabile sembra verificarsi solo con la fase finale della MEB.
Necropoli, demografia, società: in questa età sono attestate sepolture in grotte naturali, note per ora nella Campania
meridionale. Nella parte centro-settentrionale della regione il rituale più diffuso è l’inumazione singola in gruppi di
tombe o in necropoli di una certa consistenza numerica; sono presenti tombe infantili a enchytrismos (→Enchytrismòs
è un tipo di sepoltura che in epoca preistorica veniva praticato per inumare i bambini. Consisteva nel deporre il corpo all'interno di
un vaso in terracotta (pithos) con il corpo in posizione rannicchiata).
Il villaggio di Nola-Croce del Papa: un abitato della I età del bronzo sepolto dall’eruzione del Vesuvio→ le tracce di
vita investite e conservate dai depositi vulcanici sono praticamente complete: il piano di calpestio, con tracce di
recinzioni e impronte lasciate dalla presenza e dal passaggio di uomini e animali, strutture abitative con l’alzato fino a
m1,20 ca, altre strutture per funzioni diverse, resti vegetali e faunistici, tutti i contenitori e gli elementi fissi e mobili di
ceramica, argilla, legno e fibre vegetali abbandonati al momento della fuga degli abitanti. Gli oggetti metallici e gli
ornamenti non sono rilevabili, probabilmente sono stati portati via al momento della fuga.
Le facies proto-appenniniche
L’aspetto proto-appenninico, identificato come il precedente diretto dell’Appenninico classico, è passato
successivamente a indicare un gruppo di facies presenti dal Lazio meridionale e Abruzzo fino all’estremo Sud della
penisola. Alcuni tratti tipologici che segnano probabilmente le fasi iniziali dello sviluppo del Protoappenninico
consistono nella presenza di elementi collegati con la facies di Palma Campania. Un tratto tipologico caratterizzante
è la presenza su tazze e scodelle di anse con sopraelevazioni e di manici.
Caratteri dell’insediamento: I modi dell’occupazione del territorio sono molto diversificati. Una delle tendenze più
visibili è l’occupazione sistematica di posizioni sulla costa, notevolmente più consistente nelle regioni adriatiche e
ioniche rispetto a quelle tirreniche, dovute alle differenze di morfologia: la costa adriatica del Salento e la costa ionica,
in particolare nella parte orientale, sono caratterizzate da una leggera sopraelevazione del tavolato calcareo sul livello
del mare e dalla presenza frequente di piccoli promontori e penisole, mentre per gran parte della costa tirrenica
meridionale le propaggini dell’Appennino arrivano fino al mare, con elevazioni anche consistenti. Inoltre, le
navigazioni sistematiche dall’Egeo, che hanno inizio poco prima della metà del II millennio, si dirigono
prevalentemente verso le coste adriatica e ionica dell’Italia meridionale. Le datazioni assolute del Protoappenninico
indicano che i siti costieri, il cui inizio veniva fatto coincidere con le prime navigazioni micenee, sono almeno in parte
molto più antichi. Si tratta comunque di un sistema di insediamenti che si sviluppa per tutto il corso dell’età del bronzo.
A causa dei cambiamenti ambientali avvenuti dall’età del bronzo, la presenza nei siti direttamente sul mare di
caratteristiche morfologiche e di condizioni generali favorevoli per la navigazione e per l’approdo non sono sempre
osservabili nella situazione attuale. Un tipo frequente di abitato costiero in area adriatica e ionica è una penisoletta-
promontorio fra due piccole baie naturali, che dovrebbero offrire una possibilità di approdo indipendente dalla
direzione del vento. Questo schema è frequente fra la costa adriatica pugliese e la parte orientale del golfo di Taranto.
Sulla costa adriatica a sud del Gargano i siti costieri su piccole penisole, che hanno inizio probabilmente in momenti
diversi dallo sviluppo del Protoappenninico, sono separati da intervalli di 20-40km, in gran parte determinati dalla
morfologia naturale. Nel golfo di Taranto, la distribuzione degli insediamenti costieri è in alcuni tratti molto più fitta,
con intervalli di 3-5km. Questo tipo di abitato costiero, quasi completamente assente sulla costa tirrenica, compare
sporadicamente nell’area ionica occidentale. Nell’esame dello sviluppo dell’occupazione nell’area del Tirreno
meridionale è essenziale prendere in considerazione anche la costa siciliana (nord-orientale) con l’arcipelago delle
Eolie, interessato dalle più antiche frequentazioni sistematiche dall’Egeo. L’occupazione durante questo periodo si
sviluppa anche nelle aree interne, dalle fasce collinari a ridosso della costa ai terrazzi fluviali, fino ai bassi versanti
dell’Appennino. Molti siti sono abitati di piccole dimensioni e spesso di breve durata, in posizione sia aperta che difesa.
In Abruzzo alcuni abitati sono sulle rive dei laghi. Anche in queste regioni i siti in grotte e ripari costituiscono una
componente significativa del sistema di occupazione del territorio (20% circa), con funzioni spesso cultuali o funerarie,
ma di certo anche con un ruolo non secondario nello svolgimento delle attività stagionali.
Necropoli, demografia, società: Le sepolture dei gruppi che utilizzano ceramica di tipo proto-appenninico sono a
inumazione, prevalentemente collettiva, in ambienti delimitati di origine naturale o, più spesso, artificiale, e sono
concentrate per ora nella parte sud-orientale della penisola. Nel Lazio meridionale si riconoscono alcune grotte
funerarie. Grazie anche alla sua notevole estensione territoriale, la Puglia comprende diversi tipi di strutture
funerarie, in parte concentrate su aree definite: nella sezione settentrionale si conoscono grotte naturali, ambienti
sotterranei scavati nella roccia tenera locale; nel territorio di Bari dolmen con corridoio megalitico, originariamente
coperti da tumuli; nel Salento le piccole e grandi specchie (camere o ciste dolmeniche coperte da tumuli di pietrame);
in varie aree del territorio grotticelle artificiali. Il rituale inumatorio e alcuni tipi di strutture, in particolare le grotticelle
artificiali, si collegano all’eneolitico della regione, con i complessi funerari della facies di Laterza-Cellino S. Marco;
tuttavia le grotticelle artificiali dell’età del rame o della I età del bronzo potevano ospitare oltre un centinaio di
sepolture, mentre nel periodo che stiamo esaminando questo tipo di struttura è riservato prevalentemente a gruppi
ristretti o comunque selezionati, in alcuni casi anche a singoli individui. Le sepolture collettive continuano nelle fasi
successive dell’età del bronzo. Nel caso delle sepolture dolmeniche, la distinzione rispetto al resto della comunità,
indicata dall’uso esclusivo di uno spazio funerario delimitato, è sottolineata dal carattere monumentale della struttura,
un elemento a lungo riconoscibile nel paesaggio e probabilmente un segno di demarcazione territoriale. Nella parte
settentrionale della regione, fra un momento finale del Proto-appenninico e gli inizi dell’Appenninico, le sepolture
collettive, sempre riservate a gruppi familiari, cominciano a caratterizzarsi per la presenza di corredi maschili con
armi. Alcuni elementi relativamente completi e analitici sono stati elaborati sulla base dell’evidenza archeologica da
due gruppi vicini di strutture artificiali sotterranee. Le tombe ipogeiche riunite in gruppi possono essere
ragionevolmente considerate come gli spazi funerari esclusivi di ognuna delle unità di parentela (lignaggi e/o famiglie
estese) che formavano le singole comunità. Le tombe sono ambienti articolati o multipli scavati nella crusta calcarea
del Tavoliere, costituiti da un corridoio a cielo aperto, un ambiente intermedio generalmente a corridoio con volta
scavata nella roccia, che costituisce il vestibolo della camera funeraria, e la camera stessa, che presenta in alcuni casi
un pozzo di aerazione. Un altro tipo di sepoltura collettiva probabilmente familiare che si sviluppa nel
Protoappenninico e continua nell’Appenninico è rappresentato dal tumulo di Santa Sabina, sormontato da una stele,
con due sepolture centrali. Il tumulo copre altre 23 tombe a fossa, senza corredo o con uno o due vasi di ceramica
locale; in questo caso l’enfasi del rituale funerario è su un singolo individuo, che occupa il centro dell’area di
seppellimento. La collocazione del gruppo di sepolture sotto un unico tumulo deve essere ovviamente considerata
come un’indicazione di unità, che anche in questo caso potrebbe essere di tipo parentale. Nel Salento le strutture
funerarie più frequenti sono tombe dolmeniche a cista o a camera costruite con lastre tagliate dalla roccia calcarea
locale, coperte da grandi tumuli di pietrame (specchie). Il gruppo più noto è quello delle piccole specchie, nel territorio
fra Vanze e Acquarica, dodici delle quali sono state esplorate negli anni ’50. I tumuli delle piccole specchie, formati da
blocchi irregolari di calcare con o senza aggiunta di terra, hanno un diametro compreso fra 15 e 30 metri. Le strutture
megalitiche hanno di solito un orientamento est-ovest, con ingresso sul lato est. Gli ambienti funerari, spesso preceduti
da un corridoio, sono a pianta rettangolare, con dimensione interna intorno a 1,50x1x1,20. Le piccole specchi erano
utilizzate per sepolture individuali; i corredi recuperati e ricostruiti completamente o in parte da Lo Porto
comprendono solo ceramica proto-appenninica riferibile a una fase antica dello sviluppo della facies. Gli elementi
principali che sembrano definire il sistema funerario del Salento nella prima metà del II millennio sono quindi:
■ La visibilità delle strutture funerarie.
