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Fisica per ingegneria

Antonio Castrillo

Dipartimento di Matematica e Fisica


Università degli studi della Campania “Luigi VanvitellI”
antonio.castrillo@unicampania.it
Settimana
Febbraio Marzo Aprile Maggio
/Mese
Forza e campo
Induzione magnetica-
1 XXXXXXXXXXX Termo (1 L) magnetico
Legge di Faraday (2 L)
(2 L)
Forza e campo
Termo + Campo
2 XXXXXXXXXXX magnetico Ottica geometrica (2 L)
Elettrico (1+1 L)
(1 L)

Campo magnetico Ottica geometrica +


3 XXXXXXXXXXX Campo Elettrico (2 L)
(1 L) prova in itinere (1+1 L)

Capacità + Corrente
Intro + Termo (2 Induzione magnetica-
4 Elettrica XXXXXXXXXXX
L) Legge di Faraday (1 L)
(1+1 L)
Corrente elettrica +
5 XXXXXXXXXXX XXXXXXXXXXX XXXXXXXXXXX
prova in itinere (1+1 L)
Programma di lavoro settimanale
AULE 3A o 10C

Ora Lunedì 3A Martedì Mercoledì Giovedì 10C Venerdì

9-11 Esercitazioni Lezione teoria


(R. Martino) (A. Castrillo)
11-13 Lezione
teoria
(A. Castrillo)
14-16

16-18
Testo di riferimento
Termodinamica
Termodinamica

• La termodinamica studia le trasformazioni di lavoro


meccanico in calore e viceversa
– Individuiamo una porzione di materia che teniamo idealmente
separata dall’ambiente circostante  SISTEMA TERMODINAMICO
– Il sistema interagisce con l’ambiente esterno

Approccio macroscopico  Termodinamica


Approccio microscopico  Meccanica statistica

Legami tra le proprietà microscopiche e quelle macroscopiche


Proprietà termometriche e temperatura
Descrizione empirica (qualitativa):
• Se poniamo a contatto termico due corpi, il più caldo
cederà calore al più freddo
• La temperatura è considerata come la misura di
‘quanto un oggetto è freddo o caldo’
• Diverse proprietà della materia cambiano con la
temperatura (proprietà termometriche)
– Dilatazione termica
– Resistenza elettrica
– Colore (lunghezza d’onda) della luce emessa
– Pressione esercitata da un gas a volume costante
• Possiamo dunque usare una proprietà termometrica
per definire una scala di temperatura
Unità di temperatura
• L’unità di temperatura usata nelle scienze è il
kelvin (K)
• E’ di uso comune la scala centigrada (°C), in
cui lo zero corrisponde alla temperatura di
fusione del ghiaccio, e 100 gradi corrispondono
alla temperatura di ebollizione dell’acqua
• La relazione tra la temperatura in gradi
centigradi (o Celsius) e in kelvin è la seguente:
TK = T0 C + 273.15 K

Nota: poichè le due scale differiscono solo per


una costante additiva, la differenza tra due
temperature è la stessa nelle due scale
∆TK= ∆TC
Scelta della proprietà termometrica
• Possiamo costruire diversi termometri,
utilizzando diverse sostanze e proprietà
termometriche, e tarare i termometri in modo
che ciascuno fornisca lo stesso risultato al
punto triplo dell’acqua, T=273.16 K

• Se ci allontaniamo dal punto triplo, i diversi


termometri daranno tutti la stessa misura?
– In generale no.
– Occorre trovare una proprietà termometrica e delle
condizioni in cui tutte le sostanze usate forniscano lo
stesso risultato
Il principio zero della termodinamica
• E’ noto che se poniamo a contatto
termico due oggetti A e B a
temperatura differente, il più caldo
cederà calore al più freddo finchè
le temperature dei due corpi non
saranno uguali. A questo punto, A
e B saranno in equilibrio termico

Principio zero della termodinamica:


Se due corpi A e B sono in equilibrio
termico con un terzo corpo T, allora
sono in equilibrio tra loro
La temperatura è una
variabile di stato....
Dilatazione termica nei solidi
Si osserva sperimentalmente che una sbarra di un solido si
allunga
all’aumentare della temperatura.
Legge di dilatazione lineare

ΔL
= αΔT
L
α= coefficiente di dilatazione lineare

Dilatazione volumica:
ΔV
= γΔT
V
γ = 3α
Problema

Calcolare di quanto deve aumentare la temperatura di


una sbarra di acciaio di lunghezza L = 2 m affinché
sia più lunga di 1 mm rispetto al valore iniziale (α =
11·10-6 oC-1 ).

ΔL 1 ΔL 1 10 − 3 m
= αΔT ⇒ ΔT = = − 6 o −1
= 45.5 o
C
L α L 11⋅ 10 C 2m
Numero di Avogadro e moli
Il numero di Avogadro NA è il numero di atomi di 12C
contenuti in 12 g di 12C

N A = 6.02 ⋅ 10 23

Una mole di una certa sostanza è data dal numero di


Avogadro di entità elementari di quella sostanza
Gas perfetti: descrizione macroscopica
• Per descrivere un sistema termodinamico occorre
individuare delle grandezze macroscopiche che ne
caratterizzano lo stato, e le relazioni tra queste
quando si effettua una trasformazione termodinamica
– Pressione
– Volume
– Temperatura
• Le proprietà dei gas reali sono difficili da trattare, e
dipendono dal particolare gas considerato
• A bassa pressione i gas si comportano tutti allo
stesso modo (vedi il termometro a gas a volume
costante)
• Il comportamento dei gas in questo regime è quello di
un ‘gas perfetto’
Equazione di stato dei gas perfetti
L’equazione di stato dei gas perfetti lega tra loro pressione,
volume e temperatura dei gas perfetti

pV = nRT
n: numero di moli
R= 8.314 J/mol K costante universale dei gas

Se invece del numero di moli n voglio usare il numero di


molecole N, ricordando che n=N/NA
N  R 
pV = nRT = RT = N  T
NA  NA 
pV = Nk B T kB = 1.38·10-23 J/K

kB è la costante di Boltzmann
Leggi di Boyle e Gay-Lussac
-Legge di Boyle-Mariotte valida per le trasformazioni isoterme
(T costante):
pV = p0V0 = costante
-Leggi di Gay-Lussac:
•Prima legge, valida per le isobare (p costante): V2-V1 = αV0(t2-t1),
ponendo t1 = 0 oC e V1=V0, si ottiene
V = V0 (1+ αt ) con α = 1/273,15 oC-1.

•Seconda legge, valida per le isocore (V costante): p2- p1 = βp1(t2-t1),


ponendo t1 = 0 oC e p1= p0 si ottiene
p = p0 (1+ βt ) con β=α = 1/273,15 oC -1.

Nota: l’eq. di stato dei gas perfetti comprende queste leggi come casi
particolari.
Gas perfetti: descrizione microscopica

• Un gas consiste di (moltissime) particelle (atomi


molecole).
• Le molecole sono in moto casuale ed obbediscono alle
leggi del moto di Newton.
• Il numero totale di molecole è grande.
• Il volume proprio delle molecole è trascurabile rispetto al
volume occupato dal gas.
• Sulle molecole non agisce alcuna forza apprezzabile, se
non durante una collisione.
• Gli urti sono perfettamente elastici (l’energia cinetica totale
non varia) e di durata trascurabile.
Trattazione microscopica: teoria
cinetica dei gas perfetti
Studiamo gli urti tra le molecole di un gas e le pareti del
recipiente che lo contiene mediante la meccanica classica
Considero una singola molecola con velocità v = (vx,vy,vz)
e quantità di moto q=(mvx,mvy,mvz).
Dopo un urto sulla faccia colorata:
Δ(mvx) = mvxf – mvxi = -mvx –(mvx)= -2mvx
Poiché q si conserva, la quantità di
moto comunicata alla parete colorata è
Δq = 2mvx.
La molecola attraversa il cubo in
t=L/vx e il tempo che intercorre tra due
urti sulla stessa faccia è Δt=2L/vx . 2
Δq 2 mv x mv x
F= = =
Forza media sulla faccia colorata: Δt 2 L/vx L
Pressione esercitata sulla faccia colorata da N molecole (identiche)
2
x1 + v x + ....)
2
Fi 1 m(v m N
mN N
v 2

∑ ∑ ∑
xi
P= = 2 2
= v 2
x = = ρ v 2
x
A L L i
i V i= 1 V i= 1 N
Principio di Pascal  P è la stessa su tutte le facce. Inoltre:
1 2
v2 x = v2 y = v2 z = v
3
1
P= ρ v2
3

3P
v2 = velocità quadratica media
ρ

Relazione tra una quantità macroscopica e una microscopica


Interpretazione cinetica della temperatura
M = massa del gas
1 2 N = numero di molecole
p = ρv
3 m = massa della molecola
1 1 1 2 1 
pV = ρ v 2 V = M v 2 = Nm v 2 = N  m v 2 
3 3 3 3 2 
Combinando questo risultato con l’eq. di stato dei gas perfetti
pV=NkT, otteniamo:
2  1 2
NkT = N  mv 
3 2 
1 3
m v = kT
2

2 2
Ad una data temperatura T tutte le molecole dei gas, indipendentemente
dalla loro massa,hanno la stessa energia cinetica traslazionale media,
ovvero 3/2 kT. Quando misuriamo la temperatura di un gas, non
misuriamo altro che l’energia cinetica traslazionale media delle sue
molecole.
Energia interna
• L’energia interna di un gas è data dalla somma delle
energie cinetiche e potenziali di tutte le molecole
• Nel caso di un gas perfetto, poichè le molecole non
interagiscono, l’energia potenziale di interazione tra le
molecole sarà pari a 0.
• Se il gas è monoatomico, l’energia interna sarà dunque
data dalla somma delle energie cinetiche delle
molecole
N
1 2 1 2 3 3
U= ∑
i= 1 2
mvi = N mv = N kT = nRT
2 2 2
3 per gas perfetti
U = nRT monoatomici
2
Nota: l’energia interna dipende solo dalla temperatura
Equilibrio termico
• Se poniamo due corpi a contatto
termico, quello più caldo cede calore a
quello più freddo finchè i due non
raggiungono la stessa temperatura
• A livello microscopico, ciò significa che
le molecole del corpo più caldo, urtando
quelle del corpo più freddo, cedono
loro energia cinetica
• Dopo un certo numero di urti per
molecola (n>~5), l’energia cinetica
media sarà la stessa per tutte le
molecole
Teorema di equipartizione dell’energia
Se consideriamo il moto traslazionale:
1 2 1 2 1 2 1 1  1
mv x = mv y = mv z =  mv 2  = kT
2 2 2 3 2  2
Gradi di libertà: modi indipendenti con cui la
molecola può immagazzinare energia
• Traslazionali
• Rotazionali
• (Vibrazionali)
A ciascun grado di libertà è associata un’energia
di ½ kT per molecola (½ RT per mole)
L’energia interna di un sistema è ugualmente
suddivisa in tutti i gradi di libertà

f
U = nRT Energia interna
2 di un gas perfetto
considerando i gradi di libertà traslazionali e rotazionali:
Per i gas monoatomici f=3 (tre gradi traslaz.)
Per i gas biatomici f=5 (tre traslaz. + due rotaz.)
Per molecole con tre o più atomi f=6 (tre traslaz. + tre rotaz.)
Calore e calore specifico
Il calore Q (positivo se viene assorbito dal sistema e
negativo se ceduto) è l’energia che viene trasferita tra il
sistema e l’ambiente circostante a causa della differenza
di temperatura esistente tra di essi.
La quantità di calore necessaria per portare la
temperatura del sistema da TI a TF è

Q = C∆ T = C (TF − TI )
C è la capacità termica, a sua volta proporzionale alla
massa: C=mc dove c è il calore specifico

Q = mc∆ T c: calore specifico

Nel S.I. la quantità di calore si misura in joule.


E’ spesso usata anche la caloria:
1 caloria (cal) è la quantità di calore necessaria per innalzare
di 10C (da 14.5 0C a 15.5 0C) la temperatura di 1 g d’acqua
1 cal = 4.186 J
1 kcal = 1 Cal = 4186 J
Equivalente meccanico del calore
Apparato di Joule (1850)

É possibile dimostrare sperimentalmente


l’equivalenza tra energia e calore

I pesi che cadono fanno girare le palette


che agitano l’acqua nel contenitore,
riscaldandola.

Durante un ciclo i pesi eseguono una quantità


di lavoro nota L sull’acqua di massa m,
innalzandone la temperatura di ΔT.

Ripetendo più volte l’esperienza in condizioni


diverse, cambiando
cioè il tipo di calorimetro, la quantità di acqua, i
pesi, la loro altezza di caduta, etc., si verifica, L
entro i limiti degli errori sperimentali, che:
= cost . = 4.186 J/cal
Q
Calore specifico
Q
c=
m∆ T
• c dipende dalla sostanza
– E’ più grande il calore specifico dell’acqua o del ferro?
• c dipende dalla particolare trasformazione
– p. es. il calore specifico in una trasformazione a pressione
costante cP è diverso dal calore specifico in una
trasformazione a volume costante cV
• Spesso si utilizza il calore specifico molare:
Q
C= n: numero di moli
n∆ T
Transizioni di fase
Tipo Calore
Il comportamento di un corpo
trasformazione latente
inizialmente alla temperatura i
T, quando viene fornita o solido → liquido fusione λF
sottratta una certa quantità di -λF
calore Q può essere il seguente: liquido → solido solidificazione

λE
•il corpo subisce la variazione liquido → gas evaporazione
di temperatura ∆T , non cambia
-λE
il proprio stato ma, lasciato gas → liquido liquefazione
libero di espandersi o di
contrarsi, subisce una variazione solido → gas sublimazione λS
di volume;
•il corpo subisce un cambiamento di stato mantenendo costante la
propria temperatura ed il calore scambiato durante il processo vale
Q = mλ, dove λ è il calore latente e m la massa che subisce il
cambiamento di stato.
cA=4 103 J/kg K cG=2 103 J/kg K cV=2 103 J/kg K
λF=3 105 J/kg λE=2 106 J/kg

Quanto calore occorre per trasformare 2 kg di ghiaccio,


inizialmente a –200C in vapore acqueo a 1200C?
Quale trasformazione richiede la maggiore quantità di calore?
Trasmissione del calore: conduzione
Conduzione  scambio diretto di
energia tra due corpi messi in A
L
contatto, dal corpo a temperatura
maggiore a quello a temperatura T1 T2
Q
minore. E’ dovuta alle collisioni
molecolari

ΔQ T1 − T2
= kA
Δt L

∆t = tempo
k = costante di conducibilità termica
L= distanza tra le due estremità
A= area della sezione trasversale dell’oggetto
Trasmissione del calore: convezione
Convezione  trasferimento di calore che
avviene mediante lo spostamento di materia.

Per un corpo di superficie S e temperatura


TC investito per un intervallo di tempo ∆t da
un flusso di aria a temperatura TA , il calore
scambiato è pari a:
Q = K 2 (TA - TC )S∆ t

dove K2 è una costante che dipende dai due


mezzi fra cui avviene lo scambio termico.
È efficace nei fluidi , e specialmente nell’aria.
È un meccanismo fondamentale per la
dispersione del calore verso la cute e i
tessuti periferici (circolazione).
Trasmissione del calore: irraggiamento
Irraggiamento  emissione di energia sotto
forma di onde elettromagnetiche.

Avviene anche in assenza di un mezzo materiale.


È il meccanismo più efficiente per la dispersione del
calore cutaneo.
Potenza di emissione di energia radiante

P = σεAT4

•σ = 5.67·10-8 W/m2·K4 costante di Stefan-Boltzmann


•A = area della superficie del corpo
•0 ≤ε ≤ 1emissività

Un corpo a temperatura T posto in un ambiente a


temperatura To emetterà (o assorbirà) una potenza:

P = σεA(T4-T4o)
Problema

Un uccellino ha superficie corporea pari a 150 cm2, temperatura


basale pari a 37 °C e piume equivalenti allo spessore di 2 cm di aria.
Trovare la velocità di perdita di calore in un ambiente a 5 °C .
ΔQ T1 − T2 W −4 2 (37 − 5) C
o
H= = kA = 0.026 o ⋅ 150 ⋅ 10 m ⋅ −2
= 0.62 W
Δt L m C 2 ⋅ 10 m
Se l’uccellino si bagna, lo spessore equivalente si riduce di
un fattore 10…di quanto varia la velocità di dispersione??

Problema

Trovare la potenza netta irradiata da un uomo alla


temperatura di 37°C in una stanza a 21 °C. L’area
del corpo sia 1.7 m2 e σ·ε = 5.5 10-8 W/m2 K4.
P = 5.5 10-8 W/m2 K4 1.7 m2 (3104-2944) K = 165 W
Calore ed energia
Energia interna: energia appartenente ad un sistema quando
è stazionario, pari alla somma delle energie
cinetiche e potenziali delle molecole del sistema

Calore: parte dell’energia interna che viene trasmessa per effetto


di una differenza di temperatura tra il sistema e l’ambiente
circostante.
Lavoro svolto da (su) un sistema: energia meccanica trasferita tra
il sistema e l’ambiente esterno.

Energia interna ↔ moto delle molecole

In assenza di lavoro meccanico, lo scambio di una quantità di calore Q


tra 2 corpi equivale ad una variazione ∆U di energia interna di ciascun
corpo ∆U = Q.

D’altra parte possiamo trasformare lavoro meccanico in calore


Nelle trasformazioni termodinamiche energia interna, calore e lavoro
sono legate tra loro
Variabili di stato
Nonostante il grande numero di costituenti si possono descrivere le
proprietà macroscopiche del corpo fisico (sistema termodinamico)
mediante un numero limitato di variabili fisiche (variabili
di stato): il volume V, la pressione p, il numero di moli n e la
temperatura T (espressa in gradi Kelvin).

Un gas che si trova in un p A


certo stato che chiamiamo A pA
è caratterizzato da 3
grandezze: pA, VA, TA. Se n è
costante lo posso
pB B
rappresentare in un sistema
di riferimento i cui assi sono
p e V (piano di Clapeyron).
VA VB V
Lavoro in termodinamica
Stato iniziale pi, Vi, Ti
Stato finale pf, Vf, Tf

Processo termodinamico o
trasformazione termodinamica

Il calore può essere trasferito all’interno


del sistema dal serbatoio (calore positivo)
o viceversa (calore negativo).
Il lavoro può essere compiuto dal sistema per alzare (lavoro positivo)
o abbassare (lavoro negativo) il pistone zavorrato.
dL = F⋅ ds = (pA)(ds) = (p)(Ads) = pdV
Vf

L = ∫ dL = ∫ pdV
Vi
a) Il lavoro è positivo perché il gas aumenta il
suo volume spingendo il pistone verso l’alto.

b) Due fasi: pressione costante (lavoro positivo) +


volume costante (lavoro nullo)

c) Ordine inverso rispetto al processo b). Lavoro


positivo ma minore di quello di b)

d) Calore e lavoro dipendono dal percorso seguito

e) Il lavoro è negativo perché il volume viene


compresso
Alcune trasformazioni
particolari
Trasformazione qualunque
Vf Vf
nRT
L= ∫
Vi
pdV = ∫V V dV
i

Trasformazione isocora Trasformazione isobara

ΔV = 0, L=0 p=cost. , L= p (Vf – Vi) = pΔV


Alcune trasformazioni
particolari
Trasformazione isoterma
Vf Vf V
nRT f
dV V
L = ∫ pdV = ∫ dV = nRT ∫ = nRTln f
Vi Vi
V Vi
V Vi

Trasformazione ciclica
Una sola trasformazione
Il lavoro totale (positivo) è la
reversibile  L = 0
somma del lavoro positivo
compiuto durante l’espansione e
del lavoro negativo compiuto
durante la compressione.
Problema

Tre moli di ossigeno subiscono una trasformazione isoterma alla


temperatura di 18 °C da un volume iniziale litri V1=30 l a un volume
finale litri V2=100 l . Calcolare il lavoro fatto dal gas.

Soluzione
n=3
TK= (18+273.15) K = 291.15 K
V2 J 100 l
L = nRTln = 3 ⋅ 8.31 ⋅ 291.15 K⋅ ln = 7258,4 J⋅ ln 3.3 = 8.7 ⋅ 103 J
V1 K 30 l
Dipendenza di L e Q dalla trasformazione
• Il lavoro svolto da un sistema
termodinamico non dipende solo
dagli stati iniziale e finale, ma
anche dalla particolare
trasformazione

• Anche il calore assorbito dal


sistema dipende dalla
particolare trasformazione
Es. passiamo dallo stato p,V,T allo stato p/2, 2V, T eseguendo:
1- prima una trasformazione isobara fino a 2V e poi una isocora fino a p/2
2- prima una trasformazione isocora fino a p/2 e poi una isobara fino a 2V
Il calore assorbito in 1 è maggiore, minore o uguale a quello in 2?
Nota cP>cV

Nota: U dipende solo da T. Quindi la variazione di energia


interna dipende solo da ∆T e non dalla trasformazione
Il primo principio della termodinamica
Primo principio della termodinamica:

∆ U = UF − UI = Q − L
Q L
•Q = quantità di calore assorbita
CEDUTO <0
dal sistema
ASSORBITO >0
•L = lavoro svolto dal sistema
SVOLTO SUL SISTEMA <0
•Ui(f) = energia interna iniziale
SVOLTO DAL SISTEMA >0
(finale) del sistema

Il primo principio della termodinamica rappresenta la


generalizzazione del principio di conservazione
dell’energia
CP e CV per gas monoatomici
3
Per un gas perfetto monoatomico ∆ U = nR∆ T
2
Se CP e CV sono i calori specifici molari a p=cost e V=cost
la quantità di calore assorbita e il lavoro compiuto dal
sistema saranno, nei due casi
Q = nC P ∆ T Q = nCV ∆ T
p=cost. V=cost.
L = p∆ V = nR∆ T L = 0

Il primo principio della termodinamica si scrive


3 3
V=cost. nR ∆ T = nCV ∆ T C V = R
2 2
3 5
p=cost. nR∆ T = nC P ∆ T + nR∆ T C P = R = CV + R
2 2
Più in generale, CV=f/2 R CP=CV+R
Alcune trasformazioni particolari (I)
Trasformazione adiabatica
Il sistema è isolato e non vi
è alcuno trasferimento di
calore tra di esso e l’ambiente
•Q=0  ΔU = -L
 C 
•pVγ = cost.  γ = P 
 CV 

Trasformazione isoterma
ΔU = 0  Q=L

Vf Vf V
nRT f
dV V
L = ∫ pdV = ∫ dV = nRT ∫ = nRTln f
Vi Vi
V Vi
V Vi
Alcune trasformazioni particolari (II)
P isocore
Trasformazione isocora (V = costante)
ΔV = 0, L=0
ΔU = Q = nCVΔT
V

P isobare
Trasformazione isobara
(p = costante)
p=cost. , L= p (Vf – Vi) = pΔV, Q ≠ 0
ΔU = nCPΔT - pΔV
V
Alcune trasformazioni particolari (III)
Trasformazione ciclica p
A
Poichè U dipende solo da T, L
dato che il punto iniziale e
quello finale coincidono,

∆U=0
V
Il lavoro, rappresentato dall’area in giallo nella figura, va
calcolato per il particolare ciclo
Nota: se il ciclo è percorso in senso orario L>0,
altrimenti L<0

∆U=0  Q=L
Riepilogo

ΔU
ΔU

ΔU
- ΔU
ΔU
Problema

Una mole di gas perfetto biatomico 5


4
B
subisce una trasformazione

p (atm)
3
A
2
lineare dal punto A con VA =10 l e 1
0
TA = 293 K al punto B con VB = 2 .6 0 5 10 15
V (litri)
l e TB = 309 K . Calcolare il lavoro
fatto L ed il calore scambiato Q.
Soluzione: occorre anzitutto calcolare il valore della pressione nei
due punti usando l’equazione p= nRT/V
J
1 mole⋅ 8.31 ⋅ 293 K
pA = mole⋅ K = 2.4 ⋅ 10 5
Pa = 2.4 atm
−3
10 ⋅ 10 m 3

J
1 mole⋅ 8.31 ⋅ 309 K
pB = mole⋅ K = 4.1 ⋅ 10 5
Pa = 4.1 atm
−3
6.2 ⋅ 10 m 3
5
B
4

p (atm)
3
A
A (10 l, 2.4 atm, 293 K) 2
1
B (6.2 l, 4.2 atm, 309 K) 0
0 5 10 15
V (litri)

Il lavoro è dato dall’area del trapezio mentre il calore si ricava


dal Primo Principio della Termodinamica utilizzando
l'espressione ΔU = nCV (TB-TA).

(p B + p A )(VB − VA ) (2.4 + 4.1) ⋅ 105 Pa⋅ (6.2 − 10) ⋅ 10 − 3 m 3


L= = = − 1.23 ⋅ 103 J
2 2
5 J
Q = ΔU + L = nC V (TB − TA ) + L = 1 mole⋅ ⋅ 8.31 ⋅ (309 − 293) K − 1.23 ⋅ 103 J = − 897 J
2 mole⋅ K

Si noti che L < 0 pertanto si tratta di lavoro fatto dall'esterno sul sistema.
Il secondo principio della termodinamica
• Il primo principio della termodinamica stabilisce che
l’energia si conserva
• Non tutte le trasformazioni permesse dal primo
principio della termodinamica sono possibili
• Alcune trasformazioni avvengono solo in un verso
– Il lavoro meccanico può essere trasformato integralmente in
calore ma non è vero il contrario
– Il calore fluisce spontaneamente dai corpi caldi a quelli freddi
e non viceversa
– Le molecole di un gas possono espandersi liberamente in un
recipiente vuoto, ma il gas non esce spontaneamente dal
recipiente
Trasformazioni reversibili
Un sistema è soggetto ad una trasformazione
reversibile se gli stati attraverso cui passa differiscono
per quantità infinitesime da stati di equilibrio.
Dopo una trasformazione reversibile sia il sistema che
l’ambiente possono essere riportati alle condizioni
iniziali.
Una trasformazione (quasi) reversibile è la
compressione molto lenta di un gas mediante
un pistone. Il gas viene mantenuto a temperatura
costante.
Nelle trasformazioni reversibili il lavoro non viene
dissipato per effetto di turbolenze o attriti.
...e irreversibili
Esempio di una trasformazione irreversibile:
espansione adiabatica libera di un gas. Il gas
è inizialmente confinato nella metà sinistra
del recipiente isolato tenendo chiuso un
rubinetto. Quando lo si apre il gas fluisce
rapidamente fino ad occupare l’intero spazio.
Questo processo è irreversibile, cioè non può
avvenire a senso inverso: il gas non può
raccogliersi spontaneamente nella metà di
sinistra del contenitore.
Sul diagramma p-V possono essere rappresentati
solo gli stati iniziale e finale di volume e
pressione ma non gli stati intermedi perché non
sono stati di equilibrio.
Le macchine termiche
Macchina termica: è una macchina ciclica TC
che riceve calore da una sorgente calda e ne QC

converte una parte in lavoro cedendo il calore


rimanente ad una sorgente fredda
(solitamente l’ambiente esterno) QF

Ogni macchina termica contiene un fluido motore.


Es: nelle automobili è una miscela di aria e benzina. TF
Il fluido motore subisce un ciclo di trasformazioni, ovvero il fluido
passa attraverso una serie di processi termodinamici, talvolta detti
tempi, che formano un ciclo chiuso. Ad ogni ciclo vengono sempre
ripercorse le stesse trasformazioni.
TC
QC

QF
TF
TC
Dalla sorgente ad alta temperatura TC si trasferisce
QC il calore QC al fluido motore.
Questo cede il calore QF al serbatoio di bassa
temperatura TF.
Il fluido inoltre compie lavoro L su un oggetto che si
trova all’esterno.
QF ∆U=0 L = QC – QF
TC > TF
TF
Rendimento: frazione di lavoro prodotto dal motore ad
ogni ciclo (energia ottenuta) rispetto al calore assorbito
ad ogni ciclo (energia spesa).
L QC − QF QF
η= = = 1−
QC QC QC

Si noti che η ≤ 1 e che η = 1 solo se QC = 0.


Inoltre TC e TF sono espresse in Kelvin.
Secondo principio della termodinamica:
enunciato di Kelvin-Planck
TC
Motore perfetto: converte il calore QC
QC prelevato dalla sorgente calda
direttamente in lavoro L con rendimento
del 100%.
L (=QC)

QF=0

Enunciato di Kelvin-Planck: è impossibile realizzare una


macchina che, lavorando ciclicamente, trasformi in lavoro
meccanico il calore scambiato con un’unica sorgente
(in altre parole, non può esistere la macchina termica ideale
che funzioni senza dissipare QF).
Macchina ciclica di Carnot
Macchina ciclica che opera trasformazioni isotermiche e
adiabatiche reversibili
Non avvengono dispersioni di energia dovute ad esempio ad
attriti o a fenomeni di turbolenza
La macchina di Carnot è una macchina ideale
Serve per calcolare il massimo rendimento possibile per una
macchina che lavori tra due sorgenti a temperatura TC e TF

espansione isoterma

QC
QC

compressione adiabatica
L
QF
TC
TC
espansione adiabatica
QF T
TF
F
compressione isoterma
Applicando il primo principio della termodinamica, considerando
che si tratta di una trasformazione ciclica per cui ΔU = 0, e
ricordando che Q rappresenta il calore netto scambiato ad ogni
ciclo e L è il lavoro netto compiuto in ogni ciclo si avrà:
L = QC - QF

QF TF
per cui: η = 1− = 1−
QC TC
• Tutte le macchine di Carnot che lavorano tra le stesse temperature
hanno lo stesso rendimento
• Il rendimento aumenta al crescere della differenza tra TF e TC:
η= 0 se TF= TC
η  1 se TC » TF
• Per avere η = 1 dovrebbe essere TF = 0 K.
Tale temperatura non può essere raggiunta (terzo principio della
termodinamica), dunque il rendimento di una macchina di Carnot è
sempre inferiore all’unità

• Tutte le macchine reali, che compiono cicli irreversibili, sono meno


efficienti della macchina di Carnot, perchè dissipano energia per
attrito e per le turbolenze dovute alla rapidità con cui si compie un
ciclo.

