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I meccanismi di conduzione nei metalli

Paolo Agnes

Corso di Introduzione alla Fisica dei Solidi


Anno accademico 2009-2010

1 Il modello di Drude
Il modello proposto da Drude, proposto all'inzio del XX secolo, per descrivere
il meccanismo di conduzione nei metalli trae spunto dalla teoria cinetica
dei gas, nonostante si abbiano da trattare simultaneamente almeno due tipi
di particelle dalle proprietà radicalmente dierenti (gli elettroni e gli ioni
positivi). Punto cardine della teoria è la proposta di considerare immobili
gli ioni positivi e completamente delocalizzati gli elettroni di valenza, liberi
di muoversi all'interno della struttura macroscopica. Gli altri elettroni, quelli
appartenenti ai livelli più interni, restano invece localizzati in prossimità dei
nuclei cui appartengono.
Un'altra sostanziale dierenza riguarda la densità delle particelle in esa-
me, dell'ordine di 1022 e− /cm3 per i metalli: essa è molto maggiore di quella
di un gas ideale e in linea di principio non si potrebbe applicare la stessa
teoria ai due sistemi. Tuttavia, per salvare il modello, si possono fare alcune
assunzioni, ottenendo un inaspettato accordo con l'evidenza sperimentale.
• approssimazione di elettroni indipendenti: gli elettroni sono da consi-
derare particelle non interagenti tra loro. In condizioni di equilibrio si
assume che essi si muovano in linea retta, urtando di tanto in tanto un
altro elettrone (appartenente ad un nucleo); in presenza di forze esterne
essi sono sottoposti alle leggi della dinamica classica, ma si trascurano
le possibili interazioni tra un elettrone e l'altro.
• approssimazione di elettroni liberi: si trascurano le interazioni tra gli
ioni del reticolo e gli elettroni stessi. Inoltre questi si considerano
immersi in un un potenziale nullo.
• collisioni:sono considerate eventi istantanei che riducono bruscamen-
te la velocità degli elettroni che si muovono all'interno del reticolo,
attribuite alla presenza di altri elettroni localizzati attorno ai nuclei.

1
• tempo medio: la probabilità per unità di tempo di collisione tra elettro-
ni è 1/τ . Risulta dunque che un elettrone viaggia all'interno del metallo
per un tempo medio (tempo di rilassamento) pari a τ , indipendente da
posizione e velocità delle particelle.
• l'equilibrio termico è raggiunto solo mediante gli urti tra elettroni e
particelle circostanti, ovvero la velocità cui si muovono gli elettroni
dopo un urto non dipende dalla velocità che possedevano prima, ma
solo dalla temperatura.

1.1 La corrente elettrica

Gli elettroni all'interno di un metallo si muovono in tutte le direzioni in


modo casuale, urtando gli ioni, e facendo sì che in media la velocità totale
sia nulla. Considero un metallo sottoposto ad un campo elettrico E . Gli
elettroni sono sottoposti ad un forza F = −eE = ma. L'accelerazione che
agisce su di essi vale quindi
eE eE
a=− v=− t
m m
In media dunque, applicata una forza esterna, si instaurerà nel metallo un
modo collettivo in una direzione. Denita vd velocità di drift e chiamato τ il
tempo medio che intercorre tra un urto e l'altro, l'espressione della velocità
media non nulla sarà
eE
vd = − τ
m
. Indicato τ come rapporto tra il libero cammino medio λ e la velocità media
degli elettroni all'interno del conduttore < v >, risulta che la densità di
corrente j che percorre la porzione di conduttore vale
e 2E λ
j = nqvd = −
m <v >
Le due quantità più utili per descrivere le proprietà legate alla conduzione
sono la conducibilità σ e la resistività ρ
j 1 m m<v>
σ= ρ= = 2 =
E σ ne τ ne2 λ
L'andamento della resistività mostra un andamento fortemente inuen-
zato dalla temperatura e, misurando la resistività di un materiale a diverse T
si può dedurre il tempo medio che intercorre tra un urto e l'altro. Stimando
la velocità media degli elettroni mediante il teorema di equipartizione
3 1
kB T = m < v >2
2 2

