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Il Rischio Incendi Boschivi rientra nel gruppo dei Rischi Maggiori per i quali si
intende applicare processi di conoscenza scientifica dei fenomeni e di valutazione
delle politiche di mitigazione e prevenzione. Il lavoro realizzato risponde a tali
aspettative cercando di fornire elementi concreti di comprensione del fenomeno in
Lombardia e di supporto alla governance regionale.
Nello specifico il rischio di incendi boschivi è inquadrato nel PRIM come un
rischio territoriale di tipo naturale in quanto il passaggio del fuoco interessa ambiti
naturali quali boschi, vegetazione arbustiva, cespuglieti, prati, pascoli e
vegetazione palustre; la materia è inoltre normata da una serie di leggi
strettamente connesse alla gestione del bosco. È tuttavia necessario sottolineare
che, date le sue peculiarità, il fenomeno degli incendi si colloca in una posizione
intermedia fra i rischi naturali e quelli antropici, ciò per la stretta connessione fra
l’innesco degli eventi e la presenza-azione antropica sul territorio, in termini sia di
cause dolose che colpose.
Nell’ambito della pianificazione antincendio boschivo regionale il principale
strumento di riferimento è il Piano delle attività di previsione, prevenzione e lotta
attiva agli incendi boschivi della Lombardia, approvato in prima stesura
nell’anno 2003 con deliberazione della Giunta Regionale n. VII/15534, rivisto ed
aggiornato con deliberazione della Giunta Regionale n. VIII/3949 del 27/12/2006.
La sua redazione ha visto il contributo, la collaborazione e la condivisione dei
contenuti da parte della Regione, del Corpo Forestale dello Stato e degli Enti
territoriali competenti in materia antincendio. Tale strumento si qualifica all’oggi
97
ACRONIMI
AIB – Antincendio boschivo
ANA – Associazione Nazionale Alpini
CFS – Corpo Forestale dello Stato
DPI – Dispositivi di protezione individuale
POS – Procedure Operative Standard
SIAB – Sistema Informativo Antincendio Boschivo
come lo strumento primo per l’analisi del fenomeno e la pianificazione delle
azioni di mitigazione e gestione degli incendi boschivi in Regione Lombardia .
A partire da tali solidi presupposti, nell’ambito del PRIM si è adottato un
approccio fortemente innovativo per la definizione del rischio di incendio
boschivo, che considera oltre alla probabilità del verificarsi di incendi, anche la
vulnerabilità del territorio regionale. Nel dettaglio, infatti, il rischio è definito
sulla base di due componenti principali: la prima rappresentata dalla probabilità
che si sviluppino incendi sulla base delle statistiche pregresse e delle
caratteristiche territoriali; la seconda è invece legata alla vulnerabilità connessa
alla presenza antropica (persone e beni) sul territorio. In tal modo il presente
lavoro persegue l’obiettivo delineato nel PRIM, rappresentando un valido
supporto per la costituzione di un sistema integrato di sicurezza per la popolazione
della Lombardia.
Nel presente documento ad un breve capitolo che descrive in generale il
fenomeno degli incendi boschivi come tipologia di pericolo, segue una
presentazione dei caratteri specifici dello stesso a livello europeo e nazionale, con
un approfondimento sulla situazione regionale, sia in termini di distribuzione sul
territorio, sia di tempi di ritorno, frequenza e superficie percorsa dal fuoco. Il
capitolo si completa con una valutazione dell’incidenza del rischio sulla
popolazione e l’illustrazione di alcuni dei fenomeni di maggiori dimensioni
verificatisi sul territorio regionale.
Viene successivamente affrontata nel quinto capitolo la valutazione del rischio,
con una descrizione degli indicatori utilizzati per la definizione ed elaborazione
della pericolosità, della vulnerabilità e dell’esposizione. Le diverse azioni
intraprese a livello regionale dalla Direzione Protezione Civile, Prevenzione e
Polizia Locale, per mitigare e prevenire le condizioni di rischio maggiore vengono
affrontate nel sesto capitolo giungendo alla valutazione del rischio residuo, e alla
breve elencazione delle azioni da sviluppare a livello regionale per potenziare
l’azione di prevenzione e gestione del rischio.
Sulla base della descrizione del rischio di incendio boschivo sono infine state
fatte alcune considerazioni in merito alle possibili interazioni con altre tipologie di
rischi (naturali e non); ciò al fine di poter confrontare rischi di diversa origine e di
dare supporto alla creazione delle mappe di rischio integrato a scala regionale e/o
locale.
Le informazioni raccolte nel presente dossier dunque, oltre a fornire un quadro
esaustivo dello stato di fatto, costituiscono complessivamente un notevole valore
aggiunto per quanto riguarda la conoscenza del fenomeno degli incendi boschivi e
delle sue dinamiche sul territorio regionale, qualificandosi come importante
supporto alla definizione degli indirizzi gestionali e degli orientamenti di
intervento delle politiche lombarde.
Nello studio si perviene infatti a una dettagliata caratterizzazione del territorio
della Lombardia per quanto concerne il rischio di incendi boschivi rappresentato
in mappe tematiche; un risultato molto concreto che costituisce un passo avanti
nella conoscenze del fenomeno rispetto alle informazioni precedentemente
disponibili (rese disponibili nella precedente versione del Programma Regionale
301
di Previsione e Prevenzione del 199898). Assai rilevante è inoltre la possibilità di
stimare l’importanza che rivestono gli interventi di mitigazione mediante il
confronto della carta del rischio, derivante dalla modellizzazione, con la carta del
rischio mitigato, ossia moderato dalla presenza di opere di prevenzione sul
territorio e pianificazione degli aspetti organizzativi connessi alla gestione del
rischio. Tale informazione consente di fare emergere il punto di forza della
prevenzione nell’ambito del sistema AIB, che si qualifica dunque per la sua
valenza come elemento da ulteriormente potenziare e su cui investire a livello
regionale.
Alcuni spunti per l’aggiornamento del dossier emersi nell’ambito della sua
redazione sono raccolti e riassunti al termine del lavoro.
Il fenomeno che causa il rischio di incendio boschivo è una combustione che per
avvenire e continuare nel tempo necessità di tre elementi fondamentali:
98
Adottato nel 1998 in risposta agli adempimenti normativi derivanti dalla Legge 225/92 e
dalla Legge regionale 16/04 – art. 4.10.
99
Cesti G., 2005.
302
I molteplici fattori connessi alla probabilità che un soprassuolo sia interessato da
un incendio sono raggruppabili in due principali tipologie:
100
Atti del 39° corso di cultura in ecologia “Il fuoco in foresta: ecologia e controllo”, Regione
Veneto – Università degli Studi di Padova.
303
All’inizio della reazione il combustibile si riscalda e subisce un processo di
pirolisi (perdita di componenti volatili) e di disidratazione (perdita d’acqua), fino
a che la temperatura o il contenuto energetico dei gas diviene sufficiente a
innescare l’accensione. A questo punto la reazione chimica è esotermica e non
richiede la presenza dell’originaria fonte di calore. Le particelle di combustibile
possono bruciare con una combustione lenta (senza fiamma) o con una
combustione viva, ossia con fiamma. Nella fase di accensione si presume che il
combustibile sia in uno stato di combustione autosostenibile senza fiamma.
All’accensione, segue la fase di crescita iniziale che corrisponde al passaggio
dalla combustione lenta alla combustione con fiamma, succeduta a sua volta dalla
crescita secondaria, durante la quale la reazione di combustione si evolve
passando dal combustibile di superficie a quello aereo delle chiome degli alberi
(propagazione del fuoco di chioma).
Il fuoco si può poi evolvere in diversi modi: può perdere la sua energia
calando fino a raggiungere la sua completa estinzione, o decadere e propagarsi
come fuoco radente con un fronte di fiamma, oppure ancora, quando le fiamme si
spengono, propagarsi come fuoco sotterraneo ed estinguersi fino a raggiungere lo
stadio finale.
Si sottolinea infine che l’andamento descritto di crescita e decadimento non è
un processo chiuso, ossia un fuoco sotterraneo in fase di decadimento può
crescere e diffondersi nuovamente con una combustione viva o addirittura
sviluppare una crescita secondaria e propagarsi, successivamente, come fuoco di
chioma.
In funzione dello strato vegetale coinvolto nel processo di combustione è
possibile distinguere diverse tipologie di incendi connesse alla modalità di
diffusione del fuoco: fuoco sotterraneo, radente, di chioma e totale; con la
possibilità che si verifichi nel corso dell’evento un’evoluzione verso diverse
tipologie d’incendio.
Gli incendi sotterranei bruciano senza fiamma nello strato organico sopra
l’orizzonte minerale con una propagazione molto lenta; essi si sviluppano di solito
in periodi particolarmente siccitosi in presenza di esigua umidità del terreno e,
sebbene non costituiscano un grave rischio per gli strati superiori della
vegetazione, possono comunque determinare danni considerevoli al suolo a causa
della loro lunga persistenza. Il fuoco radente è generalmente caratterizzato da una
fiamma bassa in grado di bruciare lo strato superficiale del terreno, formato da
residui vegetali non ancora decomposti, gli strati erbacei e arbustivi, lasciando
integre le chiome delle piante e arrecando un danno più o meno esteso solo ai
tronchi. Diversamente l’incendio della chioma arreca danni quasi totali in quanto
è un evento difficilmente contrastabile con i mezzi ordinari e la sua evoluzione
può essere considerata la prosecuzione di un incendio con fuoco radente in un
bosco ove la massa vegetale presente nei piani intermedi consente il passaggio
della fiamma dal terreno alla chioma. Infine quando il fuoco percorre tutti gli
strati vegetazionali si ha un incendio totale, che interessa la lettiera, la vegetazione
erbacea, cespugli e arbusti, fino al tronco e alla chioma degli alberi. Gli eventi di
questo tipo sono quelli potenzialmente in grado di comportare ingenti danni al
304
sistema bosco inteso nella sua globalità di funzioni e necessitano dunque di
interventi particolarmente tempestivi ed efficaci.
