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DIPARTIMENTO DI SCIENZE GEOLOGICHE

Saggio di cartografia geologica

Carta geologica del Parco dellAppia Antica


Settori del Parco: Valle della Caffarella, Tenuta di Tor Marancia Tenuta della Farnesiana, Fosso di Tor Carbone

Candidato: Daniele Lanzarone Tutor: Prof. Donatella De Rita

Indice degli argomenti

Inquadramento geografico Inquadramento geomorfologico Inquadramento geologico Rilevamento geologico stratigrafico Ipotesi di ricostruzione paleotopografica Cavit sotterranee Breve storia del Parco Regionale dellAppia Antica Bibliografia

pag 3 pag 4 pag 6 pag 13 pag 23 pag 24 pag 26 pag 29

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO Il Parco dellAppia Antica situato nel settore periferico nord-occidentale del Distretto Vulcanico dei Colli Albani ed in sinistra orografica del corso inferiore del Fiume Tevere, asta principale del reticolo idrografico regionale. Il territorio del Parco si sviluppa in direzione circa NW-SE, cio allungato secondo la direzione della storica arteria stradale, nel settore sud-orientale dellarea urbana di Roma. Il Parco si incunea tra i quartieri sudorientali della citt di Roma (I, IX, X e XI Circoscrizione), raggiungendo in parte lembi dei comuni di Ciampino e Marino con una superficie totale di 3306 ettari. Il confine delimitato a nord dalla cinta delle Mura Aureliane, ad est dalla via Tuscolana e dalla via Appia Nuova, a sud lambisce labitato di S.Maria delle Mole ed il fosso delle Cornacchiole, ad ovest dalla ferrovia Roma-Napoli e dalla via Ardeatina. Le coordinate geografiche riferite allellissoide internazionale sono comprese tra: 41 46 00 - 41 52 20 latitudine Nord 12 30 00 - 12 37 00 longitudine Est da Greenwich.

Cartografia di riferimento Larea del Parco compresa nelle seguenti carte topografiche: Foglio 150 (Roma) della Carta d'Italia scala 1:100.000 dellIstituto Geografico Militare. Tavolette IGM Foglio150 IV S.O. (Roma), Foglio 150 IV S.E. (Tor Sapienza), Foglio 150 III N.O. (Cecchignola) e Foglio 150 III N.E. (Frascati) scala 1:25.000. Sezioni della Carta Tecnica Regionale n. 347.100, .110, .120, .140, .150, .160, 387.030, .040 scala 1:10.000. Foglio 10, 11 e 12 del Piano Topografico di Roma e Suburbio (rilievo del 19071924) dellIGM scala 1:5.000. Rilievo aerofotogrammetrico (1993) del Parco della Caffarella della S.A.R.A.Nistri scala 1:5.000. Rilievo aerofotogrammetrico (1998) del citt di Roma della S.A.R.A.- Nistri.

INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO Laspetto fisico del territorio del Parco legato alla sua origine, infatti la morfologia attuale il risultato dellattivit del Vulcano Laziale, dellazione modificatrice degli agenti atmosferici e degli interventi antropici. Le numerose fasi di attivit succedutesi nel corso dellevoluzione del distretto vulcanico dei Colli Albani hanno determinato la formazione di un edificio costituito in prevalenza da piroclastici e lave, troncato alla sommit da unampia caldera. La struttura morfologica pi evidente data quindi dal rilievo vulcanico dei Colli Albani che domina sullo sfondo del Parco e che raggiunge un altezza massima di circa 1000 metri. Questa occupa una superficie di circa 1500 Kmq ed caratterizzata alla sua sommit da un doppio recinto. I versanti esterni di tale recinto sono solcati da un fitto reticolo idrografico ad andamento radiale, principalmente centrifugo, privo di tributari a causa dellacclivit del rilievo. La parte periferica della struttura vulcanica rappresentata da un pendio degradante verso il mare costituito da spianate sommitali separate da valli piuttosto incise che ospitano un reticolo idrografico pi articolato. Le caratteristiche di resistenza dei terreni vulcanici, ed il regime pluviometrico, caratterizzato da periodi di intensa precipitazione, hanno favorito la formazione di valli tra loro sub parallele con andamento radiale N.O S.E: piuttosto strette ma profondamente incise. Lassetto morfologico originario dellarea romana attualmente poco riconoscibile ad esclusione di pochi lembi scampati ad oltre duemila anni di interventi antropici di varia natura. La tipica morfologia collinare della campagna romana andata in gran parte distrutta per il sorgere dei grandi comprensori nelle aree periferiche che hanno operato grandi movimenti di terra. Anche lintubamento dei fossi per la realizzazione di opere di collettamento degli scarichi civili, o di opere di difesa idraulica, o di infrastrutture ha prodotto la perdita dellorografia originaria. Il territorio del parco invece mantiene ancora le caratteristiche fisiche del paesaggio originale che pertanto merita di essere tutelato. La strutturazione del reticolo idrografico, in parte riconoscibile attualmente, risale al Pliocene. Durante questa epoca larea romana era completamente invasa da un mare poco profondo la cui linea di costa era posizionata sulle prime propaggini della catena appenninica a quellepoca emersa e posta a circa 280 m s.l.m. Le ampie oscillazioni climatiche avvenute durante lEra Quaternaria che hanno visto lalternarsi di fasi fredde (glaciali) e fasi temperate calde (interglaciali) hanno influenzato fortemente la forme di modellamento operate dagli agenti esogeni. Per tutto il Quaternario larea fu sottoposta a continue emersioni, caratterizzate da un intensa attivit erosiva determinando l'abbassamento generale della superficie topografica; in conseguenza di ci il territorio appare solcato da valli molto profonde. Le successive ingressioni marine hanno prodotto il sovralluvionamento delle valli fluviali incise nelle fasi fredde. Linsorgere dellattivit vulcanica, prima Sabatina e subito dopo Albana, modific la morfologia preesistente andando a colmare le depressioni con una spessa coltre di tufi e pozzolane. Lelemento morfologico dominante rappresentato dalla colata lavica di Capo di Bove che costituisce una fascia rilevata con una sommit pianeggiante e bordata da ripide scarpate. Il suo andamento chiaramente riconoscibile da Ciampino fino alla tomba di Cecilia Metella. In questo tratto, la via Appia Antica, ricalca landamento della colata lavica poich i romani hanno sfruttato la sua posizione favorevole e la disponibilit in loco di ottimo materiale da costruzione. La colata leucititica si inserisce sui pianori tufacei costituenti lunit di paesaggio pi diffusa, la cui continuit interrotta da incisioni vallive pi o meno profonde. 4

