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Introduzione

4
scenografie di un mito

Introduzione a:
Griaule Marcel, Dio d'Acqua
ediz. italiana Bollati Boringhieri 2002

, che porta
una scheda scritta a matita
Il 27 ottobre del 1946, in è ded icata (l’ini-
ole, l'argomento a cui
in cima, in lettere maiusc rav a que sta breve
Griaule regist
1e) e il luogo (Sanga), Marcel «Il vec chi o Ogotem-
avvenuto:
erazione su un fatto appena a gar ant ita contro le
a una camici
facendomi proporre da Gan imbrogliata
contatto con Me. La storia
pallottole, voleva entrare in Attraverso UNO
non aveva altro senso».!
ehe Gana ha raccontato chio dogon
dita di un amuleto, un vec
tratagemma da nulla, la ven
casa.
lo aveva attirato nella sua Ogotemméli
Ila questo piccol o iniz io una storia tra due uomini,
sa parlerà rive-
o che con voce sommes
e Griaule: il primo, il vecchi intr ichi e le com-
trentatré giornate, gli
lando a poco a poco, lungo ascolt erà pon endo so-
l'etnologo che
‘tà di un mito; il secondo, u d’ea v, dio d’acqua,
un libro, Die
‘e domande, il cui frutto sarà di suscitare
da qua ndo è usci to, nel 1948, non ha mai cessato
che nza che vi è
temente opposte. L'esperie
critiche ed emozioni violen niziazione
fino ad allora inedita, dell’i
arrata, eccezionale perché cul tura afri-
oscenze esoteriche di una
di un occidentale alle con e alt ret tan to ecce-
su di sé un'attenzion
i, ha infatti richiamato
tinua.
yionale, e che tuttora con
ratoire
ti alla biblioteca del Labo
el Griaule sono conserva dalla sua prima inchie-
tchivi etnografici di Marc note prese da Gria ule,
prendono le € dai
ogie di Paris-Nanterre. Com de redatte da lui stesso
1955-56: circa 12 000 sche nel Tchad. Le schede
, nel 1926, all'ultima, nel Etio pia, tra i Dogo n,
mpagnarono in ue au
collaboratori che lo acco , Du fichier ethnographiq
embre 1946. Cfr. E. Jolly terra in, in «Gradhiva»,
n mméli sono dell’ottobre-dic seme nt des notes de
Griaules le clas
fic oimatique. Le fonds Marcel
03.
Nn, 30-31, 2001-02, PP. 81-1
10 BARBARA FIORE
INTRODUZIONE I L
Un amuleto. Nella scheda, «una camicia garantita contro le pal- ill «pesce» fetale, silenzioso nell’acqua-madre, a quello di essere
lottole»; nel testo, «un trapezio di cuoio coperto di sangue coagu- mano e sociale, essere parlante. L'uso della parola deve quindi
lato», nulla cioè di straordinario in un mondo all’interno del quale conformarsi a regole stabilite, che prevedono tempi, luoghi e modi,
nessuno oserebbe avventurarsi senza portare indosso la sua prote- © le parole sono classificate: «dolce», «amara», «buona», «segre-
zione, il suo talismano, confezionato allo scopo da uno specialista. il», «comune», «stupefacente», «veritiera», «parola computo»,
Ma la sostanza dello stratagemma sta proprio nella banalità del parola ombelico», «parola tessuta»... Parole che illustrano, parole
messaggio inviato. Sono passati quindici anni da quando «i Bian- che ammaestrano, parole divine, parole religiose, evocanti i diversi
chi», cioè Griaule e la sua équipe di ricercatori francesi, hanno eventi e personaggi del mito, pure o impure, aventi un sesso,
messo piede a Sanga, sulle falesie di Bandiagara, nell'allora Sudan naschile o femminile, aventi un numero. La buona parola, sò èdu,
francese, oggi repubblica del Mali. Tutto il materiale via via rac- è lemminile e musicale, associata al numero quattro, appartiene al-
colto si è andato riversando nelle agende 14 x 22, una pagina per rato mitico Binu Seru, è «guardiana del fegato», sede dei sen-
ogni giorno, nelle centinaia e centinaia di schede, nei registri, tac- i. La parola nascosta, s0 rzénu, è parola femminile, sussur-
cuini, fotografie e nei numerosissimi libri, articoli, lavori pubbli- tinta filando il cotone, associata alla rondine che fa il nido nelle
cati. Quindici anni nei quali gli studiosi e i loro interlocutori sono nicchie ad alveare della casa e il cui volo, battito di ali e lunghe pla-
stati faccia a faccia, in quel rapporto teso e ansioso, di reciproca inte, è evocato dal movimento del fuso da cui discende il filo
dipendenza, che ogni etnologo conosce, che contraddistingue ogni binnco. Formule indecifrabili agli altri da bisbigliare nell’oscurità
ricerca sul terreno. Dopo tanto tempo i modi sono dunque divenuti lella stanza, invocazioni nella lingua segreta propria di ogni fami-
familiari, così il messaggio appare subito chiaro (« “Un cacciatore ulia, e lingue speciali, che uniscono tra loro gli appartenenti a deter-
vuole vedervi.” “E malato?” “No! Vuole vendervi un amuleto.” minati gruppi: la lingua dei cacciatori, quella dei pastori, la «lingua
“Quale?” “Un amuleto che gli avevate chiesto dieci anni fa in cam- lella bocca», ibi s0, lingua iniziatica con cui guaritori e indovini
bio delle cartucce.” “Non mi ricordo di questo...” Il Bianco si mor- inaugurano i loro rituali entrando in contatto con gli esseri sovran-
se le labbra. Aveva d’un tratto compreso la singolarità di quel mo- naturali; oppure sighi s6, la lingua segreta della società maschile delle
do di procedere»). Quante volte è accaduto, infatti, anche a noi, maschere, artificiale e arcaica, parlata in versi, e le lingue segrete
lavorando nei villaggi dell’altopiano dogon, di percepire dietro una e inventate dei giovani appartenenti alle stesse classi di età. AI
parola apparentemente casuale l’importanza di qualcosa che stava ruolo del linguaggio tra i Dogon, codificato in una vera e propria filo-
per svelarsi, secondo uno stile di comunicazione che dà e sottrae ofia del parlato e delle sue complesse implicazioni, regole, simboli,
allo stesso tempo, che allude attraverso impercettibili segni prima iwsociazioni, Geneviève Calame-Griaule, la figlia di Marcel Griaule,
di farsi esplicito. Siamo in una cultura orale, in cui la parola ha un doveva dedicare uno studio, Ethrologie et langage. La parole chez les
peso al quale chi arrivi da fuori, provenendo cioè da un mondo di von, fondamentale nella storia dell’etnolinguistica.*
scrittura e di immagini, deve lentamente abituarsi. Non può essere
il caso a muovere la parola, dal momento che essa fonda i rapporti La piccola corte della casa di un vecchio dogon, a Ogol dofiu,
tra gli esseri del creato. Il primo atto che si compie sul bambino al Basso, uno dei piccoli villaggi che compongono Sanga, al
momento della nascita è infondergli questo requisito fondamen- o dell’altopiano dogon, dove le falesie precipitano sulla piana
tale, aspergendolo con gocce di un’acqua in cui siano stati tenuti ibbiosa di Gondo. Ogotemméli ci viene presentato come un cac-
frutti di sà, di Larnea acida, per permettergli di passare dallo stato ciatore, ma più volte nel testo si colgono riferimenti a un altro suo
* Cfr, G. Calame-Griaule, Ezhrologie et langage. La parole chez les Dogon, Gallimard, Paris
