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delloggetto in movimento. Trasferendo questesperienza sul piano del gesto direttoriale, scopriamo
che abbiamo bisogno, per ottenere una perfetta sincronia nellesecuzione corale, di fornire un
riferimento visuale per la nostra gestualit, paragonabile al livello del pavimento dellesempio
pocanzi citato.
1 Lesperienza stata compiuta e commentata dal M Piero Bellugi durante una lezione del Corso di Alto
Perfezionamento in Direzione dOrchestra, da me frequentato come allievo effettivo, Bertinoro (FC), 1996.
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Raggiungeremo questo scopo attraverso luso della cosiddetta posizione di partenza, cio lassetto
che il corpo del direttore, e specificamente le braccia e le mani, assumono al momento dellattacco
iniziale di un brano. La tecnica corretta prevede che le mani e le braccia del direttore si portino in
avanti, allaltezza dello sterno e parallele al suolo, e che restino immobili per alcuni secondi prima
dellattacco. In questo modo, il corista ha un piano di riferimento visivo che gli permette di
comprendere su quale punto, o meglio su quale livello agisca complessivamente la gestualit del
direttore.
Da quanto finora esposto, appare logico che dare lattacco con troppa precipitazione nocivo,
perch non permette al corista di avere un riferimento visuale certo. Daltra parte, unattesa troppo
lunga snerva il corista, lo disorienta e rende lattacco confuso, in balia dei tempi di reazione dei
singoli. Bisogna soffermarsi solo quel tanto che basta per dare la certezza della posizione del pino
di riferimento, e nel frattempo permette al direttore stesso ed ai coristi di concentrarsi sulla partenza
del brano.
Su questimmaginario piano di riferimento il gesto del direttore va a percuotere un punto, che
chiameremo punto di battuta. In altri termini, il punto di battuta lintersezione tra il gesto del
direttore e il piano di riferimento, il luogo immateriale nel quale, toccato il piano di riferimento, il
gesto inverte la sua direzione e prosegue per il movimento successivo.
Sia il piano di riferimento sia il punto di battuta sono suscettibili di cambiamenti di posizione anche
vistosi, a volte causati da esigenze pratiche, a volte da esigenze artistiche. Un esempio tipico pu
essere una disposizione del coro tale da impedire la normale gestualit del direttore, che pu
trovarsi costretto a spostare verso lalto il piano di riferimento per essere certo della possibilit per
tutti i cantori di vederlo.
Una cosa molto importante, e spesso trascurata sia negli attacchi sia nelle chiusure, che il gesto
deve essere sempre scindibile in due parti chiaramente riconoscibili: levare e battere, arsi e tesi,
avanti e marsch. Non pensabile che si possa partire in sincronia semplicemente abbassando la
mano senza preavviso, tanto pi che, come abbiamo detto, la mano si trova gi sul piano di
riferimento, mentre per ottenere un attacco, una partenza, una chiusura, occorre appoggiarvisi, o
meglio ancora percuoterlo. Ecco quindi che il movimento deve essere, anche nella pi semplice
delle occasioni, costituito da due componenti, una di alzata e una di discesa.
DIFFERENZE NELLUSO DELLE MANI
Come gi abbiamo detto, uno dei difetti principali nella gestualit direttoriale luso sincrono e
indifferenziato delle due mani. Battere il tempo in questo modo crea pesantezza esecutiva e priva il
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direttore di un mezzo importante per quanto riguarda lespressivit esecutiva. Le due mani devono
svolgere ruoli diversi e ben individuati. La mano forte, la destra per la maggioranza, la sinistra per i
mancini, deve occuparsi, come compito principale, della scansione ritmica, e viene perci indicata
dal Thomas come mano del ritmo; lei che deve quindi scandire la velocit esecutiva, ed da lei
che arrivano le indicazioni relative allagogica: accelerandi, ritardandi, rubati ecc. La mano debole
deve invece occuparsi dellaspetto interpretativo e degli attacchi delle singole sezioni, ed quindi
definita dal Thomas come mano dellespressione; il suo campo di applicazione nellambito della
dinamica, anche se in collaborazione con laltra mano: crescendi, diminuendi, sforzati ecc.
