Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Il testo si presenta in forma epistolare, come nel romanzo romantico (cfr. William Lovell,
Tieck; Lucinde, Schlegel), tratto inconsueto però per un racconto breve; tuttavia, non
impossibile a darsi (fantastico+tecnica epistolare sono presenti anche in Frankenstein e
Dracula).
Il racconto inizia con tre lettere scritte da personaggi diversi. La prima lettera di Natanaele è il
frutto d' un equivoco. Destinata a Lotario, viene intercettata da Clara, fidanzata di Natanaele. Ma,
l'errore, nella sua forma più pura, non esiste), nella realtà e tanto meno nella forma narrativa. Ci
dev'essere quindi una precisa intenzione da parte di Hoffmann.
In tutto il racconto domina la percezione visiva: si parla dei “limpidi occhi” di Clara. Occhi
che avranno centralità nell'intero racconto.
Importante è la figura del “Geisteseher”, il “visionario”, cioè colui che vede ciò che non c'è: si
tratta di fantasmi psichici o reali? È un nodo che non si può sciogliere; non si può dare una
risposta univoca.
L’origine del disagio o dell’orrore è sempre banale, manca cioè una corrispondenza tra il fatto
reale e i suoi strascichi psicologici. Il Sandmann agisce in modo concreto e inquietante,
frapponendo fantasmi tra Nataniele e la sua famiglia. Agli occhi del bambino Nataniele, può
essere il padre a incarnarsi nel Sandmann? Esperimento visivo; così può essere chiamato quel
momento in cui N. sta dietro una tenda a guardare ciò che accade nella stanza e conduce il
lettore come dietro la quinta di una scena. È presente anche l’avvocato Coppelius, un doppio del
padre agli occhi del bambino, ragion per cui la realtà presto smette di essere quella che sembra:
la camera da letto prende l’aspetto di una caverna con un camino che rappresentano l’abisso e il
fuoco dell’inferno.
Il termine che descrive questa situazione è unheimlich, perturbante: ciò che è familiare diventa
non familiare, il padre amato e consolatore diventa un padre crudele che punisce. Si tratta di uno
sdoppiamento vero e proprio (per Freud, vedi interpretazione) di una sola persona: Il padre
e Coppelius incarnerebbero, rispettivamente, la parte positiva e negativa del padre (padre
buono e padre cattivo).
Di nuovo centralità degli occhi: l’orco sabbiolino cava gli occhi ai bambini → perdita della vista
che simboleggia la perdita della 'vista' del reale? O si tratta piuttosto del complesso di
castrazione? Il padre a questo punto torna a vestire i panni del padre buono e premuroso e
intercede per N. contro Coppelius. L’avvocato allora risparmia gli occhi del bambino ma si
scaglia contro mani e piedi, svitandoli: è il corpo umano inteso come “meccanismo perfetto”,
come macchina (ciò si lega al tema illuminista della capacità di forgiare il proprio destino). Cade
a questo punto l’ultima barriera del realismo: N. è ormai una macchina, un pupazzo (l’essere
umano è ambiguo). L'analogia corpo umano – macchina, tanto cara al meccanicismo di '600,
'700, tornerà centrale con il personaggio di Olimpia.
La narrazione riprende, a questo punto, con il risveglio di N. tra le braccia della madre. Abbiamo
di nuovo una situazione di idillio familiare. Ma N. rimarrà febbricitante per ca. due settimane.
La dimensione della febbre si colloca oltre la soglia umana, a superamento di una soglia
esperienziale ai limiti della normalità; è un elemento importante nei racconti di Hoffmann. Si
tratta di una febbre non solo del corpo, ma anche della mente.
(RIF. → Heine, Die romantische Schule: muove, con vena graffiante, una dura critica a
Hoffmann e Novalis. Ritiene siano “autori della malattia”, precursori di qualche traccia dello
stile nietzschiano. Sono autori malati, la malattia viene esaltata; ma, se quella di Novali, per
eccellenza, è la
tubercolosi, e la sua Musa è una ragazza diafana; la musa di Hoffmann è apparentemente sana,
ma in realtà è anch’essa febbricitante, caratterizzata dal rossore delle guance.)
