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Teoria e pratica della formazione (cfu 6) a.a. 2020/21 - Prof. M.

Caputo
Analisi di caso - prova maggio 2021

VERONICA

Veronica è figlia unica di una coppia piuttosto agiata, e risiede in un paese di provincia di
15.000 abitanti: è molto popolare fra i suoi compagni, è molto graziosa e ammirata dai coetanei,
anche se invidiata dalle compagne, su cui esercita una certa leadership. Alcune compagne la
“adorano”, e solo qualcuna esprime riserve critiche sul suo carattere (Veronica è “viziata” e
pretende di essere la “cocca” di tutti o di “vincere sempre lei”).
Negli anni della scuola media, frequentata nel suo paese, Veronica ha sempre avuto buoni
risultati scolastici, e apparentemente godeva di simpatia e stima da parte dei suoi professori.
Predilige l’italiano, e negli anni della scuola media ha vinto dei concorsi di poesie per ragazzi. Nella
squadra di palla a volo della scuola ha ottenuto successi. Per tre anni era stata rappresentante di
classe, e si era candidata nel baby consiglio comunale per due volte con successo (la seconda volta è
stata baby sindaco). Ha studiato danza per circa otto anni, e si è distinta come ballerina in spettacoli
scolastici e non. Il giudizio finale della scuola media è stato “ottimo”, con un consiglio orientativo
per “qualunque scuola” (di tali giudizi di “ottimo”, quell’anno ne sono stati dati solo 2 o 3 per
ciascuna delle cinque classi terminali). Quest’anno si è iscritta al Liceo classico di una cittadina
distante trenta chilometri.
Ieri (siamo quasi a metà febbraio) la prof.ssa Giacobini, che ci insegna latino e greco, ha
rimproverato aspramente Veronica, sebbene con qualche ragione: infatti Veronica stava, per
l’ennesima volta, scambiando un’opinione con il suo compagno di banco, mentre l’insegnante
interrogava. Si deve premettere che Veronica, fin dall’inizio dell’anno, ha già dimostrato una certa
vivacità di condotta, e una certa insofferenza di qualsiasi richiamo, tanto da meritarsi un otto in
condotta nel primo quadrimestre. Tre o quattro giorni prima era anche accaduto che Veronica
continuasse a correggere un compito sul quaderno (copiando dal solito compagno), proprio mentre
la stessa docente rimproverava la classe per una malefatta collettiva, e, ripresa, avesse insistito
replicando due o tre volte, fino a quando l’insegnante l’ha allontanata dall’aula.
Ieri la Professoressa Giacobini ha forse lasciato trapelare, nelle sue parole, una irritazione
eccessiva nei riguardi di Veronica, e un giudizio umiliante nei suoi confronti. Questa volta Veronica
non ha replicato, ma dopo qualche minuto ha chiesto di uscire dalla classe, e ha telefonato ai
genitori riferendo loro l’accaduto con molte lacrime.
I genitori si sono precipitati a scuola nella successiva mezz’ora, mentre l’insegnante, finite le sue
ore, era già andata via. Era l’intervallo, ed essi hanno trovato la figlia fra i compagni, in quel
momento in corridoio: la madre di Veronica ha condotto una rapida inchiesta fra i ragazzi,
facendosi ripetere dalla figlia, sempre in lacrime, e da due sue amiche, i dettagli dell’accaduto. Ha
poi cercato l’insegnante, interpellando i bidelli e il personale di segreteria, e subito dopo si è
fiondata in presidenza, dove ha letteralmente aggredito verbalmente il Preside, con la narrazione
dell’accaduto. Dieci minuti dopo il Preside ha recuperato la pagella di Veronica, contestando a
madre e figlia che “il vero problema del rapporto con la professoressa Giacobini sono i voti bassi in
latino (3/4) e greco (4/4) riportati da Veronica al primo trimestre”.
I compagni di Veronica, rientrati in classe, ma con la porta aperta a causa del ritardo
dell’insegnante, hanno sentito distintamente le voci alterate della madre di Veronica, e le sue
minacce di portar via la figlia da quella scuola, dove l’insegnante di latino e greco si sarebbe “messa
sul naso” Veronica fin dall’inizio dell’anno. A un certo punto si è sentito distintamente il Preside
risponderle, anch’egli con voce alterata, che prendesse subito il nulla osta e che egli “non intendeva
vedere più nella scuola né lei né la figlia”.
Veronica non è più tornata a scuola. Tre giorni dopo era già iscritta e cominciava a frequentare
un altro Liceo, in una città vicina.

