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Analisi exergetica:
Come noto, per qualunque sistema e per qualsiasi trasformazione fisica che
lo riguardi, l’energia, pur potendosi presentare in svariate forme, risulta
complessivamente sempre conservata e mai distrutta (principio di conservazione
dell'energia). Questo principio non consente però di evidenziare alcuni importanti
aspetti relativi ad una più corretta utilizzazione delle fonti energetiche.
Ogni volta che si desidera disporre d’energia meccanica, in ultima analisi, si
deve sempre fare riferimento all’interazione reciproca tra due sistemi, tra loro non
in equilibrio (termodinamico, meccanico, chimico, ecc.). L’interazione tra i due
sistemi può essere sfruttata allo scopo di ottenere lavoro meccanico dalle
trasformazioni che portano, l'insieme dei due sistemi, alle condizioni finali
d’equilibrio (stato morto).
Allo stato morto non è più possibile ottenere lavoro dai due sistemi.
Per poter analizzare in modo più adeguato differenti sistemi termodimamici,
dal punto di vista della loro potenzialità di fornire lavoro meccanico, è opportuno
introdurre una nuova grandezza termodinamica detta exergia.
In particolare, se si fissa l’attenzione su un sistema (s. in studio) che non
risulti in equilibrio con il “sistema ambiente esterno” (supposto in un ben preciso
stato di riferimento termodinamico T0, p0) si definisce exergia di un sistema il
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3.1 Exergia di un sistema chiuso:
- in base al I Principio:
Lt = - ÄUt
in cui:
ÄUt = U0 - (U1 + EC1 + EP1) + ÄUa
- per il II Principio:
ÄSt = ÄSst = (S0- S1 ) + ÄSa
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Eliminando tutte le grandezze riferite all’ambiente (indice a) dopo alcuni
passaggi algebrici si ottiene:
Lt = (U1+EC1+EP1)-U0-T0ÄSst+T0(S0-S1)+p0(V1-V0 )
Ove, essendo:
Vt= cost
risulta:
-ÄVa = (V0-V1)
scrivere:
Ex= (U1+EC1+EP1) - U0 + T0 (S0- S1) + p0 (V1-V0)
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Sviluppando ulteriormente questo concetto si può pensare di scrivere un
bilancio exergetico del tipo:
ÄEx = contributi dovuti a scambi (Q e L) + exergia distrutta
p, v, U, S Volume di
controllo
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controllo, pari al prodotto della pressione per area della sezione: p⋅A. Ci sarà
quindi un certo lavoro di introduzione:
∆l
p ⋅ A ⋅ ∆l p ⋅ ∆V dV L
p ⋅ A ⋅ ∆l = p ⋅ ∆V ⇒ = =p = pm
&v=
∆t ∆t dt t
Al fine del bilancio, ciò che interessa è lo scambio di exergia del serbatoio col
sistema, che si trova alla pressione p0; quindi correggiamo il lavoro col termine:
L − p 0 ∆V = p∆V − p 0 ∆V = ( p − p o ) ∆V
(exergia introdotta col lavoro di pulsione)
( p − p o ) ∆V
= ( p − po ) m
&v
∆t
Complessivamente cosa succede nella luce? E’ attraversata da una portata m
& a
cui è associato un flusso di exergia:
& [ (u- u0) + p0 (v-v0) – T0 (s-s0) + w2/2 + gz + (p-p0)v]
m
p1
h p0=p2
1
h1-h2
h1-h0
0 2
A
Da un punto di vista exergetico invece non è così, cioè il patrimonio posseduto dal
fluido in 2 è ancora parzialmente convertibile in lavoro, perché il fluido non si
trova in equilibrio con l’ambiente. Se consideriamo il punto A quello in equilibrio
con l’ambiente, allora l’exergia posseduta dal fluido sarà proprio il lavoro ancora
ottenibile dal sistema, cioè l’area tratteggiata. Ciò che si è realmente distrutto per
effetto delle irreversibilità e degli attriti nella macchina, ossia ciò che non può più
essere convertito, l’ANERGIA, è solo l’area in grigio. Se si prende il sistema e gli si
fa compiere una serie di trasformazioni tutte reversibili per portarlo in equilibrio
con l’ambiente, il lavoro corrispondente all’area tratteggiata si recupera, quello
dell’area grigia no, è perso per sempre. Si è perso proprio perché la macchina che
ha svolto l’espansione non era ideale, cioè priva di imperfezioni, ma reale.
Sulla base di queste considerazioni relative all’exergia di un sistema, ossia alla
sua capacità di compiere lavoro, viene definito un altro tipo di rendimento, il
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rendimento exergetico, che a differenza di quello isoentropico non confronta le
prestazioni di due macchine diverse, ma della stessa macchina. Cioè non viene
considerato il rapporto tra il lavoro fatto da una macchina ideale che porta il
fluido in 0, con quello di una macchina reale, che lo porta in 2, ma i lavori di due
macchine, una ideale e l’altra reale, che però portano il fluido nel medesimo stato
termodinamico (2), l’uno seguendo solo trasformazioni reversibili, l’altro seguendo
l’espansione reale. Quindi in pratica si confrontano il lavoro reale con quello
massimo che si potrebbe ottenere, sempre però tra gli stessi estremi della
trasformazione (1 e 2). Questo lavoro massimo è proprio la differenza di exergia
tra i due punti, quindi si definisce il rendimento exergetico come:
Come già precisato, il riscaldamento civile degli edifici impegna più del 30%
del totale fabbisogno d’energia primaria del nostro paese e la questione del
corretto uso dell’energia presenta grande importanza.
Per riscaldare un edificio durante la stagione invernale occorre fornire
calore Qu agli ambienti al fine di mantenerli ad una temperatura Tu di pochi
gradi superiore (al massimo due o tre decine di gradi) rispetto alla temperatura
dell'ambiente esterno Ta.
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alla temperatura Tsad un sistema chiuso (e cioè, ad esempio, l'acqua circolante
trasferita all'esterno del sistema, a causa degli scambi Qu e Qe, sia in exergia
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T T
1 − e Q u 1 − e
Tu Tu
ε =
= η*
T T
1 − e Q s 1 − e
Ts Ts
ottiene immediatamente å = 0,10 e cioè un valore alquanto basso ) (Te = 273 K).
Pertanto, dal punto di vista exergetico e cioè dal punto di vista della
massima quantità di lavoro utilizzabile, l'utilizzo di combustibili per applicazioni a
bassa temperatura (Tu<<Ts) non è certamente conveniente.
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NOTA: BILANCIO EXERGETICO DI UN SISTEMA CHIUSO
I Principio :
2
- L12 + Q12 = - L12 + ∫
1
dQ = Äu + ÄEc + ÄEp
II Principio :
2
dQ
Äs = ∫ + Äss
1
T
Si ottiene :
ÄEx = - To Äss - L + (1 -To/T) Q + Po Äv
Dimostrazione:
dalla prima relazione si ricava il termine Äu:
2
* Äu = - L12 + ∫
1
dQ - ÄEc - ÄEp
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