Sei sulla pagina 1di 20

Marco Morelli, matricola: 337864

Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Esperienza 1: Termodinamica di una reazione di cella

Introduzione

Lo scopo dell’esperienza prevede il ricavare delle grandezze termodinamiche relative a G, S e H, per la
reazione avvenente in una cella galvanica, mediante misure di f.e.m. effettuate nell’intervallo di temperatura
25-35 °C. La pila oggetto della presente esperienza è rappresentata dalla pila a secco Ag 2O – Zn.

Teoria

Una cella galvanica che effettua lavoro in condizioni di reversibilità, a P e T costanti, il massimo lavoro
elettrico che essa potrà compiere (in assenza di alcun altro tipo di lavoro) sarà descritto dalla variazione di
energia libera che accompagna la reazione di cella, descritta rispettivamente da:

Lavoro elettrico=w e, max=G=−v E F

con rispettivamente:
- E : forza elettromotrice (volt);
- F : costante di Faraday, corrispondente alla quantità di carica trasportata da una mola di elettroni
(96484,6 Columb/mole);
- v : numero di cariche elementari messe in gioco.

Si noti come in condizioni di reversibilità il potenziale di cella E prenda il nome di forza elettromotrice
(f.e.m.). Affinché una cella si trovi in condizioni di reversibilità, devono essere rispettate le seguenti
caratteristiche:

1. se la cella è connessa con una f.e.m. esterna esattamente uguale, ma in opposizione, nella cella non
ha luogo alcun processo;
2. se la f.e.m. esterna viene diminuita di una quantità infinitesima, la corrente è erogata dalla cella; se
invece viene aumentata, la corrente viene assorbita dalla cella. Il processo che si svolge nella cella
quando eroga corrente è l’inverso di quello che si ha quando assorbe corrente.

Riportando l’andamento dell’intensità di corrente i in funzione della differenza di potenziale V applicata


dall’esterno, si osservano due casi possibili:

[Figura.1: andamento dell’intensità di corrente i in funzione della differenza di potenziale V]


pag. 1
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Si osserva rispettivamente nei punti A e B, un valore di i = 0, in cui la f.e.m. esterna è uguale alla f.e.m. della
pila, e si ha così l’osservanza della condizione (1). Nel grafico (a), spostandosi dalla condizione di equilibrio,
anche di un solo infitesimo, verso destra o verso sinistra si osserva il passaggio di corrente in direzioni
opposte, in osservanza della condizione (2).
Nel grafico (b) ciò non accade, questo caso non esprime dunque alcuna condizione di reversibilità. Questa
situazione è controllata attraverso il potenziometro di Poggendorf, il quale permette di misurare la f.e.m. in
condizioni di corrente nulla. La misura potenziometrica, in assenza di un potenziometro di Poggendorf è
effettuata utilizzando mVmetro elettronico ad elevata impedenza (> di 10 Gohm), capace di misurare le
d.d.p. senza modificarne lo stato di equilibrio (condizioni di reversibilità termodinamica) del sistema pila.

Si riporta brevemente e in termini descrittivi il funzionamento del potenziale di Poggendorf, il quale


permette la misurazione in condizioni di corrente nulla.

[Figura.2: funzionamento del potenziale di Poggendorf]

Muovendo il punto x lungo il tratto AB si cercano i valori di R per i quali non si ha passaggio di corrente una
volta inserita la pila in esame e quella campione. Si dimostra così:

E AX =E X =R AX i

E A X =Ec =R A X i
' '

R AX
E X =EC
RAX '

Dalla relazione prima espressa:

0 0
w=G =−v E F

le misure di forza elettromotrice standard permettono ricavare il valore di grandezze termodinamiche


fondamentali (a T e P costanti):

( δδTG ) =−S
p

pag. 2
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

S= z F ( δEδT ) p

H=G+T S

Al fine di determinare il valore rispettivo di S e H, è necessaria la determinazione del coefficiente termico

della pila rispettivamente indicato da ( δEδT ) .


p
Nell’esperienza in oggetto, è studiata la termodinamica della reazione avvenente in una pila a secco Ag2O –
Zn. La pila a secco è costituita da un anodo formato da una pasta gelatinosa contenente della polvere di Zn
mescolata assieme all’elettrolita KOH e da un catodo formato da Ag2O mescolato con del carbone, per
aumentarne la conduttività. Si riporta nella parte sottostante una raffigurazione della tipologia di pila appena
descritta.