Fonte: narrazione informale di un gruppo di adolescenti appartenenti alla classe in cui l’episodio si è verificato. E’
stato possibile verificare la sostanziale autenticità degli elementi narrati, ma non è stato possibile discutere il caso con
gli insegnanti e il Dirigente della Scuola. (2002)
Testo revisionato per uso didattico, ad esclusivo uso interno corso Teoria e pratica della formazione a.a. 2019/2020
Teoria e pratica della formazione (cfu 6) a.a. 2020/21 - Prof. M. Caputo
Analisi di caso - prova maggio 2021

Cognome Nome Matricola Note

Tuttoilmondo Manfredi Maria 0001000455

Il corsista dopo aver risposto alle due domande, sulla base delle piste di lavoro suggerite e delle
categorie apprese dal corso, proponga una lettura pedagogica del caso di Veronica:

Domande:

1) Quale particolare (1, max 2) del caso risulta particolarmente significativo?

Risposta domanda 1:

2) Quale problema (1, max 2) presenta il caso di Veronica?

Risposta domanda 2:

Piste di lavoro (non è necessario rispondere in sequenza):

Prima di analizzare il caso proporne una sintesi


Quali elementi caratterizzano la figura di Veronica?
Quali elementi caratterizzano l’insegnante di greco e latino?
Come descriveresti il problema del caso narrato dai compagni?
Come si deve valutare l'intervento della madre? e l’intervento del Preside?
Che cosa si poteva e/o doveva fare che non è stato fatto?
Esistono problemi più generali che fanno da sfondo a questo caso?
Alla luce delle categorie pedagogiche proposte dal corso quali valutazioni sono possibili sul caso
di Veronica?

Analisi di caso

Il percorso scolastico di Veronica, frequentante un Liceo Classico, è cambiato radicalmente dopo un


cattivo giudizio indirizzatole dall’insegnante di Latino e Greco. La giovane studentessa, in realtà,
non sembra avere mai avuto un rapporto felice con la docente, che non poteva apprezzarne la
vivacità di condotta, né la tendenza a distrarsi durante le lezioni. Le valutazioni, inoltre, erano
largamente insufficienti e Veronica, costretta a copiare dal solito compagno, mostrava chiari
problemi di apprendimento.

Eppure, gli insegnanti della scuola media erano convinti del contrario: le avevano dato giudizi
ottimi in tutte le materie, con l’indicazione di potere frequentare “qualunque scuola” senza
particolari difficoltà. Inoltre, Veronica si era già distinta nello sport di gruppo, ottenendo diversi
successi nella pallavolo; all’interno del gruppo classe, era stata eletta più volte rappresentante e, più
in generale, esercitava una certa leadership su compagne e compagni.

Veronica sembrava possedere, pertanto, il carisma e la personalità utili a misurarsi con i problemi
soliti di una scuola superiore: principalmente, il processo di ambientamento nel gruppo classe, la
conoscenza dei diversi docenti e la scoperta di campi della cultura (come le letterature latina e
greca) totalmente nuovi.
Fonte: narrazione informale di un gruppo di adolescenti appartenenti alla classe in cui l’episodio si è verificato. E’
stato possibile verificare la sostanziale autenticità degli elementi narrati, ma non è stato possibile discutere il caso con
gli insegnanti e il Dirigente della Scuola. (2002)
Testo revisionato per uso didattico, ad esclusivo uso interno corso Teoria e pratica della formazione a.a. 2019/2020
Teoria e pratica della formazione (cfu 6) a.a. 2020/21 - Prof. M. Caputo
Analisi di caso - prova maggio 2021

