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• Danno miocardico localizzato (di natura ischemica): c’è una necrosi del tessuto e non tutto
il cuore è efficiente, presenta un deficit funzionale sia sistolico che diastolico.
• Danno miocardico generalizzato (cardiomiopatie): il danno riguarda tutta la componente
muscolare ed essendoci una riduzione della forza di contrazione, prevale un deficit
sistolico, con riduzione della portata cardiaca e aumento delle pressioni di riempimento
delle camere sinistre.
• Sovraccarico di pressione (ipertensione arteriosa): c’è un aumento della pressione e
prevale un deficit diastolico.
• Sovraccarico di volume (valvulopatia, shunt atrioventricolare): riguarda tutte e quattro le
camere cardiache e prevale il deficit sistolico sinistro.
Le alterazioni emodinamiche sono caratterizzate da un’alterazione della funzione ventricolare
soprattutto sinistra, che si ripercuote sulle caratteristiche emodinamiche e le più importanti sono:
• Riduzione della gittata sistolica
• Riduzione della portata cardiaca
• Aumento della pressione telediastolica (fase di riempimento) (ventricolo sinistro)
• Aumento pressione polmonare (camere destre del cuore)
• Aumento pressione atriale destra
Oltre a queste alterazioni a carico del cuore, ci sono anche alterazioni periferiche soprattutto a
carico del rene, quindi c’è un’alterazione dei flussi regionali.
Meccanismi di compenso
Prima di arrivare ad un quadro di scompenso cardiaco, si passa attraverso una serie di fasi in cui il
cuore, adattandosi alle alterazioni che hanno portato alle disfunzioni ventricolari, cerca di
compensare le anormalità emodinamiche. Questo lo fa attivando:
• Sistema Nervoso Simpatico: attiva l’azione ionotropa positiva (incremento della forza di
contrazione cardiaca), l’azione dromotropa positiva (aumento della velocità di conduzione
dell'impulso elettrico del cuore a livello della muscolatura sia atriale che ventricolare),
l’azione cronotropa positiva (l’accelerazione della frequenza cardiaca) e l’azione
batmotropa positiva (aumento dell’eccitabilità delle cellule del miocardio, con conseguente
aumento del ritmo del cuore). Questi meccanismi servono per cercare di mantenere in
maniera efficace un valido riempimento ventricolare a livello delle camere destre e sinistre
del cuore, fin quando è possibile.
• Sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone: meccanismo più tardivo, attivazione a livello
renale di questo sistema RAA, che attraverso una ritensione di liquidi aumenta il volume
plasmatico e quindi in qualche modo compensa la riduzione della portata cardiaca.
• Legge di Starling: allungamento delle fibre miocardiche con aumento della forza contrattile
del cuore. (la frequenza cardiaca può aumentare fino a un certo punto, c’è sempre un
rapporto tra il numero di battiti cardiaci e l’aumento della forza di contrazione, è un
rapporto che è efficiente almeno fino ad un certo aumento della frequenza cardiaca, dopo
di che pur aumentando la frequenza cardiaca non vi è un aumento consequenziale della
forza di contrazione del cuore, quindi pur aumentando la frequenza la portata tende a
ridursi). Perchè gli atleti si allenano per fronteggiare lo sforzo fisico? Per far abbassare la
frequenza cardiaca, così da tenere un margine di compenso per quanto devono compiere
gli sforzi massimali maggiori.
• Ipertrofia e dilatazione ventricolare: aumento del volume e della massa muscolare
cardiaca.
Sovraccarichi emodinamici
In queste condizioni è vero che il cuore compensa (almeno nella fase iniziale dello scompenso),
però i cambiamenti emodinamici protratti nel tempo, se non vengono curati in maniera efficace,
evolvono verso un’insufficienza cardiaca, quindi si potranno osservare sia dei sovraccarichi dei
volumi di sangue e sia dei sovraccarichi di pressione, c’è una partecipazione sia del volume
sanguigno contenuto nel cuore e sia della pressione con cui questo sangue viene scaricato
all’interno dell’aorta.