2 Cfr. infra, p. 41. . Il mondo della parola, Boringhieri, Torino 1982).
r2 di
BARBARA FIORE INTRODUZIONE
3
ambito di sapere. Egli è infatti un guaritore. Cacciatori e guaritori ‘he, girare film documentari e raccogliere oggetti della cultura
appartengono agli iniziati. Le conoscenze ricevute attraverso un iale per il futuro Musée de l’Homme, ancora da inaugurare,
lungo e complesso apprendistato, fatto di rivelazioni successive dei il quale dovrà essere moderno centro di documentazione
misteri contenuti nel mito, di incontri con gli spiriti, di conoscenze e cli studio delle culture esotiche in sostituzione del vecchio museo
pratiche relative al mondo vegetale e animale, li hanno messi in ili etnografia del Trocadéro.' Il progetto, presentato alla Camera
grado di frequentare quello spazio rischioso e popolato di presenze dlel Deputati dal deputato Ducos, esordiva così:
sempre potenzialmente dannose che nella lingua di Sanga si chia-
ma òlu (ciò che in francese è brousse), cioè il territorio percepito come Signori, per una grande nazione coloniale come la Francia, non c’è forse un
inte se capitale a studiare le popolazioni indigene, ad avere una conoscenza
dominio del sovrannaturale, che si oppone a quello umano e quoti-
e approfondita delle loro lingue, religioni, quadri sociali? E non è forse
diano, e che ha inizio là dove il villaggio e i campi coltivati fini- lo scopo delle scienze etnologiche? Scienze che non solo sono preziose
scono. Olubaru si chiamano questi iniziati, cioè uomini di òlu, e ap- il sociologo ma che apportano ai metodi di colonizzazione un contributo indi-
partengono a una categoria simile a quella degli «uomini impuri», ile, rivelando al legislatore, al funzionario, al colono, gli usi, le cre-
personaggi che una specie di contaminazione ancestrale sottrae ai », le leggi e le tecniche delle popolazioni indigene, permettendo una col-
ione allo stesso tempo più umana e più feconda con esse e conducendo
divieti cui è sottoposta la maggioranza degli individui e che per così a uno sfruttamento più razionale delle ricchezze naturali.°
questa ragione sono in grado di assumere alcune funzioni, eseguire
riti o compiere azioni di cui un individuo normale non potrebbe Già gli Inglesi, continuava Ducos, avevano creato nell’allora
farsi carico senza patire conseguenze. Ogotemméli, ormai tanto avan- a d’Oro un «Servizio di antropologia», il Congo belga offriva
ti negli anni da poter dominare il segreto a cui è tenuto, poterne un modello di colonia razionalmente studiata e sfruttata in cui stu-
cioè varcare il limite consegnandolo ad altri, ha deciso di confidare diosi e funzionari coloniali lavoravano di concerto «a favore del-
il suo sapere a un Bianco («da quindici anni sentiva parlare del l'indigeno e della prosperità nazionale» ed esistevano esempi di
gruppo dei Bianchi che, sotto la sua guida, dormivano per terra e istituzioni museali - il Tervuren di Bruxelles, l’Istituto coloniale
cavalcavano tra le falesie per studiare i costumi dei Dogon... Si era di Amsterdam, lo Smithsonian di Washington - ricchi di collezioni e
fatta un’idea esatta delle intenzioni del suo interlocutore, che ave- di documentazione sistematicamente arricchite da spedizioni etno-
va fama di essere particolarmente accanito nella ricerca»).4 Quasi urafiche. Era la volta della Francia: l’Istituto di Etnologia dell’Uni-
una sfida. C’è un momento di esitazione, che Griaule nota e regi- | à di Parigi e il Museo nazionale di Storia naturale avrebbero
stra: Ogotemméli appare lievemente a disagio per la decisione che organizzato una missione, guidata da Marcel Griaule, «giovane
ha preso. Poi comincia a parlare e dalle sue labbra risuonava «Ia più tudioso rotto alle discipline etnologiche e linguistiche come ha
pura lingua di Sanga». dimostrato in una una recente spedizione in Abissinia centrale»,
La storia, come si è detto, era cominciata quindici anni prima. ssione che avrebbe attraversato «Senegal, Sudan, Costa d’Avo-
), Alto Volta, Niger, Togo, Dahomey, Ciad, Camerun, Quban-
Era il 1931 quando con un decreto-legge, il Ministro francese della
Pubblica Istruzione e delle Belle Arti viene autorizzato a parteci- ghi-Chari, Sudan anglo-egiziano, Etiopia e Costa francese della
pare con un contributo di 700 000 franchi alle spese di organizza- | Somalia». Il progetto era stato approvato. Sulla decisione aveva
zione della Missione Dakar-Djibouti, missione che durerà due anni indubbiamente pesato quella che Michel Leiris, uno dei membri
(1931-32) e si dedicherà a studi di etnologia, archeologia, preisto-
in proposito l'importante e documentatissima raccolta di testi in M. Leiris, Miroir de
ria, musicologia e storia naturale. Essa dovrà fare rilevazioni foto- cura di J. Jamin, Gallimard, Paris 1996 e A. Doquet, Les Masques dogon. Ethnolo-
t ethnologie autochtone, Karthala, Paris 1999.