[Figura.3: schema di una pila a secco]

Le reazioni che avvengono agli elettrodi sono le seguenti:

Anodo (-) Zn(s) + 2 OH-(aq)  ZnO(s) + H2O(l) + 2 e-


Catodo (+) Ag2O(s) + H2O(l) + 2 e-  2 Ag(s) + 2 OH-(aq)

Per tanto il processo elettromotore:

Zn(s) + Ag2O(s)  ZnO(s) + 2 Ag(s)

La f.e.m. dipenderà dall’attività delle specie partecipanti alla reazione mediante l’equazione di Nernst:

E=E −
RT
2F
0
ln
(
a ZnO(s ) a2Ag(s)
aZn a Ag 2 O (s)
=¿ E0 ¿
)
si noti, per i soldi il considerarsi unitario il valore della relativa attività.

Parte sperimentale

Materiali

pag. 3
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

- pila Ag2O – Zn
- portacella
- provettone
- multimetro digitale
- bagno termostatico

Procedura

- Si prepari inizialmente un bagno termostatico ad una temperatura di 25 °C e si controlli che la


temperatura sia costante prima di dare avvio alla procedura sperimentale.
- Si inserisca la pila nel portacella e la si immetta nel provettone, si proceda poi immergendo il
provettone stesso nel bagno termostatico e si attendando circa 5 minuti affinché la pila sia ben
termostatata.
- Si proceda connettendo il multimetro alla pila.
- Si monitori la variazione di tensione letta nell’arco di 10 minuti assicurandosi che la variazione
stessa del valore di tensione sia inferiore a 2 mV/min, in caso positivo si annoti il valore di f.e.m..
- Si ripeta l’intero processo di misura, dopo aver aumentato la temperatura di 1 °C, fino ad arrivare a
35 °C.

Risultati e discussione

L’analisi dei dati sperimentali prevede il graficare del valore di f.e.m. in funzione del valore di temperatura,
si ricorda che l’arco di temperatura in cui sono stati raccolti i dati sperimentali è compreso tra i 25 e i 35 °C.
Sono stati così ottenuti 11 set di dati relativi alla f.e.m. monitorata, per l’ottenimento del grafico [Figura.4] si
osservi la variazione di f.e.m in funzione di T presa in considerazione è relativa agli ultimi 4 set di dati,
rispettivamente nell’arco di temperature compreso tra i 32 e i 35°C. Tale decisione è stata presa in
considerazione nella pratica sperimentale al fine di mettere ben in luce la variazione significativa di f.e.m.
non osservabile così chiaramente nei set di dati precedenti.

[Figura.4: schema di una pila a secco]

Come si osserva dal grafico in [Figura.4] i dati presentano un andamento lineare, a seguito dell’applicazione
della regressione lineare al set di dati sperimentali si ricava il valore di pendenza della retta, b,
pag. 4
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

corrispondente al coefficiente termico della pila, necessario per il calcolo delle grandezze termodinamiche di
G, S e H.

(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)

Conclusioni

(da allegare: note finali, confronto coi dati di letteratura, osservazioni)

pag. 5
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Esperienza 2: Determinazione dell’entalpia di idratazione dell’acetato di sodio

Introduzione

Lo scopo dell’esperienza prevede la determinazione dell’entalpia di idratazione a 25 °C dell’acetato di sodio,


mediante misure calorimetriche a pressione costante ed applicando la legge di Hess.

Teoria

La calorimetria studia il calore che si trasferisce durante un processo chimico o fisico. La misura del calore
trasferito è misurata dal calorimetro, nell’esperienza in descrizione verrà fornito un breve cenno in merito al
funzionamento e alle parti di cui si costituisce il calorimetro di Regnault.
Il calorimetro [Figura.1] si costituisce di:
- un recipiente termicamente isolato contente acqua;
- un termometro;
- un mescolatore che consenta il mescolamento dell’acqua.