• Ogni ciclo reversibile può essere approssimato da un insieme di cicli


di Carnot.
Problema
Il rendimento di una macchina di Carnot é η = 60%. La macchina
cede alla sorgente più fredda, che si trova a temperatura TF= 320°K,
un quantità di calore QF= 120 J in un ciclo. Calcolare:
a) la temperatura della sorgente più calda
b) la quantità di calore assorbita dalla sorgente più calda in un ciclo
c) il lavoro compiuto dalla macchina in un ciclo;

Soluzione
a) η = 1 - TF/TC ==> TC = TF / (1 - η) = 800°K

b) QC /QF = TC/TF ==> QC = 300 J

c) L = QC - QF = 180 J oppure L = η QC
TC
Le machine frigorifere QC

Una macchina che trasferisce energia come calore


da una sorgente fredda ad una calda mediante una
ripetuta sequenza di trasformazioni termodinamiche QF
è detta macchina frigorifera o frigorifero.
TF
•Es: frigorifero domestico. Un compressore elettrico compie lavoro
per trasferire energia termica dal compartimento cibi (sorgente a
bassa temperatura) all’ambiente esterna (sorgente ad alta temperatura).
•Es: condizionatori e pompe di calore. Nel caso del condizionatore la
sorgente a bassa temperatura è il locale da raffreddare, mentre la
sorgente calda è l’ambiente esterno. La pompa di calore è la stessa
macchina usata in maniera opposta: il locale da riscaldare è la sorgente
calda, a cui viene ceduto il calore sottratto alla sorgente fredda, che
è l’ambiente esterno.
TC
Dal serbatoio termico a bassa temperatura TF
QC si trasferisce il calore QF al fluido e da questi si
trasferisce il calore QC al serbatoio termico ad alta
temperatura TC. Il fluido assorbe il lavoro L compiuto
dall’esterno.
QF L = QC – QF
TF
TC > TF

Efficienza o COP (Coefficient Of Performance)

energia utile QF QF TF
ε = = =
energia immessa L Q C − Q F TC − TF
Secondo principio della termodinamica:
enunciato di Clausius
Frigorifero perfetto: trasferisce il calore Q
TC
prelevato dalla sorgente fredda
direttamente alla sorgente calda senza
apporto di lavoro alcuno.
Enunciato di Clausius: è impossibile
realizzare una macchina che, lavorando
ciclicamente, abbia come unico risultato il
passaggio di una certa quantità di calore
dalla sorgente fredda alla calda
TF (in altre parole, non può esistere il
frigorifero ideale che funzioni senza
fornirgli lavoro).
Entropia QC QF
Dal ciclo di Carnot abbiamo ricavato che =
TC TF
Cioè la quantità Q/T è la stessa per entrambe le sorgenti

L’entropia viene definita mediante la sua variazione


Se in una trasformazione termodinamica reversibile che
avviene a temperatura T il sistema assorbe una quantità di
calore QR, la variazione di entropia è:
QR
∆ S=
T
f f
dQ
Se la temperatura non è costante, ∆S è data da: ΔS = ∫ dS = ∫ T
i i
L’entropia è una variabile di stato: un determinato stato
termodinamico è caratterizzato da un certo valore di V,p,T,U,S...
Poiché S è una variabile di stato, la sua variazione dipende solo
dagli stati iniziale e finale: in particolare, in un ciclo reversibile è
pari a zero
Esercizio I: un cubetto di ghiaccio avente m=50 g, alla temperatura di 00C
comincia a sciogliersi. Quale è la variazione di entropia quando metà del
ghiaccio si è sciolto?
Il calore necessario per sciogliere la metà del ghiaccio è:
Q = m/2 L = 0.025 kg * 333 kJ / kg = 8.325 kJ
∆S=Q/T = 8.325 kJ / 273.15 K = 30.5 J / K
L’entropia è aumentata

Esercizio II: 50 kg di acqua a 200C vengono mescolati con 50 kg di acqua


a 240C. Stimare la variazione di entropia?
La temperatura di equilibrio sarà 220C. L’acqua più fredda assorbe calore:
QF = mc∆T = 50 kg 4186 J/kg 0C 2 0C= 4.186 105 J
Una uguale e opposta quantità di calore QC=-QF viene assorbita dalla
sorgente più calda (che infatti cede calore)
∆S= ∆SC+ ∆SF
T varia. Eseguiamo un calcolo approssimato usando le temperature
medie TF=210C=294 K e TC=230C=296 K
∆SF ~ 4.186 105 J / 294 K = 1424 J/K
∆SC ~ 4.186 105 J / 296 K = -1414 J/K
∆S ~ 10 J/K L’entropia è aumentata
Variazione di entropia in una
trasformazione irreversibile
• Supponiamo di operare una trasformazione irreversibile
che porti dallo stato pI,VI,TI allo stato pF,VF,TF
• Se la trasformazione è irreversibile, per calcolare ∆S
dobbiamo trovare una trasformazione reversibile che porti
da pI,VI,TI a pF,VF,TF
– Il risultato non dipende dalla particolare trasformazione (purché
reversibile), ma solo dagli stati iniziale e finale
– E’ necessario svolgere il calcolo in questa maniera perché ∆S=
∆QR/T dove ∆QR è calcolato in una trasformazione reversibile
∆S per l’espansione adiabatica libera
L’espansione adiabatica libera è una trasformazione irreversibile
•Stato iniziale Vi, pi, Ti
•Stato finale Vf = 2 Vi, pf, Tf
•L = 0, Q = 0, ΔU = 0 (Ui= Uf, Ti = Tf = T)
Non è possibile calcolare ΔS per questo
cammino (dQ =??, T =??).
Possiamo però calcolare ΔS lungo qualunque
cammino reversibile che connetta i ad f.
Es. trasformazione isotermica reversibile.
Vf
Q = L = nRTln
Vi
nRTln(Vf /Vi )
Sf − Si = = nRln 2 > 0
T L’entropia aumenta!
L’entropia e il secondo principio della
termodinamica
Si verifica che:

Una trasformazione naturale che inizia e termina in


stati di equilibrio si svolge sempre in una direzione
tale da causare un aumento dell’entropia
dell’insieme sistema + ambiente.

Per una trasformazione reversibile l’entropia di sistema + ambiente


rimane costante.

ΔS ≥ 0
L’entropia e il secondo principio della
termodinamica
• I fenomeni che avvengono in natura sono irreversibili

∆S>0

• I fenomeni che comportano una diminuzione dell’entropia


globale (sistema+ambiente), anche se permessi dal I
principio della termodinamica, sono vietati dal secondo.

• Nota: è possibile che l’entropia del sistema diminuisca ma ciò


comporterà un aumento dell’entropia dell’ambiente tale che

∆SSISTEMA + ∆SAMBIENTE >0


TC Motore perfetto: converte il calore QC
prelevato dalla sorgente calda
QC direttamente in lavoro L con rendimento
del 100%.
L (=QC) Es: si potrebbe ricavare calore dall’aria
e convertirlo in energia utile per far
muovere l’auto, senza bisogno di
QF=0
combustibile!!
Enunciato di Kelvin-Planck: è impossibile realizzare una macchina
che, lavorando ciclicamente, trasformi in lavoro meccanico il calore
scambiato con un’unica sorgente (in altre parole, non può esistere la
macchina termica ideale che funzioni senza dissipare QF).
Infatti: QC
ΔS = − < 0
TC

Ciò contraddice l’enunciato sull’entropia!


Entropia e disordine
• Il concetto di entropia viene associato a quello di
disordine
• Per capire il significato di questa associazione dobbiamo:
– Dare una definizione di disordine
– Vedere come l’entropia, definita con ∆S=QR/T, è legata a questa
definizione

• Intendiamo per ordine la capacità di catalogare i vari


componenti di un sistema
– Es I: due moli dello stesso gas, inizialmente a temperature
diverse, termalizzano. Lo stato finale è più disordinato di quello
iniziale perchè non possiamo più catalogare il gas in due
categorie (più caldo e più freddo)
– Es II: una goccia d’acqua cade in mare, convertendo la sua
energia cinetica in calore. Il sistema finale è più disordinato di
quello iniziale
– Es III: nell’espansione libera di un gas, il disordine aumenta
Microstati e macrostati
• Il macrostato di un sistema termodinamico è caratterizzato dalle sue
proprietà macroscopiche: p, V, T
• Il microstato è individuato da posizione e velocità di tutte le molecole
• A un singolo macrostato corrispondono numerosi macrostati
– Il rapporto tra n. di microstati e di macrostati non è però costante
MICROSTATO MACROSTATO

SOMMA = 7

SOMMA = 3
Entropia e disordine: analisi
quantitativa
• Uno stato macroscopico è tanto più disordinato quanto
maggiore è il numero di stati microscopici corrispondenti
– Quello che possiamo osservare è lo stato macroscopico
– Se molti stati microscopici ci danno lo stesso stato
macroscopico la nostra capacità di catalogare è ridotta
• Indichiamo con W il numero di microstati corrispondenti
a un macrostato (probabilità termodinamica)
• Si può dimostrare che l’entropia è legata a W:

S = kBlnW kB: costante di Boltzmann

• Ciò significa che all’aumentare del disordine (cioè


all’aumentare di W) cresce l’entropia
I fenomeni elettromagnetici
Il mondo che ci circonda è regolato da fenomeni
elettrici e magnetici, in parte facilmente
osservabili (basti pensare a lampi, fulmini,
aurore, arcobaleni, oppure alla penna
strofinata che attrae pezzetti di carta), in
parte non visibili ad occhio umano (per esempio le
forze interatomiche che permettono
l’aggregazione della materia)
I fenomeni elettromagnetici sono noti fin
dall’antichità (i filosofi greci sapevano che l’ambra
strofinata poteva attrarre pagliuzze) ma solo a
partire dal 19° secolo l’elettromagnetismo è stato
compreso al punto da divenire fondamentale
strumento di sviluppo tecnologico, sociale ed
economico. Oggi, dalle telecomunicazioni alla
medicina, dall’elettronica di consumo ai
trasporti, ogni settore delle nostre quotidiane
attività è regolata da strumenti (dispositivi)
basati su fenomeni elettromagnetici
Elettricità: etimologia
dal Greco antico “electron” (elektron) = ambra
l’ambra è una resina fossile,
prodotta in diverse epoche
geologiche da 130 a 8 milioni di
anni fa da vari tipi di piante: pini,
larici, abeti, sequoie; per
strofinamento, acquista la proprietà
di attrarre piccoli corpi leggeri

In Grecia, fenomeni elettrici e magnetici (esperimenti con ambra e


magnetite) erano già noti nel 700 AC. Si veda ad esempio, nel
Dialogo di Platone (360 AC): “Si spiegano così lo scorrere delle
acque, la caduta dei fulmini, e la meravigliosa forza d'attrazione
dell’ambra e della calamita: in nessuno di tutti questi oggetti vi è la
forza attraente, ma poiché il vuoto non c’è, questi corpi si respingono
in giro l'uno con l'altro, e separandosi e congiungendosi, cambiano di
posto, e vanno ciascuno nella propria sede. Dall’intrecciarsi di queste
influenze reciproche si sono operati tutti quei prodigi, come sembrerà
a chi sappia indagare bene.”
La carica elettrica
✓ Alla base di tutti i fenomeni elettromagnetici c’è una proprietà della
materia detta CARICA ELETTRICA
✓ A differenza di altre proprietà della materia (la massa, il volume) la
carica elettrica non è percepita dai nostri sensi; ne abbiamo
evidenza ad esempio sfilandoci un maglione in un ambiente secco, o
toccando lo sportello dell’auto; possiamo far scoccare scintille o
prendere una scossa: sono cariche elettriche accumulate nei vestiti o
nella scocca dell’auto, che si disperdono al contatto col nostro corpo.
✓ Qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa (incluso il nostro corpo)
è nient’altro che un aggregato di cariche elettriche; la materia
sta insieme grazie alle cariche elettriche !!
✓ Le forze elettriche sono estremamente intense; se le
particelle non fossero cariche, le stelle, i pianeti, e i corpi di qualsiasi
natura non esisterebbero: l’universo sarebbe permeato da un
pulviscolo di particelle elementari vaganti nello spazio
✓ Ma se tutto è un aggregato di cariche elettriche, perché non
prendiamo una scossa ogni volta che tocchiamo un oggetto? I
corpi contengono un’enorme quantità di cariche elettriche, per cui
dovrebbero generare forze elettriche mostruose…
Cariche positive e negative
✓ La carica elettrica è una proprietà che presenta due facce, proprio
come una moneta; queste due facce vengono convenzionalmente
chiamate CARICA ELETTRICA POSITIVA E NEGATIVA

✓ Normalmente la materia è NEUTRA, ovvero contiene uguale


quantità di cariche positive e negative, che si attraggono
reciprocamente; l’effetto combinato delle cariche opposte è nullo,
ovvero le cariche opposte si COMPENSANO su scala microscopica

✓ Un corpo è carico se c’è prevalenza di cariche di un tipo


rispetto all’altro: in un corpo carico positivamente vi è eccedenza di
cariche positive; in un corpo carico negativamente, le cariche
negative prevalgono

✓La tendenza naturale dei corpi è quella di mantenersi


elettricamente neutri, e se elettrizzati, di scaricarsi e tornare
allo stato neutro: ad esempio, le nuvole quando sono cariche di
elettricità la scaricano mediante i fulmini; quando prendiamo la
scossa toccando l’auto, scarichiamo elettricità a terra. La scarica è
sempre volta a ripristinare la situazione di elettroneutralità
L’atomo ( ‘atomos‘, indivisibile)
Neutrone
M N = 1.7 10−27 Kg qN = 0
Protone
M P = 1.7 10−27 Kg
qP = +e = 1.6 10−19 C
Elettrone Democrito di
M e = 9.110−31 Kg Abdera (460 a.c.)
qe = −e = −1.6 10−19 C
✓ Ogni atomo è composto da un nucleo al centro formato da neutroni e
protoni; il neutrone è privo di carica elettrica, il protone ha carica +e
✓ All’esterno del nucleo vi sono gli elettroni, i quali hanno carica –e; la
massa dell’elettrone è 1800 volte minore di quella di protone e neutrone
✓ Normalmente l’atomo è neutro poiché contiene un uguale numero di
elettroni di carica negativa, e protoni di carica uguale ma positiva
✓ Delle 3 particelle che compongono l’atomo, soltanto l’elettrone è una
particella elementare, mentre il protone ed il neutrone sono composti
dall’unione di 3 quarks
Dimensione dell’atomo

d N = 10−15 m

d A = 10−10 m

✓ La dimensione del nucleo è all’incirca 5 ordini di grandezza


più piccola di quella dell’intero atomo !! Se il nucleo fosse grande
quanto la testa di uno spillo, circa 1 mm, l’atomo intero avrebbe un
diametro di 100 m, ovvero sarebbe grande come un campo da calcio.
✓ L’atomo è come un immenso spazio vuoto, abitato da
particelle leggerissime e velocissime (gli elettroni) che vagano
a folle velocità attorno al nucleo, piccolissimo e pesante, posto al
centro di questo spazio
Quantizzazione della carica
La carica elettrica è quantizzata: la materia è costituita da un
numero intero di elettroni e protoni, per cui qualunque carica
elettrica è sempre un multiplo intero della carica dell’elettrone o
del protone:
Q = ne e = 1.602 10−19 C

✓ Il quanto elementare (ovvero la carica dell’elettrone o del


protone) è molto piccolo: per esempio la corrente elettrica che
fluisce in una lampadina da 100 Watt è di circa un Ampère, ovvero
un Coulomb al secondo, ovvero circa 1019 elettroni al secondo

✓ Per questo la carica elettrica normalmente appare come un


‘fluido continuo’, così come immergendo una mano in acqua non
ci accorgiamo della sua natura molecolare. Soltanto esperimenti
molto sofisticati a basse temperature riescono ad
evidenziare la natura quantistica della corrente elettrica.
Elettrizzazione per sfregamento
Lo sfregamento provoca il trasferimento di elettroni dagli atomi della
bacchetta di vetro agli atomi del panno di seta. Gli elettroni
appartenenti a orbite più distanti dal nucleo sono poco legati e
possono essere estratti o aggiunti all’atomo, in modo da indurre la
materia a diventare elettricamente carica. Se la bacchetta è di
plastica gli elettroni saltano dal panno alla bacchetta che dunque si
carica negativamente

+ _
-e

Bacchetta di vetro Panno di seta


Elettrizzazione per sfregamento
Possiamo dimostrare con un semplice
esperimento l’esistenza di due tipi di carica.
Strofiniamo con un panno di lana:
✓due bacchette di vetro
✓due bacchette di plastica
✓una bacchetta di vetro e una di plastica

❑ Se avviciniamo le due bacchette di vetro


appese a un filo esse si respingono
❑ Se avviciniamo le due bacchette di plastica
appese a un filo esse si respingono
❑ Se avviciniamo le due bacchette di materiale
differente esse si attraggono
Dunque se i due materiali sono gli stessi, le
cariche sviluppate per strofinio sono uguali; ne
segue che cariche uguali si respingono; al
contrario, le cariche elettriche su vetro e plastica
si attraggono, dunque si deve concludere che le
rispettive cariche abbiano segno opposto:
cariche opposte si attraggono
Conduttori e isolanti elettrici
Abbiamo detto che possiamo elettrizzare per strofinio plastica e
di vetro. Se strofiniamo una bacchetta di metallo (ad esempio
rame) tenendola in mano, vediamo che non viene elettrizzata; se
però impugniamo la bacchetta di metallo con un guanto di
plastica, allora la bacchetta si elettrizza; infine se si tocca la
bacchetta con un dito questa perde immediatamente la sua
carica elettrica. Cosa succede?

Connettere un
conduttore carico alla
terra si dice appunto
‘mettere a terra’ o
‘scaricare’ l’oggetto
Caratteristica microscopica dei
conduttori
Nei materiali conduttori, gli elettroni più lontani dal nucleo (detti
elettroni di conduzione) sono debolmente legati al nucleo, per cui
possono muoversi liberamente all’interno del materiale, saltando da
un atomo all’altro. Questi elettroni sono importantissimi poiché danno
origine alla corrente elettrica nei corpi solidi

Le cariche in eccesso generate


nella bacchetta di rame a causa
dello sfregamento possono
muoversi liberamente, per cui
scappano dalla bacchetta
attraverso il nostro corpo
(anch’esso conduttore !!) e si
disperdono a terra. Il guanto di
plastica non conduce, per cui
gli elettroni di conduzione
restano bloccati nella bacchetta
Conduttori e isolanti elettrici
Esistono due grandi classi di materiali:

✓ ISOLANTI ELETTRICI: materiali che per strofinio si elettrizzano e


mantengono per qualche tempo la carica elettrica
✓ CONDUTTORI ELETTRICI: materiali che non sono in grado di
mantenere la carica se non in condizioni di totale isolamento elettrico

rame e metalli in genere sono


buoni conduttori elettrici; così
come la maggior parte dei liquidi
(ad esempio l’acqua minerale o il
sangue umano)

plastica, vetro, ceramica,


legno sono isolanti elettrici;
anche l’acqua distillata è
un isolante elettrico !
Induzione di carica nei conduttori
✓ poiché gli elettroni di conduzione sono liberi di muoversi,

+
+
+
se avviciniamo ad un conduttore neutro (giallo) un corpo
carico (sfera verde carica +), gli elettroni reagiscono alla
carica esterna muovendosi e accumulandosi verso il
bordo del conduttore più vicino al corpo carico
✓ essendo il conduttore neutro, un numero equivalente di

_
_
_
cariche positive deve venire generato sul lato opposto. In
tal caso il conduttore si dice POLARIZZATO: la sua
carica totale è nulla, ma le cariche positive e negative
non sono distribuite omogeneamente nel materiale
✓ tra la carica della sfera e quella indotte nel conduttore si
+
genera una forza elettrica attrattiva
Esperimento: carichiamo negativamente mediante
strofinio una bacchetta di plastica, e avviciniamola
ad una bacchetta di rame neutra sospesa ad un
filo: la bacchetta di plastica polarizza la bacchetta
di rame attraendo cariche positive e respingendo
quelle negative. Si genera un momento torcente
sulla bacchetta di rame che tende ad avvicinare il
lato carico + alla bacchetta di plastica
Induzione: l’elettroscopio a foglie
L’elettroscopio è essenzialmente una bottiglia di
vetro; nel collo è inserito un supporto metallico
che nella parte interna termina con due sottili
lamine d’oro. Quando si avvicina al pomello un
corpo elettrizzato (per esempio una bacchetta), le
lamine si divaricano. Cosa succede?

La bacchetta è elettricamente carica (-) e


avvicinandosi al pomello, per induzione
elettrostatica induce una forza attrattiva verso
le cariche di segno opposto (+), e repulsiva
verso le cariche dello stesso segno di quelle
della bacchetta (-). Dunque le cariche negative
si accumulano sulle foglioline d’oro che,
essendo sottili, si divaricano a causa della
repulsione tra le cariche (-)
Esercizio concettuale #1: sferette
conduttrici
Immaginiamo di aver introdotto delle
cariche positive su una sferetta
conduttiva C che dunque è carica
positivamente; portiamola a contatto
con un’altra sferetta neutra N: parte
delle cariche positive si muovono da C
ad N, ridistribuendosi tra le due
sferette. Perché?

Le cariche positive si respingono e dunque cercano di distribuirsi


più lontano possibile tra loro. Essendo conduttori, le cariche
possono muoversi, e dunque trasmigrano da una sferetta all’altra.
Se infine separiamo le sferette, ognuna conserva la propria carica; se
le sfere sono identiche, ciascuna avrà metà della carica iniziale di C
Esercizio concettuale #2: bacchetta e sferette
conduttrici
Siano A e B due sferette neutre a contatto, e
C una bacchetta carica (+). Se avviciniamo
la bacchetta alle sferette, cariche (-)
appaiono sul bordo della sferetta A vicino
alla bacchetta, e un numero esattamente
uguale di cariche (+) sul bordo più lontano
della sferetta B. Perché?
Per induzione, le cariche della bacchetta
attraggono le cariche opposte, e respingono
il più lontano possibile cariche uguali
(essendo conduttori le cariche possono
muoversi)

✓ Se allontaniamo la bacchetta, le cariche opposte su A e B si


attraggono e dunque si spostano per avvicinarsi il più possibile.
✓ Se infine allontaniamo le sferette, le cariche su ciascuna di esse si
distribuiscono radialmente, in modo da essere più lontane possibile
tra loro
Esercizio concettuale #3: piastrine

A, B, D: piastrine isolanti cariche


C: piastrina metallica neutra
Data la direzione delle forze elettrostatiche in figura nei casi 1, 2, 4,
determinare la direzione delle forze nei casi 3 e 5
Legge di Coulomb
Coulomb, ingegnere e fisico francese, formulò per
primo la relazione tra le cariche elettriche e le
forze che si manifestano tra di esse. Il risultato fu
una tra le più celebri equazioni della storia della
Scienza, la legge di Coulomb:

 q1q2
F = k 2 rˆ Charles Augustin de
Coulomb
R Angoulême, Francia,
1736-1806

Due cariche q1 e q2, si attraggono o si respingono con una forza


direttamente proporzionale alle rispettive cariche, ed
inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza
Nel Sistema Internazionale (SI), la forza si misura in Newton (N), la
carica in Coulomb (C), la distanza in metri (m)
Costante di forza Coulombiana
La costante k è la forza Coulombiana che
si esercita tra due cariche unitarie a
distanza unitaria; nei suoi esperimenti,
Coulomb verificò che due cariche, ciascuna
di 1 C, collocate nel vuoto alla distanza di 1
m, si attraggono con una forza F di
intensità uguale a 9,0 x109 N. Per cui:
2
m
k = 9 109 N 2
C
Per ragioni che vedremo più avanti, la e0 (“epsilon zero”) è una
costante d’interazione Coulombiana costante universale detta
può scriversi anche come: costante dielettrica nel
vuoto:
1
k= e 0 = 8.85 10−12
C2
4e 0 N m2
Analogie tra legge di Coulomb e
gravitazionale
 q1q2 M 1M 2
F = k 2 rˆ F =G 2

R R
✓ entrambe dirette lungo la congiungente tra i due corpi
✓ entrambe proporzionali alle due cariche / alle due masse
✓ entrambe inversamente proporzionali al quadrato della distanza
Ci sono anche differenze importantissime:
✓ Le masse sono sempre positive, e la forza gravitazionale sempre
attrattiva; le cariche elettriche sono positive o negative, e la forza
di Coulomb è repulsiva se le cariche hanno stesso segno, attrattiva
per cariche di segno opposto
✓ A parità di quantità di materia, le forze elettrostatiche sono
immensamente più intense di quelle gravitazionali; ciò si
riflette nel differente valore delle rispettive costanti universali:
2 2
m m
k = 9 109 N 2 G = 6.67 10−11 N
C Kg 2
Esercizio: sale da cucina
✓ Consideriamo una piccola quantità di sale da cucina (NACl), più
precisamente una MOLE; una mole equivale ad un numero di
molecole NA = 6.0221023, detto numero di Avogadro
✓ Separiamo le molecole NaCl in cationi Na+ ed anioni Cl-; una mole
di cationi Na+ pesa 23 g ed ha una carica q=e  NA =(1.610-19 C)
 (61023)  105 C; una mole di cloro Cl- pesa 35 g ed ha
ovviamente stessa carica ma negativa
✓ Calcoliamo la forza di Coulomb e la forza gravitazionale tra le due
moli poste a distanza di 10 cm

Forza elettrostatica:
2 10 2
m 10 C
F = 9 10 N 2 −2 2 = 9 1021 N
9

C 10 m
Forza gravitazionale:
−6
m 2
23  35  10 Kg 2
F = 6.67 10−11 N 2 −2 2
= 5.4  10 −12
N
Kg 10 m
Ci sono ben 33 ordini di grandezza di differenza tra le due forze !!
Legge di Coulomb
Coulomb, ingegnere e fisico francese, formulò per
primo la relazione tra le cariche elettriche e le
forze che si manifestano tra di esse. Il risultato fu
una tra le più celebri equazioni della storia della
Scienza, la legge di Coulomb:

 q1q2
F = k 2 rˆ Charles Augustin de
Coulomb
R Angoulême, Francia,
1736-1806

Due cariche q1 e q2, si attraggono o si respingono con una forza


direttamente proporzionale alle rispettive cariche, ed
inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza
Nel Sistema Internazionale (SI), la forza si misura in Newton (N), la
carica in Coulomb (C), la distanza in metri (m)
Costante di forza Coulombiana
La costante k è la forza Coulombiana che
si esercita tra due cariche unitarie a
distanza unitaria; nei suoi esperimenti,
Coulomb verificò che due cariche, ciascuna
di 1 C, collocate nel vuoto alla distanza di 1
m, si attraggono con una forza F di
intensità uguale a 9,0 x109 N. Per cui:
2
m
k = 9 109 N 2
C
Per ragioni che vedremo più avanti, la e0 (“epsilon zero”) è una
costante d’interazione Coulombiana costante universale detta
può scriversi anche come: costante dielettrica nel
vuoto:
1
k= e 0 = 8.85 10−12
C2
4e 0 N m2
Analogie tra legge di Coulomb e
gravitazionale
 q1q2 M 1M 2
F = k 2 rˆ F =G 2

R R
✓ entrambe dirette lungo la congiungente tra i due corpi
✓ entrambe proporzionali alle due cariche / alle due masse
✓ entrambe inversamente proporzionali al quadrato della distanza
Ci sono anche differenze importantissime:
✓ Le masse sono sempre positive, e la forza gravitazionale sempre
attrattiva; le cariche elettriche sono positive o negative, e la forza
di Coulomb è repulsiva se le cariche hanno stesso segno, attrattiva
per cariche di segno opposto
✓ A parità di quantità di materia, le forze elettrostatiche sono
immensamente più intense di quelle gravitazionali; ciò si
riflette nel differente valore delle rispettive costanti universali:
2 2
m m
k = 9 109 N 2 G = 6.67 10−11 N
C Kg 2
Principio di sovrapposizione
principio di sovrapposizione: la forza agente su una particella
dovuta ad un insieme di cariche è la risultante delle forze
esercitate da ciascuna particella
     
F1,tot = F1, 2 + F1,3 + F1, 4 + F1,5 + ... + F1,n

Nell’esempio in figura, siano


q2 q3 le cariche blu positive, e
quelle rosse negative;
  dunque q2, q3 esercitano su
F1,5 q1 F1, 4 q1 una forza repulsiva,
q5 q4 mentre q4, q5 esercitano su
  q1 una forza attrattiva; la
F1,3 F1, 2 forza totale su q1 si ottiene
sommando vettorialmente le
forze che agiscono tra q1 e le
altre 4 cariche
Problema
Tre cariche q1 = 1.6  10-19 C, q2 =3.2  10-19 C, q3 = -3.2  10-19 C
sono allineate lungo l’asse x; le distanze sono indicate in figura; sia R
= 2 cm; calcolare la forza su q1 esercitata dalle altre due cariche
 
F1, 2 F1,3

R
m 2 5.12 10−38 C 2 − 24
F1, 2 = 9 10 N 2
9
−4 2
= 1.15  10 N
C 4 10 m
F1,2
F1,3 = = 2.04 10−24 N
(3 / 4)
2

La forza totale su q1 in forma vettoriale è quindi:

F1 = F1,2 + F1,3 = (−1.15 + 2.04) 10−24 N xˆ = 0.89 10−24 N xˆ


Problema
Inseriamo una quarta carica q4=-3.2x 10-19 C ad una distanza ¾ R
da q1 lungo una direzione che forma un angolo q=60° con l’asse x;
calcoliamo la forza totale agente su q1
F1, 4 = F1,3 = 2.04 10−24 N

 F1,4 = F1,3 cos (q ) xˆ + F1,3 sin (q ) yˆ
F1, 4 
F1 = F1,3 0.5 xˆ + F1,3 0.866 yˆ
 La forza totale su q1 è quindi:
q1

F1,2 + F1,3 F1 = ( 0.89 + 0.5  2.04 )10−24 N xˆ

In modulo: + ( 0.866  2.04 )10−24 N yˆ

F1 = F1,xy + F1, y = 2.6 10


2 2 −24
N = (1.9110−24 N ) xˆ + (1.77 10−24 N ) yˆ

Sia  l’angolo che F1 forma con l’asse x:


F1, y
tan( ) = = 0.927 Ricaviamo l’angolo:  = arctan( F1, y / F1, x ) = 42.8o
F1, x
Problema
Date due cariche, una positiva q1 = +8q e una negativa q2 =-2q a distanza L,
consideriamo un protone P di carica qP = e lungo l’asse x. Si calcoli la
posizione xP che P deve avere per rimanere fermo in equilibrio tra le due
forze FP,1 ed FP,2 esercitate da q1 e q2.

Poniamo q1 nell’origine dell’asse x, e q2 in x=L

All’equilibrio deve essere: FP ,1 + FP ,2 = 0


✓ Caso (1): se poniamo P in
mezzo alle 2 cariche, le
(1) forze su P hanno stessa
direzione, dunque non esiste
punto di equilibrio
✓ Caso (2): se P è a sinistra
di q1: la forza repulsiva di q1
è sempre prevalente su
(2) (3) quella attrattiva di q2, per
cui P è respinto via in
direzione delle x negative
✓ Caso (3), P a destra di q2 :
un punto di equilibrio è
possibile
Problema
All’equilibrio deve essere:
FP ,2 FP,1 + FP,2 = 0
L
xP FP ,1

8q e 2q e
FP ,1 = k 2 FP ,2 = −k
(x )
2
xP
P −L

Uguagliando la somma a zero si ricava:


8 2 xP2 xP
=  =4  =2
xP ( x − L ) 2
2
(x − L)
2
xP − L
P P

xP = 2 L
Problema
Siano date due sfere conduttrici identiche, una con carica +Q e una neutra,
poste a distanza a molto grande rispetto al diametro delle sfere; si supponga
che l’induzione sia inizialmente trascurabile a causa della distanza; cosa
succede se le cariche vengono connesse da un file conduttore ?

