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MATILDE BUFANO

DSA
e musica
L’INSEGNAMENTO DELLA MUSICA AGLI STUDENTI
CON DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO

TEORIA E BUONE PRATICHE


PER UN’ESPERIENZA DIDATTICA
GRATIFICANTE
PER INSEGNANTI E STUDENTI

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Matilde Bufano è docente di ruolo nei Conservatori dal 1979; ha insegnato per diversi anni Teoria, Analisi, Armonia.
Attualmente, presso il Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Milano è docente di alunni dislessici con i quali
mette in atto, per la prima volta in Italia, proprie metodologie con ottimi risultati.
Ha curato la traduzione di T.R. MILES – J. WESTCOMBE, Musica e dislessia. Aprire nuove porte, e di S. OGLETHORPE,
Dislessia e strumento musicale. Guida pratica, pubblicati rispettivamente nel 2008 e nel 2011 da Rugginenti Editore.
È promotrice e docente del Master annuale Musica e dislessia che si tiene presso il Conservatorio di musica
“Giuseppe Verdi” di Milano. Ha partecipato con proprie relazioni a diversi convegni sulla dislessia e, in collaborazione
con specialisti nel campo della dislessia, come i professori Enrico Ghidoni, Giacomo Stella e altri, tiene corsi di
aggiornamento per insegnanti di musica.

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DSA e musica

Indice
1. La mia esperienza al Conservatorio di Milano 4
2. Come accogliere l’alunno dislessico 5
3. I sintomi dei DSA e la loro influenza sulle attività musicali 7
a. Problemi visivi 7
b. Problemi uditivi 10
c. Problemi spaziali 10
d. Disprassia 11
e. Scarsa memoria a breve termine 12
f. Altri sintomi 12
4. La dislessia può essere un dono? 12
5. Dal silenzio ai suoni 14
6. L’insegnamento multisensoriale 14
Esercizi ritmici 15
Esercizi con sillabazione 16
Esercizi di lettura 18
7. Il ritmo 19
8. Leggere la pagina di musica 23
La legatura di valore 24
Le pause del quarto, del mezzo e dell’intero 26
Il segno di ritornello 26
Le linee di raggruppamento 26
Le alterazioni 27
9. Cantare 27
10. Suonare uno strumento 31
11. Scrivere e inventare la musica... anche con il computer 34
12. L’ascolto guidato: perché “vedere” oltre che “sentire” la musica 35
13. La storia della musica 38
14. Gli strumenti dell’orchestra 39
15. Conclusioni 40
Mappa - La musica nella preistoria e nell’antichità 1 42
Appendice 1 - Fantasia di Walt Disney. Guida alla visione 44
Appendice 2 - Esecuzione degli esercizi e delle prove di verifica 54
Appendice 3 - Strumenti compensativi 59

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1 La mia esperienza
al Conservatorio di Milano
L a mia esperienza con gli allievi dislessici1 è iniziata una decina di anni fa al Con-
servatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Milano, dove tuttora insegno Teoria,
Ritmica e Percezione musicale e Teoria, Analisi e Composizione.2 Arrivò nella mia classe
una bambina di 10 anni che chiamerò Cristina. Cristina mi sembrò subito molto intel-
ligente e dotata di un buon orecchio, oltre che di una notevole musicalità, ma dopo
poche lezioni mi accorsi che qualcosa non andava. In particolare notai che incontrava
molte difficoltà nel solfeggio parlato: sembrava che non riuscisse assolutamente a leg-
gere le note. Questa sua difficoltà era in contrasto sia con il buon profitto nello studio
del violino, nel quale procedeva abbastanza speditamente, sia con l’abilità nello scrivere
il dettato melodico senza errori. Notai inoltre che per il dettato melodico utilizzava dei
fogli di musica con i pentagrammi molto ingranditi. Non diedi peso alla cosa, pensando
che fossero fogli che si ritrovava in casa, dove aveva un fratello più piccolo (il quale due
anni dopo divenne mio allievo e scoprii che era dislessico anche lui). Allora non sapevo
quasi nulla della dislessia e alla fine dell’anno, con molto rammarico e molti dubbi, de-
cisi di non promuovere Cristina.
All’inizio dell’anno scolastico successivo arrivò un nuovo allievo di 11 anni accompa-
gnato dalla madre, la quale mi disse subito che il figlio era dislessico. Alcuni dei sintomi
e delle difficoltà del ragazzo, che lei descriveva con ricchezza di particolari, coincidevano
con i sintomi e le difficoltà di Cristina. Ecco che alcune delle domande che mi ero posta
l’anno precedente trovavano finalmente una risposta: Cristina era dislessica.
Mi precipitai a cercare informazioni sulla dislessia e, in particolare, su come in-
segnare le materie musicali agli allievi dislessici in una scuola professionale come il
Conservatorio. Non trovai alcun riferimento, nessuno scritto, nessuno studio. Provai
presso alcune università. Nulla! Buio assoluto! Decisi allora di consultare i siti stranieri
in lingua inglese, dove con mia grande sorpresa trovai immediatamente tutto quello
che cercavo sull’approccio didattico più appropriato per i dislessici riguardo al canto,
al ritmo, allo studio dello strumento, e molto altro ancora. Pochi giorni dopo, la ma-
dre di una ragazza dislessica severa – la terza allieva dislessica di questo primo corso
– mi portò un libro da Londra: Music & Dyslexia, che successivamente ho tradotto e
pubblicato.3 Questo libro confermava senza ombra di dubbio una mia sensazione: per
i dislessici era molto più facile suonare che non, per esempio, leggere ad alta voce le
note del solfeggio con il loro nome.
Per me era cominciata un’esperienza nuova, affascinante, stimolante: un viaggio nella
mente dei miei allievi dislessici, giovani creature molto dotate che io dovevo e volevo
aiutare. Decisi di scommettere con me stessa che ci sarei riuscita. Ma per riuscire dovevo
capire fino in fondo quali erano i sintomi della dislessia e quali i loro effetti sui miei
studenti di musica.
Leggevo, traducevo, studiavo, e intanto facevo lezione con molta cautela, in parte
per istinto, in parte per quello che avevo letto su siti e testi stranieri. Avevo ormai

1 In questa pubblicazione, con il termi- dell’Apprendimento, oltre che lo specifico che, a scelta dell’allievo, può essere il corale a
ne “dislessico” si indica, in generale, uno disturbo che riguarda la lettura. quattro parti o l’analisi di un brano di musica.
studente che abbia uno o più Disturbi
Specifici dell’Apprendimento (dislessia, 2 Quest’ultima è una materia specifica del 3 T.R. MILES – J. WESTCOMBE, Musica e di-
discalculia, disgrafia, disortografia). Il ter- Liceo musicale del Conservatorio. Si svilup- slessia. Aprire nuove porte, Edizione italiana
mine “dislessia” è utilizzato anche per in- pa nell’arco di cinque anni e prepara alla se- a cura di Matilde Bufano, Rugginenti Edito-
dicare, in generale, tutti i Disturbi Specifici conda prova scritta della maturità musicale re, Milano 2008.

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DSA e musica

messo da parte il mio metodo di insegnamento e procedevo cercando di adattarmi alle


esigenze degli allievi e ai loro ritmi di apprendimento. Temevo di ferirli e di metterli a
disagio, quindi andavo avanti a piccoli passi, osservando le loro reazioni quando pro-
ponevo un argomento nuovo.
Stando accanto a loro mi rendevo conto che a questi ragazzi mancavano la serenità e la
spensieratezza dei compagni non dislessici. Vedevo che erano sempre in ansia per la pre-
occupazione di sbagliare qualcosa, di dimenticarne un’altra, e a volte notavo che erano
depressi o addirittura addolorati per il comportamento dei docenti o degli stessi genitori,
che non riuscivano a comprendere le loro difficoltà e sofferenze. Mi sono capitati allievi
dislessici che, esasperati dagli atteggiamenti degli adulti, hanno assunto comportamenti
oppositivi o fortemente autolesionistici. Chiunque ha il diritto di essere amato e rispetta-
to, ma per il dislessico, sempre insicuro di sé e preoccupato di ciò che gli altri pensano di
lui, questa è un’esigenza ancor più vitale.

2 Come accogliere
l’alunno dislessico
C iò che dovrebbe interessare sopra ogni cosa agli insegnanti e a un’istituzione sco-
lastica è lo stato d’animo di tutti gli allievi poiché, come tutti sanno, solo nella
serenità è possibile impostare e coltivare tutte quelle attività che vanno a concorrere alla
formazione della personalità complessiva dello studente. Questo principio vale per tutti
gli allievi, ma per i dislessici riveste un’importanza cruciale.
Quando ho cominciato a fare ricerche su musica e dislessia, sono rimasta molto col-
pita da alcuni commi di due disposizioni legislative inglesi. Il primo è il comma introdut-
tivo del Code of Practice on Identification and Assessment of Special Educational Needs,
che recita così:
«Mettere in grado gli alunni con specifiche difficoltà di apprendimento di benefi-
ciare pienamente dell’istruzione loro impartita è una delle sfide più gratificanti che
il servizio dell’istruzione possa offrire agli insegnanti e a tutti i professionisti e agli
amministratori coinvolti».
Il secondo comma fa parte del Disabilities Discrimination Act 1955 e in esso si mette
in chiaro che è contro la legge discriminare in qualunque modo chiunque abbia una dif-
ficoltà di apprendimento:
«1. Per i responsabili di una scuola è illegale discriminare una persona disabile:
a. attraverso disposizioni che si mettono in atto per determinarne l’ammis-
sione;
b. attraverso le condizioni che gli vengono proposte per ammetterlo a scuola;
c. rifiutando o omettendo deliberatamente di accettarne la domanda di ammis-
sione.
2. Per i responsabili di una scuola è illegale discriminare un alunno disabile per
quanto riguarda l’insegnamento o le attività aggiuntive previste o offerte agli
alunni della scuola [...]».
Ultimamente, anche in Italia, si sta diffondendo la consapevolezza dei Disturbi Spe-
cifici dell’Apprendimento (d’ora in poi DSA) e delle relative conseguenze. Ritengo
opportuno che l’insegnante si senta investito di una particolare responsabilità nell’ac-
cogliere un allievo dislessico, quali che siano il tipo di scuola, il numero degli alunni

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e la materia che insegna. È comprensibile che in una classe di 25/28 alunni il docente
non possa dare al dislessico (o ai dislessici) tutto ciò che vorrebbe e dovrebbe, ma cer-
tamente la scelta di un atteggiamento improntato a serenità, empatia e fiducia sarà un
ottimo punto di partenza sia per mettere a proprio agio l’allievo, sia per dare un buon
esempio ai compagni di scuola, perché non stigmatizzino gli errori e i comportamenti
dei dislessici.
Non bisogna assolutamente dimenticare che in molti casi l’alunno con diagnosi di
DSA sta attraversando gli anni difficili dell’accettazione del proprio disturbo, mentre l’a-
lunno che non ha ancora ricevuto una diagnosi si trova a combattere contro mille impe-
dimenti, dei quali non comprende la causa, e contro il malumore e i rimbrotti dei genitori
e degli insegnanti che, inconsapevolmente, lo accusano di essere pigro e poco interessato
allo studio. La mancanza di serenità turba il processo di apprendimento di ogni allievo,
ma su un dislessico ha un effetto dirompente: gli si confondono le idee, viene preso dal
panico, dimentica buona parte di ciò che sa e aumentano le sue difficoltà nel seguire le
spiegazioni. Come conseguenza, la sfiducia e la stanchezza prendono il sopravvento e
l’allievo “spegne l’interruttore”: non segue più quello che accade intorno a lui. Bisogna
che l’insegnante sia pronto a comprendere questo stato di profondo disagio, che sappia
sostenere l’alunno con dolcezza e simpatia, ricordando che ha di fronte un bambino (o
un ragazzo) che soffre.
Mostrarsi rigidi nel tentativo di ottenere attenzione e prestazioni migliori provoca nel
dislessico uno stato di ansia costante e di sofferenza, al quale giorno dopo giorno seguirà
un calo del rendimento, specie se non vengono messe in atto le misure dispensative e
compensative oltre che tutti quegli accorgimenti che gli consentono di comprendere le
spiegazioni, di affrontare i compiti scritti e di partecipare alle attività della classe. Senza
le necessarie attenzioni, il dislessico perderà progressivamente l’autostima e l’interesse
per lo studio e assumerà un atteggiamento di sfida, oppure, come ho già detto, accederà
a manifestazioni preoccupanti di autolesionismo o depressione.

È a questo punto che potrebbe essere importantissimo l’intervento dell’insegnante


di musica. La musica, infatti, è la materia che per il dislessico potrebbe essere la meno
problematica, anche perché non è necessariamente legata a verifiche severe e a precise
scadenze: per questo è importante che l’insegnante scelga un percorso che, senza tra-
scurare obiettivi e programmi, ponga l’accento sugli aspetti più seducenti dell’attività
musicale, quelli in cui tutti gli allievi possono manifestare il proprio carattere, la propria
abilità e, perché no, il proprio talento artistico. Mi riferisco al canto, all’apprendimento
di uno strumento (con modalità che descriverò nel paragrafo 10), all’uso della creatività e
all’esercizio della ritmica, intesa anche come movimento del corpo. In una o più di queste
attività il dislessico, che è dotato di grande fantasia, spesso riesce meglio dei suoi com-
pagni (per esempio gli si potrà chiedere, date tre note, di inventare oralmente una breve
melodia) e per l’insegnante di musica sarà certamente emozionante scoprire e coltivare
un giovane talento contribuendo così ad accrescerne l’autostima con grande vantaggio
del profitto complessivo.
Se per tutti gli allievi l’ora di musica ben pianificata è un’ora di vero godimento, per
il dislessico potrebbe essere l’unica ora di godimento: che questo piccolo ma importante
miracolo si verifichi e si rinnovi, lezione dopo lezione, dipende dalla sensibilità e dalla
fantasia dell’insegnante e dalla sua capacità di prendere l’alunno per mano e di mettersi
al suo fianco per capire come superare le difficoltà insieme a lui.
L’esperienza mi ha insegnato che se è vero che tutti i ragazzi, opportunamente gui-
dati, studiano volentieri, è ancora più vero che per la maggior parte dei dislessici il
successo, anche un piccolo successo, ottenuto nello studio rappresenta un traguardo
ambito che porta alle stelle l’autostima, con ricadute benefiche sul profitto scolastico
complessivo.

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DSA e musica

3 I sintomi dei DSA e la loro influenza


sulle attività musicali
IDSA non riguardano solo la lettura (dislessia) e la scrittura (disgrafia), l’ortografia (di-
sortografia) e la matematica (discalculia), ma influiscono sulle abilità cognitive anche
in altri ambiti a causa di una serie di sintomi che elenco qui di seguito, riservandomi di illu-
strare di volta in volta le difficoltà che ciascun sintomo crea nelle diverse attività musicali.

a. Problemi visivi
Nei dislessici la funzione binoculare è imperfetta più spesso di quanto non lo sia nei
normolettori. Ciò accade perché i due occhi non convergono sull’obiettivo nello stes-
so momento, o almeno vi convergono a tratti, provocando diversi problemi di non lie-
ve entità, che condizionano notevolmente molti aspetti della quotidianità del ragazzo.
Vediamo quali sono:
a. la sensazione che un oggetto, mentre lo si guarda, si sposti da destra a sinistra e vi-
ceversa, il che non garantisce l’esatta decodifica del testo; riguardo alla musica, rende
molto difficoltosa la lettura dello spartito e in particolare la lettura a prima vista;
b. la difficoltà di mantenere una direzione costante e quindi di portare il segno sulla
pagina; è infatti abbastanza frequente che durante la lettura il dislessico salti da un
rigo all’altro;
c. il fastidio alla vista causato dalle righe parallele e, quindi, anche dalle righe del
pentagramma;
d. la lentezza nella messa a fuoco; per il dislessico sarà molto difficoltoso sia ritornare sul-
la pagina dello spartito dopo aver alzato lo sguardo sul direttore d’orchestra o di coro,
sia copiare appunti dalla lavagna spostando lo sguardo dalla lavagna al quaderno;
e. la difficoltà nel riconoscere le affinità e le diversità di un semplice disegno melo-
dico o di un testo letterario; questa difficoltà è strettamente collegata anche alla
memoria visiva, che nel dislessico spesso è scarsa.
Quando l’insegnante nota che l’alunno si trova in difficoltà per una o più delle ragioni
sopra elencate, senza avere la pretesa di sostituirsi agli specialisti (l’ortottista e l’optome-
trista), può chiedere all’alunno di fare un semplice test in classe.
1. Farà sedere l’alunno con il busto eretto, eventualmente appoggiato alla spalliera
della sedia sulla quale è seduto.
2. L’alunno dovrà tendere le braccia con decisione tenendo i pugni chiusi all’altezza
degli occhi con i due pollici alzati, distanti fra loro 4/5 centimetri.
3. L’alunno dovrà quindi fissare lo sguardo in un punto al di là dei due pollici, che
rimarranno al margine inferiore del suo campo visivo.
Se la funzione binoculare è integra, l’alunno, sempre fissando il punto al di là dei pollici,
vedrà che questi prima si sdoppiano al centro per qualche attimo diventando 4, e subito
dopo fra un pollice e l’altro si formerà un terzo pollice, un pollice “fantasma” derivato
dalla sovrapposizione delle “sdoppiature” centrali. Naturalmente, comunque vada questa
prova, che di solito diverte molto tutti i ragazzi, è d’obbligo il ricorso allo specialista.4

4 Nel caso in cui, al controllo dell’ortotti- risultata imperfetta, agli alunni possono rarla da fare sotto la guida di personale
sta e dell’optometrista, la binocularità sia essere proposti degli esercizi per miglio- specializzato.

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In attesa della diagnosi, ma anche dopo che è stata fatta, tutti gli insegnanti faranno
del loro meglio perché l’alunno dislessico possa usufruire nella maniera migliore delle
proposte didattiche e delle attività della scuola. A questo scopo si possono mettere in
atto alcuni accorgimenti.
• Riguardo al punto a. sarà di grande aiuto l’ingrandimento di tutti i testi, compresi
i testi musicali fotocopiati su carta di un colore scelto dall’alunno stesso. Una volta
ho avuto un’allieva che leggeva molto meglio la scrittura bianca su fondo nero (che
in genere procura un notevole fastidio agli occhi, stancandoli molto). Può essere
sufficiente anche limitarsi a usare un foglio di plastica trasparente colorata da pog-
giare sulla pagina del testo da leggere.
• Gli stessi accorgimenti sono validi anche per il disturbo descritto nel punto c.
• La difficoltà di portare il segno, come descritta nel punto b., per la pagina di musi-
ca può essere risolta innanzi tutto ingrandendo la pagina stessa, e poi colorando le
righe del pentagramma con colori differenti, usando lo stesso colore per l’ultima
battuta di ciascun pentagramma e per il pentagramma successivo, esclusa l’ultima
battuta, per la quale si userà un nuovo colore che sarà lo stesso del pentagramma
sottostante. In sintesi, l’ultima battuta di ciascun pentagramma avrà lo stesso co-
lore del pentagramma successivo, in modo che l’alunno possa portare il segno con
facilità seguendo il colore (una mia allieva, molto più semplicemente, ha scelto di
attaccare due adesivi dello stesso colore, uno in fondo al pentagramma e l’altro
all’inizio del pentagramma successivo).
• I problemi di messa a fuoco descritti nel punto d. si risolvono a volte con esercizi
opportuni, ma fino a quando persistono bisogna risparmiare all’alunno lo sfor-
zo inutile e mortificante di copiature dalla lavagna. Se durante l’ora di musica
arriverà il momento in cui l’alunno dislessico dovrà guardare l’insegnante che
dirige il coro e poi tornare a guardare lo spartito, bisognerà che l’insegnante lo
tenga al suo fianco per aiutarlo a ritrovare il segno. Se in classe i dislessici sono
due o più, si chiederà aiuto ai compagni, i quali, secondo la mia esperienza, di
solito sono felici di ricevere un incarico così importante, tanto che molto spesso
da collaborazioni di questo tipo nascono fra i ragazzi legami molto profondi e
duraturi.
• Le affinità e le somiglianze che si incontrano nella musica, di cui si è scritto al pun-
to e., non sono molto diverse dalle affinità e somiglianze delle strofe delle poesie,
quindi l’alunno che ha una memoria visiva scarsa non riconoscerà né le prime, né
le seconde. In entrambi i casi può essere aiutato ascoltando le strofe recitate più
volte dall’insegnante o da un compagno di classe, e i frammenti musicali suonati o
cantati dai compagni, dall’insegnante, ma anche da lui stesso. Dopo aver ripetuto
alcune volte la frase musicale, l’insegnante inviterà l’alunno dislessico (ma l’invito
potrà essere esteso a tutta la classe) a disegnare il profilo della melodia sulla fo-
tocopia del testo musicale ascoltato. Come mostra l’esempio a pagina seguente,
l’insegnante potrà fornire la fotocopia del testo musicale di melodie semplici e
notissime come Fra’ Martino, Al chiaro di luna e Alouette, formate da piccoli dise-
gni melodici che si ripetono due volte e farne disegnare il profilo, tenendo conto
dell’altezza delle note. Sarà un esercizio molto utile per tutta la classe poiché gli
alunni si abitueranno a riconoscere talune particolarità della musica che potranno
utilizzare nelle loro composizioni e che incontreranno spesso durante l’ascolto di
brani proposti dall’insegnante.5

5 Questo esempio sarà proposto quando ta padronanza. Nel paragrafo 8 (Leggere incontrano i dislessici di fronte alla pagina
tutti gli alunni, anche i dislessici, saranno la pagina di musica) parlerò della lettura di musica e degli accorgimenti più idonei
in grado di decifrarne le note con una cer- della note, delle specifiche difficoltà che per superarle.