[Figura.1: elementi costitutivi calorimetro di Regnault]

All’interno del calorimetro si immette una cella porta campione (contenente nel caso considerato, il sale
d’interesse) nella quale sarà fatto avvenire il processo d’interesse. La variazione della temperatura dell’acqua
indotta nel processo potrà essere misurata, e nota la capacità termica del sistema è possibile risalire al calore
assorbito o sviluppato.
Operativamente, si noti che il termistore sarà collegato ad un multimetro facendo così da interfaccia con un
computer. Così facendo sarà reso automatizzato la registrazione del termogramma, il quale riporterà la
temperatura in funzione del tempo.
Si ricordi che la variazione di temperatura del calorimetro è proporzionale al calore ceduto o assorbito, tale
per cui:
pag. 6
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

q V =C ∆ T

con C facente riferimento al valore di costante del calorimetro.


Per trasformazioni avvenenti a pressione costante in cui il sistema non possa mutare il proprio volume la
funzione di stato presa in considerazione sarà rappresentata dall’entalpia:

H=U + pV

Dove per un processo finito a pressione costante, la variazione entalpica è espressa come:

∆ H =q p

esprimendo la capacità termica a pressione costante come la variazione infinitesima del rapporto fra entalpia
e variazione di temperatura, se questa è costante nell’intervallo di temperatura considerato si avrà:

∆ H =q p =C p ∆ T

Parte sperimentale

Materiali

- inserire materiali

Procedura

- Inserire procedura sperimentale

Risultati e discussione

(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)

Conclusioni

(da allegare: note finali, confronto coi dati di letteratura, osservazioni)

pag. 7
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Esperienza 3: Cinetica della reazione ioduro-persolfato

Introduzione

Determinazione degli ordini di reazione e della costante cinetica per la reazione redox in oggetto.

Teoria

La velocità di reazione permette di esprimere la variazione nel tempo delle concentrazioni di reagenti e
prodotti, la relazione tra questa e la concentrazione dei reagenti è determinata per via sperimentale. Per una
generica reazione si osserva che l’equazione cinetica può essere così formulata:

aA + bB  cC + dD

x y
v=k [ A] [B ]

dove:
- k = costante cinetica;
- x, y = ordini di reazione rispetto ad A e B;
- x + y = ordine di reazione globale.

Differenti equazioni cinetiche permettono di descrivere rispettivamente reazioni di ordine zero, di primo
ordine e di secondo ordine. Si riportano a titolo descrittivo le equazioni cinetiche integrate:

- reazioni di ordine zero:

A  prodotti

[ A ] =[ A ]0−kt

- reazioni di primo ordine:

A  prodotti

[A]
ln =−kt
[ A]0

- reazioni del secondo ordine:

A + B  prodotti (primo caso)

pag. 8
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

1 [ B][ A ]0
ln =kt
[B ]0−[ A ]0 [ A][ B]0

L’ordine di reazione, e la relativa costante cinetica, vengono determinati per via sperimentale mediante due
fasi:
- raccolta dei dati sperimentali: monitoraggio del decorso della reazione nel tempo;
- analisi dei dati: applicazione di un modello adatto a ricavare le informazioni relative alla cinetica in
oggetto.

La reazione alla base della seguente determinazione sperimentale è data dalla reazione tra lo ione solfato e
ioduro:

S2O82- + 2I-  I2 + 2SO42-

per la reazione l’equazione cinetica è la seguente:

v=−d ¿ ¿

dall’equazione cinetica per una reazione generica in cui A + B  prodotti, dall’applicazione del metodo
delle velocità iniziali:

v=k [ A ] [B ]n  ln v=ln k + n ln [ A ] + mln [ B ]


m

dall’equazione si consideri l’effettuare la misura di velocità in un intervallo di tempo sufficientemente breve


affinché si possa considerare che le concentrazioni siano rimaste pressoché invariate tale per cui:

per t ≈ 0  ln v=ln k + n ln [ A ] + m ln [ B ]

Così facendo, se si considera di mantenere costante [B] 0 e si faccia variare [A]0 è possibile ricavare il valore
n, operando in modo contrario è possibile ricavare il valore di m.