Tuttavia, la situazione è presto degenerata. Un giorno di metà febbraio, Veronica ha ricevuto un


“giudizio umiliante” dall’insegnante di latino e greco. La studentessa non ha risposto, ma ha
lasciato la classe e ha chiamato alla svelta i genitori, che sono presto arrivati a scuola. In particolare,
la madre ha investigato sul fatto chiedendo ai compagni della figlia e si è poi precipitata in
presidenza. I toni aggressivi della madre hanno mal disposto il preside; i due hanno avuto un’accesa
discussione, che ha definitivamente convinto la madre di Veronica a chiedere il nulla osta per la
figlia. La ragazza ha così cambiato liceo nel giro di appena tre giorni.

Iniziamo l’analisi di caso, considerando dapprima il profilo della giovane studentessa. Veronica è
“figlia unica di una coppia piuttosto agiata”. Una famiglia di questo tipo, di classe sociale medio-
alta, tende ad esporre il cucciolo d’uomo ad una vasta gamma di possibilità. Negli anni della scuola
media, la giovane ha infatti giocato a pallavolo, studiato danza e si è distinta come ballerina in
spettacoli scolastici e non. Da talune esperienze e situazioni, Veronica ha potuto strutturare e
sviluppare la forza psichica del suo Io, acquisendo tramite i successi una certa fiducia in sé stessa.
Un ambiente del genere può rivelarsi funzionale alla scuola, almeno nei primi anni di
apprendimento, e può garantire altre possibilità di successo. Veronica, difatti, si appassiona della
letteratura italiana e vince concorsi di poesie per ragazzi: in generale, ottiene “buoni risultati
scolastici” e, almeno apparentemente, è stimata dai suoi professori. Alla fine del percorso nella
secondaria di primo grado, il giudizio è infatti “ottimo”, con un consiglio orientativo per
“qualunque scuola”.

Assieme alla famiglia, la giovane risiede in un paese di provincia di 15.000 abitanti. Si tratta di un
ambiente dalle dimensioni ristrette, che fa da orizzonte socioculturale delle esperienze di Veronica.
È molto popolare fra i compagni: alcuni di questi la ammirano, altri invece esprimono riserve
critiche sul suo carattere. In generale, la giovane esercita sulla sua piccola comunità una certa
leadership. Non casualmente, negli anni della scuola media, Veronica si attiva anche nell’ambito del
sociale: è per tre anni rappresentante di classe, si candida al baby consiglio comunale per due volte
con successo e la seconda è perfino baby-sindaco. Certamente, non è difficile presumere che,
all’interno di un paese tanto piccolo, in tanti avranno avuto modo di conoscere la piccola e
talentuosa Veronica. Il peso dei suoi successi, di per sé non eclatante, assume così un altro valore,
più significativo, rispetto a quanto accadrebbe normalmente all’interno di ambienti più ampi e
dispersivi come quelli cittadini.

Adesso, il passaggio alla secondaria di secondo grado rappresenta una grande novità per la vita di
Veronica. Il Liceo Classico dove si è iscritta dista infatti una trentina di chilometri dal suo paese.
Dopo i diversi successi in provincia, dicevamo in diversi ambiti, la giovane dovrà riaffermarsi
all’interno di un nuovo ambiente e di una nuova comunità. Come d’altronde afferma John Dewey,
all’interno di “Democrazia ed educazione”, compito prioritario della scuola è anche quello di
provvedere a che “ogni individuo venga in contatto più vivo con un ambiente più ampio”.

