Sei sulla pagina 1di 8

A ritmo di sarabanda: verso una nuova storia della musica

di Stefano Zenni

Se lo studio della storia serve a comprendere il presente, anche vero che il

presente stimola nuove riletture e interpretazioni del passato. Lo stato attuale della

musica contemporanea intesa non come genere ma in senso pi ampio come

linsieme delle musiche doggi invita a riflettere su incontri tra culture diverse,

fusione tra stili e generi, trasformazioni lungo rotte geografiche globali: unoccasione

unica per comprendere fenomeni analoghi che, accaduti in passato, influenzano il

nostro modo di concepire e percepire la musica. La storiografia europea, con qualche

isolata eccezione, sembra ancora incapace di cogliere una simile, preziosa

opportunit1. Eppure non sono pochi gli agganci possibili, i varchi che collegano

presente e passato, a patto che si sia realmente decisi ad abbandonare il cammino

sicuro della conoscenza settoriale per scoprire percorsi pi ricchi e complessi, dove i

fenomeni storici costringono a riconsiderare questioni considerate chiuse.

Linfluenza della Africa sulla storia della musica globale ancora tutta da

raccontare, e il capitolo dellinterazione con lEuropa, pur essendo rimasto in bianco,

oggetto di studio di un manipolo ristretto di musicologi2. Quella storia dovrebbe

partire dallAfrica circa 100.000 anni fa, quando Homo sapiens sapiens cominci a

diffondersi nel mondo portando con s il linguaggio, larte e probabilmente la

musica, una musica corale e forse gi polifonica; dovrebbe raccontare come il

Neolitico agricolo abbia portato la monodia in tutta Europa, salvo in quelle aree

isolate, come le montagne, o dominate dai popoli del mare come i Fenici; e come

tutta la civilt del Mediterraneo fosse permeata da una estetica africana della musica e
della danza che ha influenzato la civilt egizia, greca e romana, almeno fino al

berbero Annibale; e poi, oltre alla Sicilia, alla Puglia e alla Campania, concentrarsi

sulla Spagna meridionale conquista dai berberi nel 711 e riconquistata dagli

Almoravidi nel 1086, quando truppe di schiavi sudanesi portarono tamburi

dellAfrica nera come strumenti di musica e di guerra. Nel XVI secolo, partendo

dalla Spagna e dal Portogallo, danze di origine afroamericana come sarabanda,

ciaccona, follia, passacaglia conquistano il favore degli europei, lasciando un

marchio indelebile sulla concezione formale, armonica e ritmica della musica colta.

Si tratta di una storia che costringe a ripensare lapporto delle civilt orali alla

tradizione scritta, a riscrivere la cronologia delle tecniche polifoniche, a ricostruire la

pulsazione ritmica delle musiche rituali.

Qui ci soffermiamo su uno snodo storico cruciale: la nascita e la diffusione di una

sola delle danze citate, la sarabanda, una forma musicale che i manuali scolastici

hanno a lungo considerato, assurdamente, di origine araba, pur di non ammetterne le

evidenti origini africane. E probabile che la sarabanda venga da Cuba e sia il

risultato di uno scambio triangolare tra Africa, Europa e Caraibi. Gli spagnoli

acquistavano schiavi dai portoghesi, che a loro volta li prendevano dalle coste del

Senegambia e dellAngola: i primi, di religione islamica, finivano nelle mani degli

spagnoli che li deportavano a Cuba. Questo commercio dur almeno fino al 1522

quando La Espaola fu messa a ferro e fuoco da una rivolta capeggiata dai Wolof,

schiavi islamizzati, guerrieri motivati religiosamente come quelli che avevano

conquistato la Spagna al servizio degli Almoravidi. Proprio per mantenere lordine,

Carlo V promulg nel 1526 un editto nel quale proibiva lacquisto di schiavi
islamizzati, provenienti da terre a maggioranza islamica, in particolare i Gelofes,

ovvero di Wolof. Di conseguenza il numero neri mussulmani presenti a Cuba diminu

drasticamente; in compenso, dallanno successivo alleditto reale cominciarono ad

arrivare schiavi Congo di lingua bantu. Come ha notato Ned Sublette, a causa della

rapida riduzione di schiavi provenienti dal Senegambia a Cuba non fu raggiunta

quella massa critica che sarebbe stata necessaria per laffermazione di una prima

presenza musicale del suono del Sahel islamizzato (che caratterizza cos

profondamente la musica afroamericana)3.