Nathanael si risveglia tra le braccia amorevoli della madre; l' avvocato Coppelius ricompare un
anno dopo sancendo la fine definitiva dell'idillio familiare, con la morte del padre di Nathanael
per un esperimento chimico finito male; sovrapposizione del padre, che viene deformato nella
morte, con Coppelius; tema del Doppelgänger; incontro col doppio, che indica incontro con sé
stesso,
ma anche con la fine di sé; sdoppiamento dei punti di vista.
Coppola è Coppelius? Hoffmann non dà una risposta diretta, anche se è ovvio che è così; sono
simili fisicamente ed entrambi introducono un principio di destabilizzazione nella vita del
protagonista; la lettera indirizzata a Lothar viene spedita all'indirizzo di Clara, smarrimento
iniziale; questo errore però lo apprendiamo dalla seconda lettera, quella di Clara, che si presenta
subito come un personaggio improntato,appunto, alla Klarheit, alla limpidezza e cerca di dare
una spiegazione da psicologa all'accaduto, poco convincente; i fatti spaventosi narrati da
Nathanael non sono, secondo Clara, attaccati alla realtà, ma pura suggestione. E' come se Clara
cercasse di porre una pietra tombale su tutto ciò che non è scienza ufficiale e che lei considera
panzane pseudo- scientifiche; Clara è consapevole della presenza di eine dunkle psychische
Macht (potere psichico oscuro) e cerca di evitare che Nathanael sia da essa sopraffatto, lui che ha
una sensibilità particolare per ciò che è nascosto.
La terza lettera raggiunge Lothar, suo destinatario; Nathanael sembra guarito dalla sua ossessione
e riconosce che Coppola dopotutto non è Coppelius; racconta di frequentare le lezioni di un tal
fisico, Spallanzani, personaggio eccentrico, incarna la tipica figura dello scienziato pazzo;
Lazzaro Spallanzani, è il “padre scientifico” della fecondazione artificiale e delle contraccezione;
ci sta però che ad Hoffmann, che molto probabilmente lo conosceva di fama, sia piaciuto
soprattutto il nome di questo scienziato, un nome italiano che richiama i nomi di Coppola e, tutto
sommato, anche di Coppelius.
Se Coppola è una sorta di padre autoritario, Spallanzani è invece il padre rassicurante.
Nathanael scopre poi l’esistenza di questa bellissima figlia di Spallanzani, Olimpia; Nathanael si
rende conto della strana fissità che si accampa intorno all'organo della vista, è come se Olimpia
non vedesse, o meglio non guardasse realmente; e Nathanael è spaventato, tanto che intuisce in
lei un pericolo. Nathanael esprime disagio per il fatto che la sua precedente lettera era stata
aperta da Clara e che lei si sia espressa in modo così giudizioso.
Dalla forma epistolare si passa poi alla voce di un narratore esterno; ci troviamo davanti ad un
secondo inizio; è un momento metaletterario in cui Hoffmann ci svela quasi “i ferri del mestiere”,
dicendo che avrebbe potuto cominciare in modo diverso da quello epistolare, ad esempio “C'era
una
volta...”, ma si sarebbe trattato di un inizio freddo e banale. Il secondo inizio possibile analizzato
era quello “in medias res” del tipo: < “andate all'inferno” gridò lo studente N. con un selvaggio
sguardo di rabbia e orrore, quando il venditore di cannocchiali Giuseppe Coppola...>, ma vi era
un chè di comico, che certo la storia di N. non ha. Così Hoffmann fa confessare al narratore di
aver deciso di non iniziare affatto, ma di aver consegnato all'attenzione di noi lettori le lettere che
a lui Lotario aveva donato.
“Forse, o mio lettore, crederai che nulla di più strano e pazzo vi sia della vita vera e che il poeta
possa ritrarla solo come nell' oscuro riflesso di uno specchio opaco”
→ lieve civetteria di Hoffmann.
Nathanael ritorna a G., sua città universitaria, celebre sede di studi di fisica al tempo, dove trova
però la sua casa distrutta; va a vivere in una casa davanti a quella di Spallanzani e riesce, grazie
alla posizione frontale delle finestre, a seguire Olimpia nelle sue attività.
Nuovo incontro con Coppola, che Nathanael si sforza di accogliere all'interno della propria
stanza; egli pronuncia parole apparentemente deliranti che preoccupano e turbano Nathanael;
Coppola pare offrirgli degli occhi, poi si scopre che si tratta di strumenti ottici, occhiali; davanti
allo sfarfallamento delle lenti, N. ha quasi un attacco epilettico e caccia via Coppola. Ma,
accortosi di aver esagerato compra un cannocchiale, strumento attraverso il quale si instaurerà
tra N. e Olimpia una relazione “biunivoca”.