2
si trova che la velocità media degli elettroni dovrebbe essere cira 107 cm/s
a temperatura ambiente: a questa velocità corrisponde un libero cammino
medio pari a 1 − 10 å. La stima è consitente con il valore tipico delle distanze
tra gli atomi in una molecola o in un cristallo e per questo sembra giusti-
cato il modello che prevede urti tra elettroni di conduzione ed elettroni che
circondano i nuclei. Si trova che l'andamento della resistività in funzione
della temperatura è lineare (sperimentalmente ρ = ρ0 (1 + α(T − T0 ), con
T0 tipicamente ad indicare il valore in corrispondenza dei 20 ◦ C), ma que-
sto non è in alcun modo giusticato dalla teoria delle colisioni. In seguito
sarà mostrato come la velocità degli elettroni all'interno del metallo è so-
stanzialmente indipendente dalla temperatura, con la conseguenza che sarà
il libero cammino medio a variare in funzione di essa, tant'è che nei moderni
esperimenti si possono miisurare valori dell'ordina del cm.

1.2 La conduzione del calore

Un successo della teoria di Drude è rappresentato dalla previsione teori-


ca della legge empirica di Wiedemann-Franck, secondo cui il repporto tra
conducibilità termica ed elettrica è proporzionale alla temperatura in un
metallo.
κ κ
∝T = costante
σ σT
Nel modello la conduzione del calore è aadata agli elettroni liberi, in
accordo con il fatto che nei metalli il calore è trasportato meglio che negli
isolanti. Ancora una volta quindi si trascura il contributo vibrazionale degli
ioni, considerati immobili. Consideriamo dunque un metallo, in cui esista un
gradiente di temperatura non nullo. L'equilibrio sarà raggiunto dopo un certo
tempo mediante il rareddamento dell'estremità più calda e il riscaldamento
dell'estremità più fredda. Si può denire un vettore densità di corrente di
calore j q e, per piccoli gradienti:

j q = −κ∇T

Una stima di κ si ottiene considerando il problema in una dimensione:


l'intensità del vettore densità di corrente è data, nel punto x da
n
jq = v[ε(T [x − vτ ]) − ε(T [x + vτ ])]
2
dove n
2è la densità degli elettroni di conduzione, v la loro velocità e ε(T [x −
vτ ]) − ε(T [x + vτ ]) la dierenza di energia trasportata dagli elettroni che
urtano degli ioni in x, partiti dalle posizioni x ± vτ . Sviluppando attorno

3
alla posizione x si trova
dε dT dε dT
j q = −nv vτ = j q = −nv 2 τ
dT dx dT dx
Mediando la velocità sulle tre componenti e ricordando che n = N
V ,

n( dT =
V dT ) = cv si ottiene
1 dE

1
j q = − v 2 τ cv ∇T
3
Se si valuto ora il valore del rapporto tra le conducibilità termica ed
elettrica (questa derivata prima), si ottiene:
1
κ cv mv 2
= 3 2
σ ne
Applicando i risultati della teoria conetica dei gas, cv = 23 nkB e 12 mv 2 =
2 kB T si ritrova l'andamento espresso dalla legge di Wiedemann-Frank
3

 2
κ 3 kB
= T
σ 2 e
in straordinario accordo con l'evidenza sperimentale. Svolgendo i calcoli,
infatti, si nota un perfetto accordo e l'errore è limitato ad un fattore 2.
La conferma sperimentale delle previsioni dedotte da un modello relati-
vamente semplice fecero sì che la teoria di Drude venne accettata in modo
sostanzialmente completo. Le incongruenze sono però ancora molte aprtire
dal fatto che si dovrebbe aver riscontro di termine nell'espressione del calore
specico dei metalli che sia almeno dell'ordine di grandezza di 23 nkB , cosa
che, almeno a temperatura ambiente, non avviene. La fortuna nella giusti-
cazione della legge de Wiedemann-Franck deriva in eetti da una somma
di errori, il cui eetto complessiovo è quello di annullarsi a vicenda: la velo-
cità media degli elettroni nei metalli, in condizioni normali di temperatura,
è molto maggiore di quella stimata. Il calore specico invece, come appena
anticipato, è molto minore da quello atteso. Il caso vuole che a nel range di
temperature medio, i due errori abbiano la stessa entità e quindi si annullino.
Con il miglioramento della tecnica ed il ranamento delle misure si è
inevitabilmente reso necessario un nuovo modello che descrivesse i metalli e
le loro proprietà anche a temperature diverse da quella ambiente, a partire
dal calore specico.