Parte sperimentale

Materiali

- provettoni
- termostato
- soluzione di (NH4)2S2O8 0,1 M
- soluzione di (NH4)2SO4 0,1 M
- soluzione di Na2S2O3 0,01 M
- soluzione di KI 0,1 M + (NH4)2SO4 0,0667 M
- soluzione di salda d’amido

Procedura

pag. 9
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

- Si effettuino dieci prove, nelle quali si verifichi il trasferimento dei due reagenti contenuti in un
provettone A in un secondo provettone B contenente tre diversi reagenti come riportato nella
[Tabella.1].

Prova Provettone A Provettone B


KI +
(NH4)2S2O8 (NH4)2SO4 Na2S2O3
(NH4)2SO4 H2O (mL)
(mL) (mL) (mL)
(mL)
1 10,0 0,0 5,0 10,0 0,0
2 10,0 2,0 5,0 8,0 0,0
3 10,0 4,0 5,0 6,0 0,0
4 10,0 6,0 5,0 4,0 0,0
5 8,0 2,0 5,0 10,0 0,0
6 6,0 4,0 5,0 10,0 0,0
7 4,0 6,0 5,0 10,0 0,0
8 10,0 10,0 5,0 10,0 0,0
9 10,0 0,0 5,0 10,0 10,0
10 10,0 5,0 5,0 10,0 5,0

[Tabella.1: concentrazioni dei reagenti contenuti in A e in B]

- Si termostino il contenuto dei provettoni per circa 10 minuti.


- Si aggiungano al provettone A 2/3 gocce di salda d’amido e si mescoli il contenuto dei due
provettoni facendo partire il cronometro.
- Si ripeta l’intera procedura annotando ogni volta il tempo di scomparsa della colorazione blu.

Risultati e discussione

(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)

Conclusioni

(da allegare: note finali, confronto coi dati di letteratura, osservazioni)

pag. 10
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Esperienza 4: Misure di conducibilità di una soluzione di K2SO4 e CH3COOH

Introduzione

Lo scopo dell’esperienza prevede il verificare l’andamento della concentrazione nei confronti della
conducibilità di un elettrolita forte, quale il K 2SO4, e di uno debole il CH 3COOH e la determinazione della
conducibilità equivalente a diluizione infinita.

Teoria

Per conducibilità si fa riferimento alla capacità che i corpi presentano nel condurre la corrente elettrica. I
conduttori possono essere distinti rispettivamente in:
- conduttori di prima specie: nei quali sono presenti elettroni liberi (elettroni di conduzione), che
sotto l'azione di un campo elettrico, anche molto debole, vengono convogliati in un flusso ordinato
unidirezionale: sono i metalli puri, molte leghe, la grafite, alcuni ossidi e qualche sale con le
caratteristiche di semiconduttori;
- conduttori di seconda specie: nei quali il passaggio dell'elettricità è dovuto a un duplice flusso, in
direzioni opposte, di ioni positivi e negativi, ed è quindi accompagnato da trasporto di materia: sono
le soluzioni di acidi, basi e sali in solventi polari, alcuni liquidi puri (come i sali fusi, l'acqua, gli
alcoli, ecc.), ed anche alcuni solidi cristallini (come gli alogenuri d'argento);
- conduttori gassosi, nei quali il flusso di elettricità è dovuto al moto di ioni gassosi o anche di
elettroni liberi: gli uni e gli altri si formano in condizioni particolari, p.es. per l'azione di scariche
elettriche o di radiazioni ovvero per ionizzazione di atomi o molecole a temperatura molto alta;
- isolanti, nei quali gli elettroni sono liberi di muoversi;
- semiconduttori, caratterizzati da un comportamento intermedio tra i conduttori e gli isolanti.