Le pozzolane ed i tufi venivano di solito coltivati in galleria con il metodo delle camere e dei pilastri. Il materiale lavico veniva estratto scavando delle fosse. Levoluzione geologica del territorio in esame oggi interpretabile solo in alcuni luoghi dove appaiono gli affioramenti tufacei, cio lungo i versanti, in alcuni tagli stradali, nelle pareti di antiche cave e via dicendo. Alcuni di questi siti, che potremmo definire finestre per la lettura della storia geologica del parco, racchiudono un cos elevato interesse scientifico, didattico, storico e paesaggistico da richiedere una particolare forma di conservazione. In questi casi, infatti, si riconoscono come GEOTOPI in base a quanto stabilito dalla Legge 1giugno 1939 n 1497, dal R.D. 30 Giugno 1940 n1357, dalla Legge 8 agosto 1985 n431 e dalla Legge 6 dicembre 1991 n394. In particolare nellarea della Campagna Romana esistono numerosi siti geologici che assumono valore di GEOTOPI. Nel territorio del parco sono stati individuati e classificati dal Comune di Roma in collaborazione della facolt di Scienze della Terra di Roma Tre i geositi ad elevata vulnerabilit che necessitano di essere preservati dalla espansione urbanistica. Sito N16 Tor Marancia: presenta intatti numerosi aspetti salienti della paleomorfologia e morfologia della campagna romana . Larea costituita da ampi e rilevati a plateaux ed attraversata dal Fosso di Tor Carbone e dalla Marrana della Annunziatella. Vi affiorano le Pozzolane Rosse, che rappresentano il termine stratigrafico pi antico. Nelle paleomorfologie presente il Tufo litoide lionato la cui deposizione ha rappresentato una generale inversione di rilievo morfologico. In tutta larea affiora lunit eruttiva di Villa Senni (VSEU) che rappresenta il deposito dellultima grande eruzione ignimbritica. Lattivit di cava rappresentata sia siti estrattivi dismessi sia nelle pozzolane che nel tufo litoide lionato e di Villa di Senni. Sito n17 Sorgenti della Caffarella: si tratta del gruppo di emergenze poste allinterno della valle della Caffarella caratterizzate da acque mineralizzate note sin dallantichit per le loro virt terapeutiche. Sito n 19 Capo di Bove: si tratta della colata di lava leucititica emessa durante la fase effusiva delledificio delle Faete che deflu in una valle quasi radiale alledificio centrale. La lava colm la paleovalle per uno spessore massimo di 10 15 m . Oggi a causa della sua resistenza allerosione la colata risulta morfologicamente pi elevata rispetto alla campagna circostante ed il corso dacqua che prima scorreva nella valle si spostato ai suoi lati portando come effetto ad un fenomeno dinversione del rilievo che ha cos assunto il ruolo di spartiacque.

INQUADRAMENTO GEOLOGICO Per conoscere la storia geologica dellarea romana si deve risalire ad almeno 200 milioni di anni fa, quando sul fondo delloceano chiamato Tetide si depositarono i sedimenti da cui si sono poi formate le rocce che oggi costituiscono lAppennino centrale: sedimenti di piattaforma carbonatica (qualcosa di simile alle attuali Bahamas) che passavano, lungo pendii sottomarini pi o meno accentuati, a depositi di mare pi profondo. Nellambito dei complessi processi della tettonica delle placche, circa 30-35 milioni di anni fa inizi in queste aree il processo di convergenza delle placche europea ed africana, con la conseguente deformazione dei rispettivi margini: i depositi marini furono sollevati e sovrapposti, dando origine alla catena montuosa degli Appennini. Intorno a 5 milioni di anni fa, il settore occidentale della neonata catena appenninica iniziava ad assottigliarsi e a sprofondare, mentre andava formandosi il Mar Tirreno. Questo sprofondamento non fu omogeneo ovunque: diversi settori rimasero al di sopra del livello del mare, originando una serie di isole (fra cui il M. Soratte ed i Monti Cornicolani, rispettivamente a Nord ed a Nord-Est di Roma).

Fig.1 Ricostruzione dellarea Romana circa 5 milioni di anni fa. (Disegno di M.Parotto)

Larea su cui sarebbe sorta Roma era ancora totalmente sommersa: in quel mare si depositarono le cosiddette Marne Vaticane o Argille azzurre (Unit del Monte vaticano; et: Pliocene superiore). Il materiale argilloso fine, caratteristico di un ambiente di sedimentazione lontano dalla linea di costa, viene sostituito nel corso del Pleistocene inferiore, da depositi prevalentemente sabbiosi, tipici di un ambiente marino litorale (Unit di Monte Mario) e successivamente da depositi di ambiente da deltizio a continentale (Unit di Monte Ciocci). Questo passaggio fra diversi tipi di ambienti marini e quindi a condizioni continentali viene messo in relazione con un generale sollevamento del margine tirrenico laziale ed al conseguente progressivo spostamento della linea di costa da Est verso Ovest, che porta alla totale emersione dellarea romana.

