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Suggerimenti per una didattica inclusiva


di Antonella Ramazzina
ISTRUZIONI PER L’USO
LA DIDATTICA INCLUSIVA

1. Didattica per BES


o didattica per tutti?
Nel riconoscere che ciascuna persona
possa e debba “stare bene” nel contesto
in cui è immersa, in un’ottica di ben-es- Sono consapevole che non esiste sempre
sere sociale che includa anche un buon e soltanto ...
apprendimento, le attività che verranno un solo punto di vista? Il mio.
proposte in questa Guida si pongono
come obiettivo un buon apprendimen-
to in un contesto di socializzazione positivo.
Da qui la necessità di considerare il tempo trascorso in classe non solo come un mo-
mento di acquisizione di contenuti, ma anche come una fisiologica occasione per ciascun
alunno di percepirsi accolto, nel rispetto delle proprie diversità.
Un approccio di questo tipo “considera” la classe, nonostante la sua caleidoscopica va-
rietà, nella sua totalità: bisogni educativi, di apprendimento, sociali, emotivi, psicofisici, di
relazione con gli altri ecc. Ottica che condivide il modello antropologico dell’ICF (Interna-
tional Classification of Functioning, Disability and Health, cioè Classificazione del funzionamento,
della disabilità e della salute) promossa dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Secondo questo modello, che pone l’accento sulla stretta correlazione fra salute e am-
biente, la disabilità è il risultato di una condizione di salute in un ambiente sfavorevo-
le e, quindi, un’esperienza che tutti, nell’arco della vita, possono sperimentare.
Io sono considerato “dis-abile” nella misura in cui sono percepito come individuo por-
tatore di problemi all’interno della mia comunità.
Ma è dunque il contesto sociale che può far sentire/essere ciascuno di noi dis-abile.
Volendo dunque condividere e applicare questo approccio nell’istituzione scolastica e,
in particolare, nella vita di classe, lo studente viene visto come individuo in relazione al
contesto: ciò che conta è agire sul tessuto sociale di riferimento, realizzando aiuti signifi-
cativi e una rete di servizi funzionali alla persona che hanno come obiettivo la riduzione
della disabilità.
Questo approccio, accolto e modulato anche nell’area dell’apprendimento, diventa il
fulcro per il benessere di ogni alunno proprio nel contesto classe: un contesto che acco-
glie e legge come risorse le diversità, è un contesto che rispetta i principi dell’ICF. In
questo modo nessun alunno in classe si sentirà “fuori dal coro”: dal diversamente abile
all’eccellente, dall’alunno straniero a quello con caratteristiche cognitive che rientrano nei
disturbi dell’apprendimento. È la classe che può fare la differenza, nel bene o nel male.
In tale direzione, dunque, vanno le proposte operative suggerite, nella consapevolezza
che la vera e concreta inclusione si svolge nella quotidianità della vita di classe e che
queste indicazioni si pongono come semplici spunti, che potranno essere sviluppate nel
modo che ciascun insegnante riterrà più opportuno.
L’idea di fondo parte dal seguente assunto: non una didattica forzatamente diversificata
ed etichettata per ogni tipologia di alunno, ma una didattica che, già nei propri obiettivi e

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metodologie trasversali, ribalti la situazione, in modo da essere percepita fruibile da tutti.


Le altre proposte “diversificate” sono da considerarsi solo ulteriori suggerimenti pensati
effettivamente per determinate “categorie” di alunni, ma in un’ottica che preveda una flu-