4 Cfr. infra, p. 45.
I4 NOI
BARBARA FIORE INTRODUZIONE
della Dakar-Djibouti, definì la crise nègre del mondo occidenta le: la no l’idea della Dakar-Djibouti, che nacque in questo clima di
scoperta delle culture esotiche e la rivoluzio ne, nel mondo intel- urande fermento, in un fiorire di pubblicazioni e di O la
+ lettuale e artistico, nata e sviluppat asi dal contatto con le forme coperta della musica jazz, tra raccolte di oggetti da parte di ilet-
espressive diverse che da quelle culture provenivano.” ce innti e spedizioni aventi lo scopo di riunire collezioni per | i
Già dalla metà dell'Ottocento, con l’espansione coloniale dei va- musei etnografici. Nel 1919 Paul Guillaume inaugurava alla galle-
ri Stati, era nata in Europa la voga delle «esposizioni universali», ria Devambez di Parigi la prima Exposition d’art nègre et art océa-
fiere grandiose dove venivano proposti per la prima volta al pub- ilen. Tutto quanto era nègre, oggetti, musica, danza, scatenava I
blico i territori d'Oltremare, sotto forma di ricostruzioni accatti- insmo nella borghesia di avanguardia. La Féte négre organizzata da
vanti di ambienti, architetture, villaggi, quartieri, popolati per l’oc- (}uillaume a Parigi ebbe straordinario SUCCESSO; la Revue oi con
casione da gente di quei luoghi remoti e selvatici a testimonianza Josephine Baker, la cantante e ballerina di New Orleans, che rias-
della diversità e dell’illuminata azione civilizzatrice della nazione. iumeva in sé una «negritudine» addomesticata e cai
Quanto fino ad allora era stato riservato solo ad alcuni, viaggiatori, lava nel 1925 al Teatro degli Champs-Elysées. Oltre > da Di
governanti, collezionisti, amatori, usciva alla luce, veniva offerto verno, da istituzioni, banche, privati e mecenati, la spedizione 1
allo sguardo. Nel 1889, al Champ-de-Mars di Parigi, si videro in- finanziata anche da un incontro di boxe, il 15 aprile del ER
torno alle architetture «orientali» del Palais des Colonies, i pa- Cirque d’Hiver di Parigi in cui si batteva il campione i i Ù
diglioni delle colonie francesi più recenti: Cocincina, Tonchino, dei pesi gallo, AI Brown, un nero di origine panamense. s no o
Annam, con la riproduzione della pagoda cambogiana di Angkor, inviata al quotidiano di grande tiratura «Paris Soir», riaule
accanto a capanne tahitiane, edifici giavanesi, villaggi del Senegal icrisse: «Al Brown saprà mettere i pugni al servizio di una causa
e del Gabon animati da tableaux vivants di indigeni nelle loro atti- di interesse universale: rendere possibile tra i popoli Sofi ei
vità quotidiane, artigiani nelle botteghe risuonanti degli strumenti popoli colonizzati, grazie a un migliore conoscenza di questi ultimi,
di lavoro, scuole con maestri e alunni intenti ad apprendere. Alla una collaborazione più feconda, che dovrà esercitarsi su un piano
fine dell’Ottocento, comparivano i quattro volumi dei primi studi meno brutale e più razionale».
di estetica sull’arte africana del tedesco Leo Frobenius. Esposizioni
consacrate specialmente all’Africa ebbero luogo a Lipsia nel 1892, Marcel Griaule (1898-1956), etnografo e linguista, si era for-
ad Anversa nel 1894, a Bruxelles nel 1897, a Dresda nel 1903, 4 mato alla scuola dell’orientalista Marcel Cohen e di Marcel Mauss,
Parigi nel 1913. Il resto è noto, fiumi di inchiostro sono stati ver- uno dei fondatori dell’etnologia francese. Sebbene esistesse a
sati sull'argomento. Riguarda il cambiamento che sul linguaggio igi un Institut d’ethnologie, l’etnologia in Francia non ERINT
artistico ebbe il contatto con le forme «primitive», insolite e stra- deva ancora lo statuto accademico e scientifico che o 3°
volgenti dei «feticci», statue, maschere, oggetti che sulla scia di 1943 con la creazione di una cattedra di Etnologia generale alla
quegli eventi cominciarono a circolare e che avevano, come scrisse Sorbonne, di cui lo stesso Griaule fu primo titolare. Era ancora una
Derain, un effetto «sconvolgente, esorbitante», che costringeva a scienza «leggermente eterodossa», verso cui confluivano artisti e
interrogarsi sul «metodo di scrittura delle forme tribali». Riguarda intellettuali alla ricerca di nuovi universi mentali: «Che fosse riat-
l’inizio, in senso moderno, della riflessione sull’Altro. Vlaminck, tivazione di fantasmi esotici, promessa di evasione, frantumazione
Cézanne, Matisse, Braque, Picasso, Apollinaire, Duchamp, Pica- ’etnocentrismo, esaltazione oppure denuncia del colonialismo,
bia, Raymond Roussel, cubismo, surrealismo, precedono e accom- interrogazione sulla condizione umana, l’etnologia riusciva a essere
ciò che ognuno si aspettava che fosse». Uno stretto legame unì in
* Cfr. M. Leiris, Afrique noire: la création plastique, in Id., Miroîr de l’Afrique cit., pp. 1
1036
1367 (trad. it. in M. Leiris e J. Delange, Africa nera. La creazione plastica, Feltrinelli, Milano all'ascolto dell’etnologia (1925-1935), in Aa.Vv., Dal museo
; .
1967). » italiana degli anni Trenta, Franco Angeli, Milano 1987, p. 143.