Fig.2 Ricostruzione dellarea Romana circa 1,5 milioni di anni fa. (Disegno di M.Parotto)

Nel Pleistocene medio si completa quindi la trasformazione degli ambienti sedimentari. Quello che era un fondale marino diventa una regione collinare con estese zone paludose e piccoli laghi, dominata dal corso dellantico Fiume Tevere (il Paleotevere), che sfociava molto pi a Sud di oggi. Sempre nel Pleistocene medio, a partire da circa 600.000 anni fa, dalle grandi fratture connesse allo sprofondamento del margine tirrenico inizi a risalire del magma: si formarono cos dei grandi complessi vulcanici, prevalentemente in corrispondenza delle zone di intersezione dei tre principali sistemi di faglie, ad andamento rispettivamente NWSE, NE-SW e N-S. Lattivit vulcanica interess inizialmente larea a Nord di Roma, dando origine al Distretto Vulcanico dei Monti Sabatini; i prodotti di questa attivit arrivano ad interessare anche larea urbana di Roma, dove affiorano fino alle rive del Tevere. Questo materiale vulcanico ricopr quasi interamente i terreni precedenti, e fu in seguito interessato da intensi fenomeni erosivi che modellarono profondamente la topografia. In questo periodo inizia lattivit vulcanica anche a Sud di Roma, nel Distretto Vulcanico dei Colli Albani (o Vulcano Laziale). Tutto il settore Albano e le aree limitrofe sono coperte da una coltre di depositi vulcanici estesi su una superficie di circa 1500 Km2, da poco a sud della Bassa Valle del Tevere sino alla Pianura Pontina. La formazione dellapparato ha inizio tra i 500.000 e i 600.000 anni fa, mentre i prodotti pi recenti sono stati datati a circa 7.500 anni fa. I Colli Albani rappresentano lapparato vulcanico caratterizzato dalle maggiori dimensioni e, tra i vulcani centrali, dal maggior volume di lava e di prodotti piroclastici eruttati.

Fig.3 Ricostruzione computerizzata virtuale dei Colli Albani (www.italyexplorer.it)

Nel corso delle diverse fasi che ne hanno segnato levoluzione stata emessa una quantit notevole di prodotti, pari a circa 295 Km3. Il complesso vulcanico dei Colli Albani caratterizzato dalla presenza di un edificio centrale ad attivit mista. Ledificio centrale prevalentemente costituito da piroclastiti e colate piroclastiche con subordinate effusioni di lave leucititiche provenienti sia dallapparato centrale che da fratture e centri locali. Come per gli altri vulcani, anche per i Colli Albani si possono individuare varie fasi di attivit e nel particolare del nostro distretto essa si manifestata in tre fasi principali, denominate come di seguito indicato, dalla pi antica alla pi recente: Prima Epoca denominata del Tuscolano-Artemisio (tra 561.000 e 351.000 anni, Marra et al, 2003); Seconda Epoca denominata dei Campi di Annibale o delle Faete (tra 277.000 e 250.000 anni, Watkins et al, 2002, Funiciello et al, 2003); Terza Epoca denominata freatomagmatica finale (tra 45.000 e 7.500 anni, Villa et al, 1999).

Prima Epoca - Attivit del Tuscolano - Artemisio Questa Epoca occupa quasi met dellintera vita del vulcano (da circa 561.000 a circa 351.000 anni fa, Marra et al, 2003) e ha dato luogo alla messa in posto di 280 Km3 di prodotti. Lattivit caratterizzata da eruzioni esplosive parossistiche con messa in posto, principalmente di ignimbriti, con effusioni laviche e depositi di ricaduta intercalati tra i principali eventi eruttivi. A sua volta quest Epoca pu essere suddivisa in quattro cicli di attivit, intervallati verosimilmente da periodi di stasi. Poich la tipologia tipica dellattivit vulcanica avvenuta in questa prima fase di natura ignimbritica (colate piroclastiche) ed i centri di emissione sono identificabili nellarea del Tuscolano/Artemisio, questi quattro cicli prendono il nome di I, II, III e IV Colata Piroclastica del Tuscolano/Artemisio. La I Colata Piroclastica del T.A. (da 561.000 a 530.000 anni fa), correlato ad un abbassamento del livello marino, fu caratterizzata da 4 colate piroclastiche in rapida successione, cui segu una fase effusiva principalmente nel settore SW del vulcano. Studi di De Rita et al, 2002, hanno permesso di stimare la quantit di materiale emesso in circa 10 km3 per ognuna delle 4 colate piroclastiche, costituenti la Successione dei Tufi Pisolitici. La II Colata Piroclastica del T.A. interposta tra due colate laviche (in termini temporali ma non ovunque in termini spaziali): le lave dellAcquacetosa (al letto) e le lave di Vallerano (al tetto). Tra i quattro cicli della Prima Epoca, il secondo (II Colata Piroclastica del T.A.) comprende leruzione pi importante di tutta la storia del Vulcano Laziale, in cui viene infatti eruttata una gigantesca colata piroclastica che gli studiosi (De Rita et al, 1988) hanno calcolato avere un volume minimo di circa 40 Km3 , con uno spessore che raggiunge i 90 metri nelle aree a quellepoca depresse che andata a ricoprire ed ha raggiunto una distanza di circa 80 chilometri dal centro di emissione risalendo le prime pendici dei Monti Tiburtini. Questo secondo ciclo avviene intorno ai 480.000 anni fa, ed i prodotti che meglio lo rappresentano, sono le Pozzolane rosse o Pozzolane di S.Paolo Auct.. La fase effusiva che conclude questo secondo ciclo anchessa correlabile ad un abbassamento del livello marino. Nella III Colata Piroclastica del T.A. vengono messi in posto prodotti nettamente differenziati, e riconoscibili in affioramento come dotati di caratteristiche macroscopiche diverse: sono le c.d. Pozzolane nere o Pozzolane delle Tre Fontane, che hanno subito specie in alcuni settori una notevole erosione da parte degli agenti esogeni. Nellultimo ciclo della PRIMA FASE (la IV Colata Piroclastica del T.A.), datato tra i 360.000 ed i 350.000 anni fa, vengono emessi alcuni tra i prodotti pi noti in due distinte colate piroclastiche, conosciute come Tufo Litoide Auct e Tufo di Villa Senni o Pozzolanelle Auct. A seguito di questultimo ciclo di attivit della prima Epoca, avviene il collasso, il cedimento verticale della parte centrale del vulcano lungo i principali sistemi di fratturazione regionali, con la formazione della caldera del Tuscolano - Artemisio. La formazione della caldera viene accompagnata dalla nascita di numerosi coni di scorie e dalla fuoriuscita di colate laviche. 9