Come indicato nella prima parte introduttiva è obbiettivo della presente pratica sperimentale verificare
l’andamento della concentrazione in funzione della conducibilità di due elettroliti, in quanto la conducibilità
della soluzione stessa è funzione della concentrazione delle specie ioniche disciolte.
In via generale si definisce conducibilità di un conduttore l’inverso della sua resistenza, è misurata in
Siemens, è più generalmente esprime la capacità di un conduttore di farsi attraversare da una corrente
elettrica, si esprime in forma generale come:

1
Λ=
R

Una categoria di sostanze, anche in soluzione molto diluita, non verifica le proprietà colligative, specie in
merito la formulazione di Van't Hoff della pressione osmotica. Queste sostanze, disciolte in un solvente
polare (acqua) danno luogo a soluzioni che conducono la corrente sono dette "elettroliti". Le soluzioni
elettrolitiche sono conduttori di 2a specie in quanto il trasporto di cariche avviene sempre con il medesimo
trasporto di materia. Tale trasporto avviene mediante ioni, ossia mediante cariche (+) o (-) associate a
materia e derivanti da una dissociazione della sostanza in soluzione. In alcune sostanze tipo NaCl, AgCl, gli
ioni esistono già nel reticolo cristallino e quindi passando in soluzione si ha una completa dissociazione nella
pag. 11
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

coppia ionica di segno opposto (a parte fenomeni associativi dovuti alla concentrazione). Altre sostanze tipo
CH3COOH disciolte in acqua danno luogo a equilibri tra ioni dissociati e molecole indissociate.
In merito ai conduttori questi posseggono una resistenza che è funzione della natura stessa del conduttore
nonché delle sue caratteristiche geometriche (forma e dimensione). Si ricava perciò:

S
Λ= χ
l

dove χ viene definita come conducibilità specifica ed è caratteristica intrinseca del conduttore stesso ed
espressa in S/cm.
Facendo riferimento alle soluzioni elettrolitiche, discusse nel paragrafo precedente, si è detto che il passaggio
di corrente associato alla soluzione è legato al movimento degli ioni presenti. La conducibilità specifica χ
della soluzione considerata, sarà quindi tanto maggiore quanto maggiore sarà la concentrazione delle specie
ioniche presenti in soluzione. In via generale:
- χ diminuisce in seguito all’aumento delle interazioni ione-solvente;
- elevata viscosità è sinonimo di bassa mobilità ionica e conseguentemente di un basso valore di χ
della soluzione;
- il valore di χ è funzione di temperatura e pressione, nello specifico la dipendenza dalla pressione è
minima contrariamente a quanto osservato per la temperatura. Questa influisce sul 1 – 3 % sulla
velocità di migrazione per ogni grado Kelvin.
Essendo la conducibilità specifica dipendente dalla concentrazione della soluzione considerata è possibile
introdurre due grandezze indipendenti dalla concentrazione, che troveranno applicazione nella sezione di
risultati e discussione dei dati sperimentali. Tali grandezze sono rappresentate rispettivamente da:
- conducibilità molare:

1000 cm 3 L−1
Λ m= χ
c concentrazionemolare

- conducibilità equivalente:

3 −1
1000 cm L
Λ eq= χ
N concentrazione normale

tale concentrazione esprime il numero di cariche unitarie trasportate dagli ioni in soluzione. Nel
caso di elettroliti monovalenti, nei quali ciascuno trasporta una carica unitaria, si ha equivalenza tra
conducibilità equivalente e molare. Nel caso invece di elettroliti bivalenti, ciascuno ione ciascuno
ione trasporterà due unità di carica per cui Λ eq= Λ eq /2 .

Procedura sperimentale

Materiali

- provettoni

pag. 12
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Procedura

- In via preliminare si effettua una misura del bianco della sonda conduttimetrica: questa operazione
viene condotta riempiendo un bicchiere da 50 mL di acqua dist. (circa metà bicchiere) e si immerga
in esso la sonda conduttimetrica, stabilizzato il valore di conducibilità della soluzione si annota il
valore di lettura (1,20 S/cm).
- Si preparano due soluzioni, rispettivamente di K2SO4 e CH3COOH, a diverse concentrazioni
riportate in [Tabella.1].
- Si riempie la cella nella quale sarà effettuata la misura conduttimetrica per circa metà e si introduce
un’ancoretta magnetica.
- Si immerge la sonda nella cella e si effettua la lettura del valore di conducibilità.
- A lettura effettuata, la sonda viene: estratta, pulita accuratamente con acqua dist. e asciugata. Il
processo viene ripetuto per tutte le soluzioni, comprese quelle due rispettivi soluzioni madri. I dati
monitorati vengo riportati in [Tabella.1].