Spallanzani, che durante la festa era passato più volte di fronte ai due, approva compiaciuto la
loro unione, ma i suoi passi “risuonarono vuoti e la sua figura, sfiorata da ombre tremolanti,
assunse un aspetto orribile e spettrale” (Elementi del racconto notturno); Spallanzani viene
attratto nel modello del padre cattivo, come Coppelius e Coppola; si trasforma in un mostro.
Spallanzani svaluta Olimpia, ma N. gioisce dell'ufficialità del suo interesse per lei. Olimpia è una
sorta di figura archetipica, è il prototipo della donna perfetta che non parla e non dice mai di no,
che non contraddice mai il marito; unica reazione di Olimpia è sempre “ach” (ah, ah) o al
massimo “Gute Nacht, mein Lieber!”. Ma è un ideale irraggiungibile
N. si crea una sorta di utopia nella mente, per cui le parole, se c'è l'amore, non hanno
importanza; è un clichè diffuso. N. chiede in moglie Olimpia al padre Spallanzani, che si mostra
compiaciuto, dimenticandosi totalmente di Clara e della sua vera famiglia.
Ma, nel portare all'amata, come pegno di fidanzamento, l'anello che la madre gli aveva donato
un tempo, N. sente Spallanzani e Coppelius litigare e l'oggetto della strana conversazione è
proprio la fabbricazione di occhi e di ingranaggi. Ecco che l'incubo infantile di Nathanael viene
a realizzarsi: Coppelius e Coppola, sono la stessa persona; Olimpia è oggetto di contesa fra
Spallanzani e Coppola che vogliono possederla, tirandola ognuno dalla sua parte. Coppola la
rapisce, N. vede che si tratta proprio di Olimpia, che subisce la sorte di lui bambino e che si
scopre essere un automa, una bambola inanimata, privata degli occhi. Spallanzani grida al
ragazzo di inseguire Coppelius (Coppola) poiché solo così riavrà gli occhi (suoi o di Olimpia?),
ma N. si accorge che a terra giacciono “occhi sanguinanti”, come di creatura viva; al che
Spallanzani li afferrò con la mano e “glieli gettò dietro, colpendolo al petto”. Gli occhi
funzionano come da detonatore, che fa scattare la follia di Nathanael; follia che si trasforma in
parole prive di senso “manifesto”: “Cerchio di fuoco! Girati, cerchio di fuoco – Spassoso –
spassoso! - Marionetta, oh bella marionetta girati”.
Ricorre la circolarità, il cerchio di fuoco che rappresentano il fatto che la mente di N. afferra
la realtà come un qualcosa che gira, come una giostra.
Intermezzo del narratore. Si ripete la situazione di lui bambino. Coppola scompare, N. viene
trascinato in manicomio, Spallanzani è costretto a lasciare l'università. Abbiamo una chiusa del
racconto realistica rispetto al racconto che è fantastico; il narratore ci informa del seguito della
vicenda. Il professore di poesia e retorica parla di un'allegoria, di una metafora prolungata. Ma,
il
letterato si presenta come una figura ridicola che si esprime in latino e vuole interpretare la
realtà attraverso la letteratura. Ma la vita è irriducibile a essa, è molto più ampia e profonda di
quanto la letteratura possa contenere.
Tutti iniziano a sospettare di essersi innamorati di una “bambola di legno”; chiedono alle loro
fidanzate di ballare, o di intonare una canzone.
L’andamento del racconto è imperniato sullo spostamento dall’idillio alla tragicità dell’atto
conclusivo. Clara è come una figura materna, si sostituisce alla madre che pure è anch’essa
presente. Siamo a metà tra l'idillio borghese e l'idillio rurale (alla ricerca di una “isola di senso”).
Clara diviene il detonatore dello sbocco di follia di Nataniele con la sua proposta di guardare
“oltre”, verso i monti. Questa scena di Clara che nota un cespuglio è simile alla scena della
profezia di Macbeth. Si assiste a una rinnovata sovrapposizione/fusione tra Clara e Olimpia.