Per induzione la carica si


ridistribuisce in parti uguali
tra le due sfere; se si taglia
il filo, si genera una forza
elettrostatica tra le sfere:

2
k Q
F=  
4 a 

Se poi si connette la sfera A a terra, la carica in A è persa, e la forza


elettrostatica tra le sfere è nuovamente nulla
Problema
Il nucleo di un atomo di ferro (Fe) ha un raggio di circa r=410-15 m; e contiene
26 protoni. Calcoliamo la forza elettrostatica repulsiva tra i 2 protoni posti a
distanza r:
−38 2
m 2
1.6 2
 10 C
F = 9 10 N 2
9
−30 2
= 14.4 N
C 16 10 m

Ad essa si contrappone la forza attrattiva gravitazionale:

m 2 (1.67 10−27 Kg ) 2
−11 −35
F = 6.67 10 N −30 2
= 1.16  10 N
Kg 2
16 10 m

Come ci aspettavamo, la forza elettrostatica repulsiva è infinitamente


maggiore di quella attrattiva gravitazionale; ma allora cosa tiene unito il
nucleo? Perché i protoni non schizzano via lontano gli uni dagli altri? Per
fortuna esistono le forze nucleari forti, che contrastano le forza disgregative
elettrostatiche e tengono uniti i nucleoni (protoni e neutroni) in un
piccolissimo volumetto (nucleo) al centro dell’atomo.
Il campo elettrico
❑ La forza elettrica esiste soltanto nel momento in cui
due cariche “entrano in contatto”. Ma cosa significa
“entrare in contatto”?

❑ La forza agisce a distanza, dunque essere “in


contatto” vuol dire che la distanza R tra i due corpi non
deve essere così grande da rendere la forza trascurabile
Michael Faraday
❑ C’è un altro modo di descrivere ed interpretare (Londra, 1791 – 1867)
l’interazione tra le particelle: possiamo dire che una
carica genera un campo di forze (il CAMPO
ELETTRICO) nello spazio circostante

❑ Nel momento in cui una seconda carica ENTRA nel


CAMPO di FORZE generato dalla prima, si genera
una forza tra le due cariche
James Clerk Maxwell
❑ Il concetto di CAMPO di FORZA fu elaborato dai grandi
(Edimburgo 1831-1879)
scienziati britannici M. Faraday e J.C. Maxwell, i padri
dell’elettromagnetismo classico
Il campo elettrico
Una carica Q MODIFICA lo SPAZIO CIRCOSTANTE, generando un
CAMPO ELETTRICO attorno a sé; in un punto distante R dalla carica Q
questo campo vale:
 Q
E = k 2 rˆ
R
Il campo elettrico è del tutto analogo al campo gravitazionale generato da
una massa M:
M
a = G 2 rˆ Il campo è come una RETE
R
gettata nello spazio dalla
carica (o dalla massa):
q v quando una seconda
particella entra nel campo,
R subisce una forza dovuta
all’azione del campo; nel
caso della forza
gravitazionale:
mM
F = ma = G 2
Q R
Il campo elettrico
C’è una differenza tra i due campi: nel caso del campo gravitazionale, la
‘RETE’ è sempre attrattiva, ovvero cattura le altre masse; nel caso del
campo elettrico, può essere attrattiva o repulsiva

Q, q di segno differente Q, q di segno uguale

Q
v
q

q
v

Q
Il campo elettrico della carica puntiforme
1) La presenza di UNA CARICA Q crea un CAMPO
ELETTRICO nello spazio attorno a Q; in un punto
distante R dalla carica Q questo campo vale:
 Q
E = k 2 rˆ
R
il campo esiste a prescindere dalla presenza di
un’altra carica, ma finché nessuna carica entra nel
campo creato da Q, nessuna forza è generata

2) Una carica q0 ENTRA nel CAMPO generato da Q:


su q0 si genera una forza uguale al prodotto della
carica per il campo:  
F = q0 E
Se q0 è posizionata a distanza R da Q, la forza di
Coulomb tra Q e q0 è data da:

 q0Q
F = k 2 rˆ
R
Il campo elettrico della carica puntiforme
E’ ugualmente legittimo considerare prima il
campo elettrico creato da q0:
 q0
E = k 2 rˆ
R
q0 E poi considerare la forza esercitata da questo
sulla carica Q quando questa entra nel campo:
 
Q
F =QE
 La forza di Coulomb è ovviamente sempre la
F stessa
 q0Q
F = k 2 rˆ
R
❑ La forza di Coulomb tra due cariche puntiformi è uguale al prodotto di
una delle due cariche per il campo elettrico generato dall’altra
❑ il principio di azione e reazione vale per la forza, ma NON per il
campo: il campo è proprietà di UNA specifica carica, per cui cariche
diverse generano campi diversi
Linee di forza del campo elettrico
 
F = q0 E ✓ le LINEE di FORZA (o LINEE di FLUSSO) sono
un modo semplice e geniale inventato da Faraday
per raffigurare il campo elettrico nello spazio: in
ogni punto, la direzione del campo è tangente
alla linea di forza; la freccia indica il verso del
campo; nel caso della carica puntiforme, il
campo elettrico ha simmetria radiale
✓ per qualsiasi campo elettrico, il verso del
campo è sempre USCENTE dalla carica
generatrice se essa è positiva, sempre
ENTRANTE se la carica è negativa
✓ campo e forza elettrica hanno stessa direzione,
mentre il verso è concorde se q0 è positiva,
discorde se q0 è negativa
✓ la densità delle linee di flusso indica
l’intensità del campo; ad esempio, per la
carica puntiforme le linee si diradano
allontanandosi dalla carica generatrice; questa
diradazione raffigura l’andamento 1/R2
Unità di misura del campo elettrico

 F F N
E  = =
E= q C
q
L’unità di misura del campo elettrico
nel Sistema Internazionale è
Newton su Coulomb

✓ All’interno dell’atomo i campi elettrici


sono enormi
✓ all’esterno dell’atomo NEUTRO il campo
elettrico si annulla a causa della
compensazione di carica di protoni ed
elettroni
✓ Con tempo sereno, i campi presenti in
atmosfera sono  102 N/C, ma in caso di
temporali, in prossimità delle nuvole
possono arrivare a  3103 N/C
Coppia di cariche puntiformi identiche

✓ Tra le cariche il campo si annulla


✓ A corta distanza il campo ha
simmetria rotazionale attorno
all’asse che congiunge le cariche,
ovvero simmetria cilindrica

✓ Man mano che ci si allontana dal dipolo, la


simmetria del campo torna radiale, poiché a
grande distanza rispetto alla distanza tra le
cariche, il campo deve diventare uguale a quello
di una carica puntuale +2q
Coppia di cariche uguali in modulo ma di
segno opposto: il dipolo elettrico

✓ Nel dipolo le linee di flusso sono


chiuse: escono dalla carica positiva ed
entrano (in ugual numero, essendo le
cariche uguali in modulo) nella carica
negativa
✓ Nella regione tra le cariche il campo è
molto intenso, ma allontanandosi dal
dipolo, le linee si diradano
rapidamente, ovvero il campo tende
rapidamente a indebolirsi, causa
compensazione delle cariche
Il dipolo elettrico nelle molecole
Il dipolo elettrico è una quantità di estrema importanza nella
fisica e chimica dello stato solido e molecolare. Molti fenomeni
elettrici nei solidi e nei liquidi infatti coinvolgono non cariche singole
ma dipoli

H 21+
2−
O

Ad esempio nella molecola dell’acqua H2O i due idrogeni tendono a


perdere gli elettroni, i quali si spostano verso l’ossigeno; in un
modello semplificato la molecola quindi si può descrivere come un
dipolo, il cui il polo negativo (carico -2e) è l’atomo O, ed polo positivo
(carico +2e) è in posizione intermedia tra gli ossigeni
Esercizio di analisi: espressione del campo
elettrico generato dal dipolo
Il campo totale generato da due sole cariche è già
troppo complesso per poter essere valutato
ANALITICAMENTE in un punto qualsiasi; ci
limitiamo perciò a considerare il campo nei punti
dell’asse dipolare z; l’origine di z è posta nel centro
del dipolo:

q q
E( z) = k −k
( z − ( d / 2)) ( z + ( d / 2))
2 2

kq  1 1 

= 2 −
z  (1 − ( d / 2 z ) ) (1 + ( d / 2 z ) ) 
2 2
 

Sostituzione di variabile: kq  1 1 
E( z) = 2  − 
definisco x=d/(2z) z  (1 − x ) (1 + x ) 
2 2
cosicché:  
Esercizio: calcolo del campo del dipolo
Facciamo una semplificazione ulteriore: supponiamo che sia x << 1, ovvero
che il punto z in cui valutiamo il campo sia distante dalle due cariche;
possiamo così sviluppare in serie al 1° ordine in x

1 1 1 1
 1+ x  1− x  −  4x
1− x 1+ x (1 − x ) (1 + x )
2 2

kq qd  
Otteniamo quindi: E ( z ) = 2 4 x = 2k 3
z z
P = qd
Definiamo P momento di dipolo elettrico (si misura in Cm); dunque il
campo generato dal dipolo di carica P lungo l’asse del dipolo, in punti lontani
dal dipolo, è dato da:
P
E ( z ) = 2k 3
z
✓P ed E sono paralleli lungo l’asse z (lo sono anche nel piano mediano tra le
cariche, non nelle altre zone dello spazio, si vedano le linee di flusso)
✓ notiamo la dipendenza da z-3: il campo di dipolo si annulla molto prima di
quello della carica puntiforme
Dipolo all’interno di un campo uniforme
Consideriamo un dipolo di carica +q e –q
all’interno di un campo uniforme: la forza
esercitata dal campo elettrico sulle cariche
tende a ruotare le cariche attorno all’asse
perpendicolare alle linee di campo, e ad
allineare l’asse del dipolo lungo le linee.
Questa coppia di forze esercitata sui poli del
dipolo genera un momento torcente.

Matematicamente il momento torcente è anch’esso un vettore, e si calcola


come prodotto vettoriale dei vettori lunghezza del dipolo e forza:

 = d  F = P E
 = d F sen( ) = d qE sen( ) = P E sen( )
Un dipolo di carica P all’interno di un campo elettrico subisce una
torsione data dal prodotto vettore del dipolo e del campo elettrico
(NB: ciò è vero in generale, non solo per un campo uniforme !)
Riepilogo: carica puntiforme vs. dipolo

Carica puntiforme: Q dipolo: P = Qd

Campo generato dalla carica: Campo generato dal dipolo:

2k
 Q E= 3 P
E = k 2 rˆ z
r

carica all’interno di un campo dipolo all’interno di un campo


elettrico E: elettrico E:
F = QE  = P E
Sommario: campo elettrico
✓ Campo elettrico: una distribuzione di cariche genera un campo
elettrico nello spazio circostante, ovvero modifica le proprietà dello spazio
conferendo ad esso la potenzialità di interagire con altre cariche nel
momento in cui queste entrano nel campo suddetto
✓ Linee di campo: il campo si rappresenta figurativamente mediante le sue
linee di campo: in ogni punto il campo è sempre tangente alla linea; la
densità delle linee indica l’intensità del campo. Le linee escono dalle cariche
positive che generano il campo, ed entrano in quelle negative

Campo generato da una carica All’interno del campo elettrico una


puntiforme Q: carica q0 subisce una forza:
 Q
E = k 2 rˆ F = q0 E
r
Campo generato da un dipolo di All’interno del campo elettrico un
momento P = qd: lungo l’asse del dipolo P subisce una torsione:
dipolo:
 2k 
E= 3 P  = P E
z
Esercizio
y
Consideriamo 3 cariche in figura con q1=-q,
P
q2 = 2q, q3 =-2q, q=1 mC; sia a =3 cm.
a a) Calcolare le componenti lungo gli assi Ex,
a a x Ey del campo elettrico totale generato dalle
q2 q1 q3 3 cariche nel punto P (x=0, y=a)
b) Poniamo una quarta carica nel punto P,
q4= 3q; calcolare le componenti lungo gli
assi Fx, Fy della forza esercitata dal campo
y elettrico sulla carica q4.
q4
c) Di questa forza, calcolare modulo F e
a angolo a che la forza forma con l’asse x.
a a x d) Disegnare con una freccia la forza in
q2 q1 q3 figura, indicando approssimativamente
direzione e verso.
Esercizio

y E2 Consideriamo separatamente i campi
45o generati nel punto P dalle 3 cariche,
 espressi in coordinate cartesiane:
 E3
E1 45o
x  q
q1 E1 = −k 2 yˆ
q2 q3 a
 2q 2q
E2 = k 2 cos(45 ) xˆ + k 2 sin(45o ) yˆ
o
La geometria ci dice che: 2a 2a
r1 = a; r2 = 2a; r3 = 2a  2q 2q
E3 = k 2 cos(45 ) x − k 2 sin(45o ) yˆ
o
ˆ
2a 2a
Il campo totale in coordinate
Nm 2
2 mC 7 N
cartesiane è quindi: Ex = 9 109 2 = 1.41  10
C (3cm) 2 C
2q q Nm 2 1mC
E = k 2 x − k 2 yˆ
ˆ E y = −9 10 9
= −1.0  10 7 N
a a C 2 (3cm) 2 C
Esercizio

Forza sulla carica q4 in


y coordinate cartesiane:
q4
a  Fx = q4 Ex = 3mC 1.41107
N
= 42.3 N
a F C
a a x N
q1 Fy = q4 E y = −3mC 1.0 107 = −30 N
q2 q3 C

F = 4.232 + 32 10 N = 51.9 N

Fy
tan(a ) = = −0.71  a = −35.3o
Fx
Distribuzioni continue di cariche
Finora abbiamo considerato distribuzioni di cariche discrete, ovvero
un insieme di cariche puntiformi in punti specifici dello spazio.
Quando si ha a che fare con moltissime cariche, la descrizione in
termini di cariche puntiformi è poco utile

In un cubo di materia di lato 1 cm vi è


1 cm circa una mole di sostanza; una mole
corrisponde a NA = 61023 atomi (NA è
detto numero di Avogadro).
Immaginiamo quanto tempo occorrerebbe
per sommare i campi elettrici dovuti a
tutti gli atomi carichi nel cubo…
Per così tante particelle, il calcolo del
campo elettrico mediante la formula di
Coulomb sarebbe improponibile anche per
un computer estremamente potente…
Distribuzioni continue di cariche
In molti casi pratici, le cariche non sono distribuite nello spazio
casualmente (disordinatamente), ma secondo una certa simmetria:
in questi casi è conveniente passare dal formalismo discreto al
formalismo del continuo. Ciò comporta:
✓ l’utilizzo del calcolo infinitesimale
✓ l’utilizzo del concetto di densità di carica al posto della carica totale

In un punto r interno al cubo,


1 nm immaginiamo di considerare un
1 cm
volumetto dV così piccolo (ad
esempio 1 nm di lato) che la carica
dV contenuta in esso (dqr) sia
uniforme; definiamo la densità di
r carica nel punto r:

dqr
 (r ) =  dqr =  (r ) dV
dV

La carica totale è ottenuta sommando su


tutti i volumi infinitesimi, ovvero integrando:
q =  dqr =   (r ) dV
Distribuzioni continue di cariche
In molti casi pratici abbiamo a che fare con distribuzioni bi-dimensionali
(ad esempio un foglio di carica o un piatto sottile di carica) o mono-
dimensionali (un filo carica o un cilindro sottile); in questi casi utilizziamo il
concetto di densità di carica superficiale (o planare) e densità di
carica lineare:
dA
ds

2D 1D
dqr C  r = ( x, y , z )
 (r ) =  m3 
✓ 3D - densità di carica di volume: dV

dqr C 
✓ 2D - densità di carica superficiale:  ( r ) =  m 2  r = ( x, y )
dA
dqx C 
✓ 1-D - densità di carica lineare:  ( x) =  m 
ds
Campo di un anello carico
Calcoliamo il campo elettrico lungo l’asse dell’anello. Sia dq la
carica contenuta nel segmento infinitesimale ds
dq =  ds
Nel punto P ds genera un campo:
dq  ds  ds
dE = k = k = k
r2 r2 z 2 + R2
Sommando i contributi di tutti i ds si vede che la
componente perpendicolare all’asse z è nulla
poiché il contributo di ogni segmento ds è
controbilanciato dal ds collocato dalla parte
opposta dell’anello; dunque soltanto la
componente Ez parallela all’asse dell’anello è
non nulla. Si ha:

dEz = dE cos( )
Campo di un anello carico
z z
La geometria ci dice che: r cos( ) = z  cos( ) = =
r z 2 + R2
z z
 dEz = dE =k ds
(z )
3/2
z +R
2 2 2
+R 2

Per calcolare il campo totale basta integrare il


campo infinitesimale lungo la circonferenza
dell’anello, ovvero integrare in ds da s=0 a s=2 R

z z
Ez =  dE =k  dS = k (2 R )
(z ) (z )
z 3/2 3/2
C
2
+R 2
C
2
+R 2

Se q è la carica totale zq
Ez = k
dell’anello, si ha: (z 2
+R )
2 3/ 2
Campo di un anello carico
zq
Ez = k
(z 2
+R )
2 3/ 2

Quiz:

✓ Com’è il campo nel punto z=0?

✓ Se la carica dell’anello fosse negativa cosa


cambierebbe?

✓ Per un punto P lontanissimo dall’anello (z >> R),


come diviene il campo lungo l’asse ??
Legge di Gauss
✓ Si deve al fisico e matematico tedesco
Carl Friedrich Gauss la scoperta di una
legge che rappresenta un formidabile
strumento per l’analisi dei problemi
elettrostatici.

✓ Sfruttando la simmetria della


distribuzione di carica, la legge di
Gauss permette la formulazione Johann Friedrich Carl Gauss
analitica dei campi elettrici generati (Braunschweig, 30 aprile 1777 –
da distribuzioni continue di carica Gottinga, 23 febbraio 1855).
Matematico, astronomo e fisico.
Definito "il Principe dei
✓ La legge di Gauss si fonda su un matematici", è annoverato fra i
più importanti scienziati della
concetto matematico estremamente storia avendo contribuito in
importante non soltanto in modo decisivo all'evoluzione
elettromagnetismo, ma nelle Scienze in delle scienze matematiche,
fisiche e naturali.
generale: il concetto di FLUSSO di un
campo vettoriale
Flusso della velocità
Consideriamo un campo di velocità v, ad esempio la velocità di una corrente
d’aria o di un liquido che scorre attraverso una sezione di area A; sia v
uniforme in tutti i punti dell’area A; definiamo FLUSSO la quantità d’aria
(o di liquido) che attraversa l’area A nell’unità di tempo; poiché la
velocità è uguale alla lunghezza percorsa dall’aria (o dal liquido) nell’unità di
tempo, il flusso è dato:

 = v  A = v A cos( )
Il FLUSSO è il prodotto scalare di v e del
vettore areale A perpendicolare al piano
della finestra, di modulo uguale ad A; si
noti che il flusso cambia segno se v
inverte la direzione, ovvero se  > 90o

Per una velocità perpendicolare all’area:=vA


Per una velocità parallela all’area: =0
in idrodinamica il flusso si definisce anche portata di
una conduttura; in tal caso v è la velocità dell’acqua,
ed A l’area della conduttura
Flusso del campo elettrico
Il concetto di flusso di un campo vettoriale può essere applicato a
qualsiasi grandezza vettoriale, per esempio al campo elettrico:
 
 = EA
Il flusso del campo elettrico attraverso una superficie è il prodotto scalare
del campo per il vettore areale della superficie; se la superficie non è
piana, possiamo scomporla in quadratini infinitesimi di area dA così piccoli da
poter essere considerati piani; il flusso infinitesimale associato ad un singolo
quadratino è:
d  = E  dA
Il flusso totale si ottiene integrando sulla
superficie:

N m2
 =  E  dA   =
C
Chiaramente il calcolo del flusso richiede la
conoscenza del campo elettrico su ogni punto
della superficie considerata
Flusso del campo elettrico attraverso
una superficie chiusa
Se la superficie è chiusa il flusso si indica
con un cerchietto sull’integrale:
 
 =  E  dA
Una superficie chiusa è anche detta
‘gaussiana’; per convenzione, il
vettore areale su una superficie chiusa
è preso con verso uscente dalla
superficie; ne segue che se il campo
è uscente dalla superficie il flusso
è positivo, se il campo è entrante
nella superficie il flusso è negativo
Una linea di campo che entra ed
esce dalla superficie chiusa non
contribuisce al flusso; se il numero
E entrante: E tangente: E uscente: di linee di campo che entrano ed
<0 =0 >0 escono è lo stesso, il flusso totale
attraverso la superficie chiusa è
NULLO
Problema
Sia dato un campo elettrico uniforme; calcolare il flusso del campo
elettrico attraverso la superficie chiusa cilindrica in figura; l’asse del
cilindro è parallelo al campo

b = 0

Ovviamente il flusso attraverso la superficie laterale b del cilindro è nullo,


dunque dobbiamo considerare soltanto il flusso attraverso le aree di base a e
c; poiché il campo è uniforme in tutti i punti, si ottiene:

 a = − EA  c = EA   =  a + b = 0

Questo risultato non vale soltanto per la superficie cilindrica: per un campo
uniforme, il flusso attraverso una superficie chiusa è sempre nullo,
indipendentemente dalla forma della superficie
Legge di Gauss
Il flusso totale del campo elettrico
attraverso una superficie chiusa è
uguale alla carica elettrica contenuta
nella superficie, divisa per la costante
dielettrica del vuoto e0 (detta anche
permittività dielettrica del vuoto)
  qint
 =  E  dA =
e0
C2 1 Nm 2
e 0 = 8.85 10 −12
k= = 9 109 2
N m2 4e 0 C
✓ Eventuali cariche esterne alla
superficie, non importa quanto grandi,
non danno alcun contributo al flusso
✓ Non ha importanza la distribuzione
o la posizione delle cariche interne,
né la forma della superficie
Esempio: il dipolo elettrico
Consideriamo un campo di dipolo di carica q, e calcoliamo il flusso
attraverso le 4 superfici chiuse in figura:
✓ La superficie A contiene la carica positiva del dipolo
✓ La superficie B contiene la carica negativa del dipolo
✓ La superficie C racchiude entrambe le cariche, per cui la carica
netta è nulla
✓ La superficie D non ha carica al suo interno

q q
A = B = −
e0 e0

C = 0 D = 0
Problema 23.3
Consideriamo la superficie S in figura; le aree verdi rappresentano
alcune distribuzioni di carica; la moneta è neutra. Calcoliamo il flusso
elettrico attraverso S
q1 = q4 = 3.1 nC
q2 = q5 = −5.9 nC
q3 = −3.1 nC

q1, q2, q3 contribuiscono al


flusso; la moneta essendo
neutra non contribuisce, anche
se polarizzata per induzione

q1 + q2 + q3 5.9 nC N m 2
= =− = −0.66 103
e0 C2 C
8.85 10−12
N m2
Utilità della legge di Gauss
✓ In alcuni casi la legge di Gauss permette di determinare l’espressione
analitica del campo elettrico
✓ Ciò si verifica quando il campo elettrico possiede una specifica
simmetria spaziale: in questo caso, calcolando il flusso attraverso una
superficie che rispecchia la simmetria del campo, si ottiene facilmente
l’espressione del campo elettrico
✓ Esempio: campo elettrico generato da una carica puntiforme
positiva q; sappiamo che il campo ha simmetria radiale, ed è uscente
dalla carica; scegliamo quindi come superficie chiusa una sfera di raggio r
centrata su q, e calcoliamo il flusso del campo; su ciascun punto della
sfera il campo è uniforme e parallelo al vettore areale, per cui:

 E  dA = E  dA = E A = E 4 r (
2
)
Dalla legge di Gauss ricaviamo:
q q 1q
E A= E = =k 2
A = 4 r 2
e0 4e 0 r 2
r
sfruttando la simmetria sferica del campo elettrico
abbiamo ritrovato la legge di Coulomb !!
Sfera isolante uniformemente carica
Consideriamo una sfera isolante di carica
totale q e raggio R; supponiamo la carica
S distribuita uniformemente in tutti i punti
interni alla sfera ( costante); calcoliamo il
r campo elettrico generato dalla sfera in
un punto esterno alla sfera; partiamo
q dall’assunto che il campo elettrico abbia
R
simmetria radiale, ovvero sia uniforme in
modulo in tutti i punti della superficie
chiusa sferica S (tratteggiata in rosso) di
raggio r > R :

 E  dA = E ( 4 r ) = e
q 1 q q
= 2
 E (r ) = = k
0
4e 0 r 2 r2

Il campo generato dalla sfera uniformemente carica in un


punto esterno alla sfera è uguale al campo generato da una
carica puntiforme q corrispondente alla carica totale della
sfera, posta nel centro della sfera
Sfera isolante uniformemente carica
Vogliamo adesso determinare il campo elettrico
in un punto r all’interno della sfera; per
simmetria il campo è radiale, dunque costante in
modulo in tutti i punti della superficie sferica S
(in rosso) di raggio r, con r < R; calcoliamo il
S flusso attraverso S ed applichiamo Gauss:
R

r =  E  dA = E(4 r 2
)=
q'
e0
 E (r ) =
1 q'
4e 0 r 2
Attenzione: adesso q’ è la carica interna alla porzione di
sfera contenuta in S, NON la carica totale q della sfera !
Il campo in un punto r interno alla sfera è uguale al campo
generato da una carica puntiforme q’ posta nel centro,
corrispondente alla carica contenuta nella sfera di raggio r
Come determino q’ ? Sappiamo che la densità è costante, dunque la carica
totale si ottiene moltiplicando densità per volume:
Chiaramente q’ è
4 R 3
4 r 3
r 3
funzione di r, mentre
q= q' =   q' = q 3
3 3 R q ed R sono costanti
Sfera isolante uniformemente carica
Sostituendo q’ con q si ottiene:

1 q kq
E (r ) = r= 3r
4e 0 R 3
R
S
R Dunque il campo in un punto r interno ad
una sfera uniformemente carica cresce
linearmente con la distanza dall’origine
r
Riepilogo: intensità del campo elettrico
generato da una sfera uniformemente
E (r ) carica in funzione di r (distanza dal centro):
E(r) cresce proporzionalmente ad r
all’interno della sfera, mentre decresce
come 1/r2 all’esterno della sfera, in modo
kq equivalente ad una carica puntiforme posta
r q
R 3
k nell’origine
r2
NB: le due formule coincidono
r per r = R (bordo della sfera)
R
Campo elettrico esterno ad una lamina
isolante
Consideriamo una lamina isolante
infinita (ad esempio un foglio di
plastica) carico positivamente su una
faccia, con densità di carica uniforme ;
calcoliamo il campo da essa generato a
distanza r dalla superficie.

Per simmetria, essendo la densità di carica superficiale uniforme, non


può esserci una componente del campo parallela al foglio,
ovvero il campo deve essere perpendicolare alla superficie.
Consideriamo il cilindretto il Figura, e valutiamo il flusso attraverso il
cilindretto.
Campo elettrico esterno ad una lamina
isolante
✓ Posizioniamo il cilindro in
modo che le basi siano
equidistanti dallo strato carico,
cosicché il campo è uguale in
modulo ma opposto in verso
dA 1 2 dA sulle due basi
✓ chiaramente, il flusso
attraverso le basi 1 e 2 è lo
stesso, per cui il flusso totale è
dato da:

d  = d 1 + d  2 = 2 E dA

 dA 
Dalla legge di Gauss segue che: 2 E dA = E=
e0 2e 0

Il campo elettrico generato da una lamina isolante è uniforme


e proporzionale alla densità di carica
Problema 23.6
Consideriamo due lamine isolanti
parallele con densità + = 6, - = -4,
 = 1 mC/m2; calcolare il campo tra le
lamine e nelle regioni esterne. Essendo le
lamine isolanti, il campo totale è la somma
dei campi di ciascuna piastra; sia x l’asse
perpendicolare alle piastre. x̂
Regione interna:
 6 4  5 5m C / m 2 6 N
E = +  ˆ
x = ˆ
x = ˆ
x = 0.56  10 xˆ
 2e 0 2e 0  e0 2
C C
8.85 10−12
N m2
Regione esterna destra:
 6 4   1m C / m 2 6 N
E = − x = x =
ˆ ˆ x = 0.11 10
ˆ xˆ
 2e 0 2e 0  e0 2
−12 C C
8.85 10
N m2
Regione esterna sinistra:
 6 4   6 N
E = − +  ˆ
x = − ˆ
x = − 0.11  10 xˆ
 2e 0 2e 0  e0 C
Campo elettrico generato da un filo carico
✓ Consideriamo un filo (o una
bacchetta) di lunghezza infinita, con
densità di carica lineare uniforme 
(non importa se conduttore o
isolante)
✓ Sfruttiamo la legge di Gauss per
calcolare il campo generato dalla
bacchetta in un punto r esterno al filo
✓ consideriamo la superficie cilindrica
gialla in figura, di altezza h e raggio r
✓ essendo la bacchetta infinita,
possiamo ipotizzare che il campo
abbia il simmetria cilindrica,
ovvero sia perpendicolare alla
superficie del cilindro e uniforme
in tutti i punti della superficie
Campo elettrico generato da un filo carico
Il flusso attraverso le basi del cilindro
è evidentemente nullo; conta soltanto
il flusso attraverso la superficie
laterale (la superficie laterale del
cilindro è 2 r h); dunque:

=  E  dA = E ( 2 rh )
q =h è la carica interna al cilindro;
dalla legge di Gauss:

h
q 1  
= = E= = 2k
e0 e0 2e 0 r r

Questa espressione resta valida anche per una bacchetta di


dimensioni finite, a patto che la lunghezza della bacchetta sia grande
rispetto alla distanza r, in modo da poter trascurare gli effetti di
bordo
Legge di Gauss nei materiali conduttori
+ + + + + In un conduttore carico la carica si
+ + ridistribuisce sulla superficie: non ci
sono cariche all’interno del materiale.
+ E=0 + Ciò sembra ragionevole considerando che
le cariche, potendo muoversi, tendono ad
+ =0 + allontanarsi il più possibile. Il teorema di
+ Gauss ci fornisce una prova di questo
+ comportamento.
+ + + + +
✓ Consideriamo un conduttore carico isolato nello spazio; il campo
elettrico in ogni punto interno al conduttore deve essere nullo,
altrimenti si genererebbero correnti che violano la condizione di
equilibrio elettrostatico.
✓ Dunque, sui punti di una qualunque superficie chiusa all’interno del
materiale (ad esempio la superficie indicata dalla linea tratteggiata) il
campo è sempre nullo, e di conseguenza il flusso attraverso la
superficie è nullo.
✓ Per la legge di Gauss, concludiamo che non può esistere carica al suo
interno. Il flusso è diverso da zero solo se la superficie di gauss include la
superficie del materiale.
Materiali conduttori con cavità interna
✓ Consideriamo un conduttore di forma
qualsiasi, contenente al suo interno una
cavità di forma qualsiasi; ci chiediamo se
sulla superficie interna alla cavità possa
esserci carica
✓ Consideriamo una superficie gaussiana
(linea rossa tratteggiata) interna al
materiale, che racchiuda totalmente la
cavità
✓ Essendo il campo nullo in tutti i punti interni al materiale
conduttore, il flusso attraverso la superficie gaussiana è nullo
✓ Per la legge di Gauss, la carica netta interna alla superficie
gaussiana deve essere nulla
✓ Dunque, non può esserci carica sulla superficie interna; la
carica può distribuirsi soltanto sulla superficie esterna del
conduttore, non su una superficie interna.
✓ NB: la situazione cambia se introduciamo altre cariche all’interno
della cavità !
Guscio conduttore con carica puntiforme
Consideriamo un guscio conduttore
neutro con una carica puntuale –q posta
nel centro della cavità. Quali cariche
−q compaiono per induzione nel
conduttore ? Come sono distribuite ?