K2SO4
C (M) V iniziale (mL) V finale (mL) Conducibilità (S/cm)
Soluzione madre 0,1 ?
0,05 25 50 ?
0,025 12,5 50 ?
0,01 5 50 ?
0,005 2,5 50 ?
0,002 1 50 ?
0,0001 0,5 50 ?
CH3COOH
C (M) V iniziale (mL) V finale (mL) Conducibilità (S/cm)
Soluzione madre 0,1 212,0
0,05 25 50 147,4
0,025 12,5 50 105,6
0,01 5 50 71,3
0,005 2,5 50 45,2
0,002 1 50 31,9
0,0001 0,5 50 31,8

[Tabella.1: raccolta dati sperimentali]

Risultati e discussione

(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)

pag. 13
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

pag. 14
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

pag. 15
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Esperienza 5: Misura della tensione di vapore di un liquido

Introduzione

Determinazione del calore di vaporizzazione dell’acetone.

Teoria

La determinazione del calore di vaporizzazione di un liquido nella seguente esperienza sperimentale è


realizzata mediante l’uso dell’isotecnoscopio. Lo strumento garantisce una condizione tale per cui si abbia il
liquido puro in equilibrio con il suo vapore in assenza di altri gas.
A pressione e temperatura costanti, il valore di pressione dipenderà da quello di temperatura. Considerando
l’entalpia di vaporizzazione costante nell’intervallo di temperature, la dipendenza della pressione dalla
temperatura sarà formulata dall’equazione di Clausius-Clapeyron:

−∆ H vap 1
ln P= +K
R T

Il sistema in descrizione è rappresentato schematicamente in [Figura.1].

L’acetone, oggetto della presente prova sperimentale è contenuto all’interno dell’isotecnoscopio, e


l’equilibrio con la sua fase vapore alla stessa temperatura di quella della fase liquida è garantita dal bagno
termostatico.
L’apparecchiatura si caratterizza per essere costituita da un sistema a vuoto in grado di eliminare l’aria
presente in origine nello strumento così garantendo che la pressione sopra il liquido sia funzione dei soli
vapori del liquido stesso.
Una valvola presente nell’apparecchiatura permette di introdurre aria e regolare così la pressione tra
isotecnoscopio e manometro. La funzione di quest’ultimo è quella di misurare la pressione esistente tra la
pressione di vapore del liquido e quella del laboratorio (i due rami del tubo).

pag. 16
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Parte sperimentale

Materiali

- isotecnoscopio
- acetone

Procedura

- Si chiuda completamente il rubinetto ed fare il vuoto nell'isotecniscopio, e il liquido nel tubo ad U


dovrà bollire senza evaporare completamente. Quando tutta l’aria sarà eliminata il manometro non
segnerà più alcuna variazione di pressione e la pressione nell'isotecniscopio sarà solo determinata
dal vapore in equilibrio col liquido.
- Si apra delicatamente il rubinetto in modo da immettere una piccolissima quantità di aria
nell'isotecnisopio, facendo sì che il liquido raggiunga la stessa altezza nei due rami del tubo ad U. In
queste condizioni il sistema sarà in equilibrio e la pressione letta sul manometro coinciderà con la
tensione di vapore del liquido. Si noti che il rubinetto è molto sensibile, per cui può capitare che il
liquido nel tubo ad U ritorni tutto nel bulbo (troppa aria immessa) oppure che evapori del tutto
(immesso troppa poca aria). In tal caso basterà piegare l'isotecniscopio in modo da riportare un po'
di liquido nel tubo ad U, e ripetere la procedura iniziale di svuotamento.
- Si annoti la pressione letta sul manometro e la temperatura letta sul termometro immerso nel bagno
termostatico.