Il rimodellamento come meccanismo di compenso
Il cuore cerca di adattarsi a questo cambiamento (sovraccarichi), cercando di cambiare alcune
caratteristiche morfologiche, che permettono di realizzare delle condizioni emodinamiche ottimali:
rimodellamento cardiaco.
• Il sovraccarico di pressione e di volume perchè aumenta sopratutto il precarico
determinano un rimodellamento ventricolare.
• Il sovraccarico di pressione determina ipertrofia concentrica (il cuore aumenta lo spessore
del ventricolo sinistro), con replicazione dei sarcomeri in parallelo, uno accanto all’altro.
(sistema renina angiotensina)
• Il sovraccarico di volume determina dilatazione (o ipertrofia eccentrica), con replicazione
dei sarcomeri in serie e prevalente dilatazione, il numero dei sarcomeri rimane lo stesso
ma sono stirati.
Sia la dilatazione che l’ipertrofia a lungo andare diventano dei fattori negativi, perché pur
aumentando la dimensione della parete o con una dilatazione della parete, il letto vascolare
cardiaco (che è sostenuto dalle coronarie), non si adegua al cambiamento della forma e delle
dimensioni, ma rimane sempre lo stesso, per cui si possono determinare delle discrepanze tra
necessità metabolica del cambiamento nelle dimensioni delle pareti e flusso sanguigno, che
costituisce la base emodinamica di una sofferenza ischemica a carico del cuore.
L’ipertrofia cardiaca rappresenta dal punto di vista clinico l’evento più importante di un cuore
scompensato, diventa il fattore che da inizio a tutti i meccanismi di adattamento alla causa di
scompenso ma poi diventa un fattore clinico prognostico importante.
Per questo l’ipertrofia in una fase iniziale è definita compensata quando l’aumento delle
dimensioni o la dilatazione riesce fino ad un certo punto a mantenere un adeguata portata
cardiaca, ma non è una condizione che può essere mantenuta a lungo andare:
Evoluzione dell’ipertrofia nel tempo
• Maggiore consumo di O2
• Fibrosi
• Ridotta compliance
• Progressiva dilatazione delle cavità
• Assottigliamento della parete
Eziologia dell’insufficienza cardiaca
Forme acute senza attivazione dei meccanismi compensatori dovuti a insufficienza miocardica
• Sovraccarico acuto di pressione: embolia polmonare massiva, ipertensione arteriosa
maligna.
• Sovraccarico acuto di volume: insufficienza aortica per aneurisma dissecante dell’aorta.
Forme acute con insufficienza miocardica
• Infarto miocardico acuto: se esteso oltre il 40% si parla di shock cardiogeno (caduta grave
e improvvisa della pressione arteriosa).
• Miocardite acuta: infiammazione acuta del muscolo cardiaco.
Forme croniche senza insufficienza miocardica
• Forme ad alta gittata: tireotossicosi (livello ormoni tiroidei molto alto), fistole
(comunicazioni) artero-venose, difetti del setto interventricolare, severa anemia, morbo di
Paget (malattia dell’osso, aumenta la vascolarizzazione a livello osseo e aumenta la
quantità di sangue periferico che il cuore non riesce a gestire).
• Forme da alterato riempimento: aritmie (riducono il riempimento ventricolare),
pericardite (infiammazione del pericardio, si crea un versamento di liquido tra i due
foglietti che formano la membrana pericardica, questo liquido tende a comprimere il cuore
e a ridurne la capacità di espansione e quindi riduce la forza di contrazione).
Forme croniche con insufficienza miocardica
• Forme a bassa gittata: in cui la riduzione della portata cardiaca è tale da provocare un
ristagno di sangue, una stasi venosa, un aumento della formazione di liquidi a livello
periferico, questo solitamente e dovuto a: cardiopatia ipertensiva, valvulopatie, malattie
congenite e cardiomiopatia dilatativa.
DOMANDE CHE PUÒ FARE
• Definizione anche dal punto di vista emodinamico
• Punto centrale emodinamico della funzione normale cardiaca e dell’insufficienza cardiaca
fino allo scompenso (meccanismi di mantenimento)
• Meccanismi di adattamento
• Rimodellamento
• Fattori che portano allo scompenso
• Vari tipi di scompenso
Cardiopatia ischemica
Esprime una sofferenza di tipo coronarico, per avere un’ischemia di qualsiasi tipo a carico del
cuore bisogna che ci sia un problema a carico delle coronarie: arterie che portano il sangue al
cuore stesso. Il cuore ha bisogno di sangue perché ha un bisogno grandissimo di ossigeno che è
fondamentale per lo sforzo fisico che deve sostenere, deve assicurare quell’apporto energetico
continuo che permette al cuore di battere.
