Arte micenea
La civiltà micenea si sviluppa soprattutto nel Peloponneso; è una società più povera, legata a tradizioni agricole e
pastorali ed abituata a combattere.Le città erano potentemente fortificate: a Tirinto, ad esempio, le mura erano alte
10 m espesse da 7 a 17 m; erano talmente larghe che al loro interno correva una galleria percorribile. Secondo la
leggenda erano state edificate dai ciclopi.
Diversamente dai palazzi cretesi, ampi qui si può parlare di palazzo-fortezza, un complesso più piccolo con un
ambiente tipico chiamato mégaron. Il mégaron era un ampio vano il cui tetto era sostenuto da 4 colonne con un
focolare al centro e un ingresso con due colonne.
Stile rigido e schematico degli oggetti d’oro si ritrova anche nella pittura vascolare: anche quando i Micenei
riprendono i temi cari alla civiltà minoica, come l’immagine del polpo, non riescono a fare a meno di trasformarli in
decorazioni geometriche e stilizzate, talmente semplificate e simmetriche che spesso non è facile riconoscere il
riferimento naturale.
Le immagini erano più mosse e realistiche. Da questo punto di vista sono particolarmente note le cosiddette “tazze
di Vaphiò”, due piccoli oggetti in oro lavorato, trovate tra il corredo funerario dell’omonimo principe.
La stessa drammaticità e rigidità, espressione di una società guerriera, si ritrova in alcune maschere funerarie d’oro,
lavorate a sbalzo, dai tratti forti, decisi, energici, il cui uso è di derivazione egizia. La più nota proviene da una tomba
di Micene, dove copriva il volto di un personaggio che l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann credette essere
Agamennone.
Anche Micene era cinta da possenti mura capaci di esprimere un senso di forza e di maestosità. Lungo le mura si
apre la Porta dei Leoni: un massiccio trilite con sopra un monolite triangolare decorato con il bassorilievo di due
leoni rampanti affrontati davanti ad una colonna rastremata verso il basso (come quelle cretesi).
Arte minoica
Nonostante alcune piccole differenze, l’arte minoica e quella micenea sono molto simili perché fra Creta e le città
micenee vengono stretti solidi legami commerciali. Creta, infatti, grazie alla sua particolare collocazione geografica,
rappresenta un ponte di collegamento tra le civiltà mediterranea, egizia e mesopotamica.
Nell’arte minoica il palazzo non era difeso da mura (elemento che rivela l’assenza di guerre) ed era realizzato con
grandi blocchi di pietra. Gli ambienti si articolavano intorno ad un grande cortile centrale senza rispettare assialità o
simmetrie. Frequenti erano i portici con colonne colorate rastremate verso il basso.
Negli appartamenti c’è la sala del trono, aperta sul cortile che aveva probabilmente funzioni cerimoniali e cultuali.
Esternamente al palazzo sorgeva il cosiddetto “teatro”, uno spazio aperto con vaste scalinate per gli spettatori che
assistevano a cerimonie religiose e giochi con i tori.
Sono frequenti a disegnare i soggetti naturali (piante, fiori e animali) dipinti con dinamismo ed eleganza cogliendo le
caratteristiche essenziali del soggetto. (es: i delfini nel megaron della regina).
Un altro interessante esempio di arte minoica è costituito dalla pittura vascolare (cioè su vaso). Nei vasi di
quest’epoca sono presenti motivi tratti dal mondo naturale fortemente geometrizzati secondo linee curve che
seguono l’andamento del vaso. I colori utilizzati sono il rosso, il giallo e il bianco su fondo scuro.
Brocchetta di Guarnià
Nella famosa brocchetta di Gurnià, i colori sono ridotti solo al nero su fondo chiaro, ma il naturalismo così
accentuato, non solo rivela la capacità di osservazione degli artisti cretesi, ma anche la loro capacità di sintesi tale da
giungere con pochi tratti a risultati straordinari.