I nuovi schiavi portarono nuove lingue, musiche e culture. E con il loro arrivo che

cominciano ad apparire parole di origine bantu: tango, mambo, zarabanda.

Questultima in particolare ha una doppia etimologia: come ha mostrato lo storico

darte africana Robert Farris Thompson, essa deriva dallunione di nsala (grosso

modo spirito o anima) e banda (cominciare, ma anche, secondo Thompson,

sollevare): nsala-banda significa perci liberare lo spirito4. In spagnolo la parola

divenne zarabanda, che nella religione Congo a Cuba indica lo spirito (mpungu) che

detiene il segreto del ferro, il fabbro stregone e guerriero. Nsala-banda anche una

sorta di abito magico, realizzato durante una specifica cerimonia, durante la quale si

eseguono canti ripetitivi chiamati mambo5.

Come a Cuba, anche a Siviglia fin dal XV secolo una vera enclave africana in

Europa - gli schiavi danzavano e cantavano durante le cerimonie cattoliche, come

nella festa del Corpus Christi a maggio: se ne ha notizia a Cuba fin dal 1573. Tra il

1580 e il 1610, proveniente da Cuba, la zarabanda raggiunse unenorme popolarit

prima a Siviglia poi in tutta la Spagna. Era una danza esplicitamente sessuale
appartenente alla famiglia delle danze africane nelle quali, seguendo la

classificazione di Alan Lomax, il bacino fa da snodo dei movimenti del corpo. Cos la

descrive un dizionario seicentesco: E vivace e lasciva, poich danzata con impudico

scuotimento del corpo Sebbene siano agitate tutte le parti del corpo, sono le braccia

a compiere i gesti pi ampi, mentre suonano le castagnette6. Danzata con grande

scandalo durante le celebrazioni del Corpus Christi, la zarabanda impazzava anche

nei corrales de comedias, spettacoli teatrali allaperto caratteristici di Siviglia. Daltra

parte i neri dominavano il teatro dintrattenimento spagnolo in qualit di cantanti,

musicisti, danzatori.

!
Nella culture musicali africane non esiste il concetto di battuta, che peraltro alla

fine del Cinquecento era ad uno stato embrionale anche in Europa. La pulsazione di

base il riferimento rispetto al quale si organizzano ritmi ciclici, ripetitivi, costituiti

da figure commetriche e contrametriche, che confermano o contraddicono la

pulsazione di base. Il ritmo crea un gioco di tensione e distensione orientato

elasticamente verso la polarit contrametrica. Il concetto di sincope, che implica

lesistenza della battuta e una normativa di tempi forti e deboli, pertanto estraneo a

questa concezione ritmica. La sarabanda, come altre danze afroamericane, era

dunque ternaria, con un accento contrametrico sulla seconda pulsazione. Un secolo

dopo quella danza, entrata nelle corti europee dove rallenta e si raffredda, perder

ogni tratto afrocubano, conservando in quellisolato accento contrametrico la traccia

di una antica origine africana.


Allinizio del Seicento unondata di musica africana invase lEuropa. La

zarabanda si diffuse insieme allo strumento ad essa deputata, la chitarra spagnola, e

con essa altre danze come la fola, la chacona e la passacaglia. Tutte erano di sicura

origine afrocaraibica: avevano in comune un ostinato del basso, cicli ritmici ripetitivi,

movimenti di danza africani e struttura a tema con variazioni. Inoltre tutte avevano un

marcato andamento accordale. Questi tratti, estranei alla tradizione musicale europea,

rappresentavano una novit assoluta e possono essere cos riassunti.

Il basso ostinato, su tre o pi accordi ripetuti, era una base su cui

improvvisare variazioni con la voce o altri strumenti sugli accordi,

appunto, e non su una melodia data. E il principio del giro armonico,

destinato a diventare tre secoli dopo lasse portante della canzone americana,

del jazz e del rock.

Le variazioni sono sostenute da accordi fondati sul basso. Si tratta di triadi

in stato fondamentale che definiscono giri tonali. La pratica di questi

repertori era talmente diffusa che tra la fine del Cinquecento e linizio del

Seicento appaiono numerosi manuali per chitarra spagnola destinati ad un

vasto pubblico di dilettanti. In essi si insegnava ad armonizzare il basso

ostinato seguendo un sistema di cifratura di lettere e numeri, alternativo alla

classica intavolatura, nel quale laccordo era concepito come blocco sonoro

e non come risultato del contrappunto. La cifratura inoltre veniva

organizzata secondo un circolo delle quinte ante litteram. Questi manuali

ebbero una vastissima diffusione: il pi noto, quello di Amat, fu ristampato

fino allinizio dellOttocento7.


