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METODOLOGIA DELL’INSEGNAMENTO
RIFLESSIONE 1
Ho fatto molti tentativi prima di dare una forma a queste dispense.
Mi sono perso più di una volta nel cercare organicità ai temi che vorrei esaminare. Chi legge
in questo momento è interessato a diventare maestro di scherma, quindi un insegnante ed
allora è agli insegnanti che mi rivolgo ed a loro propongo delle riflessioni con l’intento di
suscitare dei ragionamenti.
Anna Freud, figlia del celebre psicanalista, ha detto:” Tre cose sono impossibili: governare,
guarire, insegnare”
Forse impossibile no, ma certamente insegnare è complicato. E’ una attività che attiene alla
relazione tra persone ed ha connessioni davvero complesse tanto è vero che quando si
parla di metodologia dell’insegnamento si tirano in ballo la sociologia, la psicanalisi, le
materie neurologiche, la comunicazione.
In materia è reperibile una quantità enorme di studi con l’orientamento più multiforme
possibile a testimonianza della complessità del tema.
Molto materiale è collegato direttamente al mondo scolastico; in percentuale minore si trova
quella parte dedicata all’insegnamento sportivo e per ogni lavoro che è possibile insegnare
si individua una metodologia, o meglio, esistono esperti che suggeriscono sistemi al fine di
far apprendere una conoscenza o una attitudine.
Io credo che la difficoltà intrinseca sta nel fatto che la relazione umana non è
standardizzabile secondo canoni scientifici. Infatti spesso si parla “dell’arte dell’insegnare”
sottintendendo che in quella azione si nascondono elementi che attengono alla sensibilità,
all’efficacia, alla perizia di chi esercita l’insegnamento.
Ho iniziato ad insegnare a 18 anni, come istruttore di sci, e poi per varie vicissitudini mi sono
trovato ad insegnare nella scuola e nel contempo anche a gestire una palestra di scherma.
Adesso ho 60 anni, quindi fate voi i conti; quello che posso offrire non è il riassunto dei libri
letti o dei pensieri degli altri, ma solo le mie convinzioni che si sono maturate nel tempo. Fra
le tante persone che hanno contribuito al mio sviluppo professionale una desidero ricordarla:
Serafino Rossini. Professore universitario di scienza della formazione. Ha saputo dare
ordine e parole adeguate ai miei pensieri e quindi molto merito deve essere attribuito ai suoi
insegnamenti.
Io provengo da una educazione in cui si sosteneva che gli insegnanti non si discutono,
“…hanno il coltello dalla parte del manico…”. Non era permesso avere dubbi e con loro
confrontarsi.
Quando facevo la prima elementare la mia maestra aveva 50 anni, l’età giusta per insegnare
ma era nata nel 1916 e la sua cultura di riferimento si rifaceva a quel periodo. E lo stesso
posso dire per tutti quegli insegnanti che si sono succeduti nella mia vita di studente. Tra
loro pochi hanno inciso in maniera significativa nella mia crescita, anzi ne ricordo solo tre.
A voi chiedo: “quanti insegnanti hanno dato realmente significato alla vostra crescita?” Certo
è che lo sviluppo culturale della nostra nazione è passata per fasi complesse, talvolta
dirompenti e se ora possiamo considerarci in un periodo maggiormente sereno lo dobbiamo
a quanti hanno sviluppato nuove considerazioni ed hanno avuto il coraggio delle loro idee
però ciò non toglie il fatto che ancora adesso, per esempio il mondo liceale, esprime le
stesse lamentele che si facevano negli anni 70/80 a dimostrazione che lo sviluppo nel
mondo educativo è complesso.
Noi siamo maestri di scherma, insegnanti di scherma che, in quanto tali, veniamo investiti
gioco forza dai medesimi problemi e dalle medesime difficoltà che hanno tutti gli insegnanti.
Personalmente vorrei proporre alcune riflessioni e stimolare il pensiero sulla nostra
professione secondo una prospettiva che nell’ambiente schermistico non credo sia mai stata
affrontata.
La prima domanda che propongo è: ”cosa fa un insegnante di scherma?”
La seconda domanda è: ”come agisce un insegnante di scherma?”