La diffusione del fuoco sul territorio è determinata da diversi parametri; nel
dettaglio i fattori fisici che influiscono significativamente sull’accensione e lo
sviluppo di un incendio boschivo possono essere raggruppate in tre categorie. Il
primo aspetto riguarda la topografia in quanto la configurazione del terreno in
termini di altitudine, pendenza ed esposizione, determina il tipo di clima, la
vegetazione e il regime dei venti al suolo. La seconda categoria concerne la
vegetazione, ossia come precedentemente illustrato il combustibile; gli elementi
che incidono sul fenomeno riguardano la tipologia vegetazionale, la struttura e la
distribuzione spaziale sul territorio. Il terzo e ultimo aspetto è rappresentato dalla
meteorologia che è il fattore più variabile nel processo di propagazione del fuoco;
per quest’ultima i parametri più rilevanti sono: temperatura e umidità dell’aria,
precipitazioni, radiazione solare, stabilità atmosferica, profilo verticale o velocità
e direzione del vento.
Per descrivere il comportamento del fuoco durante un incendio boschivo sulla
base dei fattori descritti, sono stati codificati alcuni parametri che caratterizzano il
fronte di fiamma in funzione di:
Nel presente studio questi elementi non sono però stati utilizzati per la
caratterizzazione degli eventi per la mancanza di informazioni disponibili al
riguardo; l’intensità dell’incendio è stata espressa in termini di superficie percorsa
dal fuoco.
Al fine di approfondire la conoscenza della modalità di propagazione del fuoco
con finalità previsionali e preventive sono stati elaborati dei “modelli di
comportamento del fuoco”. Esiste nel dettaglio una vasta gamma di questi modelli
la cui difficoltà di implementazione è strettamente correlata all’elevato numero di
fattori e di variabili che concorrono all’evento. Principalmente è possibile
distinguere modelli empirici, la cui applicazione è limitata da una serie di
condizioni legate alla situazione peculiare in cui i dati di base vengono raccolti, e
modelli fisici, spesso difficilmente implementabili a causa della indisponibilità dei
dati in ingresso.
L’illustrazione della tipologia di processi connessi l’innesco, lo sviluppo e la
propagazione del fuoco non può esulare dalla trattazione delle conseguenze degli
eventi di incendio boschivo. Il passaggio degli incendi nell’ecosistema forestale
comporta infatti danni alle molteplici funzioni espletate dal bosco la cui entità è
riconducibile come anticipato al comportamento degli incendi e alle caratteristiche
vegetazionali e morfologiche del sito in cui si sviluppano. Ai danni più visibili al
popolamento arboreo si affiancano altri deterioramenti più difficilmente
305
individuabili e quantificabili, che coinvolgono il funzionamento dell’ecosistema
“bosco” e il suo ruolo nell’intero contesto territoriale di riferimento. Dalla perdita,
totale o parziale, del soprassuolo arboreo derivano infatti profonde modificazioni
alla vegetazione erbacea e arbustiva, alla fauna in genere, alle proprietà del suolo,
così come la fruibilità del bosco, e al suo inserimento nel paesaggio.
Dunque le principali azioni dirette del fuoco, fra cui si annoverano la rapida
rimozione dall’ecosistema di grandi quantità di biomassa e necromassa animale e
vegetale in tempi estremamente rapidi, la scissione dei composti chimici
complessi del suolo in elementi semplici in tempi accelerati rispetto al ciclo degli
elementi, il riscaldamento dell’ambiente e l’immissione in atmosfera di grandi
quantità di anidride carbonica in tempi brevi, determinano una serie di
ripercussioni su:
Alla luce di queste considerazioni la stima dei danni causati dagli incendi boschivi
appare assai complessa e può essere condotta in vario modo; infatti in funzione
dell’obiettivo che si desidera perseguire nella quantificazione del danno, diverse
sono le variabili che di volta in volta è necessario prendere in considerazione.
101
Tratto dal Piano Regionale delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli
incendi boschivi della Lombardia (DGR n. VIII/3949 del 27/12/2006).
306
Regioni e delle Province Autonome, ha permesso di raccogliere numerose
informazioni sull’articolazione dei sistemi antincendio, sulle risorse umane e
strumentali impiegate nell’azione di contrasto al fenomeno, sui sistemi di analisi
delle cause dei singoli eventi. L’indagine conoscitiva ha altresì evidenziato la
necessità di standardizzare il sistema di rilevazione delle cause ed informatizzare
la gestione delle informazioni acquisite. Il programma di archiviazione dei dati
relativi agli incendi boschivi è stato conseguentemente aggiornato introducendo
nella scheda AIB/FN di rilevazione degli incendi boschivi ulteriori elementi di
valutazione tendenti all’attribuzione di ogni singolo evento ad una specifica
origine.
Sono state prese in considerazione cinque categorie di cause: naturali,
accidentali, colpose, dolose e dubbie e per ciascuna di queste cause è stata
individuata una serie di motivazioni.
Cause naturali
Gli incendi dovuti a cause naturali sono quelli causati da eventi propri della
natura e quindi inevitabili. Tra le cause naturali l’unica che ha rilevanza in
Lombardia è il fulmine, la cui incidenza è comunque molto contenuta. Gli incendi
causati da fulmine si verificano prevalentemente nelle zone montane: il fulmine
appicca il fuoco al legno dell’albero o ai materiali combustibili della lettiera,
spesso in zone impervie, per cui l’avvistamento del focolaio può essere tardivo e
gli interventi difficoltosi a causa della distanza dalle principali vie di
comunicazione.
Altre cause naturali sono rappresentate dalle eruzioni vulcaniche e dal
fenomeno della autocombustione che non si verifica nelle condizioni climatiche
che caratterizzano il territorio lombardo.
Cause accidentali
Gli incendi dovuti a cause accidentali sono quelli causati da eventi che non
dipendono direttamente dall’azione umana, anche se sono riconducibili alla
presenza dell’uomo ed alle sue attività sul territorio. Sono compresi in questa
classe gli incendi provocati da scintille, che si originano dall’attrito degli impianti
frenanti dei treni e da variazioni di tensione sulle linee elettriche o rottura, e
conseguente caduta al suolo, di conduttori di impianti ad alta tensione. In entrambi
i casi la presenza di materiale vegetale al suolo, secco e facilmente infiammabile,
può determinare l’insorgere di un incendio.
307
violazione di norme e regolamenti. Tra le cause involontarie assumono particolare
rilievo le seguenti azioni:
308
successivi all’incendio, precisi divieti e limitazioni d’uso del suolo nelle superfici
percorse dal fuoco.
Il catasto delle aree percorse dal fuoco, istituito dalla stessa legge quadro in
materia di incendi boschivi, è destinato a diventare, non appena a regime, un
valido strumento per l’applicazione dei predetti limiti e divieti e quindi anche per
la prevenzione degli incendi dolosi innescati per perseguire interessi specifici.
Proteste e risentimenti
Un’altra tipologia di motivazioni degli incendi dolosi comprende le
manifestazioni di protesta e risentimento nei confronti di privati o della Pubblica
Amministrazione a seguito dei provvedimenti da essa adottati, quali l’istituzione
di aree protette o la limitazione dei periodi e delle aree di caccia.
Motivazioni di ordine patologico o psicologico
Si tratta di azioni ascrivibili a problemi comportamentali, quali la piromania e la
mitomania. Gli eventi generati da questo tipo di cause, difficili da prevedere per la
varietà e la specificità delle circostanze che li originano, tendono a manifestarsi
con una certa ripetitività nella stessa zona e, pertanto, possono essere oggetto di
attività di indagini mirate.
Cause dubbie
Gli incendi dovuti a cause dubbie sono quelli per i quali, in conseguenza della
mancanza di risconti precisi sul luogo dell’evento o di validi indizi, non è
possibile inquadrare l’evento in una delle precedenti categorie.
Nel caso in cui invece sia possibile determinare la involontarietà o la
volontarietà dell’incendio ma non sia possibile approfondire, per mancanza di
elementi obiettivi, l’analisi della causa sino a determinare il fine perseguito
dall’autore, gli eventi sono classificati nelle categorie delle cause colpose e/o
dolose non definite.
102
Forest Fire in Europe 2005, European Commission – Joint Research Centre
309
Questo regolamento riprende due strumenti precedenti riguardanti la protezione
delle foreste europee integrandoli con un nuovo schema che propone un approccio
più ampio e si compone di due principali pilastri: il monitoraggio dello stato di
salute delle foreste e la prevenzione degli incendi boschivi.
Forest Focus è stato implementato attraverso i programmi proposti dagli Stati
membri per i periodi 2003-2004 e 2005-2006. Nel dettaglio questi programmi
sono stati controllati e approvati dalla Commissione Europea nel rispetto delle
normative finanziarie. I Paesi coinvolti nell’implementazione delle misure di
prevenzione sono quelli che avevano già attuato lo schema precedente: Francia,
Germania, Italia, Portogallo e Spagna, la Finlandia, e alcuni dei nuovi Stati
membri, Cipro, Estonia, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Slovenia.
In merito agli incendi boschivi il Regolamento individua la stessa serie di
misure di prevenzione già co-finanziate nel precedente schema, considerando il
fatto che esse non erano ancora state incluse nei Programmi di sviluppo rurale
degli dagli Stati membri. Il suo principale successo è rappresentato dalla
continuazione e dal perfezionamento del database inerente gli incendi; una
raccolta unica e completa delle informazioni riguardanti gli incendi verificatisi
nell’Unione durante l’ultima decade e collegata a EFFIS (il Sistema Informativo
Europeo dei Fuochi Forestali), oggetto di ulteriore sviluppo e potenziamento.
