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Introduzione
Lo scopo dell’esperienza prevede il ricavare delle grandezze termodinamiche relative a G, S e H, per la
reazione avvenente in una cella galvanica, mediante misure di f.e.m. effettuate nell’intervallo di temperatura
25-35 °C. La pila oggetto della presente esperienza è rappresentata dalla pila a secco Ag 2O – Zn.
Teoria
Una cella galvanica che effettua lavoro in condizioni di reversibilità, a P e T costanti, il massimo lavoro
elettrico che essa potrà compiere (in assenza di alcun altro tipo di lavoro) sarà descritto dalla variazione di
energia libera che accompagna la reazione di cella, descritta rispettivamente da:
con rispettivamente:
- E : forza elettromotrice (volt);
- F : costante di Faraday, corrispondente alla quantità di carica trasportata da una mola di elettroni
(96484,6 Columb/mole);
- v : numero di cariche elementari messe in gioco.
Si noti come in condizioni di reversibilità il potenziale di cella E prenda il nome di forza elettromotrice
(f.e.m.). Affinché una cella si trovi in condizioni di reversibilità, devono essere rispettate le seguenti
caratteristiche:
1. se la cella è connessa con una f.e.m. esterna esattamente uguale, ma in opposizione, nella cella non
ha luogo alcun processo;
2. se la f.e.m. esterna viene diminuita di una quantità infinitesima, la corrente è erogata dalla cella; se
invece viene aumentata, la corrente viene assorbita dalla cella. Il processo che si svolge nella cella
quando eroga corrente è l’inverso di quello che si ha quando assorbe corrente.
Si osserva rispettivamente nei punti A e B, un valore di i = 0, in cui la f.e.m. esterna è uguale alla f.e.m. della
pila, e si ha così l’osservanza della condizione (1). Nel grafico (a), spostandosi dalla condizione di equilibrio,
anche di un solo infitesimo, verso destra o verso sinistra si osserva il passaggio di corrente in direzioni
opposte, in osservanza della condizione (2).
Nel grafico (b) ciò non accade, questo caso non esprime dunque alcuna condizione di reversibilità. Questa
situazione è controllata attraverso il potenziometro di Poggendorf, il quale permette di misurare la f.e.m. in
condizioni di corrente nulla. La misura potenziometrica, in assenza di un potenziometro di Poggendorf è
effettuata utilizzando mVmetro elettronico ad elevata impedenza (> di 10 Gohm), capace di misurare le
d.d.p. senza modificarne lo stato di equilibrio (condizioni di reversibilità termodinamica) del sistema pila.
Muovendo il punto x lungo il tratto AB si cercano i valori di R per i quali non si ha passaggio di corrente una
volta inserita la pila in esame e quella campione. Si dimostra così:
E AX =E X =R AX i
E A X =Ec =R A X i
' '
R AX
E X =EC
RAX '
0 0
w=G =−v E F
( δδTG ) =−S
p
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Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I
S= z F ( δEδT ) p
H=G+T S
Al fine di determinare il valore rispettivo di S e H, è necessaria la determinazione del coefficiente termico
La f.e.m. dipenderà dall’attività delle specie partecipanti alla reazione mediante l’equazione di Nernst:
E=E −
RT
2F
0
ln
(
a ZnO(s ) a2Ag(s)
aZn a Ag 2 O (s)
=¿ E0 ¿
)
si noti, per i soldi il considerarsi unitario il valore della relativa attività.
Parte sperimentale
Materiali
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Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I
- pila Ag2O – Zn
- portacella
- provettone
- multimetro digitale
- bagno termostatico
Procedura
Risultati e discussione
L’analisi dei dati sperimentali prevede il graficare del valore di f.e.m. in funzione del valore di temperatura,
si ricorda che l’arco di temperatura in cui sono stati raccolti i dati sperimentali è compreso tra i 25 e i 35 °C.
Sono stati così ottenuti 11 set di dati relativi alla f.e.m. monitorata, per l’ottenimento del grafico [Figura.4] si
osservi la variazione di f.e.m in funzione di T presa in considerazione è relativa agli ultimi 4 set di dati,
rispettivamente nell’arco di temperature compreso tra i 32 e i 35°C. Tale decisione è stata presa in
considerazione nella pratica sperimentale al fine di mettere ben in luce la variazione significativa di f.e.m.
non osservabile così chiaramente nei set di dati precedenti.
