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Introduzione
Nel testo si esplorano espressioni della didattica meno praticate, si sono scelti aspetti adatti per
qualsiasi tipo di disabilità o BES. I temi sono articolati in cinque sezioni, fulcro centrale di
ciascuno è il corpo e la corporeità.
La prima sezione contiene considerazioni generali sulle “didattiche altre” e la loro potenzialità
inclusiva. Il primo capitolo parla dei fondamenti di una scuola inclusiva di qualità, della
professionalità docente, della didattica come azione progettuale strategica, le competenze, i
rapporti tra gli allievi, il clima d’aula e la valutazione come processo formativo.
Il secondo capitolo opera una riflessione sulla didattica come disciplina complessa. La seconda, la
terza e la quarta sezione sono dedicate a corporeità, movimento, musica, drammatizzazione e
danza, all’ambiente naturale e agli animali.
L’ultima sezione indaga gli aspetti della comunicazione, la multimedialità come risorsa, il cinema.
Scopo del libro: mostrare come questi campi di esperienza possano essere fonte di arricchimento
per gli allievi, mettendo in gioco anche la dimensione corporea. La motricità è un apprendimento
complesso e mediatrice di comunicazione e espressione di sé. Le attività didattiche considerate
hanno in comune la capacità di coinvolgere, accanto all’intelligenza formale, quella emozionale,
tramite la corporeità.
1.1.2 L’approdo alla categorizzazione dei bisogni educativi speciali: la scelta della
differenziazione didattica
La cultura postmoderna ha assunto la diversità come valore da promuovere, le politiche
scolastiche danno ampio spazio all’individualizzazione e personalizzazione per persone
candidate all’insuccesso scolastico e alla dispersione. I BES comprendono difficoltà diverse:
disabilità, DSA e altre situazioni di disagio. La scelta prevalente per i BES è stata quella
di approntare una didattica integrativa con servizi aggiuntivi e semplificare o diversificare i
percorsi. Gli studi evidenziano i rischi di questo modello:
1- l’idea che sia necessaria una progettazione didattica valida per la maggioranza degli
studenti e percorsi differenziati per chi ha difficoltà sottintende che l’apprendimento sia un
processo omogeneo per la maggioranza → percorsi di individualizzazione o
personalizzazione giustificati con la condizione di difficoltà;
2- la differenziazione estrema può produrre percorsi didattici diversi, in cui gli studenti più
fragili non partecipano né alla progettualità comune né al gruppo classe.
2.1 Qualificare la didattica attraverso la centralità del corpo, ma anche del virtuale
Per lungo tempo la didattica è stata considerata un raccoglitore delle ricadute pratiche e
delle riflessioni teoriche elaborate nella pedagogia. In realtà essa dovrebbe riguardare
l'acquisizione dei saperi e la riflessione sui processi di apprendimento intesi come percorsi
complessi. Si devono quindi considerare anche aspetti ulteriori rispetto ai contenuti
disciplinari, come ad esempio la capacità di esprimersi a livello corporeo e quella di usare
alfabeti legati all’emozionalità, in particolare la musica, la sensibilità ambientale, la danza,
il linguaggio filmico.
2.2 Per una didattica transdisciplinare e dinamica
La didattica potrebbe occuparsi della mediazione tra i diversi linguaggi non solo
disciplinari, ma anche offrire un approfondimento teorico rispetto a quelle che hanno come
oggetto di riflessione l’essere umano, discipline quali la pedagogia, biologia, psicologia,
filosofia, psicoanalisi, antropologia, sociologia, storia. Deve tenere conto non solo della
natura delle diverse discipline, ma anche del contesto di apprendimento, degli aspetti
motivazionali. Concerne sia gli aspetti emozionali e affettivi, sia il sé cognitivo, sia la
motricità intesa come strumento comunicativo ed espressivo. La motricità è il vettore
centrale attorno al quale, all’alba dell’esistenza, si formano la vita affettiva e cognitiva.
Attraverso l’azione motoria, nei primi anni di vita si formano le due cornici dell’esperienza,
il tempo e lo spazio. L’idea stessa della permanenza degli oggetti trae origine dalla
motricità. Per Piaget nel primo anno di vita l’apprendimento è il risultato di azioni che
diventano sempre più organizzate, fino a diventare prassie, ovvero movimenti preceduti e
accompagnati da un progetto. La motricità è una vera e propria funzione dell’Io. Essa ha
un duplice volto: insieme di prassie ma anche di segni che definiscono il linguaggio non
verbale, che produce azioni e significati.