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DSA e musica

Fra’ Martino

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Al chiaro di luna
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b. Problemi uditivi
I dislessici, più dei normolettori, soffrono di disturbi uditivi causati sia dalla diversa
velocità, sia dalla diversa intensità con la quale le due orecchie percepiscono suoni e
rumori. Questi disturbi non consentono una buona coordinazione uditiva e sono respon-
sabili della lentezza con la quale alcuni dislessici elaborano gli stimoli sonori. Inoltre ren-
dono difficoltoso riconoscere tanto le rime di una poesia quanto la ripetizione di brevi,
o addirittura brevissimi, frammenti musicali, così come rendono difficoltoso separare e
assemblare ogni genere di suono, che sia prodotto da uno strumento o dalla voce. Ciò
comporta grosse difficoltà nel percepire, separare e assemblare anche i suoni e le sillabe
delle parole, con conseguenti difficoltà nella lettura e nella scrittura.
Anche in questo caso l’insegnante che con maggiore facilità può rendersi conto che
qualcosa non va nell’udito di uno o più alunni, dislessici e non dislessici, è l’insegnante di
musica, che potrà senz’altro organizzarsi per fare due piccoli test, uno riguardo alla ve-
locità di percezione e l’altro riguardo all’intensità di percezione dei suoni (o dei rumori).

Per il primo test si potrà utilizzare un metronomo a pile con il regolatore di volume.
1. L’insegnante nasconderà il metronomo in un luogo che si trovi esattamente di fron-
te all’alunno da testare.
2. Inviterà quindi l’alunno a prestare ascolto al ticchettio del metronomo per indivi-
duare dove è stato messo.
3. L’alunno istintivamente si accosterà al ticchettio con l’orecchio che funziona meglio.
Per essere sicuri del risultato, l’insegnante ripeterà il test alzando o abbassando il vo-
lume del metronomo secondo il bisogno.

Per il secondo test si potrà utilizzare lo stesso metronomo o, meglio, una piccola ra-
dio. Lo scopo è quello di accertarsi se tra le due orecchie c’è differenza nella percezione
del volume del suono.
1. L’insegnante inviterà l’alunno a chiudere rigorosamente gli occhi e a tapparsi prima
un orecchio poi l’altro allo scopo di testare un orecchio per volta.
2. Inviterà quindi l’alunno a prestare ascolto al suono della radio per individuare
dove è stata messa.
3. Variando il volume della radio, non sarà difficile prendere nota di quale orecchio
funziona meglio.
È ovvio che in presenza di difetti uditivi evidenti, l’insegnante dovrà coinvolgere i
genitori per gli opportuni controlli.

c. Problemi spaziali
I disturbi spaziali possono essere numerosi e possono essere diversi da un dislessico
all’altro, ma conosco anche qualche dislessico che non ha problemi spaziali.
Ecco un breve elenco delle difficoltà che si possono riscontrare in quest’ambito.
a. Spesso il dislessico, anche da adulto, fa confusione fra destra e sinistra, si perde
facilmente e non riesce a ritrovare nemmeno la strada di casa. L’insegnante di mu-
sica, nel richiedere l’esecuzione di un esercizio ritmico o musicale con una speci-
fica mano, invece di dire «Suona con la mano destra (o sinistra)», dovrà toccare
la mano dell’alunno. Altrettanto dovranno fare gli altri insegnanti in casi analoghi
(per esempio, l’insegnante di educazione fisica).
b. Il dislessico può inoltre andare in confusione di fronte al concetto di “su e giù” o
al concetto di “alto e basso”, specie quando tali concetti sono riferiti ai suoni e alla
conformazione degli strumenti musicali. Rispetto al concetto di “su e giù”, molti

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DSA e musica

dislessici rimangono veramente perplessi di fronte ad alcuni strumenti musicali.


Per esempio, qual è il “su” e quale il “giù” del flauto traverso? e del violino? e
che dire del violoncello nel quale più “giù” si sposta la mano sulla tastiera e più
“su” – nel senso di acuto – è il suono? e qual è il “su” e il “giù” della chitarra che
si suona quasi orizzontalmente rispetto al corpo? e del pianoforte che si suona in
orizzontale con i suoni acuti a destra e quelli gravi a sinistra?

d. Disprassia
A causa della disprassia, che è un problema di organizzazione del movimento, per un
dislessico potrebbe presentarsi la difficoltà di far compiere alle mani movimenti diversi,
per esempio far scorrere la mano sulla tastiera del violino in orizzontale, mentre l’altra
mano fa un movimento verticale con l’arco (ma una volta superate le prime fasi dello
studio, il dislessico può diventare un ottimo strumentista ad arco, anzi questa pratica
migliorerà di molto anche la sua disprassia).
Il pianoforte è uno strumento che dà molte certezze al dislessico poiché i tasti sono lì
per dare esattamente quel suono, ma a causa della disprassia, i problemi, almeno inizial-
mente, sono due:
1. coordinare le mani, specie quando suonano note diverse;
2. leggere lo spartito, in cui il rigo in chiave di violino è posto sopra al rigo in chiave di
basso, mentre sulla tastiera le mani si muovono orizzontalmente e, in particolare, la
mano che suona le note in chiave di violino le suona a destra. Per ovviare a quest’ul-
timo problema è stato inventato un sistema di scrittura musicale, il Klavarskribo,
che prevede che sulla pagina di musica i pentagrammi con le note siano collocati
in verticale.6 Il Klavarskribo è esemplificato nel disegno sotto, in cui è evidente la
corrispondenza tra la tastiera del pianoforte e l’orientamento dei pentagrammi. Per
un approfondimento di questo sistema di scrittura rimando al paragrafo 10.

6 In rete esistono numerosi siti, quasi tut- varskribo e non mancano diverse librerie numerosi spartiti che adottano questo si-
ti in lingua inglese, che illustrano il Kla- online dalle quali si possono acquistare stema di scrittura.

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Per concludere, ogni strumento musicale ha le sue difficoltà, per chiunque voglia
studiarlo. Per il dislessico queste difficoltà a volte – non sempre – potrebbero essere più
numerose, specialmente all’inizio (ne parlerò in modo più specifico nel paragrafo 10).
In compenso ho avuto – e ho tuttora – allievi dislessici con un grande talento musicale.
Alcuni di loro sono strumentisti di prim’ordine, dotati di grande personalità e fantasia.
Di frequente si classificano ai primi posti nei concorsi locali e nazionali.

e. Scarsa memoria a breve termine


Questo è un sintomo che ha delle conseguenze importanti sui dislessici poiché li co-
stringe a innumerevoli ripetizioni, fino a quando l’argomento da apprendere non passa
nella memoria a lungo termine, dove rimane per sempre.
Riguardo alla scarsa memoria a breve termine non ci sono consigli specifici da dare.
Bisogna che gli insegnanti leggano accuratamente la diagnosi fornita dallo specialista
per rendersi conto dell’entità del disturbo in modo da sapere che cosa è possibile
aspettarsi dall’alunno. Per l’esperienza che ho, esorto tutti gli insegnanti ad avere molta
pazienza e a incoraggiare l’alunno dislessico, il quale si rende perfettamente conto di
avere una memoria a breve termine che funziona male e si sente tremendamente umi-
liato. In molti casi pensa che il destino si sia accanito contro di lui, oppure spesso è
profondamente irritato con il genitore dislessico (che in genere c’è) e gli attribuisce la
responsabilità di tutti i propri disagi.

f. Altri sintomi
Altri sintomi importanti degli alunni con DSA sono: l’incapacità di organizzare la
propria esistenza, la scarsa capacità di concentrazione e, infine, la discontinuità sia nel-
lo studio, sia in altre attività quotidiane. Questi sintomi sono senz’altro aggravati dalla
stanchezza, alla quale il dislessico spesso è soggetto, poiché i problemi visivi e uditivi, la
scarsa memoria a breve termine, le difficoltà nel riconoscere destra e sinistra, la dispras-
sia e altre eventuali carenze rendono molto faticosa la sua esistenza.

Bisogna che l’insegnante si metta nei panni dell’alunno dislessico per comprendere
quanto sia alto il grado di stress a cui è sottoposto non solo a causa del maggiore tempo
di studio, ma anche per la continua ansia da prestazione che lo accompagna durante
tutti gli anni della scuola. Indubbiamente gli insegnanti più sensibili non esiteranno a
capire un alunno così sofferente e saranno pronti ad aiutarlo con ogni mezzo a loro
disposizione.

4 La dislessia può essere


un dono?
L’esperienza decennale che ho maturato, anche grazie alla disponibilità dei direttori
del Conservatorio di Milano che si sono avvicendati nel tempo, mi ha dimostrato
senza ombra di dubbio che i dislessici sono frequentemente più creativi, più studiosi,
più riflessivi, più sensibili, molto più sensibili e maturi dei loro coetanei. Molto spesso
hanno un quoziente intellettivo più alto della media. Poiché sono solo un’insegnante,

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DSA e musica

lascio agli esperti la responsabilità di affermare che i dislessici, proprio per la confor-
mazione del loro cervello, avrebbero grandi capacità inventive, creative, spaziali e
artistiche.7
So per certo, potendolo constatare ogni giorno, che quasi tutti i miei allievi, oltre a
dedicarsi alla musica con ottimi risultati (naturalmente secondo un genere di approccio
che illustrerò nei paragrafi che seguono), riescono a disegnare, a dipingere e a dare for-
ma a oggetti di legno o di altri materiali con maggiore facilità dei loro coetanei. Il tempo
libero, per il dislessico, ha una funzione fondamentale: quella di “ricaricare le batterie”,
attraverso lo svolgimento di varie attività libere (creando oggetti di piccolo artigianato,
utili e a volte geniali, scrivendo splendide poesie o componendo musiche dense di signi-
ficato) nelle quali le loro abituali difficoltà sembrano “scomparire”.
Purtroppo sono altrettanto certa che alcuni dislessici non riescono a manifestare la
propria creatività, anche se ne sono dotati, in parte perché oberati dalle fatiche dello stu-
dio, e in parte perché, condizionati dall’ansia da prestazione, non trovano quella serenità
e quella fiducia in se stessi che favoriscono il desiderio di mettersi alla prova. Anche in
questo caso il ruolo dell’insegnante di musica è quello, certamente gradito agli alunni, di
proporre diverse attività piacevoli non condizionate dalla dislessia.
L’altro aspetto dei dislessici che mi ha sempre molto stupita è la loro profondissima
umanità, maturata attraverso la sofferenza di ogni giorno, di ogni momento, di ogni cir-
costanza. Quotidianamente, tutto (in particolare, talvolta, gli sguardi di disapprovazione,
quelli di compatimento di alcuni genitori e di alcuni insegnanti, lo scherno di alcuni
compagni) ricorda al dislessico il suo disturbo. I dislessici hanno bisogno di grandi aiuti.
È una sensazione che sperimentano ogni giorno sulla propria pelle, ed è per questo che
sono generosissimi, pronti come nessuno a dare una mano a un compagno, all’insegnan-
te, ai genitori. Fortemente commossa, ho visto ragazzi dislessici di 13/14 anni dare corag-
gio e fiducia a questi genitori e ne ho visti altri ridere e a scherzare sui propri problemi e
sulle proprie difficoltà.8
Infine, gli alunni dislessici hanno bisogno di dimostrazioni evidenti di stima, di com-
prensione e di simpatia da parte degli adulti. All’insegnante che farà loro percepire que-
sti sentimenti, sapranno rispondere con gratitudine, affetto e con un impegno crescente
in tutte le attività scolastiche. Se questo insegnante sarà anche consapevole dei punti
di forza del proprio alunno, per averlo ascoltato e osservato nel tempo con interesse e
passione, potrà anche permettersi il “lusso” di rimproverarlo qualora venga meno ai suoi
doveri: anche i dislessici a volte hanno bisogno di uno scossone, poiché da questo punto
di vista sono ragazzi come gli altri. E il dislessico accetterà il rimprovero in silenzio, anzi
sarà grato all’insegnante perché sa che lo stima e che da lui si aspetta molto di più in
quanto non ha dubbi sulle sue capacità. Se l’insegnante sarà capace di stabilire un clima
del genere, vedrà il suo alunno dislessico sbocciare e aprirsi come un fiore raro: aprirsi a
ogni sorta di interessi, partecipare entusiasta alla vita della classe, analizzare se stesso e i
propri limiti per aggirarli, aiutato in tutto questo dalla sua intelligenza e da un’ostinata
volontà di riuscire.

7 L’attività di ricerca sui DSA è intensa slessici. Aggiungo che la regina Vittoria di 8 Di recente due ragazze della mia classe,
in tutto il mondo e ogni giorno si fanno Svezia qualche tempo fa ha rilasciato una dopo aver ricevuto la diagnosi dall’opto-
delle nuove scoperte. È accertato scien- lunga intervista a un settimanale italiano, metrista, parlavano ridendo a crepapelle
tificamente che molto spesso la dislessia nella quale parlava dettagliatamente della dei loro occhi che «se ne andavano cia-
si accompagna a un quoziente intelletti- sua dislessia e delle classi “speciali” da lei scuno per i fatti suoi» e raccontavano che
vo molto elevato. I dislessici famosi sono frequentate. Purtroppo in Italia le classi leggevano la pagina di musica saltando le
tanti. Alcuni esperti di dislessia sostengo- “speciali” sono sinonimo di ghettizzazio- righe e costringendo “il povero” insegnan-
no che personaggi come Steve Jobs, Al- ne, mentre in paesi più avanzati del no- te di strumento a portare il segno con una
bert Einstein, Leonardo da Vinci, oppure stro sono istituzioni nelle quali insegnanti lunga matita sullo spartito poggiato sul
Francesco Facchinetti, Cher, Tom Cruise molto specializzati portano gli alunni il più leggio.
sono arrivati al successo non “malgrado” possibile al livello degli altri. E di solito i
la dislessia, ma “proprio” perché erano di- risultati si vedono.

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5 Dal silenzio
ai suoni
U na delle prime esperienze da proporre alla classe nelle prime lezioni di musica è
l’osservanza di alcuni minuti di silenzio allo scopo di creare le condizioni per pre-
stare ascolto a suoni e rumori che di solito passano inosservati.
Non sarà facile abituare gli alunni, in particolare gli alunni di prima media, a un
silenzio “sereno”, durante il quale il loro unico interesse sia quello di prestare ascolto
ai suoni, anche minimi, che si presentano al loro udito. Le prime volte il silenzio sarà
raggiunto con difficoltà e con molta pazienza da parte dell’insegnante, ma quando gli
alunni capiranno l’utilità di questo esercizio e scopriranno che può condurre a espe-
rienze nuove e insospettate, saranno ben lieti di ripeterlo.
Nel mondo in cui viviamo, i rumori dai quali siamo letteralmente avvolti e il rit-
mo di vita al quale siamo costretti ci impediscono di prestare ascolto a piccoli eventi
che potrebbero dare colore e fascino alla giornata. Per esempio, nel silenzio potrebbe
risaltare il verso di un uccello, il rombo di un aereo lontano, il ticchettio di un oro-
logio, la musica proveniente da una classe vicina. I ragazzi più fortunati sono quelli
delle scuole vicine a un prato, al mare, a un fiume. La natura ha in serbo per l’uomo
una gran quantità di suoni: fruscii, canti, suoni generalmente meravigliosi, ma qualche
volta spaventosi, come tuoni e fulmini. Ciascuno di questi suoni potrebbe dar luogo a
un’attività, a un gioco, a un sommesso esercizio ritmico, all’ascolto di musiche che li
richiamano, a disegni che l’insegnante, secondo la sua fantasia e abilità, progetterà e
proporrà alla classe.
Gli spazi di silenzio sono dunque indispensabili per tante ragioni: ascoltare i suoni
e i rumori dell’ambiente circostante, affinare la sensibilità, fare delle esperienze nuove.
Per i dislessici i vantaggi dei momenti di silenzio e della frequenza di una classe in cui
l’insegnante riesce a evitare chiasso e frastuono sono notevoli. Il ragazzo dislessico
quasi sempre ha un rapporto difficile con tutto ciò che lo circonda, a cominciare da
una percezione del proprio corpo che lo frastorna e lo stanca (a causa dei problemi che
ho elencato nel paragrafo 3, come confusione fra destra e sinistra, disprassia, problemi
uditivi e visivi, scarsa memoria a breve termine, lentezza nel ragionamento) alla quale
si aggiunge la difficoltà di comprendere le spiegazioni dell’insegnante e di percepire
le attività minute della classe. Nel silenzio un ragazzo in queste condizioni ritrova se
stesso, riannoda i fili del suo pensiero, ritrova il piacere di prendere in considerazione
il mondo che lo circonda e di prestare ascolto a tutto ciò che interessa la sua vivida
sensibilità e la sua fervida fantasia.

6 L’insegnamento
multisensoriale
Qualunque testo che tratta di metodi di insegnamento rivolti ai dislessici suggerisce
di adottare una didattica multisensoriale in modo tale che il senso più efficiente
supplisca alle eventuali debolezze di un altro senso. Questo tipo di didattica comporta
notevoli vantaggi anche per chi non è dislessico.
Poche cose come la musica riescono a coinvolgere quasi tutti i cinque sensi. Ma la
multisensorialità dell’esperienza musicale coinvolge anche gli organi interni di senso, al-

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DSA e musica

trettanto pronti a percepire immediatamente qualunque stimolo si presenti loro, come


i propriocettori, l’apparanto cinestetico e le casse di risonanza interne al nostro corpo.
Nell’attività musicale sono implicati i due elementi costitutivi della musica: il suono
e il ritmo. Ciascuno di questi due elementi contribuisce alla pratica multisensoriale.
Iniziamo con qualche considerazione sul suono. Come si diceva nel paragrafo pre-
cedente, il suono, bello o brutto che sia, è un elemento che percepiamo, di solito pas-
sivamente, da quando ci alziamo al mattino a quando ci addormentiamo la sera. Ascol-
tare i suoni può essere fonte di fastidio quando sono sgradevoli, o motivo di immenso
piacere quando incontrano il nostro gusto e danno ampio respiro alle nostre emozioni
e alla nostra fantasia. In entrambi i casi, insieme al senso dell’udito è coinvolto anche
un organo interno di senso, cioè la rete di casse di risonanza.
La multisensorialità entra in gioco quando siamo noi a produrre il suono. In questo
caso i sensi coinvolti sono numerosi. Abbiamo l’udito che controlla il suono, la vista
che scorre tra lo strumento, lo spartito e le mani, il tatto che “sente” chiavi e tastiere, i
propriocettori che controllano e correggono i movimenti muscolari necessari per pro-
durre il suono giusto su determinate posizioni dello strumento, l’apparato cinestetico
che li memorizza e, infine, le casse di risonanza interne al corpo che percepiscono le
vibrazioni prodotte.
A qualunque livello e per qualsiasi ragione una persona produca un’esecuzione mu-
sicale, le implicazioni dei sensi sopra descritte si aggiungono alle implicazioni dei sensi
e degli organi di senso richiesti dalla pratica dell’altro elemento costitutivo della musi-
ca, cioè il ritmo. Il ritmo, come il suono, coinvolge l’udito, il tatto, la vista, l’apparato
cinestetico e, in modo più accentuato, gli importantissimi propriocettori che oltre a
controllare e correggere i movimenti delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini che
producono il suono, danno la percezione del proprio corpo in relazione allo spazio
circostante. La stimolazione dei propriocettori attraverso qualsiasi forma di esercizio
fisico strutturato è fondamentale per i dislessici che, come si è detto, in molti casi han-
no un rapporto difficile con lo spazio.
Il primo studioso che ha teorizzato e poi tradotto in pratica un metodo multisenso-
riale, adottato pochissimo in Italia ma molto diffuso all’estero, è stato Emile Jaques-
Dalcroze. Il suo metodo, conosciuto come “euritmia”, coordina la musica con il movi-
mento per «creare una via di comunicazione rapida e regolare fra cervello e corpo con
l’aiuto del ritmo, e fare della sensibilità per il ritmo un’esperienza fisica».9
Per mettere in pratica gli importanti criteri enunciati da Dalcroze e arrivare così
all’esecuzione di esercizi ritmici ben strutturati da accompagnare con la musica, dovre-
mo far conoscere gradualmente il ritmo e la relativa notazione ai nostri alunni dislessi-
ci, i quali nella stragrande maggioranza dei casi ne sono del tutto ignari.
Ecco alcune proposte di didattica multisensoriale da condurre con gradualità e con
tutte le necessarie ripetizioni.