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idità educativa così “aperta” da poter abbracciare tutto il contesto della classe.
Questa è la ragione per cui verrà proposta sempre un’unica attività, rivolta a tutta la
classe, già pensata per contenere sfumature diverse e accenti che tengano conto della pre-
senza delle varie caratteristiche cognitivo-comportamentali degli alunni (a prescindere
dall’area presa in considerazione: dai disturbi e/o difficoltà di apprendimento, al deficit di
attenzione, alla diversa abilità, fino alle eccellenze).
Sarà il modo di comunicare dell’insegnante, che si rivolge all’intero gruppo classe,
che permetterà di percepire la proposta come inclusiva: non a caso le indicazioni “diffe-
renziate” che troverete in corrispondenza della “tipologia” di alunno, non dovranno essere
rivolte solo a quegli alunni, ma sempre a tutta la classe, in modo che, anche chi non ha
una stretta necessità di operare attraverso quella determinata metodologia e/o di utiliz-
zare quello strumento, possa comunque fruirne.
Il messaggio non sarà più percepito dagli alunni come, per esempio «Tu puoi usare il
computer perché sei dislessico», ma «Ognuno di voi comunichi ed esegua la consegna, sce-
gliendo gli strumenti che ritiene più opportuni: scrivendo anche con il computer, se prefe-
risce». In questo modo tutti saranno chiamati a lavorare, ma nessuno riceverà un’etichetta.
La griglia “diversificata”, dunque, è stata pensata per quelle situazioni nelle quali l’inse-
gnante colga ancora la necessità di modulare e orientare la didattica con facilitazioni e/o
aiuti particolari: una sorta di “cassetta degli attrezzi” da utilizzarsi al bisogno.
Pur nella consapevolezza che alcuni alunni non potranno o non vorranno eseguire
ulteriori consegne, l’insegnante le comunicherà a tutta la classe: saranno gli alunni a deci-
dere e alcuni di loro, sicuramente, vi stupiranno perché, lasciati liberi di operare, potranno
esprimere le proprie potenzialità.
Inoltre, nella consapevolezza che il mondo della diversabilità corrisponde a una realtà
così vasta e variegata da mal sopportare una “schematizzazione” in aree ben definite, è
stata fatta la scelta di lasciare alla sensibilità e alla delicatezza di ogni insegnante il modo
migliore di porre attenzione alle potenzialità del singolo alunno per modulare le consegne
e le richieste in stretta relazione alla tipologia e al grado di disabilità, in collaborazione con
l’insegnante di sostegno, nel delicato e consapevole percorso inclusivo della quotidiana
vita di classe.
È infatti proprio nelle attività di tutti i giorni, all’interno della classe, che si promuove
l’inclusività: un esempio concreto in questa direzione può essere il lavoro che l’insegnante
di italiano fa sul lessico in una classe con alunni stranieri. Nel trovare parole “difficili”,
non di uso comune o, semplicemente di cui sospetti o intuisca la mancata conoscenza
(non solo degli alunni stranieri), domanda alla classe (non al singolo alunno stranie-
ro): «Che cosa significa in italiano la parola x?». A questa domanda può seguire un breve
brainstorming per alzata di mano, per testare le conoscenze di chi vorrà mettersi in gioco,
trascrivendo il vocabolo sulla lavagna e analizzandone l’etimologia.
Spesso anche gli alunni italiani non conoscono il significato preciso di alcune parole, le
diverse sfumature o l’origine etimologica. Rivolgendosi a tutta la classe, si raggiungeran-
no contemporaneamente tre obiettivi: gli alunni italiani “registreranno” correttamente il

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significato preciso del vocabolo (magari con un riferimento anche all’etimologia: latino,
greco, tedesco, inglese ecc.); gli alunni stranieri avranno imparato una “parola nuova”, che
potranno poi ri-conoscere, aggiungendo un altro tassello al puzzle del loro apprendimento;
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e ultimo, ma non meno importante, l’insegnante avrà operato in modo inclusivo. L’atten-
zione all’area linguistica, infatti, nata per la presenza di alunni stranieri, non sarà stata
specificamente rivolta a loro, ma li avrà ugualmente raggiunti, e tutti ne avranno benefi-
ciato, compresi i potenziali cultori della lingua italiana.

