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I BABILONESI

NICOLÒ FALCONE
INTRODUZIONE
Le continue invasioni di varie popolazioni nomadi

determinano la progressiva decadenza e la conseguente

scomparsa della civiltà sumerica al cui po­sto, fra l’inizio del

XVIII e la fine del XVI secolo a.C., inizierà a svilupparsi

quella babilonese. Essa prende il nome dalla mitica città di

Babilonia, una delle più potenti e ricche di tutta l’antichità.

Le rovine che di essa si sono conservate, una settantina di

kilome­tri a Sud dell’odierna Baghdàd, non appartengono,

tuttavia, a questo antichissimo periodo, ma a uno

successivo, databile tra il VII e il VI secolo a.C., du­


rante il

quale l’impero babilonese ebbe un nuovo, grande momento

di splendore politico e culturale: il cosiddetto «periodo neo­

babilonese »
STELE DI HAMMURAPI
Un esempio significativo delle qualità artistiche babilonesi è dato dalla Stele di

Hammuràpi (ca 1760 a.C.), rinvenuta negli scavi archeo­logici di Susa, nell’attuale

Iran. Si tratta di un blocco di basalto alto 225 centimetri sul quale il potente re

Hammurapi, nuovo riunificatore della Mesopotamia, fece incidere in caratteri

cuneiformi 282 leggi che tutti avevano l’obbligo di rispettare.

La stele, al di là del suo alto valore artistico, rappresenta anche la prima

testimonianza storica dell’applicazione del diritto. La maggior parte del­lo spazio

disponibile, sia sul fronte sia sul retro, è infatti dedicata al testo delle leggi, mentre

la zona frontale superiore è decorata con un bassorilievo in cui lo stesso re, in

piedi sulla sinistra, si è fatto rappresentare nell’atto di ricevere simbolicamente le

leggi da Shamash, il dio del sole, patrono della giustizia e trionfatore sulle

tenebre.

I due personaggi, rigidi e squadrati, sono rap­presentati di profilo e presentano una

minuta at­tenzione ai particolari dell’abbigliamento, come si può notare dalla veste

pieghettata di Hammurapi e da quella a balze di Shamash. Come nella scultura

sumerica, non vi è comunque alcun intento rea­listico, quanto piuttosto il desiderio

di creare un insieme di forme e di atteggiamenti simbolici facili sia da

comprendere sia da riprodurre.


ARCHITETTURA
Nel 1792 a. C., sotto Hammurabi (che regnò fino al 1750 a.C.) Babilonia divenne

importantissima. I Babilonesi, organizzati dapprima in città-stato autonome,

determinano la nascita di un impero e Babilonia ne diviene capitale.

Tipiche sono le ziqqurat mesopotamiche, strutture che consistevano in una serie di

terrazze degradanti, che si allargano via via verso il basso, collegate da scale

dirette alla sommità, dove si trovava il tempio vero e proprio, il sacrario. Essa

rappresenta la terra dove si concentrano il potere divino e le forze della vita,

simbolica unione tra uomo e dio.

Ma è il periodo neo-babilonese (che va dal 612 a. C. al 539 a. C.) è senza dubbio

quello che ha caratterizzato maggiormente l'architettura mesopotamica. In

corrispondenza infatti con la rinascita nel sud, coincidente con la caduta di Nivive,

città assira, si avrà una stagione di fioritura dell'arte e dell'architettura. Babilonia

ed Ur sono i due centri dove questa attività fu particolarmente densa di qualità.

La struttura, estremamente monumentale degli edifici, era ingentilita da

decorazioni a piastrelle smaltate policrome. Nota più di tutte, la porta di Ishtar del

580 a. C. che è stata ricostruita al Museo di Berlino con reperti originali.