Esercizi ritmici
Alcuni anni fa, quando al Conservatorio di Milano si ammettevano anche bambini di
6/7 anni, in genere quasi a digiuno di musica, ottenevo da loro ottimi risultati facendoli
marciare o saltellare intorno alla classe. Scrivendo a grandi caratteri sulla lavagna, propo-
nevo gradualmente tempi e figurazioni ritmiche sempre più complesse. Avevo la fortuna
di disporre di un’aula molto grande con pochi alunni alla volta, ma con una classe di

9 E. JACQUES-DALCROZE, Il ritmo, la musica e lÕeducazione, a cura di L. Di Segni – Jaffé, traduzione italiana di A. Loiacono Husain,
EDT, Torino 2008 (Prima edizione 1920).

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scuola media si può fare la stessa cosa con la marcia da fermi al proprio posto, anche se
come soluzione non è l’ideale.10
Nella pratica del ritmo, spesso irta di difficoltà per i dislessici, sarà opportuno insi-
stere sulla marcia da fare a lungo in tempo 2/4 utilizzando la figurazione in semiminime
scritte a caratteri grandi sulla lavagna. Alla marcia si potranno aggiungere movimenti
delle braccia decisi e scattanti, come alzare il braccio sinistro e poggiare con decisione
sul pavimento il piede destro, e viceversa. Le braccia si potranno alzare in alto, oppure
perpendicolari al corpo sia di lato, sia davanti. L’importante è che i movimenti siano
scattanti e rispettino il ritmo con esattezza.
Anche stando seduti si potranno fare degli esercizi: per esempio si alzeranno alternati-
vamente le punte dei piedi tenendo i talloni sempre poggiati sul pavimento e contempo-
raneamente si batteranno le mani sul banco, la mano sinistra quando si abbassa la punta
del piede sinistro; la mano destra quando si abbassa la punta del piede destro. Oppure si
muoverà la mano sinistra insieme alla punta del piede destro, e viceversa. Questo eserci-
zio è molto utile per abituare l’alunno all’indipendenza delle mani (per esempio nell’uso
dei pedali del pianoforte, ma anche per qualsiasi strumento in cui sia richiesta un’attività
differente per le due mani).

Esercizi con sillabazione


La figurazione ritmica scritta a caratteri grandi con chiarezza e semplicità sulla lavagna
– si ricorderà che per alcuni dislessici (ma anche per alcuni non dislessici) la messa a fuo-
co nello spostare lo sguardo da un oggetto all’altro crea notevoli difficoltà – dovrà essere
accompagnata in un primo tempo dalle sillabe un, due, scandite con esattezza e decisione.
In seguito l’insegnante potrà passare a parole di due sillabe, e infine, con i tempi
ternari e quaternari, semplici e composti, potrà prima utilizzare parole di tre e quattro
sillabe per poi passare a testi completi e filastrocche.
Anche questo esercizio di sillabazione costituisce un aiuto impagabile per i dislessici,
quasi sempre in difficoltà con la segmentazione e l’assemblaggio delle parole. L’esempio
a pagina seguente, a due parti eseguite da due alunni o da due gruppi, è soltanto una
traccia che l’insegnante potrà facilmente sviluppare creando altri esercizi e invitando gli
alunni a scoprire e a proporre altre parole.

10 Attualmente l’età dei miei 16 allievi di- mano la tastiera, cantando il nome delle previste dalla legge per tutti i Conservatori
slessici va dai 13 ai 21 anni, con l’eccezione note e portando il tempo con il piede. Nel e gli Istituti musicali pareggiati, anche gli
di un bambino di 11 anni, ammesso per le fare questo esercizio l’allievo impiega la vi- alunni dislessici devono affrontare questo
sue particolari qualità musicali. Alcuni di sta, l’udito, il tatto, la memoria e la grossa programma utilizzando le stesse prove dei
loro frequentano il Liceo, altri l’Università; motricità dell’arto che batte il tempo. Inol- non dislessici, esclusa la memorizzazione
alcuni sono in Conservatorio da diversi anni, tre percepisce fisicamente le vibrazioni del delle armature in chiave delle scale, specie
cinque sono entrati quest’anno avendo già pianoforte e dopo un certo periodo che si di quelle tonalità con più di tre alterazioni.
una notevole esperienza musicale. Ma anche esercita, riesce a far coincidere le frequen- Come convalida del metodo multisensoriale,
con questi allievi la multisensorialità risolve ze della propria voce con le frequenze che da me applicato con vera ostinazione e coc-
spesso alcuni problemi. Eccone due esempi. sente e “assorbe” fisicamente mentre suona. ciutaggine fiduciosa, i miei alunni dislessici
a. Il solfeggio parlato, sempre senza il nome Questi esercizi preparano agli esami pre- che hanno affrontato questo tipo di esame
delle note, viene eseguito leggendo il testo visti, a partire dall’anno scolastico 2011- per la prima volta hanno ottenuto dei risul-
con il ta-ta della voce, con i movimenti ri- 2012, dal nuovo programma di Solfeggio: tati ottimi, specie nelle prove di percettività.
tuali della mano, con il battito del piede sul nuovo nella denominazione: Teoria, Ritmi- Sono sempre stata guidata da quanto si
primo tempo della battuta e con il battito ca e Percezione musicale, e nuovo anche afferma più volte nel libro di T.R. MI-
ritmico del metronomo. In tal modo sono per alcuni contenuti perché alle prove LES – J. WESTCOMBE, Musica e dislessia, cit., a
impiegati la vista, la voce, la grossa motricità tradizionali si aggiungono fin dall’inizio cominciare dalla quarta di copertina, e cioè
degli arti, l’udito. Inoltre l’allievo interioriz- esecuzioni a prima vista di frasi ritmiche in che «molti dislessici possono essere musi-
za il ritmo anche attraverso la percezione tempo semplice e composto, dettati ritmici cisti molto dotati» a patto che «non venga
fisica del battito costante del metronomo. e dettati di triadi e di intervalli nell’ambi- loro impedito di studiare la musica solo
b. Il solfeggio cantato, le scale, la scala to dell’ottava. Naturalmente, con tutti gli perché – almeno nei primi tempi – molti di
cromatica, gli arpeggi e gli intervalli vengo- accorgimenti del caso e con l’applicazione loro trovano difficile leggerla e ricordare i
no eseguiti dall’allievo suonando con una delle misure compensative e dispensative simboli della notazione musicale».

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DSA e musica

a.
gruppo 1 42 œ Œ œ Œ œ Œ œ Œ

gruppo 2 42 >œ œ >œ œ >œ œ >œ œ


UN DUE UN DUE UN DUE UN DUE
ca - ne gat - to ca - sa ma - re

b.
gruppo 1 43 œ Œ Œ œ Œ Œ œ Œ Œ œ Œ Œ

gruppo 2 43 >œ œ œ >œ œ œ >œ œ œ >œ œ œ


UN DUE TRE UN DUE TRE UN DUE TRE UN DUE TRE
an - ge - lo luc - cio - la te - ne - ro cuc - cio - lo

c.
gruppo 1
44 œ Œ Ó œ Œ Ó œ Œ Ó œ Œ Ó

gruppo 2
44 >œ œ œ œ >œ œ œ œ >œ œ œ œ >œ œ œ œ
UN DUE TRE QUATTRO UN DUE TRE QUATTRO UN DUE TRE QUATTRO UN DUE TRE QUATTRO
cam - mi - na - re al - beg - gia - re ro - vi - na - re di - mo - stra - re

d.
68 œ Œ œ Œ œ Œ œ Œ
gruppo 1
J J J J
gruppo 2
68 >œ œ œ >œ œ œ >œ œ œ >œ œ œ
UN DUE TRE UN DUE TRE UN DUE TRE UN DUE TRE
pic - co - la bam - bo - la te - ne - ro cuc - cio - lo

œ Œ œ Œ œ Œ œ Œ
J J J J
>œ œ œ >œ œ œ >œ œ œ >œ œ œ
UN DUE TRE UN DUE TRE UN DUE TRE UN DUE TRE
se - to - la ri - gi - da mo - bi - le lu - ci - do

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Quando la classe avrà compreso il valore della semiminima rispetto alla frazione del
tempo segnata all’inizio di ogni esercizio, si potranno usare il triangolo o altri strumenti a
percussione per accentuare le note poste sui movimenti forti della battuta.

Esercizi di lettura
La multisensorialità si può applicare anche per insegnare a leggere le note con e senza
il loro nome, le chiavi e le figure ritmiche con le loro durate. Se in commercio non si
troverà del materiale utile, si potrà utilizzare un grande foglio con un largo pentagramma
sul quale incollare dei post-it di colori diversi per ogni nota, ricordando di assegnare il
colore rosso al Do e il nero al Fa (come anche oggi si usa per le corde dell’arpa del Do e
del Fa). Proponiamo di seguito un codice cromatico per le sette note:11

Rosso
Giallo
Azzurro
Fa Nero
Arancione
Verde
Indaco

Post-it degli stessi colori si potranno incollare sui corrispondenti tasti dello strumento
a tastiera (pianoforte, tastiera elettronica o clavietta) affinché l’alunno colleghi il posto
della nota sul pentagramma al suono della stessa nota sulla tastiera.
Infine, consiglio vivamente di scrivere sui post-it il nome delle note. Per i dislessici
abbinare il nome della nota alla nota stessa rappresenta una difficoltà che in moltissimi
casi perdura, per esempio, fino al diploma di strumento, anche se conseguito con la vo-
tazione massima. Ciononostante il dislessico deve imparare il nome delle note, sia pure
per cantare delle brevi melodie in un andamento molto moderato, quindi l’insegnante
deve sfruttare ogni occasione che gli si presenta per proporgli le note con i loro nomi,
affinché l’allievo, impiegando tutto il tempo che gli occorre, possa imparare ad abbinarli
alle note e a memorizzarli.
Nell’ambito della multisensorialità l’insegnante di musica, più degli altri insegnanti,
ha un vasto campo di scelte per rendere veramente interessanti, varie, efficaci e indimen-
ticabili le sue lezioni, che potranno comprendere anche canzoncine nella lingua straniera
studiata dalla classe. Le parole, in qualsiasi lingua vengano pronunciate, si imparano
molto più facilmente se vengono sillabate intonandole cantando.

11 Il Pentagramma colorato (Colour-staff gerito da Margaret Hubicki è stato da me Questi gli abbinamenti suggeriti nel volu-
System of musical notation) è stato idea- modificato solo per il Do e per il Fa, per me T.R. MILES – J. WESTCOMBE, Musica e
to dall’inglese Margaret Hubicki (1915- cui ho scelto di utilizzare i colori delle cor- dislessia. Aprire nuove porte, cit., p. 115:
2006), compositore, pianista e docente di de dell’arpa. DO = DOdo; RE = REnna; MI = Millepie-
armonia, per aiutare le persone dislessiche In caso di daltonismo, è possibile sosti- di; FA = FArfalla; SOL = SOle; LA = LAma;
a leggere e a scrivere la musica e si inse- tuire i nomi delle note e i relativi colori SI = SIrena. Ai post-it con il nome delle
risce nel quadro di una didattica multi- con dei simboli. I simboli corrisponde- note si sostituiranno post-it con il disegno
sensoriale. L’abbinamento cromatico sug- ranno a sette soggetti familiari all’allievo. dei soggetti scelti.

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DSA e musica

7 Il ritmo

P er i dislessici il ritmo costituisce quasi sempre un problema per le ragioni esposte


nei paragrafi precedenti. Le ricordiamo in sintesi. Nel dislessico possono essere
presenti da soli, o combinati in vari modi, problemi visivi, problemi uditivi, disprassia
(che si manifesta con mancanza di coordinamento fra gli arti), confusione fra destra/
sinistra e su/giù, e scarsa memoria a breve termine. Ciascuno di questi problemi, specie
all’inizio dello studio della musica, influisce negativamente sulle capacità di concepire e
di eseguire una figurazione ritmica fluente.
Naturalmente le difficoltà ritmiche si riscontrano spesso anche nei ragazzi non disles-
sici e l’insegnante di musica avrà un bel da fare per ottenere dei miglioramenti dagli uni e
dagli altri. Fortunatamente la via da seguire è la stessa: gli esercizi progettati e attuati per
i dislessici saranno ideali anche per i non dislessici e costituiranno un ottimo allenamento
anche per gli alunni che hanno buone capacità ritmiche innate.
Nel paragrafo precedente, ho illustrato alcuni esercizi ritmici da fare con tutto il cor-
po poiché il ritmo deve essere interiorizzato fisicamente. Questi esercizi ritmici fin dall’i-
nizio dovranno essere strettamente connessi al tempo, scritto sulla lavagna a caratteri
grandi, cominciando gradualmente con il tempo 2/4 e con 2 semiminime per ogni battu-
ta, come si vede nell’esempio a. Questo tempo binario, che è il primo a essere usato per
la sua chiarezza, la sua semplicità e per la correlazione con il ritmo di alcune importanti
funzioni vitali del nostro corpo come la respirazione, il battito cardiaco e la deambulazio-
ne, potrà essere utile per fare esercizi diversi: battere le mani, marciare, fare movimenti
con le braccia, cantare note che abbiano il valore della semiminima. In ciascun caso
l’accentuazione si potrà spostare dal I al II tempo della battuta utilizzando un accento
dinamico (si veda l’esempio b).

42 >œ >œ >œ >œ


a.
œ œ œ œ

42 œ >œ >œ >œ >œ


b.
œ œ œ

Naturalmente il valore di durata di ciascuna figura ritmica deve essere spiegato con
grande chiarezza diverse volte poiché tutti i ragazzi, e i dislessici in particolare, di solito
tendono a dissociare la raffigurazione grafica della nota dalla sua durata.
Alla semiminima si potrà aggiungere abbastanza presto la figura della minima. Per
aiutare tutti i ragazzi, e in particolare i dislessici, a comprendere il rapporto di durata
fra i due valori, si potrà proporre il seguente esercizio a due parti nel quale la differenza
di durata delle due note risulta molto evidente. I due alunni, o i due gruppi, potranno
scambiarsi le parti.

gruppo 1 42 ˙ ˙ œ œ œ œ

gruppo 2 42 œ œ œ œ ˙ ˙

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Utilizzando sempre lo stesso criterio, si aggiungeranno gli altri valori di durata, com-
preso il punto di valore, e infine le pause, molto utili anche per introdurre il contrat-
tempo.

43 ˙ .
a.
gruppo 1 ˙. œ œ œ œ œ œ
gruppo 2 43 œ œ œ œ œ œ ˙. ˙.

b.
gruppo 1
44 w w ˙ ˙ ˙ ˙
gruppo 2
44 ˙ ˙ ˙ ˙ w w

c.
gruppo 1
44 w w œ œ œ œ œ œ œ œ
gruppo 2
44 œ œ œ œ œ œ œ œ w w

44 ˙
d.
gruppo 1 ˙ ˙ ˙ œ œ œ œ œ œ œ œ
gruppo 2
44 œ œ œ œ œ œ œ œ ˙ ˙ ˙ ˙
e. pausa della semiminima

gruppo 1
44 w w Œ œ Œ œ Œ œ Œ œ
gruppo 2
44 Œ œ Œ œ Œ œ Œ œ w w

43 ˙ .
f.
gruppo 1 ˙. Œ œ œ Œ œ œ
gruppo 2 43 Œ œ œ Œ œ œ ˙. ˙.

20
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DSA e musica

g.
24 la˙croma e la pausa di croma˙ œ œ œ œ ‰ œ
gruppo 1
J
gruppo 2 42 œ œ œ œ ‰ œ
J
˙ ˙

43 ˙ .
h.
˙. œ œ œ œ œ œ ‰ œ ‰ œ
gruppo 1
J J
gruppo 2 43 œ œ œ œ œ œ ‰ Jœ ‰ Jœ ˙ . ˙.

43 ˙
i.
œ ˙ œ ‰ œ ‰ œ œ ‰ œ ‰ œ œ
gruppo 1
J J J J
gruppo 2 43 ‰ œJ ‰ œJ œ ‰ œ ‰ œ œ
J J
˙ œ ˙ œ

l.
gruppo 1
44 ˙ œ œ ˙ œ œ œ œœœ œœ œ œœœ œœ
gruppo 2
44 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ ˙ œ œ ˙ œ œ

m.
gruppo 1
44 ‰ œ œ œ ‰ œ œ œ ‰ œ œ œ ‰ œ œ œ œ œ ˙ œ œ ˙
gruppo 2
44 œ œ ˙ œ œ ˙ ‰œœœ‰œœœ ‰œœœ‰œœœ

n. sincope

gruppo 1 42 œJ œ œ
J
œ œ
J
œ
J
œ œ œ œ
gruppo 2 42 œ œ œ œ œ œ
J
œ
J
œ œ
J
œ
J

43 ‰ Jœ ‰ œJ ‰ œJ ‰ œJ ‰ œJ ‰ Jœ œ œ œ
o. contrattempo
gruppo 1 œ œ œ
gruppo 2 43 œ œ œ œ œ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ
J J J J J J

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Dopo che l’intera classe, compresi i dislessici, avrà acquisito una certa sicurezza nel
riconoscere le figure di durata della musica, l’insegnante spiegherà qual è la differen-
za fra pulsazione ritmica, che è il ritmo regolare soggiacente a un brano musicale, e
figurazione ritmica, che è l’insieme delle figure di durata corrispondenti al valore di
ciascuna pulsazione. In altri termini, per esempio, nel tempo 2/4 le pulsazioni regolari
sono 2, mentre a ciascuna di esse può corrispondere sia una semiminima, sia due cro-
me, sia quattro semicrome, o una figurazione mista. Una volta che questo concetto sarà
chiaro, l’alunno potrà anche usare il metronomo per scandire la pulsazione di base di
un brano, mentre con il battitto delle mani o con il ta-ta della voce (o con entrambi)
eseguirà la figurazione ritmica preparata dall’insegnante oppure proposta dal libro di
testo. Nell’esempio, sotto la figurazione ritmica del brano Alouette, è tracciata la pul-
sazione ritmica.

Alouette
j
figurazione
ritmica & b 42 œ . œ œ œ œ œ œ œ œ œ
pulsazione
ritmica 42 œ œ œ œ œ œ œ œ

j
& b œ. œ œ œ œ œ œ œ œ Œ

œ œ œ œ œ œ œ œ

&b œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ
œ œ
œ œ œ œ œ œ œ œ

&b œ œ œ œ œ œ ˙ ˙
œ œ œ œ œ œ
œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

Sulla base degli esempi proposti in questo paragrafo e utilizzando gli stessi criteri,
l’insegnante potrà elaborare altri esempi che tengano conto della realtà e dei progressi di
ciascuna classe.

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DSA e musica

8 Leggere la pagina
di musica
N el mondo occidentale l’apprendimento della musica, specie nelle istituzioni pre-
poste all’insegnamento professionale, è stato sempre saldamente connesso all’ap-
prendimento del nome delle sette note e del loro posto sul pentagramma in chiave di
violino. Successivamente si passava alla chiave di basso, di solito per affrontare lo studio
del pianoforte che è sempre stato lo strumento più ambito e più conosciuto, forse perché
era presente in moltissime case.
Numerosi erano (e lo sono ancora) gli eserciziari dei primi libri di solfeggio con le
note sparse sui pentagrammi in attesa che l’allievo scrivesse diligentemente il nome sotto
ciascuna di esse. Quale insegnante avrebbe mai accettato, e ancora oggi accetterebbe,
che un alunno non sapesse rispondere alla domanda “Che nota è questa?”, neanche
dopo molti mesi di studio? O peggio, che non sapesse rispondere pur leggendo la mu-
sica a modo suo e suonando bene uno strumento? Ebbene, ai dislessici succede proprio
questo.

Come avvicinare un dislessico alla musica, aggirando la barriera della lettura?