■ L’isolamento dello spazio riservato ai defunti rispetto a quello frequentato dai vivi: oltre alla camera/cista separata
artificialmente dal suolo naturale, va anche considerato il fatto che la lastra di chiusura sembra essere aperta e subito
dopo richiusa dopo aver accolto una nuova deposizione
■ Il numero limitato di individui sepolti nelle strutture megalitiche (fra una e alcune unità)
■ L’assenza apparente di indicatori di ruolo o di status, e soprattutto di armi.
Almeno alcuni di questi elementi sembrano configurare un cambiamento rispetto al periodo caratterizzato
dall’aspetto Laterza-Cellino S. Marco, durante il quale per le sepolture venivano scelti prevalentemente ambienti non
visibili in superficie, come grotticelle artificiali sotterranee e grotte naturali. Inoltre, queste strutture ospitavano di
solito un numero molto consistente di deposizioni, probabilmente tutti i membri di una singola unità di parentela.
Deve essere comunque ricordato che i monumenti funerari megalitici di tipo dolmenico potrebbero avere avuto inizio
già nel corso della facies di Laterza-Cellino S. Marco. Rispetto alle manifestazioni funerarie più antiche, le specchie
salentine potrebbero quindi documentare lo sviluppo di un processo in direzione di una maggiore articolazione interna
delle comunità: in primo luogo, queste tombe non accoglievano più centinaia di morti, ma solo uno o alcuni individui,
verosimilmente singoli capi o alcuni membri dei gruppi di parentela che formavano le comunità. Inoltre, la visibilità
delle strutture funerarie è stata di solito considerata come una espressione tangibile di controllo del territorio.
Ideologia e religione: sono attestati rituali che includono l’uso del fuoco e offerte sacrificali nelle tombe a camera
sotterranea. Attività di culto sono documentate anche in alcune grotte.
Sussistenza, produzione e scambi: L’economia di sussistenza delle comunità proto-appenniniche è caratterizzata
dall’importanza della pastorizia: questa componente appare particolarmente sviluppata nelle grotte in aree
appenniniche interne, mentre gli insediamenti stabili mostrano situazioni più diversificate. La pesca e il consumo di
molluschi marini sono importanti in alcuni siti costieri. Per quanto riguarda le produzioni agricole, sembra ci sia stata
produzione locale di olio di oliva, forse risultato di contatti precoci dall’Egeo o dal Mediterraneo Orientale.
La produzione metallurgica: Fra il momento finale del Protoappenninico e l’Appenninico Iniziale gli oggetti di bronzo
vengono prevalentemente dai corredi di sepolture collettive della Puglia settentrionale. Le caratteristiche dei ripostigli
e la prevalenza di oggetti di prestigio e armi sembrano indicare che l’attività degli artigiani metallurghi,
dall’acquisizione della materia prima alla produzione e alla circolazione degli oggetti metallici, non sia in genere inserita
stabilmente nelle strutture delle comunità locali.
I collegamenti interregionali: I collegamenti interregionali delle comunità protoappenniniche sono numerosi e
importanti; lo sviluppo culturale e sociopolitico delle regioni meridionali della penisola nel periodo corrispondente è
modellato probabilmente in misura molto rilevante dalla combinazione di collegamenti interni intensi e sistematici e
di contatti marittimi a media e lunga distanza. Fattori di contatto e di integrazione culturale di origine interna alla
penisola sono:
■ Movimenti determinati da attività stagionali, come la transumanza. Questo elemento pervasivo dell’economia
della penisola si configura come un fattore di omogeneizzazione culturale, che favorisce lo sviluppo di piccoli gruppi di
comunità autonome basate sull’integrazione e sullo sfruttamento in comune delle risorse di ambienti diversi, piuttosto
che la formazione di organismi sociopolitici complessi di grandi dimensioni
■ Frequentazione di luoghi di culto esterni agli abitati. Il fatto che i luoghi di culto non coincidano con aree di
insediamento indica la possibilità che venissero usati da più comunità, costituendo un fattore di contatto e di
integrazione di lunga durata, anche se sembra per ora impossibile valutare l’estensione delle aree entro le quali questi
luoghi di culto rappresentavano un punto di riferimento comune.
■ Circolazione di metallo e manufatti metallici. Sembra che gli artigiani seguissero percorsi noti a intervalli di tempo
determinati. I collegamenti esterni della penisola, in prevalenza marittimi, continuano con una tradizione che risale
almeno al neolitico. Nell’età del bronzo, in particolare con l’inizio della facies protoappenninica, i contatti assumono
alcune caratteristiche di sistematicità e di organizzazione che indicano probabilmente l’emergere meglio definito di
motivazioni di natura economica. Come abbiamo visto, fra la costa adriatica e quella ionica la nascita di una serie di
insediamenti costieri su promontorio coincide in linea generale con la comparsa e lo sviluppo della facies
protoappenninica, nei secoli iniziali del II millennio a.C. La posizione e la morfologia di questi abitati sembrano una
chiara indicazione del fatto che la scelta non è solo in funzione dello sfruttamento delle risorse marine, ma è legata
alla navigazione, e quindi a collegamenti marittimi a lunga distanza, che nell’area adriatica sono rivolti
prevalentemente alla costa opposta. Nell’area tirrenica la combinazione di fattori ambientali e culturali che
condizionano i contatti marini è diversa e molto specifica. Il bacino del basso Tirreno (Calabria, Sicilia, Eolie e Flegree)
forma un’area nella quale sono possibili collegamenti marittimi con brevi percorsi di navigazione costa a costa. Inoltre,
la Sicilia e le Eolie costituiscono una delle aree di massima concentrazione dell’evidenza di contatti sistematici dall’Egeo
e dal Mediterraneo orientale
■ Le fasi iniziali delle navigazioni sistematiche dall’Egeo: Sia nell’area adriatico-ionica, sia nel Tirreno meridionale, la
frequentazione sistematica da parte dei navigatori egei non costituisce l’elemento determinante allo sviluppo dei
collegamenti marittimi, ma appare invece come una nuova componente che si inserisce con modalità non identiche
in situazioni locali già consolidate. Nei siti dell’area adriatico-ionica i frammenti di ceramica egea sono in numero
limitato e sembrano generalmente riferibili al momento più avanzato della fase iniziale dei contatti. Apparentemente
questi materiali documentano una fase di passaggio o di frequentazioni saltuarie. Lo sviluppo delle comunità indigene
è caratterizzato dalla presenza di centri maggiori fortificati, sulla costa e nell’interno, questi ultimi in posizioni adatte
al controllo territoriale. Ai centri fortificati si alternano numerosi siti minori con economia essenzialmente agricola.