Come si osserva dal grafico in [Figura.4] i dati presentano un andamento lineare, a seguito dell’applicazione
della regressione lineare al set di dati sperimentali si ricava il valore di pendenza della retta, b,
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corrispondente al coefficiente termico della pila, necessario per il calcolo delle grandezze termodinamiche di
G, S e H.
(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)
Conclusioni
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Introduzione
Teoria
La calorimetria studia il calore che si trasferisce durante un processo chimico o fisico. La misura del calore
trasferito è misurata dal calorimetro, nell’esperienza in descrizione verrà fornito un breve cenno in merito al
funzionamento e alle parti di cui si costituisce il calorimetro di Regnault.
Il calorimetro [Figura.1] si costituisce di:
- un recipiente termicamente isolato contente acqua;
- un termometro;
- un mescolatore che consenta il mescolamento dell’acqua.
All’interno del calorimetro si immette una cella porta campione (contenente nel caso considerato, il sale
d’interesse) nella quale sarà fatto avvenire il processo d’interesse. La variazione della temperatura dell’acqua
indotta nel processo potrà essere misurata, e nota la capacità termica del sistema è possibile risalire al calore
assorbito o sviluppato.
Operativamente, si noti che il termistore sarà collegato ad un multimetro facendo così da interfaccia con un
computer. Così facendo sarà reso automatizzato la registrazione del termogramma, il quale riporterà la
temperatura in funzione del tempo.
Si ricordi che la variazione di temperatura del calorimetro è proporzionale al calore ceduto o assorbito, tale
per cui:
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q V =C ∆ T
H=U + pV
Dove per un processo finito a pressione costante, la variazione entalpica è espressa come:
∆ H =q p
esprimendo la capacità termica a pressione costante come la variazione infinitesima del rapporto fra entalpia
e variazione di temperatura, se questa è costante nell’intervallo di temperatura considerato si avrà:
∆ H =q p =C p ∆ T
Parte sperimentale
Materiali
- inserire materiali
Procedura
Risultati e discussione
(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)
Conclusioni
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Introduzione
Determinazione degli ordini di reazione e della costante cinetica per la reazione redox in oggetto.
Teoria
La velocità di reazione permette di esprimere la variazione nel tempo delle concentrazioni di reagenti e
prodotti, la relazione tra questa e la concentrazione dei reagenti è determinata per via sperimentale. Per una
generica reazione si osserva che l’equazione cinetica può essere così formulata:
aA + bB cC + dD
x y
v=k [ A] [B ]
dove:
- k = costante cinetica;
- x, y = ordini di reazione rispetto ad A e B;
- x + y = ordine di reazione globale.
Differenti equazioni cinetiche permettono di descrivere rispettivamente reazioni di ordine zero, di primo
ordine e di secondo ordine. Si riportano a titolo descrittivo le equazioni cinetiche integrate:
A prodotti
[ A ] =[ A ]0−kt
A prodotti
[A]
ln =−kt
[ A]0
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Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I
1 [ B][ A ]0
ln =kt
[B ]0−[ A ]0 [ A][ B]0
L’ordine di reazione, e la relativa costante cinetica, vengono determinati per via sperimentale mediante due
fasi:
- raccolta dei dati sperimentali: monitoraggio del decorso della reazione nel tempo;
- analisi dei dati: applicazione di un modello adatto a ricavare le informazioni relative alla cinetica in
oggetto.
La reazione alla base della seguente determinazione sperimentale è data dalla reazione tra lo ione solfato e
ioduro:
v=−d ¿ ¿
dall’equazione cinetica per una reazione generica in cui A + B prodotti, dall’applicazione del metodo
delle velocità iniziali:
per t ≈ 0 ln v=ln k + n ln [ A ] + m ln [ B ]
Così facendo, se si considera di mantenere costante [B] 0 e si faccia variare [A]0 è possibile ricavare il valore
n, operando in modo contrario è possibile ricavare il valore di m.
Parte sperimentale
Materiali
- provettoni
- termostato
- soluzione di (NH4)2S2O8 0,1 M
- soluzione di (NH4)2SO4 0,1 M
- soluzione di Na2S2O3 0,01 M
- soluzione di KI 0,1 M + (NH4)2SO4 0,0667 M
- soluzione di salda d’amido
Procedura
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- Si effettuino dieci prove, nelle quali si verifichi il trasferimento dei due reagenti contenuti in un
provettone A in un secondo provettone B contenente tre diversi reagenti come riportato nella
[Tabella.1].
Risultati e discussione
(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)
Conclusioni
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Relazioni di Laboratorio di Chimica Fisica I
Introduzione
Lo scopo dell’esperienza prevede il verificare l’andamento della concentrazione nei confronti della
conducibilità di un elettrolita forte, quale il K 2SO4, e di uno debole il CH 3COOH e la determinazione della
conducibilità equivalente a diluizione infinita.