Cominciamo col dire che i consigli che seguono sono validi per il dislessico princi-
piante di qualunque età. Per le ragioni esposte nei paragrafi precedenti, è importante
disporre:
1. della diagnosi di dislessia eseguita da un centro accreditato;
2. della diagnosi di un oculista;
3. della diagnosi di un ortottista e di un optometrista;
4. della diagnosi di un otorinolaringoiatra.
Una volta che l’insegnante, attraverso le diagnosi, sarà a conoscenza dei punti deboli
e dei punti di forza del proprio alunno, potrà formulare un piano didattico che compren-
derà ampi spazi per verifiche e valutazioni dell’efficacia della propria didattica su quel
particolare alunno. Naturalmente il piano didattico non sarà uno strumento statico, ma
potrà e dovrà subire cambiamenti migliorativi tutte le volte che sarà necessario.
È molto importante che l’insegnante adegui la propria didattica alle esigenze dell’a-
lunno, altrimenti la sua azione è destinata a fallire.
L’approccio alla musica del dislessico deve avvenire per imitazione, senza nessuno
spartito, senza nominare le note, né i valori di durata, e tanto meno elementi come il
tempo, la tonalità, le alterazioni, il punto di valore e così via.
L’insegnante, con lo stesso strumento musicale che usa l’alunno, suonerà brevi me-
lodie, o frammenti di melodie, in Do maggiore (per evitare alterazioni) e l’alunno le
ripeterà. Questo tipo di attività potrebbe durare diversi mesi, ma l’insegnante potrà co-
gliere in questo modo ottimi risultati e l’autostima dell’alunno – e di conseguenza la sua
motivazione – crescerà molto.
Bisogna tenere presente che quando l’alunno, spesso spontaneamente, comincerà a
leggere da solo la pagina di musica, non leggerà le note, ma un disegno formato da pal-
line che lui, una alla volta, in base alla posizione che occupano sul pentagramma, abbina
a un suono, a un dito, a un tasto, a una corda o a un foro dello strumento a fiato che
suona. Questa modalità di lettura della musica (che i miei allievi dislessici nel corso degli
ultimi dieci anni mi hanno più volte descritto) trova conferma nel fatto che il dislessico
legge indifferentemente, come disegni, le note in chiave di basso del pianoforte o del
fagotto, le note in chiave di contralto della viola, le note trasportate del clarinetto, e così
via. Se le chiavi da leggere contemporaneamente sono due, come accade per il pianofor-

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te, l’alunno dislessico inizialmente incontra qualche difficoltà poiché la posizione delle
note scritte sul pentagramma in chiave di violino è diversa da quella in chiave di basso.
Di conseguenza l’alunno dovrà trasferire contemporaneamente sulla tastiera delle note
che sui rispettivi pentagrammi occupano posizioni differenti. Comunque, salvo eccezioni
rarissime, questo problema viene superato in tempi relativamente brevi. E questo a chi
non è dislessico sembra davvero stupefacente!12
Nel percorso, spesso lungo e faticoso, che porta all’autonomia nella lettura dello spar-
tito, il dislessico potrà trovarsi in difficoltà – o meglio, in genere si trova in difficoltà – per
la presenza di altri segni che accompagnano le note. Questi sono:
• la legatura di valore, in particolare la legatura di valore a cavallo di battuta;
• le pause del quarto, del mezzo e dell’intero;
• il segno di ritornello con il da capo e la 2a volta;
• le linee di raggruppamento delle note;
• le alterazioni.

La legatura di valore
Ho notato spesso che durante i primi 2 o 3 anni di apprendimento della musica, per la
grande maggioranza dei dislessici è quasi impossibile l’esecuzione corretta della legatura
di valore durante la lettura del solfeggio, in particolare del solfeggio parlato. Ho affron-
tato questo problema in modo approfondito durante una lezione del Master annuale
Didattica, Neuroscienze e Musica che si è tenuto al Conservatorio di Milano mentre pre-
paravo questo testo. La maggior parte delle mie ore di lezione si è svolta nella classe di
solfeggio con i miei allievi, affinché i corsisti potessero verificare “sul campo” quali sono
le difficoltà dei dislessici e come tento di risolverle caso per caso e a seconda del tipo di
dislessia di ciascun allievo.
Quando i dislessici, durante la lezione di solfeggio, arrivati alle legature di valore
le hanno saltate (come ormai ho deciso che debbano fare per un certo periodo) o, se
costretti a farle, le hanno sbagliate, hanno spiegato loro stessi ai corsisti le ragioni delle
difficoltà. Le riassumo di seguito.
1. I dislessici non riescono a guardare in avanti con una velocità che permetta loro di
individuare con esattezza le note poste immediatamente oltre quella legata. Han-
no la sensazione che alla fine della curva, dopo la nota legata, ci sia un “baratro”.
2. Le cose si complicano ulteriormente se fra le due note legate c’è la stanghetta di
battuta, che di per sé crea anch’essa qualche problema di lettura. Alla maggior
parte dei dislessici la stanghetta dà la sensazione di uno sbarramento che blocca la
continuità del suono, in contrasto con la curva della legatura che, viceversa, pro-
lunga il suono. È facile immaginare il senso di smarrimento dell’alunno dislessico,
specie del principiante, quando si trova a leggere passaggi di questo tipo, che nella
musica abbondano.
3. Nella lettura parlata (eseguita, come abbiamo visto, con il ta-ta) la legatura impedi-
sce al dislessico di mantenere la continuità ritmica poiché, in luogo della nota lega-
ta che non si pronuncia, si crea un “vuoto” che disorienta e blocca completamente
l’alunno, specie se si tratta della prima nota della battuta o del movimento.

12 È ovvio che per il dislessico è impossi- anni – profitto ottimo, prossima al diploma cominciato a fermarmi ogni tanto su una
bile affrontare il setticlavio come general- di Conservatorio, esame di maturità supe- nota, e dopo un po’ che ci penso, riesco a
mente eseguito nei Conservatori. Proprio rato con votazione 80/100 – questa do- ricordarne il nome…».
durante la stesura di questo testo, ho po- manda: «Hai cominciato a leggere le note
sto a una mia allieva dislessica severa di 20 con il loro nome?». Lei ha risposto: «Ho

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DSA e musica

A questo punto alcuni corsisti sono intervenuti per chiedere se uno studio insistente
del solo passaggio con la legatura, isolato dal resto del solfeggio, potesse dare dei buoni
risultati. I dislessici hanno dichiarato che con molte ripetizioni avrebbero superato quel
passaggio, ma hanno osservato che se la legatura di valore si fosse ripresentata in modo
diverso, cioè fra note di altezza e valore diversi, anche nello stesso solfeggio, avrebbero
dovuto studiare il nuovo passaggio come se affrontassero la legatura di valore per la pri-
ma volta!
È stupefacente notare che per i dislessici la lettura della legatura di valore è molto
meno difficoltosa quando suonano lo strumento. Richiesto loro di spiegare perché ciò
accadesse, hanno risposto che l’esecuzione delle note legate, dopo qualche ripetizione,
è facilitata di molto dal suono e dalla diteggiatura. Questi due elementi sono due punti
di riferimento di importanza fondamentale, in special modo la diteggiatura, poiché dà
sicurezza alla mano e quindi crea la continuità dell’esecuzione della frase musicale.
Qui, ancora una volta, entra in gioco la multisensorialità che, come abbiamo già osser-
vato, al dislessico (ma anche al non dislessico) facilita di molto l’apprendimento. Infatti,
in luogo della sola recitazione del solfeggio con la voce e con i movimenti rituali della
mano e del piede, c’è l’impiego molto consistente e impegnativo di alcuni dei cinque
sensi e di alcuni organi interni di senso, come li abbiamo già presentati nel paragrafo 6,
che si aggiungono anch’essi alla vista. Li ricordiamo brevemente:
1. il tatto, poiché l’alunno tocca i tasti dello strumento utilizzando con attenzione la
diteggiatura;
2. l’udito, poiché ne percepisce il suono in modo attivo, cioè deve valutarlo, control-
larlo ed eventualmente correggerlo;
3. i propriocettori, che oltre a controllare e correggere i movimenti delle articola-
zioni, dei muscoli e dei tendini che producono il suono, danno la percezione del
proprio corpo in relazione allo spazio circostante;
4. l’apparato cinestetico che memorizza i movimenti complessi richiesti per suonare;
5. le casse di risonanza interne al corpo che percepiscono profondamente le vibrazio-
ni dello strumento.
E, infine, c’è sempre un’ampia gamma di emozioni che inevitabilmente invade la
mente e l’animo di chi suona, moltiplicando la ricettività e la reattività di tutti i sensi.
Per un certo periodo, allo scopo di facilitare la lettura dello spartito, la legatura di
valore si potrà cancellare con il bianchetto utilizzando una copia dell’esercizio: l’origi-
nale non dovrà essere messo da parte e dovrà rimanere integro per poterlo confrontare
e riproporre. In tal modo l’alunno leggerà il passaggio come se la legatura non esistesse,
ma l’insegnante con allegria, come per gioco, eseguirà più volte il passaggio in modo
corretto. Il dislessico raccoglierà certamente la sfida e sarà felice di riuscire a imitare
l’insegnante appena possibile.
Se la legatura è a cavallo di battuta, si cancellerà la stanghetta ricopiando il passaggio
su un foglio pentagrammato, si prolungherà la nota con i valori adeguati, ed eventual-
mente con i colori, per dare lÕimmagine visiva della continuitˆ del suono, come mostra
l’esempio seguente.

Da così & 42 œ œ œ œ œœœ œœœ ˙ œ œ

œ œ œ. œ
a così & 42 œ ˙ œ œ

˙.

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Le pause del quarto, del mezzo e dell’intero
Nella lettura dello spartito la pausa del quarto è riconoscibile con facilità, ma non è
altrettanto facile da disegnare. Certamente ogni insegnante troverà la strada migliore per
preparare tutti i propri alunni a tracciare questo segno. Infatti, anche i non dislessici di
fronte alla pausa del quarto sono quasi sempre in difficoltà.
Io suggerisco di disegnarla con un angolino < al quale è sovrapposta una C, come si
vede nell’esempio.

&

Le pause del mezzo e dell’intero sono identiche; tanto il dislessico quanto i non di-
slessici le confondono facilmente, specie nei primi tempi. Suggerisco di usare i colori per
distinguerle fino a quando gli alunni non avranno familiarizzato con le loro posizioni sul
pentagramma, così come mostra l’esempio.

& Ó ∑ verde delle foglie dell’albero


marrone del fusto dell’albero
pausa del mezzo pausa dellÕintero

Il segno di ritornello
Per il dislessico il segno di ritornello, con la doppia stanghetta e i due punti, è un vero
problema: come la stanghetta di battuta, anche il segno di ritornello dà al dislessico la
sensazione che la continuità della musica subisca una brusca interruzione. Inoltre è quasi
sempre impossibile che lui riesca a individuare il da capo con la necessaria prontezza e
che si ricordi quando passare alla 2a volta. Con questo segno e con le sue complicazioni,
la strada migliore è quella di fotocopiare e incollare di seguito la parte del brano da ri-
petere, così come deve essere eseguito. Si eviteranno in tal modo sia una notevole perdita
di tempo, sia il senso di smarrimento e di disagio che colgono il dislessico ogni volta che,
trovandosi davanti a un imprevisto, commette un errore.

Le linee di raggruppamento
A volte le linee di raggruppamento si sovrappongono alle linee del pentagramma e
l’alunno non le distingue, altre volte corrono parallele sopra o sotto di esso dando l’im-
pressione di trovarsi dinanzi a un esagramma. Anche in questo caso l’insegnante di mu-
sica sarà certamente in grado di risolvere nel modo migliore questo non grave problema,
per il quale propongo qualche soluzione, che potete vedere sotto.

& 43 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ
impressione di esagramma soluzione

œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ
& 43 œ
coincidenza col pentagramma soluzione

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DSA e musica

Le alterazioni
Molti dislessici si trovano in difficoltà quando devono suonare le note alterate. Que-
sto può dipendere da due ragioni non sempre connesse fra loro:
1. l’occhio “salta” l’alterazione per andare direttamente alla nota da eseguire;
2. l’alterazione crea un blocco: per l’alunno è difficile “trasferire” sul suo strumento
una nota alterata, poiché è abituato a trasferire sullo strumento quella non alterata.
Alcune note alterate creano maggiori difficoltà rispetto ad altre, ma al riguardo non ci
sono riferimenti precisi: tutto dipende dall’alunno e dallo strumento che suona. Lo po-
tremo aiutare ricalcando in rosso le alterazioni su una fotocopia ingrandita dello spartito
e trascrivendo le note “difficili” nel loro equivalente enarmonico. Entrambi gli aiuti sono
esemplificati negli esempi seguenti.
Tuttavia bisogna ricordare che le difficoltà con le alterazioni in alcuni casi durano per
molti anni.13

& 43 # œ œ œ
b n alterazioni ripassate in rosso


& 43 b œ # œ #œ œ #œ
equivalenti enarmonici

9 Cantare

N el periodo che va dagli 11 ai 13 anni i preadolescenti cambiano la voce; nei maschi


i problemi legati alla muta della voce sono molto più evidenti che nelle ragazze.
Questo è dunque un momento critico poiché gli alunni, quando intonano una qualsiasi
melodia, perdono spesso il controllo delle corde vocali ed emettono dei suoni stonati o
sgradevoli, come se le corde vocali si rifiutassero di obbedire agli input del cervello e
viaggiassero in libertà per la loro strada. Fino a quando la muta della voce non sarà com-
pletata, è necessario spiegare agli alunni che devono evitare di urlare, anche quando par-
lano, poiché le corde vocali sono in una fase di crescita durante la quale bisogna evitare
ogni trauma: è molto alto il rischio di formazione di noduli che per risolversi richiedono
molte attenzioni e tempi di cura decisamente lunghi.
Gli alunni dislessici, specie se soggetti a disturbi uditivi, hanno più degli altri difficoltà
di intonazione e tendono a cantare su una sola nota, in genere non corrispondente ad
alcun suono reale: il loro canto è una specie di ronzio monotono dal quale, almeno all’i-
nizio, trovano difficile allontanarsi.

13 Lo scorso anno, d’accordo con l’inse- che ho seguito per due anni, cambiando la clemente con nessuno, tanto meno con
gnante di fagotto, ho riscritto con l’appo- alcune alterazioni che gli creavano delle i dislessici! Ora il “mio” fagottista suona
sito programma di editing musicale tutti i difficoltà. Voto del diploma: 8. Si tratta di in un’importante orchestra sinfonica ame-
brani del diploma di un allievo fagottista un 8 del Conservatorio di Milano, per nul- ricana.

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In casi del genere, che ho incontrato con una certa frequenza e che comunque ho
spesso risolto, è stato veramente provvidenziale un esercizio abbastanza semplice, nel
quale è entrata in gioco la multisensorialità.
1. Su un foglio di carta formato A4 ho tracciato una scala ascendente. Su ogni scalino
ho scritto il nome di una nota che gli alunni dovevano gradualmente abituarsi a
pronunciare e a ricordare. All’inizio in luogo della nota ho usato la vocale “a”.
2. Il nome di ciascuna nota aveva un colore diverso dalle altre (mantenendo sempre
i colori descritti nel paragrafo 6).
3. Utilizzando dei post-it degli stessi colori sui tasti corrispondenti della tastiera elet-
tronica o del pianoforte, gli alunni imparavano a intonare i suoni, mentre portava-
no la mano dall’altezza dello stomaco all’altezza della testa, molto spesso aiutati da
me. Il movimento della mano verso l’alto dava loro la sensazione che anche la voce
dovesse salire.
4. Su un altro foglio ho disegnato la scala discendente utilizzando lo stesso criterio.
Cantando, gli alunni abbassavano gradualmente la mano e avevano la percezione
esatta che anche la voce dovesse scendere. Questo esercizio si è rivelato estrema-
mente utile per chiarire sia il concetto di “su e giù”, sia il concetto di “alto/acuto e
basso/grave”.
Alle pagine seguenti sono proposte la scala ascendente e quella discendente in cui le
sette note si distinguono, oltre che per la posizione, anche per il codice cromatico.

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DSA e musica

Do

Si

La

Sol

Fa

Mi

Re

Do

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Do
Re
Mi
Fa
Sol
La
Si
Do

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DSA e musica

10 Suonare
uno strumento
P rima ancora di entrare nella scuola media, l’alunno sa che suonerà uno strumento,
generalmente il flauto dolce. È possibile, tuttavia, che alcuni alunni arrivino già
forniti di uno strumento diverso, come la clavietta (che può avere un numero di tasti
molto variabile e quindi può comprendere da 2 a diverse ottave) o la chitarra, che hanno
studiato alla scuola primaria con esiti e modalità differenti.
Fra i nuovi alunni, forniti di strumento musicale, sarà interessante individuare quali
siano le competenze di ciascuno nella lettura della pagina di musica. Sarà quindi op-
portuno dedicare qualche ora ad ascoltare ogni singolo alunno lasciando che si esprima
in assoluta libertà. Certamente ce ne saranno alcuni che suonano a memoria, altri che
leggono lo spartito, altri ancora che suonano pasticciando frammenti di ciò che ricorda-
no. Attraverso questa prima indagine, l’insegnante realizzerà una conoscenza certamen-
te non approfondita, ma indispensabile, degli alunni che suonano, e di come suonano.
Questo è un punto di partenza necessario per pianificare un’attività comune a tutti, ma
che tenga conto del livello di competenza di ciascuno, allo scopo di seguire ogni alunno
in modo personalizzato e di aiutarlo a sviluppare nel migliore dei modi la propria musi-
calità innata.
Non mancheranno certamente gli alunni che non possiedono uno strumento musicale
e che non hanno mai suonato. A questi ultimi l’insegnante potrà proporre uno strumen-
to, senza, tuttavia, imporre la propria scelta per non sacrificare l’estro e la fantasia di chi
affronta per la prima volta l’esperienza pratica del far musica.
In questa prima fase della conoscenza della classe, l’insegnante potrebbe trovarsi di
fronte a uno o più alunni con diagnosi di dislessia, così come, dopo alcune lezioni, po-
trebbe accorgersi che un alunno è dislessico e che è privo di diagnosi, di solito perché
le sue difficoltà sono state attribuite, purtroppo, a scarso impegno e disinteresse per lo
studio. Per l’insegnante un caso del genere può rappresentare un problema che si va ad
aggiungere alle incombenze già numerose.
Indubbiamente affrontare e amalgamare una classe nuova formata da alunni diversi
per competenze e per provenienza è una vera e propria impresa che richiede grande
energia, molto amore e tanta pazienza. In questo contesto, e soprattutto se nella classe ci
sono alunni dislessici, non sarà facile verificare se lo strumento che gli alunni suonano,
o lo strumento che l’insegnante ha in animo di proporre a chi non ha mai suonato, sia
quello giusto. Ma quando uno strumento è “giusto”?
Studiare la musica rappresenta un impegno, anche nell’ambito non professionale del-
la scuola media. Quest’impegno diventerà più facilmente un piacere quotidiano se l’alun-
no avrà la possibilità di scegliersi lo strumento che vuole suonare. Questo discorso vale
soprattutto per l’alunno dislessico il quale, anche se molto dotato musicalmente, all’ini-
zio dovrà superare non poche difficoltà. Ovviamente per un dislessico lo strumento più
semplice da suonare è il flauto dolce poiché il suo repertorio si legge sempre su un solo
pentagramma in chiave di violino;14 inoltre non richiede l’esecuzione di bicordi o accordi
e, infine, ha un numero di note certamente più limitato della chitarra o di una clavietta
con più ottave complete. Il flauto dolce è anche lo strumento più diffuso, e il dislessico,
che per i suoi numerosi problemi preferisce passare il più possibile inosservato, accetterà
di buon grado questo strumento piccolo e maneggevole.

14 La chiave di violino serve al dislessico anche per imparare a leggere, senza fretta, le note con il loro nome attraverso facili melodie
e solfeggi cantati.

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Nelle scuole medie a indirizzo musicale, la scelta dello strumento è più complessa
poiché si tratta di studiare strumenti come il pianoforte, il violino, la chitarra, il flauto
traverso, il clarinetto e la tromba.
Ognuno di questi strumenti ha le sue difficoltà, che se l’alunno è dislessico aumenta-
no, almeno all’inizio. Ne accenno brevemente.