Su questo territorio i centri più importanti svolgono ruoli attivi nella produzione e negli scambi, e sviluppano forme di
competizione sociale fra le diverse comunità di parentela che costituiscono la comunità. I primi contatti sistematici
dall’Egeo con le comunità della costa adriatica italiana si trovano di fronte a una situazione caratterizzata da comunità
relativamente strutturate, e da reti di scambio già attive, anche sul piano internazionale. In altri termini, una situazione
locale in parte simile a quella dell’area tirrenica delle navigazioni costa a costa ma più articolata perché parte
integrante delle attività della via di scambi fra Mediterraneo ed Europa costituita dal corridoio adriatico. Nell’area
tirrenica meridionale invece la presenza egea si sviluppa sin dal momento più antico nei due arcipelaghi: nelle Eolie e
nell’arcipelago Flegreo. In entrambi è documentata da percentuali consistenti di ceramica egeo delle varie classi note
in questo periodo. Apparentemente l’inizio dei contatti nel Tirreno ha caratteristiche di progettualità e di
organizzazione più definite rispetto all’area adriatica: scelta di piccole isole vicine, ma non direttamente sulla
terraferma, bene inserite nella rete locale di scambi con il sistema delle navigazioni costa a costa. È possibile ipotizzare
che da questo momento la presenza egea comporti l’inserimento nelle comunità indigene di gruppi che stabiliscono
impianti in posizione adatta per l’organizzazione e il controllo degli scambi.
Le regioni settentrionali
L’area nord-occidentale
LA FACIES PROTOGOLASECCHIANA E LA CULTURA DI GOLASECCA IN LOMBARDIA E PIEMONTE. LA FACIES
DEL CUNESE E IL COLLEGAMENTO CON LA LIGURIA
Nell’area più occidentale, fra la Valle d’Aosta, il territorio di Torino, il biellese e l’alta valle del Po, è stata definita
recentemente una facies dell’EBF nella quale convergono elementi dei campi di urne occidentali e protogolasecca. Nel
territorio di Cuneo, nel Piemonte meridionale, lo studio della necropoli di Valdieri ha consentito una messa a fuoco
della specificità della facies locale, vicina agli aspetti culturali della Liguria. La necropoli si sviluppa con materiali della
facies meridionale di Alba-Solero, con un aspetto Protoligure. Per quanto riguarda gli aspetti protogolasecca e
Golasecca della Lombardia occidentale e del Canton Ticino, nel momento più antico →esistono forti elementi di
continuità con la facies di Canegrate, mentre i materiali riferibili alla fase più recente →(protogolasecca) si collegano
direttamente all’aspetto dell’età del ferro di Golasecca. L’area di distribuzione dei complessi protogolasecca, e poi
della cultura di Golasecca, è compresa fra il Canton Ticino e il Po, e fra la Slesia e il Serio; i siti si distribuiscono fra bassa
e alta pianura, colline moreniche, il Lago Maggiore e il Lago di Como, e aree di montagna. Una facies molto vicina al
protogolasecchiano e il golasecchiano lombardi si sviluppa nella parte orientale del Piemonte, corrispondente alle
provincie di Novara, Vercelli e Alessandria. La documentazione relativa all’EBF viene prevalentemente da necropoli e
da alcuni ripostigli, tra cui la più importante è Morano sul Po. Le vie di comunicazione seguono prevalentemente le
valli fluviali in direzione dei valichi alpini. La posizione della necropoli di Morano, sulla riva sinistra del Po, indica un
collegamento che si sviluppa fra l’EBF e i primi inizi dell’età del ferro in direzione degli insediamenti lacustri del lago di
Ginevra e dei centri villanoviani dell’Emilia. Nella Lombardia occidentale i siti si distribuiscono fra la bassa pianura e la
fascia collinare e subalpina. Sia in pianura che nella fascia collinare è riconoscibile una tendenza al collegamento dei
siti con i corsi d’acqua. Alcuni complessi della fine dell’età del bronzo della bassa pianura giungono fino agli inizi
dell’età del ferro, ma la concentrazione maggiore dell’insediamento di questo periodo si trova nella fascia collinare
subalpina. È possibile distinguere un comprensorio occidentale, uno orientale intorno a Como e un’area settentrionale
che include la Val d’Ossola e il Canton Ticino. Fra i tre comprensori esistono alcune differenze nella facies archeologica,
nel rituale funerario e nello sviluppo del popolamento. Le necropoli dell’EBF e della fase iniziale dell’EDF,
esclusivamente ad incinerazione, possono essere esemplificate da quella di Morano Po. Oltre alle incinerazioni,
nell’area della necropoli sono presenti alcuni pozzetti senza ossa cremate, forse cenotafi, e alcune fosse rituali con
carboni, resti di alimenti e frammenti consistenti di ceramica d’impasto. In maggioranza ci sono incinerazioni singole,
in alcuni casi sepolture doppie o plurime. Nella grande maggioranza dei casi il corredo è limitato ad alcuni oggetti di
ornamento di bronzo, che costituiscono anche gli indicatori del genere del defunto: fibule ad arco semplice, bracciali
e fuseruole compaiono nelle tombe femminili, mentre spilloni, fibule serpeggianti di tipo villanoviano e alcune armi
compaiono in quelle maschili. Anelli e forse coltelli potrebbero essere associati ad entrambi i generi. Le fasi iniziali
dell’EDF nell’area golasecchiana occidentale mostrano uno sviluppo culturale autonomo, con collegamenti in direzione
del Veneto e dell’area alpina centrale. L’area orientale, intorno a Como, ha un popolamento più denso a partire dalla
fine dell’età del bronzo; nelle necropoli i corredi sono più ricchi dell’area occidentale, che comprendono spade,
spilloni, coltelli, morsi equini e un vaso in lamina di bronzo, con contatti sistematici con il Veneto indicati da affinità
nella ceramica e nei bronzi fra le necropoli. Le tombe ricche con armi nel corredo documentano nel comprensorio di
Como l’emergere precoce di un’aristocrazia guerriera, forse stimolato dai contatti e dagli scambi con l’Etruria. La
produzione metallurgica della fase protogolasecca è documentata anche in alcuni ripostigli. Un ruolo importante
nell’organizzazione e nel controllo di questa rete di scambi potrebbe essere stato svolto dal sito di Badia Pavese,
probabilmente un abitato, in cui sono stati i bracciali di tipo Zerba; gli indizi sono la posizione favorevole nelle vicinanze
del corso del Po e la notevole ricchezza dei materiali metallici. Il sito di Badia Pavese sembra avere in parte alcune
caratteristiche analoghe a quelle di Frattesina nella pianura padana orientale. I centri della cultura di Golasecca
svolgono un ruolo di cerniera negli scambi fra l’Etruria padana e l’Europa transalpina, in particolare con l’area celtica,
che si sviluppa tra VIII e IV secolo a.C. La struttura sociopolitica delle comunità sembra essere relativamente poco
articolata; le necropoli mostrano la presenza di singoli personaggi di rango all’interno di una compagine sociale poco
differenziata. Non mancano comunque centri che svolgono un ruolo preminente negli scambi.