16 BARBARA FIORE INTRODUZIONE I
di
Francia scienze umane e mondo della letteratura e dell’arte, movi- iurali fondamentali»: la documentazione materiale che la Dakar-
mento surrealista ed etnologia. Le riviste letterarie del periodo tra routi avrebbe raccolto con rigore e metodo, sarebbe andata a
il 1925 e il 1935, «per meno ignorare un enorme pezzo di geogra- costituire, al Musée de l’Homme, un gigantesco archivio di un
fia e di storia, ma anche per meno ignorare noi stessi», ospitavano mondo africano in via di mutamento. nd
lavori e riflessioni su quelle che fino ad allora erano state conside- l'équipe di Griaule era composta di un gruppo di studiosi:
rate culture primitive e inferiori. Griaule si formò dunque in que- Michel Leiris, segretario-archivista della missione, incaricato di
sto clima, in cui tutto in qualche modo finiva per fondersi, in cui i inchieste etnografiche; André Schaeffner, musicologo, incaricato
confini tra ambiti diversi di riflessione si mescolavano. Picasso visi- ill osservazioni musicografiche e coreografiche e di registrazioni
tava i polverosi magazzini del Trocadéro, acquistava una maschera ; Eric Lutten, incaricato delle riprese cinematografiche; Jean
dell’Africa occidentale che lo portava al cubismo. Griaule scriveva Mouchet, che si sarebbe occupato della parte linguistica; Matcel
per «Documents», la rivista surrealista di «Archeologia, Arte, | arget, incaricato di osservazioni e collezioni naturaliste; Jean
Etnografia, Varie» e fu tra i surrealisti che incontrò Michel Leiris. Mouffle, etnografo; Gaston-Louis Roux, pittore, incaricato dello
Le lezioni di Mauss, il suo maestro, alla Ecole des Hautes Etudes, iucio e delle copie delle pitture abissine; Deborah Lifchitz, lin-
all’Institut d’Ethnologie e più tardi al Collège de France, erano fre- uulsta, incaricata dello studio e della raccolta dei manoscritti etio-
quentate da «un drappello di fedeli, alcuni dei quali cultori dell’e- pi; Abel Faivre, geografo e naturalista; Abel Jeròme, erudito tigri.
sotico alla moda, altri etnografi in attesa di partire per il campo 10, interprete, incaricato con Leiris di studiare il culto dei geni zar
(alcuni dei primi in procinto di trasformarsi nei secondi)».!° Come i Gondar. Li vediamo in una nitida fotografia in bianco e nero
Durkheim e Lévy-Bruhl, anch'essi m24%tres-à-penser della disciplina, ta nella luce fredda delle vetrate del museo di etnografia del
Marcel Mauss, pur stigmatizzando il ritardo della Francia nella l'rocadéro, maggio 1931: un gruppo di giovani uomini in completo
ricerca sul terreno, era un «etnologo da camera», non aveva cioè curo, l'atteggiamento formale per la foto ufficiale, attorno al bat-
mai messo piede fuori dal suo studio. Eppure le sue lezioni uni-
iello offerto alla spedizione dalla Società degli amici del museo.
versitarie, molto concentrate sulla formazione di etnografi profes-
{ }riaule è al centro della foto, colletto rigido, cravatta nera, espres-
sionisti, requisito fondamentale dei quali doveva essere una lunga
ione tranquilla e determinata. Dietro di lui, Michel Leiris, lette-
esperienza di ricerca sul campo («Quello che conta - diceva Mauss -
Into, scrittore.
è il melanesiano di questa o quell’isola»), sono descritte come espe-
rienze sconvolgenti e determinanti da etnologi che del terreno
Da Afrique fantòme il diario che Leiris scriverà lungo tutta la
hanno fatto la loro pratica di lavoro, ad esempio da Denise Paulme,
pedizione:
che scriverà un testo fondamentale sull’organizzazione sociale dei
Dogon presso i quali soggiornerà a lungo. Lezioni che «lasciavano 17 settembre. Raid a Bandiagara e a Sanga, a 43 chilometri sulla strada
abbagliati», «barcollanti», punteggiate di silenzi ricchi di sugge- ventza, sull’orlo del dirupo di Bandiagara. Primo contatto con gli habé:
raordinari sulle rocce dell’altopiano nigeriano. Granai alti e stretti
stioni, di descrizioni «che aprivano gli occhi», di paradossi folgo- uni contro gli altri, dai tetti di paglia a punta. Edifici a guglie, con
ranti. Non erano dimostrazioni teoriche, si muovevano tutte at- in cui si trova di tutto: vecchi arnesi, coppe per sactifici, strumenti
torno a dati etnografici. Griaule avrebbe fatto suo l’insegnamento | . Giovani habé in corte tuniche, bende frontali di cauri e crocchie.!!
di Mauss che gli oggetti etnografici costituiscono «testimoni cul-
rimo incontro con i Dogon, che i vicini peul chiamano
gi
Ibid., p. 147. habé, cioè «infedeli» rispetto all’Islam, aventi fama di grande fero-
10 J. Clifford, I frutti puri impazziscono. Etnografia, letteratura e arte nel secolo XX, B. \
Boringhieri, Torino 1993, p. 150 (ed. or. The Predicament of Culture, Harvard University Press,
Cambridge (Mass.), London 1988. UM, Leiris, L'Africa fantasma, Rizzoli, Milano 1984, p. 93.
18
BARBARA 19
FIOR
cia, «uno dei più begli esem pi di selva ggia primitività», come not nella lingua segreta fa t ta z 1itere
di 1 til |
e o catene di i
Griaule nella prefazione a Dio d ‘acqu le ora AT ) ni funebri
a. combattimenti notturni dei cacciatori armati di torce
Sui Dogon esistevano soltanto Il | i cl
Halo i
il lavor o del luogotenente fra ella ventottesima
i giornata
j di i DioDioRIA d’acqua, dedicata alla danza,
d’acqua,
cese Louis Desplagnes, del 1907, desc î i
rizione dettagliata dei lud (ilnule rievocherà quella improvvisa vision
ghi e degli abitanti, e quello del 1920
di Robert Arnaud, ammini
ia passavano gli indimenticabili scenari della se; i i
È morti Rif la fila dei centocinquanta danzatori # an
ribelle alla «pacificazione». Ma la vera
scoperta della cultura dogo l'Ogaly stern dall’arenaria tremante di e, i
avveniva con la Daka r-Dj ibou ti. È attraverso le pagine di Leiris i o i campi.
le sue lettere che possiamo ricostruirne vw e pg iano scintillanti o gialle come
l’atmosfera: fibre scarl a OR
29 settembre. Arrivo a Sanga papli a nuvi sul petto finti seni neri o strisce di cauri cuciti
. Il capo Doun èyron Dolo ci accoglie cordiali I volti erano nascosti sotto SCO
mente. Viene altra gente e anche molti pae ERE
bambini. Qui siamo ben lontani da Èpea e) qu si fregiavano di un corto pennacchio beîge o di un
ss iero
Li
sso, alla latina.