L’impegno finanziario dell’Unione Europea per la realizzazione dell’intero
schema per il periodo 2003-2006 era di 65 milioni di euro, dei quali 9 milioni
destinati per gli interventi di prevenzione degli incendi.
Nel dettaglio le misure inerenti gli incendi boschivi afferiscono a:
310
Tabella 10.1 – Allocazione delle risorse ripartite per misure antincendio del Forest Focus
nel periodo 2003-2006 per gli Stati membri interessati
Le informazioni illustrate sono riassunte nel grafico che segue, anche se è bene
sottolineare che la ripartizione delle risorse per i vari settori stabilita a livello
europeo è flessibile e può subire delle modificazioni in funzione delle azioni
attivate dai singoli Stati.
Figura 10.1 – Allocazione delle risorse co-finanziate dal Forest Focus ripartite per misura di
intervento nel periodo 2003-2006
311
Figura 10.2 – Allocazione delle risorse co-finanziate dal Forest Focus negli Stati membri
nel periodo 2003-2006
312
Figure 10.3, 10.4– Andamento del numero di incendi e delle superfici bruciate nei cinque
Stati membri (1980-2005)
Focalizzando l’attenzione sul 2005 si evince che nell’ultimo anno della serie
storica nei cinque Paesi analizzati gli incendi hanno bruciato complessivamente
una superficie di 589.559 ettari, un valore al di sopra della media registrata per i
26 anni della serie storica, così come il numero di incendi verificatisi (73325) è
superiore rispetto al dato medio del periodo considerato.
La situazione descritta può essere maggiormente dettagliata per ciascuno dei
Paesi considerati, come illustrato nei grafici seguenti. Comparando infatti per
ciascuno Stato i valori medi delle superfici annualmente bruciate nella serie
storica con il dato del 2005 emerge che solo per il Portogallo la superficie
percorsa dal fuoco è superiore al valore medio dei 26 anni; anche in riferimento al
numero degli incendi la situazione registrata nel 2005 risulta superiore al dato
medio della serie storica solo per Spagna e Portogallo.
313
Figure 10.5, 10.6 – Numero di incendi e superfici bruciate nei cinque Stati membri comparati
con il valore medio della serie storica (1980-2005)
Interessanti considerazioni derivano anche dall’analisi dei dati registrati nel 2005
per ciascuno dei cinque Paesi. La situazione peggiore sia in termini di superficie
bruciata, che di numero di incendi si è registrata in Portogallo, subito seguito dalla
Spagna. Nel panorama europeo la situazione italiana si attesta al terzo posto, come
emerge dai grafici di seguito riportati.
Figure 10.7, 10.8 – Ripartizione percentuale del numero di incendi e delle aree percorse dal
fuoco in ciascuno dei cinque Paesi nel 2005
314
Infine analizzando i valori medi registrati in ogni Stato per i periodi 1980-1989,
1990-1999, 2000-2005 è possibile trarre considerazioni sul trend in atto. In
particolare negli ultimi cinque anni la precedente tendenza verso un incremento
del numero degli incendi sembra assestarsi e addirittura ridursi nei cinque Paesi,
ad esclusione della Grecia; anche nel dato medio 200-2005 in merito alla
superficie bruciata si segnala una tendenza alla riduzione.
Tabella 10.2 – Frequenza di incendi e superficie bruciata nei cinque Stati membri (1980-2005)
103
www.ifni.it, Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio
315
Figura 10.9 - Mappa dell'indice di rischio da incendio boschivo nei mesi estivi riferito
alle province italiane
316
Tabella 10.3 – Andamento del fenomeno degli incendi boschivi 2000-2005 (Fonte CFS-
Legambiente)
317
Tabella 10.4 – Andamento a livello regionale del fenomeno degli incendi boschivi nel
2005
(Fonte CFS)
Figura 10.10 – Ripartizione regionale della superficie percorsa dal fuoco nel 2005
Superficie bruciata
16000
14000
12000
10000
Ha 8000
6000
4000
2000
0
Ba ia
te
ia
ia
se
zio
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le
Al
ilia
o
Em
tin
iV
en
iul
Tr
Fr
318
10.4. Caratteri specifici del fenomeno in Lombardia
319
Al fine di descrivere lo stato attuale del fenomeno sul territorio regionale si ritiene
opportuno utilizzare delle carte a scala regionale che rappresentino la
distribuzione e concentrazione del fenomeno tratte dal Piano delle attività di
previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi della Lombardia (in
seguito denominato Piano AIB).
A tal proposito nella Figura 10 è illustrata l’individuazione puntuale degli
incendi verificatisi in Lombardia fra il 1997 e il 2005 che consente di individuare
le aree con maggior concentrazione di fenomeni, dalla quale si evince che le aree
maggiormente interessate sono quelle montane, della fascia pedemontana e
dell’Appennino pavese, mentre nelle zone pianeggianti raramente si verificano
incendi, e solo in modo localizzato, nelle zone boscate ubicate prevalentemente
lungo le fasce fluviali.
Figura 10.10 – Individuazione puntuale degli incendi nei comuni lombardi dal 1997 al 2005.
La localizzazione puntuale deriva dalle coordinate del punto di innesco degli incendi
riportata sul Foglio notizie incendi compilato dal CFS
Si riportano inoltre per una migliore caratterizzazione del fenomeno degli incendi,
sia in termini di frequenza che di superficie percorsa dal fuoco, delle
rappresentazioni cartografiche elaborate nell’ambito della redazione del citato
documento di pianificazione, che illustrano a livello comunale il numero di
incendi verificatisi per anno ogni 10 kmq di superficie (Figura 1.3512) e la
superficie totale percorsa mediamente all’anno (figura 13). Tali informazioni sono
riferite alla serie storica 1996-2005.
320
Figura 10.12 – Numero Incendi per anno ogni 10 kmq (1996-2005)
321
La figura 10.13 illustra la superficie mediamente percorsa all’anno dagli incendi
boschivi nei comuni lombardi. I valori più alti si registrano nelle Comunità
Montane: Alto Lario Occidentale, Valle Camonica, Valle Trompia, Alpi
Lepontine e Lario Orientale.
800
691
700
600 577
513 520
500 465
434 440
425
400 412
numero incendi
400 385
368
352 351
306 297
281 293 282
300 270
256 261
241
216
200 189
200 184
169
139
100 77 84
0
1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1992 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
322
Figura 10.15 – Superfici percorse annue (1975-2005)
16000
13740
14000
12000
10299
10000
superficie (ha)
7766
8000
5818
6000
4913 4919
4628
4369
3781 3853 3659
4000 3514 3473 3440
3081
2709 2723
1614 1744
2000 1482 1460
1212 1147 1092
948 959 749
412 519 693 582
0
1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1992 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Figura 10.16 – Frequenze degli incendi per classi di superficie percorsa dal fuoco (1996-2005)
982
1000
900
800
700
Numero incendi
535
600
445 475
500
400
236
300
164 158
200
53
22 17 7 2 1
100
0
0.5 - 1
1-2
5 - 10
10 - 20
20 - 50
50 - 100
600 - 1000
oltre 1000
100 - 200
200 - 400
400 - 600
fino a 0.5
2-5
323
Essendo il fenomeno degli incendi boschivi connesso alle variabili
meteorologiche è possibile fare alcune considerazioni in merito alla distribuzione
temporale dei fenomeni di incendio nel corso dell’anno.
Sia in termini di frequenza che di superficie percorsa dal fuoco è possibile
trarre interessanti considerazioni confrontando l’andamento mensile degli incendi
per ciascun anno della serie storica considerata. Si riconosce l’andamento
caratteristico dei regimi pirologici delle regioni dell’arco alpino con un massimo
invernale-primaverile ed un minimo primaverile-estivo, correlato essenzialmente
all’andamento climatico, corrispondente al periodo di rischio incendi definito dal
Piano AIB come periodo compreso fra dicembre ed aprile.
Per quanto riguarda il numero di eventi la rappresentazione evidenzia la
concentrazione degli eventi nei mesi invernali e consente inoltre di apprezzare la
tendenza in atto dal 1996 al 2005 che vede un incremento del numero degli
incendi anche nei mesi estivi (figura 10.17).
250
200
numero di incendi
150
100
gennaio
febbraio
marzo
aprile 50
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre 0
ottobre 1996
1997
novembre 1998
1999
2000
dicembre 2001
2002
2003
2004
2005
324
Figura 10.18 – Distribuzione delle superfici percorse mensili (1996-2005)
6000.0
5000.0
4000.0
Superficie (ha)
3000.0
2000.0
gennaio
febbraio
marzo 1000.0
aprile
maggio
giugno 0.0
luglio
1996
agosto 1997
settembre 1998
1999
ottobre 2000
2001
novembre
2002
dicembre 2003
2004
2005
325
Figura 10.19 – Frequenze relative per classi di superfici percorse
35
30
Frequenza incendi (%)
25
20
15
10
oltre 1000
600 - 1000
0.5 - 1
100 - 200
200 - 400
400 - 600
5 - 10
50 - 100
10 - 20
20 - 50
1-2
fino a 0.5
2-5
Sulla base della distribuzione cumulata del numero e della superficie bruciata dal
fuoco per classi di superficie, a seguito di analisi statistiche il Piano identificata la
soglia dell’evento rilevante con superficie superiore a 18 ettari. Tale limite
qualifica dunque l’evento che comporta un significativo impegno per la struttura
antincendio e che mediamente, a livello regionale, rappresenta la dimensione
dell’evento cui il piano deve porre particolare attenzione. Dalle elaborazioni è
infatti emerso che gli incendi con superficie percorsa superiore ai 18 ettari, pur
rappresentando in numero il 10% degli eventi che si sono verificati in Lombardia
dal 1996 al 2005, hanno percorso ben il 79% della superficie complessiva della
serie storica.