Appare chiaro che, occupandosi le mani di aspetti diversi della gestualit, occorra mettere
grandissimo impegno nella ricerca e nellacquisizione di unassoluta indipendenza delle mani tra di
loro, o meglio ancora visto che di questo si tratta di svincolare la mano debole dalla sudditanza
rispetto a quella forte. Un semplice esercizio per iniziare questo cammino consiste nel battere con la
mano del ritmo uno schema ritmico tra quelli indicati sotto, con assoluto rigore di tempo e luso del
metronomo, e contemporaneamente svolgere altri compiti semplici con la mano dellespressione,
preferibilmente indicati da unaltra persona: per esempio spostare una biro rossa a destra o a sinistra
di una biro nera, o toccarsi il naso, o indicare un oggetto presente nella sala, e altro, senza limiti alla
fantasia. Importante, in questo esercizio, tentare di rendere il pi autonomo e in un certo senso
meccanico possibile il lavoro della mano del ritmo: il fatto di battere uno schema ritmico deve
coinvolgere il meno possibile la sfera della consapevolezza. Insomma, non dobbiamo concentrarci
su di essa, al contrario dobbiamo cercare di rendere il suo movimento per quanto possibile
automatico, in modo da lasciare spazio cosciente alla mano dellespressione, la cui gestione,
essendo al contrario di quella del ritmo alquanto variegata, molto pi complessa.
Unapparente sciocchezza, ma che in realt pu creare disagi, questa: con quale mano voltare le
pagine della partitura? Sembra, ripeto, una sciocchezza: non lo . Io ero abituato, in quanto direttore
di coro non facente uso di bacchetta, a voltare le pagine con la destra, mano forte, mano del ritmo,
che era apparentemente la pi indicata e certamente la pi prossima allorlo da prendere per voltare
la pagina. Trovandomi a dirigere unorchestra contemporaneamente al coro, usando la bacchetta
avevo la mano impegnata e mi sono dovuto arrangiare a voltare le pagine con la sinistra. Quindi,
anche solo come semplice suggerimento senza alcuna pretesa di assolutezza, consiglio di abituarsi a
voltare le pagine con la mano dellespressione.
CRITERI BASE DELLA GESTUALITA ACCADEMICA
I principi base sui quali si regge la gestualit della direzione di coro sono i medesimi della direzione
dorchestra e sono stati stabiliti da Hector Berlioz nel suo trattato sulla direzione dorchestra. Senza
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addentrarci nel merito, possiamo stabilire alcuni criteri generali che ci guidino nella ricerca di una
gestualit personale che sia allo stesso tempo rispettosa degli standard consolidati nel tempo e ormai
patrimonio di cori e orchestre di tutto il mondo. Questi criteri base, secondo il M Walter
Marzilli,2docente al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, e che ovviamente si riferiscono
quasi esclusivamente alla mano del ritmo, sono:
Il gesto corrispondente al primo tempo della misura deve procedere dallalto verso il basso,
in senso verticale e direzione verso il basso, quindi in battere;
Il gesto che indica il penultimo movimento della misura va effettuato verso destra (la destra
del direttore, cosa che in genere non specificata nei trattati di direzione, e che talvolta causa non
poca confusione nei lettori);
Il gesto indicante lultimo movimento va in senso verticale, ma in direzione opposta al
primo, quindi marcatamente verso lalto, dando un senso di levare contrario al senso di battere del
primo movimento.
Facendo derivare da questi principi base alcuni schemi tipici indicativi dei tempi principali,
possiamo stabilire che:
le misure in uno vanno battute semplicemente con un gesto per ogni movimento-misura,
eseguito dallalto verso il basso e rigorosamente in senso verticale, rimbalzando immediatamente
dal punto di battuta verso lalto, come se si colpisse una superficie elastica;
le misure in due che in base ai principi sopraelencati soffrirebbero di una sovrapposizione
di movimenti verticali in direzione alto basso/basso alto sono battute con due movimenti il primo
dei quali leggermente verso destra (in quanto penultimo) e il secondo verso sinistra, dando luogo ad
una figura ad U o a V;
le misure in tre vanno battute semplicemente applicando i tre principi: primo verso il basso,
secondo a destra, terzo verso lalto;
2 Tutte le citazioni del M Walter Marzilli sono tratte dagli appunti del Seminario di Direzione Corale, da lui tenuto
presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma nellestate del 1995 e da me frequentato quale allievo effettivo.
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le misure in quattro sono battute sempre secondo i criteri generali, che lasciano libert al
secondo movimento. Questo viene generalmente battuto verso sinistra, per marcare una chiara
differenza rispetto agli altri movimenti, creando per un problema che esporremo tra poco;
le misure con un numero superiore di movimenti che non siano suddivisioni dei tempi gi
esposti possono essere battute liberamente, nel rispetto dei tre criteri base.