Seconda Epoca Attivit delle Faete o dei Campi di Annibale LEpoca che viene definita delle Faete o dei Campi di Annibale, inserita tra i 277.000 ed i 250.000 anni fa (Watkins et al, 2002; Funiciello et al, 2003). Questa fase, caratterizzata da attivit mista allinterno dellarea calderica del Tuscolano - Artemisio, risulta sicuramente meno importante della prima, soprattutto se si considera la quantit totale di materiale eruttato (poco pi di 2 Km3 ). Anche questa fase termin con lemissione di grandi colate di lava molto fluide, tra le quali la pi nota ed importante senza dubbio la colata lavica di Capo di Bove, spina centrale del Parco e sulla quale corre per circa 10 Km lantico tracciato della Via Appia Antica ( De Rita et al, 1988).

Fig.4 Ricostruzione dellarea Albana circa 250 ka anni fa. (Disegno di M.Parotto)

Terza Epoca Attivit freatomagmatica Lattivit del complesso vulcanico del Colli Albani si conclude con una fase legata soprattutto alle interazioni tra il magma residuo ancora presente nelle viscere della terra e lacqua. Queste interazioni portano ad esplosioni caratterizzate da energie notevoli e provocano la formazione di tutta una serie di crateri eccentrici, pi o meno allineati in direzione nord-sud, i pi importanti dei quali sono quelli di Ariccia, Nemi ed Albano, ai quali si aggiungono quelli di Prata Porci, Castiglione, Pantano Secco, Valle Marciana e Giuturna. Lattivit riprende dopo una pausa di circa 200.000 anni, ed interessa 5 distinti centri eruttivi, partendo dai 45.000 anni del primo per giungere, secondo le ultime datazioni disponibili, ai 7.500 dellultimo (Villa et al, 1999). Il prodotto principale di questa epoca senzaltro quella del Peperino di Albano, che in associazione a depositi di lahar (Giordano et al, 2002), si espanso particolarmente nel settore di nord-ovest per circa 7 km (Giordano et al, 2002).

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Fig.5 Colonnina stratigrafica tipo per il Vulcano Laziale (D. De Rita)

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Levoluzione geologica del Parco dellAppia Antica e quindi dei settori in esame strettamente legata in primo luogo allattivit del Vulcano Laziale, ed in maniera non meno importante al periodo glaciale del Wrm (100.000 10.000 anni fa circa). Un abbassamento della temperatura media di pochi gradi immobilizz sui continenti grandi quantit di acqua allo stato solido in estesi ghiacciai, di conseguenza in quell'epoca tutti i fiumi diminuirono la loro portata d'acqua al mare, che non potendo compensare con acqua fluviale quella perduta per evaporazione, diminu di livello. Questo abbassamento fu lento ma cospicuo, arrivando a pi di 100 metri, tale che aument il dislivello fra le sorgenti e le foci dei fiumi e come conseguenza i fiumi iniziarono un'intensa opera di scavo del proprio alveo. Questa maggiore capacit erosiva interess anche tutti i tracciati dei corsi dacqua che nascevano dalle pendici del vulcano, tra cui il pi importante allora come oggi senzaltro lAlmone (Valle della Caffarella), determinando una profonda erosione delle piroclastiti del vulcano.

Fig. 6 Ricostruzione della Valle della Caffarella durante il Wurmiano. (Disegno di M.Parotto)

Lerosione diede forma a profonde valli a V, dei veri e propri canyon scavati nelle pozzolane e nei tufi, ed dunque ipotizzabile che la quota del piano campagna dellarea fosse di qualche decina di metri superiore allattuale. Con lo scioglimento dei ghiacci inizi una fase di alluvionamento della valle, tutti i fiumi compreso lAlmone iniziarono ad allargare il proprio corso scavando dei meandri, cos che i fianchi della valle andavano via via allontanandosi luno dallaltro. Riguardo ci, la forte differenza di acclivit dei due versanti della valle non sembra per poter trovare giustificazione nella sola azione modellatrice dellAlmone, pertanto si pu pensare ad un periodo post-glaciale con piogge abbondanti che spinse ad una modellazione simile a quella attuale.