Allenfasi sugli accordi si associa uninedita ricognizione nel mondo degli

arpeggi, una tecnica caratteristica della condotta strumentale africana e

virtualmente inesplorata in Europa fino a quel momento. E a partire dai

primi del Seicento che i compositori europei ne esplorano sistematicamente

il funzionamento, guarda caso in repertori che echeggiano le arpe africane:

la Toccata Arpeggiata di Giovanni Girolamo Kapsberger, dal Libro I

dintavolatura di lauto (1611) un perfetto esempio di studio sullarpeggio

basato sulla figura contrametrica africana 3-3-2, un ritmo praticamente

ubiquo nella musica nera di tutte le epoche e latitudini (Caraibi, jazz, samba,

tango ecc.).

Sui tempi ternari, la tendenza contrametrica si manifesta in accenti sulla

seconda pulsazione o nel pi diffuso poliritmo africano: le catene di hemiole,

figure binarie su pulsazione ternaria (in particolare nelle cadenze). Gli

innumerevoli esempi spaziano da Monteverdi a Vivaldi.

Le figure ritmiche contrametriche erano legate a danze di origine africana,

nelle quali il bacino funge da snodo per i movimenti indipendenti del busto e

delle gambe.

!
Non difficile trarre le conseguenze. Lapparizione delle danze afroamericane

nella seconda met del Cinquecento fu il risultato di una influenza triangolare tra

Africa, penisola iberica e Caraibi. Esse presentano tratti africani nelletimologia,

nella condotta ostinata del basso, nella tendenza contrametrica dei ritmi, nelle figure

di danza. Inoltre favoriscono limprovvisazione su accordi, blocchi di tre suoni


concatenati in relazioni di quinta: dunque la tonalit moderna nasce qui, nella danze

popolari afroamericane. Nella musica colta essa si affermer gradualmente nel corso

del XVII secolo, giungendo a compiuta teorizzazione con il Trait de lharmonie di

Rameau pubblicato nel 1722. Non solo: tra XVI e XVII secolo si pongono le basi di

una prassi compositiva e improvvisativa destinata ad avere una funzione e

uninfluenza altrettanto pervasiva nel XX secolo. Una relazione questa che supera

una visione eurocentrica della storia della musica ormai insostenibile, scardina la

consueta cronologia diacronica e apre prospettive nuove nelle relazioni tra musiche

scritte e orali nonch tra generi, stili e epoche apparentemente distanti. Si pu

rinnovare la storia della musica a ritmo di sarabanda.

Stefano Zenni

1 Si pensi alla clamorosa occasione mancata del volume Novecento dellEnciclopedia della musica,
a cura di Jean-Jacques Nattiez, Einaudi, Torino 2001.
2 E a Marcello Piras, cui questo saggio ampiamente debitore, che si deve il lavoro in fieri di una
sintesi del genere. Quanto segue fa riferimento tra laltro a Alan Lomax, Folk Song Style and
Culture, American Association of the Advancement of Science, s.l. 1968 (rist. Transaction
Publishers, New Brunswick, 2000), Marcello Piras, Africa: il battito cardiaco del mondo, daQui,
marzo 1997, p. 181-194, Marcello Piras, Il ponte: una riconsiderazione della storia della musica in
Italia da una prospettiva africana, intervento al convegno internazionale di studi Africa, culla della
musica, Prato, 5 marzo 2005 a cura della SIdMA Societ Italiana di Musicologia Afroamericana,
Fondazione Teatro Metastasio e Piacenza Jazz Club. Atti di prossima pubblicazione su Ring Shout.
Rivista di Studi Musicali Afroamericani.
3 Ned Sublette, Cuba and its Music, Chicago Review Press, Chicago 2004, p. 77.
4 Robert Farris Thompson, intervistato da Ned Sublette e riportato in op. cit, p. 53
5 Robert Farris Thompson, Flash of the Spirit, Random House, New York 1983, p. 110.
6Sebeastin de Covarrubias Orozco, Tesoro de la lingua castellana o espaola, Editorial Castilla,
Madrid 1611, cit. in N. Sublette, op. cit., p. 78.
7 Su questi manuali cfr Massimo Preitano, Gli albori della concezione tonale: aria, ritornello
strumentale e chitarra spagnola nel primo Seicento, Rivista Italiana di Musicologia, XXIX, 1,
1994, p. 27-88.

Potrebbero piacerti anche