RIFLESSIONE 2
Cosa fa un insegnante di scherma?
L’insegnante di scherma è un professionista in possesso di una qualifica tecnica. Insegna
una disciplina sportiva e organizza il suo lavoro secondo convinzioni e stili che lo
caratterizzano in armonia (si spera) con la struttura che utilizza il suo operato.
Io mi sono convinto del fatto che l’insegnate di scherma è in buona sostanza colui che
gestisce il tempo libero delle persone.
Su questo apriamo una parentesi. Le persone fanno attività sportiva per svariati motivi: per
rimanere in forma fisicamente, per curiosità, per passione, per vincere l’oro olimpico. I più
giovani arrivano allo sport perché questo è ancora percepito come elemento utile alla
crescita sana sia fisica che morale.
In ogni caso tutti si avvicinano allo sport e lo praticano con costanza se da quel contesto
ottengono una personale soddisfazione.
L’insegnante di scherma è un professionista e come tutti i professionisti viene pagato per la
sua prestazione e non ha importanza se la sua abilità è quella di conquistare una gara dietro
l’altra o quella di attrarre e mantenere alti numeri di iscritti. La sua azione deve essere
professionale, cioè ispirare fiducia, comunicare capacità, cultura, buona relazione, rispetto,
autorevolezza. Più o meno come fa un dentista quando lo incontrate per la prima volta: vi
deve convincere col suo comportamento della sua cultura medica e della sua competenza
nel curarvi.
Cosa fa un insegnante di scherma?
Partiamo subito dall’assunto che l’insegnante è tale se ha un comportamento etico.
Anzi il comportamento etico è imprescindibile per svolgere questa professione.
Vocabolario della lingua italiana "Zingarelli" - verbo “insegnare”:
"esporre e spiegare in modo progressivo una disciplina, un'arte, un mestiere a qualcuno...."
L'insegnante, quindi, è colui che guida alla conoscenza, per gradi, un'altra persona in una
determinata materia.
Le responsabilità dell'insegnante sono ampie e la prima è quella di determinare col suo
modo di agire la positività o la negatività dell'esperienza degli allievi, soprattutto quando
questi hanno un'età giovanissima.
Ci sono docenti che praticano un sistema atto a far sentire alcuni elementi più bravi di altri,
valorizzando coloro che rispondono appieno alle aspettative dell'insegnante e criticano chi
invece realizza risultati diversi.
Questo sistema tiene conto di qualcuno e si evolve in quest'ottica.
Sottolinea i meriti, disapprova gli errori, stila classifiche di merito relativamente al
superamento o meno di prove, considera il risultato buono come obbiettivo raggiunto, tutto
il resto è insufficiente. Questo è un modo di insegnare.
Altro metodo possibile, altro modo d'essere insegnante, è quello che si realizza con la
pratica "dell'ottica del ciascuno".
L'insegnante, con la sua azione, può definire condizioni tali da trattare la realtà in modo che
ciascuno provi soddisfazione per ciò che sa fare e per ciò che è.
La realtà, per ciascuno di noi, è ciò di cui facciamo esperienza e questo sentire è diverso da
persona a persona.
Favorire l'esperienza positiva contribuisce a determinare la sensazione di adeguatezza, di
crescita, di piacere, di abilità.
Queste sensazioni positive aiutano a creare un'immagine di sè positiva e l'unione di vissuto
positivo e di immagine di sé positiva determinano la formazione equilibrata della persona.
L'uso dell'aggettivo "positivo" è volutamente reiterato perché in esso è racchiuso il senso
vero della soddisfazione, in opposizione al negativo che, invece, è da noi inteso come
l'insieme di esperienze che hanno come effetto quello di maturare un'idea di inadeguatezza,
di incapacità, di non evoluzione.
E il sentirsi bene, capace, adeguato è base per costruire personalmente quei punti necessari
a nuovi successi. Si amplifica così la disponibilità alla sperimentazione e a provare il nuovo.
La fantasia si sviluppa, il pensiero si allarga. Questa evoluzione favorisce i nuovi
apprendimenti. Sentirsi adeguato, per un giovane, significa appoggiare i piedi su solide basi
che gli permetteranno anche di reggere il confronto con gli altri, di sostenere il giudizio, di
produrre auto-correzioni e nuove strategie.