Impressione di canaglie, di villani , di
tacchioni, in confronto a questa gente. lugubri mat:
Straor dinari a religiosità. Il sacro è pres Rientrato dalla Dakar-Djibouti ji Î con circa i tremila Î 088 etti p per ilo
sente ovunque. T'utto sembra saggio . CITE
e grave. Immagine classica dell'Asia. , i di sruppo d 3
ta | Lncce de l’Homme, Griaule deciderà di ripartire con
}
Il qui dogon si contrappone a tutto il resto i, la€ sua scuola, > e di fare dell’altopiano dogon
il suo perso
, perc hé gui tutto seme
bra predisposto per catturare: «Qui siamo ‘eno di iriricerca in i Af rica. din li i
tranq uilli come dèi, e ab.
biamo l'impressione, del resto falsa, di Isolato dal resto del mondo », COSÌ distante Roe dae
esser e isolati da tutto» (Lei.
ris, lettera a Rivière da Sanga, 16 ottob ilmente da quella Parigi in cui tutto era ED
tn opiano
re 1931).
it1 per essere ‘au sce to: paesagg Ù 8 gio duro ta
ea ed
Qui la religione ha un senso, perché alla o avere tutti ii 1 requisisiti
relig
ciso. L'amore ha un senso perché è nascosto. ione si richiede qualcosa di pre. arido,
i di rocce c c aoticiche dai colori olo mutevoli i , in7 cui 1 rosaî
lontaria. La stupidità non esiste perché La bellezza ne ha perché è invo- 4 con
cn DE suoli
i fpsii alternano ai i neri Î metallicic i eBI alle Ile tinte tintI minerali,:
non è quest ione di intelligenza. Nulla
è perduto e nulla manca, perché non di k grès, V villagg
È 1 geomet L.rici che h ;
è quest ione di effici enza. Non c’è decre. Il glieÎ e di i sabbiai o di i distese di È
pitezza, né nascita perché tutto si
sgrana in un ciclo continuo (Leiris, lo stesso colore della terra, incastonati Tra le Lo
nl de
alla moglie da Sanga, 23 ottobre 1931).! lettera | fino
i un 1unico corso it ii
dd acqua !i
Ihinioni, ioni, Inerpica
i i ti Î sulle p areti i delle falesie,
Geneviève Calame-Griaule parlerà di he si srofal verde tra i canyon, una GIRA n n i .
un vera e propria fascina-
zione subìta da suo padre quando, poco i iabili solo nel m Ito. ]A arl, Dassoril
acciabili b levi,
7 L
tempo dopo essere arrivati da huos
Mi luoghi leche sono rintr
a Sanga, gli etnografi sono chiamati ad mreti i di di V caverne misterio
Î Î samente ì affresca
Da te, p ilastri d di legno : 3 Sco i
assistere alle cerimonie per
i funerali di un cacciatore, in cui semb porte di granai con indecifrabili segni, dare
calcina Li
rano essere messi in campo l,
appositamente tutti gli elementi più sceno colate. Donn e con cerchi do
hi dorati a abbro, uomIn
grafi ci del rituale dogon. th lii bianchebi
E notte, bagliori di fuochi, gruppi armat ilni berretti frigi vestititii colore della terra
settiti frigi, 1 o Pindaco, mascher si e o che
i di fucili assaltano la casa fri
del morto sparando colpi in aria, le donn di fibre rosse e teste animali. Sembra quasi la i
e si rotolano nella polvere indossano gonne
raspando il terreno coi recipienti di zucca pièce nègre in un teatro parigino d avanguard a
, le maschere danzano tra nografia per una
corse sfrenate dei giovani, tamburi e
battere ritmato di mani, con
Dio d’acqua si apre di Î fatto come un film,
i o com e un lavoro tea-
12 Ibid., p. 1or. rale, i
Il sipario viene tirato i
su una scena, la prima, iin cui vediamo
13 Le lettere di Leiris sono riporta
te in margine al testo di Afrique
de l’Afrique cit. fantòme, in Le is, Miroîr
20 ZI
BARBARA FIORI IRODUZIONE
la piccola corte di un campement, ossia il luogo di accogl ; VASI
ienza mi dogon. Il are
aperto e che deve restare nascosto, ilil mito nizia-
e di
alloggio, caravanserra Sh
glio dove i Bianch i soggio rnano. La luce del io, il Nazareno, come nella regola di ogni iniziazione n
l’alba. Silenzio, gli uccelli
til
della notte hanno smesso di cantare, il. lenzio, seduto su una pietra di fronte al vecchio. Al a
sole sta sorgendo. Una grande roccia rosa, la forma
5 >»
ne)
j ta ”a una r ivelazione) oe
riassum
cubica di un mini p iornata (ogni i giogi rnata destina
jor
piccolo edificio di terra, due letti sormontati dai veli
bianchi delle lentro di sé quanto ha ascoltato, associa, trae conclu i.
zanzariere. Lentamente la scena si anima, do
un dogon fa il suo ingres: i» vecliamo camminare al crepuscolo nei vicoli vuoti de
so da un’apertura del muro di cinta; gli altri
immerso in una tranquilla riflessione, come se tutto qu i .
es o ti
.
person
.
aggi,
.
i Bianch i,
: °
cominciano a muoversi e a raggiungere il loro posti nella messin- ndo trascorso il giusto tempo dell’attesa, gli deri so SI S
scena. Intorno, come ricostruito di cartapesta, «il più (ome si è detto, il libro suscitò tra gli addetti ai uo L )
straordina-
rio caos di rocce dell’Africa». Tutto il libro appare det Lo.
un grandioso ioni, prese di posizione, diventando il da
artificio, messo insieme con sapiente regia da qualcu erere a fuoco di1 vo
mette SEta
no che aveva ' iti co da usare per r mett
erciziziio criti
lungamente frequentato n
il mondo degli artisti e dei lettera ti, che punto di approdo teorico della disciplina Se Era o
per quindici anni aveva potuto metter e a fuoco e perfez Cosstruire l’universo di pensiero dogonon attr at averso le NOIA: o ope
ionare il i\co
suo sguardo sul luogo. Che aveva studia i .
to il mondo delle masche re, n singolo Dogon? E doveva essere il mito, così come
le loro complesse e allusive drammaturg ie e coreog rafie, pubbli- intenc leva «sistema ordinato» che si riflette in ogni atto s0 in
cando sull’argomento un libro di novecento
upni attività pratica, non racconto soltanto ma discorso E
w
pagine . Che aveva or-
ganizzato una équipe di studiosi, la sua scuola, second span
o l’idea degli I tutto l'insieme, il tramite attraverso cui passare per >
«ingranaggi intell i a gni
igenti » ognun o al servizi o della « squadra». La | pensiero di una cultura, o non doveva piuttosto
quale, di fatto, rappresenta tuttora un esempio senza a v° wi
e
inuteriale? E ancora: la versione del mito par
. .