Commentiamo ora gli schemi esposti, ricordando che si tratta sempre di esempi consolidati nel
tempo e nella tradizione ma comunque suscettibili di miglioramenti e modificazioni. Nulla da dire,
ovviamente, per quanto attiene al modo di battere le misure in un tempo solo, se non ricordare che
ogni deviazione da una perfetta verticalit rischia di creare confusione, facendo supporre una
pluralit di tempi nella battuta. Per le misure in due, invece, occorre operare una distinzione tra il
due tempi propriamente detto, per il quale vale la regola esposta sopra, e il tempo alla breve, che
secondo Scherchen va scandito proprio battendo alternativamente i movimenti uno e due (dallalto
verso il basso e dal basso verso lalto, battere e levare) bloccando la mano alle estremit dei
movimenti, creando quindi un moto secco tra i due punti di inizio e fine del medesimo gesto
verticale. La misura in tre non offre problemi di rilievo, mentre la figura in quattro presenta, come
detto, un problema di una certa rilevanza, del quale ora discuteremo.
Gli spostamenti laterali del punto di battuta sul piano di riferimento sono, limitati ai tempi in tre e in
quattro movimenti. La misura in uno e quella in due, infatti, vengono battute sullo stesso punto,
mentre la misura in tre presenta, nel secondo movimento, una deviazione verso destra che pu
essere di una quindicina-ventina di centimetri circa. Questa deviazione, per, si effettua sempre
partendo dal punto di battuta del primo tempo e tornandovi con il movimento successivo. Nel
quattro tempi, invece, il punto di battuta sul piano di riferimento nel secondo movimento verso
sinistra, mentre quello del terzo movimento, scavalcando il punto centrale al quale si riferiscono
luno ed il quattro, a destra. Se noi indichiamo, orientativamente, una distanza di circa quindici
centimetri tra i punti di battuta laterali e il punto centrale, ci accorgiamo che la distanza che la mano
deve percorrere tra il punto del due e il punto del tre doppia, quindi circa trenta centimetri. In altri
termini, la mano del ritmo ha lo stesso tempo per percorrere la distanza, lo spazio fisico tra i punti
di battuta delluno e del due (quindici centimetri), tra il due e il tre (trenta centimetri) e tra il tre e il
quattro (di nuovo quindici), quindi tra il due e il tre deve andare a velocit doppia.
Molti direttori neppure avvertono la differenza, basandosi semplicemente sul ritmo, ma non detto
che questo valga anche per gli esecutori che sotto di lui lavorano. Il M Giorgio Tagliabue, nella
bellissima serie di articoli sulla gestualit pubblicata da La Cartellina, espone il problema e
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suggerisce alcuni esercizi, con uso di metronomo a tempi lentissimi (48 alla semicroma!), che
servono a rendere inavvertibile questo cambio di velocit. Questo ovviamente, non risolve il
problema soprattutto dal punto di vista dellesecutore ma rende il gesto spontaneo e naturale per
il direttore. Una brillante soluzione del problema, invece, mi stata prospettata dal gi citato M
Marzilli, e consiste nellunificare il punto di battuta al centro del piano di riferimento,
differenziando la direzione del movimento dopo il battere propriamente detto, ossia dopo il
passaggio della mano sul punto di battuta. Per spiegarci meglio, supponiamo di avere davanti a noi,
su di un tavolo, un tamburello (da usare come sostituto, o meglio come materializzazione, del piano
di riferimento), e di colpirlo con la mano sempre nel centro (il punto di battuta), spostando la mano
verso sinistra o verso destra solamente dopo aver effettuato la battuta. Per battere una misura in
quattro tempi sul nostro tamburello avremo quindi un primo tempo semplice, articolato in unalzata
e una percussione seguita da ritorno verso lalto, il due con percussione, mano verso sinistra e
ritorno, il tre con percussione, mano verso destra e ritorno, e il quattro con percussione e mano
verso laltro, pronta a ricadere per il successivo uno. La figura del quattro assume in questo modo la
forma di un fiore, dando inoltre a chi viene diretto la percezione certa del punto di battuta, non pi
suscettibile di deviazioni laterali sul piano di riferimento. Lo stesso tipo di tecnica pu essere
adottato per la scansione dei tempi in tre, mentre i tempi in due e in uno sono gi battuti per loro
stessa natura nello stesso punto e non necessitano di altre modificazioni.