2.3 Didattica e complessità
L’apprendimento è un processo complesso, che si realizza in una relazione. La didattica
potrebbe inoltre fare oggetto di riflessione la specializzazione disciplinare legata alla
separatezza dei saperi. La specializzazione disciplinare è un dato imprescindibile affinché
sia possibile un approfondimento delle ricerche. Tuttavia questo non dovrebbe significare
che non ci si preoccupi del dialogo tra i differenti saperi. L’apprendimento è cognitivo e
affettivo insieme. Intelligenza e attenzione sono funzioni primarie limitate che si possono
incoraggiare e sviluppare in relazione ai contesti e alle differenti esperienze, un filtro che
media i contenuti e i dati. Sono intrecciate strettamente alla memoria. Occorre sostituire
l’idea monolitica del modo di apprendere di ogni singolo alunno con una più sfaccettata,
che tenga conto della compresenza di funzionamenti cognitivo-affettivi diversi. Questo
approccio richiede la disponibilità del docente ad adattare la propria programmazione
pensando a percorsi di stimolazione trasversale. La conoscenza è anche il prodotto
dell’incontro tra persone, è originata dall’esperienza, l’epistemologia genetica di Piaget la
lega allo sviluppo e alle necessità adattive rispetto all’ambiente.
2.4 Insegnamento-apprendimento come pratica comunitaria condivisa
La scuola opera oggi in un contesto di grande complessità, reso variegato ed instabile
anche dai flussi migratori, dai conflitti legati all’appartenenza interculturale, religiosa, di
genere e di generazione. Il suo compito educativo riguarda sia il problema dell’educazione
alla cittadinanza attiva, sia quello delle differenze e alterità. Viviamo una fase storica in cui
i contesti comunitari si sono sgretolati e si vive un incremento del senso di precarietà, che
determinano l’acuirsi delle sofferenze identitarie. La didattica non può essere confinata al
possesso di metodologie adeguate e di tecniche, ma deve generare una teoria critica
rispetto agli stereotipi e alle idee vetuste sui processi di insegnamento-apprendimento,
concepito in ottica trasmissiva, e alla possibile neutralità del docente rispetto ai contenuti o
alle relazioni con allievi e colleghi. Proporre contenuti senza mostrare passione, in maniera
fredda e disincarnata, è una pratica autoritaria e inefficace. Qualsiasi contenuto
disciplinare è interessante se viene proposto come qualcosa di vivo e se genera curiosità,
dubbi, domande. Ciò è possibile solo se i contenuti non vengono presentati come certezze
monolitiche, ma come qualcosa di mobile e vivo, da poter confrontare con altri contenuti di
campi di saperi differenti. La disponibilità al confronto dovrebbe essere un impegno
condiviso dal corpo docente. Solo in un’ottica comunitaria la specializzazione disciplinare
può lasciare spazio a momenti transdisciplinari, legati a pratiche esperienziali diverse,
come la musica o altre attività che coinvolgano il corpo e il nostro rapporto con i fenomeni
naturali, come gli animali e l’ambiente.
2.5 Immaginazione, creatività, dimensione ludica e didattica. Il caso dei videogiochi
Tra Io e mondo esiste una terza area, intermedia, che ha a che vedere con
l’immaginazione. Cinema, teatro, musica, danza, attività motoria, rapporto diretto con
l’ambiente e gli animali rappresentano altrettanti modi di abitare questa terza dimensione.
Nella scuola tuttavia l’attenzione a questi elementi è scarsa o nulla, compaiono come
eccezioni e non come elementi importanti per la formazione. Anche l’uso della rete e dei
nuovi media, che rendono possibili nuovi modi di esprimersi e comunicare, deve essere
analizzato in quest’ottica. Spesso, nel riflettere sulla rete, si assumono atteggiamenti
moralistici improntati alla diffidenza, pregiudizi che valgono anche per i videogiochi,
considerati elementi di ostacolo o distrazione rispetto all’apprendimento, e non come
possibili facilitatori. I videogiochi sono in grado di sollecitare la dimensione intellettiva, ma
anche di canalizzare eventuali energie negative. Se attentamente selezionati possono
essere ausili importanti rispetto a problemi di apprendimento correlati a stress e ansia,
perché rendono possibile esprimere frustrazioni affettive e sentimenti, incrementando
l’intelligenza emozionale. Il fascino dei videogiochi è analogo a quello dei libri, ma con
qualcosa in più: la capacità di amplificare ciò che accade quando leggiamo. Durante la
lettura il cervello si comporta come se non sapesse che ciò che ci emoziona non è originato
da vicende personali. I romanzi e i racconti stimolano la formazione della teoria della
mente, competenze metacognitive importantissime nella relazionalità sociale. Allo stesso
modo viene stimolata la capacità empatica, perché è possibile immedesimarsi
maggiormente nei personaggi protagonisti delle narrazioni dei videogiochi, che
assomigliano a veri film, la cui trama non è però subita passivamente ma creata.