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RILEVAMENTO GEOLOGICO STRATIGRAFICO Metodo di lavoro Il rilevamento svolto in ambientazione di deposito vulcanico, che nella maggior parte dei casi consente una relativamente facile definizione dei vari litotipi presenti, permette di procedere secondo un criterio di tipo litostratigrafico. Come gi detto in precedenza il territorio del Parco dellAppia interessato dai depositi piroclastici emessi dal distretto vulcanico dei Colli Albani. Le vulcaniti verranno menzionate a partire dai termini pi antichi e risalendo la serie verso i pi recenti. I litotipi incontrati sono dunque: UNITA DELLEPOCA DEL TUSCOLANO - ARTEMISIO Unit dellAppio Latino Deposito a matrice cineritico-pomicea, da incoerente a debolmente coerente. Caratterizzato da abbondanti lapilli accrezionari allinterno di una appena percettibile stratificazione irregolare. Lunit riconducibile alla Successione dei Tufi Pisolitici p.p. Auct. della I Colata Piroclastica del T.A. (0,60 m.a.). La composizione chimica leucitica (Fornaseri et al., 1963). Si presenta in piccoli affioramenti molto rimaneggiati, sia per cause naturali che per le vicine attivit antropiche, che nelle zone confinanti con il parco nascondono questo deposito piroclastico con spessori di riporto in alcuni casi di parecchi metri. Il pisolitico rilevabile, seppur con difficolt, nel settore nord del Parco, dove si trova a contatto con le alluvioni recenti del fiume Almone, e nellarea pi depressa del Fosso di Tor Carbone, in sequenza con le alluvioni recenti dello stesso e con le pozzolane rosse superiori.

Fig.7 Tufo pisolitico, si possono notare lapilli accrezionari nella matrice cineritica.

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Unit della Caffarella Deposito piroclastico massivo, caotico, da incoerente a semicoerente con matrice scoriacea-pozzolanacea, con frequenti episodi di risaldature delle scorie. Numerosi i litici sedimentari termometamorfosati e frequente la presenza di gas pipes mineralizzati e piccoli frustuli carboniosi. Il tetto della formazione si presenta spesso con caratteristiche litoidi. La composizione tefritico - leucitica (Fornaseri et al., 1963) e lignimbrite correlabile allunit delle Pozzolane Rosse Auct. della II Colata Piroclastica del T.A. (0,48 m.a.). Le succitate caratteristiche semilitoidi si ritrovano in particolare sulla sinistra idrografica della Valle della Caffarella in corrispondenza del ponte della Vaccheria, ed in destra idrografica proprio alle spalle della vaccheria sottoforma di bancata semilitoide. Sempre semilitoide si presenta al piede di molte scarpate, indicando spesso lentrata di una delle numerosissime cave di pozzolana presenti in tutta larea del Parco.

Fig.8 Dettaglio di gas pipe rimineralizzato con materiale eterogeneo, Tor Marancia

Fig.9 Dettaglio di un affioramento di pozzolane rosse, Fosso di Tor Carbone

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Unit dellAlmone Deposito intereruttivo composto da sabbie e limi saldati in facies fluvio-lacustre, derivanti direttamente dallerosione delle unit eruttive delle pozzolane rosse inferiori e delle pozzolane nere superiori. Tale tipo di sedimentazione indica la presenza di zone invase dallacqua, quali stagni e laghetti. Deposito presente in lenti, riconducibile allunit del Conglomerato Giallo. Tra un episodio piroclastico ed il successivo intercorrono periodi anche lunghi di stasi. In questi periodi il reticolo idrografico, sconvolto dai flussi piroclastici precedenti, tende a normalizzarsi andando spesso ad invadere zone anche ampie con laghetti, stagni o paludi. In questambientazione viene a deporsi tale litotipo, presente in maniera molto limitata e di cui risulta difficile lindividuazione. Nellarea esaminata compare al tetto delle pozzolane rosse in due piccoli affioramenti in sinistra idrografica dellAlmone, ed ancora nella Tenuta di Tor Marancia costituente la volta dellentrata di alcune cave. Gli spessori risultano piuttosto limitati, in lenti di circa 1 metro.

Fig.10 Conglomerato giallo, Valle della Caffarella

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Unit di Tor Marancia Deposito piroclastico di tipo ignimbritico, caotico con matrice cineritica e scoriacea. Sono presenti scorie termometamorfosate e litici lavici leucitici, correlabile allunit delle Pozzolane Nere Auct. della II e III Colata Piroclastica del T.A. (De Rita et al., 1988). E spesso presente un livello zeolitizzato litoide o semilitoide al letto. La composizione tefrifonolitica (Trigila et al., 1995). Sono riscontrabili allinterno del litotipo movimenti gravitativi caotici tipo debris flow successivi alla deposizione della piroclastite. Dato il lungo periodo di pausa interposto tra II e III colata piroclastica del T.A., causa rimaneggiamento dellunit, al tetto presente un deposito massivo riconducibile ad un paleosuolo. Nellarea in esame tali depositi sono presenti con una certa regolarita, seppur con spessori piuttosto limitati dato il grado di erosione cui sono sottoposti.

Fig.11 Pozzolane rosse e nere, particolare del livello zeolitizzato di contatto. Tor Marancia

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Unit delle Fosse Ardeatine Tufo massivo e generalmente litoide, a matrice cineritica, con abbondanza di litici lavici termometamorfosati e scorie di colore dal rosso al giallo fulvo. Raggiunge i massimi spessori colmando le valli delle paleotopografie. Localmente non depostosi. La composizione da foiditica potassica a tefrifonolitica (Trigila et al., 1995). Tale piroclastite riconducibile all unit Tufo Lionato Auct. della IV Colata Piroclastica del T.A. Nella parte basale spesso presente una sottile laminazione causata dagli sforzi tangenziali in atto al momento della deposizione. Il lionato presente nellarea rilevata con spessori dellordine di 3 5 metri, e presenta localmente una leggera variazione laterale continua negli spessori. Nella Valle della Caffarella, in corrispondenza delle cave in destra idrografica dellAlmone, un affioramento molto evidente di circa 20 metri in lunghezza mostra una variazione di spessore anche di un metro. In alcune zone il tufo lionato non si deposto o stato del tutto eroso poich presente in ridottissimi spessori, come a Tor Marancia dove nella parte settentrionale della tenuta non compare del tutto. Con il passare dei millenni la maggior competenza e resistenza agli agenti atmosferici rispetto alle facies pozzolanacee, hanno fatto si che le zone occupate dal litoide risultino attualmente come rilevate, in seguito a fenomeni di erosione inversa e quindi di inversione del rilievo, rappresentando spesso dei veri e propri spartiacque.