E' innegabile che ognuno di noi, indipendentemente dall'età, cerca di trovare una
soddisfazione di sé. Ma quella soddisfazione è frutto di sensazioni personali, intime, forse
neanche spiegabili, che però esistono e tutti noi più volte le abbiamo provate.
Così come le provano i bimbi; anzi sembra che in loro la soddisfazione provochi "terremoti"
fenomenali!! Provano e riprovano una cosa, la ripetono, cercano una nuova strada, si
accordano con gli altri, inventano nuovi disegni per risentire quella gioia intima legata ad un
successo ottenuto. E qui la parola successo significa consapevolezza di essere più capaci,
più abili, anche più grandi. Non ha niente a che vedere con i buoni voti, con i premi o
quant'altro. Il premio è personale, è il positivo che ognuno sente per sé che diventa
medaglia!!
Questo è il compito dell'insegnante: agevolare la costruzione di sensazioni positive con il
fine di costruire soddisfazione del sé tale da innescare un meccanismo per il quale il ragazzo
stesso diverrà disponibile alla ricerca di nuove strade soprattutto in modo autonomo.
L'allievo diventa “insegnante” di sè stesso.
Ma quanto detto avverrà a patto che l'insegnante stesso provi una personale soddisfazione
di sé.
Un insegnante è prima di tutto una persona con una storia, un'esperienza, una vita. Egli
stesso cercherà per sé quelle sensazioni di adeguatezza e di capacità, se è vero che
ognuno è animato dalla necessità di "soddisfazione di sé". Ma così agendo si allena a
riconoscere negli altri la medesima tensione, soprattutto nei giovanissimi, e quindi maturerà
nel tempo la sua sensibilità.
Per cui l'insegnante agisce mettendo in pratica una serie di azioni, in maniera più o meno
conscia delle quali possiamo fare una lista:
ESERCITA LA VIA DELL'ARTE: intendendo qui la parola arte come produzione di
alta qualità che provoca una particolare soddisfazione personale.
HA MEMORIA DELLE ESPRIENZE PERSONALI
HA COSCIENZA DEGLI ERRORI
AGISCE IN MODO ESTEMPORANEO: esiste un'azione istintiva che si adatta al
momento e che funziona.
PRATICA L'ASTENSIONE DAL GIUDIZIO: vale a dire che evita di entrare in spazi
che non sono di sua competenza o di fare cose che in quel momento non sono
funzionali al percorso educativo immaginato
ACCETTA L'INDIVIDUO
ACCETTA DEI LIMITI
COMPRENDE DELLE POSSIBILITA'
PRATICA UNA ATTENTA OSSERVAZIONE
ANALIZZA IL REALE
ANALIZZA L'ESSERE
REGISTRA DEI DATI
PRATICA LA VIA DEL RISPETTO
PRATICA LA VIA DELL'ASCOLTO
ACCETTA DELLE INFORMAZIONI
ACCETTA DELL'ESPERIENZE
PRATICA LA SPERIMENTAZIONE
E' DISPONIBILE A NUOVE PROPROSTE
PROPONE NUOVE ELABORAZIONI
ALLENA LA CAPACITA' DI CORREZIONE
ALLENA LA CAPACITA' DI AUTOCRITICA
PRATICA LA SODDISFAZIONE DI SE’
PRATICA LA SODDISFAZIONE DEGLI ALTRI
PRATICA LASODDISFAZIONE PER SE’
PRATICA LASODDISFAZIONE PER GLI ALTRI
PROVA DIVERTIMENTO DEL FARE
PROVA PIACERE DELLA REALIZZAZIONE
POLITICIZZA L'ESPERIENZA
PRATICA LA CONDIVISIONE: con i colleghi, con i ragazzi, con i familiari
PRATICA LA COERENZA: come uomo, come educatore, come professionista.
Tutto ciò, unitamente alle esperienze personali, alla cultura, alla determinazione, alla
personale attitudine, determina lo STILE DELL'INSEGNANTE.