Ricompare Coppelius: è il segnale che rende manifesta l’“anormalità” e l’inadeguatezza di
Nathanael, ma anche una denuncia e condanna della “fantasticheria” romantica.
Categoria dell’Unheimlich (perturbante): è ciò che passa dal familiare (per lungo tempo) al
non familiare e allo straniante.
PERSONAGGI
Nathaniel è una persona mite di principio, ma che può essere soggetto a scopi di ira. Viene rivelata
e tradita la natura inquieta di questo ragazzo che può anche fare gesti inconsulti. Si dimostra un
carattere suggestionabile, si dimostra un soggetto pronto da farsi impressionare dalle circostanze
che lo circondano, dai fenomeni che pensa di vedere o che è convinto di vedere e da tutta una serie
di dinamiche che lo riguardano.
Dal punto di vista della dinamica familiare possiamo dire che:
- la madre ha una funzione protettiva nei confronti di Nathaniel, però risulterà esclusa dal mondo
maschile e quindi succube di ciò che non può vedere perché non vi può partecipare. Questi incontri
notturni tra il padre e Coppelius le sono interdetti e per questo tutte le volte che arriva Coppelius,
sente come un clima minaccioso farsi avanti, ed è triste. (Aspetto educativo. La madre sfata questo
mito dell’uomo della sabbia dicendo che non esiste, che è un modo di dire. La parte malefica di
questa situazione famigliare è data dalla presenza della tata, che invece non fa nessun velo alla
possibilità che questi due bambini subiscano una cattiva sorte: << è un uomo cattivo che viene dai
bimbi che non vogliono andare a letto e gli butta manciate di sabbia negli occhi fino a farglieli
schizzare via tutti pieni di sangue; poi li getta nel sacco e li porta sulla mezzaluna in pasto ai suoi
figli, che se ne stanno dentro il nido e hanno becchi ricurvi come quelli delle civette per poter
beccare gli occhi dei bimbi cattivi.>>
Tutto questo andò avanti per anni. la tecnica di Hoffmann è quella di disilludere il lettore. Il
lettore spera che questo incubo finisca. Invece questo incubo persiste e accompagna la vita di
Nathaniel anche dopo la pubertà fino all’età della giovinezza.)
- Il padre è un individuo succube di questa influenza negativa di Coppelius ed è considerato la
parte più femminile del rapporto dinamico tra i due adulti maschi. È come se si riproducesse una
dinamica famigliare parallela tra un padre che assume tratti di debolezza quasi femminili, l’uomo
forte che è Coppelius e il figlio che è estromesso da questa realtà. È un padre presente, ma distante
allo stesso tempo. Si circondava di una coltre di nebbia perché fumava la sua pipa. Il padre è quello
che racconta le storie meravigliose da un lato, e si accalora nel raccontarle; ma allo stesso tempo
quasi negando simbolicamente la sua disponibilità a raccontare storie, si avvolge di una coltre di
nebbia (simbolo del mistero e delle inaccessibilità del mondo infantile rispetto a quello adulto). - Le
coordinate, quindi, del mondo adulto si completano però solo se citiamo la presenza di una tata
della sorella di Nathaniel. Usa termini spaventevoli per convincere i bambini a comportarsi bene.
Mentre la madre è molto dolce (come Clara), la tata ha la funzione terrificante di perturbare il
bambino minacciandoli addirittura, attraverso Sandmann, di perdere la vista se non si comportavano
bene.
Coppelius: allude al mondo italico, ma molti sono i campi associativi che il nome evoca: A. Coppo:
cavità oculare; B. Coppella: forno in cui avviene la coppellazione (=processo per ottenere l’argento
dai minerali di piombo argentiferi), allusione a tutta la sfera alchemica. Le descrizioni sono il pezzo
forte di Hoffmann. Coppelius è un uomo alto, dalle spalle larghe, con una testa grossa e deforme, la
faccia terrea, le sopracciglia grigie e folte, sotto le quali brillano due pungenti occhi verdognoli da
gatto (associazione con il mondo animale è un modo per allontanare questo soggetto dal mondo
umano), un naso grosso e ben pronunciato sopra il labbro superiore. Individuo che altera i canoni
del volto simmetrico tanto osannato nel classicismo tedesco (volto dell’Apollo del Belvedere,
l’immagine raffaellesca della Madonna Sistina…). stravolgimento della linea e del contorno che
sono i punti di riferimento lineari di un classicismo che vuole cercare la nobile semplicità e la quieta
bellezza nella forma perfetta del modello antico greco. Tutte queste sono caratteristiche tipiche di
quegli individui che vengono dal mondo del maligno. La bocca si contorce spesso in un riso
maligno (non abbiamo solo una fisiognomica che riguarda la prima parte della descrizione, ma
anche la patognomica, cioè la modulazione della bocca secondo ciò che la sua anima gli detta.