Un’ulteriore soglia significativa è stata definita per identificare i fenomeni che
percorrono grandi superfici e che necessitano di una specifica attività di studio per
approfondire le problematiche connesse alle attività di prevenzione, previsione e
lotta attiva. Sulla base della serie storica degli incendi di maggiore estensione
verificatisi sul territorio è stata identificata la soglia dei 100 ettari di superficie,
boscata e non boscata, percorsa dal fuoco. Gli incendi che superano tale limite
dimensionali sono classificati quali eventi straordinari; tali fenomeni non si
verificano di frequente, di norma si protraggono per più giorni ed impegnano
duramente l’organizzazione antincendio regionale a tutti i suoi livelli.
La rilevazione statistica delle cause degli incendi verificatisi sul territorio della
Lombardia è stata effettuata per il periodo di nove anni compreso tra gli anni
1997 (anno di attivazione della procedura di archiviazione informatica delle
schede AIB/FN) e 2005.
326
Il risultato dell’indagine è stato sintetizzato nella tabella e nei grafici che
seguono:
Tabella 10.6 – Ripartizione della frequenza e della superficie percorsa dal fuoco per cause
di incendio (1996- 2005)
Figura 10.20 – Ripartizione della superficie percorsa dal fuoco per cause di incendio
0%
0%
6% 8%
Cause naturali
Cause accidentali
Cause colpose
Cause dolose
Cause dubbie
86%
Dalle analisi effettuate emerge che le cause dolose sono quelle che maggiormente
incidono sul fenomeno degli incendi, sia in termini di numero di roghi (74%) che
di superficie percorsa dal fuoco (86% del totale). Seguono le cause colpose e le
dubbie, mentre le cause naturali e accidentali rivestono assai poca importanza nel
panorama lombardo.
La situazione della Lombardia risulta analoga a quella nazionale, infatti una
recente indagine condotta dal CFS e da Legambiente dal titolo “Incendi e legalità”
illustra come in Italia non esistano praticamente incendi naturali e il fenomeno dei
roghi sia direttamente legato all’azione umana per il 98% del totale, per
imprudenza e mancato rispetto delle norme (incendi colposi) e, soprattutto, per
speculazioni legate alla ricerca di profitto (incendi dolosi).
327
Incidenza sulla popolazione
Uno degli indici di rischio a livello sociale consiste nel numero di vittime attese
per un determinato fenomeno ed evento.
Il fenomeno degli incendi boschivi in Lombardia presenta una bassa incidenza
sulla popolazione. Ciò è da ricondursi sia alla natura del fenomeno, le aree
percorse dal fuoco sono infatti generalmente distanti dall’urbanizzato e in zone
caratterizzate da una bassa densità abitativa, sia all’efficienza con cui la tematica
dell’antincendio è governata a livello regionale.
L’attività di prevenzione e di lotta attiva è ben strutturata e gestita. La
consolidata collaborazione fra Regione Lombardia e CFS, il funzionale
coinvolgimento e la fattiva attivazione degli Enti territoriali, permettono infatti di
affrontare adeguatamente tale rischio, riducendone drasticamente l’incidenza sulla
popolazione.
A fronte di tali considerazioni negli ultimi 10 anni si è registrata una sola
vittima nell’ambito del sistema AIB. Tale fatto risale al gennaio 2002 e ha
interessato un volontario delle squadre antincendio della Comunità Montana Lario
Orientale.
Anche fra la popolazione si riscontra nel periodo considerato una sola persona
morta nel tentativo di spegnere un incendio a Monte Isola, in provincia di Brescia
nel settembre 2003.
Un ulteriore elemento in grado di esprimere l’incidenza del fenomeno sulla
popolazione è rappresentato dalla definizione degli infortuni di varia natura e
gravità occorsi nel tempo ai volontari impegnati nelle attività di antincendio
boschivo. Questo dato non è stato esplicitato in questa fase di redazione del
dossier ma sarà oggetto di adeguati approfondimenti nell’ambito di suoi
aggiornamenti futuri.
Rispetto alla percezione del rischio da parte della popolazione è interessante
considerare un’indagine realizzata in Lombardia, nell’ambito del progetto
Rinamed 104 (Rischi Naturali dell’arco del Mediterraneo Occidentale), per le
province di Lecco e Sondrio. In base a tale studio, la popolazione intervistata è
risultata cosciente di vivere in zone esposte a rischi naturali. Infatti, l’85% ha
sperimentato, con o senza danni, un disastro (frane 41% e/o esondazione 40%) e
ciò fornisce la consapevolezza di abitare in una zona a rischio di frana (57%), di
esondazione (37%) o di incendio (21%). Lo studio fornisce altre indicazioni circa
le attività di informazione, i soggetti che dovrebbero essere responsabili
dell’informazione, la conoscenza dei comportamenti da mantenere in caso di
emergenza.
104
Questo progetto consiste nella elaborazione di una strategia comune fra addetti locali delle
regioni dell’Arco Mediterraneo Occidentale in materia di informazione e sensibilizzazione delle
popolazioni rispetto ai rischi naturali. La Regione Lombardia fa parte dei soci del progetto di
cooperazione sui rischi, il quale mira a perseguire l’obiettivo di definire un quadro di prevenzione
e di informazione comune nell’ambito dell’area mediterranea europea attraverso svariate azioni:
creazione di strumenti di sensibilizzazione, formazione, appoggio alle azioni civiche, campus
internazionali, realizzazione di un sistema di informazione per i cittadini e i mass-media, strategia
di valutazione.
328
La situazione degli incendi boschivi in Lombardia
Tabella 10.7 – La situazione degli incendi boschivi in Lombardia (Fonte: Regione Lombardia
- Ersaf)
Dall’analisi del data base del SIAB inerente gli incendi pregressi verificatisi sul
territorio regionale è possibile individuare alcuni degli eventi più significativi in
termini di superficie percorsa dal fuoco verificatisi in Lombardia.
La maggior parte di questi fenomeni si è verificata nel 1997 e nel dettaglio nel
periodo compreso fra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Come si evince infatti
dall’osservazione della figura 18 questo periodo si contraddistingue per la
presenza della maggiore superficie bruciata nell’arco della serie storica presa in
considerazione dal 1996 al 2005.
Una elevata concentrazione di incendi di grandi dimensioni nel lasso temporale
considerato trova spiegazione in considerazioni di diversa natura. In primo luogo
il fattore predisponente è legato alla peculiare situazione meteorologica; infatti il
periodo antecedente l’aprile del 1997 si contraddistinse per una prolungata
assenza di precipitazioni che determinò una situazione di forte siccità, cui si
aggiunse l’aggravante di un intenso vento (foehn) come fattore contribuente
all’innesco. In tale contesto si svilupparono numerosi incendi e a causa della
compresenza di molteplici situazioni di emergenza sul territorio regionale, delle
105
Di cui uno equipaggiato di telecamera nel visivo e sensore infrarosso.
329
difficoltà organizzative e della possibilità d’impiego dei mezzi a disposizione,
alcuni di questi assunsero notevoli dimensioni come riassunto in tabella 10.8.
Tabella 10.8 – Incendi di grandi dimensioni verificatisi in Lombardia nel 1997 (Fonte CFS)
Superficie
Superficie Superficie
Provin non
Data Comune Località totale boscata
cia boscata
(Ha) (Ha)
(Ha)
97046 –
03/04/19
LC Mandello del Varie 1935 1121 814
97
Lario
M.Grona-
04/04/19
CO 13185 - Plesio A.Rescanscia- 715 235 480
97
Bregagno
Marsa-
04/04/19
BS 17176 - Sellero B.Giagre- 550 397 153
97
Zinvil-Garzeto
Ponticello-Val
14/03/19 17087 -
BS Marsa- 535 375 160
97 Lavenone
Senivasa-
17089 – V.Larici-
04/04/19
BS Limone del P.Camino- 495 300 195
97
Garda Dosso Roveri
29/03/19 Brazere-
BS 17185 - Tignale 485 350 135
97 M.Casarole
16188 – San
29/03/19 Pianca - Monte
BG Giovanni 451 164 287
97 Cancervo
Bianco
Brento-
14/03/19 13106 -
CO Nembruno- 400 125 275
97 Garzeno
Cortafon
Ronchi-
04/04/19 17035 – Capo
BS Fontana-P.Zo 355.38 126.68 228.7
97 di Ponte
Garzeto
13/03/19 Ciocca- Nasen-
SO 14066 - Tirano 240 202 38
97 Pra' Zare'
10/04/19
BS 17058 - Collio Botticini 196 26 170
97
19/03/19 Isolone del
LC 97010 - Brivio 143 1 142
97 Serraglio
16/03/19 17140 –
BS Palavero 100 10 90
97 Pertica Bassa
Si illustrano di seguito alcuni degli eventi citati per i quali sono disponibili
documentazioni fotografiche e/o informazioni di approfondimento, rese
disponibili dagli Enti territorialmente competenti che si ringraziano per la cortese
collaborazione.
330
Figure 10.21, 10.22, 10.23, 10.24 – Incendio a Tignale 29/03/1997
331
La siccità del periodo antecedente l’evento non ha fatto altro che contribuire alla
sua veloce propagazione sul territorio, favorita anche dalla presenza di un forte
vento.
Le fiamme hanno interessato il territorio per oltre una settimana e solo il 6
aprile il fuoco è stato spento, grazie al costante e massiccio dispiegamento di tutte
le forze disponibili nell’area afferenti a diversi Corpi, CFS e Vigili del Fuoco, dei
volontari, e grazie anche alla presenza di indispensabili mezzi operativi
sull’incendio quali elicotteri e canadair.
A fiamme spente il bilancio complessivo dell’evento è risultato drammatico,
sia per quanto concerne la superficie percorsa dalle fiamme, 485 ettari, sia in
riferimento ai danni che in termini economici sono stati stimati in circa 1 miliardo
e 400 milioni di lire, con spese di ripristino nell’ordine dei 5 miliardi di lire.
