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Paolo Agnes
1 Il modello di Drude
Il modello proposto da Drude, proposto all'inzio del XX secolo, per descrivere
il meccanismo di conduzione nei metalli trae spunto dalla teoria cinetica
dei gas, nonostante si abbiano da trattare simultaneamente almeno due tipi
di particelle dalle proprietà radicalmente dierenti (gli elettroni e gli ioni
positivi). Punto cardine della teoria è la proposta di considerare immobili
gli ioni positivi e completamente delocalizzati gli elettroni di valenza, liberi
di muoversi all'interno della struttura macroscopica. Gli altri elettroni, quelli
appartenenti ai livelli più interni, restano invece localizzati in prossimità dei
nuclei cui appartengono.
Un'altra sostanziale dierenza riguarda la densità delle particelle in esa-
me, dell'ordine di 1022 e− /cm3 per i metalli: essa è molto maggiore di quella
di un gas ideale e in linea di principio non si potrebbe applicare la stessa
teoria ai due sistemi. Tuttavia, per salvare il modello, si possono fare alcune
assunzioni, ottenendo un inaspettato accordo con l'evidenza sperimentale.
• approssimazione di elettroni indipendenti: gli elettroni sono da consi-
derare particelle non interagenti tra loro. In condizioni di equilibrio si
assume che essi si muovano in linea retta, urtando di tanto in tanto un
altro elettrone (appartenente ad un nucleo); in presenza di forze esterne
essi sono sottoposti alle leggi della dinamica classica, ma si trascurano
le possibili interazioni tra un elettrone e l'altro.
• approssimazione di elettroni liberi: si trascurano le interazioni tra gli
ioni del reticolo e gli elettroni stessi. Inoltre questi si considerano
immersi in un un potenziale nullo.
• collisioni:sono considerate eventi istantanei che riducono bruscamen-
te la velocità degli elettroni che si muovono all'interno del reticolo,
attribuite alla presenza di altri elettroni localizzati attorno ai nuclei.
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• tempo medio: la probabilità per unità di tempo di collisione tra elettro-
ni è 1/τ . Risulta dunque che un elettrone viaggia all'interno del metallo
per un tempo medio (tempo di rilassamento) pari a τ , indipendente da
posizione e velocità delle particelle.
• l'equilibrio termico è raggiunto solo mediante gli urti tra elettroni e
particelle circostanti, ovvero la velocità cui si muovono gli elettroni
dopo un urto non dipende dalla velocità che possedevano prima, ma
solo dalla temperatura.
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si trova che la velocità media degli elettroni dovrebbe essere cira 107 cm/s
a temperatura ambiente: a questa velocità corrisponde un libero cammino
medio pari a 1 − 10 å. La stima è consitente con il valore tipico delle distanze
tra gli atomi in una molecola o in un cristallo e per questo sembra giusti-
cato il modello che prevede urti tra elettroni di conduzione ed elettroni che
circondano i nuclei. Si trova che l'andamento della resistività in funzione
della temperatura è lineare (sperimentalmente ρ = ρ0 (1 + α(T − T0 ), con
T0 tipicamente ad indicare il valore in corrispondenza dei 20 ◦ C), ma que-
sto non è in alcun modo giusticato dalla teoria delle colisioni. In seguito
sarà mostrato come la velocità degli elettroni all'interno del metallo è so-
stanzialmente indipendente dalla temperatura, con la conseguenza che sarà
il libero cammino medio a variare in funzione di essa, tant'è che nei moderni
esperimenti si possono miisurare valori dell'ordina del cm.
j q = −κ∇T
3
alla posizione x si trova
dε dT dε dT
j q = −nv vτ = j q = −nv 2 τ
dT dx dT dx
Mediando la velocità sulle tre componenti e ricordando che n = N
V ,
dε
n( dT =
V dT ) = cv si ottiene
1 dE
1
j q = − v 2 τ cv ∇T
3
Se si valuto ora il valore del rapporto tra le conducibilità termica ed
elettrica (questa derivata prima), si ottiene:
1
κ cv mv 2
= 3 2
σ ne
Applicando i risultati della teoria conetica dei gas, cv = 23 nkB e 12 mv 2 =
2 kB T si ritrova l'andamento espresso dalla legge di Wiedemann-Frank
3
2
κ 3 kB
= T
σ 2 e
in straordinario accordo con l'evidenza sperimentale. Svolgendo i calcoli,
infatti, si nota un perfetto accordo e l'errore è limitato ad un fattore 2.