Un’anima che lo induce alla sopraffazione) e allora sulle guance compaiono macchie rossastre e fra
i denti serrati passa uno strano sibilo. Coppelius arrivava vestito sempre con una giacca grigio
cenere di taglio antiquato, (come se venisse da un’altra realtà) (qui l’associazione che è stata fatta è
al personaggio malvagio che compare nella Storia Meravigliosa di Peter Schlemihl Chamisso
questo personaggio sinistro che cerca di far vendere l’anima al protagonista) panciotto uguale e
calzoni dello stesso genere (uniformità che non permette di vedere e di interpretare la personalità),
le calze invece erano nere e le scarpe con piccole fibbie d’osso. Il parrucchino arrivava appena a
coprirgli il cocuzzolo con le ciocche appiccicate ritte sopra le grandi orecchie rosse; teneva l’ampia
retina così discosta dalla nuca che si arrivava a scorgere la fibbia d’argento che gli chiudeva la
cravatta increspata. Tutta la figura era odiosa e repellente, ma a noi bambini ripugnavano soprattutto
quelle sue manacce ossute e pelose: ogni cosa sfiorassero non ci piaceva più. l’associazione tra
l’uomo della sabbia, l’uomo nero, Wider Mann (soggetto della tradizione popolare vive nelle
selve), l’orco sono personaggi che si equivalgono di spaventevolezza. Lui se n’era accorto e
provava un gran gusto a toccare con questo o quel pretesto un pezzetto di torta, un frutto candito
che la nostra mammina ci aveva messo di nascosto nel piatto… (timore della contaminazione che è
quella del contatto fisico, ma è anche quella del male che il bambino percepisce diffondersi
dappertutto). […] lui se la rideva in modo davvero diabolico. Era solito chiamarci le bestioline.
Non solo quest’uomo è spaventevole, ma crea una chiara distanza volontaria tra il mondo adulto e
quello infantile assimilando i bambini a delle bestioline per controllarli e sminuirli ancora di più.
Clara Clara ha uno spirito caritatevole; esprime questa disponibilità verso l’altro che dovrebbe
sedare le fantasie troppo eccitate di Nathanael.
Lazzaro Spallanzani
Olimpia automa
TEMI
- AUTOMA
- temi chiave del testo, il TEMA DELLO SPECCHIO, del carattere meramente proiettivo del
femminile, che adesso riguarda Clara, ovvero gli occhi di Clara, e presto riguarderà Olimpia.
Hoffmann (o meglio il suo narratore, avvezzo, da buon artista romantico, a tutte le più
raffinate tecniche di straniamento ironico) dapprima presenta gli occhi di Clara come
schermo proiettivo dotato di un legame, seppur in larga parte ideale e iperbolico, con la sfera
del reale per poi trasformarli/ trasformarla in una musa che attiva e potenzia con il suo
semplice sguardo la creatività dell’artista attivando inespresse potenzialità sinestetiche.
- TEMA DELLO SGUARDO Tema e la modalità dello sguardo: il motivo per eccellenza
del Sandmann è quello degli occhi. La parola come anche il suo campo semantico relativo
domina in modo evidente il testo. Sostantivi, aggettivi, verbi che creano il perimetro
dell’applicazione e dello svilupparsi del guardare si trovano in quasi ogni pagina del
racconto. Di questo motivo degli occhi, fa parte anche il motivo indicato nel titolo, perché
questo Sandmann era il soggetto in cui in una fiaba raccontata dalle tate, distribuiva sulle
palpebre dei bambini un mucchietto di sabbia per farli addormentare (per sottrarre loro la
possibilità di vedere) secondo il gusto di Hoffmann non è indicato come un bonario
atteggiamento di accompagnamento al sonno, ma proprio come un modo di sottrarre la vista
al bambino. All’occhio viene attribuita una funzione di mediazione tra soggetto e oggetto,
tra interiorità ed esteriorità è una sorta di soglia quella dell’occhio che mette in relazione i
due mondi, quello della quotidianità e del notturno (che si sviluppa durante il sonno).