Il pianoforte è lo strumento più conosciuto e più ambito, ha i suoni già pronti, corri-
spondenti ai tasti: non occorre cercare il suono come con gli strumenti ad arco. Il tasto è
lì, pronto da suonare. Ma allora quali sono le difficoltà da superare?
Dal punto di vista motorio, il pianoforte richiede un’assoluta indipendenza delle
mani, e in un secondo tempo anche l’indipendenza fra le mani e i piedi che devono usa-
re i pedali. Questo è un vero problema, specie per l’alunno disprassico, per il quale sono
problematiche anche attività meno sofisticate dello studio della tastiera.
Riguardo alla lettura della pagina di musica, quella per pianoforte è scritta su due
pentagrammi, quasi sempre uno in chiave di violino, l’altro in chiave di basso. Per tutti
i principianti, e per il dislessico in particolare, si pone il problema della lettura contem-
poranea in due chiavi diverse. L’alunno non dislessico leggerà le note con il loro nome
nelle due chiavi e le suonerà sui corrispondenti tasti del pianoforte. L’alunno dislessico
leggerà il “disegno formato da palline” in ciascuna chiave e inizialmente farà un grande
sforzo per trasferire sulla tastiera le “palline” collocate diversamente sui pentagrammi di
due diverse chiavi.
In definitiva, oltre alle difficoltà motorie, le difficoltà di lettura da superare nella pa-
gina per pianoforte sono quattro:
1. portare il segno su due pentagrammi, specie per l’alunno dislessico, e in particola-
re per il dislessico con disturbi di binocularità;
2. leggere contemporaneamente due chiavi diverse, specie per il dislessico, il quale,
come è stato detto, suona collegando la collocazione della nota sul pentagram-
ma alla collocazione della nota sulla tastiera. Dovendo affrontare contemporanea-
mente due chiavi, dovrà tenere conto di due diverse collocazioni delle note su
ciascun pentagramma;
3. suonare la tastiera in orizzontale, tenendo presente che i suoni “alti” o acuti sono
collocati a destra e quelli “bassi” o gravi sono collocati a sinistra. Per il dislessico
che non ha chiari i concetti di alto e basso, destra e sinistra, le difficoltà inizial-
mente – e per un periodo di tempo che varia da dislessico a dislessico – saranno
davvero notevoli;
4. leggere verticalmente qualcosa che avviene orizzontalmente (leggere il rigo in
chiave di violino scritto “sopra” al rigo in chiave di basso, mentre le mani suonano
affiancate sullo stesso livello). Anche in tal caso questo particolare problema può
riguardare anche i non dislessici, ma per i dislessici è senz’altro più pressante, spe-
cie per chi ha disturbi di binocularità. È per questa ragione che è stato inventato il
Klavarskribo (si veda il paragrafo 3d. Disprassia), un sistema di scrittura inventato
contemporaneamente in Russia e in Olanda e tuttora usato in tutto il mondo. Nel
Klavarskribo il pentagramma è collocato in verticale con i righi correlati ai tasti
neri del pianoforte, senza le chiavi, con le note della mano destra scritte a destra, e
le note della mano sinistra scritte a sinistra. Nella pagina di musica i pentagrammi
si leggono dall’alto in basso come la pagina di un giornale.
Rarissimi sono i ragazzi/e, dislessici e non, che non raggiungono mai l’indipendenza e
la coordinazione delle mani. Penso che questo succeda soprattutto perché questi alunni
non sono seriamente motivati e interessati allo studio della musica, oppure perché hanno
cominciato a studiare con un insegnante che non li ha capiti. Negli anni scorsi ho avuto
un allievo, molto intelligente e musicale, ma talmente interessato alla sua attività sportiva,

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DSA e musica

nella quale eccelleva, che ha lasciato il Conservatorio. In questo caso, le lezioni di piano-
forte sono state un’esperienza faticosissima per entrambi.
Inizialmente e per diverso tempo non è opportuno che l’alunno dislessico studi da
solo poiché impiegherà molto più tempo del non dislessico a correggere i difetti che cer-
tamente prenderà. Insieme all’insegnante dovrà studiare tutto molto lentamente e a mani
separate, proprio per fissare nella memoria cinestetica (detta anche memoria muscolare)
i movimenti giusti.
Lo studio deve prevedere due fasi:
1. l’approccio al brano da imparare, dapprima suonato dall’insegnante che subito
dopo lo proporrà all’alunno diviso in piccoli frammenti;
2. le ripetizioni di ciascun frammento che imprimono nella memoria cinestetica i
movimenti necessari a raggiungere l’automatismo nell’esecuzione. Una volta che
l’alunno suonerà tutti i frammenti con una certa sicurezza, prima a mani separate e
poi a mani unite, potrà eseguire il brano lentamente dall’inizio alla fine.
Il violino e la chitarra si leggono in chiave di violino e non pongono problemi di lettu-
ra al di là di quelli già descritti. Viceversa, anche in questo caso è necessaria un’assoluta
indipendenza delle mani, poiché in entrambi gli strumenti, in particolare nel violino, la
sinistra si muove in orizzontale sul manico dello strumento, mentre la destra tira l’arco o
pizzica le corde in verticale. Per risolvere questo problema l’alunno inizialmente studierà
a mani separate. La destra sulle corde vuote.

La scelta di uno strumento a fiato, come nel caso del flauto dolce, porrà senz’altro
meno problemi del pianoforte o del violino. Con alcuni strumenti a fiato, per esempio
la tromba, bisogna curare l’intonazione delle note, che è strettamente connessa all’emis-
sione del fiato, che a sua volta è strettamente connessa al ritmo, quasi sempre carente nei
dislessici. È necessario che nella fase iniziale l’alunno non studi mai da solo, nemmeno
questi strumenti relativamente più semplici del pianoforte e degli strumenti ad arco.

E ora vorrei spendere due parole riguardo alla musica di insieme. Questa è un’atti-
vità che alcuni dislessici non riescono assolutamente ad affrontare, poiché la confusione
generata da tanti strumenti che suonano insieme, magari con inevitabili errori di ritmo
e di intonazione, li manda in grave confusione, specialmente se si tratta di dislessici con
l’udito imperfetto (si veda il paragrafo 3b. Problemi uditivi). Inoltre chi di loro soffre
del disturbo della binocularità (si veda il paragrafo 3a. Problemi visivi), oltre a difficoltà
nella lettura del proprio spartito, incontrerà diversi ostacoli nella messa a fuoco, dovendo
spostare lo sguardo dal direttore (in questo caso l’insegnante di musica) al proprio spar-
tito, mentre cerca di seguire il ritmo e di suonare le note giuste. A questo riguardo, c’è da
ricordare che per il dislessico le pause, specialmente se durano diverse battute, rappre-
sentano un grosso problema: contare i movimenti e le battute nel fragore dei compagni
che suonano è un’impresa quasi drammatica.
Un’ottima soluzione in alternativa all’orchestra potrebbero essere i duetti che il di-
slessico sarà felice di eseguire con l’insegnante o con un’altra persona adulta ed esperta
quanto l’insegnante. Il duetto con un compagno, che non sarebbe certamente in grado di
sostenere i momenti di emozione ai quali è soggetto il dislessico, specie quando suona in
pubblico, si risolverebbe in un grave insuccesso, che si ripercuoterebbe negativamente
sulla sua autostima, già messa sistematicamente a repentaglio per tante ragioni.

Concludo con un’affermazione che ritengo importante: nel campo della musica sono
pochissime le cose che un dislessico non può fare. In tutte le altre attività, i suoi progressi
e la sua riuscita dipenderanno dalla comprensione, dall’attenzione e dal tipo di didattica
che l’insegnante sarà in grado di offrirgli.

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11 Scrivere e inventare la musica...
anche con il computer
C ome il bambino impara a scrivere i suoni delle parole che pronuncia, così deve
imparare a scrivere i simboli che intona con la voce o che suona con lo strumento.
Bisogna però tenere presente che quando il bambino di 5/6 anni comincia a scrivere le
parole, ha già acquisito da tempo una grande familiarità con il linguaggio parlato, men-
tre gli alunni di prima media, dislessici e non dislessici, affrontano per la prima volta
un linguaggio nuovo e complesso come quello musicale e hanno bisogno di tempo per
comprenderlo e acquisirlo pienamente.
Con la musica, salvo rarissime eccezioni, l’alunno di prima media, dislessico o non
dislessico, non ha alcuna familiarità, quindi l’apprendimento della scrittura dei simbo-
li musicali avviene contestualmente all’apprendimento dell’intonazione delle note con
la voce o con lo strumento.
La capacità di scrivere in modo appropriato i simboli della notazione musicale con-
sente all’alunno di tracciare sul pentagramma una propria idea musicale, esattamente
come quando fa un tema. Ma per arrivare a scrivere un pensiero musicale compiuto
occorrono del tempo e un certo allenamento, sia che l’alunno scriva i simboli musicali
a mano, sia che li scriva con il computer usando un apposito programma.
L’apprendimento della scrittura musicale ovviamente riguarda anche gli alunni di-
slessici, per i quali scrivere i simboli della notazione musicale in genere è molto più
semplice che scrivere un tema o un’espressione algebrica.15 Con tutti gli alunni, e in
particolare con i dislessici, sarà opportuno evitare che imparino a scrivere la musica
attraverso un mero esercizio di copiatura. È molto meglio che l’insegnante chieda agli
alunni di scrivere le note che suona su uno strumento, individuandole fra un gruppo
di note che la classe conosce, poiché le avrà intonate in precedenza con il loro nome
leggendole sul libro di testo o sulla lavagna.
Le note da scrivere saranno inizialmente una alla volta (ripetuta più volte), poi a
gruppi di due, poi di tre e più, a giudizio dell’insegnante. Questo può diventare un
gioco che diverte gli alunni, anche se qualcuno di loro ogni tanto rimane deluso per
non essere riuscito a “indovinare” la nota giusta. In realtà, non si tratta di “indovinare”
una o più note, ma di “riconoscerne” il suono come si riconosce una persona che già
si conosce.16 Ripetere cantando i gruppi di note con il loro nome aiuta tutti gli alunni
a conoscere l’altezza reale di ciascuna nota. Inoltre costituisce un grande aiuto per i
dislessici, che attraverso le ripetizioni impareranno con molta gradualità il nome delle
note, anche se non saranno mai in grado di recitare un solfeggio parlato come quelli in
uso nei Conservatori.
In tutte le scuole di musica di ogni livello e in tutto il mondo è ampiamente ri-
conosciuta l’importanza dell’abbinamento suono/dettatura, in pratica quello che nei
Conservatori è chiamato il “dettato musicale”. Non c’è alcuna differenza fra il dettato
delle parole e il dettato musicale, cioè fra il dettato dei fonemi e la loro immediata
trascrizione attraverso i simboli alfabetici, e il dettato dei suoni e la loro immediata
trascrizione attraverso i simboli della notazione musicale. E come il dettato delle paro-
le diventa sempre più complesso, così nel dettato delle note si giungerà a dettare una

15 Nel corso della mia esperienza in Con- severa, persino quelli con i disturbi visivi dei ascoltare per necessità, riescono a ricono-
servatorio, ho avuto numerosi alunni con le quali ho parlato nelle pagine precedenti. scerli con maggiore facilità degli altri. Du-
forme più diverse di dislessia. Ebbene, al- rante questo esercizio è molto probabile
meno nove su dieci hanno imparato in bre- 16 Secondo la mia esperienza, dopo un che l’insegnante prenda atto con piacere di
vissimo tempo a scrivere la musica a mano allenamento costante, tutti riescono a ri- avere uno o più alunni con l’orecchio asso-
in modo perfetto, anche quelli con dislessia conoscere i suoni, e i dislessici, abituati ad luto, anche fra i dislessici.

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DSA e musica

frase musicale che potrà cominciare da un grado piuttosto che da un altro della scala,
si detteranno gli arpeggi, gli intervalli dopo averli classificati e tutti gli altri elementi
del discorso musicale, sempre rigorosamente analizzati. Solo attraverso questo lavoro
di dettatura e contestuale scrittura l’alunno imparerà a usare gli elementi musicali e a
costruire il proprio “tema” musicale, la sua composizione.
Se questo lungo e paziente lavoro sarà condotto con metodo e costanza, i risultati
nei tre anni di scuola media saranno sicuramente eccellenti, malgrado lo scarso tempo
a disposizione e il numero degli alunni, in genere molto elevato.
Se la scuola ha l’attrezzatura necessaria e se l’insegnante di musica conosce il soft-
ware di scrittura musicale, l’alunno può imparare a scrivere la musica con il computer.
I software di scrittura musicale hanno anche il vantaggio di far sentire il suono della
nota nel momento in cui l’alunno la scrive sul pentagramma, e in qualche caso hanno
anche dei ritmi incorporati.
L’alunno dislessico, che in genere usa il computer per studiare tutte le materie, im-
parerà con facilità a usare il software di scrittura musicale. Una volta che questo è in-
stallato sul suo computer, scrivere la musica, inventare melodie, “giocare” a indovinare
i suoni, esplorare le possibilità ritmiche potrà diventare un’attività divertente, attraver-
so cui conoscere sempre meglio gli elementi della musica. Compito dell’insegnante sarà
quello di pianificare con cura questo tipo di lezioni, in modo che la parte ludica non
prenda il sopravvento sull’apprendimento della musica in tutti i suoi aspetti.
L’esercizio di copiatura a mano delle note che ho sconsigliato nelle righe precedenti
può invece essere fatto con il computer. In questo caso comporta almeno due vantaggi,
specie se l’alunno copia una melodia che già conosce per averla cantata più volte:
1. il primo è quello di imparare a usare il software, il che richiede un allenamento;
2. il secondo è dato dalla possibilità di ascoltare le note mentre si scrive, imparan-
done sempre meglio il suono.
Nel caso in cui l’alunno copi una melodia che già conosce, il suono di ogni nota che
scrive sarà per lui una piacevole conferma delle sue competenze musicali.
Il computer, però, non può e non deve sostituire la buona abitudine di scrivere la
musica a mano ogni volta che è possibile o che è necessario.
Ricorderemo che per la gran parte dei dislessici la notazione musicale è paragona-
bile a un disegno costituito prevalentemente da “palline” – le note – che il dislessico
scrive molto più volentieri delle parole. Nel corso di tanti anni di insegnamento ai
dislessici, ho notato che il lavoro minuzioso di scrittura delle note, fatto con precisione
(con l’uso di pentagrammi ingranditi e di matite con micropunta e mina morbida 2B),
ha contribuito al miglioramento della scrittura dei grafemi e dei numeri.

12 L’ascolto guidato: perché “vedere”


oltre che “sentire” la musica
A scoltare la musica in classe ha lo scopo di far conoscere agli alunni diversi aspetti di
un’attività fortemente connessa all’esistenza e allo sviluppo dell’umanità attraverso
i secoli. Conoscere la musica significa prendere atto dei suoi tre aspetti fondamentali:
1. il suo formidabile impatto emotivo esercitato in tutti i tempi sull’animo umano;
2. l’enorme quantità di strumenti e di mezzi che l’uomo ha inventato e messo in cam-
po per dare voce ai propri sentimenti più intimi, così come ai sentimenti collettivi;
3. l’evoluzione nel tempo di questi strumenti e questi mezzi.

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L’ascolto, infine, ha lo scopo di formare il gusto dell’alunno e di educarne la sensi-
bilità musicale.
Per centrare tutti gli obiettivi appena elencati è essenziale che l’ascolto sia condotto
in modo da tenere desti l’interesse, la curiosità e la partecipazione di tutta la classe, con
uno sguardo particolare agli alunni dislessici. Affinché ciò si verifichi, nelle prossime
righe cercherò di dare qualche suggerimento di carattere generale e alcuni consigli speci-
fici riguardanti gli alunni dislessici.
La prima osservazione che mi viene spontanea quando penso di affontare l’ascolto con
dei bambini dagli 11 ai 14 anni, in particolare se si tratta di dislessici con tutte le loro diffi-
coltà, è che tutto ciò che l’essere umano ha fatto “volutamente” con la musica, l’ha fatto in
età adulta. Quindi noi adulti proponiamo (direi propiniamo) a dei bambini un’attività di
fatto lontana dalla loro età e quindi dalla loro esperienza e dalla loro sensibilità. Certamen-
te questo succede con tutte le materie scolastiche, ma con una differenza: le materie non
musicali sono basate sulla lingua italiana e sul linguaggio dei numeri, che il bambino della
scuola media conosce e padroneggia da tempo. Sia la lingua italiana sia il linguaggio dei
numeri sono familiari anche al dislessico della stessa età, malgrado tutte le sue difficoltà. Le
attività artistiche e pratiche, poi, sono basate sulla visualizzazione e sull’osservazione di di-
segni, quadri, architetture, colori, oppure sulla realizzazione di oggetti da parte dell’alunno.
Viceversa il linguaggio musicale è basato su una scrittura molto complessa, di difficile
e purtroppo tardiva acquisizione, e su un elemento immateriale come il suono, il quale è
prodotto da una quantità di strumenti che non sono assolutamente a portata di mano e...
di occhi. La maggior parte degli strumenti musicali rappresenta un mistero anche per lo
stesso studente del Conservatorio di musica, il quale conosce bene il proprio strumento,
forse ne conosce anche un altro, ma le sue competenze pratiche non vanno mai oltre, a
meno che non scelga di fare il compositore e quindi avrà l’esigenza di sapere come fun-
zionano tutti gli strumenti.
Nell’affrontare l’ora di musica nella scuola media, infine, bisogna tenere conto anche
del forte impatto sui ragazzi della musica di consumo, diffusa dai media con modalità
scientificamente studiate per renderla il più possibile seducente, appetibile e produtti-
va dal punto di vista musicale e commerciale. Basti pensare agli infiniti video-clip, alla
pubblicità fatta ai cantanti-divi con ogni mezzo, ai film e alle mode legate alla canzone
di consumo.

Credo che tutte queste considerazioni chiariscano a sufficienza quanto sia arduo il
compito dell’insegnante di musica che propone in classe un brano di musica classica, già
di per sé difficile da “digerire”, servendosi “solo” di un “misero” CD, suonato da musi-
cisti mai visti, a volte poco seducenti, almeno a giudicare dall’unica austera foto riportata
in copertina.
Se pensiamo al dislessico, dobbiamo aggiungere altri problemi:
1. egli non sarà in grado di seguire il discorso musicale poiché si dimenticherà il mo-
tivo via via che il CD va avanti;
2. il “rumore” provocato dalla musica spesso diventa simile a un potente ronzio che
lo manda in tilt per i problemi uditivi dei quali ho più volte parlato in precedenza;
3. infine, egli non capisce perché, con tutti i problemi che ha, deve sobbarcarsi anche
la fatica di ascoltare una musica che non capisce e non ricorda (e magari non gli
piace) e perché deve individuare il suono e il nome di strumenti che non gli sono
familiari, non sa come funzionano e, nella migliore delle ipotesi, ha visto solo in
fotografia sul libro di musica.
Il quadro che ho appena dipinto mi sembra un quadro a tinte grige, decisamente
triste. Non dobbiamo poi lamentarci del fatto che la musica classica è accettata con dif-
ficoltà dagli adulti e invisa alla quasi totalità dei ragazzi.

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DSA e musica

A convalida di tutte le mie considerazioni, e in riferimento ai dislessici, mi sembra


utile riportare sinteticamente un esperimento condotto dal professor Ross E. Cooper,
come descritto da lui stesso.17
«Molti studiosi sostengono che una marcata preferenza per il pensiero visivo sia
un elemento intrinseco alla dislessia (West, 1991; Davies, 1998; Cooper, 2006a) e
che proprio al pensiero visivo, per la sua stessa natura, si possano ascrivere molti
punti di forza tipici della creatività dei dislessici così come molte tipiche “debo-
lezze” sequenziali. Adottando un approccio empirico, ho studiato la capacità di
problem solving sottoponendo a un campione alcuni problemi da risolvere e poi
chiedendo loro in che modo avevano tentato di farlo, se attraverso l’approccio
visivo (veloce: si presta alla visione di insieme e all’immaginazione, alla compren-
sione globale) o attraverso l’approccio verbale (più lento: si applica all’analisi e
all’elaborazione di sequenze). Il risultato è stato che tra coloro identificati come
dislessici la preferenza per il pensiero visivo si manifestava con grado estremo, in
un numero di casi sette volte maggiore rispetto al campione non dislessico (Coo-
per, 2006a).»
A questo punto, però, può arrivare in soccorso dell’insegnante di musica il DVD, il
magico DVD, contenente concerti, film o cartoni animati.
Il DVD (come i numerosissimi video di YouTube da sfruttare in ogni momento pre-
parandoli adeguatamente) fa “vedere la musica”, da quella più antica a quella dei giorni
nostri. Si può vedere e sentire il solista, il duo, il piccolo gruppo da camera, la grande
orchestra sinfonica, il cantante, l’opera, il balletto, il coro di voci bianche di celebri cat-
tedrali e teatri d’opera.
La visualizzazione della musica è uno strumento didattico facilitatore per tutti gli
alunni. Riguardo ai problemi del dislessico, la visualizzazione dei movimenti dello
strumentista lo aiuta a ricordare il motivo attraverso la propria memoria cinestetica. È
come se lui, facendo gli stessi movimenti dello strumentista, ripercorresse la melodia
che sta ascoltando. Inoltre, guardare lo strumentista mentre suona gli fa sopportare
meglio il “rumore” della musica poiché riesce a “seguirlo” via via che questo rumore
si produce. Infine, vedere gli strumenti crea in lui quella familiarità con il singolo
strumento e con i vari ensemble che per il dislessico è assolutamente vitale. Se il DVD
mostra un solista che suona lo stesso strumento del dislessico, lo scopo dell’ascolto rag-
giunge il massimo grado: sappiamo che il dislessico comincia a studiare uno strumento
per imitazione e un DVD in cui si suona il suo strumento, da ascoltare e riascoltare, è
proprio quello che ci vuole.
Attraverso il DVD è possibile affezionarsi a strumentisti, cantanti, ballerini e direttori
d’orchestra come se fossero i divi della canzone di consumo.
In molti DVD, poi, viene riprodotta l’ambientazione del momento storico al quale
appartiene la musica che si ascolta. Ciò crea la giusta atmosfera e rappresenta un valido
aiuto anche per l’insegnante di storia o di italiano.
Per concludere, “vedere” la musica che si ascolta è una pratica virtuosa che potrà solo
far bene agli alunni, che siano o no dislessici, migliorandone di molto il profitto e l’inte-
resse per la materia e renderà certamente più facile, gradevole e soddisfacente la vita e
l’attività dell’insegnante.