2 Il modello di Sommerfeld
Lo sviluppo del formalismo quantistico introduce una nuova forma per la di-
stribuzione di energia e velocità in un sistema di fermioni (i quali, per il prin-
cipio di esclusione non possono essere descritti dallo stesso stato quantico).

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Conseguenza immediata di questa assunzione è che la statistica da applicare
non è più quella di Maxwell-Boltzmann, ma diventa quella di Fermi-Dirac.
L'espressione, in questo caso applicata alla distribuzione delle velocità degli
elettroni nel metallo, è la seguente:
(m/~)3 1
f (v) = 4
1 2 
4π exp 2 mv −kB T0
+1
kB T

dove T0 è determinata dalla condizione di normalizzazione ed assume un


valore dell'ordine delle migliaia di K.
Sostanzialmente il modello di Sommerfeld è dedotto da quello di Drude,
con la sostituzione della statistica utilizzata e le relative conseguenze.

Figura 1: Le statistiche di M-B e F-D a confronto (solo gli andamenti- unità


arbitrarie)

2.1 proprietà dello stato fondamentale di un gas di elettroni

L'equazione d'onda che descrive lo stato di un sistema di elettroni liberi


obbedisce all'equazione di Schrödinger in presenza di un potenziale nullo
(approssimazione elttroni liberi). Aggiungendo l'ipotesi di validità dell'ap-
prossimazione di elettroni indipendenti, si giunge alla possibilità di descivere
i livelli energetici del sistema partendo da quelli di un singolo elettrone:
questi verranno poi riempiti via via senza violare il principio di esclusione.
L'equazione d'onda assume dunque la forma tipica di quelle che descrivono

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le onde piane:
1
ψk = √ eik·r
V
Gli elettroni descitti dal vettore d'onda k avranno energia
~2 k 2
Ek =
2m
in accordo con l'ipotesi di potenziale nullo. In quest'ottica risulta che k
sia proprio l'impulso dell'elettrone. Il numero di k permessi dipende dalle
condizioni al contorno: bisogna fare in modo che si annulli il valore della
funzione d'onda in corrispondenza delle pareti del volume V , quindi risulta
che
2π 2π 2π
kx = nx ky = ny kz = nz
Lx Ly Lz
Si può ricavare la densità dei livelli nello spazio degli impulsi: essa vale
3 .
V
D(k) = 8π
Per un sistema di N elettroni a temperatura 0 K, si può certamente sup-
porre che tutti i livelli siano occupati no ad un certo valore di energia. Nello
spazio degli impulsi posso individuare una sfera in corrispondenza dell'ener-
gia massima, il cui volume è dato da 43 πkF3 , dove kF corrisponde al massimo
impulso che può possedere l'elettrone. Considerando la degenerazione di spin
(il fattore 2), il numero di elettroni ospitati dalla sfera a raggio kF è dato
dal volume diviso la densità degli stati:
4 1 k3
N = 2 · πkF3 = F2 V
3 D(k) 3π
Una volta trovato il vettore d'onda di Fermi

1
kF = (3π 2 n) 3

dove n rappresenta la densità elettronica, si può denire un'energia di Fermi


2
~2 kF2 ~2 (3π 2 n) 3
EF = =
2m 2m
Dalla denizione di energia di Fermi (che varia tra 1.5 e 15 eV per i
metalli) si possono stimare gli ordini di grandezza di altre due grandezze utili
alla descrizione dello stato di un metallo. Possiamo infatti stimare la velocità
di Fermi (velocità degli elettroni all'inetrno del metallo) e la temperatura di