IGNAZIO DENNER
Trama.
Il guardiacaccia Andrea, sposato alla giovane napoletana (c’è sempre un elemento italiano)
Giorgina, offre ospitalità al misterioso Ignaz Denner senza sospettare che si tratta in realtà di uno
stregone e brigante (Unheimliche Gast). I due vivono in una situazione di penuria in mezzo a una
foresta perché Andrea era alle dipendenze feudali di un gran signor von Vach (aveva sperato nella
sua benevolenza per condurre una vita più degna, ma poi si trova in realtà in grande miseria). E
proprio lì, nel suo punto vulnerabile (la miseria), Andrea apre la porta ad uno sconosciuto perché è
un uomo caritatevole (non si aspetta nulla). Da quel momento, Andrea sembra non potersi più
liberare dalla sinistra influenza di Denner (persona che esercita un’influenza magnetica e
inquietante sia su di lui sia sulla moglie), che dopo aver miracolosamente guarito sua moglie e
avergli donato del denaro lo costringe a prendere parte a una delle sue peggiori malefatte. Andrea si
ritrova così coinvolto in una lunga serie di peripezie in conclusione delle quali riuscirà ad avere
ragione del suo nemico. esito positivo ≠ Der Sandmann (negativo)
Codificazione degli elementi che costituiscono il fantastico: follia, il doppio, ma soprattutto
l’apparizione dell’alieno, del mostruoso, dell’inconoscibile la scena dell’apparizione
improvvisa e inaspettata di uno straniero nello spazio domestico di una casa è quasi uno stereotipo,
presente nella psicologia e nell’immaginario culturale delle comunità umane prima ancora che nei
testi letterari, artistici o cinematografici, fortemente implicato (e per questo rigido) nei processi di
costruzione dell’identità dei popoli, delle comunità etniche e in quelle nazionali. L’apparizione
dell’alieno non è solamente il fantastico di Hoffmann, ma è anche l’inquietante di chi non è come
noi. L’improvvisa intrusione di un personaggio (vale anche per Ignaz Denner) che ha le
caratteristiche culturali dello straniero, dentro lo spazio riservato e protetto che appartiene a una
famiglia e a una comunità ristretta, prende d’improvviso aspetti inquietanti, suscita reazioni di
profondo turbamento psicologico e non più solo di semplice esclusone dell’elemento estraneo.
Protagonisti:
- Andres: personaggio ondivago nel comportamento perché la sua caratteristica principale è quello
di avere un senso del dovere incrollabile e uno spirito servile lui si mette a servizio del padrone e
lo fa incondizionatamente. Fatto che però produce nel personaggio e nella sua figura una certa
rigidità. Il soggetto viene definito come molto devoto alla Chiesa, è molto credente.
- Giorgina: per la sua provenienza napoletana, è molto credente come Andres. All’epoca, e in Italia
in particolare nel Sud, era ben noto il culto dei santi sia per quello che raccontavano i viaggiatori nel
XVIII/IXX secolo, sia perché la cultura cattolica era in netto contrasto con quella protestante
(largamente diffusa in Germania). Quindi il culto dei santi costitutiva per lo scrittore o il lettore
tedesco una curiosità particolare che noi minimizziamo come una nostra informazione abituale. Su
questa devozione è molto insistito il racconto. E la devozione dovrebbe essere il baluardo o il
contrafforte a difesa di attacchi del male (rappresentati dalla figura del forestiero).
- All’inizio di questo forestiero non abbiamo dati connotativi, non sappiamo molto se non che è un
mercante (si spaccia) e si propone all’inizio della storia come un benefattore.
CONCETTI CHIAVE
IL NUMERO 3: numero magico che si rileva spesso in questo racconto. Il numero 3 per la
simbologia è il simbolo del ternario, la combinazione di 3 elementi. Il ternario è uno dei
simboli maggiori dell’esoterismo. Sul ternario si costruisce anche tutto il discorso
massonico: il triangolo con l’occhio al centro, che indica l’occhio che controlla e
supervisiona, o la squadra che è il simbolo della muratoria (muratori sono i massoni della
fondazione di questo movimento massonico) e anche tanti altri oggetti che hanno una forma
triangolare sono proprio quintessenza dell’esoterismo. In questo concetto risiede, quindi,
significato del numero 3. Ha una trasmutazione della trinità in termini esoterici e, nella
matematica, è anche un numero perfetto (primo numero dispari poiché l’1 non è considerato
un numero). Il 3 è profondamente attivo e possiede una grande forza energetica. Simbolo
della conciliazione per il suo valore unificante. La sua espressione geometrica è il triangolo,
simbolo esemplare del ritorno del multiplo all’unità.