Ultimo appunto, forse superfluo: la dinamica del brano va rappresentata con un ampliamento o una
riduzione del gesto, assecondando le indicazioni di forte o piano; quindi gesti piccoli nel piano e
gesti ampi nel forte, con tutte le sfumature intermedie. Anche in questo caso, purtroppo, accade
spesso di vedere direttori la cui mano del ritmo non ha alcuna variazione di estensione dipendente
dalla dinamica: in altre parole, il ritmo viene battuto con gesti sempre delle medesime dimensioni
spaziali, generando nei coristi un senso di assuefazione e forse anche una leggera trance, e
riducendo le possibilit dinamiche del gruppo stesso.
LE SUDDIVISIONI
Quando la lentezza della velocit di un brano tale da non permettere leffettuazione degli schemi
tipici, occorre suddividere i movimenti base in unit frazionarie che devono essere effettuate come
se fossero frammenti del movimento principale. In altre parole, un uno ternario suddiviso in tre
accenti non va battuto con lo schema delle battute in tre, ma spezzettando il movimento delluno in
tre spicchi del valore di un accento ciascuno, creando quindi una serie di piani di riferimento o di
punti di battuta fittizi che permettano di articolare il gesto principale suddividendolo nelle sue
componenti ritmiche.
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Va da se che ogni tempo base pu essere suddiviso in diverse maniere, secondo la situazione
ritmica, e che non basta il numero degli accenti per definire laspetto della suddivisione (lesempio
pi banale in questo senso dato dalle suddivisioni del e del 6/8, che sono articolate in tre
movimenti binari il primo e in due ternari il secondo pur essendo ambo le misure costituite da sei
accenti), e che quindi va attentamente considerata la situazione ritmica complessiva, prima di
scegliere lo schema di battuta pi adatto. In bibliografia sono segnalati numerosi testi di riferimento
dai quali attingere schemi grafici con le suddivisioni pi comuni, tutti rispettosi del criterio di
mantenere intatta la struttura generale del movimento, spezzettandolo anche visivamente nelle sue
componenti ritmiche fondamentali.
IL GESTO DI PARTENZA
Quanto detto finora riguarda il centro dellesecuzione, cio la condotta da tenere nel corso del
brano. Nulla abbiamo detto invece relativamente al cosiddetto attacco, cio ai gesti occorrenti per
permettere alla compagine corale di iniziare con assoluto sincronismo lesecuzione del pezzo. Il
fattore principale non lunico da prendere in considerazione nella scelta del gesto di partenza ,
immobilizzandosi con ambo le mani verso il basso, possibilmente al di sotto del piano di
riferimento. Negli altri casi, in particolare quelli dal ritmo finale definito piano, cio non riferito al
primo tempo della misura, occorre segnalare con chiarezza al coro lattimo della chiusura. Se la
nota o laccordo finale segue direttamente la misura precedente, si alzer la mano del ritmo sul
battere del movimento che precede la chiusa e la si riabbasser nellattimo in cui si desidera
lestinzione del suono. Se invece si desidera una piccola pausa prima dellultimo accordo tenuto, si
stabilir un piano di riferimento alternativo, portando ambo le mani in alto, soffermandosi un attimo
in posizione immobile e successivamente partendo da questo punto per unalzata e una discesa che
costituiscano la chiusura vera e propria. Il cambiamento del piano di riferimento (e, ovviamente, del
punto di battuta), daranno se ben effettuati quel minimo disorientamento dei cantori, tale da far
emettere loro un attacco esalato, adatto a chiusure dolci e lievemente separate dalla battuta
precedente.
Ovviamente le dimensioni del gesto di chiusura varieranno in base a numerosi altri parametri,
primo fra tutti lintensit sonora da attribuire alla chiusura stessa.
ALCUNI ACCORGIMENTI PER LA MANO DELLESPRESSIONE
Come abbiamo visto finora, la mano del ritmo guidata da criteri definiti, che la tradizione e luso
hanno affinato e in un certo senso resi stabili. La mano dellespressione, invece, non dispone di
regole che ne illustrino luso, ed quindi affidata alla buona volont del direttore, oltre che alla sua
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esperienza. In ogni caso si possono offrire indicazioni valide che possono essere di guida per
sviluppare una gestualit personale che non manchi della necessaria chiarezza.