✓ all’equilibrio elettrostatico il campo


all’interno del conduttore deve essere
nullo in tutti i punti: E=0; dunque, il
flusso attraverso una qualsiasi superficie
chiusa (ad esempio quella tratteggiata in
giallo) deve essere nullo:  = 0
−q ✓ Per la legge di gauss, se  = 0 deve
essere NULLA anche tutta la carica Q
interna alla superficie chiusa.
Guscio conduttore con carica puntiforme
− − − ✓ Dunque, sulla parete interna della
− − cavità deve generarsi per
− + + + − induzione una carica +q che
compensa la carica puntuale –q,
− + −
−q + − cosicché la carica totale qint interna
− + alla superficie gaussiana sia NULLA:
+ −
− + + −
− +
qint = + q − q = 0
− −−
− − −
✓ A causa della simmetria radiale, la carica positiva generata sulla
parete della cavità deve essere distribuita uniformemente su
ciascun punto della superficie
✓ Poiché il conduttore è complessivamente neutro, sulla
superficie esterna deve essere presente una carica –q che compensi
la carica +q sulla superficie interna. Per simmetria, anche questa
carica è distribuita uniformemente sulla superficie della sfera
Guscio conduttore con carica puntiforme
− − − ✓ Cosa cambia se la carica puntiforme
− − non è nel centro della sfera ?
− + + − ✓ Il flusso attraverso la superficie
− + −q + − chiusa è sempre nullo, per cui qint =0 e
+ − la carica indotta sulla superficie interna
− + deve essere ancora uguale a +q
+ + − ✓ L’unica differenza è che adesso +q
− + + − non è più uniforme sulla superficie

−−
interna, ma si accumula
− maggiormente sul lato della carica
− − − puntiforme, per compensarne il campo

✓ La carica –q sulla superficie esterna resta invece distribuita


uniformemente, poiché il campo della carica puntiforme negativa e
quello della carica indotta positiva si compensano, dunque la carica
sulla superficie esterna non risente delle posizione delle altre cariche.
Guscio conduttore con carica puntiforme
✓ Cosa succede all’esterno del
conduttore ? Applichiamo la
− − − legge di Gauss ad una superficie
− − gaussiana sferica (verde
− + + + − tratteggiata) di raggio r, centrata
sulla carica puntuale.
− + −
−q + − ✓ Per simmetria, il campo elettrico
− + r deve essere radiale e quindi
+ − uniforme su tutti i punti della
− + + −
− + superficie gaussiana; dunque:
− −−  =  E  dA = E  dA = ES = −
q
− − −
e0
S = 4 r 2 1 q q
 E (r ) = − = −k 2
4e 0 r 2
r
ritroviamo il campo generato dalla carica
puntiforme ! all’esterno del conduttore è
come se il conduttore neutro non esistesse
Campo elettrico esterno alla superficie piana
di un conduttore carico
✓ Consideriamo una superficie piana infinita
(oppure supponiamo di essere abbastanza vicini
alla superficie da poter trascurare la curvatura e
la distanza dal bordo)
✓ essendo la superficie piana, in assenza di altri
campi la distribuzione di carica avrà densità 
uniforme. Calcoliamo il campo elettrico esterno
alla superficie
✓ In equilibrio elettrostatico il campo generato
dalla carica deve essere perpendicolare alla
superficie, altrimenti le cariche si muoverebbero
sulla superficie; inoltre una componente planare
non può esistere per ragioni di simmetria
planare.
✓ Calcoliamo il flusso attraverso il cilindretto,
contenente una porzione A di superficie
Campo elettrico esterno alla superficie
piana di un conduttore carico
✓ il flusso attraverso la parete laterale del cilindretto è nullo, poiché il campo
è perpendicolare al vettore areale
✓ il flusso attraverso la base interna al conduttore è nullo poiché il campo
interno al conduttore è nullo
✓ Al flusso totale contribuisce soltanto la base esterna al conduttore;
consideriamo una base dA infinitesimale; il flusso attraverso il cilindro è:
dq
d  = E dA =
e0
✓ Poiché dq = dA è la carica del conduttore contenuta nel cilindretto, dalla
legge di Gauss si ottiene: 
E=
e0
Dunque, il campo esterno al conduttore è uniforme e proporzionale
alla densità di carica planare; il fatto che il campo sia uniforme lo si
capisce considerando cilindri di lunghezza e posizione differente: il risultato
finale non dipende dalla lunghezza, né dal posizionamento sul piatto del
cilindretto, ma solo dal fatto che  è uniforme. L’unica assunzione è che il
campo sia perpendicolare alla superficie
Campo elettrico esterno ad una lamina
conduttiva carica
✓ Consideriamo una piastra (lamina)
  conduttiva di dimensione infinita con carica
positiva in eccesso; al solito, il campo interno al
conduttore è nullo e la carica si ridistribuisce
soltanto sulle due superfici.
✓ Sia  la densità di carica uniforme su ciascuna
superficie; ripetendo il calcolo del flusso
attraverso i volumetti cilindrici in figura,
ritroviamo lo stesso risultato su entrambe le
superfici: il campo elettrico all’esterno della
superficie è:
  
E=
e0
✓ Il campo elettrico è uniforme e
proporzionale alla densità di carica
presente su una singola faccia. Per  positiva
il campo ai due lati della piastra è uscente dalla
piastra; per  negativa il campo è lo stesso in
modulo ma entrante nella piastra
Campo elettrico di una doppia piastra
conduttiva
✓ Il doppio strato conduttivo è il fondamento di
uno dei dispositivi elettronici più importanti:
+ -
il condensatore.
+ -
✓ Consideriamo due piastre conduttive infinite
+ E+ -
con densità di carica  uguali in modulo
+ -
ma opposte in segno, poste una di fronte
+ -
all’altra.
+ -
✓ Poiché le cariche si attraggono, esse si
+ -
depositano sulle superfici interne al
+ E− -
doppio strato.
+ -
✓ Siano E+ ad E- i campi elettrici generati dalle
+ -
due distribuzioni di carica. Assumiamo al
solito che i campi siano perpendicolari alle
piastre.
✓ Il verso dei campi è uscente dalla piastra
positiva ed entrante in quella negativa
Campo elettrico di una doppia piastra
conduttiva
Per calcolare il campo tra le due piastre, applichiamo Gauss al cilindretto
arancione. Solo la base del cilindro tra le piastre contribuisce al flusso:
dq  dA 
d  = ( E+ + E− ) dA = =  E = E+ + E− =
e0 e0 e0
Il campo tra le piastre è uniforme e proporzionale alla densità
Per calcolare il campo esterno alle piastre applichiamo Gauss al cilindretto
azzurro Adesso i campi sono discordi, poiché E- e è antiparallelo al vettore
areale; inoltre la carica interna al cilindro è nulla; dunque il flusso totale è:

+ -
d  = ( E+ − E− ) dA = 0
+  -
+ E+ -
 E+ = E− E=0
E=0 + - E =0
+  - il campo esterno alle
+ E− - piastre è sempre NULLO,
+ - poiché i campi generati
  +  - dalle due piastre sono
E+ E− + E= - sempre uguali in modulo
+ e0 - ed opposti in verso
Potenziale elettrico
 Energia potenziale

 Potenziale elettrico

 Differenza di potenziale

 Relazione tra campo e potenziale

 Proprietà dei conduttori


Energia potenziale elettrica
Potenziale elettrico [V]=energia potenziale per unità di carica

f
  f
 
∫ F ⋅ d s= q0 ∫ E ⋅ d s
i i

Campo di una carica puntiforme:


b
  b
 
∫ F ⋅ d = q0 ∫ E ⋅ d = 0
a a
b
  b
  r b
q
∫ F ⋅ d = q0 ∫ E ⋅ d = q0 ∫
a a ra 4πε 0 r 2
rˆ ⋅ drrˆ=

rb
q0 q 1 q0 q 1 1
=∫
4πε 0 r r 2
dr ( − )
4πε 0 ra rb
a
Energia potenziale elettrica
b
  i  j  b 
∫ F ⋅ d  =∫ F ⋅ d  + ∫ F ⋅ d  + ∫ F ⋅ d 
a a i j

q0 q 1 1 q0 q 1 1
= ( − )+0+ ( − )
4πε 0 ra ri 4πε 0 rj rb
b
  q0 q 1 1
∫ F ⋅=
a
d ( − )
4πε 0 ra rb
Anche per un percorso qualsiasi
(campo conservativo)
  q0 q 1 1
b

Ub − Ua = −∫ F ⋅ d  = ( − )
4πε 0 rb ra
a r
 
qq 1 −∫ F ⋅ d 
U (r ) =
U (r ) = 0 ( )
4πε 0 r Energia Potenziale=-Lavoro compiuto dalla

forza elettrica
Energia potenziale elettrica

   
Più cariche presenti: =
F q=
0 (
E q0 E1 + E 2 )
    
( )
b b

∫ F ⋅ d=
a
∫ q0 E1 + E2 ⋅ d=
a
b
  b  
∫ q0E1 ⋅ d  + ∫ q0E2 ⋅ d 
a a =U
q0
q1 q2
( + )
4πε 0 r1 r2
q0 qi
U=
4πε 0
∑r
i
Potenziale elettrico
U
V= Potenziale elettrico [V] =
e 1.6 ⋅10−19 C
q0

1 qi eV =
(1.6 ⋅10−19 C )(1V ) =
Particelle cariche: V=
4πε 0
∑r = 1.6 ⋅10−19 J
i
Potenziale elettrico
Potenziale del dipolo:

q 1 1
V = V+ + V− =  − 
4πε 0  r+ r− 

2aq cosθ p cosθ


V≈ =
4πε 0 r 2
4πε 0 r 2


p ⋅ rˆ
V≈
4πε 0 r 2
Potenziale elettrico

Distribuzione continua di carica:

N
1 dq
∫∫
1 qi
V= lim ∑ V=
4πε 0 N →∞ , q →0
i
i =1 ri 4πε 0 Superficie r
corpo carico
Differenza di potenziale
U = 0 per r = ∞ V = 0 per r = ∞ Ub − Ua
∆V = Vb − Va =
Posizione di riferimento q0

   
− q0 ∫ − ∫ E ⋅ dl
b b
Ub − Ua = E ⋅ dl Vb − Va =
a a

Esempio: 
dl = dxˆi

− ∫ ( Ei ) ⋅ (dxi ) =
− ∫ Edx
xb x
Vb − Va = ˆ ˆ b

xa xa

Vb − Va =
− E ( xb − xa ) Vb − Va =− E ∆x
Energia Potenziale del dipolo

x: x0 ± a cosθ
q[ E ( x0 + a cosθ ) + V0 ]
U + =−

U − =−q[− E ( x0 − a cosθ ) + V0 ]

U= q[ E ( x0 + a cosθ ) + V0 ] − q[− E ( x0 − a cosθ ) + V0 ]


U + + U − =−

−2aqE cosθ =
= − pE cosθ
 
U =−p ⋅ E
Relazione tra campo e
potenziale
 
− ∫ E ⋅ dl
P
V=

 
− ∫ E ⋅ dl
b
Vb − Va = a= ( x, y, z ) b= ( x + ∆x, y, z )
a
 
E ⋅ dl = ( Ex ˆi + E y ˆj + Ez kˆ ) ⋅ (dx ' ˆi ) = Ex dx '
x +∆x
V ( x + ∆x, y, z ) − V ( x, y, z ) = − ∫ Ex dx '
x
x +∆x
lim
∆x →0
− Ex ∫ dx ' = − Ex [( x + ∆x) − ( x)] = − Ex ∆x
x

V ( x + ∆x, y, z ) − V ( x, y, z ) ≈ − Ex ∆x

 V ( x + ∆x, y, z ) − V ( x, y, z )  ∂V
 = − Ex Ex = −
∆x →0 
lim
 ∆x  ∂x
Relazione tra campo e
potenziale
∂V ∂V ∂V
Ex =
− Ey =
− Ez =

∂x ∂y ∂z
  ∂V ˆ ∂V ˆ ∂V ˆ   ∂V 
E=− i+ j+ k opp. Er = −  
 ∂x ∂y ∂z   ∂r 
Superfici equipotenziali
Energia potenziale di un sistema di cariche
L’energia potenziale di una carica puntiforme q situata in un
punto P è
U(P ) = q V (P )
ed è il lavoro fatto dal campo per portare la carica q da
P all’infinito. Questo è pari al lavoro fatto dall’esterno per
portare la carica q dall’infinito in P . Possiamo quindi definire
l’energia potenziale di un sistema di cariche puntiformi come
il lavoro fatto dall’esterno per assemblare il sistema. Sup-
poniamo di voler portare due cariche q1 e q2 nelle posizioni P1
e P2. Il lavoro fatto per portare la prima carica dall’infinito
in P1 è nullo (non c’è campo). Il lavoro
fatto per portare la carica q2 in P2 in pre-
senza della carica q1 in P1 è
1 q1 q1q2
U(q2) = q2 V1(P2) = q2 =
4πε0 r12 4πε0r12
dove V1(P2) è il potenziale generato dalla
carica q1 in P2 . Per portare una terza carica q3 in P3 occorre
fare un lavoro contro il campo generato da q1 e q2

U(q3) = q3[V1(P3) + V2(P3)]


( )
1 q1 q2
= q3 +
4πε0 r13 r23
( )
1 q1q3 q2q3
= +
4πε0 r13 r23

L’energia di interazione del sistema di tre cariche è


( )
1 q1q2 q1q3 q2q3
U = U(q2) + U(q3) = + +
4πε0 r12 r13 r23
Per un sistema di N cariche puntiformi

N
qiqj ∑
N
U = 21 = 1
2
qi Vi
i,j=1
4πε 0 r ij i
i6=j
dove Vi è il potenziale nella posizione occupata da qi generato
da tutte le altre cariche

N
qj
Vi =
4πε0rij
j6=i
Ricavare il campo dal potenziale elettrico
Dalla definizione di differenza di potenziale
∫ B
V (A) − V (B) = ~
~ · dl
E
A
se A = (x, y, z) e B = (x + dx, y + dy, z + dz), cioè se A e
~ = dx î + dy ĵ + dz dz,
B distano di un tratto infnitesimo dl ˆ la
variazione del potenziale è
dV = V (x + dx, y + dy, z + dz) − V (x, y, z) = −E ~
~ · dl
= − (Ex dx + Ey dy + Ez dz)
∂V ∂V ∂V
D’altra parte dV = dx + dy + dz
∂x ∂y ∂z
confrontando le due relazioni si ha
∂V ∂V ∂V
Ex = − , Ey = − , Ez = −
∂x ∂y ∂z
( )
~ =− ∂V ∂V ∂V
E î + ĵ + k̂ ≡ −∇V~
∂x ∂y ∂z
il campo elettrico è uguale al gradiente del potenziale elet-
trostatico cambiato di segno. (N.B. il campo è esprimibile
come il gradiente di una funzione scalare perchè è un campo
conservativo)
Capacità Elettrica
La carica accumulata sul condensatore risulta essere proporzionale alla
differenza di potenziale tra le armature ed il fattore di proporzionalità
che prende il nome di Capacità, dipende solo dalla geometria del
dispositivo e dal materiale isolante posto tra le armature
Q
C
Varmature
L’unità di misura della Capacità nel Sistema SI è il Coulomb/Volt e si
indica con il nome di Farad
1Farad=1 F = 1 C/V
In realtà come unità di misura il Farad è molto grande e spesso si usano sottomultipli:
1pF, 1nF, 1µF, 1 mF, che corrispondono rispettivamente a 10-12, 10-9, 10-6, 10-3 Farad
Per il calcolo della capacità di un condensatore le procedure da
seguire sono le seguenti:
1. calcolo del campo elettrico: tramite il teorema di Gauss, si
considera una superficie gaussiana che avvolge una sola
delle armature (la positiva) f
 

2. calcolo del potenziale elettrico con l’equazione: V   E  d s
poiché il campo elettrico ha direzione che va dall'armatura icarica
positivamente a quella carica negativamente allora il percorso
da seguire e quello che va dal (+) al (-):
Condensatore Piano
Applicando il teorema di Gauss all'armatura positiva del
condensatore piano abbiamo che quando si possono trascurare
gli effetti di bordo (distorsione delle linee di campo) le linee
di campo sono tutte perpendicolari al piano per cui il campo e
costante (sulla superficie gaussiana), quindi

q q
  EA E
0 A 0


  qd
V   E  d s  E  d 
Per il potenziale abbiamo che:

0 A
Ne risulta che la Capacità del Condensatore Piano sarà:
q q 0 A
C  
V qd d
0 A
Condensatore Cilindrico
La figura mostra la sezione di un
condensatore cilindrico di lunghezza L
e raggi a (interno) e b (esterno).
La simmetria del campo in questo caso
è cilindrica. Se scelgo una superficie
gaussiana cilindrica di raggio r (a < r < b)
si ha q  
  E  dA  E  2 r L
0
q
E Il campo Elettrico è variabile
20 r L
b
q q b
Il potenziale vale allora: V   dr  ln
a
2 0 rL 2 0 L a

Pertanto la Capacità sarà: q q 20 L


C   Proporzionale
V q
ln
b ln b a ad L
20 L a
Condensatore Sferico
La figura mostra la sezione di un condensatore
sferico di raggi a (interno) e b (esterno).
La simmetria del campo in questo caso è
sferica. Se scelgo una superficie gaussiana
sferica di raggio r (a < r < b) si ha

q  
  E  dA  E  4 r 2
0
q
E Il campo Elettrico è variabile
40 r 2

q 1 1 q ba
b
q
Il potenziale vale allora: V   dr    
a
4 0 r 2
4 0  a b  4 0 ab
q q ab
C   40
Pertanto la Capacità sarà: V q ba ba
40 ab
Sfera Isolata
Come già detto la capacità si può definire a partire da un singolo
conduttore isolato. Se abbiamo un singolo conduttore isolato a forma
sferica possiamo ricavarne la capacità riscrivendo l'espressione del
condensatore sferico e mandando ad  l'altra armatura:

La capacità del condensatore sferico può anche essere scritta come:


a
C  40
1 a
b

a
Quindi la Capacità per C  lim 40  40 a
una sfera isolata vale: b
1 a
b
In generale: n
per i condensatori in parallelo si ha: Ceq   Ci
i

n
1 1
per i condensatori in serie si ha: 
Ceq i Ci

Esempio
Energia del Campo Elettrico
Un modo per caricare un condensatore è quello di
collegarlo con una batteria. Del lavoro deve essere
compiuto dalla batteria stessa. Il lavoro infinitesimo per
trasportare una quantità di carica dq ammonta a:

dW  V (q)  dq

Il lavoro speso viene immagazzinato come energia potenziale U nel condensatore


Elettrostatica Densità di energia

1
Se generalizz iamo U  (  0 E 2 )  (h)
2
1 1
dU  (  0 E )  dVol  U    0 E 2 dVol
2

2 Vol
2
Sfera conduttrice
1 1 q 2
U   0( ) dVol
R 2 4o r 2

dVol  4r 2 dr
q2
U
8o R
Elettrostatica Densità di energia

Più semplicemente
q 1
C  4 0 R1 V
4 0 R

2
1 q
U  qV  U
2 8o R

1 q2
U  CV 2  U
2 8o R
Elettrostatica I dielettrici

Ricordiamo che …

0 0
V0  h E0 
0 0

Se inseriamo nel condensatore una


lastra di materiale conduttore

0 V 
0
(h  s)  V0
E0  0
0
Indipendemente dalla posizione della lastra
Elettrostatica I dielettrici

Dielettrico: materiale non conduttore (gomma,


vetro, polistirolo..)

Se inseriamo nel condensatore una lastra di


materiale dielettrico, V diminuisce
V  V0

Consideriamo il caso il cui tutto il V0


V  V0 k  r  1
condensatore sia riempito con dielettrico V

V V0 E0  0
E     k  r
k 0
" costante dielettric a relativa"
h kh k
Elettrostatica I dielettrici

 0 0
V  h V  h
0  0
h
 0
C0   0 
h C   C0
h


Se   k o C   costante dielettric a assoluta
h
Condensatore con dielettrico
Se riempiamo le armature di un condensatore con un materiale
isolante si trova che la capacita del condensatore aumenta di una
fattore pari a r che viene detta costante dielettrica relativa del
materiale introdotto.

Un’altra proprietà dei dielettrici è che


ogni materiale ha un valore massimo di
differenza di potenziale che si può
applicare, superato il quale il materiale
viene perforato da una scarica elettrica. A
questo valore di potenziale corrisponde un
campo elettrico. Il massimo valore di
campo elettrico tollerato è detto rigidità
dielettrica.
Quando si inserisce il materiale dielettrico, se il condensatore
è isolato (Q=cost), C aumenta di r

 r CV  q Il potenziale elettrico diminuisce

Il campo elettrico tra le armature diminuisce

Quando si inserisce il materiale dielettrico, se il condensatore


è collegato ad una batteria (V = cost) C aumenta di r

 r CV  q La carica elettrico aumenta

La cosa si spiega ammettendo che in presenza di materia


dobbiamo moltiplicare la 0 che per r ovvero per la carica
puntiforme il campo diventa: 1 q
E
4r  0 r 2
Mentre sulla superficie di un 
E
conduttore isolato immerso in
dielettrico si ha:
 r 0
Dielettrici: l’aspetto atomico
Dielettrico non Polare

Le molecole delle varie sostanze possono


essere polari (equivalenti a dipoli elettrici)
o non polari

Dielettrico Polare

Molecole non polari sotto azione di un


campo esterno si deformano
diventando dipoli
In entrambi i casi immersi un campo elettrico esterno i dipoli (presenti
o indotti) nel materiale tendono ad allinearsi secondo il campo elettrico
Questo insieme di dipoli allineati genera un campo opposto a quello
esterno che quindi risulta indebolito.

E0 
0
  '   P 
E  E0  E   
 0  0  r 0
La corrente elettrica nel filo
conduttore
Si definisce intensità di corrente
elettrica, o più semplicemente
corrente, la quantità di carica
che attraversa la sezione di un
filo conduttore nell’unità di
tempo:
dq
i=
dt
Inversamente dalla corrente si può ricavare la carica come:
t t
q =  dq =  i dt
0 0

Assumiamo che in ogni punto interno al filo conduttore la densità di carica


sia la stessa; ne deriva il principio di stazionarietà: la corrente è la
stessa in ogni punto del filo conduttore; dunque la carica che attraversa
nell’unità di tempo la sezione aa’ è la stessa che attraversa bb’, altrimenti ci
sarebbe un accumulo di carica nella regione compresa tra aa’ e bb’
La corrente elettrica nel filo conduttore
ATTENZIONE: non è sufficiente definire la corrente come CARICA in MOTO: a
livello microscopico le cariche in un materiale sono sempre in moto, ma non
per questo si genera corrente. Affinché ci sia corrente deve esserci un
FLUSSO NETTO di carica attraverso una superficie

Ad esempio, gli elettroni all’interno di un


conduttore (ad esempio un filo di rame)
si muovono in modo casuale con velocità
106 m/s; ma se intersechiamo il filo
con un piano non misuriamo alcuna
corrente: in media avremo tanti elettroni
che attraversano il piano in un senso
quanti nell’altro verso. Al netto, non c’è
flusso di elettroni. Solo collegando il filo
-e ai capi di una batteria si genererà un
-e flusso netto, poiché gli elettroni saranno
spinti da una forza elettromotrice diretta
dal polo negativo della batteria a quello
positivo.
Unità di misura
✓ L’unita di misura dell’intensità di corrente nel
Sistema Internazionale è l’Ampere (A), dal nome
dello scienziato francese André Marie Ampère.
✓ Possiamo dire che in un conduttore circola la
corrente di 1 A quando attraverso una sezione del
conduttore passa la carica di 1 C al secondo.
✓ Analogamente, possiamo dire che il Coulomb è la
quantità di carica elettrica che passa nel tempo di 1
Fisico, matematico, e
chimico francese, André- s in un conduttore percorso da 1 A di corrente
Marie Ampère (1775- elettrica
1836) rivelò precoce
talento matematico e
memoria straordinaria.
I  = Q  1C
= =1A
Suo padre era un giudice
e fu ghigliottinato nel t  1 s
1793. Stabilì le relazioni
tra elettricità e
magnetismo
Esempi di amperaggio: una porta USB 2.0 eroga 0.5
A di corrente; un caricatore per smartphone
raggiunge 1 A, mentre quelli per Tablet circa 2 A; la
corrente di picco erogata nelle abitazioni è di 16 A.
La corrente elettrica è una quantità scalare
✓ La corrente elettrica è una quantità scalare,
non confonda il fatto che è disegnata con una
freccia che ne indica il verso; due correnti che
confluiscono o provengono da un solo ramo si
sommano come scalari, non come vettori:

i0 = i1 + i2
✓ Il punto di congiunzione di due o più rami di
circuito si dice NODO
✓ Il verso indicato dalla freccia convenzionalmente
indica la direzione delle cariche positive,
anche se in realtà sappiamo che nei conduttori
sono gli elettroni di conduzione a muoversi

il verso
convenzionale
della corrente è
quello delle
cariche positive
Corrente continua e alternata
Per convenzione si e stabilito che la corrente
elettrica è un flusso di cariche positive che si
muovono dal polo positivo (cioè quello a
potenziale maggiore) al polo negativo; in
realtà, nei conduttori metallici si muovono gli
elettroni di conduzione, che quindi vanno dal polo
negativo al polo positivo.

✓ Quando in un circuito elettrico la corrente fluisce sempre nella stessa


direzione si dice che è corrente continua. Le pile e le batterie sono
generatori che producono corrente continua. Sugli apparecchi
elettrici la corrente continua è indicata con la sigla DC (–), dall’inglese
“direct current”.
✓ In alcune situazioni (ad esempio nel caso di trasmissione di energia
elettrica a distanza) è però più conveniente utilizzare la corrente
alternata, che ha la caratteristica di invertire con periodicità il verso.
Per esempio la corrente che circola nella rete elettrica è alternata, ed
inverte il verso di percorrenza da I=+16 A a I=-16 A per 50 volte al
secondo (ovvero lavora a 50 Hertz di frequenza). La corrente alternata è
indicata con la sigla AC (∼), ovvero “alternating current”.
La corrente come flusso di carica
✓ quando ai capi di un filo conduttore si applica una d.d.p., gli elettroni di
conduzione acquistano una direzione netta di spostamento
✓ la velocità vd con cui avviene questo moto collettivo si dice velocità di
“trascinamento”, o di “deriva” (in inglese velocità di “drift”)
✓ Sia n la densità di elettroni di conduzione (numero di particelle per unità di
volume); calcoliamo la carica elettrica che attraversa la superficie A
nell’unità di tempo
Lo spazio percorso dalle cariche nel
A tempo infinitesimo dt è

vd ds = vd dt
ds nel tempo dt la carica ha riempito il
volume blu in figura, per cui la quantità
di carica che ha attraversato la sezione
A del conduttore è:

dq = n e ( Avd dt )
dq
i= = n e Avd
dt
La corrente come flusso di carica
Introduciamo il vettore areale dA perpendicolare alla sezione del conduttore,
di verso concorde con il moto delle cariche positive, uguale in modulo all’area
della sezione; la corrente elettrica può scriversi in forma del tutto generale
come:

A i = n e  vd  dA
A
vd
ds Dunque la corrente elettrica è il
flusso delle cariche elettriche
attraverso il conduttore, ovvero la
quantità di carica che attraversa la
sezione del conduttore nell’unità di
tempo

nel caso ipotizzato in cui vd sia uniforme


in tutti i punti della sezione, si ritrova:

i = n e Avd
La densità di corrente
Possiamo rendere la definizione di corrente più sintetica introducendo il
vettore densità di corrente J, diretto come la velocità della carica, e per
convenzione concorde con il moto delle cariche positive:

J = n e vd
A
vd Da cui si ottiene che la corrente può
esprimersi come flusso di J attraverso
ds la sezione del conduttore:

 
i =  J  dA
A

Se J è uniforme e perpendicolare alla sezione in ogni punto si ha:

i = J  dA = J A  J =
i
J  = A
A
A m2
La densità di corrente è la corrente che attraversa la sezione unitaria
del conduttore, ovvero la corrente per unità di area
Densità di corrente in un conduttore di
sezione non uniforme
✓ Come tutti i campi vettoriali, anche
la densità di corrente può
disegnarsi mediante linee di
flusso
✓ Nell’ipotesi di regime stazionario,
la corrente i (ovvero il flusso di J):
 
 i =  J  dA
J A

attraverso la parte larga e la parte


strozzata deve essere lo stesso

Dunque nella parte strozzata, essendo l’area più piccola, deve


aumentare il modulo di J, ovvero la velocità di drift: questo è
graficamente riprodotto dal fatto che nella parte strozzata le linee di flusso
sono più ravvicinate, dunque esprimono un aumento di modulo di J rispetto
alla parte più larga del conduttore.
Problema 26.2
Si consideri un conduttore cilindrico di
raggio R=2 mm con densità di corrente
uniforme e perpendicolare alla sezione del
cilindro J=2x105 A/m2. Si calcoli il valore
della corrente nella sola regione cilindrica
compresa tra R/2 ed R

Essendo J uniforme su tutti i punti della


superficie attraversata si ha che la corrente
totale è:
 
( )
i =  J  dA = J R 2
A

Per calcolare la corrente che viaggia nel cilindro compreso tra R/2 ed R basta
sottrarre alla precedente il contributo dell’area di raggio R/2:

 2
 3
i = J ( R ) − J  
R
2
 = J  R 2
= 6  10 −1
A = 1.9 A
 4  4
Velocità dell’elettrone e velocità di
drift
La velocità media degli elettroni ve in un metallo è enorme:

m Km
ve  106
= 1000
s s

Di contro, la velocità vd con cui si muove il flusso di elettroni


all’interno del conduttore, sospinti dall’azione del campo
elettrico è piccolissima !!

−5 m cm
vd  10 = 3.6
s h

A cosa è dovuta questa lentezza della corrente elettrica ??