Fig.12 Particolare di un campione di Tufo litoide lionato, Fosse Ardeatine

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Fig.13 Contatto erosivo tra paleosuolo e tufo litoide lionato, Fosse Ardeatine

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Unit di Quarto Miglio Deposito di tipo scoriaceo, con litici olocristallini di leucite analcimizzata e pi raramente di pirosseno, associabile alla variazione di facies Pozzolanelle Auct. della VSEU della IV Colata Piroclastica del T.A.. Colorazione grigio nerastra e composizione da tefritica a tefrifonolitica (Trigila et al., 1995). Sono chiamate pozzolanelle per le diverse e minori qualit tecniche rispetto alle pozzolane rosse e nere. Unit di Grotta Perfetta Tufo massivo, da semilitoide a litoide, a matrice cineritica grossolana incoerente, ricca di cristalli di leucite analcimizzata mediamente intorno agli 0,5 mm. Appare spesso con una pseudostratificazione nella porzione basale, ma anche al tetto per rimaneggiamento; a volte visibile finissima laminazione per probabile deposizione di ash cloud. Presenza di lapilli e litici lavici a gradazione diretta ed inversa e piccoli cristalli biotitici. Modesta presenza di gas-pipes. La composizione tra tefrifonolitica e fonotefritica (Trigila et al., 1995). Il deposito associabile al Tufo di Villa Senni Auct. della IV Colata Piroclastica del T.A. (0,36 m.a.).

Fig.14 Particolare di un campione di tufo di Villa Senni semilitoide, Valle della Caffarella

La VSEU (Villa Senni Eruption Unit) rappresenta la piroclastite maggiormente presente a chiusura della prima Epoca del Tuscolano - Artemisio. Nel Parco sono ben visibili 19

affioramenti sia in facies litoide, in associazione al lionato o singolarmente, sia in facies incoerente e molto rimaneggiata. Ad esempio tutta la Tenuta di Tor Marancia presenta il Villa Senni in facies semilitoide, accompagnata dalle pozzolanelle grigie che chiudono alcuni pendii rendendoli pi morbidi. Grosse quantit di pozzolana grigia sotto forma di riporto sono presenti nelle adiacenze delle cave ormai in disuso.

Fig.15 Taglio di cava con particolari della serie. Da notare la mancanza del Tufo lionato, Tor Marancia

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UNITA DELLEPOCA DELLE FAETE O CAMPI DI ANNIBALE Unit dellAppia Antica Si presenta grigio scura, con componente basica da tefritica a foiditica potassica (Trigila et al., 1995), da compatta a grana fine fino a vacuolare, sia microcristallina che porfirica. Sono presenti fenocristalli di leucite anche maggiori di 1 cm, clinopirosseni e cristalli di olivina. Lava associabile alla colata lavica di Capo di Bove (0,28 m.a.; Bernardi et al.). Quando la temperatura si abbassa al di sotto di 630-640 C si formano i cristalli di leucite, la cui struttura geometrica allo stato solido occupa un volume maggiore rispetto allo stato liquido. In questo modo viene sottratto dello spazio al gas disciolto, e quindi il magma che si raffredda aumenta contemporaneamente di pressione; se la pressione supera quella delle rocce superiori, avviene un'eruzione anche violenta. Se quindi vediamo una roccia vulcanica (ad esempio la lava solidificata) con all'interno i cristalli di leucite, sappiamo che il materiale fuoriuscito a temperatura inferiore ai 630-640 C. Quando la temperatura scende sotto i 120 C la leucite cambia nuovamente struttura e il colore diventa biancastro (da cui il nome); il cristallo si frattura a livello microscopico e diventa anche meno resistente all'aggressione degli agenti atmosferici.

Fig.16 Affioramento di lava leucititica alterata superficialmente, Cecilia Metella allAppia Antica.

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DEPOSITI POSTERUTTIVI Alluvioni recenti ed attuali Deposito alluvionali di spessore variabile e formato da sabbie e ghiaie contenute in una matrice limoso-argillosa. Lungo i corsi dacqua principali, fondamentalmente lungo il Fiume Almone ed i Fossi di Tor Carbone e dellAnnunziatella sono rilevabili questi depositi dovuti al disfacimento di materiale vulcanico preso poi in carico dallacqua ed abbandonato nelle valli da essa attraversate durante le fasi di deposizione. Tali alluvioni si trovano in contatto con le formazioni pi basse nella serie, cio le pozzolane rosse ed il tufo pisolitico, pi limitatatamente con le pozzolane nere. Terreni di riporto Materiali eterogenei di varia origine, sia naturali provenienti dalla coltivazione di cave in pozzolane e tufo, sia artificiali dovuti allevoluzione del tessuto urbano che circonda il parco in pi settori e che nel secolo scorso ha causato laccumulo di spessori anche importanti di materiali di vario genere, proveniente dagli sbancamenti per ledilizia piuttosto che per la viabilit stradale o ancora per infrastrutture di qualsiasi genere. Molte delle valli che scendevano radialmente dalle pendici dei Colli Albani sono state colmate da materiale di riporto che ha cos stravolto la paleomorfologia in maniera irrecuperabile, sconvolgendo di conseguenza il reticolo idrografico ed i processi ad esso collegati. Nellarea in esame grosse quantit si possono notare in destra idrografica della Valle della Caffarella, lungo buona parte di Via Latina e fino a Via Cilicia, con abbondanti quanto degradanti sconfinamenti nel cuore della valle. Lungo la Via Ardeatina, percorrendo delle vie interne nella zona del Fosso di Tor Carbone, possibile notare altri depositi di materiale di riporto, che fortunatamente la natura sta provando a recuperare nel corso degli anni celandone via via la vista allosservatore.