2. Disturbi specifici/difficoltà di apprendimento


Questa è un’area che prevede una grande apertura mentale: siamo tutti consapevoli di
quanto le misure dispensative e gli strumenti compensativi giochino un ruolo importan-
te nell’apprendimento di questi alunni. Ci siamo mai chiesti se quegli stessi strumenti
(per esempio la costruzione di mappe, la sintesi vocale o il computer) potrebbero essere
di giovamento anche per il resto della classe? Si “toglierebbe” qualcosa all’insegnamento
se l’apprendimento passasse anche attraverso un altro canale? Ovviamente no. È questo
il motivo per cui l’accesso a tali strumenti può essere offerto a tutta la classe: saranno
per primi i ragazzi che non lo ritengono necessario a non utilizzarlo ma, se lo facessero,
se anche un alunno che non è dislessico volesse trascrivere il tema al computer, che cosa
cambierebbe? Non avrebbe eseguito la consegna? Non avrebbe raggiunto l’obiettivo di
comunicare i propri pensieri?
Un esempio concreto: Francesca è dislessica e disortografica, quindi è molto lenta e
inaccurata nella lettura e compie diversi errori nella scrittura. Ovviamente necessita del pc
per la redazione di produzioni scritte molto lunghe, come possono essere temi o riassunti
e della sintesi vocale per la lettura di testi corposi.
Nulla impedisce, nell’assegnare il tema, di lasciare a tutti gli alunni la scelta del mezzo
attraverso il quale comunicare: «Vi assegno il tema: ognuno di voi lo scriva come vuole, in
corsivo, in stampatello, al pc».
Se dovete assegnare libri di lettura per le vacanze, che considerate un’occasione per i
ragazzi di “aprire la mente” e di imparare nuovi termini, alzando il loro registro espressivo
potreste formulare così la proposta: «Per le vacanze vi chiedo di leggere uno a scelta tra i
titoli nell’elenco: non mi importa se lo ascolterete attraverso un audiolibro o se lo leggere-
te utilizzando i vostri occhi: sono interessata a farvi conoscere questi autori perché sono
validi e potrete imparare cose nuove. Quindi, ognuno di voi scelga come leggere: con gli
occhi...o con le orecchie!». Ottimo poi sarebbe fornire nel medesimo elenco siti che pre-
vedono audiolibri e fare una dimostrazione pratica in classe su “come si fa” a scaricare i
relativi files. Una sola volta sarà sufficiente.

3. Stranieri parlanti lingue diverse e con diversi gradi


di conoscenza della lingua italiana
Questa dicitura sta a significare che, in presenza di stranieri arrivati da poco tempo o con
difficoltà e alunni con una buona comprensione della lingua italiana, qualunque sia la
nazionalità, è possibile promuovere azioni di tutoraggio e di traduzione di termini o con-

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segne non compresi al fine di favorire le conoscenze e la socialità all’interno del gruppo.
In un ideale affiancamento composto da due o tre alunni, l’alunno che assumerà il ruolo
di “tutor”, con una buona comprensione della lingua italiana, avrà il compito di esplicitare

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in modo più semplice le consegne e di facilitare il passaggio delle informazioni, modulan-
dole sull’alunno che ancora non conosce bene la nostra lingua.
Un esempio concreto: Samia è nata in Italia, è originaria del Marocco e ormai parla
molto bene la nostra lingua, come gli altri compagni italiani. Jada proviene dall’Ecuador e,
ancora, non ha ben acquisito l’italiano. L’insegnante “nominerà” come tutor Samia o qual-
che altro alunno italiano per affiancare Jada. L’importante è che Jada non si senta abban-
donata a se stessa per l’esecuzione della consegna: avrà bisogno di un suo coetaneo che, là
dove è necessario, la assista e la supporti nella spiegazione di parole che non conosce e di
consegne da eseguire (ovviamente rapportate alle sue capacità).

4. Stranieri parlanti la medesima lingua ma con diversa


conoscenza dell’italiano
Questa dicitura sta a significare che, in presenza di alunni della stessa nazionalità o par-
lanti la medesima lingua ma con tempi di arrivo e/o apprendimento diversi, ci si trova in
una situazione ideale per creare azioni di tutoraggio: l’alunno straniero che ha già una
discreta/buona conoscenza dell’italiano può affiancare il nuovo arrivato.
Con questa metodologia si ottengono più risultati: il nuovo alunno avrà la possibilità
di fruire di una traduzione immediata nella propria lingua, essendo così coinvolto nelle
varie attività e sentendosi a proprio agio, anche a livello emotivo, perché potrà utilizzare di
una spiegazione più chiara in lingua madre e comprendere le consegne al pari degli altri.
Lo straniero “esperto” si sentirà utile e acquisirà una visibilità nuova anche nei confronti
dei propri compagni, dimostrando le proprie abilità di traduttore e riconoscendosi utile
nel processo di apprendimento del suo temporaneo “allievo”. Non solo avrete promosso
il rispetto della nazionalità e il concetto di equità in classe, ma avrete anche favorito una
buona socialità tra i compagni.
Un esempio concreto: Fariq, pachistano, è ormai da anni in Italia, parla perfettamente
l’italiano e conosce bene anche la sua lingua d’origine. Per queste sue caratteristiche sarà
nominato tutor nell’affiancamento di Marika, arrivata solo da due settimane dal Pakistan.
Diventerà il suo traduttore simultaneo e la aiuterà a capire consegne semplici e indicazioni
di vario genere (dalla didattica alla vita di classe di tutti i giorni).