Anche se ogni insegnante pratica la ricerca della soddisfazione di sè, agisce con quei modi
sopra citati ed in maniera etica, nessuno sarà uguale all'altro. La diversità si nutre di
esperienza, di empatia, di sguardi, di momenti, insomma di quell'originalità che ogni uomo
possiede.
L’originalità è una condizione personale che sfugge da qualsiasi programmazione e
normativa: genera emozioni forti, qualità professionale.
Possiamo anche ammettere che è collegata ad una sensibilità particolare dell’individuo.
Quindi, dato che la sensibilità è allenabile, possiamo praticare una formazione della
sensibilità.
RIFLESSIONE 3
L’insegnante di scherma lavora nel campo del movimento.
Quindi le attività possono essere viste come esperienze caratterizzate da una rilevanza che
definiamo:
attività a rilevanza MOTORIA: si ha quando si producono esperienze che favoriscono la
maturazione di abilità motorie
attività motorie a rilevanza COGNITIVA: si ha quando si producono esperienze che
favoriscono la maturazione di comportamenti ideativi.
attività motoria a rilevanza RELAZIONALE: si ha quando si producono esperienze che
favoriscono la maturazione di comportamenti sociali (abilità relazionali)
attività motoria a rilevanza TONICA: si ha quando si producono esperienze che favoriscono
l’analisi personale, lo stare, il sentire. E’ una condizione più statica che dinamica.
Ogni attività che l’insegnante può proporre può essere catalogata in serie di lavori che
definiamo CICLI. Abbiamo quindi:
CICLI DI ATTI CON MATERIALI
CICLI DI GIOCHI STRUTTURATI AGONISTICI-OBLIQUI
CICLI DI GIOCHI STRUTTURATI COOPERATIVI-OBLIQUI
CICLI DI GIOCHI DI CONTATTO
CICLI DI GIOCHI ESPRESSIVI
Le attività sono seguite con fini diversi e in ogni ciclo di lavoro l’insegnante può combinare
più di un modo di conduzione in relazione alla situazione, delle persone, delle difficoltà o di
quei problemi che insorgono in maniera imprevista. Volendo possiamo scrivere un elenco
di tipologie di conduzione con la convinzione che tale elenco è aperto, vale a dire non può
e non deve esaurirsi a questa lista.
CONDUZIONE:
DIRETTIVA
ESPLORATIVA
STIMOLANTE
"AGGANCI"
COSTRUTTIVA
DIMOSTRATIVA
ACCENTUATIVA
RIPETITIVA
ESPANSIVA
CONDIZIONANTE
CORRETTIVA
…………………………
Ovviamente l’insegnante opererà per produrre una cementazione degli elementi necessari
allo sviluppo dell’allievo. Questa operazione è un sostegno al vissuto dell’allievo e lo
chiameremo rinforzo. Anche dei rinforzi possiamo compilare una lista che, come per la
tipologia delle conduzioni, non è da intendere in maniera chiusa.
RINFORZI:
COME VALORIZZAZIONE della riuscita, del comportamento, della validità del lavoro, con:
commento verbale positivo al singolo, al gruppo, al singolo davanti al gruppo.
Commento verbale testimoniando soddisfazione
Commento non verbale fatto con lo sguardo, con la mimica del viso e del corpo.
Sotto forma di evidenziazione, sottolineando, rimarcando, ricordando.
COME DOCUMENTAZIONE affinché l'evoluzione positiva non si perda con:
registrazione con disegni
registrazioni con schede prestampate
registrazioni con “plastici” (disegni, costruzioni, simboli) per sottolineare la positività
del momento
registrazioni dell’insegnante
MORALI:
come incoraggiamento
come ri-memorizzazione
evidenziazione
gioco simpatico
responsabilizzazione
complicità
Altra lista aperta che possiamo redigere è quella inerente ai possibili interventi che un
insegnante opera per affrontare i momenti di difficoltà. Questa è la parte del lavoro dove
esperienza, intuizione, capacità empatica e sensibilità si manifestano. Io credo che molta
parte del lavoro dell’insegnante è strettamente legata al dover risolvere problemi, grandi o
piccoli che siano e che oltre alla pratica entri in gioco qualche cosa di imponderabile che
attiene esclusivamente a quella parte che abbiamo definito “sensibilità”
In realtà questa lista è la mia lista, o meglio è ciò che io faccio quando devo affrontare
momenti di difficoltà. Per cui immagino che ogni collega possa a sua volta scrivere la sua
lista o aggiungere altri modi che gli appartengono. Alcune di queste azioni le pratico con più
naturalezza, altre invece devo “pensarle”. E non è detto che quella scelta funzioni in quel
momento. Magari funzioni in momenti diversi.