Incendio del 4 aprile 1997 sul territorio di Limone del Garda (Bs)
In concomitanza con l’evento appena illustrato che interessò i comuni di Tignale e
Tremosine, il Parco regionale Alto Garda Bresciano si trovò ad affrontare un’altra
emergenza incendi boschivi a Limone del Garda.
A partire da almeno tre focolai in punti diversi lungo il pendio delle montagne
a tre chilometri da Limone, in direzione di Riva del Garda, le lingue di fuoco si
sono estese verso l’alto con un fronte che è arrivato fino ad alcuni chilometri.
Oltre ai danni diretti sulle aree bruciate per un’estensione di ben 500 ettari,
questo evento ha comportato la necessità, per motivi di sicurezza, di evacuare
alcuni alberghi e abitazioni private, nonché la chiusura della Strada Statale
Gardesana (SS45bis) che garantisce il collegamento dell’alto Garda con il
territorio trentino, prima per problemi strettamente connessi alla presenza del
fuoco, e successivamente a causa del conseguente rischio di frane e smottamenti.
In questo contesto il passaggio del fuoco ha comportato inoltre un danno di
carattere paesaggistico, con ripercussioni sulle attività turistiche che costituiscono
un aspetto assai rilevante del sistema economico locale.
332
Incendio del 4 e 5 aprile 1997 sul territorio di Capo di Ponte e Sellero (Bs)
Il 4 aprile 1997, intorno alle 11.00 a.m., sul territorio comunale di Sellero in Valle
Camonica, viene segnalato un principio di incendio in corrispondenza delle prime
formazioni boschive ai margini dei prati-pascoli di proprietà privata. Le
condizioni di aridità stagionale dovute al prolungato periodo siccitoso della
primavera, accompagnate da una serie di concause favorevoli al rapido diffondersi
delle fiamme, spingono rapidamente il fuoco a estendersi a tutto il versante
boscato posto a monte dell’abitato di Sellero. Il fuoco interessa i cedui castanili,
raggiunge più in quota i consorzi forestali dominati dalle resinose e nella sua
corsa percorre gran parte del demanio forestale a Sellero, raggiungendo anche il
comune di Capo di Ponte. Spinte dal vento le fiamme percorrono le formazioni
xerofile degli affioramenti rocciosi distruggendo diversi ettari di rimboschimenti
artificiali per poi dirigersi verso l’alto in direzione dei pascoli del monte
Adiamone delimitati superiormente da affioramenti rocciosi e incolti sterili ancora
localmente innevati, in cui le fiamme andranno a spegnersi soltanto il giorno
successivo. Il bilancio della superficie bruciata a Sellero e Capo di Ponte è di circa
900 ettari. Durante le operazioni di spegnimento sono state impegnate bel 250
volontari accorsi dalle unità di pronto intervento dei paesi limitrofi. Date le
enormi dimensioni dell’evento e il conseguente immane danno a tutte le funzioni
esercitate dal bosco, è stato redatto un progetto di ripristino ambientale attraverso
una collaborazione fra la Provincia di Brescia e l’ex. Azienda Regionale delle
Foreste della Regione Lombardia (sede di Breno) finalizzato sia alla ricostituzione
del complesso vegetazionale che al riequilibrio della componente faunistica,
nonché al riordino della rete viaria e infrastrutturale.
333
Incendio del 29 marzo 1997 sul territorio di San Giovanni Bianco, Taleggio,
Camerata Cornello (Bg)
Nello stesso periodo, a cavallo fra la fine di marzo e il principio di aprile, anche la
Comunità Montana Valle Brembana è stata interessata da un grande incendio che
si è sviluppato sul territorio di San Giovanni Bianco e nei comuni limitrofi,
comportando la distruzione di circa 450 ettari di superficie boscata e non boscata,
e impegnando quasi un centinaio di volontari impegnati nei tre giorni necessari
per lo spegnimento del fuoco.
Incendio del 4 aprile 1997 sul territorio di Mandello Lario, Esino Lario, Lierna,
Perledo e Varenna (Lc)
Questo incendio è quello di maggiori dimensioni verificatisi in Lombardia dal
1990 al 2005. Al termine delle operazioni di spegnimento, che impegnarono per
una settimana numerosissime forze sul territorio, la superficie percorsa dal fuoco
aveva raggiunto enormi dimensioni oltrepassando i 1900 ettari e interessando,
oltre al comune di Mandello Lario da cui era partito, numerosi comuni limitrofi:
Esino Lario, Lierna, Perledo e Varenna appartenenti alle Comunità Montane Lario
Orientale e Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera.
Date le vaste dimensioni dell’evento la provincia di Lecco commissionò nel
1998 uno studio volto ad approfondire la conoscenza degli effetti ecologici del
fuoco in ambiente montano, indagando aspetti vegetazionali, faunistici e di natura
forestale-selvicolturale.
La successiva immagine, tratta dallo studio citato, illustra la perimetrazione
delle aree interessate dall’evento.
106
Studio sugli effetti ecologici degli incendi negli ambienti montani, Provincia di Lecco.
334
Dataset disponibili a scala regionale
A scala regionale sono attualmente disponibili diverse banche dati e fonti relative
gli incendi, le infrastrutture presenti sul territorio utilizzabili ai fini
dell’antincendio boschivi, la pianificazione in materia AIB e altre informazioni
utili per la redazione del presente dossier.
Le principali sono di seguito illustrate.
107
EUCENTRE è una Fondazione senza scopo di lucro fondata dal Dipartimento della
Protezione Civile (DPC), dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV),
dall’Università degli Studi di Pavia (UniPV) e dall’Istituto Universitario di Studi Superiori di
Pavia (IUSS), con il fine di promuovere, sostenere e curare la formazione e la ricerca nel campo
della riduzione del rischio sismico.
335
- Modulo periferico Acquisizione Dati;
- Modulo Periferico rivolto ai Comuni.
108
http://www.cinar.gr/delfi/
336
dal tipo di combustibile e dalla sua suscettibilità al fuoco (pericolo) e dalla
presenza di cause esterne (sia antropogeniche che naturali) che portano all’innesco
di un incendio. Infine in altri settori il rischio è considerato come l’insieme di due
fattori, il pericolo, o la potenziale minaccia per gli uomini e il loro benessere, e la
vulnerabilità, ossia l’esposizione e la suscettibilità a danni. Seguendo quest’ultimo
approccio il rischio si configura come “la probabilità che si verifichi un incendio
e le sue conseguenze”.
Nello specifico, il fenomeno degli incendi boschivi può essere studiato con
modelli predittivi che permettono di definire dove è possibile che si verifichi un
incendio e con quale probabilità, senza determinare esplicitamente i tempi di
ritorno e l’intensità.
Nel presente studio si è elaborato un indice statico per la definizione del rischio
d’incendio boschivo prendendo in considerazione le condizioni stabili che
favoriscono il verificarsi degli incendi con l’obiettivo di individuare aree con
elevato rischio a causa delle loro condizioni intrinseche. Nella metodologia
adottata il rischio può essere definito matematicamente come il prodotto di:
Pericolosità, Vulnerabilità e Valore:
PERICOLOSITA’ VULNERABILITA’
Probabilità di accadimento di un incendio in Propensione al danno di un elemento in funzione
funzione delle variabili spaziali del territorio delle sue caratteristiche e del grado di esposizione
RISCHIO SPECIFICO
Esprime la probabilità che un incendio
interessi elementi vulnerabili. È
calcolato come prodotto dei valori di
pericolosità e vulnerabilità
MITIGAZIONE
Insieme delle attività e delle opere di prevenzione e
gestione del rischio finalizzate alla sua riduzione
RISCHIO RESIDUO
Livello di rischio che permane sul
territorio a seguito degli interventi di
mitigazione realizzati
337
Come già anticipato nel capitolo Scopi del documento, l’utilizzo della
vulnerabilità come fattore che connota il rischio, introduce un elemento di grande
innovazione rispetto alla definizione di rischio di incendio boschivo all’oggi
disponibile in Lombardia. Il fatto di prendere in considerazione la vulnerabilità,
intesa come propensione al danno di un elemento in funzione delle sue
caratteristiche e del grado di esposizione, consente di evidenziare e porre
l’attenzione sulla presenza umana (persone e beni) sul territorio, come elemento
che deve guidare e indirizzare le scelte di gestione e di prevenzione del rischio.
Questo aspetto consente dunque di esprime pienamente l’intenzione a livello
regionale di ottenere uno strumento che, integrato ai risultati dei dossier inerenti
gli altri grandi rischi affrontati nel PRIM, consenta di strutturare un Sistema
integrato di sicurezza.
Rispetto alla formula matematica di calcolo del rischio sopra illustrata, nel
presente studio non è stato affrontata la componente inerente il fattore “valore”, da
intendersi come perdita di valore degli elementi riconosciuti vulnerabili in seguito
al passaggio del fuoco. Tale informazione non è stata esplicitata a causa
dell’attuale indisponibilità di dati in merito; si sottolinea a tal proposito la
necessità di acquisire le informazioni in oggetto e di utilizzarle per implementare
il calcolo del rischio di incendi boschivo nella fase di aggiornamento del presente
dossier.
Per la realizzazione delle elaborazioni di seguito descritte si è fatto riferimento
a banche dati e cartografiche regionali e ad altre fonti precedentemente illustrate.
Le elaborazioni relative alla pericolosità, alla vulnerabilità e infine al rischio
sono state calcolate e rappresentate avvalendosi di una griglia che approssima in
eccesso il territorio della Regione Lombardia, suddivisa in poligoni quadrati di
lato 1 km (indipendentemente dai confini di tipo amministrativo o censuario),
ogni cella è contrassegnata da un codice univoco (“IDCELLA”: un numero
compreso tra 1 e 25540). Ogni singola cella è considerata l’“unità territoriale”,
che, a seconda di ciò che si desidera rappresentare (pericolosità, vulnerabilità),
assumerà valori differenti. Nel proseguo del testo quando si utilizzerà il termine
“celle”, implicitamente si considereranno i quadrati della griglia suddetta con cui
si è deciso di rappresentare il territorio regionale.