LA LIGURIA
Gli sviluppi nell’EBF e nella IEF della Liguria sono in continuità diretta con la situazione dei periodi precedenti, nella
facies ceramica come nelle caratteristiche dell’insediamento e dell’economia di sussistenza; aumentano invece i
collegamenti interregionali per via terrestre e marittima. La regione partecipa all’intensa rete di comunicazione e di
scambi attiva nella sezione occidentale del Mediterraneo, che si estende dalla Francia meridionale alla costa orientale
della penisola iberica con le Baleari, alla Sardegna, alla Corsica e alla Sicilia. Nell’EBF le strutture che caratterizzano gli
abitati sono ancora le opere di terrazzamento dei pendii e l’uso di muretti di pietre a secco. Aumentano gli oggetti
metallici; sono frequenti i frammenti ritrovati negli abitati, che indicano probabilmente l’intensità dell’uso e della
lavorazione di manufatti metallici anche attraverso il riciclaggio. I complessi più importanti sono alcuni ripostigli. La
coincidenza con aree estrattive indica probabilmente attività minerarie per ora non direttamente documentate. Con
la IEF è evidente una tendenza alla concentrazione dell’insediamento in pochi siti maggiori. Le attività si svolgono in
un’area centrale di uso comunitario, mentre terrazzi distinti in posizione marginale ospitano le abitazioni e articolazioni
diverse dell’economia di base. La regione non è coinvolta in sviluppi di tipo protourbano, ma mostra una crescita
complessiva di identità culturale, riconoscibile nella specificità dei nodi di insediamento e dell’economia di sussistenza
e nei caratteri della cultura materiale. La produzione ceramica è omogenea, e almeno in alcune aree è organizzata a
un livello sovralocale. La produzione metallurgica è legata in parte a quella dell’Italia settentrionale, in parte alla
produzione transalpina occidentale. Gli usi funerari sono differenziati: continuità del seppellimento collettivo in grotta,
sepolture sotto tumulo di pietrame, incinerazione con urne in fossa o in anfratto naturale. Il complesso funerario più
noto della Liguria è la necropoli di Chiavari. La facies ceramica della Liguria fra EBF e IEF non è ancora completamente
definita, e si collega sia a tradizioni locali e peninsulari, sia a modelli diffusi nei campi di urne dell’area RSFO. Fra i
manufatti metallici sono presenti tipi “occidentali” e tipi comuni nei complessi dell’Italia settentrionale. Dall’EBF la
Liguria di Ponente è legata soprattutto alla Francia e al Piemonte, il Levante all’Appennino emiliano.
Le regioni nord-orientali
IL TRENTINO ALTO-ADIGE
Con l’EBF si definisce la cultura di Luco-Meluno, fra le valli dell’Adige e dell’Isarco e della Val Pusteria, con elementi
riconoscibili fino all’alta valle del Reno, con continuità di sviluppo fino ad epoca romana. L’elemento materiale
distintivo è un recipiente, una brocca, a ronco di cono rovesciato, con imboccatura leggermente ristretta, labbro
svasato con becco, piede leggermente espanso, ampia ansa verticale e una ricca decorazione. Per il periodo che ci
interessa sono state identificate due fasi: Luco A (EBF) e Luco B (IEF). Nella fase Luco A si conoscono alcuni abitati su
altura, la necropoli di Kortsch, alcuni luoghi di culto all’aperto con resti di animali sacrificati e bruciati accompagnati
da vasi probabilmente utilizzati per libagioni e rotti intenzionalmente. Nella fase Luco B sembra riconoscibile una forte
riduzione dell’insediamento. Il complesso più noto, e probabilmente il centro più importante della regione, che
comprende abitato e necropoli, è quello di Vadena. L’abitato, su una bassa conoide sul margine destro della piana
dell’Adige, è caratterizzato da una successione di livelli di occupazione alternati a episodi alluvionali. Nella necropoli
le tombe a incinerazione conservate sono circa 150, ma il numero doveva essere maggiore, con un aumento
progressivo dalla fase più antica alle fasi finali della prima età del ferro. Recentemente è stata riconosciuta un’area di
ustrinum (→aree in cui venivano realizzate le pire per la cremazione dei cadaveri. Secondo altre fonti, l'"ustrina" era invece la
pietra incavata con cui si raccoglievano le ceneri dei defunti ) databile alla fase di impianto della necropoli, con ossa bruciate
umane e di animali e resti di manufatti. L’industria metallurgica, che nell’EBR era strettamente collegata alla
produzione tipo Peschiera dell’area padana, è caratterizzata nell’EBF da tipi con affinità nelle facies padane
(protoveneto, protogolasecca) accanto a tipi specifici dei campi di urne transalpini, ma mostra anche sviluppi locali in
alcune categorie di materiale. Nella IEF è chiaramente avvertibile, oltre alla presenza di tipi locali e golasecchiani,
anche una forte componente villanoviana. Nel complesso, lo sviluppo di questi gruppi sembra relativamente stabile,
con scarsa evidenza di differenziazioni sociali e con un’organizzazione politico-territoriale per piccoli villaggi
autonomi, verosimilmente e con raggruppamenti di tipo tribale.
IL VILLANOVIANO DI BOLOGNA
Dati generali: la fase villanoviana di Bologna non ha precedenti diretti nell’EBF. Il nucleo villanoviano bolognese si
sviluppa prevalentemente in pianura; fino dagli inizi dell’EDF appare chiaramente il ruolo centrale di Bologna, dove gli
abitati e le necropoli sono compresi in massima parte nell’area della città attuale. A Bologna si conoscono finora alcune
migliaia di tombe divise fra numerose necropoli. Sono stati identificati tre nuclei di abitato più antichi, corrispondenti
alle fasi iniziali del villanoviano.
Il territorio intorno a Bologna: L’occupazione del territorio si sviluppa in direzione del Veneto. Gli abitati sul territorio
sono di dimensioni limitate (1-3 ha), in posizione aperta e in prossimità di corsi d’acqua. Apparentemente, sono
formati da nuclei distinti di capanne, separati da aree libere probabilmente utilizzate per la coltivazione e il pascolo.
Attività economiche e scambi: L’importanza e il peso economico della metallurgia bolognese possono essere misurati
sulla base della quantità di materiali presenti nel ripostiglio di S. Francesco, quasi certamente la riserva di metallo di
una fonderia. Nella fase più antica del villanoviano bolognese la tipologia dei materiali metallici indica uno stretto
rapporto specialmente con il Veneto e i complessi temporanei della Toscana; nella successiva continua il collegamento
a nord. Molti elementi documentano il ruolo sovraregionale della produzione metallurgica di Bologna, che va molto
oltre i limiti del territorio italiano. Sembra probabile che le officine emiliane fornissero agli altri centri villanoviani
alcune categorie specifiche di manufatti metallici. La distribuzione delle categorie di manufatti tipici della produzione
tardo-villanoviana emiliana tocca anche molte regioni dell’Europa.
Le manifestazioni funerarie: A Bologna e nel territorio le necropoli sono a incinerazione, con una incidenza crescente,
ma sempre molto limitata, dell’inumazione. Le armi, presenti in un numero limitatissimo di corredi e di solito spezzate
intenzionalmente, indicano probabilmente la presenza di un potere politico-militare centralizzato. Segni di
differenziazione e concentrazione di ricchezza in particolare in alcuni corredi si moltiplicano nel periodo datato
tradizionalmente alla seconda metà dell’VIII secolo a.C., con abbondanza di vasellame metallico, bardature equine,
ornamenti di ambra.
L’età del bronzo finale in Etruria meridionale (territorio di Viterbo): la facies di Tolfa-Allumiere
La facies dell’EBF dell’Etruria meridionale, articolata nei due aspetti successivi di Tolfa e di Allumiere, si distingue in
modo relativamente netto dalla facies Chiusi-Cetona, il cui limite meridionale è approssimativamente segnato dal
corso del fiume Fiora, per alcuni caratteri formali della ceramica, soprattutto le tecniche e il repertorio di motivi delle
decorazioni. Alle differenze formali tra le due facies si associano altri elementi, che ci permettono di ipotizzare che fra
le due parti dell’Etruria propria esistesse in questo periodo una significativa differenziazione culturale-ideologica e
in alcuni aspetti anche strutturale.
L’insediamento: il sistema insediativo si qualifica in modo sistematico per la scelta di siti in posizione elevata sul
territorio, di solito pianori isolati dall’erosione fluviale nel tavolato di tufo del vulcano Sabatino. Le dimensioni delle
aree potenzialmente abitabile variano fra un massimo di 20 e un minimo di 1-2 ettari. La posizione difesa naturalmente
viene spesso ulteriormente rafforzata da un muro e da un fossato. Conosciamo anche un numero limitato di abitati
sul versante, oppure sulle rive del mare o di laghi. Nel corso del periodo si definisce una struttura gerarchica
dell’insediamento, con alcuni centri maggiori ai quali fa riferimento un certo numero di centri più piccoli, e si delinea
una divisione complessiva della regione per comprensori che prefigurano i territori dei centri protourbani della IEF:
Veio, Cerveteri, Tarquinia, Vulci.