Fig.17 Visuale su un versante di materiale di riporto causa attivit edilizia, Via Latina

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IPOTESI DI RICOSTRUZIONE PALEOTOPOGRAFICA

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CAVIT SOTTERRANEE Gallerie di cava, catacombe, acquedotti e cunicoli idraulici La presenza e la diffusione delle cavit sotterranee nel sottosuolo romano sono da ricondurre in primo luogo alle peculiari caratteristiche geologiche del territorio della citt, nella quale affiorano estesamente i prodotti dell'attivit vulcanica degli apparati sabatino e laziale. Il particolare assetto morfologico dell'area romana, caratterizzato da una serie di speroni tufacei separati dalle valli alluvionali dei principali corsi d'acqua, e le attivit antropiche che si sono sviluppate nel territorio cittadino nel corso dei secoli, sono i principali fattori che concorrono a determinare la presenza e la diffusione di cavit di varia origine storica e dalle diverse funzioni. Sia nel periodo etrusco, sia, successivamente, nel periodo repubblicano e imperiale, con l'espansione della citt e l'urbanizzazione del territorio circostante, vennero intrapresi i grandi lavori di realizzazione di condotti idrici sotterranei, e venne iniziato lo sfruttamento intensivo del sottosuolo nei dintorni della citt, mediante lo scavo di cave in sotterraneo per ricavare materiali da costruzione, soprattutto pozzolane e tufi litoidi. Vennero scavati infine, per le esigenze del culto, cimiteri e ipogei di vario tipo, molti dei quali riutilizzavano vecchie cave abbandonate. (DE ANGELIS D'OSSAT 1932, 1935, 1936, 1945; VENTRIGLIA, 1971). Le cavit sotterranee scavate in epoca romana vennero poi riutilizzate, nel corso dei secoli, sia per attivit estrattive, sia poi, in tempi recenti, come rifugi d'emergenza, comandi e depositi militari durante il periodo bellico, e successivamente come fungaie o depositi per attivit industriali. La presenza delle cavit storiche, ritrovate praticamente ovunque nel territorio urbano, ha condizionato in vario modo le attivit edilizie nel corso dell'ultimo secolo. Il grande sviluppo della citt di Roma e la costruzione dei grandi edifici pubblici, con il conseguente rimaneggiamento continuo del suolo urbano, ha fatto s che si verificassero interferenze fra strutture di fondazione e cavit sotterranee delle quali si era ormai dimenticata l'esistenza. In fase di realizzazione di opere sia pubbliche che private, nasce quindi l'esigenza di accertare la presenza di situazioni di potenziale rischio dovuto alla presenza di vuoti sotterranei. Anche nell'area del Parco sono state individuate numerose cavit sotterranee appartenenti a diverse tipologie; alcune di esse hanno imbocchi visibili in superficie, altre sono individuabili in base a segni di dissesti superficiali, altre ancora, infine, sono state individuate in base a fonti bibliografiche, oltre che nelle campagne di sondaggi ed indagini geognostiche condotte nell'area considerata in occasione della realizzazione di opere pubbliche. Problemi di stabilit delle cavit sotterranee Oltre alle voragini che sporadicamente si creano in varie zone della citt, sono conosciuti nelle zone periferiche di Roma numerosi esempi di morfologie di subsidenza superficiale dovute a crolli sotterranei, ben visibili anche nelle vecchie cartografie. Vari Autori citati in precedenza ritengono che i distacchi di materiali, causa principale del degrado, siano dovuti soprattutto al fatto che l'esposizione all'aria provoca variazioni nella percentuale di umidit dello strato superficiale e quindi un successivo scadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali.Nei casi di cave in tufi litoidi, invece, anche se le dimensioni degli ambienti sono notevoli, le migliori caratteristiche meccaniche dei materiali

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assicurano unamigliore stabilit; i dissesti tipici in questi casi sono crolli di blocchi dalla volta, favoriti dalla fratturazione sempre presente in questi tipi litologici. A questo si aggiungono le perdite da acquedotti e da fognature, che provocano un ulteriore degrado dei materiali. Non da escludere, inoltre, che la presenza di cavit nel sottosuolo provochi effetti di amplificazione locale delle onde sismiche. Infatti, la presenza di materiali caratterizzati da diverse propriet fisiche fa s che nelle interfacce si possano indurre, a causa della diversa risposta sismica, discontinuit e quindi, nel caso delle pareti di cavit a contatto con l'aria, distacchi e crolli. A questo proposito si deve per considerare la possibilit che fenomeni di dissesto di fabbricati avvenuti in passato in occasione di terremoti siano da attribuire invece a dissesti delle volte di cavit sottostanti. Un ulteriore approfondimento di questi temi pu avvenire attraverso una maggiore disponibilit di dati sulla stratigrafia del sottosuolo e sul comportamento geotecnico dei materiali interessati dalle cavit e di quelli di copertura, in modo da poter prevenire i fenomeni di degrado e da realizzare corretti interventi sul territorio.