5. Disturbo da deficit di attenzione / iperattività (ADHD)


Per alunni con queste caratteristiche, il presupposto di partenza deve essere la consape-
volezza e l’accettazione da parte dell’insegnante circa la loro capacità di “stare attenti” e il
loro bisogno di cogliere tutto ciò che accade intorno e di sapere “a che punto sono” nell’at-
tività che stanno svolgendo. Quello che viene percepito come distrazione dalla lezione,
può anche essere letto come una iperattenzione “al resto”, cioè a tutto quello che lezione
non è, alla necessità di movimento, di costruire qualcosa.
Le proposte che verranno di volta in volta offerte saranno proprio basate sulla necessità

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di assumere quest’ottica e di “sfruttare” la loro capacità di fare e di “stare attenti a tutto”


in modo che l’insegnante possa convogliare queste energie e sfruttare queste “irrequiete
competenze” nel contesto classe, “contenute” però in un’attività fruibile e utile per tutti.
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La costruzione di una tabella di percorso, per esempio, li renderà consapevoli sul “dove
mi trovo ora nel mio percorso e quanto tempo manca alla fine dell’attività”. Ciò permet-
terà loro di percepirsi “bravi” nello svolgere consegne assegnate a tutta la classe e potrà
risultare utile a tutti avere ben chiara la tabella di marcia da svolgere, con l’esplicitazione
dei tempi, delle attività e del “quanto tempo mi resta” per finire il lavoro.
Anche in questo caso sarà stata accolta la necessità del singolo, offrendo all’intera classe
un ottimo servizio di benessere nel contesto.
Un esempio concreto: Giovanni è iperattivo, fatica a “stare nel banco” e non fa altro
che giocare con le matite, scrivere sul foglio, ritagliare figure, alzandosi di continuo. Ha
bisogno sempre di sapere a che punto è del lavoro e chiede spesso: «Quanto manca?» .
Si può proporre alla classe di creare una sorta di cartellone che funga da tabella di mar-
cia delle attività (anche giornaliere), chiedendo proprio a Giovanni di redigerla con pen-
narelli, Post-it colorati e tutto ciò che può servire perché tutta la classe sia consapevole del
“punto in cui ci si trova”. Giovanni avrà il compito di redigere il cartellone (anche con altri
alunni che vogliono partecipare) e di tenerlo aggiornato, avendo il permesso di alzarsi
quando serve, cambiare i Post-it che riportano il cambio di attività ecc. Non solo: siccome
per Giovanni è indispensabile muoversi, quando dovrete assegnare qualche compito di
controllo che prevede spostamento tra i banchi, il ritiro delle verifiche, la consegna delle
comunicazioni scuola-famiglia, sarà lui a occuparsene. Giovanni diventerà un segretario
provetto, perché avrà fatto qualcosa di veramente utile, non solo per lui ma per tutta la
classe.

6. Autistici ad alto funzionamento (Asperger)


Così come indicato nel punto precedente relativamente alle difficoltà di attenzione e ipe-
rattività, anche per questi alunni è importante essere consapevoli delle tappe precise, dei
tempi e del punto in cui ci si trova all’interno di un percorso. Vale quindi anche per loro
la possibilità di consultare una “tabella di marcia” per orientarsi nelle azioni e nei tempi.
Fondamentale poi risulta puntare su una delle abilità ipersviluppate o alle quali si di-
mostrano particolarmente sensibili. Ci sono alcune aree, infatti, che sono facilmente ac-
quisibili (può trattarsi di memorizzazione generica di qualsiasi dato, acquisito anche at-
traverso una rapida lettura; può trattarsi di una disciplina particolarmente amata, come
la tecnologia, la storia, la passione per i congegni elettronici). Come insegnanti avete ben
presente che cosa può far battere il cuore dell’alunno con queste abilità: l’approccio tra-
sversale, là dove è possibile, significa creare un aggancio alla semplice consegna di classe
che possa permettergli di effettuare approfondimenti, ricerche, memorizzazioni successi-
vamente fruibili anche dal resto della classe.
Un esempio concreto: Michele è autistico, fatica a stabilire relazioni con i compagni,
però adora tutto ciò che riguarda l’ingegneria, le costruzioni e i meccanismi che suppor-
tano i movimenti meccanici. Ha inoltre una capacità incredibile nel memorizzare le in-
formazioni e nel tenere a mente date di ogni genere. Per lui è importante sapere sempre

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a che punto si trova della sua attività. Per questo anche Michele potrà trarre giovamento
dalla tabella costruita in classe (che abbiamo descritto per gli alunni con ADHD), ma non
solo: siccome conoscete il suo amore per la meccanica e la facilità della memorizzazione,

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potrete sfruttare queste caratteristiche chiedendogli di prendere nota delle date “più im-
portanti” di un certo movimento storico o letterario di cui vi state occupando, e di trovare
una relazione con qualche invenzione che si è verificata in quel periodo e di parlarcene. I
risultati stupiranno tutti!