La conferma sperimentale delle previsioni dedotte da un modello relati-
vamente semplice fecero sì che la teoria di Drude venne accettata in modo
sostanzialmente completo. Le incongruenze sono però ancora molte aprtire
dal fatto che si dovrebbe aver riscontro di termine nell'espressione del calore
specico dei metalli che sia almeno dell'ordine di grandezza di 23 nkB , cosa
che, almeno a temperatura ambiente, non avviene. La fortuna nella giusti-
cazione della legge de Wiedemann-Franck deriva in eetti da una somma
di errori, il cui eetto complessiovo è quello di annullarsi a vicenda: la velo-
cità media degli elettroni nei metalli, in condizioni normali di temperatura,
è molto maggiore di quella stimata. Il calore specico invece, come appena
anticipato, è molto minore da quello atteso. Il caso vuole che a nel range di
temperature medio, i due errori abbiano la stessa entità e quindi si annullino.
Con il miglioramento della tecnica ed il ranamento delle misure si è
inevitabilmente reso necessario un nuovo modello che descrivesse i metalli e
le loro proprietà anche a temperature diverse da quella ambiente, a partire
dal calore specico.
2 Il modello di Sommerfeld
Lo sviluppo del formalismo quantistico introduce una nuova forma per la di-
stribuzione di energia e velocità in un sistema di fermioni (i quali, per il prin-
cipio di esclusione non possono essere descritti dallo stesso stato quantico).
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Conseguenza immediata di questa assunzione è che la statistica da applicare
non è più quella di Maxwell-Boltzmann, ma diventa quella di Fermi-Dirac.
L'espressione, in questo caso applicata alla distribuzione delle velocità degli
elettroni nel metallo, è la seguente:
(m/~)3 1
f (v) = 4
1 2
4π exp 2 mv −kB T0
+1
kB T
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le onde piane:
1
ψk = √ eik·r
V
Gli elettroni descitti dal vettore d'onda k avranno energia
~2 k 2
Ek =
2m
in accordo con l'ipotesi di potenziale nullo. In quest'ottica risulta che k
sia proprio l'impulso dell'elettrone. Il numero di k permessi dipende dalle
condizioni al contorno: bisogna fare in modo che si annulli il valore della
funzione d'onda in corrispondenza delle pareti del volume V , quindi risulta
che
2π 2π 2π
kx = nx ky = ny kz = nz
Lx Ly Lz
Si può ricavare la densità dei livelli nello spazio degli impulsi: essa vale
3 .
V
D(k) = 8π
Per un sistema di N elettroni a temperatura 0 K, si può certamente sup-
porre che tutti i livelli siano occupati no ad un certo valore di energia. Nello
spazio degli impulsi posso individuare una sfera in corrispondenza dell'ener-
gia massima, il cui volume è dato da 43 πkF3 , dove kF corrisponde al massimo
impulso che può possedere l'elettrone. Considerando la degenerazione di spin
(il fattore 2), il numero di elettroni ospitati dalla sfera a raggio kF è dato
dal volume diviso la densità degli stati:
4 1 k3
N = 2 · πkF3 = F2 V
3 D(k) 3π
Una volta trovato il vettore d'onda di Fermi
1
kF = (3π 2 n) 3
Fermi :
~kF
vF = ' 108 cm/s
m
EF
TF = ' 104 K
kB
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Si nota subito la dierenza tra la stima della velocità nel nuovo e nel
vecchio modello sia di circa un ordine di grandezza; esse giocano lo stesso
ruolo nella descrizione delle proprietà dei solidi nei due modelli, nonostante
l'ultima ricavata sia pressochè costante ad ogni temperatura.
L'energia del gas di elettroni a temperatura 0 risulta essere uguale a
3 3
N EF = N kB TF
5 5
in contrasto con la teoria classica che prevede un andamento dell'energia
proporzionale a T (in particolare E = 32 kB T e che quindi va a zero per
temperature piccole).