ETEMENANKI
La Nuova Babilonia diventa così una delle città più ricche e grandiose mai esistite,

al centro della quale si innalza anche il cosiddetto Etemenànki, che letteralmente

significa «Casa del Fondamento del Cielo e della Terra». Si tratta di una
gigantesca ziggurat a pianta quadrata con sette gradoni sovrapposti, alta forse

90 metri e con lato di base pari a poco più dell’altezza. Dati gli scarsi resti giunti

fino a noi, però, gli studiosi non sono stati in grado di definirne la forma esatta, per

cui le ipotesi di ricostruzione sono ancora varie e discordanti. La ziggurat era

comunque col­legata al grandioso tempio dedicato a Marduk, il più importante fra

gli dei babilonesi. Essa, secondo la tradizione, si identifica addirittura con la

biblica Torre di Babèle, che gli artisti di tutti i tempi hanno sempre amato

rappresentare in modo straordina­riamente fantasioso


PORTA DI ISHTAR
L’accesso a Nuova Babilonia veniva garantito da nove porte

monumentali, la più impo­nente delle quali, aperta sulle mura

settentriona­ š
li, era dedicata a I htar, la Inanna dei Sumeri, dea dell’amore

e della guerra. L’enorme struttura, deli­mitata da quattro poderosi torrioni

merlati, è oggi in parte ricostruita al Pergamonmuseum (Vorde­


rasiatisches Museum) di Berlino. Essa è esternamente rivestita da

mattonelle di ceramica invetriata di colore azzurro intenso, sulle quali

risaltano le figure decorative in rilievo di vari animali mostruosi, aventi la

funzione simbolica di proteg­gere l’ingresso della città. Essi

rappresentano so­
prattutto tori, sacri al dio Adad, e mushushù, mitici

draghi squamati con testa e coda di serpente, cor­


po e zampe anteriori

di leone e zampe posteriori d'aquila, emblemi del dio Marduk. All’in­


terno

š
della Porta di I htar, in direzione del Tempio di Marduk, si snodava la

rettilinea Via delle Processio- ni (o Via Sacra), un’arteria lunga 250 metri

e larga 22, fiancheggiata da un grandioso fregio azzurro, sempre in

ceramica invetriata.
GLI ANIMALI
Sulle pareti di mattoni smaltati della porta di Ishtar, sono riprodotte, in rilievo e a

colori, figure di animali ed esseri mitici. Nella prima figura è rappresentato il drago-

serpente con zampe anteriori leonine, zampe posteriori d’uccello, testa di serpente,

tutto ricoperto di squame. Esso riunisce in sé non solo gli aspetti di diversi animali, ma

anche il loro carattere: ha le sembianze di un leone, la testa è di serpente con le

corna, il corpo è ricoperto di scaglie, dalla quali spuntano peli sulla testa e sul collo, le

zampe anteriori sono quelle tipiche di un felino, mentre quelle posteriori sono quelle di

un volatile. È presente nella tradizione mesopotamica, e ne sono rappresentati alcuni

esemplari sulla porta di Ishtar, dove hanno un ruolo di difensori, edificata da

Nabucodonosor in onore di Marduk.

Nella seconda figura è rappresentato uno dei tanti leoni presenti sulle mura. I colori

dei leoni sono bianco-giallo o giallorosso. Si pensa che il leone avesse per i Babilonesi

due significati: da un lato rappresentava le forze negative della selvatichezza,

dall’altro la regalità, l’imponenza.

Sicuramente legata al secondo significato era l’usanza di porre due leoni a guardia

delle porte delle città o di edifici importanti.


GIARDINI PENSILI
I Giardini pensili dell’antica Babilonia sono considerati una delle sette

meraviglie del mondo antico. Secondo quanto riportato da autori greci e

latini, i giardini ornavano la terrazza del palazzo reale di Babilonia,

probabilmente nei pressi della Porta di Ishtar, principale accesso della città.

I Giardini pensili erano visibili da qualsiasi zona della città. A ordinarne la

costruzione fu il re Nabucodonosor II intorno al 590 a.C. Desiderava che

sua moglie Amytis non rimpiangesse la Persia, regione di cui era originaria,

ricca di vegetazione. I Giardini pensili di Babilonia erano costituiti da una

serie di terrazze sopraelevate, disposte a vari livelli, collegate da larghe

scalinate. Erano irrigati artificialmente mediante un complesso sistema di

cisterne e condutture. L’acqua era prelevata dal vicino fiume Eufrate. In

questi giardini vi crescevano alberi e piante portati a Babilonia da tutte le

parti del mondo. Formavano piccole oasi, con ruscelli, cascate e laghetti.

Anche se tutti gli studi più recenti sono ormai concordi nell’affermare che

tali straor­dinarie costruzioni non siano probabilmente mai esistite, il

tramandarsi fin dall’antichità della loro favolosa memoria ci dà l’esatta

dimensione dell’im­portanza e del prestigio di cui la cultura e la civiltà

neobabilonesi hanno sempre goduto

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