Quindi il cuore deve essere sempre irrorato, la quantità di sangue di cui ha bisogno deve essere
sempre assicurata e l’attività metabolica deve essere sempre ben presente; questa funzione è
talmente importante che il cuore ha una sua riserva energetica personale e non dipende solo dalle
condizioni generali (es. se c’è una malnutrizione il cuore attinge alle sue riserve energetiche,
sottoforma di glicogeno e grassi, senza intaccare il fabbisogno a livello generale).
La circolazione coronarica ha però alcune particolarità, ha origine alla base dell’aorta, nel punto in
cui l’aorta esce dal cuore, lì esistono delle valvole a nido di rondine (le valvole semilunari) che
rappresentano la porta d’ingresso delle coronarie, esse funzionano in modo particolare: quando si
aprono il sangue affluisce dentro la coronaria, quando si ritraggono il sangue non passa più.
Le coronarie assicurano il flusso di sangue in modo diverso rispetto agli altri vasi al cuore, perché
essendo il cuore un muscolo che tende a contrarsi, è chiaro che nel momento di massima
contrazione le coronarie che si trovano tra le fibre muscolari, risulterebbero schiacciate e quindi il
sangue non passerebbe, proprio per questo il flusso del sangue arterioso attraverso le coronarie
nel cuore avviene durante la fase di rilasciamento dell’attività cardiaca, quindi quando queste
arterie sono rilassate.
• È la causa più frequente di morte e complicanze cardiache nel mondo occidentale.
• C’è un’incidenza maggiore nei maschi, le donne hanno più probabilità di svilupparla dalla
menopausa in poi.
• L’incidenza e la prevalenza della malattia sono in aumento per il progressivo incremento
dell’aspettativa di vita ed il miglioramento della prognosi dopo eventi coronarici acuti.
• Dal punto di vista epidemiologico succede che proprio il miglioramento delle cure e dei
farmaci ha determinato una riduzione delle morti da infarto, l’infarto infatti può essere
affrontato e trattato direttamente sull’ambulanza, questo aumenta il miglioramento della
prognosi. Però con il tempo sono aumentati i casi di scompenso cardiaco, perché un cuore
danneggiato certamente sopravvive ma presenta delle complicanze.
• La cardiopatia ischemica non è solo l’infarto, ma comprende una serie di criticità della
circolazione coronarica che ha un andamento cronico e che può andare incontro a
manifestazioni cliniche acute che spesso coincidono con l’esordio della malattia.
• L’infarto spesso è la fase più grave di un’evoluzione, un cambiamento delle condizioni di
funzionamento del cuore che è iniziato tempo prima.
• La cardiopatia ischemica è il risultato di una discrepanza tra la domanda di O2 da parte del
tessuto miocardico e l’offerta dello stesso attraverso il circolo coronarico.
• Non si deve identificare la cardiopatia ischemica con l’infarto, l’infarto è solo una delle
manifestazioni della cardiopatia.
Ischemia miocardica
Due sono i fattori che intervengono nella genesi dell’ischemia miocardica:
• La riduzione del flusso coronarico
• L’aumento del consumo miocardico di O2
Il cuore è un organo aerobico ed è molto sensibile alla concentrazione di ossigeno, dunque il
fabbisogno miocardico di O2 fornisce un indice accurato del suo metabolismo.
Principali fattori che portano ad un consumo miocardico di ossigeno;
• Frequenza cardiaca.
• Contrattilità.
• Stress parietale (post carico) ovvero la capacità del muscolo cardiaco di distendersi durante
la fase di riempimento ventricolare, questa dipende da due fattori: la pressione sviluppata
all’interno e le dimensioni della cavità ventricolare.