Tuttavia, Veronica mostra “una certa vivacità” in classe, così da meritarsi un otto in condotta nel
primo trimestre. In particolare, la giovane studentessa ha rapporti molto conflittuali con la
Professoressa Giacobini, che le insegna latino e greco. È già accaduto che la ragazza si rivolgesse
con insistenza nei confronti dell’insegnante, costretta poi ad allontanarla dall’aula. Nella relazione
Veronica - Professoressa Giacobini, non si è saldato quel patto di solidarietà reciproca che lega
docenti e discenti. Il voto di condotta si rivela un particolare significativo nell’analisi di caso,
poiché la scuola non può intervenire solamente sull’acquisizione delle abilità, qualunque esse siano,
ma deve addestrare anche al complesso delle norme etico-politiche.

Fonte: narrazione informale di un gruppo di adolescenti appartenenti alla classe in cui l’episodio si è verificato. E’
stato possibile verificare la sostanziale autenticità degli elementi narrati, ma non è stato possibile discutere il caso con
gli insegnanti e il Dirigente della Scuola. (2002)
Testo revisionato per uso didattico, ad esclusivo uso interno corso Teoria e pratica della formazione a.a. 2019/2020
Teoria e pratica della formazione (cfu 6) a.a. 2020/21 - Prof. M. Caputo
Analisi di caso - prova maggio 2021

Nonostante abbia già accumulato esperienze e successi di diverso tipo, Veronica non è ancora un
soggetto autonomo. Il suo processo evolutivo, e strettamente educativo, è ancora in corso. E
dell’esperienza educativa, la scuola costituisce la sua “forma strutturale” per eccellenza. All’interno
di essa, il soggetto può anche confliggere con figure adulte significative per lo sviluppo della sua
autonomia, perché, come sottolineato da Bruner, la scuola non è solo “preparazione alla vita, ma
vita essa stessa” e le dimensioni vitali e sociali dell’esperienza scolastica restano ineliminabili.

Tuttavia, il dualismo Veronica - Professoressa Giacobini travalica i limiti consentiti, divenendo


irrecuperabile. La docente si lascia scappare un giudizio “umiliante” nei confronti della discente,
che decide di abbandonare l’aula senza dare risposta. Si tratta dell’evento scatenante l’abbandono
da parte di Veronica di quel Liceo Classico. Il problema principale (certamente non il solo) del
“Caso Veronica” è rappresentato primariamente da quel sentimento di irritazione dell’insegnante,
poi reso esplicito dalle sue parole.

Indubbiamente, il comportamento della Professoressa Giacobini segnala una mancanza di


“competenza comunicativa”, che è invece fondamentale nella gestione delle relazioni con i propri
discenti. Inoltre, l’insuccesso del dialogo discente-docente sta anche nella totale assenza di
quell’ascolto attivo ed “empatico”, che è stato fruttuoso campo di ricerca di Carl Rogers. L’Io del
soggetto Veronica, ancora immaturo, si lascia facilmente “mandare in pezzi” dalle pulsioni e dalle
emozioni negative: le sue reazioni scomposte, la sua tendenza a distrarsi, il gesto (quasi di sfida) di
copiare dal compagno restano comportamenti inaccettabili dal docente, ma meritevoli di un loro
“riconoscimento”. Sono chiari segnali di insofferenza, cui la Professoressa Giacobini avrebbe
dovuto assegnare una loro importanza, diremmo meglio un “valore”. Ad ogni modo, la scuola deve
costituire una “situazione protetta”, dove il soggetto può commettere degli errori. Tale
accorgimento fa da primo passo per il recupero del discente, per la sua responsabilizzazione ed
acquisizione di regole di condotta del suo Io.

Dunque, la responsabilità maggiore resta, inevitabilmente, del soggetto adulto. Non si può attribuire
piena intenzionalità ad un soggetto immaturo: la logica conseguenza di tutto ciò resta lo scontro, in
sé privo di finalità risolutive. La docente, difatti, non ha saputo agire da “contenitore” esterno di
Veronica, che è invece soggetto bisognoso/meritevole di ascolto, attenzione e comprensione. Come
sostiene Bruner, la “teoria della cultura”, che pensa e individua oggetti degni di essere insegnati,
non può mai essere scissa da una implicita “teoria della mente”, che presuppone sempre l’esistenza
dell’allievo e dei suoi bisogni.