Quello che voglio dire è che non siamo esenti né da percentuali di rischio né da percentuali
di insuccessi.
STOP, RICHIAMO AL GRUPPO
STOP, RICHIAMO AL SINGOLO
RIPETIZIONI DI REGOLE
INTERVENTO VERBALE DURANTE L'ATTIVITA'
INTERVENTO NON VERBALE
DIALOGO DURANTE L'ATTIVITA'
DIALOGO FUORI DALL'ATTIVITA'
COMMENTO NEL GRUPPO
COMMENTO FUORI DAL GRUPPO
COMMENTO IN SITUAZIONE DIVERSA
MANIFESTAZIONE DI POSITIVO
MANIFESTAZIONE DEL NEGATIVO
MERAVIGLIA
RICORDO DELLE REGOLE
RIMEMORIZZAZIONE DEGLI EVENTI POSITIVI PASSATI
RIMEMORIZZAZIONE DELLE SPECIALITA'
SPIAZZAMENTI
INSEGNANTE SORDO-CIECO
COMPAGNI TUTOR
SOTTRAZIONE TEMPORANEA
SCAMBIO DEI RUOLI
RIFLESSIONE 4
IL GIOCO ESPRESSIVO
Il gioco basato sull’espressività parte dalle esercitazioni fondamentali che sono attuate nella
preparazione teatrale. Nell'ottica della soddisfazione del sé il lavoro espressivo permette di
dilatare le occasioni di sentirsi adeguati in una determinata situazione perché in esso è
possibile scansare i limiti imposti da definizioni esatte ed esaltare la personale costruzione
fantasiosa.
STATUE
Creare uno spazio delimitato della grandezza appena minore di quella di mezzo campo da
pallavolo; i ragazzi vi camminano all'interno, al comando di "STOP" gli allievi si fermano. Di
volta in volta si aggiungono regole semplici tipo:
non ci si tocca
non si parla
non si fa rumore con i piedi mentre si cammina (o si corre, si salta, si cammina…)
si deve utilizzare tutto la spazio a disposizione (l'istruttore controlla i vuoti e i pieni
del pavimento)
non si esce dalle righe
allo stop ci si ferma a coppie, in tre, toccandosi per la schiena, per la fronte, per le
orecchie.............
Progressivamente si deve arrivare alla fase di statue, dove il controllo è totale: l'allievo non
deve muovere niente del proprio corpo, deve mantenere l'immobilità assoluta per un tempo
più o meno lungo e con lo sguardo fisso (ovviamente senza chiudere gli occhi)
L'insegnante, variando il ritmo e le andature, potrà dare le indicazioni di lavoro con:
la voce
rumori diversi
con la musica
Raggiunto un discreto grado di controllo, da parte del gruppo, l'istruttore potrà agire da
elemento di disturbo cercando di far sbagliare gli allievi.
IL MAGO
L'istruttore, ordinato lo stop, presenterà la sua mano aperta davanti al volto dell'allievo. E' il
segnale che la statua può animarsi, seguire sempre dalla stessa distanza e senza
distogliere l'attenzione alla mano, il Mago che lo farà muovere come vuole e dove vuole. Il
resto dei ragazzi mantiene la posizione di statua in attesa del loro turno di lavoro. Con una
musica adeguata di sottofondo è possibile creare una corta coreografia di grande
emozione.
SALTO REI
Ogni allievo, a turno, davanti ai compagni seduti in semicerchio, si produrrà nella recita di
un terribile guerriero. Partendo da fermo, solo quando si sente pronto ed ottiene il silenzio
e l'attenzione dei compagni, spiccherà un salto e, nel contempo, si produrrà in urlo
"terrificante". Appena avrà preso contatto con il terreno si trasformerà nella statua
spaventosa di un samurai che affronta i suoi nemici.