Un difetto frequente nelle formazioni corale la mancanza di gradualit nei crescendi e nei
diminuendi: il corista, particolarmente se dilettante, spesso reagisce con forti e piani improvvisi alla
richiesta di un crescendo o di un diminuendo. Crescendo significa piano, diminuendo significa
forte recita un vecchio motto dei direttori. La mano dellespressione deve indicare il crescendo o il
diminuendo aiutando la compagine a controllarsi. Importantissimo lorientamento del palmo: in
un crescendo, per esempio, la mano che si alza crescendo con il palmo rivolto verso il basso ad
indicare una compressione, una lievitazione, eviter che lo sviluppo della sonorit sia troppo
repentino. Similmente, nel caso del diminuendo meglio accompagnare il moto discendente della
mano tenendo il palmo verso lalto, in modo che il gesto indichi un adagiarsi della sonorit, e non
un brusco calo come sarebbe indicato dal palmo rivolto verso il basso. Sulla base di queste semplici
indicazioni ogni direttore pu sviluppare un repertorio gestuale che, allontanandosi dallovvio, aiuti
i coristi a comprendere le sue intenzioni. La mano dellespressione deve disegnare ci che il
direttore desidera, rendere visibili le sue richieste. Un altro esempio di ruolo della mano debole
quello della sonorit: a parte lovvio accorgimento del dito verticale davanti alle labbra per chiedere
un pianissimo al limite del silenzio (mentre la mano del ritmo non cessa il suo moto, altrimenti il
coro si ferma davvero!), il raccogliere le punte delle dita come a mimare la chiusura della corolla di
un fiore richiede al cantore una sonorit delicata, mentre la mano aperta con le dita allargate e spinta
incessantemente verso lalto verr interpretata come una richiesta di sonorit ampie e possenti.
Anche le partenze delle singole sezioni sono affidate alla mano dellespressione. Il criterio base che
regola questi gesti il medesimo del gesto di partenza generale, orientandosi sul ritmo iniziale per
ottenere un gesto chiaro ed inequivocabile dal punto di vista ritmico, e sugli aspetti interpretativi e
dinamici per lampiezza del moto. La mano si porter sul piano di riferimento ed eseguir un levare
per un ritmo di partenza tetico o un battere per lanacrusico e per lacefalo (ovviamente, battere e
levare in questione assolutamente a tempo), poi torner sul piano di riferimento per la partenza vera
e propria. Il punto di battuta deve essere collocato, dal punto di vista spaziale, in direzione della
sezione a cui destinato, e tanto pi in alto quanto pi lontana il gruppo vocale di riferimento. In
altri termini, se il coro colloca le sezioni maschili dietro quelle femminili come da prassi abituale
i gesti indirizzati ai tenori e ai bassi dovranno essere effettuati su un piano di riferimento
nettamente pi elevato rispetto a quello di soprani e contralti.
Uno splendido esempio di gestualit della mano dellespressione dato dai filmati che ritraggono
Arturo Toscanini nellatto di dirigere. La mano del ritmo agisce quasi mossa da volont propria,
svincolata dal resto del corpo, mentre la mano dellespressione nella fattispecie la sinistra indica
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in maniera secca, precisa ed inequivocabile le intenzioni dellartista, si tratti di partenze, di
indicazioni dinamiche o espressive.
ALCUNE ECCEZIONI ALLA GESTUALITA ACCADEMICA
La gestualit che qui definiamo come accademica ha numerosi e indiscutibili pregi, primo tra tutti
quello di dare indicazioni chiare e generalmente accettate utili al formarsi della chironomia
personale di ciascun direttore. Non comunque esente da difetti, anche perch trattandosi, in fin dei
conti, di una semplice convenzione, vi sono alcune circostanze nelle quali conviene essere pi
elastici rispetto alla rigida applicazione della regola. Il caso pi semplice riguarda, come ovvio, gli
attacchi da dare con la mano dellespressione in direzione dellestremit opposta, quindi dal lato
della mano del ritmo. Per fare un esempio banale, un direttore destro (quindi con la destra come
mano del ritmo e la sinistra come mano dellespressione) potrebbe trovarsi in difficolt a dare
attacchi alla sua estrema destra, nella direzione quindi di soprani e tenori se il coro disposto
secondo lo schema a cappella (che generalmente prevede soprani e tenori a destra del direttore e
contralti e bassi a sinistra), oppure di contralti e bassi nel caso del coro concertante, disposto in
maniera simile a quella orchestrale. In particolare ad essere penalizzati sono gli attacchi destinati
alle voci femminili, o comunque alle voci disposte nella zona anteriore del coro, perch come detto
sopra, se il gesto destinato a voci situate in seconda fila il piano di riferimento deve spostarsi
verso lalto, mentre i gesti indirizzati alle voci in prima fila giacciono sullo stesso piano di
riferimento della mano del ritmo. Ovviamente la situazione descritta crea un incrocio, con la mano
dellespressione deve in qualche modo scavalcare quella del ritmo. La cosa possibile, ma brutta da
vedersi e scomoda da eseguire, quindi ci sentiamo di suggerire sommessamente di dare lattacco
tranquillamente con la mano del ritmo, che non verr certo penalizzato da questo, riprendendo
subito dopo la scansione del movimento.