Ci sono anche i numeri della gestazione. I 9 mesi della gestazione costituiscono un multiplo
del 3. Andres svela la personalità di Denner: momento del chiarimento. Denner gli ha
chiesto di partecipare a un’azione del gruppo dei briganti e gli chiede di lasciarlo andare.
Visto che – lo apprendiamo adesso – esisteva un bandito così chiamato (Ignaz il Nero) e che
Denner non si era nemmeno la briga di presentarsi sotto falso (pre)nome, c’è da domandarsi
com’è che il protagonista non fosse ancora arrivato a capire chi avesse davanti. Quel che
poche righe dopo Denner dirà (“non sei forse già da tempo nostro compare? Non sono già
quasi 3 anni che vivi nel nostro denaro?”) mette il dito nella piaga della sostanziale ipocrisia
di Andres, i cui scrupoli non sono mai stati seguiti da un gesto di ribellione. Andres è più
colpevole di viltà o è semplicemente un babbeo? La sua colpa è quella di essere stato un po’
ingenuo. Ma era ricattato, non aveva molte vie d’uscita. Minaccia che rompe il patto. Il
punto di rottura principale: Andres minaccia di rompere il patto. “Sottrarti alla mia volontà e
ai miei ordini”. Doppio disvelamento: non solo Denner si mostra per quello che è, ma
dichiara che A. è ostaggio della sua volontà e dei suoi ordini. “non sei forse già da tempo
nostro compare? Non sono già quasi 3 anni che vivi nel nostro denaro?” indurre il senso
di colpa in Andres è un’abile strategia per aggiungere al suo coinvolgimento anche un
aspetto morale, quello della colpa, di non rispettare il proprio onore rispetto a quanto si sono
giurati o promessi.
Pagina 69. Andres ha una sola via d’uscita: fingersi di rimettersi alla sua volontà senza
macchiarsi né di ruberie né di assassinii e di sfruttare una migliore conoscenza dei covi della
banda per riuscire a sgominarla, alla prima buona occasione, facendo arrestare tutti.
Andres da un lato è costretto a mentire, mantenendo però una certa integrità dall’altro.
Abbiamo un patto nel patto, una sub-categoria del patto principale (quello del mantenere la
parola) che è quello di scagionarlo però da un’azione diretta che possa portare ad
ammazzare o ferire qualcuno durante questa incursione. Incursione: si va a saccheggiare un
ricco fittavolo che viveva ai margini del villaggio.
Bosco OSCURITA’
(Ad un certo punto, il malvagio ritorna. Ritorna in un’occasione ben precisa Giorgina partorisce
un secondo figlio maschio. Scena che è come una sorta di ecfrasi di un quadro di una Madonna col
bambino. Qui la moglie di Andres ha partorito. Tutto sembra tranquillo finché Denner non finisce di
nuovo per far visita alla famiglia avvicinandosi alla finestra. Andres cerca di cacciarlo via e dopo il
tentativo di Denner di portarsi via il figlio più grande, viene respinto per paura che ora voglia
portarsi via il secondogenito)
“LA CASA DESERTA”
Ne “La casa deserta” (Das öde Haus), ad esempio, troviamo una variazione sul tema del labile
confine che separa una persona reale da un automa/marionetta/simulacro, uno dei motivi più
ricorrenti del perturbante, già riconosciuto da Jentsch. Il protagonista di questo racconto, Teodoro
(secondo nome di battesimo dell’Hoffmann, e dunque più che mai un suo alter-ego), subisce
un’attrazione malsana per un caseggiato che, nonostante la sua ottima posizione nel centro cittadino
di Berlino, appare dismesso e disabitato da anni. Si vocifera che esso sia proprietà di una vecchia
contessa che da tempo ha lasciato la città e ha nominato un amministratore, che vi fa visita ogni
tanto, per occuparsi delle faccende burocratiche dello stabile. La situazione precipita quando
Teodoro, osservando un giorno il piano superiore dell’abitato, è testimone di una presenza umana al
suo interno, che tuttavia non può essere né la vecchia contessa né l’altrettanto attempato
amministratore: poiché egli intravede, a fare capolino da dietro la tendina, quella che ha tutta l’aria
di essere la mano ingioiellata di una donna giovane e in salute, non certo di qualche anziano
inquilino. Ormai invischiato nel mistero, il giovane passerà le sue giornate a passeggiare avanti e
indietro per la via, in attesa che la misteriosa dama compaia nuovamente.