L’abitato di Sorgenti della Nova →il sito è oggi la fonte principale di informazione sull’insediamento dell’età del bronzo
finale nell’Etruria meridionale. L’abitato occupa uno sperone di roccia vulcanica con pareti ripide e un fossato sul lato
est. L’area abitabile misura ca 15 ettari, la popolazione massima che è stata calcolata è ca 1500 persone. L’occupazione
interessava tutte le superfici disponibili, con strutture sulla sommità pianeggiante del pianoro, ma anche sui terrazzi
naturali presenti sui pendii che sono spesso stati ampliati artificialmente. Sono stati messi in luce quattro tipi di
strutture:
1. Capanne piccole a base infossata, ipotesi funzionale è che si tratti delle abitazioni di famiglie nucleari
2. Grandi case a pianta ovale costruite sui terrazzi, collegate a grotte artificiali scavate nella roccia retrostante,
con funzioni di servizio
3. Case monumentali
4. Grotte artificiali, alcune usate come abitazioni e collegate esternamente con ambienti di servizio
5. Ambienti di servizio: le funzioni includono la cottura degli alimenti, lo stoccaggio.
La Documentazione Funeraria E L’organizzazione Sociale: Il rituale funerario esclusivo dell’Etruria meridionale è in
questo periodo l’incinerazione; nei periodi precedenti esistevano probabilmente tombe collettive a inumazione
coperte da tumuli o con struttura litica. L’incinerazione si presenta con alcune caratteristiche specifiche, condivise con
il Lazio antico, in particolare nella fase più antica. Il solo complesso finora noto che comprenda probabilmente almeno
un centinaio di incinerazioni è la necropoli di Poggio la Pozza. In tutti gli altri casi le tombe di questo periodo non
appartengono a necropoli nel senso tecnico del termine, cioè a luoghi destinati esclusivamente alla sepoltura di interi
gruppi o comunità; si tratta invece regolarmente di piccoli gruppi di poche unità. Oltre al loro numero limitato, vanno
presi in considerazione gli elementi di prestigio che connotano alcune di queste tombe. Un altro elemento di grande
interesse è il fatto che la sepoltura formale riservata esclusivamente a un numero limitato di individui si collega
sistematicamente alla prima comparsa di un’ideologia funeraria specifica dell’Etruria meridionale e del Lazio antico: a
partire dalla fase più antica dell’EBF, nei rituali dell’incinerazione la distruzione con il fuoco del corpo del defunto si
lega all’idea dell’urna come casa. Questo elemento ideologico è documentato a partire dalla fase di Tolfa, nella quale
per la prima volta il coperchio dell’urna è la riproduzione di un tetto di capanna. L’implicazione è il trasferimento del
defunto in una diversa dimensione fisica, che si presenta come un privilegio relativo alla vita ultraterrena riservato
esclusivamente a un numero ristrettissimo di individui. Sembra molto probabile che questi piccoli gruppi di
incinerazioni corrispondano ai personaggi che rivestono i ruoli di maggiore rilievo all’interno delle singole comunità, e
che l’introduzione generalizzata di un rituale esclusivo e così fortemente connotato indichi un processo di
centralizzazione della decisione politica. Le differenze tra il rituale della cremazione documentato in Etruria
meridionale e quello dell’Etruria toscana, e in generale dell’area della facies Chiusi-Cetona, sono piuttosto nette.
L’elemento ideologico centrale in Etruria meridionale appare del tutto estraneo alle regioni centrale a nord del Fiora.
Tuttavia, nonostante queste differenze, i due ambienti condividono sul piano ideologico il divieto della deposizione
di armi nelle tombe, sul piano strutturale-organizzativo la centralizzazione del potere politico. Sembra verosimile che
l’accettazione generalizzata dell’incinerazione, che fra EBF e IEF è legata sistematicamente al divieto di deporre armi
nelle tombe, implichi il superamento della conflittualità fra le diverse unità di parentela che costituiscono le comunità,
in favore della decisione comune di affidare il potere politico a singoli capi, forse provenienti di volta in volta da un
diverso gruppo di parentela. La ragione di questo salto di qualità organizzativo potrebbe essere stata la necessità di
un controllo più efficace dei rapporti esterni e delle attività di produzione e scambio.
La Produzione Metallurgica E Gli Scambi: La produzione metallurgica è nota da materiali di corredo nelle tombe a
incinerazione e da alcuni ripostigli. L’Etruria meridionale è l’area di origine di un circuito interregionale di scambio
simmetrico e opposto rispetto al circuito centrosettentrionale adriatico e padano con epicentro a Frattesina. Si
sviluppa lungo la costa tirrenica dal Lazio alla Campania, con un’estensione verso l’Abruzzo interno. La direttrice
prosegue fino all’estremo Sud, sia in Calabria che in Sicilia orientale; ci sono collegamenti in area mediterranea verso
la Grecia continentale e Cipro.
La cultura laziale
Il territorio: Fra l’EBF e la IEF si riconosce nel Latium vetus un processo storico coerente e continuo, che porta dalle
comunità di villaggio con organizzazione tribale alla formazione di centri protourbani, documentato dallo sviluppo di
una facies archeologica specifica. I principali elementi costitutivi del territorio laziale sono il corso del Tevere, confine
naturale con l’Etruria; la pianura costiera, di formazione recente, chiusa verso l’interno dal massiccio vulcanico dei
Colli Albani e dai rilievi preappenninici dei Monti Lepini, Ausoni e Aurunci; più all’interno la valle Latina, che costituisce
una via di comunicazione verso la Campania e un tramite in direzione delle regioni appenniniche. La mancanza di
risorse minerarie ha rappresentato uno stimolo ai collegamenti in direzione delle regioni metallifere (Etruria e
Calabria). Inoltre, grazie alla sua posizione intermedia fra Etruria e Campania, il Lazio è stato spesso coinvolto nelle
attività, nei collegamenti interregionali e nei processi di trasformazione sociopolitica ed economica che investono
queste due regioni: in particolare la formazione delle città-stato etrusche e le fasi iniziali della colonizzazione greca in
Campania.
Elementi generali: La documentazione archeologica e linguistica del Lazio in età storica indica uno stretto
collegamento culturale con le regioni tirreniche meridionali e una forte differenziazione rispetto all’Etruria, già
chiaramente riconoscibile nella IEF sulla base della specificità della facies villanoviana rispetto a quella laziale. I
cambiamenti strutturali che si riconoscono nel Lazio nel corso del periodo che stiamo esaminando sono legati a fasi
alterne di gravitazione verso l’Etruria e verso Campania e Calabria. Il collegamento con l’Etruria implica la
partecipazione diretta alla rete di rapporti e scambi interregionali che partono da questa regione; le fasi di
avvicinamento alle regioni meridionali tirreniche segnano piuttosto un ripiegamento sulle specificità culturali condivise
con quest’area, fra le quali ad esempio l’adozione precoce dell’inumazione.
La sequenza della cultura laziale: Si riconoscono in modo abbastanza preciso 4 chiari momenti successivi nello
sviluppo di questo processo; contemporaneamente, l’area nucleare della regione, inizialmente sulla costa, si sposta
nella zona dei Colli Albani e infine a Roma.
1. LA FASE INIZIALE DELL’EBF (XII-XI). In questa fase il Lazio antico è praticamente indistinguibile dall’Etruria
meridionale, con la quale condivide la facies archeologica di tipo protovillanoviano sia nella ceramica che nella
produzione metallurgica. L’area più attiva della regione è la pianura costiera, che costituisce la principale via di
collegamento dall’Etruria meridionale alla Campania. Abitati su pianoro sono relativamente frequenti sul resto del
territorio laziale, anche se non con la stessa sistematicità osservata a Nord del Tevere. Le presenze riferibili
complessivamente all’EBF comprendono circa il 60% di siti di collina o pianoro e il 40% di siti di pendio o fondovalle.