pari nella sto-

ria dell’etnografia: lavori podero si come Organi sation Î a Di pannierge ni
sociale des opon Lit non appariva forse Nuti g
Dogon di Denise Paulme, Masque i av
s dogon di Griaul e, La Langue i ‘de i rii degli i etnologi i france si? Si tratt
secrète des Dogon de Sanga di Michel Leiris, Rerard pàle \ihn verssi ione dogon o non p iutt î osto ) di j una i vers ione rielaborata i da
mor
di Griaule ee
e Germaine Dieterlen, Etbrologie :
et langage . La parole chez les (irinule e messa in bocca al vecchio cacciatore? Ri
Dogon di Geneviève Calame-Griaule, sono solo alcuni joè di di un sapi ere collettiv
dei titoli ilavbr vero ilÎ portaparola dei Î sagg ij dogon, cioè
della vastissima bibliografia di quegli anni. i tosto unn inizi tc e i un suo ci.
inizi ato, detentor re
sapeeri
condivisivi o o non piut
Dio d’acqua ha solo due protagonisti, il vecchi so misterioso «Ogatembili», pit n
o dogon cieco, | irivato? Quello stes
vestito di un abito color pane tostato, e il Bianco frances
e. Ha solo in», come lo definiva lo scrittore e avventuriero Wi un n
una voce narrante, quella di Ogotemméli. Ha solo un ambien
te, la nel suo romanzo Jungle ways, sul cui altare È SI i Han
corte della casa di questi nel villaggio di Ogol Basso. co .
i t -
Montoni, sa ue, che era giài à stato a contatto con i BiancS
dlii sang
polli, bambini, una vecchi a donna, Î Nani an ni 1 figlio e Am
anzian i cacciat ori e l’inter prete matore | occasionale di i Denise
Koghem, fanno da comparse attrav ersand o a momen stat uno degli i in interpreti della i miss n.
bor:
ti la scena. A borko erava stato
momenti, nello sfondo, voci, ma n Den
ovatta te, di person aggi invisib ili Lifchitz, Ogotemméli trasformato da Griaule nel
che si lanciano i lunghi saluti rituali. I,
Di quand o in quando , uno (0», La lista dei dubbi e delle critiche mosse è ar
stacco: un sentiero tra muri alti, l'angolo di un campo, spighe viola dere di tralasciarla, rimandando eventualmente alla vi IO
di miglio mosse dal vento. Il villaggio è soltanto g
evocat o, quasi non ia sull'argomento. I numerosi studi e dibattiti sull’e
si vede; Dio d’acqua è comunque una narrazione fatta
di interni, e
che si svolge in un tempo chiuso e costruito ad
effetto, trentatré Beek, Dogon restudii
restudied. ield
A field evaluation suof the work no of
eva
giornate dall’alba al tramonto, perché racchiude un argom XXXII, n. 2, 1991, pp. 139-68; Clifford, I frutti
ento se- 1 «Current At A
BARBARA FIORE INTRODUZIONE 23
come autore, determinato dalla sua storia di s i
e dall’ep oca, ci permet- \ecipiente di zucca, rosso, brillante, posto tra le sua
tono forse finalmente di rilassarci e di leggere Dio d’acqua Dr
liberi ! è Immagine del Sole, il vaso è utero del mondo, i te
da verifiche. incu n :
presentazione stessa del creato, il pettine del prat
‘operta a riquadri, gli uncini di ferro, lo sgabello di egno, vo
Ogni giorno, per trentatré giorni, la scena si ripete uguale. La entrato nella costruzione del cosmo dogon. La descrizione SR
facciata della casa di Ogotemméli, con in alto le nicchie a riquadr i, {cina di Ogol Basso ci porta in un angusto angolo di I a 1
come un alveare, per le rondini Gli n.
. Il vecchio è seduto all’omb ra, per | re a secco. Una tettoia attraverso cul filtra il sole.
terra, i gomiti sulle ginocchia, le mani incrociate sopra la
testa, o sparsi nella polvere, senza ordine apparente, o fini
posizione di riflessione che dà nn i
luogo alla parola. Intorno i pochi inza, qualche frammento di ferro, una pietra so
oggetti di una casa dogon, il paniere, gli orci per l’acqua, la ua è evaporata: «Schiacciata dal sole e dal silenzio, o 00
mola
di pietra. Di lato, i granai con i tetti puntuti di o o nt
paglia. La grande pare in tutta la sua miseria. La tecnica che ha
trovata del libro sta proprio nel conservare senza alterarla la ilo ed è discesa dal cielo, i cui utensili hanno spaccato 7 mem
realtà;
sta in questa povertà dell’arredo che fa da conteni cs
tore alla gran- {lel primo artigiano, la tecnica che mette in opera il ig
diosa narrazione, la quale narrazione di questo stesso materia sta tutta raccolta in questa rovina». di Ù ni
le to del sole,
povero ed essenziale si serve per costruire la sua cosmog ra q c
onia. Lun- rituali dogon hanno lo stesso stupefacente eo
go tutta la lettura, il mito dogon appare infatti il prodotto
di ciò continuità rispetto a ogni altro atto del vivere quotidiano, dr
che Lévi-Strauss chiamò il bricola ge delle nt
culture primiti ve: un fare netti sono gli stessi che fino a un momento prima SII
con ciò che si ha a sottoma no. Quanto di concret o e reale c’era a tra funzione, i vecchi oggetti di casa. I Dogon, notava sv n
disposizione, quanto con lo Din
sguardo si' poteva cogliere intorno , è pieni di riguardo per gli utensili. Duchamp non o
stato assemblato per produrre la n
spiegaz ione dogon del creato. Se o scolabottiglie trovato per strada, un! opera d arte! DI
proviamo a scomporre in frammenti il mito, splendida costruz si
ione quello del fare e del disfare con frammenti, a cui i surrealisti
apparentemente tutta astrazione, elucubrazione, troviamo astri, ironde erano avvezzi, come quando nella rivista «Documents», :
stelle, Sole, Luna, ma anche tutti gli animali dell’al n
topiano, tutte un dizionario di definizioni inaspettate, la voce vd
le piante e le sostanze, tutta la fisiologia degli esseri umani,
accop- \rattata in forma di analisi chimica del corpo umano me o i A
piamenti, organi, escrementi, visceri, umori, vello e pelo, as pi
ossa degli quanto basta per fabbricare un chiodo, zucchero ue
animali. Il Sole, «grand e quanto il villaggio di Sanga», è un vaso na tazzina di caffè, magnesio sufficiente per fare una fotogratia».