Fermi :
~kF
vF = ' 108 cm/s
m
EF
TF = ' 104 K
kB

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Si nota subito la dierenza tra la stima della velocità nel nuovo e nel
vecchio modello sia di circa un ordine di grandezza; esse giocano lo stesso
ruolo nella descrizione delle proprietà dei solidi nei due modelli, nonostante
l'ultima ricavata sia pressochè costante ad ogni temperatura.
L'energia del gas di elettroni a temperatura 0 risulta essere uguale a
3 3
N EF = N kB TF
5 5
in contrasto con la teoria classica che prevede un andamento dell'energia
proporzionale a T (in particolare E = 32 kB T e che quindi va a zero per
temperature piccole).
Dall'espressione dell'energia possiamo derivare quella della pressione del
gas di elettroni:  
∂E 2E
P = − =
∂V N 3V
e quindi il modulo di rigidità
 
∂P 2
B = −V = nEF
∂V 3

Si è introdotto il modulo di rigidità perchè, nonstante sembri impossibile


che sia determinato eclusivamente dalla pressione degli elettroni (ancora una
volta non abbiamo considerato nei calcoli l'eetto della presenza degli ioni
positivi) in realtà si osserva un discreto accordo con i valori sperimentali.
Questo signica che i due contributi sono almeno della stessa entità.

2.2 Proprietà termiche di un gas di elettroni liberi

Tralasciando una trattazione rigorosa della questione, partiamo dal fatto che,
a temperature diverse da 0 K, l'energia media di un gas di elettroni sia data
dalla somma di due termini:
3 π2 T
E ' N E F + N kB T
5 4 TF
l'uno presente anche a temperatura nulla e l'altro proporzionale al rapporto
tra T e TF . Derivando rispetto a T si ottiene l'espressione del calore specico
(o almeno del contributo degli elettroni liberi):
2
π 2 kB
cv = N T
2 EF
proporzionale alla temperatura e più piccolo di quello stimato secondo il
modello classico. Per spiegare la dierenza tra il valore predetto dalla teoria

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classica e l'ultimo risultato derivato, possiamo considerare questo contributo
come dovuto alla frazione di elettroni che hanno energia vicino al valore EF :
solo questi, infatti, possono essere promossi, con l'aumento di T, ad un livello
energetico più alto (lasciando dietro di sè un posto, mentre quelli a energia
inferiore appartengono a livelli completamente pieni.

Figura 2: solo una frazione degli elettroni contribuisce al calore specico

La frazione di elettroni che contribuisce al calore specico è solo quella


che ha energia compresa in un intorno di EF di ampiezza circa kB T .
La previsione di un termine lineare nella temperatura nel calcolo del
calore specico è un buon indice della validità del modello. Per quanto
riguarda una stima più precisa del calore specico dei metalli a temperatura
ambiente, questa non può prescindere dal considerare il contributo dovuto ai
moti vibrazionali del reticolo cristallino. Questo termine ha un andamento
proporzionale a T 3 (ed è per questo che a basse temperature prevale quello
lineare in T). In generale si può scrivere:
cv
= γ + AT 2
T
.

2.3 I meccanismi di conduzione

Se da un certo punto di vista il formalismo quantistico (l'adozione della


statistica di Fermi-Dirac invece di quella di Blotzmann) porta a risultati
dierenti rispetto alla teoria classica, per quanto riguarda il meccanismo
della conduzione i risultati sono pressochè identici. Poichè infatti k può

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essere considerato l'impulso dell'elettrone, si ha che
∂k 1
= Fe
∂t ~
ottenuta facendo ricorso alle leggi della meccanica classica (Fe indica la forza
esterna applicata e ∂p
∂t = ~ ∂t ). Nel caso di un campo elettrico di intensità
∂k

E , che produce su un elettrone una forza di intensità eE si può scrivere


eE
δk = − δt
~
.
Se supponiamo un campo elettrico esterno uniforme, dobbiamo immagi-
nare uno spostamento di tutti i vettori d'onda nella stessa direzione (opposta
alla direzione del campo) pari a circa
eE
δk = − τ
~
avendo assunto che tra un urto e l'altro trascorre in media proprio un tempo
τ . E poichè
~δk = mδvd
~δk eEτ
⇒ vd = =−
m m
che è lo stesso riultato a cui si giunge partendo dalla teoria della conduzione
nel modello di Drude. Da qui si può poi derivare l'espressione della densità
di corrente e e di tutte le proprietà legate alla conduzione, come fatto prima.