Tale impostazione, condivisa nell’ambito della redazione del PRIM da tutti i
gruppi di lavoro coinvolti, deriva sia da considerazioni legate alla tipologia, alla
distribuzione e alla precisione dei dati a disposizione, sia da esigenze di
restituzione cartografica delle informazioni a scala regionale (circa 25000 km2)
per ottenere rappresentazioni che siano nello stesso tempo di facile lettura a livello
regionale e utilizzabili anche a livello provinciale con una buona precisione.
Le componenti su cui si struttura la modellazione del rischio sono di seguito
illustrate:
Ø Intensità;
Ø Pericolosità;
Ø Esposizione;
Ø Vulnerabilità;
Ø Rischio.
338
Per ogni cella è stato calcolato e successivamente attribuito il valore di ciascuna
delle componenti suddette (a loro volta composte da numerose variabili),
ottenendo mappe tematiche rappresentative della distribuzione spaziale degli
aspetti considerati su tutto il territorio lombardo.
339
La pericolosità è definita in vari modi e con diverse accezioni. La definizione più
largamente accettata in relazione ai fenomeni naturali (Varnes et al. 1984)
descrive la pericolosità come probabilità di occorrenza di un fenomeno
potenzialmente pericoloso, in un determinato intervallo di tempo e in una certa
area. Questa definizione esprime in modo esplicito il concetto di spazialità e
temporalità del fenomeno naturale, e soltanto in modo implicito il concetto di
intensità o magnitudo, ovvero la dimensione ed il potere distruttivo del fenomeno
stesso. Per esplicitare questi aspetti è stata proposta (Fell, 1994; Finlay et al, 1997)
una definizione di pericolosità come prodotto della probabilità di occorrenza di un
certo fenomeno in una certa area per la magnitudo del fenomeno stesso. Bisogna
comunque osservare che, a livello pratico, la predizione congiunta di queste
caratteristiche non risulta sempre possibile.
Nel complesso si può definire la pericolosità come probabilità (es.: annua o con
tempo di ritorno di un anno) che un fenomeno di una certa intensità si verifichi in
una data area.
Nel presente studio la pericolosità è definita attraverso un’analisi spaziale, che
esprime la probabilità che un evento di un certo tipo e con una certa intensità si
verifichi in una certa area, dando quindi solo una connotazione spaziale all’evento
e non temporale.
I dati utilizzati sono relativi agli incendi pregressi verificatisi sul territorio; nel
dettaglio per la serie storica 1975-2005 si è utilizzata l’informazione temporale
(data dell’evento), mentre per il periodo compreso fra il 1997 e il 2005 si è
considerato anche il dato della distribuzione spaziale (localizzazione puntuale
dell’evento con coordinate cartografiche).
Il calcolo della pericolosità è realizzato attraverso due passaggi metodologici.
Il primo permette di giungere, attraverso l’analisi discriminante 109 , alla
definizione della suscettibilità, intesa come probabilità di accadimento di un
evento in funzione delle caratteristiche spaziali del territorio (analisi spaziale in
figura 30). Nel dettaglio sulla base dell’intensità sono stati calcolati tre livelli di
suscettibilità relativi rispettivamente a piccoli, medi e grandi incendi. Il secondo
passaggio consiste in un’analisi statistica intensità/frequenza che ha portato a
definire il grado di ricorrenza nella serie storica delle tre classi di intensità; questo
dato è infine implementato con il valore di suscettibilità, così da pervenire alla
pericolosità.
Attraverso la metodologia illustrata è stata attribuita ad ogni cella (unità
territoriale) la probabilità di essere percorsa dal fuoco in funzione degli incendi
pregressi che si sono verificati e delle caratteristiche territoriali in grado di influire
sul fenomeno degli incendi.
109
Allegato 1.
340
Scelta e determinazione degli indicatori per il calcolo della suscettibilità
territoriale
Per la definizione della suscettibilità del territorio sono state scelte alcune variabili
riconducibili principalmente a due categorie: fattori determinanti e fattori
predisponenti.
Come anticipato nel capitolo inerente i caratteri specifici degli incendi boschivi,
i fattori determinanti, riconducibili a cause naturali o di origine antropica, sono
quelli che in modo diretto o indiretto possono contribuire all’innesco del fuoco.
Data la rilevanza in termini statistici delle cause di incendio boschivo connesse
alla presenza umana sul territorio, si è focalizzata l’attenzione su quest’ultima
come fattore determinante; nel dettaglio essa è stata esplicitata ricorrendo a due
fattori derivati: densità delle strade, densità dell’abitato urbano, che rappresentano
indirettamente la presenza antropica.
I fattori predisponenti sono invece quelli connessi alle caratteristiche
intrinseche del territorio: morfologia, copertura vegetale, condizioni
meteorologiche. In questa categoria un’ulteriore distinzione può essere fatta in
funzione della variabile temporale, distinguendo fattori statici e fattori dinamici.
Per i primi il tempo ha un’incidenza limitata in quanto subiscono variazioni in
modo molto lento (es. morfologia del territorio, estensione del bosco o delle aree
“bruciabili” in generale), mentre i secondi dipendono da cambiamenti temporali
significativi (es. andamento della temperatura, regime dei venti, ecc.).
341
indicatori statici in quanto non è all’oggi disponibile a livello regionale la
copertura di informazioni dinamiche particolarmente significative per il fenomeno
degli incendi boschivi. Conseguentemente, dal punto di vista delle variabili
meteorologiche sono stati presi in considerazione fattori in grado di descrivere la
differente situazione climatica della Lombardia avvalendosi delle informazioni
tratte dell’Atlante Agroclimatico regionale. L’informazione analizzata è quindi da
considerarsi anch’essa statica in quanto riferita a un preciso arco temporale; nel
dettaglio per quanto riguarda le precipitazioni è stato utilizzato il dato medio
relativo alla seconda decade di marzo, mentre per le temperature si è considerata
la media del mese di marzo. La scelta del periodo temporale di riferimento è stata
guidata dai dati emersi nel Piano antincendio regionale del 2006; si è infatti fatto
riferimento al mese di marzo che è risultato, per la serie storica di riferimento,
quello in cui si registra la situazione più critica sia sotto il profilo della frequenza
di incendi che per quanto concerne la superficie percorsa dal fuoco.
La scelta degli indicatori predisponenti e determinanti è stata realizzata in
funzione della loro grado di influenza sul fenomeno degli incendi, nonché
prendendo in considerazione la reale disponibilità del dato a livello regionale. Nel
complesso gli indicatori riguardano la geomorfologia, l’uso del suolo, la presenza
antropica e la meteorologia.
Per quanto riguarda la caratterizzazione geomorfologica sono stati presi in
considerazione la pendenza, l’altimetria e l’esposizione. Nel dettaglio la pendenza
influisce in modo rilevante sulla diffusione del fuoco, sia perché in salita le
fiamme sono più vicine al combustibile, sia perché la corrente di aria calda
ascensionale determinata dall’incendio stesso causa un preriscaldamento ed una
disidratazione del combustibile, favorendo una più rapida accensione. Inoltre il
fuoco è reso più intenso a causa dell’arricchimento di ossigeno della zona di
combustione derivante dalla corrente ascensionale del tiraggio. I frammenti di
legno che bruciano rotolano facilmente lungo i pendii più ripidi dando inizio a
nuovi fuochi e il materiale incendiato di piccole dimensioni trasportato nell’aria
dalla corrente calda può giungere più facilmente a contatto con il combustibile
non ancora incendiato posto più a monte. Anche l’esposizione è un fattore
significativo, basti pensare che le stazioni a sud, a parità di tutti gli altri parametri
stazionali (altitudine, giacitura, substrato, pendenza, ecc.) risultano più calde.
L’esposizione induce per esempio livelli udometrici diversi pur in zone con
piovosità simile; inoltre sui versanti esposti a meridione la durata dell’effetto
preventivo della pioggia è minore, così come la permanenza del manto nevoso al
suolo. È da sottolineare inoltre che nelle esposizioni a sud la vegetazione, pur
adattata a condizioni di xericità, è più soggetta a stress idrico, a un rapido
appassimento e a una maggiore infiammabilità rispetto a quella di altri siti a causa
degli elevati tassi di traspirazione e della conseguente riduzione del contenuto di
acqua. Analoghe considerazioni possono essere espresse per l’altimetria in quanto
la frequenza degli incendi presenta un massimo nella classe altimetrica compresa
fra 800 e 1100 metri s.l.m., per poi decrescere a quote superiori fino ad annullarsi
al di sopra dei 1600 metri.
Un secondo gruppo di fattori riguarda l’uso del suolo agricolo e forestale, con
particolare riferimento a boschi e pascoli, ossia a quegli ambiti in cui gli incendi si
342
sviluppano e che sono quindi direttamente interessati dal passaggio del fuoco. Nel
dettaglio in termini di superficie sono state prese in considerazione: la superficie
bruciabile, ossia quella che raggruppa tutte le classi di uso del suolo
potenzialmente interessate dal fenomeno degli incendi boschivi, e la sola
superficie boscata. Per i boschi è stato anche esplicitato un indicatore
rappresentativo del grado di continuità/frammentazione della copertura vegetale,
in quanto anche questa variabile è in grado di influire sull’intensità e sulla
propagazione del fuoco. Una ulteriore caratterizzazione di questi fattori è stata
realizzata attribuendo al pascolo e alle diverse categorie forestali un potenziale
pirologico rappresentativo del grado di infiammabilità della vegetazione; infatti
sotto il profilo chimico, la presenza di oli e resine aumenta il calore della reazione
di combustione, a causa del loro alto contenuto energetico, e di conseguenza,
combustibili che contengano queste sostanze dovrebbero, in linea di principio,
bruciare intensamente, diversamente concentrazioni relativamente alte di elementi
minerali nel legno e nelle foglie possono ridurre l’infiammabilità in alcune specie
di piante.