circondato da spirali di rame rosso; la Luna un vaso circond ato da
spirali di rame bianco; le stelle sono fatte di argilla; dall’ac
qua, Dieu d'eau, dio d’acqua, è un titolo perfetto, non n dal DIO
«seme divino», nascono i Nommo, come serpenti verdi, e chi di- sintesi di un pensiero a con
di vista letterario ma come
vulga la parola divina sono le formiche. I grani del sostentament o, a distanza di tanto tempo, di tutto questo rimane: Distur si
miglio bianco, miglio femmina, miglio d’ombra, migliarino, o E
fagio- Griaule, quasi esteticamente, l'immissione di
lo, acetosella, riso, Digitaria, stanno al centro della creazio ari
ne. Un io mondo dogon («Da qualche anno, le cose non andavano.
bene oltremare e si vedevano, perciò, pochi di quei dry :
puri cit.; Jamin, volazzi di cattivo gusto, di quegli ombrelli senza scopo, di A
La mission etbnographique cit.; Doquet, Les Masques
inutili occhiali che il tetro commercio riversava in quei paesi. 7
dogon cit.; G. Ciarcia, Exo-
tiquement vòtres. Les inventaires de la tradition en pays dogon, in «Terrain»
, n. 37, 2001, pp. 105-
suerre lontane avevano - almeno per qualche tempo - purgato
22; Id., Dogons et Dogon. Retour au «pays du réel», in «L’Homme», n.
157; 2001, pp. 217-30}
E. Jolly, Marcel Griaule, ethnologue
: la construction d’une discipline (1925-56), in «Journal
de la ì
Société des Africanistes», LXXI, n. 1, 2001, pp. 149-90, e tutta
la ricchissima bibliog
tenuta in questi lavori.
24 BARBARA FIORE l'RODUZIONE 25
regione dall’invadente mascherata»),!” elementi forse cancellabili 0 portano ovunque la parola», volpi che passeggiano sui segni deter-
trascurabili allora, non più oggi. Non esiste più, oggi, il santuario ando sulle tavole di divinazione l’incontro tra Ordine e Caos,
del Binu Arsana nel villaggio di Dyombolo («splendente dei colori rali, piante che entrano nei rituali, popolazioni di spiriti che
rossi, neri e bianchi delle sue pitture che rappresentavano un sole, ano fuori dei villaggi, nomi che ritornano mostrando lungo le
alcune maschere, un basamento di triangoli alternati che forma- generazioni le reincarnazioni degli antenati.
vano una linea a zig-zag. Un immenso serpente scolpito in rilievo Lavorando oggi sull’altopiano dogon, si prova un'impressione
e dal corpo punteggiato entrava attraverso un’apertura del muro e ingolare, quasi fantasmatica, come di tracce tutte ripercorribili,
sbucava dall’altra parte»);!8 esistono invece un piccolo edificio di (]uasi ci trovassimo a passeggiare su uno scavo archeologico, sulle
culto cattolico e un circolo di pietre orientato verso est, per la pre- rovine del mito: continuamente ci si imbatte in frammenti, i quali
ghiera musulmana. Tutto il capitolo sul Santuario nomina edifici riconducono a un insieme che non è dato vedere nella sua interezza
oggi scomparsi, pitture che non vedremo più. Nulla, di fatto, è più ma la cui persistenza, nascosta e silenziosa, è l’unica spiegazione
rintracciabile dell’articolata ricostruzione del mito che Ogotem- possibile di ogni frammento.
méli racconta, o che Griaule fattosi Ogotemméli racconta, in cui BARBARA FIORE
tutto appariva chiaro ed evidente, come in un disegno, come in un
film. A volte, leggendo Dio d’acqua, si può essere presi da una sen-
sazione di disagio. E tuttavia...
Acqua, tuttora sacralizzata e al centro dei rituali là dove l’acqua
quasi non esiste: acqua dei rivoli stagionali e degli stagni sulle cui
rive si trovano, deposte da qualcuno, le offerte agli spiriti; acqua
delle divinazioni, piccolo specchio contenuto in un mestolo o in un
abbeveratoio per i polli, in cui vengono letti i responsi; acqua tera-
peutica, acqua che infonde la parola al neonato. Acqua nelle cui
profondità è avvenuta l'iniziazione dell’indovino che ancora opera
nel villaggio di Teguru, che narra di esservi disceso richiamato dai
Nommo, di esservi rimasto a lungo (quanto? forse dei mesi o degli
anni), di avere nell’acqua ricevuto il dugé, un’agata oblunga che da
allora porta legata a un cordino al collo, la pietra segno di alleanza
con il mondo sovrannaturale di cui a più riprese parla Ogotemmîéli.
Periodicamente, un altro indovino, del villaggio di Yendumman, si
reca ai suoi altari, mette e preleva le «pietre di tuono», cadute dal
cielo negli stagni, che userà per interrogare le volpi al momento di
tracciare sulla sabbia le tavole di divinazione. Pone offerte bian-
che, fiocchi di cotone, latte nelle pozze di acqua piovana, la guari-
trice di Yawakanda. E non solo culto e rituali dell’acqua: anche
sacrifici sui termitai, offerte alle formiche che ancora oggi «tra-
! Cfr. infra, p. 96.
18 Cfr. infra, p. 136.
\pweylenza
imo soggiorno di Marcel Griaule fra i Dogon risale al 1931:
‘Wtinerario della missione Dakar-Djibouti passava attraverso le
inlesie di Bandiagara, regione allora quasi sconosciuta, giudicata
appia e addirittura pericolosa. Questo primo contatto doveva
inultare decisivo. Appena giunti a Sanga, i membri della missione
wistevano al prodigioso spettacolo dei funerali di un cacciatore.
le nacque una lunga serie di studi, il cui elenco è oggi ben noto, frut-
iv di ricerche sul terreno svolte per mesi da Marcel Griaule e i suoi
ollaboratori fino al 1939. La guerra interruppe le ricerche, e solo
nel 1946 fu possibile organizzare una nuova missione. Nelle inten-
ioni del grande etnologo, pur dovendo certamente fornire una
nentazione, questa ripresa era essenzialmente destinata a con-
e le conoscenze già acquisite, che, al punto in cui si trovava
el momento la ricerca etnologica, erano già considerevoli. I
decisero altrimenti e, attraverso la voce del vecchio caccia-
eco, gli offrirono l’occasione di rinnovare da cima a fondo
In prospettiva del suo lavoro. Pur confermando gli studi prece-
denti, le sue rivelazioni dovevano metterli in una nuova luce e mo-
dificare sostanzialmente il punto di vista da cui si era fino ad allora
auardato non solo alla cultura dogon, ma a tutte le culture limitrofe.