Per poterla spiare meglio, senza destare sospetti, arriva ad acquistare uno specchietto da un
venditore ambulante italiano (come l’ottico e venditore ambulante di barometri Coppola ne
“L’uomo della sabbia”, che specularmente vende al protagonista il cannocchiale con cui osservare
Olimpia). Quando la donna si affaccia improvvisamente alla finestra, egli cade in estasi, eppure c’è
qualcosa che non va: c’è qualcosa di unheimlich. Innanzitutto, dopo averla fissata per un certo
tempo, si rende conto della sua espressione inanimata, esattamente come quella di Olimpia in Der
Sandmann. Come se ciò non bastasse, alcuni passanti incuriositi dalle sue manovre con lo
specchietto e dalle sue singolari espressioni facciali gli rendono noto che in quella casa non vive
alcuna giovane donna: quello che ha visto scambiando per l’avvenente dama è senza ombra di
dubbio un quadro. Qui lo specchio rivela una doppia funzione: una, si è detto, speculare a quella
del cannocchiale de “L’orco insabbia”, vale a dire fungere da medium per vedere meglio qualcosa
che si ha difficoltà a vedere, a comprendere pienamente ciò che «avrebbe dovuto rimanere
segreto, nascosto, e che è invece affiorato». L’altra, che richiama il ruolo degli specchi in un altro
“Notturno”, ha a che fare con la stregoneria e la magia afroditica: lo specchio come portale
sull’Altrove, che non solo permette al protagonista di vedere con gli occhi (ciò che non
dovrebbe vedere), ma che in più lo catapulta in una situazione sovrannaturale che minaccia di
minare fatalmente la sua sanità mentale. La misteriosa dama, infatti, inizia ad apparire sullo
specchietto ogniqualvolta il giovane, dopo aver invocato il suo amore, vi alita sopra.
Solo nel finale si scoprirà che effettivamente la vista e l’immaginazione hanno tradito Teodoro; il
simulacro oleografico dell’affascinante dama era in realtà una ‘creazione magica’ di Angelica,
sorella maggiore della contessa Gabriella: l’immagine riflessa nello specchietto e alla finestra
era ‘proiettata’ dalla vecchia sulle sembianze di Edmonda, la giovane figlia di Gabriella.
Angelica, da parte sua, ben lungi dall’apparire come una donna giovane e piacente, si rivela infine
una vecchia megera, che il protagonista scoprirà abitare nella casa deserta, curata a vista
dall’amministratore, sotto ordine della sorella, dopo che perdette la sanità mentale quando, molti
anni prima, il suo promesso sposo si innamorò della sorella minore (Gabriella, appunto),
abbandonandola appena prima del matrimonio. Lasciata improvvisamente la casa paterna, la
derelitta andò a vivere per un periodo con una carovana di zingari: Hoffmann lascia intendere che
proprio per loro tramite, divorata da un desiderio di vendetta implacabile, la donna ha appreso le
arti sovrannaturali, tra cui ovviamente quella di ‘legare a sé’ le proprie vittime, con l’arte
della magia e dell’illusione. Le sembianze sotto cui appare agli occhi dell’“innamorato” Teodoro
sono quelle della figlia della sorella, la verginale Edmonda, che il protagonista vedrà entrare in
scena solo nelle battute finali, rimanendo comprensibilmente scioccato alla sua comparsa. Ben
prima c’era stato anche spazio per la vendetta nei confronti della sorella: con la magia afroditica
Angelica era riuscita ad attirare il suo sposo, che venne poi trovato senza vita a causa, secondo i
medici, di un’apoplessia nervosa. È dopo questo dramma che Angelica venne allontanata dalla casa
paterna a Pisa e ‘inviata’ appunto a Berlino, dalla cui ‘casa deserta’ la strega continuò a praticare le
arti magiche.