Lo scopriremo tra breve
La resistenza elettrica
✓ Nella prima metà del 1800 lo scienziato tedesco
Georg Simon Ohm iniziò a sperimentare il
passaggio della corrente attraverso
materiali conduttori, utilizzando la pila
recentemente inventata da Alessandro Volta
(1799)
✓ Verificò qualcosa di sorprendente: applicando la
stessa d.d.p. all’estremità di due conduttori
di uguale dimensione e forma ma diverso
materiale, per esempio uno di rame e uno di
grafite, l’intensità di corrente che percorre i due
fili è diversa: la corrente che circola nella
bacchetta di rame è molto maggiore di
quella che circola in quella di grafite

✓ Ne dedusse che la corrente elettrica, diversamente da quanto creduto


allora, non circolava liberamente nel conduttore, ma era frenata da
qualcosa che dipendeva dal tipo di materiale attraversato
✓ Definì quindi una nuova grandezza fisica caratteristica del conduttore: la
RESISTENZA ELETTRICA
Resistenza elettrica
✓ la RESISTENZA ELETTRICA è il rapporto tra la
d.d.p. applicata ai capi di un conduttore e
l’intensità di corrente che attraversa il
conduttore

V V
R= I=  V = IR
Georg Simon Ohm I R
(1787-1854). I suoi
risultati furono ✓ La resistenza elettrica misura la resistenza
inizialmente respinti di un materiale conduttore ad essere
dalla comunità attraversato dalla corrente
scientifica. Visse in ✓ Benché conduttore, il materiale pone un ‘freno’
povertà fino al 1833
agli elettroni che lo attraversano. Questo freno
quando fu assunto al
politecnico di dipende dalle caratteristiche specifiche del
Norimberga; nel 1853 materiale
divenne professore ✓ La resistenza elettrica si misura in Ohm,
all’Università di indicata col simbolo W (omega)
Monaco.

R  = Volt
= Ohm
Ampere
Prima legge di Ohm
✓ Un materiale obbedisce alla prima legge di
Ohm se, a temperatura costante, la V
resistenza è una costante propria del I=
R
conduttore, e dunque non dipende dalla
d.d.p. applicata ai capi del conduttore
✓ I conduttori che obbediscono alla legge di
Ohm si dicono ohmici; metalli semplici
come rame e grafite sono ohmici: in figura
si vede che corrente e d.d.p. sono
direttamente proporzionali, dunque I è una
linea retta, la cui pendenza è uguale
all’inverso di R Diodo al silicio non-ohmico
✓ In realtà, più che una legge, quello di
Ohm è un comportamento che molti, ma
non tutti i conduttori seguono
✓ In figura vediamo l’andamento corrente-
d.d.p. non rettilineo in un conduttore
non-ohmico; i moderni dispositivi
microelettronici come calcolatori, tablet,
smartphone sono pieni di conduttori non-
ohmici
Resistività e seconda legge di Ohm
Consideriamo un filo conduttore di
lunghezza L; sia A l’area della sezione e
V la d.d.p. ai capi del filo
Assumendo il campo elettrico costante
all’interno del filo, e una densità di
corrente J uniforme si ha:
V E L
I = JA V = EL  R = =
I J A
Ohm verificò che il rapporto tra campo elettrico nel filo e densità di
corrente è una quantità che dipende soltanto della sostanza di cui è
fatto il conduttore e dalla temperatura, ma non dalla forma o dall’estensione
del filo; egli chiamò questa costante resistività elettrica  (“rho”):

E L
= R=
J A
La 2a legge di Ohm dice che la resistenza R di un conduttore di sezione
costante è proporzionale alla lunghezza (L) e inversamente proporzionale
all’area (A) della sezione del conduttore; la resistività è dunque una
grandezza intensiva, a differenza della resistenza che è estensiva
Valori della resistività nei materiali
✓ L’unità di misura della resistività è ohm

  = RA
   = W m
per metro (Wm); la resistività è la
resistenza di un conduttore di
L lunghezza e sezione unitarie
✓ Distinguiamo 3 tipologie di materiali:
conduttori (bassissima ), isolanti
(altissima ), e i semiconduttori (
intermedia)
Valori della resistività a T ambiente
Origine microscopica della resistività
✓ Dalle leggi di Ohm deriva che se il campo e la d.d.p. sono costanti nel
tempo, poiché la resistività (a temperatura fissata) è una costante, anche
la densità di corrente, e di conseguenza la velocità di drift, devono
mantenersi costanti nel tempo:

E E 1
= J = = n e vd  vd = E
J  ne
✓ Secondo le leggi di Ohm, la velocità del flusso elettronico nella
direzione del campo elettrico vd deve essere costante nel tempo
✓ Inoltre, dai valori della resistività, per d.d.p. dell’ordine del volt risulta
che vd deve essere piccolissima: vd  10-5 m/s
✓ Ciò contrasta col fatto che, se gli elettroni fossero LIBERI di muoversi,
sotto l’azione di un campo uniforme dovrebbero subire un’accelerazione
uniforme, e dunque una velocità crescente nel tempo
✓ in pochi istanti la velocità nella direzione del campo dovrebbe diventare
altissima, così come la corrente elettrica, a causa della piccolissima
massa dell’elettrone;
q
a= E  v = at
m
Origine microscopica della resistività
✓ Secondo Ohm, a causa della resistenza elettrica il moto elettronico è
frenato all’interno del conduttore; da cosa origina, a livello
microscopico, questo fenomeno ?
✓ Il moto degli elettroni di conduzione non è totalmente libero: essi
‘urtano’ contro gli atomi che ne frenano fortemente il flusso; più
frequenti sono gli urti, maggiore è la resistività del materiale
✓ gli urti sono causati dalle vibrazioni atomiche: a causa della
temperatura, gli atomi vibrano rapidamente attorno alle loro posizioni di
equilibrio, e gli elettroni urtano continuamente contro di essi: ogni
secondo l’elettrone urta contro un atomo circa 1014 - 1015 volte !!
Dipendenza della resistività dalla
temperature
✓ Nei conduttori la resistività
aumenta con la temperatura: in
figura è riportato l’esempio della
resistività del rame
✓ Ciò avviene poiché con l’aumento di T
aumentano l’ampiezza e la frequenza
delle vibrazioni atomiche attorno alle
posizioni di equilibrio, e dunque
aumenta la probabilità e la frequenza
degli urti tra atomi ed elettroni di
conduzione

✓ Nei semiconduttori il comportamento è opposto: la resistività


diminuisce fortemente con la temperatura; i semiconduttori non
hanno elettroni di conduzione, ma una piccola frazione di elettroni può
saltar fuori dal guscio atomico più esterno a causa dell’agitazione termica;
dunque maggiore è la temperatura del cristallo, maggiore è la carica in
grado di muoversi e quindi l’intensità della corrente elettrica generata dal
campo applicato
Trasformazione di energia elettrica in
calore: effetto Joule
✓ In assenza di urti, un elettrone accelerato dal campo elettrico aumenta
progressivamente la propria velocità e quindi l’energia cinetica; dunque
l’energia spesa dal campo elettrico genera un aumento di energia
cinetica degli elettroni ed una corrispondente diminuzione di
energia potenziale U = e V
✓ Invece abbiamo visto che vd nella direzione del campo è uniforme, dunque
anche l’energia cinetica degli elettroni resta costante; chiaramente sembra
esserci una violazione della conservazione di energia; ma allora dove va a
finire l’energia spesa dal campo elettrico ?
✓ A causa degli urti, l’energia non si conserva: ogni volta che urta contro un
atomo, l’elettrone cede energia cinetica al reticolo cristallino, provocando
così un incremento della vibrazione reticolare e dunque della
temperatura del cristallo. Dunque il lavoro del campo elettrico speso
per produrre il flusso di corrente si trasferisce al materiale sotto forma
di ENERGIA TERMICA , ovvero si trasforma in CALORE del
materiale
✓ La trasformazione dell’energia elettrica in calore si dice EFFETTO
JOULE
Energia e potenza erogata dalla
batteria
✓ Consideriamo il circuito in figura, con una
batteria B connessa con un generico dispositivo;
la batteria mantiene una V fissata tra i punti a
e b collegati ai poli, generando una corrente
continua i attraverso il circuito
✓ Il lavoro compiuto (energia spesa) dalla batteria
per far circolare una carica infinitesima dq nel
tempo dt è dato da:

dU = dq V = i dt V
Poiché V della batteria non varia nel tempo, t
l’energia totale erogata nel tempo t è: U = V  i dt = QV
0

Ove Q è l’intera carica circolata nel circuito nel tempo t; la potenza: erogata
dalla batteria è:
dU dq V
PB = = = i V
dt dt
Dunque la potenza (energia per unità di tempo) erogata dalla batteria
è data dal prodotto della corrente erogata per la d.d.p. della batteria
Legge di Joule
R
Consideriamo un resistore, ai cui capi A B
sia applicata una tensione V; la
potenza (lavoro per unità di tempo)
erogata dalla batteria per far circolare la
corrente i attraverso il circuito è:

PB = i V V = VA − VB
Se all’interno del circuito vi è soltanto la resistenza R, per la conservazione
dell’energia tutta la potenza erogata deve essere dissipata in calore;
ne segue che la potenza dissipata PR è:

PR = PB = i V
Utilizzando Ohm, V = R i si ottiene infine:

PR = I 2 R
Questa è la celebre LEGGE DI JOULE: la quantità di calore per unità di
tempo sviluppata nel passaggio di una corrente elettrica attraverso il
resistore è data dal prodotto del quadrato della corrente per la
resistenza del resistore
Trasformazione di energia nel circuito
Come viene spesa l’energia erogata dalla
batteria ? Dipende dal dispositivo inserito nel
circuito
✓ Se il dispositivo è un resistore, si è trasformata
in energia termica (ovvero CALORE) del
resistore:
P = i2 R
✓ Se il dispositivo è un condensatore, l’energia è
(parzialmente) immagazzinata nel dispositivo:
1
U = C V 2
2

✓ Se il dispositivo è un motore elettrico, l’energia erogata è (parzialmente)


trasformata in lavoro meccanico compiuto dal motore

In pratica qualunque motore o la stessa batteria hanno sempre una


propria resistenza interna, per cui in qualunque bilancio energetico esiste
sempre una porzione di energia dissipata in calore
Motori elettrici e resistori
Nei conduttori percorsi da corrente avviene sempre un certo riscaldamento,
ovvero la trasformazione di almeno una porzione di energia elettrica in calore
(effetto Joule), poiché nessuna sostanza è totalmente priva di resistenza
elettrica (ad eccezione dei materiali superconduttori). Questo calore
rappresenta uno spreco energetico nei motori elettrici, mentre è utilmente
sfruttata come sorgente di riscaldamento nei resistori.
Motori elettrici: macchine che trasformano energia
elettrica in lavoro meccanico, come un rasoio elettrico o
un trapano; hanno tutti una loro resistenza interna che
genera calore, dunque energia persa rispetto al lavoro
erogato dal generatore
Resistori: conduttori con alta resistività utilizzati
per la generazione di calore. Nelle stufe
elettriche, le resistenze si riscaldano al punto di
diventare incandescenti ed emettere calore per
irraggiamento. Nelle lampadine ad incandescenza, il
filo incandescente emette una porzione (piccola) di
radiazione elettromagnetica nel visibile, così da
permette l’illuminazione. Nel phon c’è una
resistenza che scaldandosi emette aria calda. Altri
esempi sono la caldaia, la lavastoviglie, la lavatrice,
il bollitore
Resistori in commercio
✓ In molte apparecchiature elettriche sono inseriti componenti detti
resistori, o semplicemente resistenze, dotati di una ben determinata
resistenza elettrica
✓ Sul resistore sono impresse quattro strisce colorate che, mediante un
codice di colori standard, identificano il valore della resistenza. I colori
delle prime due strisce indicano prima e seconda cifra, la terza striscia
l’esponente della potenza di 10, la quarta la tolleranza
✓ Nell’esempio in figura si ha: verde (5), blu (6), arancio (3), oro (5), che
significa R=56x103 W con tolleranza del 5%.
Il circuito elettrico
✓ Si chiama circuito elettrico un generico
percorso chiuso in cui le cariche possono
muoversi con continuità, costituito da un
insieme di componenti collegati tra loro
mediante fili conduttori.
✓ I componenti possono essere soltanto due,
E
come la pila e la lampadina in una torcia
elettrica, oppure milioni, come quelli della
scheda madre all’interno di un computer
✓ Il componente fondamentale di un circuito è
il generatore: esso mantiene una d.d.p.
fissata tra i due punti del circuito a cui e
collegato; pile e batterie sono generatori di
d.d.p. continua e costante.
✓ La d.d.p. del generatore si dice anche forza
elettromotrice (f.e.m.) indicata con E
✓ Tutti gli altri elementi del circuito si
chiamano utilizzatori, poiché utilizzano o
consumano l’energia elettrica fornita dal
generatore; la lampadina, un motore elettrico,
una resistenza, sono esempi di utilizzatori
Il filo elettrico
✓ I fili elettrici (tipicamente di rame) hanno una resistenza così piccola da
poter essere trascurata rispetto a quella dei componenti del circuito;
anche considerando un filo di rame molto lungo (L=1 m) e spessore molto
piccolo (A= 1 mm2) si ha:
L 1m
R =  = 10 Wm −6 2 = 10−2 W
−8

A 10 m
trascurabile rispetto ai valori tipici delle resistenze che si trovano nei circuiti
elettrici ( W - KW); l’insieme delle resistenze di un circuito si dice anche
carico resistivo
✓ Se si collegano i poli del generatore ad un circuito privo
di carico resistivo si ottiene un cortocircuito: la
corrente in pochi attimi diventa enorme, scaricando
la pila e danneggiando il generatore. Inoltre per effetto
Joule la corrente elevata può provocare bruciare il filo
conduttore, ed innescare un incendio
✓ Per prevenire questo rischio si usano i fusibili di
protezione, componenti elettrici costituiti da un piccolo
tratto di filo metallico a basso punto di fusione. Quando la
corrente supera un certo valore, per esempio a causa di
un cortocircuito, il fusibile fonde e interrompe il circuito
Circuiti di resistori e leggi di Kirchoff
✓ In un circuito di resistori alimentato da un
generatore tipicamente si conoscono le
resistenze e la d.d.p. della batteria
✓ risolvere il circuito significa determinare le
correnti e le d.d.p. presenti in ogni ramo
del circuito
✓ A tal fine si utilizzano le celebri leggi di
Kirchhoff

1a legge di Kirchoff (o legge dei nodi): nei nodi del circuito la


corrente si conserva, ovvero la corrente entrante deve essere
uguale a quella uscente (si dicono nodi del circuito i punti in cui
convergono più rami)
Nell’esempio in figura vediamo che nel nodo b entra la corrente i1 ed
escono le correnti i2, i3; dunque la 1a legge di Kirchoff ci dà:

i1 = i2 + i3
Nel nodo c la corrente i1 esce mentre i2, i3 entrano; la relazione tra le
correnti è ovviamente la stessa
Circuiti di resistori e leggi di Kirchoff
✓ 2a legge di Kirchhoff: la somma algebrica
•c
delle d.d.p. calcolate su ciascun ramo di
un percorso chiuso è nulla.
✓ Consideriamo i punti a,b,c,d del circuito in
figura, alimentato da una batteria di f.e.m. E ;
è facile verificare che:
•d

(Va − Vb ) + (Vb − Vc ) + (Vc − Vd ) + (Vd − Va ) = 0


✓ Dobbiamo stabilire un verso della corrente: dalla disposizione dei poli
della batteria si deduce che debba scorrere in verso orario
✓ Applichiamo la legge di Ohm: le d.d.p. ai capi dei rami sono:

(Vb − Vc ) = i R1 (Vc − Vd ) = i R2 (Vd − Va ) = i R3


✓ Sostituiamo la d.d.p. ai capi della batteria col suo valore di f.e.m.

(Vb − Va ) = E
Circuiti di resistori e leggi di Kirchoff
✓ Sostituiamo i valori delle d.d.p. nella seconda legge di Kirchhoff:
E
−E + i R1 + i R2 + i R3 = 0 i=
R1 + R2 + R3
✓ Ottenuto il valore della corrente, tutte le d.d.p. possono essere facilmente
calcolate applicando la 1a legge di Ohm
✓ Se scegliessimo il verso opposto della corrente ? Partiamo ad
esempio dal punto a, ed applichiamo Kirchhoff in verso opposto:

•c (Va − Vd ) + (Vd − Vc ) + (Vc − Vb ) + (Vb − Va ) = 0

(Va − Vd ) = i R3 (Vd − Vc ) = i R2 (Vc − Vb ) = i R1


i
E
(Vb − Va ) = E i=−
•d R1 + R2 + R3
✓ Si arriva allo stesso valore della corrente ma con segno negativo !
ciò indica che il verso delle cariche positive è quello precedente, cosa del
resto facilmente intuibile dai poli della batteria, visto che la corrente
scorre dal polo positivo a quello negativo
Profilo del potenziale
✓ Un modo intuitivo per capire la 2a legge di Kirchoff è visualizzare il
profilo del potenziale dispiegato lungo una linea retta come un
profilo altimetrico: partiamo ad esempio dal punto a e percorriamo
tutto il circuito fino allo stesso punto:
E R1 R2 R3
V
•c

•d

a b c d a

✓ Il filo ha resistenza trascurabile, per cui lungo i fili il potenziale è


costante; dunque i fili sono tratti pianeggianti di potenziale
✓ Attraversando i poli della batteria, il potenziale aumenta: la batteria è la
funivia che spende lavoro consentendo al potenziale di ‘salire di quota’
✓ Attraversando le resistenze il potenziale scende: le resistenze
rappresentano discese in cui il lavoro della batteria è speso in effetto Joule
✓ La 2a legge di Kirchoff dice semplicemente che l’energia fornita dal
generatore deve essere uguale a quella dissipata dai resistori, ovvero
alla conclusione del circuito salite e discese totali devono compensarsi
Resistenze in serie
✓ Le resistenze si dicono IN SERIE se sono poste in successione lungo lo
stesso filo, per cui in ognuna di esse scorre la stessa corrente, mentre la
differenza di potenziale prodotta dal generatore si ripartisce tra
tutti i resistori
✓ Le resistenze in serie possono essere sostituite da un’unica resistenza
equivalente, uguale alla somma delle singole resistenze, in cui
scorre stessa corrente e ai cui capi c’è una d.d.p. somma delle
d.d.p. presenti ai capi delle singole resistenze

E = iReq
E = i ( R1 + R2 + R3 )
Req = R1 + R2 + R3
•c

•d
R2
Problema 27
a b Consideriamo il circuito in Figura, con due
batterie in serie ed in fase, con:
R1 E2 E1 = 4 V E2 = 2 V
i R1 = 2 W R2 = 5 W R3 = 1W
E1 R3
1) calcolare la corrente nel circuito
c c
Il verso della corrente positiva è chiaramente quello indicato in figura,
concorde con il verso dei poli delle batterie; applichiamo la 2° legge di
Kirchoff, eguagliando le f.e.m. (salite di potenziale) alle d.d.p. ai capi delle
resistenze (discese di potenziale):

E1 + E2 = i ( R1 + R2 + R3 )
E1 + E2 6V
i= = = 0.75 A
( R1 + R2 + R3 ) 8 W
Problema 27
a R2
b 2) Calcolare le d.d.p. V1, V2, V3, ai
capi delle resistenze R1, R2, R3 :
R1 E2 V1 = Va ' − Va = i R1 = 1.5V
a' i b'
V2 = Va − Vb = i R2 = 3.75V
E1 R3
V3 = Vb ' − Vc = i R3 = 0.75V
c c
3) Calcolare la potenza dissipata 4) Calcolare la potenza erogata dalle
sulle resistenze: batterie:

P1 = i 2 R1 = i V1 = 2.8125W PB1 = E1 i = 3W


P2 = i 2 R2 = i V2 = 1.125W PB2 = E2 i = 1.5W
P3 = i 2 R3 = i V3 = 0.5625W
si noti che la somma delle potenze dissipate è uguale alla somma delle
potenze erogate dalle due batterie (conservazione dell’energia)
Problema 27
a R2 Consideriamo lo stesso circuito ma con la
b
batteria 2 montata al contrario; essendo
R1 la batteria 2 in opposizione di fase alla
E2 prima, assumendo lo stesso verso della
corrente si ha
a' i b'
E1 E1 − E2 = i ( R1 + R2 + R3 )
R3
E1 − E2 2V
i= = = 0.25 A
c c
Ricalcoliamo d.d.p. e potenze:
( R1 + R2 + R3 ) 8 W
V1 = i R1 = 0.5V P1 = i V1 = 0.125W PB1 = E1 i = 1W
V2 = i R2 = 1.25V P2 = i V2 = 0.3125W PB2 = E2 i = 0.5W
V3 = i R3 = 0.25V P3 = i V3 = 0.0625W
✓ adesso la corrente scorre contro il verso della batteria 2, per cui PB2
è potenza ASSORBITA dalla batteria 2; in questa configurazione la
batteria 2 è in fase di carica
✓ dunque la potenza erogata dalla batteria 1 è la somma di quella dissipata
sulle resistenze, più quella assorbita dalla 2
Resistenze in parallelo
✓ Le resistenze si dicono IN PARALLELO se sono ordinate in rami di circuito
con ai capi stessa d.d.p.
✓ la corrente totale che attraversa il generatore è la somma delle
correnti che scorrono nei singoli rami
✓ Le resistenze in parallelo possono essere sostituite da un’unica resistenza
equivalente, il cui inverso è uguale alla somma degli inversi delle
singole resistenze, in cui scorre la corrente totale, e ai cui capi c’è la
stessa d.d.p. delle singole resistenze

E = Va − Vb = i1R1 = i2 R2 = i3 R3 E = iReq
 1 1  1 1 1 1
i = i1 + i2 + i3 = (Va − Vb ) +
1
+  = + +
 R1 R2 R3  Req R1 R2 R3
Collegamento in serie e in parallelo
Le lampadine dell’albero di Natale Gli elettrodomestici di casa (luci,
sono connesse in serie: se una si televisore, elettrodomestici) sono
fulmina il circuito si apre: non passa tutti connessi in parallelo: se
più corrente e nessuna lampadina si uno smette di funzionare gli altri
illumina più. continuano a funzionare
regolarmente
Problema 27.2
La figura mostra un circuito a più maglie con valori:

E = 12V R1 = 20 W R2 = 20 W R3 = 30 W R4 = 8 W
1) Calcolare la corrente i1 che transita attraverso
il ramo della batteria.

R2 ed R3 sono 1 1 1
= +  R23 = 12 W
in parallelo: R23 R2 R3

R1, R23 ed R4 sono in serie:

R1234 = R1 + R23 + R4 = 40 W
Essendo in serie, la corrente che transita
attraverso R1, R23, R4, R1234 è la stessa; dunque:

E 12 V
i1 = = = 0.3 A
R1234 40 W
Problema 27.2
E = 12 V R1 = 20 W R2 = 20 W
R3 = 30 W R4 = 8 W
2) Calcolare le correnti i2, i3 che transitano
attraverso R2 ed R3

Sappiamo che attraverso R23 scorre la corrente i2;


possiamo quindi calcolare la d.d.p. ai capi di R23:

Vb − Vc = i1R23 = 0.3 A 12 W = 3.6V


Questa d.d.p. è comune ai resistori paralleli R2 ed
R3 , per cui le rispettive correnti sono:

Vb − Vc 3.6V
i2 = = = 0.18 A
R2 20 W
Vb − Vc 3.6V
i3 = = = 0.12 A
R3 30 W
Come verifica del risultato, applichiamo la
1a legge di Kirchhoff nel nodo b: i1 = i2 + i3 = 0.3 A
Il magnetismo nel mondo tecnologico
Nella vita quotidiana siamo circondati da fenomeni magnetici di
ogni tipo, che utilizziamo per le più svariate applicazioni
tecnologiche:
 motori elettrici di qualsiasi genere, dalle
macchine per applicazioni industriali ai
motorini del trapano e del rasoio elettrico
 gli hard disk nei computer, le RAM
magnetiche
 microfoni di cuffie, TV, computer,
telefoni.
 nelle automobili: iniettori benzina,
finestrini e tettucci automatici
 allarmi di sicurezza, citofoni, chiusura e
apertura automatica delle porte
 metal detector per il controllo degli
Scorie di ferro raccolte da accessi
un magnete in acciaieria  trasformatori di energia
 Per gli ‘anziani’: le vecchie cassette
musicali e video
Elettricità e magnetismo
 Elettricità e magnetismo sono fenomeni intimamente connessi,
alla cui radice vi è la stessa entità fisica: la carica elettrica;
possiamo quindi considerarli due facce dello stesso fenomeno:
l’ELETTROMAGNETISMO

 Soltanto in condizioni statiche i due campi si manifestano


separatamente come campo elettrostatico e magnetostatico; in
situazioni dinamiche (cariche in moto) essi sono sempre accoppiati

 Cariche elettriche in moto generano nello spazio un campo elettrico ed


un campo magnetico accoppiati; si parla in questo caso di campo
ELETTROMAGNETICO

 Così come il campo elettrico esercita forza sulla carica elettrica


(forza di Coulomb), il campo magnetico esercita forza sulla carica
elettrica in moto (forza di Lorentz)
Magnetismo generato dalle correnti
nei circuiti
Il campo magnetico è generato dal moto delle cariche elettriche; il
modo più semplice per generarlo è far circolare la corrente in un circuito

 Il fisico danese Hans Christian Oersted si


accorse casualmente, durante alcuni
esperimenti all’Università di Copenhagen nel
1820, che l'ago di un compasso magnetico
veniva deflesso se avvicinato ad un circuito
elettrico percorso da corrente; dunque il
circuito elettrico era in grado di generare
un campo magnetico !!

 Fu una scoperta clamorosamente sorprendente,


poiché fino ad allora elettricità e magnetismo
erano considerati fenomeni totalmente
distinti: il campo elettrico generato da cariche
elettriche, il campo magnetico generato da
alcuni misteriosi materiali detti magneti
Magnetismo generato dal moto degli
elettroni negli atomi
 Prima della scoperta di Oersted era noto
che alcuni materiali particolari detti
MAGNETI (calamite), generavano un
campo magnetico
 Una barretta magnetica è caratterizzato
da linee di flusso del tutto simili a quelle
del campo di dipolo elettrico, per cui
diciamo che essa genera un campo di
dipolo magnetico
 Le due estremità del magnete (o dipolo
magnetico) si dicono POLO NORD e
POLO SUD, in analogia con le cariche
positiva e negativa del dipolo elettrico

Al tempo di Oersted poco o nulla si conosceva della struttura dei


materiali e degli atomi; oggi sappiamo che negli atomi ci sono gli
elettroni, e che il campo di dipolo magnetico è anch’esso
generato dal moto degli elettroni nel materiale
Magnetismo generato dal moto degli
elettroni negli atomi
Due moti elettronici negli atomi posso generare un campo magnetico nella
materia:  la rotazione degli elettroni attorno al nucleo: nel
modello planetario gli elettroni ruotano attorno al
nucleo; proprio come la corrente in un circuito, il moto
determina un momento di dipolo magnetico
orbitale mL perpendicolare al piano di rotazione;
invertendo il verso di rotazione, si inverte il verso del
momento magnetico
 lo spin degli elettroni: oltre a ruotare attorno al
nucleo, l’elettrone ruota su sé stesso; questo moto,
detto SPIN dell’elettrone, determina un momento di
dipolo magnetico di spin mS diretto lungo l’asse di
rotazione; ruotando in senso orario o antiorario, lo spin
può essere orientato ‘up’ oppure ‘down’
 Il momento di dipolo magnetico di ciascun elettrone all’interno
dell’atomo è dato dalla somma di questi due contributi: m = mL + mS
 m genera un campo magnetico nello spazio circostante, dunque è
l’equivalente per il campo magnetico della carica elettrica
elementare per il campo elettrico
Magnetismo generato dal moto degli
elettroni negli atomi
Normalmente la materia NON è magnetica: così come le cariche di
segno opposto all’interno di un materiale neutro si compensano, anche i
momenti magnetici dovuti al moto orbitale e di spin degli elettroni si
compensano, per cui il campo magnetico da essi generato è nullo
 normalmente gli elettroni negli orbitali atomici si
accoppiano a due a due con momenti magnetici
opposti, ed il campo magnetico da essi generato si
cancella; il materiale si dice DIAMAGNETICO
N
 In alcuni atomi gli elettroni più esterni sono
spaiati, per cui si genera un momento magnetico
su ciascun atomo; se gli spin sui diversi atomi
sono orientati casualmente, il momento magnetico
risultante nel materiale è nullo; in tal caso il
materiale si dice PARAMAGNETICO
 In alcuni casi gli spin spaiati sui diversi atomi si
allineano tutti concordemente, dando vita ad un
N
campo magnetico macroscopico; il materiale si
dice FERROMAGNETICO o magnete; dunque un
magnete è un materiale con momenti magnetici
degli atomi tutti concordemente allineati
Linee del campo di dipolo magnetico
 Similarmente al caso del campo elettrico, rappresentiamo il campo
magnetico mediante linee di campo o di flusso
 in figura vediamo il campo di un dipolo magnetico qualsiasi (ad
esempio un ago magnetico, o una qualsiasi calamita) con due poli
convenzionalmente detti NORD e SUD
 esattamente come per il campo elettrico, si ha che:

 In ogni punto della linea di campo, la


direzione della tangente in quel punto
determina la direzione del campo
magnetico
 Le linee ESCONO dal polo NORD, ed
ENTRANO nel polo SUD
 La spaziatura delle linee indica
l’intensità del campo: più le linee sono
vicine più il campo è forte
 dalla densità delle linee si vede che il
campo di dipolo magnetico è più intenso
vicino ai poli che nella regione intermedia
vicino la superficie della barretta
Linee del campo di dipolo magnetico
 vi è un cruciale differenza tra campo elettrico e
magnetico: mentre il campo elettrico è prodotta da due
entità distinte e separabili (carica positiva e negativa), il
campo magnetico è prodotto da un’entità unica e
indivisibile: il dipolo magnetico
 In altre parole, non esiste la CARICA MAGNETICA
(o monopolo magnetico), o quantomeno non è mai
stato trovato ! questa asimmetria tra campo elettrico e
magnetico è uno dei grandi misteri della fisica
 se si spezza il dipolo, non si ottengono cariche
magnetiche, ma semplicemente dipoli più piccoli;
si può separare il cilindro magnetico all’infinito fino ad
arrivare ad un singolo atomo, il quale sarà ancora
caratterizzato da un dipolo magnetico atomico
 dunque il dipolo magnetico è l’entità generatrice
di campo magnetico più elementare: qualsiasi
campo magnetico è generato da una distribuzione di
dipoli magnetici
Esempi di magneti
In figura vediamo alcuni esempi di comuni oggetti magnetici:
 La barretta magnetica (ad es. l’ago della bussola): il campo magnetico
generato è quello di un dipolo magnetico macroscopico
 Il ferro di cavallo: le linee di campo sono approssimativamente circolari
 Il magnete a forma di C: il campo tra i poli è uniforme