Un altro punto discutibile della disciplina gestuale abituale quella del moto costante della mano
del ritmo. Un movimento sempre identico, dopo poco tempo causa noia e insofferenza, al punto tale
da sparire dalla visualizzazione dei cantori, vittime di una sorta di trance ipnotica. I rimedi sono
semplici: variare quanto possibile lampiezza del gesto, in ossequio e con preciso riferimento alla
situazione dinamica contingente; sfruttare piccole circostanze agogiche, quali rubati, ritardandi,
accelerandi, per non rimanere ancorati ossessivamente alla velocit di riferimento; evitare di
scandire anche le note lunghe, tenendole con una o entrambe le mani aperte con i palmi verso lalto
e contando mentalmente, facendole poi riprendere con un attacco ispirato ad un gesto di partenza;
variare, se la situazione lo permette, anche la figura stessa, passando per esempio dal quattro al
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due quando possibile, tenendo presente per questa scelta in particolare il movimento del basso
dellarmonia.
Come si pu vedere, anche in questo caso occorre unapplicazione elastica delle regole di base. E la
stessa elasticit ci sentiamo di consigliare sempre, in ogni caso in cui la stretta osservanza delle
norme codificate dia luogo a risultati problematici o dubbi.
LA TECNICA DEL LEVARE METRICO
Abbiamo gi fatto alcuni riferimenti a questa tecnica in alcune circostanze, ed ora vogliamo
approfondire largomento come promesso in quelle occasioni. Il levare metrico altro non che linversione
del moto di un movimento (quindi non pi in direzione del punto di battuta, ma partendo
da esso), con carattere quindi di levare, ed assoluto rispetto della scansione temporale (= metrico).
Il motivo di questa inversione di moto da cercarsi proprio nel carattere di levare che il movimento
assume: in questo modo, si evita che questo segno venga scambiato per un attacco, mentre lambito
naturale di esso nella fase immediatamente antecedente ad un gesto di partenza. Luso principale
anche se non unico del levare metrico infatti come gesto indicatore di velocit prima di partenze
spinose, quali ad esempio anacrusi molto brevi. Dove ci sarebbe la tentazione di battere due
movimenti, uno vuoto e uno contenente lanacrusi, li utile sostituire il primo di questi due tempi
con un levare metrico; se infatti si batte normalmente, il cantore potrebbe essere indotto a credere
che si tratti del movimento che ospita lanacrusi, e quindi a partire in anticipo. Sostituendo questo
battere con un levare, ogni errore escluso dallaspetto stesso del gesto.
Non difficile a questo punto vedere che la tecnica del levare metrico pu essere utilizzata, non pi
per necessit ma per comodit, in numerose altre situazioni: anche per dare un semplice attacco
tetico ad una sezione, la mano dellespressione pu benissimo effettuare un levare metrico per
rendere sicura e netta la partenza dei coristi; quando il coro fatica a comprendere la velocit di
partenza di un brano, un movimento in levare metrico rende il tempo pi comprensibile senza essere
scambiato per un battere di partenza; in molte altre circostanze luso del levare metrico pu essere
utile per semplificare alcuni problemi o per risolverne altri.
ALCUNE INDICAZIONI PRATICHE
Molte indicazioni derivate da esperienza spicciola hanno gi fatto capolino nei paragrafi precedenti,
immerse nella trama del discorso. Ora vogliamo approfondire alcuni accorgimenti che sono
probabilmente banali, ma non tanto ovvi o scontati da doverne omettere lindicazione esplicita.
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Un problema che spesso affligge i cori, tanto pi in Italia dove la stragrande maggioranza dei
complessi corali costituita da amatori, privi di nozioni di lettura e di grammatica musicale (per
non parlare della capacit di intonare correttamente una melodia espressa nella notazione musicale)
quello della tenuta ritmica dellesecuzione. Detto in altri termini, spesso i cori o le singole sezioni