Ma ritorniamo brevemente al racconto dei fatti. Veronica è in palese difficoltà emotiva e decide di
chiamare i suoi genitori. Come sembra evincersi dalla testimonianza del gruppo di adolescenti, la
giovane è al suo primo significativo insuccesso. Le valutazioni, sia in latino sia in greco, non sono
certamente positive: Veronica non è andata oltre il “4” in alcuna delle verifiche trimestrali. Tuttavia,
sappiamo bene che il voto, da solo, non potrà condizionare il tipo di atteggiamento da tenere nei
confronti dell’alunna. In tal senso, è illuminante la ricerca, condotta da Giorgia Pinelli e Michele
Caputo, sul tema della valutazione presso l’Istituto Spallanzani di Sassuolo. Come ribadiscono
alcuni docenti, l’esito valutativo di una o più prestazioni non può costituire “un giudizio globale
sulla persona”. Anche la valutazione stessa deve agire a sostegno dell’Io, attraverso un abile
processo di dis-identificazione dell’allievo rispetto a quanto svolto/compiuto nelle verifiche.

Inoltre, andando più a fondo, approcciarsi alle grammatiche greca e latina non è cosa semplicissima.
Esse rappresentano, pressocché per qualsiasi discente, dei mondi inesplorati e dei cammini
particolarmente tortuosi. Purtroppo, non è sufficiente avere conseguito ottimi giudizi nella

Fonte: narrazione informale di un gruppo di adolescenti appartenenti alla classe in cui l’episodio si è verificato. E’
stato possibile verificare la sostanziale autenticità degli elementi narrati, ma non è stato possibile discutere il caso con
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secondaria di primo grado per affrontare brillantemente materie di stampo classico. Serve un lungo
processo di ambientamento, che sarà segnato da cadute rovinose e, più nel concreto, da versioni mal
tradotte e di alcuno senso logico.
A tal proposito, Maria Teresa Moscato propone un confronto verbale tra una ragazza, che è
coetanea di Veronica, ed una sua insegnante di recupero, a partire da una traduzione piena di
strafalcioni. Nella fattispecie, discente e docente dialogano in modo disteso, si ascoltano
attivamente, correggono assieme il testo maltrattato. La giovane dirà alla fine: “Con lei mi viene
facile tradurre. Mi sembra di capire tutto”. Questa è la condizione di tanti ragazzi, che lasciano
emergere le loro competenze solo se sostenuti da una figura adulta ritenuta affidabile. In tal senso,
l’attivazione di metodi induttivi attivi, come la funzione di tutoraggio svolta dall’insegnante
sopracitata, facilitano il consolidamento delle abilità del discente, che viene finalmente messo a suo
agio: di più, tutto ciò interviene a favore del rapporto con il docente.
Ancora, non è possibile focalizzarsi soltanto sugli esiti delle verifiche già sostenute. Alla
valutazione di tipo diagnostico, che fornisce il quadro generale dell’alunna concernente
atteggiamenti e competenze attuali, bisogna sapere affiancare una valutazione di tipo prognostico,
che prefigura invece i possibili traguardi raggiungibili dall’allievo.
Pertanto, “il vero problema del rapporto di Veronica con la Professoressa Giacobini” non può e
non deve essere rappresentato dai voti bassi riportati dalla giovane nel primo trimestre. Inoltre, il
giudizio riguardante un’alunna non può dipendere soltanto dalle valutazioni di un singolo
insegnante. Più in generale, il problema riscontrato da un docente con uno dei suoi discenti, non è
mai un problema del solo docente chiamato in causa: in certe situazioni, resta auspicabile anche
l’intervento di un consiglio di classe. Non è allora condivisibile la motivazione fornita dal preside
circa la natura conflittuale del rapporto tra docente e discente.