Fig.18 Voragini e cavit sotterranee per il cedimento della volta delle gallerie, Caffarella

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Fig.19 Entrata di una cava in pozzolana rossa. Si nota tutta la serie lungo il versante, Grotta Perfetta

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STORIA DEL PARCO REGIONALE DELLAPPIA ANTICA Cronologia del Parco 1881 Rodolfo Lanciani "ingegnere per gli scavi" propone al Ministero della Pubblica Istruzione l'esproprio dellarea in cui sono compresi il Ninfeo di Egeria e il Bosco Sacro, facenti parte della tenuta della Caffarella dei Torlonia. 1887 Guido Baccelli e Ruggero Bondi propongono un "giardino parco archeologico" lungo l'Appia da Roma a Brindisi. 1918 Dopo circa sette anni di lavori consegnata al Comune la passeggiata archeologica, un grande parco tra il circo Massimo e le Terme di Caracalla. 1931 Il nuovo piano regolatore definisce l'area dellAppia "Grande Parco" e destina a "Zona di rispetto" una fascia di territorio compresa tra via Tuscolana e Ardeatina. 1934 L'Appia asfaltata fino al bivio per l'aeroporto di Ciampino. 1940 Il Comune espropria il complesso della Tomba di Romolo e del Circo di Massenzio. 1949 Il piano particolareggiato numero 111 d il via a un'alluvione di cemento che sommerge un'area compresa tra l'Appia Nuova e via Appia Pignatelli. 1950 Al quarto chilometro inizia la costruzione della pia casa S.Rosa. La benefica istituzione apre la strada alla distruzione della Regina viarum. 1951 inaugurato il tronco di raccordo anulare che collega l'Aurelia con l'Appia, tagliando in due l'Appia Antica all'altezza del settimo miglio. 1952 Marcello Piacentini presenta uno schema di nuovo piano regolatore che prevede altre nove strade che attraversano l'Appia. 1953 Antonio Cederna denuncia il progetto della Societ Generale Immobiliare che prevede la costruzione di un quartiere di alta classe tra i ruderi della Villa dei Quintili. 1954 Il Ministro della Pubblica Istruzione nomina una commissione per la stesura di un piano territoriale paesistico.

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1955 Il Papa benedice la prima pietra di uno Stadio Olimpico da costruire sulle catacombe di S.Callisto. La sollevazione della stampa manda a monte il progetto. 1957 Il Mausoleo di Casal Rotondo trasformato in villa panoramica. 1959 Il "Piano Archeologico" dellArchitetto Moretti per la Valle della Caffarella prevede la costruzione di circa duecento edifici nell'area. 1960 Il piano paesistico sancisce l'invasione edilizia della campagna romana: destina a verde pubblico solo una striscia di terra di pochi metri ai lati della strada. 1964 In seguito alle proteste di Italia Nostra il sindaco ordina la demolizione di una villa abusiva costruita sul Castello Caetani. La villa non sar mai demolita. 1965 Il Ministro dei Lavori Pubblici destina a Parco pubblico i 2500 ettari della campagna dellAppia Antica. La quarta Sezione del Consiglio di Stato definisce illegittima la destinazione a parco pubblico dellintera zona dellAppia Antica. 1972 Il Comune avvia l'esproprio di 76 ettari della Valle della Caffarella. 1977 Il Comune delibera l'esproprio subito fuori le mura di altri 110 ettari della Caffarella. 1979 Il Sindaco Argan fa propria la proposta di creare un grande Parco Archeologico nel centro di Roma. Il parco si collegher con quello dellAppia Antica. 1980 Il Consiglio di Stato annulla gli atti di esproprio della Caffarella. 1984 Nasce il Comitato per il Parco della Caffarella. 1985 La Sovrintendenza Archeologica acquisisce 22 ettari tra Appia Antica e Appia Nuova attorno ai ruderi della Villa dei Quintili. 1985 Si costituisce il Comitato di difesa per il Parco degli Acquedotti. 1988 La Regione Lazio approva l'istituzione del Parco Regionale dellAppia Antica. 28

1989 I deputati Cederna e Bassanini presentano una proposta di legge per la realizzazione del Parco Archeologico dellarea centrale, dei Fori e dellAppia Antica. 1992 Grazie a 13.000 firme raccolte dal Comitato per il Parco della Caffarella, il Sindaco di Roma destina 26 miliardi all'esproprio dellarea. 1993 Antonio Cederna nominato Presidente dellAzienda Consortile dellAppia Antica. 1994 Il Comune di Roma approva il Piano di utilizzazione del Parco della Caffarella. 1995 l'attivit dellAzienda paralizzata anche a causa della mancata sostituzione da parte della Regione di alcuni Consiglieri dimissionari. 1996 Il 27 agosto muore Antonio Cederna. Archeologo, giornalista, ambientalista, ha scritto oltre 140 articoli sulla vicenda dellAppia. 1997 Il 9 marzo centomila romani festeggiano la prima domenica a piedi sull'Appia. La regione Lazio nomina commissario dellAzienda l'arch. Caterina Nenni. Viene approvata, dopo un lunghissimo iter, la legge regionale sui parchi; tra questi c' anche l'Appia Antica. 1998 E' istituito l'Ente di Gestione del Parco dellAppia Antica. Il 20 aprile viene nominato il primo presidente Gaetano Benedetto e subito dopo il primo Consiglio direttivo. 2004 La Regione nomina un nuovo Consiglio direttivo. Il 3 maggio si insedia il nuovo Presidente, Marco di Fonzo.

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Bibliografia Guide Geologiche Regionali, Vol 5, Regione LAZIO, a cura di S.G.I. Societ Geologica Italiana, BE-MA Editrice Watkins, Giordano, R.A.F. Cas, De Rita, Emplacement processes of the mafic Villa Senni Eruption Unit. VSEU ignimbrite succession, Colli Albani Volcano, Italy. Journal of volcanology and geothermal research. De Rita, Funiciello, Rosa, Volcanic Activity and drainage network evolution of the Alban Hills area, Acta Vulcanologica, Marinelli Volume, Vol.2, 1992 185/198. Carta Geologica 1:100.000 dei Colli Albani Un particolare ringraziamento alla Dottoressa Alma Rossi ed allEnte di gestione del Parco Regionale dellAppia Antica per la fornitura di materiale cartografico. www.parcoappiaantica.org

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