Sono stati individuati una serie di siti costieri specializzati nell’estrazione del sale; le altre attività documentate nello
stesso periodo comprendono i movimenti della transumanza e un limitato sfruttamento agricolo. Oltre agli elementi
formali nella facies archeologica, il Lazio condivide con l’Etruria meridionale le novità nel rituale dell’incinerazione che
compaiono nella fase più antica dell’EBF. Le sepolture sono riunite in gruppi di poche unità, con urne con coperchi
generalmente che riproducono un tetto di capanna. C’è passaggio dalle tombe senza corredo della fase più antica a
quelle con corredo di vasi miniaturizzati. Il significato della comparsa nel Lazio di questo rituale, riservato
esclusivamente a un numero ristrettissimo di membri delle singole comunità, e caratterizzato per la prima volta
dall’idea dell’urna come casa del defunto, è probabilmente lo stesso che è stato indicato per l’Etruria: si tratta della
comparsa di forme di controllo politico centralizzato, affidato dalle comunità ai singoli capi.
2. LA FASE AVANZATA DELL’EBF (XI e parte del X). La definizione di I periodo laziale si basa sul fatto che solo a partire
da questo momento è possibile riconoscere una facies archeologica specifica del Lazio a sud del Tevere. Le presenze
più numerose del 1 periodo, sempre consistenti in piccoli gruppi di incinerazioni, sono nei Colli Albani. Alcuni elementi
archeologici convergono nell’indicare un cambiamento nella gravitazione culturale della regione. Nella Campania
settentrionale compare un rituale dell’incinerazione con evidenti tratti in comune con il rituale laziale;
contemporaneamente, un allentamento del rapporto di quasi identità che in precedenza collegava il Lazio all’Etruria
meridionale è indicato dall’emergere di divergenze formali e strutturali fra i rituali funerari delle due regioni. L’area
trainante del territorio laziale antico si sposta dalla pianura costiera ai Colli Albani con il territorio circostante.
L’evidenza archeologica più significativa di questa fase è l’elaborazione locale del rituale dell’incinerazione, ancora
riservato esclusivamente a un numero limitatissimo di membri delle singole comunità. La caratteristica principale dei
corredi nel 1 periodo è la miniaturizzazione di tutti gli oggetti. Una differenza significativa fra il rituale laziale e quello
dell’Etruria riguarda la composizione dei corredi: nel Lazio sono sistematicamente presenti armi e coltelli, in Etruria
c’è il divieto di riporre armi nelle tombe. La presenza di un intero corredo di oggetti miniaturizzati costituisce
l’elaborazione coerente dell’idea dell’urna-casa e del passaggio del defunto, attraverso la cremazione, a una
dimensione fisica diversa. Il numero limitato di tombe, con corredi che includono regolarmente indicatori riconoscibili
di ruolo verticale, è una chiara indicazione che anche in questo periodo la sepoltura formale è riservata esclusivamente
ai membri della comunità che rivestono i ruoli sociali più importanti. I due principali ruoli verticali riconosciuti
formalmente attraverso il privilegio esclusivo della rappresentazione funeraria sono quelli di capo politico-militare
(spada) e di sacerdote (coltello, statuetta, doppi scudi). Per quanto riguarda i ruoli verticali maschili, in alcuni corredi
nei quali compaiono gli indicatori più consistenti di prestigio e di funzioni sociali sono presenti gli indicatori di entrambi
i ruoli (spada e coltello). Si tratta probabilmente di un’indicazione della presenza in questo periodo di figure di singoli
capi investiti di una somma di poteri eccezionale, sia politico-militare che religioso.
3. LA FASE ANTICA DELLA IEF (X-IX). La continuità di insediamento dal I periodo è attestata in alcuni casi, ma sembrano
più numerosi i complessi che hanno inizio con l’EDF. Nella fase più antica continua il ruolo centrale dei Colli Albani, e i
rapporti sistematici con i gruppi delle tombe a fossa delle regioni tirreniche meridionali sono intensi e visibili. Nella
seconda fase cresce l’importanza del ruolo di Roma, mentre nascono o vengono rioccupati alcuni centri di medie
dimensioni del territorio circostante. Nei comprensori dei futuri centri urbani del Lazio sono presenti più nuclei
separati di abitato e necropoli, con differenze interne e specificità spesso molto evidenti. Un importante cambiamento
è la comparsa di vere necropoli formate da centinaia o migliaia di tombe, cioè tendenzialmente rappresentative
dell’intera comunità corrispondente. L’incinerazione, con corredo miniaturizzato o di dimensioni normali, è presente
in misura variabile nei singoli complessi, mentre si afferma progressivamente l’inumazione. La ceramica laziale di
questo periodo ha molti elementi di somiglianza con il repertorio dei gruppi della cultura delle tombe a fossa della
Campania e della Calabria. Le armi compaiono ancora quasi esclusivamente in versione miniaturizzata nelle tombe a
incinerazione. Le informazioni più consistenti sulla struttura e sull’organizzazione delle comunità laziali derivano
dall’analisi della necropoli di Osteria dell’Orsa. I ruoli orizzontali sono suddivisi per genere e classi di età in modo
sistematico; le donne giovani svolgono il compito principale della tessitura, mentre un’altra attività prevalentemente
femminile è la fabbricazione della ceramica. I principali ruoli verticali sono ricoperti dagli uomini adulti. La rarità degli
indicatori di ruolo politico-militare e sacerdotale è un’indicazione di centralizzazione del controllo politico e religioso
delle comunità, che, come abbiamo visto, era già in uso nel periodo precedente.
4. LA FASE AVANZATA DELLA IEF (IX-VIII). Questo periodo segna un cambiamento generalizzato in tutte le articolazioni
della struttura e organizzazione delle comunità laziali. Il fenomeno più rilevante è la definitiva rottura degli equilibri
interni fra le unità di parentela che formavano le comunità e la comparsa di forme di articolazione sociale e
permanente, seguita quasi immediatamente dall’evidenza di disuguaglianza economica. Ci troviamo di fronte a una
specificazione locale della formazione del sistema gentilizio-clientelare che struttura in modo permanente la società
etrusca e latina in età arcaica. La subordinazione delle unità di parentela sconfitte nello scontro sociale si concretizza,
oltre che nella disuguaglianza dei diritti sulla terra, anche nel monopolio del controllo dei collegamenti interregionali
e dello scambio da parte dei gruppi vincenti.
Le produzioni artigianali di questo periodo documentano la fine dei rapporti privilegiati con le comunità delle tombe
a fossa meridionali, e una forte ripresa dei collegamenti con l’Etruria, che coinvolge definitivamente la regione, e in
primo luogo Roma, nel sistema di scambi in direzione della Campania. Roma subentra ai Colli Albani nel ruolo di
centro trainante della regione. Un fattore cruciale del ruolo assunto da Roma a partire da questo periodo è la sua
posizione privilegiata rispetto a tutto il territorio della regione: direttamente sul Tevere, in corrispondenza del guado
dell’Isola Tiberina, che offre la via più facile e più diretta di collegamento con l’Etruria, e in particolare con Veio (che
acquista un ruolo centrale fra i centri villanoviani). Negli abitati, che per la maggior parte continuano dalle fasi
precedenti, si verificano spostamenti di concentrazione nelle aree di insediamento e di spostamento all’esterno delle
necropoli. Un altro fattore che acquista peso all’interno degli abitati è la presenza di luoghi di culto. Il fenomeno
dell’occupazione o rioccupazioni e di centri di dimensioni medie sulle principali vie di collegamento, che comincia nella
fase precedente, continua anche nel III periodo; in un momento più avanzato si verifica una occupazione capillare del
territorio per lo sfruttamento agricolo.
LA IEF
La “cultura delle tombe a fossa”. Si tratta in prevalenza di villaggi, con le rispettive necropoli, distribuiti nella piana
del Sarno, nella penisola di Sorrento e nella parte settentrionale interna della regione. Il solo centro vicino alla costa,
in una situazione che offre una difesa naturale, è Cuma, che riveste una funzione e ruolo privilegiati fra le comunità di
questo gruppo.
La documentazione funeraria: Nella fase II di Cuma il coinvolgimento nel sistema di scambi “precoloniali” è indicato
dalla presenza di bronzi di tipo cipriota, di scarabei, e di coppe euboiche. La facies archeologica delle tombe a fossa
mostra affinità in Calabria e in Lazio.