17 L’esperimento condotto dal professor London South Bank University, UK, è DONI, G. GUARALDI, G. STELLA, Edizioni
Ross E. Cooper, scienziato dislessico, pres- descritto nel volume Dislessia nei giovani Erickson, Trento 2011, pp. 117-118.
so la Faculty of Arts and Human Sciences, adulti, a cura di E. GENOVESE, E. GHI-

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13 La storia
della musica
S ullo sfondo di una scena grandiosa, dove scorre la storia dei popoli con tutte le sue
date e i suoi avvenimenti, c’è una storia forse più importante. È la madre di tutte le
storie, è la storia delle grandi passioni umane che hanno determinato, spesso in un’aura
di tragedia, il cammino dell’uomo: la brama di conquista di territori e il desiderio di
dominio degli uomini sugli uomini, il dolore bruciante degli sconfitti con il conseguente
desiderio di vendetta, l’odio contro l’oppressore e le azioni sanguinose di rivolta degli
oppressi, la discriminazione dei diversi e le azioni di sterminio crudele messe in atto per
annientarli, fino a compiere veri e propri genocidi. Soprusi e orrori, poi, sono stati giusti-
ficati da sovrani e potenti di tutti i tempi che li hanno rappresentati come mali necessari
nel nome di una strategia “politica” messa in atto a favore del popolo.
Ma esistono altre storie che pur raccontando di grandi passioni umane, non devono
contare i morti, gli oppressi, i diversi; non portano con sé alcun carico di lacrime, di
guerre, di sangue: sono le storie di tutte le Arti, create dall’uomo per comunicare le
sue più profonde e vibranti emozioni. Una di queste storie è la storia della Musica che
parla della più toccante e certamente la più immateriale fra le arti, quella che con più
immediatezza ha accompagnato le gioie, i dolori dell’anima e i trionfi dell’umanità fin
dai suoi albori.
Quale può essere stata la prima musica? Certamente il grido di gioia o di dolore di un
nostro antenato di milioni di anni fa o la nenia d’amore al suo neonato con cui una nostra
ava preistorica ha fatto risuonare di tenera felicità una gelida caverna.

Spero che questa breve premessa illustri il mio modo di vedere la storia, o meglio, le
storie, e quindi illustri anche lo spirito con il quale ho insegnato la storia della musica ai
dislessici ogni volta che è stato necessario. E, aggiungo, i miei allievi erano/sono allievi
di Conservatorio, generalmente di età fra i 17 e i 22 anni, che hanno scelto un certo tipo
di studi. Secondo la mia esperienza, una materia come la storia della musica classica, di
per sé lontanissima dalla mentalità, dai gusti e dagli interessi della maggior parte dei ra-
gazzi della scuola media, può essere accettata solo in caso in cui se ne mettano in luce gli
aspetti più umani e più commoventi, più vicini alla vita dell’alunno stesso. Questo non
è un compito difficile se si pensa che per qualunque ragione un brano musicale sia stato
scritto, il suo compito è sempre stato quello di toccare le corde più profonde dell’animo
umano. La stessa cosa vale per un compositore o per un interprete: in qualunque epoca
siano vissuti, il loro è stato un atto d’amore verso la musica e verso il pubblico, cioè verso
l’umanità.
Per dare un ordine agli eventi della storia della musica, le mappe sono fondamen-
tali, anche perché contengono brevi riferimenti all’“altra storia” e offrono al dislessi-
co un quadro generale, assolutamente indispensabile, del periodo studiato. Le mappe
possono essere anche rifatte, ampliate, arricchite dal ragazzo stesso, ma è fondamentale
il modo in cui vengono presentate all’alunno dall’insegnante di musica. È lui che con
la sua sensibilità, e solo con quella, può fare della storia della musica e dei musicisti
una materia mal sopportata oppure un’esperienza magica, interessante, profondamen-
te amata. Forniamo, a pagina 42, l’esempio della mappa di storia della musica nella
preistoria e nell’antichità.18

18 Le mappe degli altri periodi storici po- sito digilibro.pearson.it, dove si trovano pubblicazioni scolastiche di Pearson.
tranno essere scaricate gratuitamente dal tutti i materiali online che corredano le

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14 Gli strumenti
dell’orchestra
Q uando si va ad ascoltare un concerto di un insieme strumentale, che sia l’orchestra sin-
fonica, l’orchestra da camera o un ensemble di pochi strumenti, l’attenzione in genere
è rivolta ai brani che saranno eseguiti o ai “motivi” che ci sono cari, cioè al risultato “com-
plessivo” della performance di tutti gli strumenti. Salvo qualche professionista e alcuni ama-
tori, gli altri in genere non sanno o non fanno caso al fatto che gli strumenti di un ensemble,
piccolo o grande che sia, sono stati scelti dal compositore in base al loro timbro e all’effetto
sonoro che desidera ottenere mettendo insieme di volta in volta specifici strumenti.
Facciamo un paragone alla portata di tutti, e in particolar modo degli alunni dislessici:
un celebre brano di musica classica o un bell’arrangiamento di una canzone sono simili
a un piatto ben riuscito, a un piatto i cui ingredienti siano stati accuratamente scelti, do-
sati e amalgamati. Come il successo di una pietanza è determinato dall’insieme dei suoi
ingredienti e dall’abilità con cui sono stati utilizzati, così la riuscita di un brano di musica
dipende dal tipo di strumenti che il compositore ha scelto e, soprattutto, dall’abilità con
cui di volta in volta ha utilizzato il singolo strumento o ne ha messi insieme diversi amal-
gamandone i timbri. La grandezza dei compositori è strettamente connessa alla capacità
di scegliere lo strumento giusto per quella specifica idea musicale. Se la scelta è sba-
gliata, un’idea musicale, per quanto geniale, può perdere tutto il suo fascino e diventare
addirittura insignificante.
Purtroppo i sussidi didattici in dotazione alle scuole e il tempo a disposizione della
lezione di musica non sono del tutto adeguati all’esigenza di mostrare in modo esauriente
ciascuno strumento e le sue possibilità, e in certe scuole i professori di musica sono dei veri
eroi che conducono le loro lezioni con troppi alunni, con pochi spazi, con materiale a volte
scarso e per di più con alunni bisognosi di attenzioni particolari perché dislessici o soffe-
renti di altri disturbi. Ci sono tutte le condizioni per meritare davvero una medaglia d’oro!

Uno dei pochissimi brani per orchestra scritto appositamente per mettere in luce le
peculiarità di alcuni strumenti è la celebre fiaba musicale di Sergej Prokof’ev Pierino e
il lupo, che ormai tutti gli alunni italiani conoscono e che da alcuni anni per fortuna è
disponibile su DVD, cioè su un supporto che permette di “vedere” oltre che di “ascolta-
re”. Naturalmente questa composizione non basta per dare agli alunni, e specialmente ai
dislessici, un’idea completa e sistematica degli strumenti dell’orchestra.
Come ho spiegato nel paragrafo precedente a proposito di “vedere la musica”, il di-
slessico, che sappiamo dotato di scarsa memoria a breve termine e a volte di capacità
visive e uditive imperfette, per orientarsi, ricordare e dunque fare propri gli insegna-
menti trasmessi, dovrebbe vedere Pierino e il lupo diverse volte insieme a una persona
a lui dedicata. Conosco bambini fortunati che fin dall’età di 5/6 anni sono stati portati
spesso ad ascoltare i concerti. Ma questi bambini sono una minoranza veramente esigua,
nell’ambito della quale i dislessici sono una rarità.
Affinché un dislessico possa costruirsi un corredo stabile di conoscenze rispetto agli
strumenti musicali, non è sufficiente che ne osservi le illustrazioni sul testo di musica,
ma bisognerebbe mettergli a disposizione gli strumenti musicali reali, darglieli in mano
in modo che possa vederli da vicino, che possa toccarli e provare a suonarli. Dovrebbe
anche ascoltare da vicino gli esecutori che li suonano mettendone in rilievo gli aspetti
timbrici, ed eventualmente avere anche la possibilità di vedere all’opera un liutaio che
li smonta per mostrarne i singoli pezzi spiegandone anche la funzione. Questo signifi-
cherebbe mettere in atto sistematicamente una didattica multisensoriale (si veda il pa-
ragrafo 6), che è l’unica che consente al dislessico di imparare e di ricordare qualcosa

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nel tempo. Anche in questo caso non bisogna dimenticare che il dislessico ha bisogno
di familiarizzare con tutti gli argomenti che deve acquisire, e ciò può avvenire soltanto
attraverso numerose ripetizioni.
Certamente anche un filmato ben fatto su uno strumento musicale avrebbe una sua
utilità, ma non sarebbe tanto efficace quanto usare:
• il tatto per manipolare lo strumento;
• l’udito per ascoltarlo mentre lo tiene in mano;
• la bocca e le mani per suonarlo;
• la vista per osservarne tutte le particolarità;
• il corpo per assorbirne le vibrazioni che lo attraversano tutto, dalle cavità sonore del-
la testa alle cavità toraciche, allo stomaco, fino alle mani che reggono lo strumento.
Tuttavia, anche in queste condizioni felici, è impossibile pretendere che un dislessico
impari a memoria i nomi delle parti di uno strumento, come “tavola armonica”, “pon-
ticello” o addirittura altri termini meno usuali, poiché, come ho detto più volte, per lui
l’apprendimento di tutte le terminologie è oltremodo difficoltoso, a causa della scarsa
memoria a breve termine. Ma l’insegnante di musica che, con il sostegno della scuola,
sarà riuscito a donare al dislessico dei momenti di magia, con la collaborazione di vari
musicisti in carne e ossa che suonano, smontano e illustrano il proprio strumento, rimar-
rà impresso per sempre nel ricordo gioioso non solo del dislessico, ma di tutta la classe.

15 Conclusioni

T ermina qui il racconto della mia esperienza durata più di un decennio. Un’esperien-
za unica, un percorso imprevedibile ed entusiasmante che è ben lontano dall’essere
concluso. Anzi, darà senz’altro nuovi frutti, anche con il contributo della ricerca sulla
dislessia in ambito musicale portata avanti da tante università di tutto il mondo.
A questo punto mi sembra utile fare una sintesi, una specie di decalogo che illustri
quelli che secondo me sono i punti salienti di un percorso didattico impegnativo e coin-
volgente sia dal punto di vista psicologico, sia dal punto di vista progettuale e pratico.
Comincio con un’importante premessa: il dislessico è un individuo portatore di gran-
di valori umani, artistici e intellettivi che in condizioni favorevoli si manifestano in tutto
il loro vigore. Qualunque insegnante, a costo di mettersi in gioco fino in fondo, ha l’ob-
bligo morale di creare queste condizioni e di rendere scorrevole e gioiosa la vita di un
bambino/adolescente dislessico. Per l’insegnante di musica questo compito è più facile
che per gli insegnanti di quasi tutte le altre materie. Ed ecco il decalogo:
1. il dislessico deve essere accolto con gioia e simpatia: un ragazzo già in difficoltà ne
ha il diritto;
2. tutti gli insegnanti devono essere messi al corrente della diagnosi, ove sia stata fatta;
3. deve essere instaurato un rapporto di ampia e profonda collaborazione con la
famiglia;
4. se un ragazzo in difficoltà è senza diagnosi, gli insegnanti e la scuola, prima di
dare giudizi di qualsiasi tipo, devono intervenire presso la famiglia affinché ven-
gano effettuati i necessari controlli, compresi quello della vista fatto da un opto-
metrista e quello dell’udito;
5. l’approccio del dislessico alla musica deve avvenire attraverso uno strumento mu-
sicale che l’alunno suonerà per imitazione dopo aver ascoltato l’insegnante;

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6. bisogna evitare qualsiasi sforzo mnemonico, che per il dislessico solitamente do-
tato di scarsa memoria a breve termine si risolve in un inutile supplizio. Per esem-
pio, non pretendere che ricordi il nome delle note e delle figure musicali. Col
tempo, forse molto tempo, le imparerà spontaneamente. Intanto potrà diventare
un bravo strumentista, per la qual cosa la terminologia è superflua;
7. poiché il dislessico in genere non ha senso ritmico, il ritmo, prima di essere ap-
plicato alla musica, deve essere interiorizzato fisicamente attraverso esercizi del
corpo, come la marcia e altri esercizi adeguati;
8. il dislessico imparerà a leggere la musica trasferendo la “collanina” di note dalla
posizione che queste occupano sul pentagramma alla posizione che occupano
sulla tastiera del suo strumento;
9. se quando canta il dislessico non riesce a intonare le note, l’insegnante deve pro-
cedere con serenità e simpatia a fargliele cantare partendo dalla “sua” nota – quel-
la che riesce a intonare – e allargando il range dei suoni con gradualità;
10. tutte le volte che è possibile, l’ascolto deve essere anche “visto” utilizzando il più
possibile i DVD invece dei CD.
Mi capita con una certa frequenza di incontrare i miei primi allievi dislessici. Sono
ormai dei giovani adulti che, dopo anni di fatica spesso dolorosa, hanno compreso il loro
disturbo e lo hanno accettato. Tutti hanno trovato un proprio metodo per affrontare e
superare le difficoltà che tuttora incontrano nello studio e in altre attività dell’esistenza; li
vedo andare incontro alla vita sorridenti e sicuri, consapevoli dei loro limiti, ma orgoglio-
si della loro intelligenza spesso superiore alla media. Hanno imparato a gioire di questa
loro grande qualità e a sfruttarla al meglio, dando meno peso alle loro difficoltà obiet-
tive, col tempo meno consistenti per merito del loro ostinato impegno nello studio, ma
pur sempre presenti. Alcuni di loro hanno deciso di aiutare dei bambini dislessici nello
studio della musica e delle materie scolastiche. Ogni tanto mi chiedono dei consigli, e in
queste occasioni mi rendo conto di quanto sia grande la loro capacità di trasmettere i sa-
peri, la loro dolcezza, la loro tolleranza e la loro proverbiale generosità. Sono certamente
assai migliori di alcuni dei loro ex docenti.
In questi anni ho lavorato a fianco di tanti colleghi del Conservatorio che con intelli-
genza e sensibilità hanno adattato il loro metodo alle capacità di apprendimento dell’al-
lievo dislessico.
Ho conosciuto anche diversi insegnanti di scuola media. Penso spesso a loro e al dif-
ficile contesto nel quale lavorano: troppi alunni, poche attrezzature, poche ore di musica
e tante classi. Nonostante questo portano avanti il proprio lavoro con pazienza, interesse
e passione a volte davvero esemplari e commoventi.
Voglio concludere ringraziando i direttori del Conservatorio di Milano che si sono
avvicendati nel tempo per avermi dato una grande opportunità, e tutti i colleghi che mi
sono stati vicino.
Rivolgo un ringraziamento particolare a Francesco Bellomi che ha steso materialmen-
te e curato nei dettagli il progetto del Master Musica e Dislessia, il primo in Italia su
questo argomento.
Voglio ricordare infine tutti i miei meravigliosi allievi piccoli e grandi. Da loro ho
imparato quanto ci sia di più bello nei sentimenti umani; mi sono resa conto di quanto
possa soffrire un ragazzo a causa degli adulti e di quanto tale sofferenza sia quasi sempre
sottovalutata; ho provato la gioia di sollevare lo stato d’animo di giovani creature che non
credevano più in se stesse; sono stata testimone della loro rinascita avvenuta attraverso lo
studio severo, ma da loro molto amato, della musica; ho imparato a essere un’insegnante
migliore. Stando con loro, la mia vita, già bella, è cambiata diventando splendida. Per
tutti loro i ringraziamenti sono ben poca cosa. Posso solo portarli per sempre nel cuore
con la certezza che le ore di lezione trascorse con me li hanno aiutati e li aiuteranno anche
ad affrontare la loro non facile vita.

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La musica nella preistoria e nell’antichità 1
PALEOLITICO NEOLITICO INDIA, CINA E VICINO ORIENTE
Gli uomini vivono Gli uomini vivono in villaggi Intorno al 3000 a.C. nascono le prime grandi
di caccia e raccolta. e praticano l’agricoltura. civiltà, in India, Cina e Vicino Oriente.

2 milioni 8000 a.C. 3000 a.C.


di anni fa NASCE LA SCRITTURA
PREISTORIA STORIA

LA MUSICA NELLA PREISTORIA


accompagna i momenti più importanti della vita quotidiana

ORIGINI PRIME FORME STRUMENTI LE PRIME GRANDI CIVILTÀ


Poche tracce: Canti a una voce A fiato: canne
pitture rupestri e corna di animali INDIA: testimonianze antichissime
(II millennio a.C.) sulla musica nei Veda
(libri sacri). La musica indiana si fonda
sui raga, melodie base collegate a un
sentimento o un personaggio

CINA: prime testimonianze nel


III millennio a.C., soprattutto canzoni
(religione, guerra, vita di corte e del
Canti a più voci, popolo). Esisteva un sistema di scrittura
musicale
A percussione: legni,
USO DELLA MUSICA conchiglie, sassi
Canti collettivi: VICINO ORIENTE
• per le divinità, Mesopotamia: musica sacra, legata
• per eventi importanti al culto, ma anche musica profana,
della vita dell’uomo: per feste e banchetti
nascita, morte, guerra accompagnati da
danze e dal ritmo
delle mani e dei piedi

Egitto: canti, danze e strumenti


accompagnano la vita religiosa e quella
sociale
Palestina: musica sacra (il Libro dei
Salmi nella Bibbia contiene canti di lode
che erano accompagnati da strumenti)
e profana

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GRECIA ROMA
In Grecia si formano nuovi modelli: A Roma:
• sociali, • la monarchia
le poleis 753 a.C. – 509 a.C.
• politici, • la repubblica
la democrazia 509 a.C. – 31 a.C.
• commerciali, • l’impero
le colonie 31 a.C. – 476 d.C.

1000 a.C. 900 a.C. 753 a.C.