La discrepanza tra fabbisogno ed apporto di ossigeno al miocardio è quasi sempre dovuta alla
presenza di placche aterosclerotiche, che determinano una significativa riduzione del flusso
ematico a livello coronarico. La placca da sola non provoca un infarto, ma associata ad una
contrazione di un vaso arterioso coronarico si ha un vero e proprio vasospasmo. Questa
condizione dà il via a tutta una serie di processi clinici che compongono la cardiopatia ischemica.
Manifestazioni cliniche tipiche della cardiopatia ischemica
• Sindromi coronariche acute: infarto miocardico acuto (STEMI: deflessione del tratto ST,
NonSTEMI: nessuna deflessione del tratto ST, (si riferisce all’alterazione della curva ST
dell’elettrocardiogramma)), angina instabile (dolore al torace anche a riposo in cui una o
più arterie coronarie presentano alterazioni anatomiche e funzionali).
• Angina pectoris cronica stabile (ricorrenza di episodi di dolore che non sono così gravi da
portare alla morte della parete cellulare cardiaca).
• Ischemia miocardica silente (soprattutto in anziani, le sindromi coronariche acute si
sviluppano senza sintomi).
• Morte improvvisa coronarica (oltre all’ischemia del muscolo si associa un’aritmia
pericolosa e improvvisa che porta ad un’alterazione della portata cardiaca e porta a morte
improvvisa).
• Insufficienza cardiaca (danno subacuto della parete che determina un’alterazione dei
meccanismi emodinamici e meccanismi di compenso).
Alla base dell’infarto quindi c’è l’aterosclerosi, il processo aterosclerotico è lungo, ha una fase in
cui non si presentano dei sintomi, ma ci sono delle alterazioni della parete endoteliale del vaso di
tipo infiammatorio e se non viene curato, da queste reazioni infiammatorie iniziano dei
cambiamenti a carico della parete della coronaria, caratterizzati dalla deposizione di lipidi
all’interno della parete.
Questo lipide prende il nome di ateroma, a causa del quale il volume del vaso si restringe e si
riduce anche l’afflusso di sangue. Per evitare la crescita di questa placca, l’organismo manda degli
stimoli all’endotelio per far avvolgere in una specie di cappotto protettivo la placca, per evitarne la
rottura e la formazione di emboli.
L’evento più grave è proprio la rottura della placca, soprattutto se su questa placca ci sono
depositati dei sali di calcio e quindi la placca da morbida (perché conteneva solo sangue) diventa
dura, fibrosa, fragile, che si può rompere e fonte di complicanze.
C’è una fase in cui vi è un’ulteriore progressione della lesione e quindi un danno dell’endotelio che
avvolge la parte interna del vaso.
Fattori di rischio
• Disordini generalizzati:
• Età
• Obesità
• Stili di vita:
• Fumo
• Dieta
• Sedentarietà
• Condizioni sistemiche:
• Ipertensione
• Iperlipidemia
• Diabete
• Stati di ipercoagulazione
• Omocisteinemia
• Fattori locali:
• Flusso sanguigno
• Stress di parete
• Diametro del vaso
• Struttura della parete
• Percentuale di stenosi
• Tratti genetici:
• Sesso (uomini più a rischio)
• Pro infiammatori (provocano infiammazioni croniche)
Prevenire questi fattori di rischio potrebbe portare alla riduzione dell’incidenza di questi problemi.
L’Aterosclerosi, quindi, è la principale causa della malattia coronarica, è un processo lungo che
inizia molto tempo prima ed è quindi silente inizialmente, la sua evoluzione subisce degli
improvvisi cambiamenti che si traducono in eventi clinici (l’infarto).
L’organismo di fronte ad una placca aterosclerotica cerca di adattarsi e di ridurre il rischio di
evoluzione verso l’infarto, attraverso la creazione di un cappuccio fibroso di endotelio attorno alla
placca, che comprime e stabilizza la placca e impedisce che questa esca, c’è anche la presenza di
cellule lipidiche. Questa placca può esserci ma può non dare manifestazioni cliniche, quindi è
definita stabile.