La cultura di Oliveto-Cairano: un altro aspetto culturale caratterizzato dal rituale dell’inumazione, quello di Oliveto
Cairano, è concentrato in un’area circoscritta tra la valle del Sele e quella dell’Ofanto, una posizione adatta allo
sviluppo dei collegamenti con il versante adriatico. La facies archeologica è infatti caratterizzata in particolare dalla
presenza di elementi tipologici con confronti nell’area pugliese e illirica. Gli insediamenti di questo gruppo sono piccoli
villaggi in aree pianeggianti, accompagnati dalle rispettive necropoli di sepolture a inumazione.
Il villanoviano meridionale: caratteri generali, insediamento, necropoli. I gruppi villanoviani della Campania sono
contraddistinti da una facies archeologica che nella fase più antica della IEF è relativamente omogenea. La
documentazione più consistente viene da Pontecagnano; le grandi necropoli distribuite attorno all’abitato
comprendono oltre 9.000 tombe. Il villanoviano campano mostra fin dagli inizi una certa commistione con elementi
della facies locale delle tombe a fossa, ma è comunque un fenomeno archeologico ben riconoscibile e abbastanza
nettamente differenziato, caratterizzato nel momento iniziale dal rituale dell’incinerazione e dalla presenza
consistente di urne cinerarie biconiche decorate e di bronzi di tipo e aspetto villanoviano ben definito. La facies dei tre
centri si differenzia rapidamente nel corso della IEF: a Capua si accentuano i collegamenti con i gruppi delle tombe a
fossa della Campania settentrionale; a Sala Consilina si riconosce una stretta commistione di elementi tipologici con
la facies locale delle valli del Sele e del Tanagro e la comparsa dipinta in uno stile tipico dell’area Enotria; a
Pontecagnano il collegamento con gli aspetti delle facies dell’Etruria meridionale si riconosce per tutto il corso della
IEF. La distribuzione dei complessi non è concentrata ma interessa parti diverse della regione: i centri maggiori sono
abitati di grande estensione, collocati in posizione strategica per i collegamenti a lunga distanza. L’organizzazione
dell’insediamento villanoviano in Campania mostra alcune caratteristiche (scelta strategica della posizione e
fisionomia protourbana fin dal momento iniziale) che richiamano quelle dei centri villanoviani dell’Etruria meridionale
e dell’Emilia-Romagna.
La documentazione funeraria e l’organizzazione sociale: Il rituale funerario adottato nel momento più antico della IEF
non ci permette di cogliere con chiarezza l’insieme delle distinzioni di rango e di ruolo nella comunità corrispondenti;
è possibile però riconoscere alcuni indizi che si riferiscono alle principali posizioni di status. In un piccolo numero di
incinerazioni maschili c’è la presenza di urne che riproducono simbolicamente una capanna, assieme a riproduzioni in
ceramica di un elmo di impasto metallico. Deve essere quindi considerata la possibilità che non alludano al ruolo di
guerriero dell’incinerato, ma piuttosto alla sua casa nell’aldilà, che comunque è un privilegio esclusivo di alcuni
membri della comunità. È anche da notare che nel sito di Pontecagnano, nella I fase dell’EDF la presenza di armi, e in
particolare di spade, è limitata ad un numero ridottissimo di sepolture, e potrebbe quindi, come in altri contesti
dell’EBF e della IEF, designare il capo politicomilitare della comunità. Un altro elemento di distinzione è la sepoltura a
ricettacolo, alla quale sono associati corredi più ricchi della media. Il momento successivo è caratterizzato da alcune
novità: la presenza di materiali di importazione, probabilmente da attribuire a una intermediazione fenicia; un
aumento delle differenze di ricchezza nei corredi; la presenza di alcune tombe monumentali. La novità di maggiore
interesse è la presenza di settori delle necropoli riservati ai gruppi familiari che costituiscono l’élite della comunità.
Nella seconda fase della IEF la differenziazione sociale sembra ormai consolidata, e si esprime attraverso ostentazioni
di ricchezza concentrate nelle tombe femminili.
Le fasi iniziali della colonizzazione greca: In questo contesto regionale si collocano le più antiche presenze greche in
Italia, o almeno nell’area tirrenica, documentate dell’insediamento euboico di Ischia, datato dagli studiosi nella prima
metà dell’VIII secolo a.C. gli scavi hanno messo in luce l’insediamento e la necropoli che comprende alcune migliaia di
sepolture a incinerazione e a inumazione. I materiali ceramici sono esclusivamente di fattura o di imitazione greca.
Collegamenti interregionali: In Italia, questo nuovo tipo di collegamento sistematico da Oriente introduce
cambiamenti radicali nella struttura e nell’organizzazione delle comunità indigene, e costituisce un fattore di stimolo
e di accelerazione dello sviluppo delle entità sociopolitiche più complesse presenti nel contesto locale, che con ogni
evidenza coincidono con i centri villanoviani. Contemporaneamente, la cosiddetta fase precoloniale, e le evidenze di
scambi a lunga distanza che sono alla base della sua identificazione, non devono essere automaticamente lette come
anticipazione della presenza greca di età coloniale, ma piuttosto come un’indicazione del coinvolgimento delle aree
interessate nella rete di scambi attiva nel Mediterraneo. Nei complessi di tombe a fossa, nelle fasi più antiche dell’EDF
è evidente un collegamento pervasivo con i gruppi affini della Calabria e con il Lazio antico. Le affinità nella produzione
metallurgica potrebbero indicare sia per la Campania, sia per il Lazio, una parziale dipendenza dai giacimenti
metalliferi della Calabria. Collegamenti sistematici con l’area adriatica meridionale e con la costa balcanica investono
tutta la regione e toccano i gruppi delle tombe a fossa della Campania settentrionale. Dei centri villanoviani maggiori,
Pontecagnano è quello che conserva più a lungo un collegamento sistematico e direzionale con l’Etruria. Contatti
direzionali interregionali nell’area tirrenica meridionale giungono fino alla Sicilia. Il coinvolgimento precoce di
Pontecagnano in collegamenti marittimi a lunga distanza è indicato dalla presenza di importazioni sarda, mentre la
ricchezza di ceramica di tipo greco mette in evidenza l’intensità dei rapporti del centro villanoviano con Pitecusa e con
Cuma. Sala Consilina, all’estremo meridionale della Campania, si collega rapidamente con i gruppi indigeni di questa
cultura “enotria” della Calabria orientale e della Basilicata. L’insieme degli elementi mostra per i gruppi villanoviani
una struttura sociale e un’organizzazione politica relativamente complesse già agli inizi dell’EDF, e un ruolo attivo nei
collegamenti e negli scambi sia al livello locale sia a lunga distanza.
LA CALABRIA
Nell’EBR l’area tirrenica meridionale è la regione nella quale si struttura il movimento che investe le isole Eolie e la
costa nordorientale della Sicilia, dando inizio alla facies archeologica nota come Ausonio I. Nelle fasi successive, fra
l’EBF e la IEF, la facies culturale di tipo ausonio si espande e si consolida nelle isole Eolie e nella Sicilia orientale,
conservando un collegamento costante e sistematico soprattutto con la Calabria, basato sull’affinità culturale ed
etnica. Una caratteristica importante della facies calabrese è l’abbondanza della produzione metallurgica, che
potrebbe essere legata all’inizio o all’intensificazione dello sfruttamento dei giacimenti metalliferi locali
Il territorio e l’insediamento: c’è una generale continuità fra le fine dell’EDB e l’EDF, con qualche indicazione di
aumento demografico e il consolidarsi della struttura gerarchica dell’insediamento; gli abitati maggiori sono collocati
su pianori che raggiungono o superano i 10 ha di estensione.