Notiamo che non essendoci monopoli, tutte le linee di flusso devono


formare percorsi chiusi, uscendo dal polo nord ed entrando nel polo
sud, indipendentemente dalla forma specifica del magnete
Legge di Gauss per il campo
magnetico
Dal fatto che non esista un monopolo
magnetico segue immediatamente la legge
di Gauss per il campo magnetico:

Il flusso magnetico attraverso una


qualsiasi superficie chiusa (o gaussiana)
è sempre NULLO, poiché tutte le linee del
campo devono necessariamente entrare ed
uscire dalla superficie

 
 B   B  dA  0
  qint
 E   E  dA 
0
La forza di Lorentz
 Hendrik Antoon Lorentz (Arnhem, 18
luglio 1853 – Haarlem, 4 febbraio 1928),
fisico olandese, ha contribuito in modo fondamentale
allo sviluppo di elettromagnetismo
elettrodinamica, relatività ristretta
 Ricevette nel 1902 il Premio Nobel per la
fisica assieme a Pieter Zeeman per la scoperta e la
spiegazione teorica dell'effetto Zeeman.
 Gli è stato dedicato un cratere lunare di 312 km di
diametro
Forza del campo magnetico (forza di
Lorentz)
Il campo magnetico (B) esercita una forza (detta
forza di Lorentz) su una particella di carica q che

 
si muove con velocità v data da:

q    vB
F  qv  B si dice prodotto vettore

DIREZIONE: Il prodotto vettore è orientato
perpendicolarmente ad entrambi i vettori velocità e
campo magnetico. Dunque la direzione della
 q0 forza esercitata da un campo magnetico su
una particella carica è sempre perpendicolare
F sia al campo magnetico che alla velocità della
q0 particella

VERSO: Il verso di F è dato dalla regola della


mano destra: se v è diretta lungo l’indice e B
lungo il medio, F sarà orientata verso il pollice se q
> 0, in verso opposto al pollice se q < 0
Prodotto vettoriale
Dati due vettori a e b, il prodotto vettoriale c = a × b è un vettore
che gode delle proprietà seguenti:
• il modulo di c è dato da absinθ, dove θ è l’angolo minore di
180° compreso tra a e b
• la direzione di c è perpendicolare al piano individuato da a e b
• il verso di c è calcolato applicando la regola della mano destra

b
θ

a
La regola della mano destra
„ Prima formulazione b
„ Si dispone il pollice lungo il primo vettore
a×b
„ Si dispone l’indice lungo il secondo vettore
„ Il verso del medio individua il verso del a
prodotto vettoriale
„ Seconda formulazione
„ Si chiude a pugno la mano destra
mantenendo sollevato il pollice
„ Le dita chiuse a pugno devono indicare il a×b
verso in cui il primo vettore deve ruotare
per sovrapporsi al secondo in modo che
l’angolo θ di rotazione sia minore di 180° b
„ Il verso del pollice individua il verso del
prodotto vettoriale
a
Proprietà del prodotto vettoriale
„ Il modulo del prodotto vettoriale è b
pari all’area del parallelogramma
individuato dai due vettori
„ Il prodotto vettoriale è nullo se i θ
due vettori sono paralleli (θ=0)
a
„ Il prodotto vettoriale gode della
proprietà anticommutativa:
r r r r
b × a = −a × b
Prodotto vettoriale in componenti cartesiane
Tenendo conto che i versori degli assi cartesiani sono a due a due
perpendicolari fra loro, ed applicando la regola della mano destra, si
hanno le seguenti relazioni:
iˆ × iˆ = 0 iˆ × ˆj = kˆ iˆ × kˆ = − ˆj
ˆj × iˆ = − kˆ ˆj × ˆj = 0 ˆj × kˆ = iˆ
kˆ × iˆ = ˆj kˆ × ˆj = −iˆ kˆ × kˆ = 0
Pertanto, esprimendo i vettori in termini delle loro componenti
cartesiane, si ha che:
r r ˆ
a × b = i (a y bz − a z b y ) + ˆj(a z bx − a x bz ) + kˆ(a x b y − a y bx )

iˆ ˆj kˆ
r r
a × b = ax ay az
bx by bz
Forza del campo magnetico
  
F  qv  B
MODULO: Il modulo (intensità) della forza è
dato dal prodotto dei moduli di carica,
velocità, e campo, moltiplicato per il seno
q dell’angolo formato dai vettori v e B:


F  q v B sin   q A
A: area del parallelogramma
formato dai vettori v e B
 0   180o
 
B B
  Dunque se v e B sono paralleli, concordi o
v v discordi, la forza di Lorentz è nulla; dati v e
B, la forza massima si ha quando questi
sono perpendicolari; in tal caso:

F  qvB
Forza nel riferimento cartesiano
  
ẑ F  qv  B
 Formula generale del PRODOTTO VETTORE:
F xˆ yˆ zˆ
 
q v  B  vx vy vz 
o ŷ Bx By Bz
90
x̂   v y Bz  vz By  xˆ   vx Bz  vz Bx  yˆ   vx By  v y Bx  zˆ

Consideriamo il caso semplice in figura, con v e B
perpendicolari; orientiamo v lungo x e B lungo y:

xˆ yˆ zˆ
q  
v  B  vx 0 0  vx By zˆ
90o
ŷ 0 By 0
x̂  
 F  q vx By zˆ
F
Unità di misura del campo magnetico
Nel Sistema Internazionale l’unità di misura del campo
magnetico è il Tesla (T), in onore del grande scienziato e
inventore serbo. Dalla formula di Lorentz segue che un Tesla
è uguale a Newton per secondo su Coulomb per metro:

 F N N
 
B   T  
 qv  C
m Am
Nikola Tesla s
(1856 –1943) Un’altra unità molto utilizzata per il campo magnetico è il
Gauss:

1T  104 Gauss
Problema 28
Un protone che viaggia con velocità uniforme v ed
energia cinetica 8.510-13 J entra in un campo
magnetico uniforme B=1.210-3 T, perpendicolare
alla pagina con verso uscente
Calcolare la forza FB esercitata dal campo magnetico
sul protone, ricordando che la massa del protone è
1.6710-27 Kg (si trascuri il campo magnetico
x terrestre)
Ricordiamo che: il campo magnetico cambia la
  
F  e v  B  e v B xˆ direzione della particella, ma NON può mai cambiare
il modulo della velocità; dunque, anche all’interno
del campo l’energia cinetica del protone si mantiene
costante:

1 2 Ek 17 1013 J 7 m
Ek  mP v  v 
2
  27
 3.2 10
2 mP 1.67 10 Kg s
m
F  1.6 1019 C  3.2 107 1.2 103 T  6.14 1015 N
s
Problema 28.1
Un protone (m = 1.67  10-27 Kg) entra in un campo magnetico d’intensità B
=2.6 mT con velocità v orientata con angolo di 23° rispetto al campo
magnetico; il protone subisce una forza F = 6.510-17 N.
1) Indicare direzione e verso della forza
2) Calcolare il modulo della velocità
3) Calcolare l’energia cinetica
Assumiamo un riferimento
cartesiano, con B diretto lungo l’asse
ŷ x e v nel piano (x,y). La forza è:
  


v
 
F  q v  B   qvB sin 23o zˆ
FB 23 o
 x̂
B

F 6.5  1017 N 5 m
v   4  10
 
qB sin 23o 1.6 1019 C  2.6mT  sin 23o   s
2
1 2 1
 

5 m
Ek  mv  1.67 10 Kg  4  10   13.36  1017 J  8.3  102 eV
2 2
 27

s

Problema 28.2
Una particella a (carica q=2e, massa m=6.67 10-27 Kg) attraversa con
velocità di modulo v = 550 m/s un campo magnetico d’intensità B =0.045 T;
velocità e campo magnetico formano un angolo di 52°. Calcolare:
1) Modulo, direzione e verso della forza di Lorentz
2) l’accelerazione dovuta alla forza

ŷ Assumiamo un riferimento
cartesiano, con B diretto lungo l’asse
 x e v nel piano (x,y). La forza è:
v
   
FB
52 o
 x̂  
F  q v  B   qvB sin 52o zˆ
B
ẑ m
 
F  3.2  10 C  550  0.045T  sin 52o  0.62  1017 N
19

s
F 0.62  1017 N 8 m
a   9 .3  10
m 6.67  1027 Kg s2
Il modulo della velocità non varia a causa della forza di Lorentz; dunque
anche forza e accelerazione sono in modulo costanti nel tempo
Problema 28.3
Un elettrone entra in un campo magnetico con velocità iniziale:
 6 m 6 m

v  2  10 xˆ  3  10 yˆ B  0.03Txˆ  0.15Tyˆ
s s

1) Calcolare modulo, direzione e verso della forza di Lorentz
 all’ingresso nel campo
v 2) Ricalcolare la forza in caso di un protone
 x̂
FB Essendo date le componenti, conviene calcolare la
forza dalla formula generale del prodotto vettore:
ẑ  xˆ yˆ zˆ
 
B
0  vx By  v y Bx zˆ  0.39  10 T zˆ
m
v  B  vx vy 6

s
Bx By 0

F  evx By  v y Bx zˆ  1.6  10 C  0.39 10 Tzˆ  0.624  1013 Nzˆ
19 6 m

s
La forza è perpendicolare alla pagina con verso entrante. Nel caso di un
protone, cambia il segno della carica, per cui la forza è uguale in modulo e
direzione ma il verso è entrante nella pagina
Problema 28.4
Un campo elettrico ed un campo magnetico agiscono su un elettrone in
moto; le due forze si annullano reciprocamente. Calcolare la velocità minima
dell’elettrone compatibile con la condizione di forza totale nulla. I moduli dei
campi sono E=1.5 kV/m, B=0.4 T
Notiamo che il problema assegna il modulo di B, ma
ẑ non la sua direzione; sia (x,y) il piano in cui giacciono
v e B, e assumiamo v lungo l’asse x; per Lorentz la

FE forza magnetica FB sarà diretta lungo l’asse z
negativo, per cui, al fine di annullare la forza totale,
la forza elettrica FE deve essere nel verso di z
ŷ positivo; la condizione di forza totale nulla è:
 
v a   
B eE  ev  B  evB sin a  zˆ
E
x̂  da cui: E  vB sin a   v 
FB B sin a 
La forze elettrica è fissata, mentre la forza di Lorentz ha 2 incognite: la
velocità e l’angolo a; chiaramente la velocità minima che soddisfa
l’annullamento della forza si ha per sin(a)=1, per cui:
E 1.5kV m
v   3.75 103
B 0.4Tm s
Moto della carica nel campo magnetico
 La formula di Lorentz ci dice che in qualsiasi istante durante il moto, la
forza magnetica è sempre perpendicolare alla velocità della carica
 da ciò deriva che il modulo della velocità della particella in campo
magnetico resta costante; il campo magnetico modifica soltanto la
direzione, non il valore assoluto della velocità
 se il modulo della velocità non cambia, anche l’energia cinetica della
carica nel campo magnetico resta costante

 
DIMOSTRAZIONE: se forza e velocità sono sempre perpendicolari,
legge di Newton anche accelerazione e velocità lo sono: v  a  0
per la

In coordinate cartesiane:
dvx dv y dv
vx ax  v y a y  vz a z  0  vx  vy  vz z  0
dt dt dt
Da questo risultato discende che la derivata rispetto al tempo della velocità
al quadrato è anche nulla:
d 2 d  dv dv y dv 
v   vx 2  v y 2  v z 2   2  vx x  v y  vz z   0
dt dt  dt dt dt 
Dunque, la velocità al quadrato è costante nel tempo; ne deriva ovviamente
che deve esserlo anche il modulo
Moto della carica nel campo magnetico
uniforme
 Consideriamo il caso di campo magnetico uniforme; supponiamo B
perpendicolare al foglio, di verso uscente dal foglio
 Una carica positiva entra nella regione del campo magnetico con velocità
iniziale v, perpendicolare alla direzione del campo
 È facile vedere che se B è uniforme, forza di Lorentz e accelerazione
della particella sono entrambe costanti in modulo:

q vB
F  q vB a
m

 Accelerazione e velocità costanti in modulo e 


perpendicolari tra loro in ogni istante sono condizioni B
proprie del moto circolare uniforme r
 Dunque, in caso di campo uniforme, la forza
magnetica è una forza centripeta; se velocità 
della carica e campo magnetico sono perpendicolari,
la carica esegue una traiettoria puramente
F
circolare attorno ad un centro di curvatura nel  +
piano perpendicolare alla direzione del campo v
Moto della carica nel campo magnetico
uniforme

Campo uscente dalla pagina: la


carica positiva circola in verso
ORARIO

 F
 v +
B 
v
-
Campo uscente dalla pagina: la
F carica negativa circola in verso
ANTIORARIO
Moto della carica nel campo magnetico
 uniforme
v
+
Se invertiamo il verso del campo,
F anche il verso di rotazione della carica
cambia: se il campo è entrante nella
pagina, la carica positiva circola in verso
ANTIORARIO


B

Campo entrante nella pagina: la carica


negativa circola in verso ORARIO


 F
v -
Cinematica del moto circolare uniforme
si dimostra che nel moto circolare uniforme, velocità, v2
raggio, e accelerazione sono legati dalla relazione: a
r

l’accelerazione dovuta alla forza di Lorentz, nel caso q vB


di velocità e campo magnetico perpendicolari, è: a
m
mv
Combinando le precedenti relazioni, otteniamo per il raggio: r
qB
Dunque, il raggio r dell’orbita è proporzionale alla velocità e inversamente
proporzionale al campo magnetico

2 r 2 m
periodo T (tempo di percorrenza di un giro): T 
v qB
1 qB
frequenza n (numero di giri compiuti nell’unità di tempo):   
T 2 m
qB
frequenza angolare:   2 
m
Rivelazione della traiettoria
dell’elettrone in campo magnetico

 In Figura si vede un raggio di elettroni


iniettato da un cannone elettronico (G) in
una camera chiusa
 gli elettroni entrano con velocità parallela
al piano del foglio, e sono soggetti al
campo B uniforme perpendicolare al foglio,
di verso uscente dal foglio
 la traiettoria è visibile in foto poiché gli
atomi del gas presenti nella camera
emettono luce quando collidono con gli
elettroni in moto
Moto elicoidale
 abbiamo visto che nel caso in cui v e B sono ortogonali, la carica si muove
di moto puramente circolare uniforme nel piano perpendicolare a B
 cosa succede se la velocità d’ingresso nel campo magnetico ha una
componente parallela al campo ? Scomponiamo la velocità in due
componenti, perpendicolare e parallela a B:
  
v  v  v||
v||  v cos  
Sostituiamo questa relazione nella
formula di Lorentz:
     
F  q  v  v||   B  q v  B
v  v sin   la forza di Lorentz non ha alcun
effetto sulla componente
parallela al campo; dunque:

 Nel piano perpendicolare a B la carica procederà di moto circolare


uniforme con velocità v
 In direzione parallela al campo la particella continuerà a muoversi di moto
rettilineo uniforme con velocità v||
Moto elicoidale
 La combinazione di moto circolare uniforme e moto rettilineo
uniforme in direzione perpendicolare al piano è un moto elicoidale
 v|| determina il passo dell’elica p, ovvero la distanza tra due spire
adiacenti

p non è altro che lo spostamento verticale


compiuto nel tempo di un periodo T del
moto circolare; essendo il moto verticale
rettilineo uniforme, si ha:

2 r
p  v|| T  v||
v
r m
abbiamo visto che: 
v q B

2 m
dunque: p  v||
qB
Problema 28.4
 Un elettrone (m=9.11  10-31 Kg) con energia
cinetica Ek = 22.5 eV si muove in un campo
magnetico uniforme B=4.55  10-4 T; l’angolo
tra campo magnetico e velocità è  = 65.5°
 calcolare il periodo T ed il passo p della
traiettoria ad elica compiuta dall’elettrone

Dall’energia cinetica ricaviamo il 2 Ek


modulo della velocità: v
m
La componente parallela al campo è:

2 Ek 45 1.6 1019 J m 6 m
v|| 
m
cos   
9.111031 Kg
cos 
65.50
2.8  10 6
 0.4
s
 1.16  10
s

2 m 2  9.111031 Kg 8
periodo: T  19 4
 7.86  10 s
e B 1.6 10 C  4.55 10 T

m
passo dell’elica: p  v||T  1.16 106  7.86 108 s  9.12 cm
s
Il campo magnetico terrestre
 La terra ha un proprio campo magnetico d’intensità (sulla superficie
terrestre)  10-4 T = 1 Gauss
 il campo è generato dal nucleo terrestre, costituito da ferro liquido
ad altissima temperatura per ragioni ancora ignote
 La presenza del campo magnetico è facilmente verificabile mediante la
bussola, essenzialmente un aghetto magnetico libero di ruotare attorno ad
un perno: l’ago si allinea parallelamente al campo, e così ci indica la
direzione NORD-SUD del campo magnetico

 Le linee di campo entrano nel


nord geografico ed escono dal
sud geografico: dunque quello
che chiamiamo ‘polo nord’ è il
polo sud magnetico, e viceversa
 L’asse magnetico non è
esattamente allineato all’asse
polare geografico: c’è un angolo
di 11.5o di differenza.
Le fasce di van Allen
 Il campo magnetico terrestre è
importantissimo per la salute del
pianeta poiché intrappola elettroni e
protoni di altissima energia emessi
dal sole che altrimenti
raggiungerebbero la terra
 Quando queste particelle entrano nel
campo magnetico terrestre, esse
spiraleggiano lungo le linee di
flusso, rimbalzando da un polo all’altro
in pochi secondi
 Le particelle cariche intrappolate si
accumulandosi nella regione mediana del
campo magnetico terrestre, formando le
fasce di Van Allen, regioni dense di
particelle cariche che si estendono da
1000 a 6000 Km di altitudine
 I satelliti in orbita possono rimanere
danneggiati dallo scontro con queste
particelle, per cui vengono posizionati in
modo da evitare le fasce di Van Allen
L’aurora (boreale o australe)
 La comparsa di macchie sulla superficie del Sole (macchie solari) segnala
l’espulsione dal Sole di grandi quantità di particelle cariche che viaggiano
nello spazio (vento solare). Queste raggiungono la Terra in 50 ore a
velocità 400-800 km/s
 Generalmente il campo terrestre funziona da scudo, proteggendo la Terra,
ma talvolta il vento solare è così forte che penetra la magnetosfera nella
regione dei poli e raggiunge la ionosfera (100 – 500 km dal suolo)
 Il vento solare colpisce gli atomi della ionosfera che a causa degli urti
emettono luce, producendo il fenomeno dell’aurora

L’aurora è caratterizzata da
bande luminose di forma e
colore rapidamente mutevoli
nel tempo e nello spazio,
tipicamente rosso (emesso da
molecole di azoto) e verde
(emesso da atomi di ossigeno)
Aurora australe nello stato Victoria,
Australia
Forza magnetica su un filo percorso da
corrente
 Se un filo conduttore percorso da corrente elettrica è
immerso in un campo magnetico, gli elettroni in
moto sono soggetti alla forza di Lorentz
 non potendo gli elettroni essere espulsi dal filo,
questa forza viene trasmessa alla massa del
conduttore
 se il conduttore è mobile o flessibile, può essere
spostato o deflesso dalla forza di Lorentz
 In figura vediamo un tratto di filo conduttore che
attraversa un campo magnetico perpendicolare al
foglio, di verso uscente (indicato dai puntini verdi)
 la forza di Lorentz è:   
F  q vd  B
 vd è la velocità di deriva (drift) con cui il flusso di elettroni di conduzione si
muove nel conduttore; per convenzione, il verso della corrente positiva i è
opposto a vd, ma q=-e, per cui F è diretta verso destra
 se la corrente fosse dovuta a cariche positive vd sarebbe concorde con i,
ma essendo q=+e la forza è comunque orientata verso destra; dunque,
invertendo simultaneamente segno della carica e verso della
velocità, la forza di Lorentz rimane invariata
Forza magnetica su un filo percorso da
corrente
 Possiamo quindi sempre assumere q positiva e vd
concorde con la corrente positiva; il fatto che le
cariche effettivamente in moto siano positive o
negative non influisce sul valore della forza
 Se invertiamo il verso della corrente oppure il
verso del campo magnetico, è facile verificare che
anche la forza di Lorentz cambia verso
 Riscriviamo vd come rapporto tra la lunghezza L del
segmento di filo percorso nel tempo t, e tempo t
impiegato:
L
vd 
t
 se q è la carica che attraversa il filo nel tempo t, si
ottiene:
L
q vd  i t  i L
t
Forza magnetica su un filo percorso da
corrente
 Possiamo quindi riscrivere la forza di Lorentz sul filo
percorso da corrente in forma macroscopica in
termini di corrente:   
F  i LB
 Ove abbiamo definito un vettore L il cui modulo è la
sezione di filo immerso nel campo magnetico, di
direzione e verso uguale alla direzione e verso della
corrente positiva

 Questa formulazione della forza di


Lorentz è valida in generale per un
qualsiasi conduttore rettilineo,
anche non perpendicolare alla
direzione del campo
Forza magnetica su un filo percorso
da corrente
 Nel caso di un filo non rettilineo di forma qualsiasi, si ricorre come al
solito al calcolo infinitesimale
 la forza di Lorentz che agisce su un tratto di filo conduttore di lunghezza
infinitesimale dL è:
  
dF  i dL  B

 La forza su un tratto di filo di lunghezza


i finita L è data dall’integrale lungo il
percorso del filo:

  L  
dL FB  i  dL  B
0

 Ove abbiamo supposto come al solito


che la corrente sia uniforme in ciascun
punto del filo
Problema

 Un segmento di filo rettilineo conduttore di
 lunghezza L= 10 cm percorso da corrente i =
B 10 A, è immerso in un campo magnetico
uniforme B = 1 T perpendicolare al filo
  ponendo L lungo x, e B lungo z, calcolare la
forza di Lorentz che agisce sul filo in
L coordinate cartesiane

i
 La forza di Lorentz è diretta lungo l’asse x, ed
F orientata nel verso delle x positive; in modulo:

F  i L B  10 A  0.1 m  1T  1 N
Ricordiamo che 1 N equivale alla forza peso di 100 grammi; dunque il
campo di 1 T esercita su un filo lungo 10 cm percorso da 10 A di corrente
una forza equivalente alla forza peso di una massa di 100 grammi
Problema 28.6
 Un filo orizzontale di rame, libero di muoversi in verticale, è percorso da
corrente i = 20 A, diretta perpendicolarmente alla pagina, in verso uscente
 Calcolare l’intensità e la direzione del campo magnetico necessario a
mantenere il filo ‘in sospensione’, ovvero a bilanciare la forza di gravità; la
densità lineare di massa (massa per unità di lunghezza) del filo è l=0.05
Kg/m
In sospensione (ovvero all’equilibrio) la forza di
Lorentz diretta verso l’alto:

FB  i L B
E la forza di gravità diretta verso il basso:

Fg  Mg
devono bilanciarsi, per cui:
M g g
i L B  Mg  B  l
L i i

(0.05 Kg/m)(9.8 m/s 2 )


B  25  10-3T
20A
Problema 28.20
Un filo rettilineo lungo L =1.8 m conduce una corrente i = 13 A, e forma un
angolo di 35° con la direzione di un campo magnetico uniforme d’intensità B =
1.5 T; disponiamo L e B nel piano (x,y), allineando il campo magnetico lungo x;
calcolare in coordinate cartesiane la forza magnetica agente sul filo

i Dalla regola della mano destra si vede che la
 forza di Lorentz è diretta lungo z, nel verso
 L o
negativo. In modulo:
FB 35
 x̂
B FB  i L B sin(35 o
)

 13 A  1.8 m 1.5 T  0.57  20 N

In alternativa, utilizziamo la formula generale del prodotto vettore:

xˆ yˆ zˆ
  
F  i L  B  i Lx Ly 0  i  Ly Bx  zˆ  i L B sin(35o ) zˆ
Bx 0 0
Problema 28.21
Un cavo conduttore orizzontale di una linea elettrica è percorso da una
corrente i = 5000 A; il campo magnetico terrestre nelle vicinanze della linea
vale B = 60 mT, ed è inclinato di 70° verso il basso rispetto al filo. Orientiamo il
cavo lungo l’asse x, ed il campo magnetico nel piano (x,y); si determini
direzione, verso, ed intensità della forza magnetica che agisce su 100 m di cavo

la forza è orientata verso l’asse z
negativo; in modulo:
 
i L
FB x̂
FB  i LB sin(70o )
70 o  5000 A 100 m  60 mT  0.94  28.2 N

 In alternativa si calcolo il prodotto vettore:
B
xˆ yˆ zˆ
 
L  B  Lx 0 0  Lx By  zˆ   LB sin(70o ) zˆ
Bx By 0
Problema 28.22
 Il filo in figura è percorso da una corrente di 2 A, e
B giace in un campo magnetico uniforme B = 4 T,
orientato perpendicolarmente alla pagina in verso
uscente. Ciascuna sezione retta del filo è lunga L =2
m, e forma un angolo di 60° con l’asse x.
Calcolare la forza magnetica agente sul filo in
coordinate cartesiane F=(Fx, Fy, Fz)
Metodo 1, analisi geometrica: Le forze di Lorentz
su ciascun segmento di filo giacciono nel piano
(x,y), sono perpendicolari alla direzione del filo ed
orientate come in figura. Essendo anche uguali in
modulo, è evidente che la loro somma ha solo la
componente lungo l’asse y diversa da zero:
 
F1 F2 Modulo: F1  F2  i LB
 Componenti lungo y: F1 y  F2 y  iLB cos( )

Forza totale: F  2iLB cos( ) yˆ  16 N yˆ
Problema 28.22

L1 Metodo 2, prodotto vettore:

  
L2 xˆ yˆ zˆ
F1 F2 
F1  i L1x L1 y 0  i  L1 y B  xˆ  i  L1x B  yˆ

0 0 B

xˆ yˆ zˆ

F2  i L2 x L2 y 0  i  L2 y B  xˆ  i  L2 x B  yˆ
0 0 B

L1 y   L2 y ; L1x  L2 x  L cos( )

 F  2iLB cos( ) yˆ  16 N yˆ
Torsione della spira percorsa da
corrente
 La maggior parte del lavoro nel mondo è svolta dai motori elettrici
 Alla base del meccanismo che permette al motore elettrico di funzionare vi
è la forza di Lorentz esercitata sulla spira percorsa da corrente

In Figura è mostrato un semplice


motore, consistente in una spira
chiusa percorsa da corrente
immersa in un campo magnetico.
Le due forze magnetiche F e –F
producono una torsione che tende
a ruotare la spira attorno al suo
asse centrale.
Torsione della spira
ẑ Sia y l’asse di rotazione della spira,

 F1  e B parallelo all’asse x; la direzione
F3 della corrente è indicata dalle
L1 ŷ frecce rosse; le forze di Lorentz sui
  lati liberi di ruotare sono:
F4 L2
  
x̂ F1  iL1  B  i L B zˆ
 B   
F2 F2  iL2  B  i L B zˆ
 Sui due lati corti le forze F3 ed F4 sono uguali in modulo ed opposte in
verso, per cui si compensano; anche sui F1 ed F2 sono uguali in modulo ed
opposte in verso, ma non essendo applicate lungo la stessa linea d’azione,
esercitano una TORSIONE sulla spira

F1  la torsione fa ruotare la spira in modo
ẑ che la normale al piano della spira si
allinei al campo
ŷ  quando il piano della spira diventa
perpendicolare a B, F1 ed F2 sono lungo la
x̂
 B
stessa linea d’azione, per cui la torsione si
F2 annulla e la rotazione si interrompe
Momento torcente sulla spira
Le forze di torsione sulla spira sono

quantificate dal momento torcente:
n̂    
ŷ   i A  B  i A nˆ  B
i 
  A è il vettore areale della spira,
uguale in modulo all’area della spira e

 perpendicolare al piano
 Il verso di A (indicato dal versore n)
B dipende dalla corrente, secondo la

i  seguente regola della mano destra:
 orientando le 4 dita nel verso della
corrente, il pollice dà il verso della
n̂ ŷ
normale al piano della spira
 Il modulo di  ci dice quanto la
 x̂ torsione è intensa;  ha dimensioni
B fisiche dell’energia

 la direzione di  corrisponde all’asse di rotazione della spira


 il verso di  dà il verso della rotazione della spira: orientando il pollice
della mano destra nel verso di  , le 4 dita danno il verso di rotazione
Stato di equilibrio
 Consideriamo in figura una veduta laterale della spira, con l’asse di
rotazione (e dunque ) perpendicolare alla pagina
 Quando n attraversa la direzione ±B (ovvero ogni rotazione  = ) il verso
di  cambia e dunque il verso di rotazione si inverte
 Ciò comporta che la configurazione con n || B è uno stato di equilibrio
stabile: se la spira possiede un po’ d’inerzia, n oscillerà attorno a B prima
di fermarsi nello stato di equilibrio

 entrante nel piano:  uscente dal piano:


rotazione in senso orario rotazione in senso antiorario
Rotazione continua e inversione di
corrente
 Quando n è allineata con B la rotazione s’interrompe; come fare dunque
per ottenere un meccanismo di rotazione continua ?
 Ecco il trucco: se invertiamo il verso della corrente nella spira, n e 
cambiano verso, e dunque cambia il verso di rotazione della spira
 Invertendo il verso della corrente ad intervalli regolari non appena n si
allinea con B, si fa in modo che  , e dunque la rotazione della spira,
conservino sempre lo stesso verso
inversione di
corrente
Dalla spira alla bobina
 Se invece di una spira si ha una serie di spire o
avvolgimenti, supponendo che queste siano
avvolte così strettamente tra loro da poter
considerare identiche la dimensione di ogni spira
ed il piano di avvolgimento, si ha quella che si
chiama una bobina piana
 Per N avvolgimenti, il momento torcente
della bobina è la somma dei momenti di
ciascuna spira:
  
  N i A B
 Questa espressione vale per qualsiasi bobina
piana di area A, qualunque sia la sua forma,
purché B sia uniforme in tutta l’area della
bobina
 Ad esempio, per la bobina cilindrica in figura di
raggio r, la torsione è:

 
  N i ( r ) nˆ  B
2
Momento di dipolo magnetico
 La bobina immersa in un campo magnetico si comporta essenzialmente
come un momento di dipolo magnetico, il quale ruota per allineare il
proprio asse col campo magnetico, col polo nord del dipolo più vicino al
polo sud del campo, e viceversa 
 Definiamo momento di dipolo magnetico il vettore: m  N i A nˆ
che chiaramente si misura in Ampere  m2
 
 il momento torcente può quindi riscriversi:   mB
  ha dimensione fisica dell’energia, N
per cui si misura in Joule:    A m T  A m
2
 Nm  J
2

Am

N

i 
 B
N S
S
Momento di dipolo magnetico

 
m  N i A nˆ

N
 
i    mB
 B
N S
 Invertendo il verso della
corrente nella bobina si
S invertono n e , e di
 conseguenza il verso di
 rotazione della spira
 Dunque, invertire la
S corrente equivale ad
invertire i poli N e S del
i  momento di dipolo della
 B
N S bobina


N
Momento torcente: riepilogo
il verso della torsione della spira percorsa da corrente in campo magnetico è
descritta dalla regola della mano destra:
 orientiamo le 4 dita nel verso della corrente: il pollice dà la direzione ed il
verso della normale n
 orientiamo il pollice lungo l’asse di rotazione della spira, ovvero in
direzione di  : le 4 dita indicano il verso di rotazione della spira


momento di dipolo magnetico m  N i A nˆ
  
momento torcente   mB
i

  n̂ 
B 

B
Principio di equivalenza di
Ampere
 Un ago magnetico sottoposto ad un campo
magnetico si comporta come una spira
percorsa da corrente
 Una spira piana di area dA percorsa dalla
corrente i equivale agli effetti magnetici a un
dipolo magnetico di momento magnetico
! ! !
n perpendicolare al piano della
dm = idAn spira e orientato rispetto al verso
della corrente secondo la regola
della mano destra
Principio di equivalenza di
Ampere
 Un ago magnetico sottoposto ad un campo
magnetico si comporta come una spira
percorsa da corrente
 Una spira piana di area dA percorsa dalla
corrente i equivale agli effetti magnetici a un
dipolo magnetico di momento magnetico
! ! !
dm !
dm
dm = idAn ⇔
i dA
Lavoro del campo magnetico
Un campo magnetico può compiere lavoro ?