Sempre in riferimento all’uso del suolo è stata presa in considerazione anche la
densità di corsi d’acqua che interagisce con il fenomeno degli incendi sotto più
aspetti. In primo luogo il reticolo idrografico determina una discontinuità della
vegetazione sul territorio e quindi una potenziale barriera all’avanzamento del
fuoco; inoltre si sottolinea che gli ambiti limitrofi ai corsi d’acqua presentano un
maggio livello di umidità, un fattore che contrasta la rapida propagazione
dell’incendio e diminuisce la probabilità di innesco.
Un’altra categoria di fattori è riconducibile alla definizione della presenza
antropica sul territorio, espressa in termini di densità di strade e di superficie
urbanizzata (fattori derivanti). La decisione di prendere prioritariamente in
considerazione la viabilità nelle zone boscate nell’ambito della trattazione dei
fattori determinanti gli incendi deriva dal fatto che spesso è proprio lungo queste
strade o negli immediati dintorni che si verificano azioni potenzialmente
pericolose, come i mozziconi di sigarette e i cerini lasciati inavvertitamente cadere
su materiali facilmente infiammabili, i fuochi dei picnic, l’abbruciamento delle
stoppie, la ripulitura dei coltivi e delle scarpate stradali con il fuoco, i depositi di
immondizia autorizzati o abusivi, ecc. Nonostante la rete viaria rivesta inoltre
notevole importanza perché consente l’accesso del personale e dei mezzi
antincendio l’analisi statistica dimostra che in realtà la presenza delle strade è un
elemento che favorisce il fenomeno degli incendi, evidenziando inoltre come la
maggior parte di essi si verifica entro la distanza di 100 metri dalla strada e la
quasi totalità entro un chilometro.
Anche la presenza di nuclei abitati rappresenta un fattore rilevante per gli
incendi in quanto determina una maggiore probabilità di frequentazione della zona
per scopi diversi e in diversi periodi dell’anno, alla quale sotto molteplici aspetti
possono essere ricondotte alcune tipologie di incendio.
Infine anche la caratterizzazione meteorologica della Regione concorre alla
definizione della pericolosità in quanto il regime delle precipitazioni e il livello
delle temperature costituiscono anch’essi dei fattori predisponenti all’innesco di
un incendio.
343
Ciascun indicatore è stato calcolato per ogni cella della maglia utilizzata per le
elaborazioni e rappresentazioni, definendo, per gli indicatori per cui è stato
necessario in base alla natura del dato e alla sua distribuzione territoriale in
continuo (altimetria e pendenza), un valore mediato sull’intera cella. Ad esempio
il valore della quota è pari alla media delle quote relative ai pixel all’interno di
ogni cella; nel dettaglio i pixel che contengono l’informazione della quota
derivano dalla griglia del DTM della Regione di lato 20 metri, dunque la media è
stata fatta su circa 2500 valori. Diversamente nel caso delle variabili discrete è
stato calcolato e attribuito il valore, in termini di numero (es. n. poligoni boscati
per cella) o di estensione (es. mq/cella di superficie boscata), calcolato utilizzando
degli applicativi degli strumenti GIS ottenendo i valori reali.
Sono di seguito espressi e riassunti in tabella gli indicatori utilizzati per la
definizione della suscettibilità, dettagliati in funzione degli aspetti considerati per
la loro determinazione.
344
Tabella 10.9 – Gli indicatori utilizzati per il calcolo della suscettibilità
110
La superficie bruciabile comprende le seguenti classi di uso del suolo della Carta DUSAF:
B1,4,5,7 = Boschi; L5 = castagneti da frutto; P4,a = prati e pascoli; N8,b,t = vegetazione arbustiva
e cespuglieti; N1/N2 = vegetazione palustre e delle torbiere.
111
Valore calcolato considerando “bosco” le seguenti classi di uso del suolo della Carta
DUSAF: B1,4,5,7 = Boschi; L5 = castagneti da frutto; N8,b = vegetazione arbustiva e cespuglieti.
345
stato tratto da letteratura112 e, attraverso interpretazione, adattato alle categorie
forestali lombarde.
- Numero di boschi: n. dei poligoni di superficie boscata presenti in ogni cella
(la superficie boscata considerata comprende le seguenti classi di uso del
suolo della Carta DUSAF: B1,4,5,7 = Boschi; L5 = castagneti da frutto; N8,b
= vegetazione arbustiva e cespuglieti).
- Densità dei corsi d’acqua (m di fiumi, torrenti, canali): grado di umidità del
territorio in base alla Carta Tecnica Regionale (CT10).
- Precipitazioni medie: (seconda decade marzo) espresso in mm.
- Temperature medie: (mese di marzo), espresso in °C.
- Superficie urbanizzata: mq di urbanizzato a partire dalla classe U Dusaf.
- Densità di strade: m, in base al grafo stradale TELEATLAS.
.
Esempi di rappresentazione di alcuni indicatori territoriali
È di seguito rappresentata la distribuzione spaziale di alcuni degli indicatori di
suscettibilità territoriale per una limitata porzione della Regione, in modo da
poterne apprezzare maggiormente i dettagli. La zona è quella delle Prealpi delle
province di Bergamo e Lecco; un territorio variegato per quanto concerne la
morfologia (aree montuose alternate a pianeggianti e valli), e l’uso del suolo (aree
boscate alternate ad altre con diversi livelli di urbanizzazione), e che consente
dunque di percepire un significativo livello di variabilità per gli indicatori
considerati. Nelle illustrazioni è inoltre ben visibile la griglia su cui sono stati
effettuati tutti i calcoli per la modellizzazione del rischio.
112
Del Favero R., 2000.
346
Figura 10.33 – Densità della rete viaria delle celle
347
Figura 10.35 – Superficie bruciabile per ciascuna cella
348
percorsa dal fuoco. A partire da tali dati gli incendi registrati sono stati suddivisi
nelle tre classi di intensità-superficie precedentemente illustrate. Per la
rappresentazione dell’estensione delle aree percorse dal fuoco sul territorio, in
mancanza di una corretta perimetrazione cartografica delle zone realmente
bruciate, è stato associato ad ogni punto un cerchio (buffer) avente superficie pari
alla dimensione dell’incendio registrata nel data base. Separatamente, ogni
insieme di incendi appartenenti alla stessa classe e rappresentati dai cerchi
suddetti, è stato incrociata con la griglia di riferimento in modo da poter associare
ad ogni cella la superficie totale percorsa da ogni classe di incendio: piccolo,
medio e grande.
Partendo dal presupposto che un fuoco che brucia meno di 2000 mq di
superficie non viene considerato “incendio”, sono state operate alcune correzioni,
ossia alle celle al cui interno è risultato una superficie bruciata minore di 2000 mq
è stata attribuito un valore di 0 mq. Tale approssimazione è stata apportata anche
in base al fatto che i 2000 mq corrispondono allo 0.2% della superficie dell’intera
cella, un valore cioè poco influente.
Figura 10.36 - Rappresentazione spaziale degli incendi e della loro estensione, ripartiti per
classi dimensionali di superficie
349
incendio boschivo, ottenendo allo stesso tempo una sorta di pesatura relativa.
L’analisi è stata effettuata separatamente per le tre classi d’intensità associando a
ogni cella tre valori di probabilità compresi tra 0 e 1, rispettivamente Pg(dis), Pm(dis),
Pp(dis), che rappresentano la probabilità per ciascuna cella di essere interessata da
grandi, medi e piccoli incendi.
Il peso relativo delle tre classi di intensità degli incendi (Pg(stat), Pm(stat), Pp(stat))
è determinato a partire da un’analisi intensità/frequenza degli incendi pregressi
(dati 1975-2005), spiegata brevemente di seguito.
Per poter rappresentare dati relativi all’estensione degli incendi, che variano di
diversi ordini di grandezza, è stata utilizzata una scala logaritmica e i valore di
intensità sono stati suddivisi in intervalli (bin log) ricavati utilizzando come
esponente di 10 gli intervalli lineari113 presenti nella prima colonna della tabella
che segue.
Tabella 10.10 – Definizione probabilità di accadimento delle tre classi di superficie degli
incendi
classi incendio intervalli lineari intervalli bin log delta bin log P_classe P_media
-0.40 0.40 0.20 0.2015515757
piccoli -0.20 0.63 0.23 0.3489421040 0.39185
0.00 1.00 0.37 0.3427790704
0.20 1.58 0.58 0.0610491967
0.40 2.51 0.93 0.1065386137
0.60 3.98 1.47 0.0411764067
medi 0.80 6.31 2.33 0.0424137861 0.05950
1.00 10.00 3.69 0.0159661481
1.26 18.00 8.00 0.0041554184
1.40 25.12 7.12 0.0035517455
1.60 39.81 14.69 0.0012855074
1.80 63.10 23.29 0.0009040390
2.00 100.00 36.90 0.0003758310
2.20 158.49 58.49 0.0001395892
grandi 2.40 251.19 92.70 0.0000573017 0.00076
2.60 398.11 146.92 0.0000200862
2.80 630.96 232.85 0.0000088715
3.00 1000.00 369.04 0.0000013328
3.20 1584.89 584.89 0.0000000001
3.40 2511.89 926.99 0.0000001062
350
Sull’asse Y è rappresentata la P_classe.