Dall'espressione dell'energia possiamo derivare quella della pressione del
gas di elettroni:
∂E 2E
P = − =
∂V N 3V
e quindi il modulo di rigidità
∂P 2
B = −V = nEF
∂V 3
Tralasciando una trattazione rigorosa della questione, partiamo dal fatto che,
a temperature diverse da 0 K, l'energia media di un gas di elettroni sia data
dalla somma di due termini:
3 π2 T
E ' N E F + N kB T
5 4 TF
l'uno presente anche a temperatura nulla e l'altro proporzionale al rapporto
tra T e TF . Derivando rispetto a T si ottiene l'espressione del calore specico
(o almeno del contributo degli elettroni liberi):
2
π 2 kB
cv = N T
2 EF
proporzionale alla temperatura e più piccolo di quello stimato secondo il
modello classico. Per spiegare la dierenza tra il valore predetto dalla teoria
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classica e l'ultimo risultato derivato, possiamo considerare questo contributo
come dovuto alla frazione di elettroni che hanno energia vicino al valore EF :
solo questi, infatti, possono essere promossi, con l'aumento di T, ad un livello
energetico più alto (lasciando dietro di sè un posto, mentre quelli a energia
inferiore appartengono a livelli completamente pieni.
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essere considerato l'impulso dell'elettrone, si ha che
∂k 1
= Fe
∂t ~
ottenuta facendo ricorso alle leggi della meccanica classica (Fe indica la forza
esterna applicata e ∂p
∂t = ~ ∂t ). Nel caso di un campo elettrico di intensità
∂k
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degli ioni del reticolo, l'andament cubico nella temperatura del calore speci-
co. Si può aggiungere alla lista anche il fatto che, lo stesso termine lineare
in T, previsto dalla teoria, rispecchia bene i dati sperimentali per alcuni ma
non per tutti i metalli. Ancora facendo riferimento alla mancata considera-
zione dei moti reticolare i può mettere in luce il fatto che il modulo di rigidità
non può dipendere in modo esclusivo dalla pressione degli elettroni liberi (e
infatti le stime numeriche sono, anche se non di molto, distanti dai valo-
ri misurati). Bisogna inoltre aggiungere un termine ad hoc per giusticare
l'andamento dipendente dalla temperatura della resistività.
Si può aggiungere che non esiste un modo per predire alcune proprietà
legate ai singoli elementi come per esempio il numero di elettroni di valenza
per atomo che parteciperanno alla conduzione e, in alcuni casi, l'anisotropia
della conduttività.
Ripercorriamo una per una le fondamentali approssimazioni che sono sta-
te fatte per giungere al semplice modello sopra esposto. Come è possibile
dimostrare, l'approssimazione di elettroni indipendenti non si allontana poi
così tanto dal comportamento reale: è come se gli elettroni eettivamen-
te non interagiscano tra loro e le correzioni da apportare al modello sono
piccole. Lo stesso vale per l'approssimazione riguardante il tempo di rilassa-
mento, supposto indipendente dallo stato elettronico. Anche in questo caso
le correzioni sono piccole e solo il problema della legge di Wiedemann-Franck
necessita, per arrivare alla soluzione, dell'abbandono dell'ipotesi.
Per quanto riguarda l'approssimazione a elettroni liberi, è questa cha cau-
sa il maggior numero di problemi, in quanto le semplicazioni che comporta
sono numerose:
• la presenza degli ioni positivi non interviene sulla dinamica di un
elettrone mentre esso si muove tra un urto e l'altro
• gli ioni non compiono nemmeno un ruolo importante per quanto ri-
guarda gli urti stessi (gli elettroni si urtano tra loro)
• le proprietà siche di un elemento sono denite semplicemente dagli
elettroni
La presenza degli ioni è, in pratica, giusticata dalla sola necessità di man-
tenere neutro elettrostaticamente il campione. Come è invece presumibile,
è proprio la presenza dei nuclei che determina tutta una serie di proprietà
siche della materia. In particolare, come già detto prima, il termine pro-
porzionale a T 3 nell'espressione del cv , è legato ai moti reticolari, così come
questi inuiscono sul valore della resistività di un metallo.
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Per giungere ad una descrizione più dettagliata dei metalli e delle loro
proprietà non si può dunque prescindere dalla conoscenza della struttura
microscopica, e del ruolo ricoperto dagli ioni positivi. La particolarità dei
solidi cristallini consiste nell'alto grado di ordine con cui sono arrangiati i suoi
costituenti: essi ripetono la stessa struttura periodica ed è questa periodicità
alla base della moderna sica dello stato solido.
Riferimenti bibliograci
[1] N. W. Ashcroft - N. D. Marmin, Solid state physics, edited by Holt,
Rinehart & Winston, 1976.
[2] A. Rigamonti - P. Carretta, Structure of matter , edited by Springer,
2007.
[3] http://dcssi.istm.cnr.it/%CORSO20IPERTESTUALE/StatoSolido/
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