 Su una singola carica in moto il campo magnetico NON può


compiere lavoro: la forza di Lorentz è sempre perpendicolare alla
velocità della carica, e dunque al suo spostamento: il lavoro compiuto
è sempre nullo !! Si arriva alla stessa conclusione osservando che il
campo magnetico non può cambiare l’energia cinetica della particella, e
dunque neppure la sua energia potenziale

 La forza di Lorentz può spostare un filo carico percorso da corrente (se


mobile o flessibile) nella direzione della forza, dunque il campo
magnetico compie lavoro su corpi conduttori percorsi da corrente

 Il lavoro del campo magnetico più utile in pratica è quello compiuto su


circuiti chiusi percorsi da correnti (spire, bobine); in tal caso si
può anche definire un’energia potenziale del circuito immerso nel
campo magnetico
Energia potenziale del dipolo in campo
magnetico
 La bobina, come un qualsiasi dipolo magnetico, possiede un’energia
potenziale per il fatto di essere immersa in un campo magnetico
 L’energia potenziale del dipolo nel campo magnetico è data da:
 
U     m  B   m B cos  
 
In analogia con l’energia potenziale del dipolo elettrico: U     p  E
 Lo stato di energia potenziale minima
(‘zero del potenziale’) si ha quando
momento e campo magnetico sono
paralleli:
  0  U 0    m B
 Lo stato di energia potenziale massima si
ha quando momento e campo magnetico
sono antiparalleli:

    U ( )  m B
Lavoro del campo magnetico sul
momento di dipolo magnetico
L   U f  U i   U i  U f
 Dati due angoli di rotazione i e f, consideriamo il lavoro compiuto dal
campo magnetico per ruotare il dipolo da i a f
 Utilizzando l’espressione dell’energia potenziale magnetica si ha:
   
U  i    mi  B   m B cos i  U  f    m f  B   m B cos  f 
L  U i   U  f   m B cos  f   cos  i  

i   f  0
Ad esempio il lavoro fatto dal campo per
ruotare il dipolo da i =  (punto di
massima energia) a f = 0 (minima energia)
è chiaramente:

L  U    U 0   2 m B
Problema 28.26
Una bobina rettangolare incernierata lungo l’asse y, parallela al piano (x,y),
con N = 20 spire, lati lunghi 10 cm e 5 cm, è percorsa da corrente i =0.1 A il
cui verso è indicato in figura; la bobina è immersa in un campo magnetico B
= 0.5 T parallelo al piano (x,z), con  = 30°. Calcolare:
 il momento di dipolo della bobina
 il momento torcente  = (x, y, z), esercitato dal campo sulla bobina
 Il lavoro speso dal campo magnetico per allineare il dipolo della bobina al
campo
Dalla regola della mano destra, segue che il
versore normale al piano della spira è orientato
lungo l’asse z negativo, per cui il momento di
dipolo della bobina è:


m  iNAnˆ  iNA zˆ

m z  0.1A  20  50 104 m2  102 Am2


Problema 28.26
n̂ xˆ yˆ zˆ
 
  mB  0 0 m z  m z Bx yˆ  m z B cos(30o ) yˆ
Bx 0 Bz

 y  102 A m 2  0.5 T  0.866  4.33 103 J

 Il momento torcente è orientato nel verso


 delle y negative: puntando il pollice della
 mano destra lungo  otteniamo il verso di
rotazione della spira indicato dalla linea gialla
ATTENZIONE  la spira ruoterà fino ad allineare il versore n
: l’angolo tra con la direzione del campo, ovvero fino a
n e Β è , rendere  = 0
non 

L  U i   U  f   m B  cos  f   cos i    m B cos  0   cos 120o  


 
 102 A m 2  0.5 T 1  0.5   7.5  10 3 J
Problema 28.35
ẑ Una spira circolare di raggio r=8 cm è percorsa da
una corrente i = 0.2 A, e immersa in un campo
 magnetico uniforme. Il versore perpendicolare al
piano della spira ed il campo magnetico sono:
B 
nˆ  0.6 xˆ  0.8 yˆ B  0.25T xˆ  0.3T zˆ
Calcolare:
ŷ  il momento di dipolo della spira in coordinate
n̂ cartesiane ed in modulo
 il momento torcente esercitato sulla spira, in
x̂ coordinate cartesiane
 Il lavoro speso per allineare la bobina al campo

m x  iAnx  0.2 A    64 104 m 2  0.6  24.13 104 Am2


m y  iAny  0.2 A    64 104 m 2  0.8  32.17 104 Am2
m  24.162  32.172 104 Am 2  40.23 104 Am2
B  0.252  0.32 T  0.39 T
Problema 28.35
xˆ yˆ zˆ

  mx my 0  m y Bz xˆ  m x Bz yˆ  m y Bx zˆ
Bx 0 Bz
 x  32.17  104 Am 2  0.3T  9.65  104 J
 y  24.13 10 4 Am 2  0.3 T  7.24  104 J
 z  32.17 104 Am 2  0.25T  8.04 104 J
All’istante iniziale l’energia potenziale della bobina è
 
U i   m  B    m x Bx  m y By  m z Bz    m x Bx  24.13  104 Am 2  0.25 T  6.03  104 J

All’istante finale, momento di dipolo e campo sono allineati, per cui:

U f   m B  40.23 104 Am2  0.39 T  15.71104 J


Chiaramente i moduli restano costanti durante la rotazione; il lavoro del
campo è quindi:

L  U i  U f  6.03 104 J  15.71104 J  9.68  104 J


Problema 28.8
Consideriamo una bobina circolare con
N=200 spire, area A = 210-4 m2, ed i =100
mA. La bobina è ferma in un campo
magnetico uniforme B = 1 T, col momento
magnetico allineato con B.
a) determinare il verso della corrente nella
bobina
Regola della mano destra:
b) Calcolare il lavoro che una forza esterna
deve compiere contro il campo
i magnetico per ruotare la bobina di un
angolo di 90° rispetto al campo

L  U  0   U  / 2    m B cos(0)  m B cos( / 2)   m B   NiAB

L  200  100 m A  2 10 m  1T  4 m J


4 2
T
N
Am
Il campo magnetico generato da
correnti
✓ Siamo in Danimarca nel 1820: durante alcuni
esperimenti all’Università di Copenhagen, il
fisico danese Hans Christian Oersted si accorge
che l'ago di un compasso magnetico viene
deflesso se avvicinato ad un circuito elettrico
✓ ciò significa che il circuito elettrico è in
grado di generare un campo magnetico,
proprio come fosse un magnete !!

✓ E’ un momento storico, che segna l’unificazione


Hans Christian Ørsted di due fenomeni fino ad allora considerati
(1777 –1851) totalmente distinti, ovvero elettricità e
magnetismo. Nasce l’elettromagnetismo.
Legge di Biot-Savart
✓ Sia ds una porzione infinitesima di filo percorso da corrente i
✓ il campo magnetico dB generato da ds in un punto P dello
Jean-Baptiste spazio è dato da:
Biot (Parigi,
1774-1862)

  0  i ds  r
dB =   P
 4  r 3
dB
Félix Savart
(Charleville,
1791-1841)

✓ Il campo dB è perpendicolare al piano formato dall’elemento di filo ds e


dalla distanza r tra ds ed il punto P; se ds ed r sono entrambi paralleli alla
pagina, dB è perpendicolare ed entrante nella pagina
✓ dB dipende dal quadrato della distanza dal filo, in analogia con il campo
elettrico che dipende dal quadrato della distanza dalla carica che lo genera;
✓ 0 è una costante universale detta permeabilità magnetica del vuoto:

T m −6  T m  NB: 0 non ha la dimensione


0 = 4 10  −7
  1.26 10  
 A   A  fisica del dipolo magnetico
Campo magnetico generato dal filo
rettilineo infinito
✓ Consideriamo un filo rettilineo infinito,
percorso da corrente i, orientato lungo x
dx ✓ secondo Biot-Savart, il campo dB generato
nel punto P da un segmento infinitesimo dx
è perpendicolare alla pagina, e di verso
entrante; in modulo:
x  −q
r
 0  i dx sin (q )
dB =  
x=0  4  r2
✓ Poniamo in x = 0 il punto del filo più vicino a
P, e riscriviamo r e sen(q) in funzione di x
✓ Infine integriamo in x lungo il filo tra 0 ed 
(ovvero sulla metà superiore del filo)

r 2 = x2 + R2 r sin ( − q ) = r sin (q ) = R  sin (q ) = R / r

 0i   sin (q )  0i   dx


B=   dx =  R
 4  (
 4  0 x 2 + R 2 )
3/2
0 r2
Campo magnetico generato dal filo
rettilineo infinito
 dx 1 0i
L’integrale notevole ha soluzione*  = 2 B=
(x ) 4 R
3/2
+R R
0 2 2

✓ Consideriamo infine che a ciascun elemento


infinitesimo dx nella metà superiore del filo
dx corrisponde un dx nella metà inferiore,
disposto alla stessa distanza r da P, il quale
genera lo stesso campo dB in modulo,
 −q direzione e verso
x ✓ dunque il campo generato da tutto il filo è il
doppio del campo generato dalla metà
superiore; il campo totale generato nel punto P
è quindi:
 0i
 B=
r 2 R
 −q
In pratica, la formula è valida se la lunghezza
dx del filo è molto maggiore della distanza R
tra il filo ed il punto in cui si calcola il campo
*Lo svolgimento dell’integrale è riportato nella slide successiva
Soluzione dell’integrale
Operiamo la sostituzione di variabile s→ t:
ds
I =
(s )
dt
2
+R 2 3/ 2 s = R tan(t )  ds = R
cos 2 (t )
dt 1 dt
 I = R = 2 
2
(
cos (t ) R tan (t ) + R
2 2
)
2 3/ 2 R (
cos (t ) tan (t ) + 1
2 2
) 3/ 2

1 dt 1 1
I= 2
R  2
cos (t ) cos (t )( −2
)
3/ 2
= 2
R  cos(t ) dt = 2 sin(t )
R

tan (t ) =  sin(t ) =
s s
R s2 + R2
s 1
I= =
R2 s2 + R2 R 2 1 + ( R / s)2
Campo magnetico di un filo infinito
✓ in tutti i punti dello spazio, B dipende soltanto dalla distanza R dal filo,
dunque le sue linee di flusso (in verde) sono cerchi concentrici, nel piano
perpendicolare alla direzione del filo; il campo ha simmetria cilindrica
✓ L’intensità del campo è inversamente proporzionale ad R; dunque la
densità dei cerchi si riduce allontanandosi dal filo
✓ B è sempre perpendicolare al filo e alla distanza R dal filo ed il verso di B si
ottiene dalla seguente regola della mano destra: orientando il pollice lungo
i, le 4 dita indicano il verso di B

filo perpendicolare filo perpendicolare vista laterale


entrante nella pagina vista laterale uscente dalla pagina

i
B B

Spargendo limatura di ferro su un piano perpendicolare al filo si possono


osservare le linee di flusso del campo: filmini
Campo magnetico di un filo piegato ad arco
✓ Calcoliamo il campo magnetico generato da
un arco nel suo centro di curvatura (C)
✓ In questo caso ds ed r sono sempre
perpendicolari, per cui:

 0  i ds
dB =   r2
 4 
✓ B è perpendicolare ed uscente dalla pagina
r ✓ per ottenere il campo dell’intero arco
dobbiamo integrare in ds; essendo r costante:

 0 is
B=  r2
 4 
esprimendo la lunghezza s in termini dell’angolo sotteso f in radianti, si ha:

 0  i frad
frad r =s B= 
 4  r
0i
Per frad = 2 si ha il campo generato dalla spira circolare nel centro: B=
2r
Problema 29.1
✓ Consideriamo il filo in figura, percorso da
corrente i=8 A; sia R=4 cm; calcolare
modulo, direzione e verso del campo
magnetico nel punto C
✓ Possiamo calcolare B come somma dei campi
dovuti a 3 elementi distinti: i due tratti
rettilinei è l’arco di curva nel mezzo

I tratti rettilinei non contribuiscono al campo, poiché


per ogni tratto infinitesimo del filo i vettori ds ed r sono
paralleli, dunque il corrispondente dB è nullo
0 ifrad
Per l’arco applichiamo la formula: B=
4 R
Dalla figura si vede che l’angolo sotteso è f = /2, per cui:
0 i  −7  T m  8 A 
B= = 10   =   10 −5
T
4 2 R  A  8 cm
Infine dalla regola della mano destra si ha che il campo è
diretto in verso entrante nella pagina
Problema 29.2
✓ In figura è mostrata la sezione di due lunghi fili
paralleli, in cui scorrono correnti i1 = 16 A e i2
=32 A dirette in verso opposto; sia d=4 cm
90o ✓ Determinare il campo magnetico totale
generato dai due fili carichi nel punto P in
coordinate cartesiane
✓ Determinare il modulo del campo
✓ Determinare l’angolo b che il campo totale
forma con l’asse x

Siano B1, B2 i campi magnetici generati dai due


y fili in P; essi sono perpendicolari ad R e orientati
come mostrato in figura, con angolo a=45°
rispetto all’asse x; dall’analisi geometrica si ha:
B1 B2
a = 45o R cos(45o ) = d / 2  R = d / 2

il modulo di B1, B2 è dato da:


90o
45o x 0 2 i1 0 2 i2
B1 = B2 =
2 d 2 d
Problema 29.2
Per calcolare il campo totale esprimiamo B1 e B2 in termini di componenti
cartesiane lungo x ed y:
0i1 i
B1 = − B1 cos(45o ) xˆ + B1 sin(45o ) yˆ = − xˆ + 0 1 yˆ
2 d 2 d
i i
B2 = B2 cos(45o ) xˆ + B2 sin(45o ) yˆ = 0 2 xˆ + 0 2 yˆ
B 2 d 2 d
y
ricaviamo le componenti del campo totale B

0 −7 Tm 1
B1 B2 Bx = ( 2 1)
i − i = 2  10 16 A = 8 10−5 T
b 2 d A 4 cm
a = 45o
 Tm 1
By = 0 ( i2 + i1 ) = 2  10−7 48 A = 24 10−5 T
2 d A 4 cm
90o
45o x Infine ricaviamo modulo e direzione del
campo totale lungo l’asse x:

By
B = B + B = 25.3  10 T
2 2 −5 tan( b ) = = 3  b = 71.60
x x Bx
Forze tra due fili conduttori paralleli

Bb ✓ Calcoliamo la forza esercitata tra
ẑ due fili conduttori paralleli a, b,
Fa percorsi da correnti ia, ib di verso
ŷ Fb concorde
✓ Consideriamo un riferimento con
l’asse x parallelo ai fili e z
perpendicolare al piano dei fili;
x̂ siano Ba e Bb i campi generati da ia
e ib
 0ia
Il campo generato dal filo a in un qualunque punto del filo b è: Ba = − zˆ
2 d
 i
Il campo generato da b in un qualunque punto di a è: Bb = 0 b zˆ
2 d
iiL
la forza che agisce su una sezione L del filo b: Fb = ib Lb  Ba = 0 a b yˆ
2 d
0ia ib L
La forza che agisce su una sezione L del filo a: Fa = ia La  Bb = − yˆ
2 d
Due fili percorsi da correnti concordi si attraggono con una forza uguale
in modulo e direzione ed opposta in verso (principio di azione e reazione)
Forze tra due fili conduttori paralleli
Invertiamo il verso di ib e ricalcoliamo
Fa le forze per le due correnti discordi
ẑ La
  i
Bb Il campo generato da a Ba = − 0 a zˆ
ŷ resta lo stesso: 2 d
Lb
ia Fb poiché Lb ha cambiato verso, anche la
forza che agisce su b cambia verso:
ib x̂ 
Ba 0ia ib L
Fb = ib Lb  Ba = − yˆ
2 d
 0ib
il campo generato da b cambia verso: Bb = − zˆ
2 d
iiL
La forza che agisce sul filo a: F = i L  B = 0 a b yˆ = − F
2 d
a a a b b

✓ Due fili percorsi da correnti discordi si respingono con una forza


uguale in modulo e direzione ed opposta in verso
✓ la forza è proporzionale al prodotto delle correnti e inversamente
proporzionale alla distanza tra i fili
Legge di Ampère
✓ La legge di Ampère è l’analogo magnetico della legge
di Gauss per l’elettrostatica: sfruttando principi di
simmetria, essa permette il calcolo del campo
magnetico generato da correnti in modo semplificato
rispetto alla formulazione di Biot-Savart
✓ La legge prende il nome dal fisico francese André-Marie
André-Marie Ampère, a cui è storicamente attribuita. In realtà la
Ampere (Lione formulazione rigorosa si deve al grande fisico e
1775-1836). Il suo matematico scozzese James Clerk Maxwell, il vero
nome è inciso sulla fondatore della teoria classica dell’elettromagnetismo.
Torre Eiffel
Legge di Ampère: l’integrale di linea (curvilineo)
del campo magnetico lungo un cammino chiuso è
uguale alla corrente complessiva che attraversa la
superficie delimitata dal circuito chiuso, moltiplicata
per la permeabilità magnetica del vuoto
James Clerk Maxwell  
(Edimburgo 1831-
1879). Al pari di
Newton ed Einstein, è
 B  ds = 0iint T m
0 = 4 10−7  
tra i più grandi fisici  A 
teorici della storia
Legge di Ampère
✓ Consideriamo il campo B generato
da 3 correnti perpendicolari al
piano della figura, ed il cammino
chiuso disegnato in rosso
✓ B è generato da tutte le 3 correnti,
ma solo i1 e i2 che attraversano la
superficie delimitata dal circuito
chiuso (detto Amperiano)
contribuiscono all’integrale di linea
✓ Con che segno ciascuna corrente
contribuisce all’integrale? Il segno dipende
dal verso di integrazione:
✓ supponiamo che il verso di integrazione
(ovvero di ds) sia quello della freccia
lungo il percorso: orientando le 4 dita
della mano destra nel verso
d’integrazione, sono positive le correnti
con verso concorde col pollice, negative
quelle opposte al pollice. Dunque:
 
 B  ds = 0iint = 0 (i1 − i2 )
Campo magnetico all’esterno di un filo
percorso da corrente
✓ Utilizziamo la legge di Ampère per calcolare
il campo magnetico generato da un filo
rettilineo infinito in cui scorre corrente i
✓ Sappiamo da Biot-Savart che B è
perpendicolare alla direzione del filo e al
r vettore r, e che in modulo dipende soltanto
dalla distanza r; ovvero il campo ha
simmetria cilindrica

La scelta più semplice per risolvere l’integrale sul circuito è quindi quella di
prendere un circuito circolare centrato attorno al filo, poiché lungo il cerchio il
campo è costante in modulo e sempre parallelo al vettore spostamento ds.
Dunque:  
 B  ds =  B ds =B  ds =B(2r )
Applicando quindi la legge di Ampère, si trova (molto più semplicemente che
integrando la formula di Biot-Savart):
 0i
B(2r ) = 0i  B =
2r
Campo magnetico all’interno del filo
✓ Calcoliamo il campo magnetico generato dal
filo in un punto interno alla sezione del filo
(sia R il raggio della sezione); si supponga la
densità di corrente J uniforme all’interno
del filo
✓ Il campo magnetico ha ancora simmetria
cilindrica, e stessa direzione e verso che
all’esterno del filo
✓ considerando l’integrale lungo un cerchio di
raggio r < R, si ripete lo sviluppo visto per il
campo esterno al filo, ottenendo, per la legge
di Ampére:

 B  ds = B ( 2 r ) =  0 i'
✓ Adesso i’ è la corrente che scorre internamente al cilindro di raggio r
✓ Essendo J uniforme, se A=R2 è l’area totale della sezione del filo, e A’=r2
l’area della sezione interna al circuito amperiano, si ha:

A'
i ' = JA ' = i = i
 r2 r2
=i 2
0 i ' 0i
B= = r
A R 2
R 2 r 2 R 2
Riepilogo: campo magnetico di un filo
  percorso da corrente
B ds  0i
B= esterno al filo
2 r

r
 0i
B= r interno al filo
2R 2

B(r) ha lo stesso andamento del campo


B elettrico E(r) generato da un cilindro
isolante uniformemente carico:
entrambi i campi all’interno del cilindro
crescono linearmente, all’esterno decadono
come 1/r
R
Problema 29.3
Consideriamo un cilindro cavo, di raggio interno
a=2 cm ed esterno b = 6 cm; nel cilindro scorre
una corrente uscente dal piano di densità non
uniforme J(r) = cr2, con c = 4106 A/m4; calcolare
il campo magnetico B in un punto distante r = 4
cm dall’asse del cilindro.

Sfruttiamo la simmetria cilindrica del campo


magnetico e calcoliamo l’integrale di linea su un
cerchio di raggio r centrato sull’asse del cilindro:

0iin (r )
r  B  ds = B ( 2 r ) = 0iin (r )  B = 2 r
essendo la densità di corrente non uniforme,
la corrente interna al cerchio chiuso di raggio r
deve essere calcolata dalla formula generale:

r  
iin (r ) =  J (r ' )  dA
a
Problema 29.3
Dobbiamo calcolare la corrente che scorre
all’interno della sezione cilindrica delimitata dal
circuito rosso; la corrente è perpendicolare
all’area della sezione, per cui il prodotto scalare
r' dr ' si può eliminare; consideriamo l’area disegnata
in giallo in figura, ovvero un anello di raggio r’
e spessore dr’:

dA = 2 r ' dr '
r r r 4
− a 4
 iin (r ) = 2  J (r ' )r ' dr ' = 2c  r '3 dr = 2c
a a 4
r 4 − a4  T m  A 4 4
− 2 4
 B = 0 c = 4  10−7   4  10 6
10 −6 3
m =
 A 
4
4r m 16
( )
=  44 − 24 10−7 T = 0.754 10−4 T
Il Solenoide
✓ Un caso estremamente importante in cui la
legge di Ampère è utile è il solenoide,
ovvero una bobina cilindrica in cui la
lunghezza del filo avvolto è molto
maggiore del diametro della bobina
✓ un solenoide infinitamente lungo e
formato da spire strettamente unite si
dice ideale.
✓ Nel solenoide ideale il campo magnetico è nullo al di fuori del
solenoide, uniforme e parallelo all’asse del solenoide all’interno
✓ In pratica il solenoide è lo strumento più comune per generare campi
magnetici uniformi al suo interno, e nulli all’esterno; dunque è l’analogo
del condensatore per i campi elettrici
✓ Supporre il campo nullo all’esterno è ragionevole anche per un solenoide
reale, purché la sua lunghezza sia molto maggiore del diametro, ed i punti
in cui consideriamo B sufficientemente lontani dai bordi.

✓ All’interno del solenoide


l’assunzione di B uniforme è
realistica se non si considerano
punti troppo vicini alle spire
Campo magnetico del solenoide ideale
Nel caso del solenoide ideale, il campo magnetico è:
✓ nullo in tutti i punti all’esterno del solenoide
✓ uniforme e parallelo all’asse principale all’interno del solenoide
✓ il verso del campo magnetico all’interno del solenoide è dato dalla regola
della mano destra per il solenoide: orientando le 4 dita nel verso della
corrente, il pollice dà il verso di B nel solenoide.

L’intensità del campo magnetico


si calcola facilmente dalla legge
di Ampère: calcoliamo l’integrale
di linea lungo il circuito chiuso
rettangolare abcd (in arancione
in figura)

  b  c  c  a 
 B  ds =  B  ds +  B  ds +  B  ds +  B  ds
a b d d
Soltanto l’integrale tra a e b è diverso da zero: sui lati verticali B e ds sono
perpendicolari ed il prodotto scalare è nullo, mentre fuori dal solenoide B = 0
Campo magnetico del solenoide ideale
b
 B  ds =  a
B  ds
Poiché B è uniforme e parallelo a ds
in tutti punti tra a e b, il risultato
dell’integrale di linea è
semplicemente:

b
 B  ds = a
B ds = Bh

La legge di Ampére ci dice che:


 B  ds =  i
0 int  B h = 0 iint
se i è la corrente nelle spire del solenoide ed n il numero di spire per unità di
lunghezza, la corrente totale iint che interseca la superficie rettangolare
racchiusa dal loop è:
iint = i n h
 Bh = 0inh  B = 0in
Problema 29.4
Consideriamo un solenoide lungo L=1 m, e diametro interno d =3 cm,
composto da 5 strati di spire, ciascuno con N = 1000 spire, in cui scorre una
corrente i=5 A. Calcolare B nel centro del solenoide.
h
Essendo L >> d si può supporre il
solenoide ideale. Dalla legge di Ampére
 sappiamo che il campo vale:
d B
B = 0 i n
L
ipotizzando la densità di spire n uniforme, e considerando i 5 strati,
otteniamo:
1000
n = 5 = 5000 m −1
L

Tm
 B = 4 10  5 A  5000 m −1 =  10−2 T
−7

A
NB: d non entra nell’espressione di B, serve soltanto a definire il carattere
ideale del solenoide
Campo magnetico del toroide
✓ Il toroide è un solenoide ripiegato a
ciambella; nella figura in basso vediamo le
spire del toroide tagliate in sezione
✓ si intuisce che le linee di campo
magnetico interne al toroide debbono
essere circonferenze centrate nel
centro del toroide
✓ Il verso della corrente è uguale a quello del
solenoide visto in precedenza: la corrente
esce dalle spire esterne, ed entra in quelle
interne; per la regola della mano destra, B
è orientato in verso orario (linee verdi)
✓ Utilizzando il circuito Amperiano di raggio r,
(linea arancione), calcoliamo l’integrale
curvilineo percorrendo il loop in senso
orario, cosicché B e ds siano paralleli e
concordi, ed il loro prodotto scalare sia
positivo
Campo magnetico del toroide
✓ Per simmetria radiale il campo è uniforme
in modulo e sempre tangenziale al circuito
amperiano in ogni suo punto, per cui la
circuitazione del campo è:

 B  ds = B(2 r )
✓ dalla legge di Ampére:

B(2 r ) = 0i N
✓ Si noti che le N correnti interne al loop
sono entranti nel foglio, per cui,
integrando in senso orario, vanno presa
col segno positivo, come prescritto dalla
regola della mano destra; dunque:

0 iN
B=
2 r
Campo magnetico del toroide
✓ Considerando un circuito Amperiano
esterno al toroide (giallo) oppure interno
alla cavità delimitata dal toroide (rosso)
✓ vediamo che in entrambi i casi la
corrente totale che attraversa l’area
racchiusa dal circuito è
complessivamente nulla
✓ Dunque il campo magnetico esterno
alla superficie del toroide è sempre
nullo
L’area delimitata dal circuito rosso non è
attraversata da spire, per cui i =0

 B  ds = B(2 r ) = 0  B = 0
L’area delimitata dal circuito giallo è attraversata da N fili con corrente
entrante nel foglio, ed N fili con corrente uscente, per cui in totale:

 B  ds = B(2 r ) =  ( Ni − Ni ) = 0  B = 0
0
Campo magnetico generato dalla
bobina
✓ La bobina in campo magnetico si
comporta come un dipolo magnetico di
momento  = NiA, la cui direzione dipende dal
verso della corrente, secondo la regola della
mano destra
✓ Come il dipolo magnetico ed ogni circuito
percorso da corrente, anche la bobina
produce il suo campo magnetico; ma a
differenza del solenoide e del toroide, la
bobina non ha simmetria così elevata da
permettere l’utilizzo della legge di Ampère, per
cui il calcolo di B richiede l’uso di Biot-Savart
✓ Lungo l’asse perpendicolare al piano, B è
simile a quello generato da un dipolo
magnetico, con la faccia superiore della spira
che funge da polo nord, e quella inferiore da
polo sud
✓ Nei dintorni della spira il campo si discosta radicalmente da quello tipico
del dipolo magnetico, e approssima quello del filo rettilineo, con centri
concentrici che si diradano allontanandosi dal filo
Campo magnetico generato dalla bobina
lungo l’asse
ẑ Per una bobina di area A, corrente i, ed N spire, si
dimostra che il campo B generato lungo l’asse z
 perpendicolare al piano della bobina e passante per il
B centro è dato da:
0   = NiA zˆ
B( z ) =
2 ( R 2 + z 2 )3/2


R B è proporzionale al momento di dipolo, ed ha quindi
stessa direzione e verso di 
i
nel centro della bobina (z=0)*:
0  0 Ni
B(0) = = zˆ
2 R 3
2R

*stessa formula ottenuta applicando Biot-Savart all’arco


Campo magnetico generato dalla bobina
lungo l’asse
nei punti lontani dalla spira (z >> R):

 0  0 
B B( z ) =
2 z 3 ( ( R / z ) 2 + 1)3/2 2 z 3


 ✓ questa espressione per B è valida non solo per la
R bobina ma anche per il campo generato da un
qualsiasi dipolo magnetico di momento  lungo
l’asse del dipolo
i
✓ L’espressione di B ha una forte analogia col
campo del dipolo elettrico calcolato lungo l’asse del
dipolo:
1 1
E( z) = p p = qd
2 0 z 3
Sommario: campi magnetici generati da
correnti   
 0  i ds  r
Legge di Biot-Savart dB =  
P  4  r
3

Permeabilità T m
0 = 4 10−7  
magnetica del vuoto  A 

Filo rettilineo infinito: Nel centro di


simmetria cilindrica curvatura
dell’arco:
 0i 0 i frad
B= B=
2 R 4 R

Bb
ẑ 
Forza tra fili paralleli
Fab

0 ia ib
F= L
x̂ 2 d
Sommario: campi magnetici generati da
correnti
Legge di Ampère esterno al
  filo:
 B  ds = 0iint = 0 (i1 − i2 ) B=
 0i
2 r

r interno al
filo:
 0i
Nel solenoide ideale: B = 0in B= r
2R 2

Lungo l’asse della bobina, lontano


dalla bobina (anche per un qualsiasi
dipolo magnetico):