Le parole del preside, che oggi chiameremmo dirigente scolastico, scaturiscono da un acceso
diverbio con la madre di Veronica. Anche il comportamento dei genitori, in particolare della madre,
merita una riflessione approfondita. La madre, appena arrivata a scuola, ha condotto un’inchiesta
rapida con le compagne e i compagni di Veronica, dipoi con la figlia, per venire a conoscenza dei
dettagli dell’accaduto.
Tale gesto potrebbe definirsi istintivo, naturale per un genitore che vede la propria figlia in lacrime
e in preda alla disperazione. Tuttavia, la madre di Veronica avrebbe fatto meglio a non intervenire.
Maria Teresa Moscato ci racconta, a tal proposito, di una giovane madre che lascia la figlia scottarsi
la mano a contatto con il ferro da stiro: dalla prossima volta, la bambina ricorderà il dolore della
“bruciatura” ed eviterà di toccare gli oggetti ancora caldi. E, in fondo, anche per Veronica si tratta
questa di un’esperienza educativa, che dovrà prima o poi sperimentare da sé, comprendere e,
soltanto alla fine, “addomesticare”. L’insuccesso, appartenente alla logica intrinseca del processo
educativo, è soltanto una possibile “vaccinazione” della fisiologica presunzione del cucciolo
d’uomo.
Ma non sembra una casualità che Veronica sia figlia unica: la giovane appare schiacciata da un
eccesso di investimenti affettivi concentrati su di lei, almeno da parte della madre.

La conclusione del “Caso Veronica” è certamente infelice: la giovane studentessa cambia Liceo nel
giro di tre giorni, anche su suggerimento fatto dal preside alla madre. Il preside “non intendeva
vedere più nella scuola né lei né la figlia”: anche questa affermazione rappresenta uno spunto di
riflessioni. Come afferma l’articolo 25 del decreto legislativo 165 del 2001, “spettano al dirigente
scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane”.
Nella fattispecie, invece, il preside del “Caso Veronica” esercita solo una funzione di scarto nei
confronti di una sua alunna, che non ha preso parte all’acceso diverbio e le cui ragioni resteranno

Fonte: narrazione informale di un gruppo di adolescenti appartenenti alla classe in cui l’episodio si è verificato. E’
stato possibile verificare la sostanziale autenticità degli elementi narrati, ma non è stato possibile discutere il caso con
gli insegnanti e il Dirigente della Scuola. (2002)
Testo revisionato per uso didattico, ad esclusivo uso interno corso Teoria e pratica della formazione a.a. 2019/2020
Teoria e pratica della formazione (cfu 6) a.a. 2020/21 - Prof. M. Caputo
Analisi di caso - prova maggio 2021

inascoltate. Dato il suo ruolo, il preside non poteva certamente basarsi sulla scarsa compostezza di
una figura genitoriale per facilitare l’allontanamento di una studentessa dal suo Istituto.
Inoltre, vi è un aspetto da non sottovalutare. Il preside non deve rappresentare un “uomo solo al
comando”: manca, ancora una volta, il dialogo preventivo e la collaborazione con tutte le altre
figure del corpo docenti.

Una considerazione finale. I fatti decisivi del “Caso Veronica sembrano svolgersi con estrema
celerità; bisogna invece sapere “prendere tempo” e ponderare il peso di certe scelte, lasciando prima
fluire le pulsioni negative. Teniamo sempre bene a mente la lunga durata del processo educativo e
scolastico di un qualsiasi studente. Non è un caso, infatti, che il termine greco “skolé” sia legato, nel
suo significato originario, ai concetti di “indugio”, “lentezza” e “difficoltà”. Difficoltà che tutti,
prima o poi, siamo chiamati ad affrontare.

Fonte: narrazione informale di un gruppo di adolescenti appartenenti alla classe in cui l’episodio si è verificato. E’
stato possibile verificare la sostanziale autenticità degli elementi narrati, ma non è stato possibile discutere il caso con
gli insegnanti e il Dirigente della Scuola. (2002)
Testo revisionato per uso didattico, ad esclusivo uso interno corso Teoria e pratica della formazione a.a. 2019/2020

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