3 I limiti del modello a elettroni liberi


Nonostante il modello di Drude in qualche caso si dimostri suciente per
descrivere alcuni aspetti legati al comportamento dei metalli e, in modo for-
tuito, trovi anche riscontri dal punto di vista sperimentale (come nel caso
della legge empirica di Wiedemann-Franck), è con il modello di Sommerfeld
che vengono risolte alcune delle dicoltà emerse a causa dell'errato utilizzo
della statistica classica. Tuttavia non è suciente basarsi sull'introduzione
della nuova legge statistica: restano infatti molte inadeguatezze, principal-
mente legate all'approssimazione di elettroni liberi, ovvero soggetti ad un
potenziale ovunque nullo.
Le questioni che trovano una più dicile spiegazione secondo le teorie
enunciate sono già state anticipate: non è prevedibile, per esempio, per tem-
perature diverse da quella ambiente, la legge di Wiedemann-Franck ed è
impossibile giusticare, senza introdurre termini legati ai moti vibrazionali

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degli ioni del reticolo, l'andament cubico nella temperatura del calore speci-
co. Si può aggiungere alla lista anche il fatto che, lo stesso termine lineare
in T, previsto dalla teoria, rispecchia bene i dati sperimentali per alcuni ma
non per tutti i metalli. Ancora facendo riferimento alla mancata considera-
zione dei moti reticolare i può mettere in luce il fatto che il modulo di rigidità
non può dipendere in modo esclusivo dalla pressione degli elettroni liberi (e
infatti le stime numeriche sono, anche se non di molto, distanti dai valo-
ri misurati). Bisogna inoltre aggiungere un termine ad hoc per giusticare
l'andamento dipendente dalla temperatura della resistività.
Si può aggiungere che non esiste un modo per predire alcune proprietà
legate ai singoli elementi come per esempio il numero di elettroni di valenza
per atomo che parteciperanno alla conduzione e, in alcuni casi, l'anisotropia
della conduttività.
Ripercorriamo una per una le fondamentali approssimazioni che sono sta-
te fatte per giungere al semplice modello sopra esposto. Come è possibile
dimostrare, l'approssimazione di elettroni indipendenti non si allontana poi
così tanto dal comportamento reale: è come se gli elettroni eettivamen-
te non interagiscano tra loro e le correzioni da apportare al modello sono
piccole. Lo stesso vale per l'approssimazione riguardante il tempo di rilassa-
mento, supposto indipendente dallo stato elettronico. Anche in questo caso
le correzioni sono piccole e solo il problema della legge di Wiedemann-Franck
necessita, per arrivare alla soluzione, dell'abbandono dell'ipotesi.
Per quanto riguarda l'approssimazione a elettroni liberi, è questa cha cau-
sa il maggior numero di problemi, in quanto le semplicazioni che comporta
sono numerose:
• la presenza degli ioni positivi non interviene sulla dinamica di un
elettrone mentre esso si muove tra un urto e l'altro
• gli ioni non compiono nemmeno un ruolo importante per quanto ri-
guarda gli urti stessi (gli elettroni si urtano tra loro)
• le proprietà siche di un elemento sono denite semplicemente dagli
elettroni
La presenza degli ioni è, in pratica, giusticata dalla sola necessità di man-
tenere neutro elettrostaticamente il campione. Come è invece presumibile,
è proprio la presenza dei nuclei che determina tutta una serie di proprietà
siche della materia. In particolare, come già detto prima, il termine pro-
porzionale a T 3 nell'espressione del cv , è legato ai moti reticolari, così come
questi inuiscono sul valore della resistività di un metallo.

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Per giungere ad una descrizione più dettagliata dei metalli e delle loro
proprietà non si può dunque prescindere dalla conoscenza della struttura
microscopica, e del ruolo ricoperto dagli ioni positivi. La particolarità dei
solidi cristallini consiste nell'alto grado di ordine con cui sono arrangiati i suoi
costituenti: essi ripetono la stessa struttura periodica ed è questa periodicità
alla base della moderna sica dello stato solido.

Riferimenti bibliograci
[1] N. W. Ashcroft - N. D. Marmin, Solid state physics, edited by Holt,
Rinehart & Winston, 1976.
[2] A. Rigamonti - P. Carretta, Structure of matter , edited by Springer,
2007.
[3] http://dcssi.istm.cnr.it/%CORSO20IPERTESTUALE/StatoSolido/

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