 
0 
B( z ) =
Nel toroide 2 z 3
0 i N
B=
2 r
Corrente di spostamento
Corrente di spostamento
σ Q
=
E =
ε0 ε0 A

Q= ε 0 EA= ε 0 Φ E ΦE = ∫ E ⋅ dS
dQ dΦE dΦE
I = ε0
= IS = ε0 Corrente di spostamento
dt dt dt

 dΦE 
∫ B =
⋅ d r µ 0 ∑ i + ε   d 
∫ B ⋅ d=r µ0  ∫ j ⋅ ds + ε 0 dt ∫ E ⋅ ds 
0
 dt 
Corrente di spostamento
Induzione magnetica
✓ La scoperta di Oersted (1820) che correnti
elettriche, e dunque campi elettrici, sono in grado
di generare campi magnetici fu sbalorditiva
✓ altrettanto sorprendente fu scoprire che è vero
anche il viceversa, ovvero che i campi magnetici
sono in grado di generare campi elettrici e
quindi correnti elettriche
✓ Il legame tra campo magnetico e campo elettrico
da questo generato è descritto dalla legge di
Michael Faraday
Faraday sull’induzione magnetica o
(Southwark, UK,
elettromagnetica (1831)
1791 – 1867)
✓ L’induzione magnetica è alla base di moltissime
applicazioni industriali, e anche di molti
strumenti elettronici di uso comune: dalla
chitarra elettrica ai generatori elettrici, dalle piastre
da cucina ai grandi forni ad induzione delle fonderie
Aspetti fenomenologici dell’induzione
1) Consideriamo una spira isolata, con un
amperometro inserito per misurare
corrente; non c’è generatore né corrente
nella spira
2) Avviciniamo un magnete in modo che le
linee di campo del magnete entrino nella
spira: l’amperometro segna una corrente
nel circuito
3) Manteniamo il magnete immobile vicino alla
spira: la corrente cessa
4) Allontaniamo il magnete dalla spira:
compare una corrente di verso opposto.
✓ si genera corrente solo se spira e magnete sono in moto relativo,
ovvero se uno dei due si muove rispetto all’altro; se sono fermi non
succede nulla
✓ un moto più veloce produce corrente più intensa
✓ se ripetiamo l’esperimento invertendo il verso del magnete (col polo sud
più vicino alla spira) la corrente nella spira si inverte
✓ La corrente che compare nella spira è detta corrente indotta, la d.d.p. è
detta forza elettromotrice indotta, e il fenomeno induzione
elettromagnetica
Flusso del campo magnetico
✓ Faraday capì che la corrente indotta nella spira è generata dalla
variazione nel tempo dell’intensità del campo magnetico che
attraversa la spira, ovvero dalla variazione nel tempo del numero di
linee di forza che attraversano l’area della spira
✓ Dunque, non conta l’intensità del campo, ma il fatto che questo vari
nel tempo; quanto più rapida è questa variazione, tanto più forte la
corrente indotta
✓ Il campo magnetico attraverso la spira è quantificato dal FLUSSO, che dà
il numero di linee di campo che attraversano la superficie della spira:

  flusso del campo magnetico


 B =  B  dA attraverso la superficie A
A

✓ Nel caso più semplice di una spira piana di area A, e di un campo uniforme
su tutti i punti della superficie e perpendicolare alla superficie:

 B = BA
✓ L’unità di misura del flusso magnetico è il Weber (Wb): Wb = T m 2
Legge di Faraday
✓ La variazione nel tempo del flusso magnetico attraverso l’area
della spira induce nella spira una forza elettromotrice uguale alla
derivata del flusso rispetto al tempo, cambiata di segno
 B
E =−
t
✓ Generare una f.e.m. nel circuito chiuso equivale ad inserire nel circuito una
batteria; è come se la variazione del flusso facesse magicamente
apparire una batteria lungo la spira in grado di far circolare corrente !
✓ Il segno (–) nella legge di Faraday indica che la corrente indotta si
oppone all’aumento del flusso (legge di Lenz)
✓ Se invece di una singola spira si ha una bobina con N spire, le f.e.m.
indotte su ciascuna spira si sommano come N batterie collegate in serie;
per cui la f.e.m. totale indotta nella bobina è
 B
E = −N
t
Si noti che vi sono diversi modi per far variare il flusso attraverso la spira:
✓ Utilizzando un campo B variabile nel tempo
✓ Variando l’area o deformando la spira se essa è deformabile
✓ Se B è non uniforme variando la posizione della spira rispetto al campo
✓ Ruotando la spira, in modo che cambi l’angolo tra B e dA
Legge di Lenz
✓ Avvicinandosi o allontanandosi dalla spira, il campo B prodotto dal
magnete nel piano della spira aumenta o diminuisce di una quantità che
chiamiamo DB
✓ La legge di Lenz ci dice che la corrente i indotta nella spira ha verso tale
che il campo magnetico Bi generato dalla corrente è sempre opposto a DB
(Heinrich Friedrich Lenz, 1834)
Problema 30.1
✓ Consideriamo un solenoide ideale con n=200 spire/cm, percorso da
corrente i0= 5 A, il cui verso è indicato in figura; la corrente nel solenoide
viene diminuita linearmente nel tempo, fino a diventare nulla dopo un
tempo Dt=40 ms; nel centro del solenoide è inserita una bobina di
sezione circolare con N=100 spire, e diametro d=2 cm;
✓ calcolare la f.e.m. indotta nella bobina mentre la corrente del solenoide
varia, ed il verso della corrente indotta nella bobina

Nel solenoide ideale il campo è (il verso è lungo l’asse x positivo):


B = 0i n xˆ
La corrente del solenoide viene ridotta linearmente nel i (t ) = i0 − ct
tempo, per cui varia secondo la legge:

La corrente deve annullarsi i0  t  i i0


c=  i (t ) = i0 1 − ; =−
dopo un tempo Dt per cui: Dt  Dt  t Dt
Problema 30.1
n=200 spire/cm; i0=5 A; N=100 spire; d=2 cm; Dt=40 ms

Essendo B perpendicolare all’area A della bobina, il flusso di B attraverso


l’area è:
 B = BA = B  cm 2
Dalla legge di Faraday:
 B B i i
E = −N = − NA = − 0 nNA = 0 nNA 0
t t t Dt
Tm 2 104 5A −2 Tm
2
E = 4  10−7
100   10 m
−4 2
−3
=  2
 10 =  2
 10 −2
V
A m 40 10 s s

m2 N m2 J J
T = = = =V
s Am s As C
Problema 30.1

✓ B è diretto verso l’asse x positivo, ma la


corrente del solenoide decresce col tempo,
dunque dB/dt è diretto in senso opposto;
per la legge di Lenz, la corrente nella bobina
  deve scorrere in verso tale da generare un
B  B campo indotto Bin che si opponga alla
variazione del campo esterno; dunque Bin è
t Bin concorde con B ed opposto a dB/dt.
✓ Si noti un altro modo per leggere la legge di
Lenz: poiché la corrente del solenoide
diminuisce nel tempo, la corrente
indotta nella bobina fluisce nello stesso
verso in modo da compensarne la
riduzione
Problema 30.2
In figura vediamo una spira di resistenza R
connessa ad una batteria; la spira è formata da
un semicerchio di raggio r e 3 tratti rettilinei; il
semicerchio è immerso in un campo magnetico B
variabile nel tempo, perpendicolare e uscente dal
piano
Ebat = 1V ; R = 2 ; r = 10 cm; ( )
B = 4t 2 + 2t + 3 T
a) Calcolare la f.e.m. indotta ed il verso della
relativa corrente indotta nella spira all’istante t=10 s
 r2
Il flusso magnetico attraverso il semicerchio è:  B = BA = B
2
B (t )  r 2 T  r2
La f.e.m. indotta: Ei = − = − ( 8t + 2 )
t 2 s 2
T   10−2 m 2
All’istante t=10 s: Ei = − ( 80 + 2 ) = −0.41 V = −1.29 V
s 2
B è uscente dalla pagina e la sua variazione dB/dt positiva; dunque iin deve
circolare in senso orario, in modo da generare un campo indotto che si
opponga alla variazione di B
Problema 30.2
b) Calcolare la corrente totale nella spira all’istante t=10 s
✓ La variazione del flusso magnetico
genera quindi una f.e.m. indotta (e
i dunque una ‘batteria indotta’) il cui
verso è opposto a quello della batteria
reale inserita nel circuito
✓ Supponiamo il verso della corrente
totale i orario, come indicato in figura,
e risolviamo l’equazione di Kirchoff:
ibat iin
Ein − Ebat
Ein − Ebat = Ri  i =
Ei R
0.29 V
i= = 0.145 A
Ebat = 1V ; Ei = 1.29 V 2

✓ la f.e.m. indotta è più forte di quella della batteria reale, per cui impone
alla corrente il suo verso di percorrenza
Problema 30.3
La spira rettangolare in figura di lati a e b
giace in un campo magnetico non uniforme
e variabile nel tempo, perpendicolare alla
pagina, di verso entrante

B = ( 4x t )T
b
a = 3m b = 2 m 2 2

Calcolare la f.e.m. indotta ed il verso della x


corrente indotta nella spira all’istante t = 0.1 s a
a b  2 a3  2
 B =  B  dA =  B dA = 4t 2
 dx x  dy =  4t
2
b  Tm
A A
0 0
 3 
 B 8 3 Tm 2 8
 Ei = − =− ta b = − t a 3b V
t 3 s 3
Per t=0.1 s (tralasciamo il segno -): Ei = ( 8 / 3)  0.1 27  2  V = 14.4 V

Poiché B è entrante nella pagina e la sua variazione nel tempo positiva,


anche DB è entrante; dunque il campo indotto deve essere uscente dalla
pagina, e la corrente indotta deve circolare in senso antiorario
Induzione e trasferimento di energia
✓ Se avviciniamo la barra magnetica alla spira sentiamo una forza
repulsiva che tende a repellere la barra e la spira: dobbiamo applicare una
forza e dunque spendere una certa energia per avvicinare spira e barra
magnetica
✓ Se allontaniamo la barra magnetica dalla spira sentiamo una forza
attrattiva che tende ad avvicinare la barra e la spira: dobbiamo applicare
una forza e dunque spendere energia per allontanarle
A cosa è dovuta questa necessità di esercitare forza dall’esterno e spendere
energia per spostare il magnete ?
✓ la spira (se non superconduttiva)
ha una propria resistenza,
F F dunque far circolare corrente
indotta richiede un’energia
termica (effetto Joule) da
spendere nel circuito
✓ una corrispondente quantità di
  energia meccanica deve
Bi DB dunque essere fornita dall’esterno

Calcolare questa energia nel caso in figura, in cui è presente un campo


magnetico non uniforme, è complicato; consideriamo un caso più semplice
Induzione e trasferimento di energia
✓ consideriamo un campo B uniforme entrante
nella pagina all’interno della regione
tratteggiata, ed una spira rettangolare
immersa nel campo, di resistenza R
✓ estraiamo la spira dal campo muovendola
con velocità v costante; durante l’estrazione,
il flusso magnetico attraverso la spira
ovviamente diminuisce
✓ se x è la porzione di lato orizzontale della
spira immersa nel campo, si ha:
 
x̂  B =  B  dA =  B dA = BLx
A A

 B
Per v costante: x = b − vt  = − BLv
t
la corrente indotta deve generare un campo Bi che compensa la diminuzione
del flusso, dunque concorde con B; ne segue che i circola in senso orario,
come in figura
 B BLv
Ei = − = BLv; i =
t R
Induzione e trasferimento di energia
✓ A seguito della corrente indotta, sui lati
della spira immersi nel campo si generano
forze di Lorentz; sui lati orizzontali le forze
sono uguali ed opposte in verso, dunque
possiamo limitarci a considerare soltanto la
forza sul lato verticale F1 :
 L2 B 2v
F1 = −i LB xˆ = − xˆ
R
✓ Dunque, appena iniziamo ad estrarre la
spira, si genera la forza F1 che cerca di
x̂ risucchiare la spira all’interno del campo (si
noti che F1 è costante, essendo v costante)

✓ Per estrarre la spira dal campo è necessario applicare una forza uguale in
modulo ed opposta in verso ad F1; il lavoro meccanico necessario ad
estrarre un tratto dx della spira è:

dL = F1 dx
Induzione e trasferimento di energia
✓ Calcoliamo quindi la potenza meccanica
necessaria ad estrarre la spira (sfruttiamo
il fatto che F1 non varia nel tempo):

dL dx L2 B 2v 2
P= = F1 = F1 v =
dt dt R
✓ Calcoliamo la potenza dissipata sulla spira
in energia termica:
2 2 2
L Bv
x̂ P=i R=
2

R
✓ Come volevasi dimostrare: la potenza dissipata in energia termica
dalla corrente indotta è uguale alla potenza meccanica che si deve
spendere per estrarre la spira dal campo magnetico
✓ Se invece di essere estratta dalla regione di campo la spira viene
inserita, il flusso del campo aumenta e la corrente cambia verso, così
come F1, per cui la spira viene respinta dalla forza di Lorentz; i valori
assoluti della forza e la potenza ovviamente restano invariati
Il campo elettrico indotto
✓ Se un campo magnetico variabile nel tempo genera una f.e.m. in un
circuito conduttore attraversato dal flusso, deve anche esistere un
campo elettrico indotto E che muove le cariche nel circuito
✓ La f.e.m. indotta nel circuito non è altro che il lavoro del campo
elettrico indotto, necessario a far circolare la carica unitaria
✓ se V+ e V- sono i poli della ‘batteria indotta’, la f.e.m. è:

E = V+ − V− =  E  ds
 B
✓ La legge di Faraday si può quindi riscrivere*:
 E  ds = −
t
✓ Ovvero un campo magnetico variabile nel tempo genera un campo
elettrico indotto la cui circuitazione attorno ad un qualsiasi circuito
chiuso attraversato dal flusso magnetico è uguale a meno la derivata
rispetto al tempo del flusso magnetico che attraversa il circuito
✓ Il campo elettrico indotto esiste a prescindere dalla presenza di un
conduttore: nello spazio vuoto o in assenza di cariche mobili non ci può
essere corrente indotta, ma il campo elettrico generato per induzione
magnetica esiste comunque !
*se la variazione di flusso è dovuta allo spostamento della spira, anche la forza di Lorentz compie
lavoro e contribuisce alla f.e.m, per cui le formule diventano più complesse
Il campo elettrico indotto dal campo
magnetico uniforme in simmetria cilindrica
✓ Calcoliamo il campo elettrico indotto in un caso
semplice di alta simmetria: il solenoide ideale
✓ nel volume cilindrico di raggio R (la cui sezione è
disegnata in giallo) è presente un campo
magnetico uniforme perpendicolare alla pagina di
verso entrante; sia B(t) variabile nel tempo
✓ Consideriamo un cerchio di raggio r interno al
cilindro; la variazione del campo genera una f.e.m.
lungo il cerchio; supponendo dB/dt > 0, per Lenz la
f.e.m. indotta deve avere verso antiorario
✓ In queste condizioni, possiamo ipotizzare che il campo elettrico abbia
simmetria cilindrica, ovvero giaccia nel piano perpendicolare al campo e
dipenda unicamente da r
✓ Inoltre deve essere tangenziale al cerchio in ogni punto*, ed avere
verso concorde con la f.e.m. indotta; dalla legge di Faraday si ricava
(tralasciamo il segno -):
 B B 1 B
 E  ds = E ( 2 r ) = =  r  E (r ) =
2
r
t t 2 t
*per simmetria, il campo elettrico potrebbe anche essere tangenziale al raggio, ma in tal caso
dovrebbero esserci cariche lungo l’asse del solenoide, come conseguenza della legge di Gauss
Il campo elettrico indotto dal campo
magnetico uniforme in simmetria cilindrica
✓ Essendo B uniforme, si ricava che all’interno del solenoide l’intensità del
campo elettrico indotto cresce linearmente con r
✓ Le linee di flusso di E sono cerchi concentrici con l’asse del cilindro,
ed il verso delle linee è dettato dalla legge di Lenz
✓ poiché l’intensità del campo indotto cresce con r, i cerchi si addensano
allontanandosi dal centro
✓ Applichiamo la legge di Faraday al calcolo del campo elettrico indotto in un
punto r esterno al volume cilindrico (tralasciando il segno -):
 B B
 E  ds = E ( 2 r ) = =  r2
t t
L’intensità del campo è quindi:

1 B R 2
E (r ) =
2 t r
✓ benché il campo magnetico sia nullo, il campo
elettrico indotto esiste anche al di fuori del
solenoide, ma l’intensità decresce in modo
inversamente proporzionale ad r
Problema 30.4
r
✓ Consideriamo un campo magnetico
uniforme B(t) variabile nel tempo
all’interno di un solenoide ideale di raggio
R = 8 cm, perpendicolare alla pagina, di
verso entrante; sia dB(t)/dt = 0.1 T/s

✓ Calcolare il campo elettrico per r = 5 cm


Essendo B uniforme ed r interno al volume
cilindrico (freccia rossa):
1 B 1 T V
E (r ) = r = 0.1  5 10−2 m = 2.5 10 −3
1 B 2 t 2 s m
E= r
2 t
1 B R 2 ✓ Calcolare il campo elettrico in r = 12 cm
E= (fuori dal cilindro, freccia blu)
2 t r

1 B R 2 1 T 64 10−4 m 2
E (r ) = = 0.1
2 t r 2 s 12 10−2 m
V
R = 2.7 10−3
m
Campo elettrico indotto e campo elettrico
di Coulomb
✓ Il campo elettrico indotto, generato dalla variazione di flusso
magnetico, è tanto reale quanto quello Coulombiano generato
dalle cariche elettriche; entrambi possono esistere nel vuoto o
all’interno della materia; ci sono però due differenze importanti:

1) le linee di flusso del campo elettrico di Coulomb hanno sempre un inizio


(sgorgano dalla carica positiva) ed una fine (muoiono nella carica
negativa); al contrario, le linee del campo indotto sono sempre linee
chiuse, non possono né iniziare né finire in alcun punto dello spazio
2) Il campo elettrico di Coulomb è conservativo, per cui il lavoro compiuto
dal campo lungo un tragitto chiuso è sempre NULLO; al contrario, il
campo elettrico generato dal flusso magnetico è non conservativo,
come si evince dalla relazione:

E = V+ − V− =  E  ds
✓ Essendo il percorso chiuso, i potenziali V+ e V- sono riferiti allo stesso
punto dello spazio, dunque se il campo fosse conservativo dovrebbero
essere uguali, e l’integrale sarebbe nullo
Induttori e induttanze
✓ L’induttore è un dispositivo in grado di
generare un campo magnetico di forma
specifica; è dunque l’analogo magnetico del
condensatore
✓ Tipici induttori sono solenoidi, toroidi, e bobine
✓ Come i condensatori sono caratterizzati dalla
capacità, gli induttori sono caratterizzati
dall’INDUTTANZA: dato un induttore con N spire,
corrente i, e flusso magnetico B, si definisce
induttanza:

N B
L=
i
✓ Il prodotto NB si definisce flusso concatenato, e
rappresenta il flusso totale del campo magnetico
generato dall’induttore attraverso l’intera sezione
dell’induttore
✓ l’induttanza è quindi il flusso concatenato per
unità di corrente
Analogia tra capacità e induttanza
✓ Vi è una chiara analogia concettuale tra capacità e induttanza:
✓ la capacità è il rapporto tra carica q ai piatti del condensatore e la d.d.p.
DV necessaria per caricare le armature con carica q
✓ l’induttanza è il rapporto tra flusso magnetico totale nell’induttore e
corrente nel filo necessaria per generare quel flusso magnetico

q N B
C= L=
DV i
✓ Dunque, per una data tensione o corrente di input, capacità ed induttanza
danno una misura dell’intensità dei campi elettrici e magnetici
generati dallo strumento, e di conseguenza dell’energia elettrica e
magnetica da essi immagazzinata
✓ C ed L sono entrambe dipendenti da soli fattori costitutivi dello strumento
Unità di misura dell’induttanza
✓ L’unità di misura dell’induttanza è l’Henry (H),
dal nome di Joseph Henry
✓ Americano, contemporaneo di Faraday, Henry
scoprì l’induzione magnetica nello stesso anno di
Faraday (1831) ma non ebbe modo di rendere
pubbliche le sue ricerche
✓ sempre nel 1831 Henry costruì il primo prototipo
di motore elettrico, facendo ruotare un magnete
nel campo magnetico generato da una bobina Joseph Henry
percorsa da corrente (Albany, 1797 –
Washington, 1878)
✓ un Henry è uguale a un Weber su un Ampère:

Tm 2 Wb
L = = =H
A A
Induttanza del solenoide
Consideriamo un solenoide ideale lungo
l, densità di spire n, e corrente i; il
 campo magnetico al suo interno è

B = 0in
il flusso magnetico attraverso l’intera sezione di area A è:

 B = BA = 0inA
l’induttanza del solenoide è:
NB n l B
L= = = 0 n 2lA
i i
l’induttanza per unità di lunghezza:
L
= 0 n 2 A
l
✓ Analogamente alla capacità, anche l’induttanza dipende unicamente
da fattori geometrici
Induttanza del toroide
✓ Consideriamo un toroide con N spire,
raggio di curvatura r, corrente i, e
sezione interna di raggio R
✓ per semplicità assumiamo lo spessore
r del toroide piccolo rispetto alla
lunghezza, ovvero r >> R; in questo
modo possiamo supporre il campo
magnetico all’interno uniforme:

0 N i
B=
l’induttanza del solenoide è: 2 r
il flusso concatenato è quindi:

0 N 2iR 2
N  B = N BA = N B  R 2 =
2r
R
N  B 0 N 2 R 2
L= =
i 2r
Autoinduzione magnetica
✓ Un campo magnetico variabile nel tempo genera una f.e.m. ed una
corrente indotta in un qualsiasi circuito immerso nel campo
✓ Se il campo magnetico è a sua volta generato da una bobina o da un
circuito qualsiasi, una f.e.m. indotta verrà generata dal campo
magnetico anche nella bobina generatrice del campo: in tal caso si
dice che la f.e.m. è autoindotta
✓ Proprio come una qualsiasi f.e.m. indotta, anche la f.e.m. autoindotta
obbedisce alla legge di Faraday-Lenz
✓ Consideriamo un induttore qualsiasi, caratterizzato da N spire, corrente i,
e flusso magnetico B; per definizione, flusso e corrente sono legate dalla
relazione:
iL = N B
✓ Deriviamo rispetto al tempo questa uguaglianza, considerando che negli
induttori L è tipicamente costante, per cui il flusso varia esclusivamente
attraverso la variazione di corrente

i  B
L =N
t t
✓ Sostituendo questo risultato nella legge di Farady, otteniamo la legge
dell’autoinduzione magnetica:
Autoinduzione magnetica
✓ Se la corrente dell’induttore varia nel nel tempo, nell’induttore si
genera una f.e.m. autoindotta data da:
 B i
EL = − N = −L
t t
✓ Si noti che la f.e.m. autoindotta NON DIPENDE dall’intensità della
corrente i(t), ma dalla sua derivata nel tempo di/dt, ovvero da quanto
rapidamente la corrente varia nel tempo
✓ Legge di Lenz: il verso della corrente autoindotta è sempre tale da
opporsi alla variazione di i(t); consideriamo la bobina in figura, e
assumiamo per i(t) il verso dato dalla freccia gialla
i diminuisce
i aumenta
 DB
 Bi
B 
Bi
DB
i iin i iin i
✓ Se i(t) cresce la corrente autoindotta si oppone all’incremento, per cui
scorre in verso opposto ad i(t); se i(t) decresce, la corrente indotta è
concorde con i(t) in modo da compensarne il decremento
Problema
Consideriamo un solenoide ideale lungo l
=10 cm, densità di spire n =10/cm,
 raggio R=1 cm; supponiamo che la
corrente nel solenoide i vari nel tempo con
legge sinusoidale; il verso della corrente
positiva è quello indicato in figura

i = i0 sin (t ) i0 = 1A  = 100 (rad / s )


✓ Calcolare l’induttanza del solenoide
✓ Calcolare la f.e.m. autoindotta agli istanti t=5 ms, t=100 ms, t=1 s
✓ specificare per ciascun istante se la f.e.m. è concorde o discorde col verso
della corrente positiva
Tm 102
L = 0 n lA = 4  10
2
 2  10−1 m   cm 2 = 4 2  H = 39.5 H
−7

A cm
i rad  rad 
EL = − L = − Li0 cos (t ) = −39.5 H A  100 cos 100 t
t s  s 
 rad 
= −3.95 mV cos 100 t
 s 
Problema

 verso della corrente positiva

i = i0 sin (t ) i0 = 1A  = 100 (rad / s )

5 ms : EL = −3.95 mV cos ( 0.5 rad ) = −3.95 mV  0.88 = −3.47 mV


100 ms : EL = −3.95 mV cos (10 rad ) = −3.95 mV  −0.84 = 3.31 mV
1 s : EL = −3.95 mV cos (100 rad ) = −3.95 mV  0.86 = −3.41 mV

Il segno di Lenz indica il verso della corrente autoindotta rispetto a quello


della corrente positiva, per cui agli istanti t = 5 m e t =1 s la f.e.m. spinge la
corrente in verso opposto a quello indicato in figura, mentre per t = 100 ms
essa è concorde col verso indicato in figura
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Specchi Piani
• Uno specchio è una superficie in grado di riflettere
totalmente un raggio incidente in una direzione
stabilita. (legge di Snell)

SORGENTE IMMAGINE

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Costruzione
immagine puntuale
• Data la posizione
dell’occhio , solo UNA
PICCOLA PARTE dei
raggi emessi da O
vengono percepiti
dall’occhio; sono quelli
riflessi da una piccola
porzione dello specchio.

• Il cervello è ingannato e
costruisce un’immagine
VIRTUALE della
sorgente
Costruzione dell’immagine di un
oggetto esteso
Costruzione Costruzione immagine
immagine estesa puntuale per gli “estremi”
dell’oggetto
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Specchi Sferici

Immagini per
differenti
distanze focali
Costruzione Immagini Specchi Sferici
Bastano due soli dei 4 Raggi sottoelencati per costruire l’immagine dell’oggetto:
1)Il Raggio parallelo all’asse ottico, si riflette passando dal fuoco.
2)Il Raggio passante per il fuoco che viene riflesso parallelamente all’asse ottico
3)Il Raggio passante per il centro, è riflesso su se stesso
4)Il Raggio riflesso dallo specchio nel punto c, si riflette in direzione simmetrica rispetto
all’asse ottico
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Diottro sferico e punti coniugati
Se la superficie di separazione fra due mezzi è curva possono
succedere fenomeni più complessi. Questo è il caso del diottro la cui
superficie è sferica. Si può dimostrare che se ho una sorgente
luminosa puntiforme nel punto P i raggi da essa generati si
ricongiungono tutti in un punto Q. La posizione dei due punti è data da:"

B
p = PV
q = VQ
n p nq nq − n p A
+ =
p q R

I punti P e Q sono detti punti coniugati. Il punto V è il vertice del diottro.


Il raggio R è positivo se il diottro è convesso, ovvero se il punto C sta
fra V e Q. I piani passanti per P e Q perpendicolari allʼasse del diottro
(direzione PQ) sono detti piani coniugati. "
Formazione dell’immagine e ingrandimento
Se pongo una immagine (es. disegno) nel primo piano coniugato
otterrò nel secondo piano coniugato una copia di questa immagine in
scala e rovesciata. Il rapporto fra le dimensioni delle due immagini è
dato da: "

A q

A' B' A'C q − R


G= = =
AB AC p + R

I coefficiente G è detto ingrandimento. Avvicinando A a V otterrò in


ingrandimento sempre crescente purchè p < fp, ovvero si formi una
immagine per q > 0."
Lenti sottili
Le lenti sottili sono quelle lenti il cui spessore è piccolo rispetto al
raggio di curvatura della superficie della lente. Di fatto una lente è
immaginabile come una coppia di diottri e come tale va studiata."

Le lenti sottili hanno anche unʼaltra caratteristica importante: lʼindice di


rifrazione al di fuori della lente è lo stesso a destra e a sinistra. Se si
immagina la lente fatta di vetro ed immersa in aria potremo
approssimare n1 ~ 1. "
Doppio diottro
Immaginiamo il nostro doppio diottro, con la sorgente in P. Il punto
coniugato di P per il primo diottro sarà Q. La distanza q sarà:"

Q V V’ Q’

1 n n −1 Notare la scelta dei segni. Ora q>0 se Q è a


− = sinistra. Il raggio R1 >0 perchè il punto C è a destra
p q R1
del vertice V. "


Doppio diottro
Lʼimmagine che arriva al secondo diottro sembrerà provenire dal punto
Q. A questo punto i raggi si incontrano nel punto coniugato Qʼ. La
distanza qʼ sarà:"

Q V V’ Q’

A
A

n 1 1− n Per la seconda superficie le distanze sono misurate


+ = dal vertice Vʼ della seconda superfici. Il raggio R2 <0
p' q' R2
perchè il punto Cʼ è a sinistra del vertice Vʼ. "


Doppio diottro
A questo punto basta risolvere il problema delle due equazioni
accoppiate per ottene qʼ in funzione di p:"
1 n n −1
− =
p q R1
Q V V’ Q’

n 1 1− n
+ = B
p' q' R2

1 1− n 1 1− n
+ + =
1 n An −1
p' = q + s p R1 q' R2

s << q − = 1 1 1− n 1− n
p q R1 + = −
p' = q p q' R2 R1
n 1 1− n
n 1 1− n = + ⎛ 1
+ = q p R1 1 1 1 ⎞
q q' R2 + = (1 − n)⎜ − ⎟
p q' ⎝ R2 R1 ⎠



Lunghezza focale della lente sottile in aria
Alla fine, con la condizione s << q, ovvero per le lenti sottili in aria
abbiamo ottenuto lʼequazione per i punti conuigati della lente sottile:"

1 1 ⎛ 1 1 ⎞ Q V V’ Q’
+ = (1 − n)⎜ − ⎟
p q' ⎝ R2 R1 ⎠ B

€ Se mando uno dei punti coniugati allʼinfinito ottengo lʼequazione per la


lunghezza focale della lente A
sottile:"

1 ⎛ 1 1 ⎞
= (1 − n)⎜ − ⎟
f ⎝ R2 R1 ⎠


Lunghezza focale e punti coniugati
Alla fine si deduce per una lente sottile una relazione importante fra
lunghezza focale e posizione dei punti coniugati:"

1 1 ⎛ 1 1 ⎞
+ = (1 − n)⎜ − ⎟
p q ⎝ R2 R1 ⎠
⎛ 1 1 ⎞
1
= (1 − n)⎜ − ⎟ B
f ⎝ R2 R1 ⎠

1 1 1
+ = A
€ p q f

La somma dei reciproci delle distanze coniugate è uguale al reciproco


della lunghezza focale. La formula può anche essere scritta come:"

f⋅q f⋅ p
p= q=
f −q f −p

€ €
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