ANTICHITÀ

LA MUSICA NELL’ANTICHITÀ
diventa una forma d’arte

LA MUSICA IN GRECIA LA MUSICA A ROMA

ORIGINI AUTORI DI TRAGEDIE ORIGINI


La musica è l’arte delle Muse e Eschilo, Sofocle ed Euripide Influenze etrusche e della cultura
dono degli dèi: la lira (strumento greca ellenistica
a corde) di Apollo, il syrinx
(flauto a canne) di Pan, l’aulos
(flauto semplice) o diaulos
(flauto doppio) di Dioniso. STRUMENTI USO DELLA MUSICA
La musica è legata
A corde: cetra, lira Negli avvenimenti
alla poesia
pubblici, cerimonie
militari e religiose,
in teatro,
nella vita privata

A fiato: aulos, syrinx, trombe

FORME
Nomos:: melodia base, monodica,
eseguita da un solista o da
un coro e accompagnata da
strumenti STRUMENTI
Armonia: successione di 8 suoni, Oltre agli strumenti
a cui è legato un sentimento di origine greca,
o un personaggio ci sono altri strumenti
A percussione: tamburi, sistri
a fiato: buccina e
tuba (simili
USO DELLA MUSICA
alla tromba)
Nel V secolo a.C. nasce il teatro
come espressione artistica,
letteraria e musicale che unisce
poesia, azione scenica, musica
e danza

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APPENDICE 1
Fantasia di Walt Disney
Guida alla visione
L’OPERA L’AUTORE
• Titolo originale: Fantasia Walt Disney (1901-66):
• Lingua originale: inglese • fu un grande disegnatore e autore di
• Paese di produzione: USA cartoni animati, inventore di celebri
personaggi come Topolino e Paperino;
• Anno di produzione: 1940
• fu autore di numerosi film di animazione
• Durata: 140’
come Biancaneve e i sette nani, Cenerentola
• Genere: animazione/fantastico/musicale e altri;
Musiche di: • vinse numerosi Premi Oscar;
• Johann Sebastian Bach – Toccata e Fuga • fondò Disneyland, il più famoso parco a
in Re minore (due animazioni) tema del mondo.
• Pëtr Il’ič Čajkovskij – Lo Schiaccianoci Walt Disney era dislessico, ma raggiunse
(sei animazioni) ugualmente il successo.
• Paul Dukas – L’apprendista stregone Molti dicono che:
(un’animazione) • proprio perché era dislessico possedeva doti
• Igor Stravinskij – La sagra della primavera artistiche di genialità e di inventiva;
(otto animazioni) • forse perché era dislessico attribuiva grande
• Ludwig van Beethoven – Sinfonia n. 6 valore al legame fra disegno e musica, cioè
detta “Pastorale” (cinque animazioni) alla visualizzazione dei contenuti musicali.
• Amilcare Ponchielli – Danza delle ore Egli concepì Fantasia per diffondere
da La Gioconda (quattro animazioni) la conoscenza della musica classica presso
• Modest Musorgskij – Una notte sul Monte il grande pubblico.
Calvo (un’animazione) «Fantasia rappresenta la nostra avventura
• Franz Schubert – Ave Maria (un’animazione) più eccitante. Finalmente abbiamo trovato
un modo per utilizzare nel cartone animato
• Direttore d’orchestra: Leopold Stokowski la grande musica di tutti i tempi e l’ondata di
• Orchestra: Orchestra di Filadelfia; Orchestra nuove idee che essa suscita» (da un’intervista
Sinfonica di Los Angeles (per L’apprendista rilasciata nel 1940).
stregone)
• Presentatore e critico musicale: Deems Taylor
• Produttore: Walt Disney

A titolo esemplificativo, forniamo in queste pagine la guida alla visione delle compo-
sizioni di Paul Dukas e Igor Stravinskij.

Per rendere più comprensibile la colonna sonora del film, riportiamo qui le battute
iniziali dei temi principali delle composizioni proposte e il momento esatto nel quale cia-
scun tema viene eseguito dall’orchestra. Se l’insegnante ha a disposizione un pianoforte,
consigliamo, prima di dare inizio alla visione del film, di eseguire di fronte alla classe i
temi qui riportati e di leggere le didascalie che li accompagnano, affinché il riconosci-
mento risulti più semplice.

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APPENDICE  1

L’apprendista stregone di Paul Dukas


L’OPERA L’AUTORE
L’apprendista stregone: Paul Dukas (1865-1935):
• è tratto dalla ballata omonima di Wolfgang • fu un compositore francese;
Goethe (1749-1832); • fu esponente dell’Impressionismo musicale;
• narra la storia di un apprendista stregone • studiò al Conservatorio di Parigi;
che non riesce più a fermare una scopa che,
• scrisse musica per pianoforte, musica da
per magia, porta enormi quantità di acqua.
camera, un balletto e un’opera;
• distrusse molte sue composizioni non
ritenendole valide.

Tema dello stregone (timing: 29.03) • Il tema è basato sulla


j scala esatonale, cioè
Molto lento
Œ . Œ. œ . nœ œ. œ U una scala di sei note
˙. œ . b œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ n œ œ . Œ. Œ. Œ. Œ. œ . œ. œ nœ œ ‰ ‰ Œ. distanti tra loro un
b n œ œ .
& b b b 98 nœ œ. œ. œ n œ œ tono.
œ. œ nœ nœ œ. • Nel tema iniziale lo
stregone fa una magia
e crea una farfalla,
mentre Topolino lo
guarda stupito. Il tema
sarà ripetuto.

Breve motivo: la farfalla si dissolve (timing: 29.55) • Lo stregone con una


nuova magia dissolve
Vivo
√. . . ...
œ ≈ .œ œjœ. # œ. œ. œ. ≈ œ. œ. ≈ b œ. œ. ≈ œ. œ. ≈ . n œ b œ n œ. b œ. œ. n œ. œ. b œ. n œ. b œ œ œ ‰. ‰. Œ . ˙˙ .. la farfalla, mentre
bb b b 9 nœ œ R œ œ œ 8 ˙. n˙. Œ.
œ 9 Topolino continua a
& 16
R ≈ ≈ v ≈≈ spiarlo di nascosto.
v fl S π
fl fl

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Tema di Topolino e della scopa animata (timing: 31.01)
Vivo
œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ.
? b b b 38 œ. J œ. J œ. J œ. J œ. J œ. J œ. ‰ ‰
b
p
. . . .
? b b œ. n œ. n œ. œ. ‰ œ œ. ‰ œ œ. œ. n œ. œ. ‰ œ œ. ‰ œ œ. œ. n œ. œ.
bb J

• Il tema della scopa viene • Topolino tenta di fermare aumenta, il tema diventa sempre
ripetuto, anche variato, per tutta la scopa con la magia, ma non più ossessivo e frenetico e viene
la durata del brano. ricorda la formula magica. trasposto verso l’acuto.
• Nell’animazione Topolino Si arma quindi di una scure • Topolino ha completamente
indossa il cappello dello e con quattro forti colpi (quattro perso il controllo della situazione.
stregone e, imitandolo, riesce accordi dell’orchestra) la fa Nuotando nella stanza si imbatte
a far muovere la scopa che a pezzi. nel libro di magia dello stregone
gli obbedisce e comincia • La musica si interrompe, sembra e cerca freneticamente
a trasportare l’acqua. che l’apprendista stregone di ritrovare la formula magica,
• Topolino si addormenta e sogna sia riuscito ad avere la meglio ma invano.
di essere un potente stregone sulla scopa. Ma i pezzi in cui ha • Arriva lo stregone che ferma
ai cui comandi obbediscono distrutto la scopa si rianimano l’acqua (riappare infatti il tema
stelle e pianeti, l’acqua del mare, e si trasformano in innumerevoli dello stregone, accompagnato
le nuvole e i fulmini. scope che riprendono il lavoro dai piatti), e la musica rallenta
Nel frattempo la scopa ha della prima scopa. La musica quasi a fermarsi.
continuato a lavorare: l’acqua ha ricomincia: il tema della scopa • Sulle quattro note finali,
invaso la stanza e fa galleggiare viene affidato ai fagotti, ai eseguite da tutta l’orchestra,
la sedia su cui dorme Topolino, clarinetti e alle viole; in seguito, lo stregone colpisce con la scopa
che si sveglia bruscamente. mentre l’organico che lo esegue l’apprendista.

DOPO L’ASCOLTO
Rifletti sulla musica
1 Riesci a individuare lo strumento che esegue il tema della scopa animata?
2 Mentre ascolti i tre temi, riesci a notare la differenza di ritmo fra loro?
3 Prova a contare quante volte nell’animazione si ripete il terzo tema, cioè quello
di Topolino e della scopa animata.
Rifletti sulle immagini
4 Se tu dovessi sostituire le immagini proposte da Walt Disney, quali immagini
sceglieresti per questa musica?
Rifletti sul pentagramma
5 Sai riconoscere la tonica di ogni tema?
6 Quali fra questi tre temi sono in tempo composto? In particolare, il tempo 3/8
del terzo tema è un tempo semplice o composto?
7 Il terzo tema è in modo maggiore o minore?

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APPENDICE  1

La sagra della primavera di Igor Stravinskij*


L’OPERA L’AUTORE
La sagra della primavera: Igor Stravinskij (1882-1971):
• è un balletto diviso in varie sezioni, • fu un compositore russo;
rappresentato per la prima volta a Parigi • fu esponente del Neoclassicismo, scrisse per
nel 1913; tutti gli strumenti riutilizzando le forme
• descrive un rito pagano che si svolgeva classiche;
in primavera nella Russia antica, durante • compose tre celebri balletti: L’uccello di
il quale si poteva persino giungere fuoco, Petruška e La sagra della primavera;
all’uccisione di una vergine;
• ampliò l’orchestra e introdusse
• la prima rappresentazione fu un insuccesso: combinazioni insolite di strumenti, dei quali
la musica risultò incomprensibile, spesso tocca le note estreme;
i movimenti dei ballerini insopportabili,
• fu celebre e apprezzato come pianista
la trama violenta.
e direttore d’orchestra in Russia, in Europa
Walt Disney ha utilizzato diverse sezioni di e negli Stati Uniti, dove morì.
questo balletto per accompagnare gli episodi
della nascita della Terra.

Le caratteristiche musicali della Sagra della


primavera:
• il ritmo è ossessivo;
• ci sono blocchi di politonalità;
• si ricercano effetti grandiosi attraverso
impasti timbrici inusuali;
• è frequente la poliritmia, cioè l’uso
simultaneo di ritmi differenti nelle varie
voci.

Tema iniziale (timing: 41.6) • La melodia iniziale è


sulle note estreme del
Viaggio nel cosmo fagotto e accompagna
Lento - tempo rubato l’alba della Terra.
U
œ œœ œ œ œ œ Uœ œ œ œ œ œ œ œ œœ œœ œ œ œ œj œ œ œœ œ œœœ œ œ œ œ œ œ œœ œ œ3 œ œjb œ • Il ritmo è ondeggiante
Fagotto 1
B 44 43 44 42 43
ed è dato dai vari
gruppi irregolari
3 3 5 3
Solo ad libitum alternati alle soste
delle corone.
œ œ bœ œ bœ œ
j
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UJ 2 œœ œ œœœ œœ œœ œ œ œ œj œ œ œ œ œ œ œ Uœ ˙
B3 J 3 2 œ
4 ≈Œ Œ Œ ‰‰ 4 4 4 ∑
3 3 5

* Gli esempi musicali sono tratti dal- Russia in two parts by Igor Stravinsky 1967, Boosey & Hawkes Music Publish-
la partitura originale: IGOR STRAVINSKY, and Nicolas Roerich, Full orchestral ers Ltd.
The rite of Spring. Pictures from pagan score, Revised 1947, Re-engraved edition

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Caos alle origini della Terra (timing: 44.18) • L’effetto dirompente
dell’eruzione dei
Vulcani vulcani è dato dal
Tempo giusto poliaccordo di otto
b note eseguito dagli
& b b 42 ∑ ∑ ‰ j ‰
b œœœœ œœœœ
j ∑ archi e accentato dai
corni in controtempo;
Corni S jsempre j • più avanti i guizzi
? b b 42 ∑ ∑ ‰ bb œœœ ‰ œœ ∑ all’acuto di flauti
b bœ œœ e ottavini.
> S sempre
>
b œœ œœœ œœ œœ b œœ œœœ œœœ œœœ b œœœ œœœ œœœ œœ b œœ œœ œœ œœ
? b b 42 b b œœœœ œœœœœ œœœœ œœœœ b b œœœœ œœœœœ œœœ œœœ b b œœœ œœœ œœœ œœœœ b b œœœœ œœœœ œœœœ œœœœ
Archi b b œœ œœ œœ b œœ œœ œœ b œœ œœ œœ œœ b œœ œœ œœ œœ
f

b
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b œœœ b œœœ
j
j ‰ Œ
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b bœœ bœ
J J
> > > > j
b œœœœ œœœœ œœœœ œœœœ b œœœœ œœœœ œœœœ œœœœ b œœœœ œœœœ œœœœ œœœœ b œœœœ œœœœ œœ œœœœ b œœ
? b b b b œœ œœ œœ œœ b b œœ œœ œœ œœ b b œœ œœ œœ œœ b b œœ œœ œœœœ œœ
b b œœ œœ œœ œœ b œœ œœ œœ œœ b œœ œœ œœ œœ b œœ œœ œœ œœ œ

Apparizione dell’acqua (timing: 47.28) • Nel caos sulla Terra


irrompono turbini di
Turbini di acqua acqua;
œ̆ # ˘œ œ. œsimile œ œ œ œ œ
œ̆ œ̆ œ̆ œ̆ œ̆
Presto • l’effetto è dato dal
œœ œ œœœœœ œ tremolo degli archi,
& 98 ∑ ∑ Œ. ‰ ‰ J
Flauti
Oboi dai fiati all’acuto e
Clar.
ƒ marcatissimo dall’andamento ritmico
j
b @˙ . œœ@œ ... b b ˙˙@˙ ... @œœ .. b b˙@˙ .. œœ@œ ... b b ˙˙@˙ ... œœ@œ ... b b˙˙@˙ ... œœ@œ ... # œ
dirompente.
& 98 b ˙˙˙ .... œ . ˙˙ .. œœ .. ˙˙˙ ... œ. œ . # # œœ
f b˙˙ . ˙˙ .. œ . ˙˙ ..
b˙ . œœ .. b b˙˙ .. œœ .. b b˙˙ .. œœ .. b b˙˙ .. œœ .. b b˙˙ .. œœ .. # œ
? 98 b œœœ ‰ ‰ Œ .
Archi

Œ. # # œœ
f Jœ J

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APPENDICE  1

Nascita delle prime forme di vita nell’acqua (timing: 48.57) • L’acqua si placa, il ritmo
rallenta;
Sviluppo della vita sottomarina • l’impasto dei fiati crea
Largo una melodia delicata

œ ## œœ n œœ e serena;
œœ œœœ œœ œœœ 44 # # œœ # # œœœ œœ œœœ œœ œœ # ## œœœ # # œœœ œœœ œ œ œ
& 43 # ## œœœ # # œœ œ œ #œ œ œ ‰ Œ œœ œœœ œœ œœœ œœ • nascono le prime
forme di vita che si
p . evolvono.
˙ 44 ˙˙ œ w
Flauti
Oboi
3
& 4 ˙. œ ‰ Œ w
Clarin.
∏ J
b b œœ # œœ œœ œ œœ œ bœ œ œ Œ b b œœ # œœ œœ œœ œœ
3
& 4 bœ b œ œœ œœ 44 b œ b # œœœ œ œœœ œ œœœ œœœ œ œœœ œ œœœ
œ œ bœ œ œ bœ bœ b œ œ
p
Ó œœ œ
Corni ? 43 ˙ .
˙.
44 ˙ .
˙˙ . # # # œœœ # # œœœ # œœœœ œœ w
ww
œ
π ˙. .
Trombe

Œ # œœ j
#œ œ œœœ œœ œœ œ 3 #œ œ œœ 4 # #œœ
& # # œœ # # œœ œ œœ 4 # # œœ ## œœ œ œœ
# œœœ
œ Œ œ œ 4 #œ
j
w ˙. œ
3 ˙ 4
& w 4 œ
J
‰ 4
j
b b œœ œ œœ
œœœ
œœ
œœœ
œœ
œœœ b b œœ ‰ Œ Œ
43 b œ 44
& b œ b # œœ œ œ œ ‰ Œ Œ

J
? w 43 ˙ ..
˙ 44 œ
ww œœ
˙.
J

I primi volatili (timing: 51.48) • Una breve melodia


Pterodattili serena prepara l’arrivo
sulla Terra dei primi
Largo
volatili;
5 ∑ 46 ∑ 45 ∑ • un rapido arpeggiato
Cl. picc.
in Mib &4 del clarinetto e delle
viole accompagna

& 45b œ b œœb œ œœ œ œœ nœ œœ 46 b œ b œœ œ œœ b œ œœ œ œœ n œ œœ 45 b œ b œœ b œ œœ œ œœ n œ œœ


Trombe il primo volo di uno
in Do pterodattilo che sarà
p imitato dagli altri.
? 45
Archi ∑ 46 ∑ 45 ∑

& ∑ ∑

& bœ b œœ b œ œœ œ œœ n œ œ
œ ∑

π b œ. œ. œ. œ œ œ. œ. œ. œ
3 3 . 3. . . .3 . . 3. . . 3. .
Œ bœ œ œ œ œœ bb œœ œœ œœ œœ œœ bœ œ œ œ œœ œœ œœ œœ
? b œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ
bœ bb œœ œœ œœ œœ œ œ œ œb œœ œ bb œœ œœ œœ œœ œœ œœœ
Œ Œ bœ Œ bœ bœ ‰ bœ œ ‰ œ
π J

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© Pearson Italia S.p.A.
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œ bœ œ ˙˙ ..
Flauti œœ ‰ .
& ∑ 46 Ó . ‰ œ œœœ
Ó 44 R ˙‰ .. Œ Ó œ

π 6

& b œ b œœ b œ œœ œ œœ n œ œœ 64 b œ b œœ œ œ b œ œ œ œœ n œ œ 44 ∑
œ œ œ

? 6 o o œo b œo 4 œR
œ
∑ & 4 Ó. Ó ‰ oœo œ 4 ‰. Œ Ó
œ
p 6

Dinosauri in famiglia (timing: 53.11)


Vita familiare
Andante con moto
## œ. œ œ œ œ. œ œ œ œ œ 4 œ œœœ œ 5 œ œœœ œ œ 3 œœœ Œ
Viole & # # # 44 J œ œ 42 œ 44 J œ œ 43 4 4 4
molto cantabile, ma non f

• Una melodia affidata alle piccoli dinosauri che bevono • Questa immagine idilliaca
viole accompagna le attività ai margini di un lago accanto è interrotta dall’arrivo
quotidiane di diverse specie alla madre; di un feroce tirannosauro rex
di dinosauri, mettendo • la scena continua con il pasto che ingaggerà una lotta
in particolare rilievo due di tutta la famiglia. con uno stegosauro.

Scontro fra dinosauri (timing: 55.30) • Lo stegosauro, che è un


animale erbivoro, viene
Lotta ucciso dal sanguinario
Pi• mosso tirannosauro, mentre
U tutte le specie animali
Corni & 44 # ˙˙ .. œœ # œœ œœ œœ œœ œœ œœ # œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ 45 osservano terrorizzate
la scena da lontano.
S π
U
# œœ ˙˙ œœ œœ # œ # œœ œœ œœ œœ œœ # # œœ # œœ œœ œœ œœ œœ œœ
Trombe
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&4 # œ œ # œ 45
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Archi & 44 ∑ ∑ ∑ 45

#œ #œ œ #œ œ #œ œ
6

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& 45 # œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ # œœ ‰ Ó R ‰.
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3

& 45 œœ # # œœ # œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ # œœ ‰ ‰ Œ
J
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œ # œ # œ œ # œ œ #œ œ #œ #œ œ #œ œ #œ
& 45 ∑ œ #œ ‹œ # œ R ‰.
5 6
3
f

50
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APPENDICE  1

Era della glaciazione (timing: 57.57) • La Terra è coperta di


ghiaccio e i dinosauri
Migrazione emigrano alla ricerca
Lento del caldo che non
& 44
3
Flauto ∑ ∑ Ó Œ ‰ ‰ troveranno;
Cor. ingl. • i dinosauri troveranno
œ
p œ œ #œ invece la morte e si
Timpani
? 44 ‰ b œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ b œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ bœ ‰ œ ‰ œ ‰ œ
estingueranno per
sempre.
p • Il senso del dramma è
‰ ‰ ‰ ‰ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ
44 œ œ œ œ
dato dalla ripetizione
Tamburo dello stesso accordo,
Grancassa
pœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ cupo e dissonante.
b œœ œœ œœ œœ b œœ œœ œœ œœ b œœ œœ œœ œœ
?4 b œ œ œ œ b œ œ œ œ bœ œ œ œ
Archi 4 bœ œ œ œ bœ œ œ œ bœ œ œ œ
pœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

3 3

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‰ œ œ #œ #
3
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œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

51
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La giovane Terra si assesta (timing: 1.00.44) • Dopo l’era glaciale,
la giovane Terra
Terremoti è sconvolta dai
Lento terremoti;
U
Flauti & 44 ∑ ∑ ∑ ∑ 43 • il boato dei terremoti
è realizzato attraverso
Œ Œ Œ Œ
b ww˙ œ œ n ˙ œ œ ww˙ œ œ b ˙Ó ˙˙.. ˙ . œ œ Ó Œ il tremolo degli archi,
U
Fagotti ? 44 bw bw b ˙. Œ ∑ 43
del tamburo e della
C. Fag. grancassa.
U
Timpani
? 44 Œ œ œ Œ œ œ Œ œ œ Ó Œ œ œ Ó ∑ 43
44 U
G.C. ∑ ∑ ∑ ∑ 43
4 U 3
Tam-t. 4 ∑ ∑ ∑ ∑ 4
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œ œ œ œ œ œ œ œ bb ˙˙˙ ...
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Archi
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Prestissimo
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molto p sub. S> p

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APPENDICE  1

Alla fine dei terremoti ritorna la serenità con il motivo iniziale • Dopo le eruzioni
(timing: 1.02.28) vulcaniche, i maremoti,
i terremoti e l’era
Lento - tempo rubato
glaciale, il motivo di
U
œ œœ œ œ œ œ Uœ œ œ œ œ œ œ œ œœ œœ œ œ œ œj œ œ œœ œ œœœ œ œ œ œ œ œ œœ œ œ3 œ œjb œ apertura della Sagra
Fagotto 1
B 44 43 44 42 43
della primavera sembra
3 3 5 3
segnare un nuovo
Solo ad libitum inizio della Terra.