L'allievo che interpreta non potrà mai perdere la posizione di statua, dovrà fare di tutto per
essere credibile e non dovrà farsi distrarre da ciò che lo circonda.
I DUELLI IRLANDESI
Primo duello: a coppie, tenendosi per le spalle, ognuno deve pestare i piedi al compagno
senza farseli pestare.
Secondo duello: a coppie in uno spazio delimitato i due giocatori dovranno fare in modo di
darsi una pacca sul sedere; il primo che ci riesce senza essere toccato vince un punto.
Terzo duello: a coppie, uno davanti all'altro; A diventa statua, impassibile ed immobile; B,
senza toccare A e senza fare rumore con la voce, dovrà distrarre e far ridere A. All'errore
si inverte il ruolo.
Quarto duello: a coppie, con una bottiglia grande di plastica (tappata e vuota) ognuno cerca
di toccare senza essere toccato il compagno. I bersagli sono decisi dall'istruttore e variati il
più possibile (attenti al naso!!)
IL CIECO CHIAMATO
A coppie. A fa il, cieco, B la guida. A, mantenendo per tutta la durata del gioco gli occhi
chiusi, si lascia guidare da B che, tenendolo per mano e assolutamente senza parlare, lo
porterà in giro nello spazio di gioco tra le altre coppie, e facendo in modo che A eviti i
possibili ostacoli o si scontri con gli altri. Dopo in po' i ruoli si scambiano.
RIFLESSIONE 5
C’è un libro scritto da John Medina dal titolo “Cervello: istruzioni per l’uso” che consiglio di
leggere e di ponderare attentamente. Medina è un neuro ricercatore americano e studia il
funzionamento del cervello e di conseguenza anche le capacità di apprendere. A me è
servito tantissimo e il decalogo qui sotto riassume perfettamente il concetto che la
complessità dell’insegnamento è legata strettamente alla questione biologica e che l’aspetto
fisiologico dei nostri allievi è un elemento importante da considerare.
2) L’attenzione cala ogni dieci minuti circa. La si può ridestare con contenuti emozionali:
provocando rilascio di dopamina, aiutano a cementare i ricordi.
3) Ripetere a intervalli cadenzati è il mezzo più efficace per fissare le memorie, perché le
reti neurali possono rimodellare il ricordo evitando l’interferenza di nuove informazioni. Per
questo una lezione monolitica è meno memorizzabile di più piccole lezioni intervallate da
ripetizioni.
4) Un sonnellino di 26 minuti migliora del 34% le performance del cervello. Uno di 45 minuti
ricarica il cervello per circa 6 ore. Una notte in bianco abbassa la performance cognitiva del
30%.
5) Un senso di controllo sul mondo esterno aiuta il cervello. La stabilità emozionale della
famiglia è il maggior predittore di successo scolastico dei bambini, avere delle responsabilità
allevia lo stress di chi lavora.
6) Più una informazione coinvolge i sensi, meglio verrà ricordata. Per ogni senso stimolato
da un’esperienza multisensoriale, si crea una “maniglia” che il cervello userà per recuperare
il dato in futuro. Più sensi, più maniglie. Anche gli esempi funzionano da maniglie.
7) Il cervello è inadatto al multitasking. Chi viene interrotto più volte durante un lavoro può
impiegare fino al 50% del tempo in più per eseguire il compito, con il 50% in più di errori.
8) Il cervello ha bisogno di senso, così inserisce delle informazioni fittizie tra i ricordi quando
questi non hanno, da soli, abbastanza senso. Non abbiamo mai la certezza totale della
verità dei nostri ricordi.
9) Più un dato è visivo, più verrà ricordato. Se un’informazione orale è percepita da sola,
dopo 72 ore ricordiamo il 10%. Se c’è una figura, ne ricordiamo il 65%
10) I cervelli non maturano tutti in tempi eguali. Circa il 10% degli alunni non ha ancora
abbastanza connessioni neurali per poter leggere all’età in cui ci si aspetta questo da loro