L’abitato di Broglio di Trebisacce → il sito si trova nella fascia collinare prossima alla costa e occupa anche un’altura
che si affaccia sulla piana di Sibari. Nell’EBF, caratterizzata generalmente da un complessivo aumento demografico, è
stata osservata nell’area oggetto delle ricognizioni una leggera diminuzione del numero complessivo di presenze,
accompagnata da un aumento dei siti di dimensioni maggiori. Le strutture dell’età del bronzo finale identificate
sull’acropoli di Broglio è considerata la sede di una vera e propria classe aristocratica. La struttura sociale alla base
dell’organizzazione del comprensorio è quella cosiddetta gentilizio-clientelare preurbana, che comparirebbe in Italia
meridionale grazie agli impulsi al cambiamento sociale indotti dai contatti con i micenei.
La documentazione funeraria: Con l’ultima fase dell’EBF l’uso dell’incinerazione sembra essere abbandonato in favore
dell’inumazione, il rituale pressoché esclusivo nel corso dell’EDF. Nella fase iniziale della IEF il repertorio di bronzi è
in gran parte locale, mentre la ceramica d’impasto è simile a quella delle tombe a fossa della Campania e delle tombe
del II periodo laziale. I complessi della Sibaritide hanno molti elementi in comune con la vicina area Enotria (Basilicata).
La produzione metallurgica e altre attività artigianali: La metallurgia della regione è documentata, oltre che nei
corredi delle necropoli, anche da alcuni ripostigli di bronzi. Come in Puglia, i ripostigli calabresi si caratterizzano per la
grande prevalenza di oggetti interi. In Calabria è inoltre attestata la lavorazione locale dell’avorio.
I collegamenti interregionali: Fra i numerosi collegamenti interregionali della Calabria è possibile distinguere almeno
due diversi livelli. L’affinità culturale ed etnica è all’origine dei collegamenti diffusi e sistematici, riconoscibili nella
facies archeologica, che si sviluppano da un lato verso la Sicilia orientale e le Eolie, dall’altro verso la costa Enotria. È
probabile che la continuità di questi contatti sia legata alla ricchezza del metallo della regione. Un grado consistente
di affinità etnico-linguistica fra le comunità di inumatori delle regioni tirreniche meridionali e fino al Lazio antico
sembra proponibile. Per quanto riguarda i collegamenti a più ampio raggio, elementi di affinità con l’area balcanica e
con la Grecia continentale, o con Cipro, sono stati segnalati per alcuni tipi di bronzi. Ci sono tracce dell’attività della
rete di scambi fenicia nel Mediterraneo centrale.
LA BASILICATA E LA PUGLIA
Alcuni fattori significativi nei processi di sviluppo locali, presenti soprattutto in Puglia, sono gli intensi collegamenti
marittimi con le regioni balcaniche costiere, la continuità dei rapporti sistematici con l’Egeo e il coinvolgimento nelle
attività di scambio internazionale che utilizzano il corridoio adriatico. Alcuni degli aspetti locali riconoscibili fra la fine
dell’EDB e la IEF vengono indicati con le designazioni etniche che si sono state trasmesse dagli storici antichi: la
principale è quella fra le aree enotria (Basilicata) e japigia (Puglia), nella quale si distinguono ulteriori articolazioni fra
Daunia (Puglia settentrionale), Peucezia e Messapia. Nella IEF alcuni elementi sono presenti su tutto questo territorio:
una parte del repertorio di oggetti metallici; la scarsità di ceramica nei corredi tombali della prima fase dell’EDF; la
presenza di ceramica geometrica con stili locali differenziati.
LA BASILICATA
L’insediamento: In Basilicata nell’EBF si conoscono abitati di altura, spesso a controllo delle vie fluviali o della piana
costiera, in parte con continuità del periodo precedente. Sulla presenza di forme di organizzazione complesse, con
integrazione di più insediamenti, uno dei casi di maggiore interesse è quello del monte Timmari. Si tratta di un
comprensorio costituito da un insieme di altura, nel quale sono concentrati numerosi piccoli nuclei di abitato con le
relative necropoli. Con la IEF gli abitati, che almeno in parte continuano dal periodo precedente, hanno caratteristica
differenziate: in posizione difesa e in vicinanza dei fiumi, sulle colline dell’interno o vicino alla costa. Lo sviluppo
dell’insediamento in questo periodo è in alcuni casi condizionato dall’inizio della colonizzazione greca.
La documentazione funeraria: Le necropoli della IEF comprendono centinaia o migliaia di tombe, spesso distribuite in
nuclei distinti attorno all’abitato; le sepolture sono a inumazione, con scheletri in posizione rannicchiata nell’area
costiera e distesa nell’interno. I caratteri complessivi del rituale e la cultura materiale documentata dai corredi sono
piuttosto omogenei, ma sembra possibile che fra le diverse comunità esistano differenze strutturali, in particolare
processi più o meno avanzati di articolazione interna.
I collegamenti interregionali: Nell’EBF i collegamenti esterni della regione sono di definizione incerta, soprattutto a
causa di una documentazione insufficiente. Alcuni dati potrebbero indicare la partecipazione al sistema di
distribuzione che fa capo al central place di Frattesina. Per la IEF i collegamenti più noti della Basilicata sono quelli in
direzione della Campania. La ricchezza di oggetti metallici indica la dipendenza dalle risorse minerarie della Campania.
Come è noto, bronzi e ceramiche di tipo enotrio compaiono con relativa frequenza nei complessi villanoviani
dell’Etruria; il tramite per l’arrivo di questi manufatti potrebbe essere rappresentato dai centri villanoviani della
Campania
LA PUGLIA
Territorio e insediamento: I siti aumentano in questo periodo sia nell’area interna che in quella costiera. La difficoltà
di definire un quadro complessivo dei processi che interessano questo territorio dipende anche dalla sua dimensione
eccezionalmente ampia, nonostante la relativa omogeneità morfologica, che ha favorito differenziazioni e articolazioni
sociali spesso molto rilevanti, e dalla sua collocazione geografica: allo sbocco meridionale del corridoio adriatico, con
un ampio sviluppo costiero su due mari, punto di riferimento essenziale dei movimenti marittimi sia dal Mediterraneo
orientale e dall’Egeo, sia dalla costa balcanica e greca occidentale. L’attenzione degli studiosi si è concentrata sui siti
costieri, nei quali compaiono quantità più o meno consistenti di ceramica di tipo “miceneo”. Come si è visto, si tratta
di abitati di dimensioni non superiori ai 5 ha. Molti di questi si collocano su promontori direttamente sul mare o in
corrispondenza di lagune. Si conoscono casi di discontinuità di occupazione rispetto alle fasi precedenti dell’EDB, per
esempio nella regione del golfo di Taranto, ma la continuità fino alla IEF è più frequente.
La documentazione funeraria: Nella IEF le necropoli sono formate prevalentemente da tombe a inumazione sotto
tumulo; in molti dei casi noti, le deposizioni continuano fino ad epoca storica. Le tombe dell’EDF sono fosse
rettangolari o ovali a sezione tronco-piramidale, scavate nella roccia e circondate da una canaletta, probabilmente
traccia di una copertura aerea. Sono organizzate per gruppi, con una distribuzione sul terreno piuttosto fitta, e sono
sempre a più deposizioni e a inumazione in posizione rannicchiata. Le tombe più antiche non hanno corredo, o solo
qualche ornamento personale, mentre nelle successive compaiono ceramica d’impasto, dipinta e ornamenti personali.
Rare le armi di bronzo. Alle tombe erano collegate sculture eseguite in modo sommario nel calcare locale, divise in
due classi: la prima più numerosa che comprende elementi a disco o cono schiacciato, la seconda sculture
antropomorfe (teste o stele).
La produzione metallurgica: La regione mostra, sia nei bronzi che nella ceramica, stretti rapporti con la costa adriatica
orientale (Istria, Dalmazia, Slovenia). La metallurgia della Puglia è documentata in modo organico e completo dal punto
di vista della sequenza cronologica nei ripostigli, formati prevalentemente da alcune categorie di manufatti. Una
differenza significativa rispetto alle regioni settentrionali e centrali è la presenza di oggetti quasi sempre interi.
I collegamenti interregionali e internazionali: La componente di origine balcanica, già evidente nel corso della MEB
diventa più rilevante. La componente di origine egea è localizzata nel Salento.