7. Eccellenze (gifted/plusdotati)
La multiforme realtà di una classe porta spesso a imbatterci anche in una tipologia di
alunni che mostrano di avere un grado di comprensione e competenze sopra la norma. La
filosofia delle attività rivolte a questi alunni ha come obiettivo di far emergere queste loro
competenze. Come spiegato per gli alunni autistici, anche in questo caso l’insegnante do-
vrà cercare di stimolare quella o quelle capacità che, collegandosi alla consegna assegnata
a tutta la classe, permettano di effettuare un’esecuzione più mirata, più approfondita e con
un taglio originale di cui tutti potranno poi beneficiare.
La fluidità di questa didattica permetterà di far sentire realizzato l’alunno in questione
senza creare disagio negli altri, perché la possibilità di ampliare la consegna sarà stata of-
ferta a tutti: ciascuno deciderà se si sente o meno di effettuare approfondimenti.
È molto diverso dire: «Chi termina prima del previsto e ha colto qualche aspetto par-
ticolarmente interessante può approfondire l’argomento, realizzando una piccola presen-
tazione», piuttosto che «Tu che sei bravo, fai anche una ricerca ulteriore». Forse, infatti,
non solo quelli “ufficialmente” riconosciuti come bravi si cimenteranno, ma anche quegli
alunni che, magari casualmente in quell’occasione, avranno terminato prima e avranno
colto un aspetto che li ha incuriositi.
Un esempio concreto: Caterina è silenziosa e riflessiva, ha una profondità e una matu-
rità che emerge in tutto ciò che fa. L’impegno e la serietà che mette nell’eseguire le conse-
gne sono lodevoli e ha un amore appassionato per le storie: le piace scrivere, sa descrivere
con la leggerezza e la bravura di un provetto scrittore. Una volta riconosciuta la sua abilità,
perché non fare in modo che il piacere per la scrittura la accompagni nelle varie consegne?
Nel pensare alla richiesta per la classe di un riassunto, per esempio, potrete terminare
la consegna dicendo: «Cercate di entrare nell’anima di un personaggio che vi ha colpito e,
se volete, fatene una descrizione: non importa come. Potrete descriverlo a parole, con im-
magini, disegni, tutto ciò che riterrete utile a raccontarne il carattere». Non solo Caterina
farà la sua descrizione scritta, ma anche Giuseppe e Filippo, che amano l’uno disegnare e
l’altro raccontare con videoclip, si metteranno alla prova.
La richiesta sarà stata rivolta a tutta la classe, alcuni avranno investito le loro energie in
un compito gradito, e tutto il gruppo ne trarrà vantaggio perché nel momento della condi-
visione avrà a disposizione più informazioni.

Per concludere, la consegna operativa, viene volutamente pensata “uguale” per tutta la
classe. Saranno poi gli strumenti utilizzati, modulati sui canali di apprendimento e sulle
necessità e potenzialità di ogni alunno, a fare la differenza.

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È l’alunno stesso a vagliare come realizzare l’obiettivo che gli viene richiesto, con un’au-
tonomia che coincide con la libertà di scegliere, anche in modo creativo, come arrivarci (e
quindi quale strumento o metodo usare), senza esser costretto in una “gabbia cognitiva”
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che mortifichi il pensiero divergente e la creatività.


È questo l’approccio trasversale che qui si vuole proporre, in modo che le diversità, una
volta colte, possano diventare opportunità per “aprire” le porte dell’apprendimento
(non importa attraverso quali canali), in un’ottica che riconosca lo studente come pro-
tagonista e costruttore del proprio pensiero critico e che gli permetta di percepirsi come
“capace di fare” e, per dirla come Pennac, capace di suonare la musica con lo strumento che
più risponde alle proprie caratteristiche.

«Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. [...] Una buona classe non è un
reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che suona la stessa sinfonia. [...] alla fine anche
il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino,
ma conoscerà la stessa musica.»
Daniel Pennac, Diario di scuola, Feltrinelli

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