Teoria
Per conducibilità si fa riferimento alla capacità che i corpi presentano nel condurre la corrente elettrica. I
conduttori possono essere distinti rispettivamente in:
- conduttori di prima specie: nei quali sono presenti elettroni liberi (elettroni di conduzione), che
sotto l'azione di un campo elettrico, anche molto debole, vengono convogliati in un flusso ordinato
unidirezionale: sono i metalli puri, molte leghe, la grafite, alcuni ossidi e qualche sale con le
caratteristiche di semiconduttori;
- conduttori di seconda specie: nei quali il passaggio dell'elettricità è dovuto a un duplice flusso, in
direzioni opposte, di ioni positivi e negativi, ed è quindi accompagnato da trasporto di materia: sono
le soluzioni di acidi, basi e sali in solventi polari, alcuni liquidi puri (come i sali fusi, l'acqua, gli
alcoli, ecc.), ed anche alcuni solidi cristallini (come gli alogenuri d'argento);
- conduttori gassosi, nei quali il flusso di elettricità è dovuto al moto di ioni gassosi o anche di
elettroni liberi: gli uni e gli altri si formano in condizioni particolari, p.es. per l'azione di scariche
elettriche o di radiazioni ovvero per ionizzazione di atomi o molecole a temperatura molto alta;
- isolanti, nei quali gli elettroni sono liberi di muoversi;
- semiconduttori, caratterizzati da un comportamento intermedio tra i conduttori e gli isolanti.
Come indicato nella prima parte introduttiva è obbiettivo della presente pratica sperimentale verificare
l’andamento della concentrazione in funzione della conducibilità di due elettroliti, in quanto la conducibilità
della soluzione stessa è funzione della concentrazione delle specie ioniche disciolte.
In via generale si definisce conducibilità di un conduttore l’inverso della sua resistenza, è misurata in
Siemens, è più generalmente esprime la capacità di un conduttore di farsi attraversare da una corrente
elettrica, si esprime in forma generale come:
1
Λ=
R
Una categoria di sostanze, anche in soluzione molto diluita, non verifica le proprietà colligative, specie in
merito la formulazione di Van't Hoff della pressione osmotica. Queste sostanze, disciolte in un solvente
polare (acqua) danno luogo a soluzioni che conducono la corrente sono dette "elettroliti". Le soluzioni
elettrolitiche sono conduttori di 2a specie in quanto il trasporto di cariche avviene sempre con il medesimo
trasporto di materia. Tale trasporto avviene mediante ioni, ossia mediante cariche (+) o (-) associate a
materia e derivanti da una dissociazione della sostanza in soluzione. In alcune sostanze tipo NaCl, AgCl, gli
ioni esistono già nel reticolo cristallino e quindi passando in soluzione si ha una completa dissociazione nella
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coppia ionica di segno opposto (a parte fenomeni associativi dovuti alla concentrazione). Altre sostanze tipo
CH3COOH disciolte in acqua danno luogo a equilibri tra ioni dissociati e molecole indissociate.
In merito ai conduttori questi posseggono una resistenza che è funzione della natura stessa del conduttore
nonché delle sue caratteristiche geometriche (forma e dimensione). Si ricava perciò:
S
Λ= χ
l
dove χ viene definita come conducibilità specifica ed è caratteristica intrinseca del conduttore stesso ed
espressa in S/cm.
Facendo riferimento alle soluzioni elettrolitiche, discusse nel paragrafo precedente, si è detto che il passaggio
di corrente associato alla soluzione è legato al movimento degli ioni presenti. La conducibilità specifica χ
della soluzione considerata, sarà quindi tanto maggiore quanto maggiore sarà la concentrazione delle specie
ioniche presenti in soluzione. In via generale:
- χ diminuisce in seguito all’aumento delle interazioni ione-solvente;
- elevata viscosità è sinonimo di bassa mobilità ionica e conseguentemente di un basso valore di χ
della soluzione;
- il valore di χ è funzione di temperatura e pressione, nello specifico la dipendenza dalla pressione è
minima contrariamente a quanto osservato per la temperatura. Questa influisce sul 1 – 3 % sulla
velocità di migrazione per ogni grado Kelvin.