Il problema si ha quando il cappuccio fibroso si assottiglia, tende a frammentarsi, le cellule
endoteliali che costituiscono il pavimento interno del vaso si deformano e diventano irregolari,
questa irregolarità è un segnale che viene interpretato come uno stimolo alla produzione di fattori
infiammatori e all’attivazione dei macrofagi (funzione di rimuovere l’eccesso di lipidi) e questo
determina un cambiamento nelle caratteristiche della placca, che diventa fragile e friabile, quindi è
definita instabile.
Dove è presente una placca di grandi dimensioni, la riduzione del calibro vasale porta alla
creazione di un gradiente pressorio (aumento pressione) che costituisce uno stimolo per la
dilatazione dei vasi di resistenza in modo da mantenere il flusso omogeneo anche in queste
condizioni di cambiamento. Questo spiega l’assenza di segni clinici che ci fanno capire quello che
sta succedendo.
Inizieranno a comparire dei segni clinici quando la sezione del vaso si riduce dell’80% e si ha una
riduzione del flusso anche in condizioni basali.
Il tessuto miocardico, irrorato da un vaso in cui il flusso di sangue si è ridotto così tanto, reagisce
con una serie di adattamenti metabolici che portano ad aumentare l’estrazione di ossigeno a
livello muscolare. In questa fase (avanzata) compaiono i primi segni elettrocardiografici di ischemia
anche a riposo.
La presenza di una placca stabile determina una riduzione della soglia ischemica che rende la
patologia sintomatica sotto sforzo o in circostanze in cui aumenta il lavoro cardiaco.
Con la presenza di una placca instabile avremo una condizione (di frammentazione della
placca)sintomatica sia a riposo che sotto sforzo.
L’infarto non è causato dalla malattia aterosclerotica in sé, ma dalle complicazioni dovute alle
placche che si sono generate con la malattia aterosclerotica.
Fattori di rischio per la rottura della placca aterosclerotica
• Fattori locali:
• Fragilità del cappuccio
• I lipidi hanno una consistenza molto dura
• Spessore del cappuccio si riduce
• Infiammazione del cappuccio
• Fattori sistemici:
• Fumo
• Colesterolo
• Diabete mellito
• Omocisteina
• Aumento della quota di fibrinogeno
• Presenza di fattori enzimatici che favoriscono la degradazione del fibrinogeno
(fibrinolisi)
Una stenosi in grado di causare un infarto del miocardio è una stenosi di piccole dimensioni che
riducono lo spazio al di sotto del 50%, per quelle di dimensioni maggiori il rischio di infarto è
minore, perché il circolo ha avuto un tempo maggiore per adattarsi a quella condizione e adottare
dei meccanismi di compenso emodinamico, mentre quelle di piccole dimensioni non stimolano i
meccanismi di compenso.
Il fattore principale che genera l’infarto è la placca aterosclerotica, una placca instabile di piccole
dimensioni, si forma una trombosi, i frammenti ostruiscono il vaso e si va incontro ad un infarto.
La cascata ischemica è quella serie di eventi che porta all’occlusione completa del vaso coronarico
e ogni fase ha dei marker.
Quelli che noi possiamo clinicamente vedere sono la sequenza dell’ischemica silente e quella
caratterizzata da dolore.
In entrambe un evento comune è rappresentato dal cambiamento della struttura della contrattilità
del cuore, c’è una riduzione della capacità del cuore di espellere la giusta capacità di sangue, ancor
prima che si evidenzino i segni clinici dell’infarto, un cuore che ha una sofferenza ischemica è un
cuore che ha una riduzione della forza di contrazione.
I segni che si possono vedere con l’elettrocardiogramma sono molto importanti
Ci sono due livelli di sofferenza ischemica: l’ischemia e la necrosi. Fin quando il quadro si mantiene
con un’ischemia ovvero una riduzione del flusso di sangue e dell’apporto di ossigeno, se si riesce a
ristabilire una circolazione di sangue ottimale (intervento o farmaci trombolitici), si può recuperare
tessuto miocardico prezioso ed evitare la complicanza peggiore: la necrosi, quando l’ischemia si
protrae nel tempo il tessuto va incontro a morte cellulare.
L’evoluzione da ischemia a necrosi la si può seguire guardando le alterazioni
sull’elettrocardiogramma. Quest’ultimo è caratterizzato da fasi standardizzate (le onde): s