Risultati e discussione

(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)

Conclusioni

(da allegare: note finali, confronto coi dati di letteratura, osservazioni)

pag. 17
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

Esperienza 6: Cinetica di idrolisi di un alogenuro alchilico

Introduzione

Studio della cinetica di idrolisi del 2-cloro-2-metilbutano.

Teoria

Un primo accenno teorico in merito alla cinetica delle reazioni chimiche e alla formulazione dell’equazione
cinetica è stato fornito nell’esperienza 3.
Nella presente pratica sperimentale verrà condotto uno studio in merito alla cinetica di idrolisi di un cloruro
alchilico osservandone la variazione di conducibilità in funzione del tempo. Il comportamento della reazione
in esame oggetto dello studio è rappresentato dalla dissoluzione in acqua del 2-cloro-2-metilbutano:

C5H11Cl + H2O  C5H11OH + H+ + Cl-

per la seguente reazione si ricava la legge cinetica:

−d [ C 5 H 11 Cl ] d [ H Cl ] m n
v= = =k [ C 5 H 11 Cl ] [ H 2 O ]
dt dt

da cui si tenga in considerazione che [H 2O] >> [C6H11Cl], si ponga perciò v’ = k[H2O]n, e sia per ipotesi m=1
è così possibile riscrivere l’equazione cinetica come:

v=k [ C5 H 11 Cl ]
'

Considerando la reazione del 2-cloro-2-metilbutano in acqua, al tempo t le concentrazioni delle specie


saranno le seguenti:

C5H11Cl + H2O  C5H11OH + H+ + Cl-


per t = 0 a 0 0 0
at a-x x x x

da cui:

dx '
=k [a−x ]
dt

dall’integrazione dell’equazione precedente:

ln ⁡(a−x)=ln a−¿ k ' t ¿

Si osservi che al tempo t = 0 la conducibilità x = xH2O, e ciò sarà dovuto alla ionizzazione dell’acqua, al
tempo t la conducibilità della soluzione sarà data non sono dal contributo dell’acqua ma anche dalla presenza
di ioni H+ e Cl- per cui:
pag. 18
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

χ HCl ( t ) = χ slz ( t )− χ H 2 O

Per un tempo t = ∞ la reazione giunge a completamento e la conducibilità della soluzione assumerà un


valore costante dato dagli ioni derivanti dalla dissociazione di HCl e da quelli derivanti dalla dissociazione
dell’acqua. La conducibilità così misurata sarà quindi legata alla concentrazione iniziale a del reagente
C5H11Cl .

Parte sperimentale

Materiali

- 2-cloro2-metilbutano
- Alcol etilico
- H2O dist.
- bagno termostatico
- cella conduttimetrica
- cilindro graduato
- bacchetta di vetro
- provettone

Procedura

- Si realizzi un bagno termostatico a 25 °C.


- Si immerga nel bagno una beuta da 100 ml e un provettone da 100 ml, e li si fissi con gli appositi
morsetti.
- Si introduca Introdurre nel provettone la cella conduttometrica, e si proceda con l’accensione del
conduttimetro.
- Si prepari con il cilindro graduato una soluzione da 50 ml di alcool etilico all'80% (40 ml di alcool
- etilico assoluto + 10 ml di acqua distillata) e la si trasferisca nella beuta da 100 ml; infine, si agiti la
soluzione con una bacchetta di vetro.
- Si attendando 10 minuti affinché la soluzione si ben termostata e si misuri la conducibilità.
- Si prelevino 0,3 ml di 2-cloro-2-metil butano e li si inietti dentro la beuta contenente la soluzione
alcolica, si agiti poi velocemente la soluzione con una bacchetta di vetro.
- Si faccia partire il cronometro e contemporaneamente si inserisca la cella conduttometrica nella
beuta e si faccia partire la lettura. Si annotino i valori di conducibilità per circa 40 minuti, con
letture a intervalli di un minuto.

Risultati e discussione

(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)

Conclusioni

(da allegare: note finali, confronto coi dati di letteratura, osservazioni)

pag. 19
Marco Morelli, matricola: 337864
Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I

pag. 20

Potrebbero piacerti anche