Per apprezzare Dio d’acqua. nel suo giusto valore, è necessario
reinserirlo nel suo contesto e riportarsi alla data della sua pubbli-
enzione (1948). La sua veste volutamente non scientifica e il suo
| volutamente letterario rispondevano al desiderio dell’autore
a conoscenza di un pubblico non specializzato e senza
apparato scientifico un’opera che l’uso riserva ai soli eru-
28 GENEVIÈVE CALAME-GRIAULE! LIRTENZA 2 9
diti». Di qui l’assenza di riscontri e di testi originali dogon, che si i) Le nozioni che si riferiscono alla persona. Viene posto in Dio
può rimpiangere, ma che avrebbe certamente dato all’opera un I ueqgua il fondamentale problema della dualità dell'essere umano,
carattere tutto diverso. Marcel Griaule era rimasto tanto colpito
\\e spiega, da una parte, l’importanza sociale dei gemelli, e, dall al
dalla ricchezza e dall’ordinata complessità delle concezioni che gli tn, le istituzioni della circoncisione e dell’escissione, escogitate
erano appena state rivelate, che avrebbe voluto dar loro una diffu-
lalla società per porre rimedio all’ambivalenza originale e assicu-
sione paragonabile a quella dei miti dell’antichità. E voleva, nello
iuite, così, la fecondità dell’essere umano. Quanto all’importanza
stesso tempo, riabilitando le culture africane, troppo poco note Q
litto edipico come causa di squilibri individuali e sociali,
addirittura disprezzate, rendere omaggio al vecchio che aveva peri
primo avuto il coraggio di rivelare al mondo dei Bianchi «und ‘va, più tardi, dar luogo a così rilevanti sviluppi, essa è già
cosmogonia altrettanto ricca di quella di Esiodo», e che presen nmente delineata in questo libro.
tava, secondo lui, il vantaggio di essere ancora viva. \) lm Parola. Attraverso Dio d’acqua, la civiltà dogon appare
Questo duplice obiettivo è stato raggiunto. Numerosi specialisti ume una civiltà del Verbo. La natura della parola, la sua origine
attribuiscono alla lettura di Dio d’acqua il primo choc determinante \lvihn, la sua funzione a un tempo metafisica e sociale, i suoi rap-
nella loro carriera di ricercatori. Innumerevoli non-specialisti burti con gli elementi del cosmo e della persona, costituiscono
hanno letto Dio d’acqua con entusiasmo, e il nome di Ogotemméli ilWyettanti dati nuovi e originali che dovevano attirare l’attenzione
è diventato per molti il simbolo della saggezza africana. \\\ \\cercatori sull'importanza di queste nozioni nelle culture tra-
Ma questo libro non ha solo il merito della volsarizzazione, così Iizionali
come il suo scopo non è semplicemente quello di rendere omaggia Wil :ndo questo piccolo libro, ci si accorge che in esso sono già
alle culture africane. Se oggi sentiamo la necessità di una nuovil tali tutti quei problemi che dovevano poi essere ulterior-
edizione, è perché, sul piano della scoperta etnologica, esso resti Di ippati da Marcel Griaule o da altri. i
un’opera rivoluzionaria. Siamo ad esso debitori di alcune interpre. la non bisogna dimenticare che nel cammino della ricerca afri-
tazioni fondamentali, oggi divenute classiche, ma che, all’epoeit ilaticn e nell’opera stessa del suo autore, Dio d’acqua corrisponde
della sua pubblicazione, erano tutt'altro che evidenti. Per citare into n una tappa, a uno stadio dell’apprendimento della cono-
soltanto le più importanti: in, secondo l’intenzione degli stessi Dogon. In seguito si sa-
1) La rilevanza del mito e della cosmologia nella cultura. Certunl li dovuta fare ancora molta strada, come testimoniano tutti i
rimproverano a Marcel Griaule di aver orientato i suoi lavori in | auccessivi, e, soprattutto, quel monumentale Le Rerard pòle’
una troppo esclusiva prospettiva mitologica e di aver visto nel mita x, per Marcel Griaule, doveva costituire una somma del mito e
la giustificazione di tutte le istituzioni dogon; ma la sua scoperti li cultura dogon; ma la morte prematura non gli permise di por-
non perde per questo nulla della sua importanza. Qualunque sia il
posto che gli si voglia attribuire nella cultura, oggi non si può più rne il primo volume. Leggendolo, si può misurare
ignorare il mito africano, né ridurlo a frammenti insignificanti, :reorso dopo Dio d’acqua. Ogotemméli, come lo stes-
2) Il pensiero simbolico. La rete immensa, complessa e loglet », «ha lasciato dietro di sé le parole viventi che
delle corrispondenze simboliche qui è messa in luce nell’ambità
africano per la prima volta. L’interp retazione simbolica dei nume ll vecchio cacciatore morì un anno dopo i celebri incontri. Mar-
ri, e, in particolare, il valore sessuato attribuit o al tre al quattro, è tirlaule dieci anni dopo. A colui che aveva ben capito la loro
il significato del sette in rapporto al matrimonio e alla parola, song tura, i Dogon hanno voluto rendere un ultimo omaggio cele-
diventati classici. Lo stesso può dirsi del significato simbolico delle
tecniche, della loro importanza nella cultura e dell’idea che lo svi Il \
ione di quanto in Dio d’acqua appare come scia-
po tecnico dell’umanità proceda di pari passo a quello dell; Ue (Vulpes pallida) è V’ident
30
GENEVIÈVE CALAME-GRIA UL]
brando i suoi funerali e la fine del lutto secondo
il loro rito. L’efi
fige che lo rappresenta riposa Dio d’acqua
in una cavern a nei pressi della piccoli
diga che aveva fatto costruire e che ha portat o prospe rità alla zona d
Sanga. Alla fine delle cerimonie, nel commo vente momen to in cu
viene spezzata la zappa del contadino per mostra re la fine del su
lavoro sulla terra, i celebranti, facendo passar e in questo semplic
gesto il loro senso spontaneo del simbolo, hanno spezza to lo stru
mento che avevano sempre visto in mano a colui
che aveva ascol
tato le parole dei loro anziani: una matita.
GENEVIÈVE CALAME-GRIAULE
Aprile 1975

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