Essendo la conducibilità specifica dipendente dalla concentrazione della soluzione considerata è possibile
introdurre due grandezze indipendenti dalla concentrazione, che troveranno applicazione nella sezione di
risultati e discussione dei dati sperimentali. Tali grandezze sono rappresentate rispettivamente da:
- conducibilità molare:
1000 cm 3 L−1
Λ m= χ
c concentrazionemolare
- conducibilità equivalente:
3 −1
1000 cm L
Λ eq= χ
N concentrazione normale
tale concentrazione esprime il numero di cariche unitarie trasportate dagli ioni in soluzione. Nel
caso di elettroliti monovalenti, nei quali ciascuno trasporta una carica unitaria, si ha equivalenza tra
conducibilità equivalente e molare. Nel caso invece di elettroliti bivalenti, ciascuno ione ciascuno
ione trasporterà due unità di carica per cui Λ eq= Λ eq /2 .
Procedura sperimentale
Materiali
- provettoni
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Procedura
- In via preliminare si effettua una misura del bianco della sonda conduttimetrica: questa operazione
viene condotta riempiendo un bicchiere da 50 mL di acqua dist. (circa metà bicchiere) e si immerga
in esso la sonda conduttimetrica, stabilizzato il valore di conducibilità della soluzione si annota il
valore di lettura (1,20 S/cm).
- Si preparano due soluzioni, rispettivamente di K2SO4 e CH3COOH, a diverse concentrazioni
riportate in [Tabella.1].
- Si riempie la cella nella quale sarà effettuata la misura conduttimetrica per circa metà e si introduce
un’ancoretta magnetica.
- Si immerge la sonda nella cella e si effettua la lettura del valore di conducibilità.
- A lettura effettuata, la sonda viene: estratta, pulita accuratamente con acqua dist. e asciugata. Il
processo viene ripetuto per tutte le soluzioni, comprese quelle due rispettivi soluzioni madri. I dati
monitorati vengo riportati in [Tabella.1].
K2SO4
C (M) V iniziale (mL) V finale (mL) Conducibilità (S/cm)
Soluzione madre 0,1 ?
0,05 25 50 ?
0,025 12,5 50 ?
0,01 5 50 ?
0,005 2,5 50 ?
0,002 1 50 ?
0,0001 0,5 50 ?
CH3COOH
C (M) V iniziale (mL) V finale (mL) Conducibilità (S/cm)
Soluzione madre 0,1 212,0
0,05 25 50 147,4
0,025 12,5 50 105,6
0,01 5 50 71,3
0,005 2,5 50 45,2
0,002 1 50 31,9
0,0001 0,5 50 31,8
Risultati e discussione
(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)
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Introduzione
Teoria
−∆ H vap 1
ln P= +K
R T
pag. 16
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Parte sperimentale
Materiali
- isotecnoscopio
- acetone
Procedura
Risultati e discussione
(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)
Conclusioni
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Introduzione
Teoria
Un primo accenno teorico in merito alla cinetica delle reazioni chimiche e alla formulazione dell’equazione
cinetica è stato fornito nell’esperienza 3.
Nella presente pratica sperimentale verrà condotto uno studio in merito alla cinetica di idrolisi di un cloruro
alchilico osservandone la variazione di conducibilità in funzione del tempo. Il comportamento della reazione
in esame oggetto dello studio è rappresentato dalla dissoluzione in acqua del 2-cloro-2-metilbutano:
−d [ C 5 H 11 Cl ] d [ H Cl ] m n
v= = =k [ C 5 H 11 Cl ] [ H 2 O ]
dt dt
da cui si tenga in considerazione che [H 2O] >> [C6H11Cl], si ponga perciò v’ = k[H2O]n, e sia per ipotesi m=1
è così possibile riscrivere l’equazione cinetica come:
v=k [ C5 H 11 Cl ]
'
da cui:
dx '
=k [a−x ]
dt
Si osservi che al tempo t = 0 la conducibilità x = xH2O, e ciò sarà dovuto alla ionizzazione dell’acqua, al
tempo t la conducibilità della soluzione sarà data non sono dal contributo dell’acqua ma anche dalla presenza
di ioni H+ e Cl- per cui:
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χ HCl ( t ) = χ slz ( t )− χ H 2 O
Parte sperimentale
Materiali
- 2-cloro2-metilbutano
- Alcol etilico
- H2O dist.
- bagno termostatico
- cella conduttimetrica
- cilindro graduato
- bacchetta di vetro
- provettone
Procedura
Risultati e discussione
(da allegare: modello [se necessario, a completamento della Teoria di base], presentazione dei dati e loro
elaborazione, risultato finale ed analisi delle incertezze)
Conclusioni
pag. 19
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