2.6 Riflessioni conclusive
La didattica nuova dovrebbe mediare tra esistenza soggettiva e oggettiva, tra Io e mondo,
collocandosi nella terza dimensione dell’immaginazione creativa. La sua riflessione
dovrebbe trovare spazio nell’alveo del pensiero complesso, creando legami tra le scienze
esatte e le scienze umane. Dovrebbe occuparsi anche della soggettività dei docenti e dei
discenti. I docenti non hanno solo il compito di proporre conoscenze, quanto quello di
adattarle ai saperi pregressi, allo stile di apprendimento, all’affettività e alle competenze
metacognitive degli allievi. Occorre incrinare la partizione disciplinare dei saperi anche
tramite esperienze di confine nei quali il corpo gioca un ruolo di primo piano.
L’evoluzione scientifica e culturale del corpo e del movimento negli ultimi decenni ha
condotto l’educazione fisica ad essere riconosciuta come disciplina interdisciplinare, grazie
alla quale si sviluppano emozioni e metacognizione. Si è avuto il superamento dell’idea che
un corpo biologico si serva di una palestra per fini di salute e dell’aula come ambiente
privilegiato per lo sviluppo del pensiero astratto. L’Embodied Cognition valorizza azione e
percezione come base per lo sviluppo dei processi cognitivi.
4.1 Il contesto di riferimento
Nel XIX secolo si aveva la netta distinzione tra teoria come sapere e prassi come
produzione, in realtà la pratica è di supporto alla teoria e viceversa. Recenti ricerche
neuroscientifiche, grazie al neuroimaging, hanno dimostrato come tra teoria, ovvero
cognizione, e pratica, cioè azione, sussiste un legame indissolubile: il corpo. I
neuroscienziati hanno collegato questi meccanismi del sistema sensomotorio alle relazioni
sociali. Tra le scoperte più importanti, quella dei neuroni specchio ha dato la possibilità di
derivare la soggettività dall’intersoggettività. Il senso di sé è precocemente sviluppato a
partire dalla possibilità di interagire con l’altro. La simulazione motoria promossa dai
neuroni specchio è il correlato neurale della facoltà umana descrivibile come “simulazione
incarnata”, che rende possibile le esperienze intersoggettive, alla base dell’empatia.
6.2 La scuola primaria: metodi ed esperienze. Un intervento applicato a bambini con DSA
Nella scuola primaria gli obiettivi sono diversificati tra primo e secondo ciclo. Nel primo
ciclo le metodologie e gli strumenti saranno simili alla scuola dell’infanzia, sebbene con
un’accentuata creazione di gruppo, aspetto che sarà sviluppato nel secondo ciclo. L’idea del
gruppo e l’aspetto inclusivo diventano più consapevoli, mediati anche dall’aspetto
razionale. Spesso i bambini di altre nazionalità, che non sanno ancora esprimersi nella
lingua italiana, sono più dotati nel movimento, ciò consente al gruppo classe di guardarli
attraverso una nuova prospettiva, conoscendone nuove abilità. Nel secondo ciclo possiamo
inserire maggior complessità, ad esempio rinforzare la relazione tra i diversi linguaggi
artistici. Molto interessante applicare la danza ad una narrazione, che consente di aprire la
relazione della danza con altri campi di apprendimento, quindi scegliere brevi storie da
rappresentare attraverso la danza. Suscitano grande interesse le storie di animali, si può
stimolare i bambini ad acquisire le sembianze di un animale che salta, striscia, vola.
Inventiamo una storia semplice che abbia come protagonisti animali con diverse
caratteristiche motorie e scegliamo musiche che si adattino al loro modo di procedere. È
possibile incoraggiare dinamiche relazionali nel gruppo più complesse, ad esempio
costruendo un grande elastico, di dimensione proporzionata alla quantità di bambini. A
seconda della forma dell’elastico possiamo realizzare esercizi diversi, ad esempio stimolare
nel gruppo la creazione di un equilibrio basato su tensioni contrastanti, permettendo ai
bambini di scambiarsi di posto → importante la relazione che si crea. Usiamo musiche
giocose e vivaci, per una danza festosa in cui l’aspetto della relazione interpersonale e
all’interno dell’intero gruppo prenderà sempre più corpo. Nell’elastico a forma di rete
possiamo avere esercizi diversi, la rete è costituita da spazi vuoti diversi gli uni dagli altri.