œ œ bœ œ bœ œ
j
œ œ
UJ 2 œœ œ œœœ œœ œœ œ œ œ œj œ œ œ œ œ œ œ Uœ ˙
B3 J 3 2 œ
4 ≈ Œ Œ Œ ‰ ‰ 4 4 4 ∑
3 3 5

DOPO L’ASCOLTO

Rifletti sulla musica


1 Lo strumento che esegue il tema “Viaggio nel cosmo” è il fagotto. Conosci
questo strumento?
2 A quale famiglia di strumenti appartiene?
3 Chi sono i compositori che lo hanno valorizzato maggiormente?
4 Mentre ascolti i vari temi, riesci a notare la differenza di ritmo fra loro?
Rifletti sulle immagini
5 Se tu dovessi sostituire le immagini proposte da Walt Disney, quali immagini
sceglieresti per questa musica?
Rifletti sul pentagramma
6 Quale fra questi temi è in tempo composto?
7 Aiutato dall’insegnante, riporta sul tuo quaderno pentagrammato le 8 note
del poliaccordo del brano “Vulcani”. Se hai un pianoforte a disposizione in
classe, prova a suonarlo. Che cosa noti?

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APPENDICE 2
Esecuzione degli esercizi
e delle prove di verifica

I n generale, un alunno dislessico non può svolgere da solo esercizi e prove di verifica
innanzitutto perché il dislessico non è generalmente in grado di leggere e, anche quan-
do lo fosse, tale è lo sforzo nell’atto della lettura che i contenuti non vengono compresi,
del tutto o in parte. Questo dipende non solo dalla dislessia, ma anche dai sintomi che
la accompagnano e che abbiamo esaminato, e cioè i disturbi visivi – la messa a fuoco in
particolare – e i disturbi uditivi, che a volte sono responsabili di uno scarso senso del di-
scernimento riguardo ai rumori circostanti, che tendono ad accavallarsi. A questi sintomi
si aggiungono lo scarso senso dell’orientamento e della concentrazione e la frequente ine-
sistenza della memoria di lavoro. Insomma, la quasi totalità dei dislessici ha un approccio
difficile e confuso a ogni evento della vita reale e vive come in una grande bolla rispetto
alla quale tutto gira intorno. Questo li stanca moltissimo. I rumori li infastidiscono: in
certi casi procurano loro una vera e propria sofferenza.
Sono queste le principali ragioni per cui gli alunni con DSA non possono affrontare
le prove di verifica da soli. Occorre una persona dedicata, cioè un lettore competente
(che in altri paesi è immediatamente fornito a qualsiasi dislessico), che legga lentamente
e pazientemente più volte gli argomenti e che lo aiuti anche a ricordare tutto ciò che sa
già, spiegandogli con calma – e buonumore – tutto quello che non ha capito nel testo
dell’esercizio o della verifica.
Nell’Appendice 3 pubblichiamo gli strumenti compensativi previsti dalle misure di-
spensative e compensative approvate all’unanimità dall’organo ministeriale che si occupa
dei Conservatori. Queste misure prevedono che persino a chi fa il diploma di compo-
sizione sia necessario fornire il prospetto delle scale, degli intervalli, degli accordi, dei
tempi semplici e composti e altro ancora...
Anche le domande di teoria poste durante gli esami di solfeggio devono essere con-
dotte davanti a un pianoforte. Nulla, infatti, deve essere lasciato alla memoria. Le prove
basate sulla memoria per il dislessico non vanno assolutamente bene. Chi è dislessico
deve poter scegliere le risposte fra cose che vede: il ricordo di ciò che si è appreso arriva
infatti spontaneamente con il tempo e con numerose ripetizioni. Chi è dislessico deve
avere a disposizione più tempo.
Analizziamo ora alcune tipologie di esercizi19 per valutarne l’eseguibilità da parte di
allievi DSA e suggerire eventuali strumenti compensativi (dallo strumento a tastiera, al
prospetto degli intervalli e dei tempi semplici e composti, a quello delle scale maggiori e
minori) ed espedienti facilitatori. Gli esercizi analizzati come esempi sono destinati, per
livello di difficoltà, alla classe prima, ma i suggerimenti proposti valgono per esercizi di
analoga tipologia e di difficoltà superiore.

1 Il seguente esercizio richiede “semplicemente” di ricostruire la sequenza delle note


musicali.
Inserisci il nome delle note mancanti nelle seguenti sequenze.
a. c.

b. d.

19 Questi esercizi sono tratti da V. VACCHI, Competenze alla prova secondo le nuove Indicazioni Nazionali. Musica, Pearson 2013.

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APPENDICE  2

Sempre presupponendo un maggior tempo a disposizione, questo esercizio potrebbe essere


eseguibile, ma qualche dislessico potrebbe aver bisogno di essere aiutato a ricordare.
Un aiuto potrebbe essere dato dall’attribuzione di un colore a ogni nota in fase di spiegazione,
come abbiamo visto nello schema della scala musicale ai paragrafi 6 e 9, e quindi dalla
riproposizione di questo codice cromatico nella verifica:

a. Fa .........
c. Fa Si Fa

b. Si d. Fa ..........

2 Il seguente esercizio può essere eseguibile se il dislessico ha a disposizione, come


strumento compensativo, lo specchietto dei tempi (fornito nell’Appendice 3).
Indica con una crocetta X che cosa significa la frazione posta dopo la chiave all’inizio
del pentagramma:
1. Il numero di battute contenute nel brano.
2. Il numero di note contenute nel brano.
3. Il numero di note contenute in ogni battuta.
4. Il numero di tempi contenuti in ogni battuta.
3 I seguenti esercizi, invece, non possono essere eseguibili se il dislessico è anche discalculico,
poiché l’individuazione degli errori richiede il calcolo della somma dei valori delle figure.
Osserva il rigo musicale e indica con una crocetta X quali battute contengono errori.
44 œ œ w 43 œ Œ œ 44 œ ∑ œ 42 ˙ 44 œ œ œ Œ
a. b. c. d. e.

Punto e legatura di valore servono per aumentare i valori di durata delle note.
Leggi le seguenti figurazioni e per ciascuna indica, nello spazio sottostante, il valore
complessivo in quarti.
w. ˙. œ w ˙ œ w ˙ w. ˙. œ
a. ............... b. ............... c. ............... d. ............... e. ...............

4 Tabelle come la seguente possono


essere compilate se il dislessico ha
a sua disposizione, come strumento w
compensativo, una tabella dei œ
valori delle figure musicali (fornita J
nell’Appendice 3).
˙.
Nella tabella indica con una
crocetta X la frazione che ˙
corrisponde alla durata di ciascun
simbolo musicale. œ

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5 Un esercizio come il seguente può essere svolto se si fanno vedere allo studente con DSA
spartiti per flauto.
Per individuare le note sul pentagramma si utilizza una chiave. Indica con una
crocetta X quale fra le seguenti chiavi è utilizzata per scrivere le note del flauto.
a. La chiave di Do c. La chiave di Fa
b. La chiave di Sol d. La chiave di Re

6 Un esercizio come il seguente, anche se facilitato dall’utilizzo dei colori, deve essere
eseguito con l’ausilio della tastiera, suggerendo il nome di ogni nota oppure facendo
intonare le note con la vocale “a”.
Intona con la voce i seguenti grafici.

a. b. c. d.

7 Occorre tenere presente che qualsiasi serie al contrario è sempre più difficoltosa per
il dislessico, ma anche per il non dislessico. Per cui, nel caso di due sequenze
apparentemente analoghe come le seguenti, la seconda è in realtà da considerarsi più
difficoltosa della prima.
Dopo aver ascoltato la prima nota di ogni rigo musicale, intona con la voce le seguenti
sequenze sonore.
a.

& 44 œ œ œ œ œ œ ˙ œ œ œ œ ˙ ˙

b.

& 44 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ ˙
Ó

8 Per svolgere un esercizio di esecuzione vocale come il seguente, suggerisco che sia
proposta al dislessico, ma anche al non dislessico, solo l’esecuzione di due battute alla
volta, come del resto prevede il Syllabus inglese,20 e che sia utilizzato il sistema dei colori
per facilitare la lettura. Inoltre, se il dislessico non riesce a utilizzare il nome delle note, le
intonerà utilizzando la vocale “a”.

20 Syllabus (in inglese “sommario”, “pro- Royal Schools of Music. Il Syllabus è redat- volume di S. OGLETHORPE, Dislessia e stru-
gramma”) è il titolo dato alla raccolta di to con molta cura e aggiornato dall’ABRSM mento musicale. Guida pratica, cit., è stato
prove in programma per ogni esame del ogni anno o al massimo ogni due anni. Que- pubblicato il Syllabus 2008-2010.
sistema musicale inglese, come stabilito sta organizzazione è presente con proprie
dall’ABRSM – Associated Board of the scuole in tutto il mondo. In appendice al

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APPENDICE  2

L’insegnante eseguirà con la voce o con uno strumento il brano seguente, due battute alla
volta. Ascolta attentamente e ripeti con la tua voce.

& 44 œ œ œ œ œ Œ œ œ œ ˙ œ œ œ œ œ Œ œ œ œ ˙

& œ œ œ œ Œ œ œ œ ˙ œ œ œ œ œ
Œ œ œ œ ˙
œ

9 Esercizi come i seguenti non possono invece essere svolti, per le ragioni spiegate al punto 3.
Osserva il rigo musicale seguente e inserisci la frazione corretta nella casella.
œ œ œ œ œ œ œœ œœ œ œœ œ œ œœ œ ‰œ‰œœœ‰
J J J

Osserva il rigo musicale seguente e indica con una crocetta X la battuta sbagliata.
44 ‰ œ œ œ œ œ œœœœ œ ‰ œ œ œœœœ ‰ œ œœœœ ˙
J
a. b. c. d.

10 Esercizi che riguardino le competenze di ascolto o di rielaborazione, come i seguenti, richiedono


invece tempo e dedizione da parte di un lettore competente di musica che dedichi a ogni
singolo dislessico un tempo congruo (da un minimo di almeno mezz’ora per ogni pagina).
a. Ascolta il brano di Rossini (Ouverture dal Guglielmo Tell ) e completa l’analisi proposta.
Per ogni quesito, indica con una crocetta X la risposta corretta.
TRACCIA 16 Parte I – Andante cantabile
1. Che carattere ha questa parte iniziale?
a. Tranquillo b. Nervoso c. Triste d. Agitato
2. Secondo te che cosa intende descrivere?
a. Lo stato d’animo del popolo svizzero oppresso dagli austriaci
b. Il paesaggio delle Alpi svizzere
c. Il desiderio di ribellione del popolo svizzero

TRACCIA 17 Parte II – Allegro


3. In questa parte viene descritto il temporale grazie al quale Guglielmo Tell riuscirà a
liberarsi. Che cosa ti sembra che descriva la musica nella parte iniziale?
a I tuoni e i fulmini
b. Il vento e le prime gocce di pioggia
c. La pioggia e la grandine

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4. Che cosa potrebbe simbolicamente rappresentare la musica del temporale secondo te?
a. La rabbia degli austriaci nei confronti di Guglielmo Tell
b. Il desiderio di ribellione del popolo svizzero
c. La tristezza di Guglielmo Tell per quanto è accaduto al figlio

5. Che cosa descrive secondo te la musica nella parte conclusiva del temporale?
a. Il comparire dell’arcobaleno
b. Il canto di un usignolo
c. La meraviglia dell’uomo di fronte alla natura

b. Immagina di raccontare la favola di Esopo La zanzara e il leone con l’aiuto della musica.

TRACCE 20-24 Ti proponiamo la favola suddivisa in scene.


Leggi il testo e ascolta le cinque proposte musicali scegliendo quelle che ritieni più
adatte per ciascuna situazione:
• puoi utilizzarle come credi, scegliendole tutte oppure no;
• puoi anche scegliere la stessa musica per più situazioni.
Decidi inoltre come collocare le musiche:
• puoi collocarle all’inizio o alla fine della narrazione di ogni scena;
• puoi utilizzarle come sottofondo alla narrazione.

Inserisci il numero delle tracce che scegli negli appositi spazi.


Se preferisci che la narrazione sia priva di musica, lascia la casella in bianco.

Scena 1 - TRACCE 20-24

[…]

11 Le alterazioni. Ho avuto dislessici diplomandi che non leggevano le alterazioni. In sede


di diploma i diesis e i bemolli sono stati ripassati con la penna rossa (come indicato nel
paragrafo 8).

& 43 # œ b œ n œ alterazioni ripassate in rosso

Per concludere, aggiungo soltanto che il dislessico, seguito da una persona e disponendo di
un tempo maggiore degli altri, può fare praticamente tutto. Bisogna quindi evitare di ridurre
troppo gli argomenti da affrontare, viceversa si rischia di ghettizzarlo.
Purtroppo nell’attuale contesto scolastico questi problemi non si possono sempre affrontare
come si dovrebbe e gli insegnanti sono lasciati soli con la loro buona volontà. Spero che queste
mie indicazioni possano facilitare il loro lavoro.

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APPENDICE 3
Strumenti compensativi
Ritmo e tempo
Il ritmo
Il ritmo è un fenomeno che riguarda vari aspetti della vita dell’uomo (il battito del
cuore, la respirazione), della natura (le fasi di sviluppo delle piante, degli animali, le ma-
ree), dell’universo (l’avvicendarsi delle stagioni, il movimento degli astri, dei satelliti della
terra) ecc. Il ritmo dunque è insito nell’essere umano e di conseguenza, fin dai tempi più
antichi, l’uomo ha utilizzato il ritmo per le sue nenie e per le sue danze primitive. Da al-
lora il ritmo ha sempre fatto parte non solo di tutte le manifestazioni musicali, ma anche
di quelle poetiche, cioè il ritmo ha sempre riguardato la poesia, la musica e la danza.

Il tempo

w Ó
˙ Ó
œ Œ
œ ‰
J
œ ≈
R
Tempi semplici e composti
Il tempo di un brano musicale viene raffigurato da una frazione che indica il numero
dei movimenti o il numero delle suddivisioni di ogni battuta.
• La frazione dei tempi semplici indica: il numeratore il numero dei movimenti, il
denominatore il valore di ogni movimento.
• La frazione dei tempi composti indica: il numeratore il numero delle suddivisioni,
il denominatore il valore di ogni suddivisione.
Ogni movimento è diviso in suddivisioni.
I tempi sono semplici quando la suddivisione del movimento è binaria; composti
quando la suddivisione del movimento è ternaria.
Secondo il numero dei movimenti sia le misure semplici, sia le misure composte han-
no accenti forti e mezzoforti.
• Le misure a due e a tre movimenti hanno l’accento forte sul primo tempo.
• Le misure a quattro movimenti hanno l’accento forte sul primo tempo e sul terzo
hanno un accento mezzoforte.
• Le misure a cinque tempi, se sono formate da 2 + 3 hanno l’accento forte sul primo
tempo e l’accento mezzoforte sul terzo; se sono formate da 3 + 2 hanno l’accento
forte sul primo tempo e l’accento mezzoforte sul quarto tempo.
La figura che rappresenta il valore di un’intera battuta si definisce unità di battuta;
la figura che rappresenta il valore di un movimento si definisce unità di movimento; la
figura che rappresenta il valore di una suddivisione si definisce unità di suddivisione.

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Misure semplici a due tempi Misure composte a due tempi

22 ˙ ˙ 46 ˙ . ˙.
22 œ œ œ œ 46 œ œ œ œ œ œ

42 œ œ 68 œ . œ.

42 œ œ œ œ 68 œ œ œ œ œ œ

Misure semplici a tre tempi Misure composte a tre tempi

32 ˙ ˙ ˙ 49 ˙ . ˙. ˙.
32 œ œ œ œ œ œ 49 œ œ œ œ œ œ œ œ œ

43 œ œ œ 98 œ . œ. œ.

43 œ œ œ œ œ œ 98 œ œ œ œ œ œ œ œ œ

Misure semplici a quattro tempi Misure composte a quattro tempi

42 ˙ 12
˙ ˙ ˙ 4 ˙. ˙. ˙. ˙.
42 œ œ œ œ œ œ œ œ 12
4 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

44 œ 12
œ œ œ 8 œ. œ. œ. œ.
44 œ œ œ œ œ œ œ œ 12
8 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

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APPENDICE  3

Misure semplici a cinque tempi Misure composte a cinque tempi

45 œ 15
œ œ œ œ 8 œ. œ. œ. œ. œ.

45 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ 15
8 œœœœœœœœœœœœœœœ

Scale maggiori e scale minori


maggiore
##
& w w w w
Re M w w w w
minore naturale minore armonica minore melodica
## ## ##
& w w w w w w w w #w w w #w #w w w nw nw w w w w
Si m
w w w w w w w w w w w

maggiore
# w w w w
Sol M & w w w w
minore naturale minore armonica minore melodica
# w w w # w #w w # #w #w w w nw nw w w w
Mi m & w w w w w w w w w w w w w w w w w

maggiore

Do M & w w w w w w w w
minore naturale minore armonica minore melodica

& w w w w w w #w w w #w #w w w nw nw w w w w
w w w w w w w w w w w w
La m
w

maggiore
w w w
Fa M &b w w w w w
minore naturale minore armonica minore melodica

&b w w w w w w w w b w w #w w b w nw #w w w nw bw w w w w
Re m w w w w w w w w w

maggiore
b
Si b M &b w w w w
w w w w
minore naturale minore armonica minore melodica
b bb bb
Sol m &b w w w w #w w nw #w w w nw bw w w w
w w w w w w w w w w w w w w w w w

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Intervalli
L’intervallo è la distanza fra due suoni. L’intervallo più piccolo del nostro sistema
musicale è il semitono che è:
• diatonico quando è formato da due note di nome diverso;
• cromatico quando è formato da due note dello stesso nome, delle quali una è
alterata.

& w bw w #w
diatonico cromatico

Tutti gli altri intervalli si possono classificare in:


• diatonici se fanno parte della scala diatonica maggiore o minore (prendendo come
riferimento la tonica) e cromatici se non fanno parte della scala diatonica:

& w w #w
w
diatonico cromatico

• congiunti se formati da due suoni vicini e disgiunti se formati da due suoni distanti:

& w w w
w
congiunto disgiunto

• semplici se compresi nell’ottava e composti se superano l’ottava:*


w
& w w w
semplice composto

• armonici se formati da suoni simultanei e melodici se formati da due suoni suc-


cessivi:

& w w
w w
armonico melodico

• enarmonici quando cambiano i nomi dei suoni dai quali sono formati:

& w w #w
bw
Mi Do Fa b Si #

* Fa eccezione l’intervallo di 9a che è considerato intervallo semplice.

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APPENDICE  3

• diretti se la nota fondamentale è al basso e rivoltati se la nota fondamentale è nella


parte superiore:

& w w
w w
diretto rivoltato

• consonanti se danno una sensazione di riposo e dissonanti se danno una sensazio-


ne di durezza, di sospensione e di moto.
Gli intervalli consonanti si dividono in consonanti perfetti e consonanti imperfetti.
Consonanti perfetti sono l’unisono, la 4a giusta,** la 5a giusta e l’8a. Consonanti imper-
fetti sono la 3a e la 6a maggiori e minori.

• dissonanti sono gli intervalli di 2a e di 7a e tutti gli intervalli eccedenti, diminuiti,


più che eccedenti e più che diminuiti.

Intervalli diatonici
Gli intervalli diatonici sono quelli che fanno parte della scala diatonica: sono gli inter-
valli maggiori, minori e giusti.
A partire dall’unisono, gli intervalli diatonici sono i seguenti:

& w Unisono
w
& bw Seconda minore: 1 semitono
w
& w w Seconda maggiore: 1 tono

& w bw Terza minore: 1 tono e 1 semitono

& w Terza maggiore: 2 toni


w
& w w Quarta giusta: 2 toni e 1 semitono

& w w Quinta giusta: 3 toni e 1 semitono

** Molti teorici considerano l’intervallo di 4a consonanza media.

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& w bw Sesta minore: 3 toni e 2 semitoni

& w w Sesta maggiore: 4 toni e 1 semitono

& w bw Settima minore: 4 toni e 2 semitoni

& w w Settima maggiore: 5 toni e 1 semitono

& w Ottava giusta: 5 toni e 2 semitoni


w

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