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Gentilissimi lettori,
mi chiamo Manfredi Maria Tuttoilmondo, ho 22 anni e frequento oggi il Corso di Scienze
Linguistiche dell’Università di Bologna. Su invito del Professore di “Teoria e Pratica della
Formazione”, Michele Caputo, vi racconterò alcuni aneddoti della mia esperienza
scolastica/accademica (e non solo), alla luce di alcune riflessioni di ambito pedagogico. La prima
parte, a seguire, si soffermerà sull’aspetto educativo per poi svilupparsi lungo tematiche affini.
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Elaborato-esame TPF 2021 | Manfredi Maria Tuttoilmondo
tenuta emotiva; dipoi, con il docente, chiamato a porci domande e quesiti, infine con il resto della
classe. L’obiettivo è ottenerne un riscontro positivo, in termini di consenso e approvazione.
La dimensione relazionale specifica la modalità della verifica orale: l’allievo interrogato dovrà
padroneggiare abilità di tipo strategico. Rispondere ad una domanda non presuppone soltanto di
raccogliere in un tempo congruo le informazioni necessarie per rispondervi, ma mette in atto dei
meccanismi che richiedono comprensione e re-interpretazione delle parole del professore. D’altra
parte, il docente dovrà mettersi in contatto cognitivo con l’allievo interrogato e l’oggetto proposto:
la verifica orale richiede ascolto attivo reciproco.
Tuttavia, le emozioni rappresentano una controparte decisiva e ineludibile dei colloqui orali. Nel
corso della terza liceo, ricordo di avere commesso una gaffe imperdonabile durante
un’interrogazione di letteratura greca. La docente ha cominciato a ridere del mio grave errore,
seguita poi dal resto della classe. Non dimenticherò mai quelle battute dei compagni, come quel
profondo senso di umiliazione. L’interrogazione di recupero assumeva i contorni di una personale
rivincita. Stavolta, avrei studiato con determinazione, quasi con voracità: volevo cancellare per
sempre le risa fragorose di quei giorni e dimostrare a tutti il mio valore. Alla fine dei conti, ho
meritato un voto molto alto ma contava adesso molto poco. Come ben specifica Moscato, l’esito
valutativo di un’interrogazione può talora sfociare nel “giudizio di una persona e non della sua
specifica prestazione”.
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Elaborato-esame TPF 2021 | Manfredi Maria Tuttoilmondo
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D’altronde, Moscato non manca di approfondire il tema delle esperienze virtuali nell’età evolutiva.
Da nativo digitale quale sono, mi rivedo nella linea che traccia della generazione attuale, descritta
come povera di esperienze nel campo della manualità. D’altro canto, reputo pure le tecnologie
attuali mezzo di straordinaria importanza, attraenti ma da non “demonizzare” a priori.
Indubbiamente, parliamo di strumenti meritevoli di un controllo approfondito e che dobbiamo
sapere affiancare ad esperienze di altro tipo, anche per non atrofizzare le capacità immaginative
dei più giovani.
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abbiamo realizzato un solo numero del “Giornalino d’Istituto”, cui hanno però partecipato soltanto
i ragazzi di seconda e terza. Noi del primo anno avremmo potuto dare il nostro contributo
esclusivamente con “delle barzellette da aggiungere all’ultima pagina”.
Un laboratorio è qualcosa di ben diverso. Non è un caso che venga a costituire uno spazio didattico
capace di rispondere al “principio della concretezza” di Bruner e che rientra tra i metodi induttivi
attivi propri dell’Attivismo di Dewey. La sua condizione minima di realizzabilità consiste
nell’attivazione operativa degli allievi, messi in grado di sperimentare e produrre qualcosa, di
lavorare insieme e interattivamente.
L’anno successivo al primo, l’esperienza si è rivelata più fruttuosa e coinvolgente. Ho partecipato
ad un laboratorio incentrato su diversi “giochi linguistici” come lo Scarabeo, il cruci-puzzle, vari
enigmi e indovinelli e così via. Dopo avere preso confidenza con diverse tipologie di giochi, ne
abbiamo creato uno tutti assieme ispirato al “Gioco dell’Oca” (ma detto “del Gallo” dal cognome
della docente), che prevedeva quiz e giochi basati sulle parole e la lingua italiana. Il prodotto è
stato poi presentato alla “Festa della Spiga”, l’occasione perfetta per mostrare al pubblico di
genitori e curiosi i progetti laboratoriali.
Il momento più atteso dell’anno restava comunque il Carnevale. Per la preparazione dell’evento,
venivano sospesi i laboratori e ciascun gruppo-classe era chiamato, nelle ore pomeridiane, a
selezionare e lavorare su un tema da presentare il giorno di Carnevale. Potremmo definire l’attività
come un progetto/laboratorio extra-disciplinare, che comportava la produzione di oggetti
esponibili: necessariamente i costumi da indossare e un breve spettacolo di presentazione, spesso
anche cartelloni e piccoli filmati. Nei tre anni della secondaria di primo grado, noi ragazzi della
“Sezione A” abbiamo presentato i seguenti progetti: “Il Mito delle Origini nelle diverse culture”,
l’anno successivo “La Danza e i balli nella storia”, infine il tema più delicato e toccante riguardante
“La clownterapia”. Alla fine di tutte le presentazioni, la giornata di festa si concludeva con una
parata tenuta per tutto il quartiere.
La secondaria di secondo grado, il Liceo Classico “Umberto I”, era invece meno dedita alla
promozione di progetti, laboratori e altre attività interattive. Anche i tornei sportivi non erano
adeguatamente valorizzati: spesso i ragazzi delle singole classi non potevano presentarsi alle varie
partite, perché il giorno dopo avrebbero dovuto sostenere un’interrogazione. Non era raro,
inoltre, vedere classi intere non presentarsi al campo, costrette quindi a dare la partita “a
tavolino” alla squadra avversaria. Il fatto comprometteva la regolarità della competizione: per
questo motivo, diversi tornei venivano sospesi in corso d’opera.
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infine dato il loro benestare. Il progetto/laboratorio ha preso il nome di “EXPO Umbertino”, poiché
largamente ispirato alla “Esposizione Universale” di Milano 2015.
Un sorteggio casuale ha deciso l’assegnazione di un singolo paese per ciascuna classe, chiamata ad
allestire uno spazio atto a rievocare storia, cultura e tradizioni del posto. Assieme al gruppo classe,
abbiamo rappresentato il nostro paese, il Senegal, facendone assaggiare i piatti tipici, provando ad
indossare i loro abiti, raccontandone la lunga storia di colonizzazione ed indipendenza, il tutto
mettendo al centro l’idea di “teranga”, virtù simile ma non coincidente con il concetto di
“ospitalità” secondo gli europei.
Il progetto “EXPO Umbertino” ha affrontato il problema del “diverso”, volto alla esplorazione di
mondi altri entro una prospettiva di educazione interculturale. Come ben suggerisce il “principio
della prospettiva” di Bruner, in realtà, la conoscenza nelle azioni di insegnamento non dovrebbe
mai essere presentata come oggettiva, ma precisando di volta in volta il “punto di vista” che
produce quel contenuto conoscitivo, che potrebbe assumere forme diverse secondo la prospettiva
di una cultura altra.
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