Attraverso movimenti di danza si creeranno contrapposizioni ed equilibri di forze. I
bambini si scambieranno di posto, anche qui la relazione deve essere forte perché c’è
necessità di coordinamento. Negli spazi grandi i movimenti saranno ampi, in quelli stretti
avranno ampiezza limitata. Questo esercizio sviluppa il senso del limite e della
condivisione. Intendiamo illustrare un’esperienza di “danzamovimentoterapia” realizzata
con bambini con DSA in una scuola primaria di Lucca. I laboratori sono stati pensati per
fare usare al bambino lo spazio in maniera più piena e articolata, mettendolo in relazione
con l'espansione della sua dimensione emotiva e relazionale, così da rendere possibile un
uso più adeguato dello spazio-foglio. Si è trattato del gioco del “costruire architetture”.
Grazie ad un filo rosso, fatto passare da un punto all’altro della stanza, si è trasformato lo
spazio in tanti spazi frammentati, di diverse forme e misure. I bambini sono stati invitati a
scegliersi uno spazio adatto a sé, riempiendo il proprio spazio con salti, giri, curve e i
movimenti più disparati. Abbiamo visto svilupparsi un significativo progresso, i bambini
iniziano a concepire che c’è un retro e non solo un davanti. Terminato il percorso, si
evidenziano una maggior consapevolezza dello spazio, un miglioramento delle relazioni, un
incremento dell’autostima e dell’autonomia.
6.3 La scuola media di primo grado: come Alice nel Paese delle Meraviglie
La scuola secondaria di primo grado è il ciclo della “sindrome di Alice”. Il corpo subisce
continue trasformazioni, ciò genera un rilevante problema di identità. È il periodo più
delicato della crescita, ma anche quello in cui sono attuati meno interventi con i linguaggi
delle arti. Nella scuola si preferisce spesso esaltare unicamente l’aspetto della conoscenza
razionale. In questa età si solidifica la biforcazione occidentale tra conoscenze razionali e
corporee-emozionali. La danza rimette al centro il problema di questa età: il corpo. Il
rapporto con il sociale è più consapevole, ma anche più popolato da pregiudizi e stereotipi
che accentuano il problema. C’è bisogno di intervenire con strategie raffinate. Un
intervento di natura artistica, che pone al centro la conoscenza del corpo non di tipo
sportivo, incontra diffidenze da parte degli allievi. Infatti, mettere al centro una relazione
di consapevolezza non meccanicistica con il proprio corpo crea problemi di accettazione,
oltre al pregiudizio che la danza sia un’attività femminile. È utile allora inserire la danza in
una visione teatrale più ampia. Se torniamo ad Alice nel Paese delle Meraviglie possiamo
proporre un testo parallelo, creato dai ragazzi, che individui dietro i vari caratteri alcuni
personaggi dei nostri giorni. Sono possibili sinergie con altri insegnamenti, come la musica
o l’inglese. La danza sarà un mezzo privilegiato di espressione artistica. Tutti i personaggi
dovranno essere interpretati da tutti, in modo che le diverse abilità si sviluppino in
ciascuno. Moltiplicheremo i personaggi: tante Alici, tanti cappellai e così via.
6.4 Gli istituti di secondo grado: altre strategie
Nelle scuole medie superiori, le strategie usate saranno in parte analoghe a quelle delle
medie inferiori, con una connessione più evidente con gli altri insegnamenti. Riportiamo
un’esperienza condotta nel liceo artistico di Pisa “F. Russoli”, con diverse classi del terzo e
quarto anno. Il laboratorio aveva la tematica della prima guerra mondiale, con le lettere
dei soldati al fronte. Al centro un episodio particolare: la notte di Capodanno del 1917 i
nemici austriaci e italiani escono dalle trincee e insieme cantano, suonano e ballano. Questa
è la chiave di volta che ha posto al centro il corpo e la danza. I testi delle lettere sono stati
letti nelle ore di italiano e storia, sono stati tagliati scegliendo le parti che mettevano in
gioco il corpo. I laboratori sono stati sempre inclusivi. Partire dallo stimolo della guerra ha
permesso di coinvolgere anche i maschi, le allieve sono state altrettanto gratificate nel
rivestire ruoli maschili. L’immedesimazione in storie molto intense ha sviluppato
consapevolezza, senso critico nei confronti delle guerre e senso di gruppo e spirito di
solidarietà.
È proprio in relazione agli aspetti drammatici del vissuto adolescenziale che appare
importantissimo proporre strumenti di tipo artistico, per elaborare il disagio evolutivo.
6.5 Riflessioni conclusive
L’intervento della danza può essere svincolato da qualsiasi intento interpretativo ed avere
l’unico obiettivo di creare relazioni tra gli allievi, coinvolgendo anche i ragazzi più fragili e
lavorando quindi con l’intero gruppo classe. Se invece si ha l’obiettivo di affrontare
problematiche specifiche di alcuni ragazzi, è più proficuo costruire gruppi integrati con un
numero di allievi inferiore a 12 unità. Dobbiamo compiere un’attenta analisi delle
caratteristiche e dei bisogni dei ragazzi coinvolti. Va maturata la sensibilità a riconoscere
caratteristiche fisiche che possono essere spie di problematiche e agire su quelle. All’inizio
è opportuno rompere il ghiaccio facendo muovere i ragazzi in uno spazio ampio. Se
abbiamo ragazzi ipercinetici, possiamo usare musiche che li obblighino a rallentare, se
abbiamo ragazzi introversi, possiamo usare esercizi che li obblighino all’apertura e al
protagonismo. Con ragazzi depressi e inattivi usiamo un ritmo sostenuto. Se notiamo
rigidità usiamo dinamiche che incoraggino fluidità di movimento, con apporti musicali di
tipo melodico. L’apprendimento attraverso la danza, concepita come strumento educativo,
dovrebbe essere un elemento costante in tutta la vita scolastica.
7.6 Attivare le risorse dell’agricoltura sociale per accrescere le possibilità delle persone
L’agricoltura sociale offre l’occasione per ricostruire le reti di relazioni sul territorio, di
welfare di comunità, nuove alleanze comunitarie attraverso la sussidiarietà tra pubblico,
privato sociale, privato d’impresa, cittadini, consumatori.
10.3 Il laboratorio musicale quale contesto inclusivo: dalle intuizioni di Seguin al valore
dell’educazione artistico-musicale
L’attività musicale nella dimensione laboratoriale è un contesto collettivo di apprendimento
e di interazione sociale in cui ciascuno può sviluppare un livello soddisfacente di
partecipazione, l’attitudine per il suono è infatti una caratteristica universale degli esseri
umani. La musica ha vocazione interdisciplinare e ha la capacità di potenziare le altre
discipline, produce rilevanti miglioramenti del linguaggio, della memoria, della lettura,
della matematica. La predisposizione di un ambiente di apprendimento musicale inclusivo
che pone alla base l’esperienza sensoriale, corporea ed emotiva del suono richiede una
progettualità consapevole, che ricerchi soluzioni idonee per valorizzare le differenze
individuali attraverso attività che, riducendo le distanze tra le persone, consentano lo
sviluppo del senso di appartenenza alla comunità. La pratica musicale è un fondamento
dello sviluppo della persona, il laboratorio musicale può divenire una arricchente
esperienza di gioco.
10.4 La dimensione ludica del laboratorio musicale: l’esperienza della gioia e della bellezza
Musicalità e senso sonoro sono doti innate in tutti i bambini, quindi bisogna guidare a
scoprire tale potenzialità, affinché affiori spontaneamente.
La musica e il gioco si intrecciano, promuovendo la partecipazione autentica dell’allievo. Il
gioco per Vygotskij è la fonte dello sviluppo e crea la zona di sviluppo prossimale. Giocare
significa vivere con piacere e intensità esperienze concrete, comprendendone il significato e
incrementando abilità motorie, cognitive, linguistiche e sociali. L’attività di gioco è di
particolare rilevanza per i soggetti con BES, perché promuove lo sviluppo del potenziale.
Per gli allievi con disabilità, la partecipazione ad attività ludiche consente di superare o
ridurre la passività che spesso caratterizza le situazioni educative e riabilitative, a favore
di un attivo coinvolgimento psicofisico e una gratificazione personale. Se il gioco e la
musica si incontrano in un progetto laboratoriale, danno luogo ad una doppia integrazione,
non soltanto per l’incontro efficace tra gli allievi, ma anche tra docenti motivati a fare
gruppo.