Figura 10.37 – Definizione probabilità di accadimento delle tre classi di superficie degli
incendi
0.1
y = 0.1997x-1.1574
R2 = 0.8111
0.01
P_classe
0.001
y = 3.2274x -2.0258
R2 = 0.9807
0.0001
0.00001
estensione (ha)
351
Figura 10.38 – Carta della pericolosità
Vulnerabilità ed esposizione
La vulnerabilità può essere intesa come il grado di perdita per un elemento o un
insieme di elementi a rischio determinato dall’occorrenza di un fenomeno naturale
di una certa magnitudo (Varnes et al., 1984); essa è dunque funzione sia delle
caratteristiche degli elementi sia dell’intensità dei fenomeni. La vulnerabilità è un
dato di difficile determinazione proprio a causa della sua dipendenza da molteplici
fattori e dalla loro interazione; per la sua definizione è possibile ricorrere a due
differenti approcci: euristico e quantitativo.
Il primo si basa su una stima qualitativa o semi-quantitativa della vulnerabilità
espressa generalmente in classi; tali stime possono essere soggettive o basarsi su
matrici codificate che generalmente distinguono vulnerabilità per la vita umana e
quella per i beni economici.
Il secondo approccio è finalizzato al calcolo di un valore numerico della
vulnerabilità compreso tra 0 ed 1 per ogni elemento a rischio. Il calcolo della
vulnerabilità dei singoli elementi risulta assai complesso dovendo tenere conto di:
intensità del fenomeno; caratteristiche intrinseche dell’elemento; posizione
dell’elemento rispetto al fenomeno.
Nel presente studio la vulnerabilità è stata definita con una metodologia
quantitativa volta a definire l’interazione fra il fenomeno potenzialmente
pericoloso e l’elemento a rischio. Essa quindi, essendo connessa all’esposizione
degli elementi a rischio, è strettamente correlata con la loro vicinanza alla zona
bruciabile.
In condivisione con gli altri gruppi di lavoro, gli elementi presi in
considerazione per la determinazione della vulnerabilità sono prevalentemente
connessi alla presenza antropica sul territorio (urbanizzato), con particolare
352
riferimento a quelle strutture in cui presumibilmente sono presenti categorie di
popolazione più debole (ospedali e scuole), senza tralasciare gli insediamenti che,
seppur occupati per una limitata parte dell’anno, sono notevolmente esposti
perché connessi all’ambiente del bosco, ossia le malghe.
Per altre strutture è stata riconosciuta una vulnerabilità dovuta alla possibile
interazione con gli incendi boschivi, nella fattispecie causa-effetto o con effetto
domino. Si tratta nello specifico di aziende a Rischio di Incidente Rilevante e
degli impianti elettrici la cui presenza sul territorio può determinare un
incremento dell’intensità dell’incendio e/o dei danni sulla popolazione e
l’ambiente; a loro volta inoltre eventuali guasti o incidenti in tali strutture possono
essere elementi di innesco di incendi in boschi ubicati sul territorio limitrofo.
Nella definizione degli elementi vulnerabili sono state riconosciute anche
infrastrutture lineari nelle quali il ruolo di connessione e di collegamento potrebbe
essere compromesso in caso di incendio, con problemi legati sia a disagi per la
popolazione in termini di mancanza di un servizio (elettrodotti) o impossibilità a
raggiungere un luogo (strade e ferrovie), che di pericolo legato all’esposizione al
fuoco. I tracciati degli elettrodotti sono stati considerati perché, seppur con una
ridotta probabilità di accadimento, può verificarsi che in caso di guasto si inneschi
un incendio nei boschi circostanti. È necessario sottolineare inoltre che la
compromissione di una strada riduce l’accessibilità del territorio e
conseguentemente rende più disagevole il lavori dei volontari impegnati
sull’incendio.
Infine fra gli elementi vulnerabili sono stati presi in considerazione anche il
bosco e le coltivazioni di valore, ciò perchè, anche se sono gli ambiti in cui
l’incendio si sviluppa, ricevono anch’essi un danno al passaggio del fuoco, non
solo in termini economici ma anche in riferimento al ruolo che assolvono a livello
ambientale e sociale.
La successiva tabella riassume gli elementi considerati a rischio in caso di
incendi boschivo riportando per ciascuno l’indicatore di vulnerabilità, il peso
relativo e l’unità di misura.
353
Tabella 10.11– Indicatori vulnerabilità
Dal punto di vista geometrico gli elementi a rischio presi in considerazione per la
valutazione della vulnerabilità sono così strutturati:
114
Rientrano in questa categoria le seguenti classi di uso del suolo della Carta DUSAF:
L1=frutteti e frutti minori; L2,f,o=vigneti; L3,v=oliveti; L7=pioppeti; L8=altre legnose
agrarie.
115
Dai dati sulla viabilità TELEAtlas; FRC sta ad indicare Functional Road Classes.
354
Le scelta dei 100 metri è conforme anche al Regolamento regionale n. 1/93116
relativo alle prescrizioni di massima e di polizia forestale che vieta l’accessione di
fuochi a una distanza inferiore ai 100 metri dai boschi.
Successivamente le aree così definite sono state intersecate con la superficie
bruciabile per stimare la sovrapposizione, cioè l’interazione presente. Infine è
stata attribuito a ogni cella, per ciascun elemento a rischio, un valore
rappresentativo della superficie di interfaccia che ricade nell’uso del suolo
definito bruciabile.
Come accennato poco sopra, nel caso delle aree urbanizzate (rappresentate da
poligoni) è stato creato un buffer di 100 metri su ogni poligono, che nella figura
che segue è rappresentato da un contorno in rosso: le zone di questo buffer che si
sovrappongono alle aree bruciabili sono quelle che sono state considerate
“esposte”, rappresentate in arancio. Si riporta inoltre la griglia corrispondente che
assume i valori della densità di elettrodotti per ogni cella.
116
Regolamento regionale 23 febbraio 1993, n. 1 “Prescrizioni di massima e di polizia forestale”
355
Figure 10.40, 10.41 – Calcolo e rappresentazione del grado di vulnerabilità dell’urbanizzato
Lo stesso metodo è stato utilizzato per quantificare l’esposizione degli altri tipi di
elementi a rischio (lineari e puntuali). Per le infrastrutture lineari è presentato il
caso degli elettrodotti, mentre per quanto riguarda i punti sono state prese in
considerazione le scuole, come di seguito illustrato.
356
Figure 10.44, 10.45 – Calcolo e rappresentazione del grado di vulnerabilità delle scuole
Figure 10.42, 10.43 – Calcolo e rappresentazione del grado di vulnerabilità degli elettrodotti
357
Come anticipato, fra gli elementi a rischio è stato riportato anche il bosco, che,
nonostante sia l’elemento in cui l’incendio ha origine e si manifesta, subisce
anch’esso danni alle molteplici funzioni che assolve (ecologica, idrogeologica,
turistica, ecc.). La vulnerabilità del bosco è stata espressa in termini di
vulnerabilità specifica, ossia un valore riassuntivo della capacità di resistenza e
resilienza. I meccanismi di adattamento al fuoco delle specie arboree possono
infatti essere raggruppati in due categorie: la prima è costituita da quei caratteri
che hanno funzione di evitare o ridurre i danni del fuoco (resistenza); la seconda
comprende tutti i meccanismi che permettono la rinnovazione dell’individuo o
della popolazione dopo il passaggio del fuoco (resilienza).
Partendo dall’informazione dei tipi forestali della Lombardia è stato attribuito a
ciascuna categoria forestale un valore di resistenza e di resilienza; in entrambi i
casi i valori vanno da 1 a 5, ove 5 rappresenta la massima resistenza e resilienza.
Tali valori sono stati poi definiti per ciascuna cella della griglia attribuendo un
valore medio in funzione delle categorie forestali presenti.
Il valore complessivo di vulnerabilità specifica è ottenuto moltiplicando
resistenza e resilienza e infine riscalando linearmente questo risultato in modo da
ricondurlo al range 0-1 dividendo per il massimo valore massimo (5*5=25). È
inoltre importante considerare che per entrambi i parametri che compongono la
vulnerabilità specifica (resistenza e resilienza), a valore elevato corrisponde un
basso grado di vulnerabilità: conseguentemente è stato necessario fare
l’operazione seguente:
Rs * Rl
Vu spec = 1 − ( )
25
ove:
Vuspec= Vulnerabilità specifica
Rs= Resistenza
Rl= Resilienza
358
Figure 10.46, 10.47 – Rappresentazione della densità per cella del bosco e della vulnerabilità
specifica
I valori calcolati per ciascun elemento a rischio sono stati riportati nel range 0-1
attraverso una riscalatura lineare117 (il valore viene diviso per il valore massimo
potenziale) o sigmoidale 118 dipendentemente dalla funzionalità.
117
valnorm = val / valmax
118
dove x0 = valmax − valmin e d x = x0 / 5
359
Figura 10.48 – Andamento della riscalatura lineare e sigmoidale
indicatore trasformato
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
area esposta (mq/1000000mq)
1
indicatore trasformato
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
area esposta (mq/1000000mq)
360
Figura 10.49 – Prima versione della carta della vulnerabilità
Il ruolo centrale attribuito alla presenza antropica sul territorio come elemento
vulnerabile è ben restituito nella carta della vulnerabilità nella quale si
evidenziano in modo rilevante tutti i contesti di interfaccia antropico-forestale, che
si concentrano prevalentemente nella zona pedemontana.
In funzione dell’importanza e del valore attribuito al sistema delle aree protette
della Regione Lombardia si è deciso di prendere in considerazione come elementi
vulnerabili anche: Siti di Importanza Comunitaria (SIC), Zone di Protezione
Speciale (ZPS), Riserve naturali, Parchi naturali, Parchi nazionali e Parchi
regionali.
A ciascuna tipologia di area protetta è attribuito un valore, compreso fra 0-2, in
funzione del ruolo nell’ambito del sistema naturale ed ecologico lombardo come
di seguito specificato.
Tale indicatore è definito calcolando per ogni cella la somma delle superfici di
ogni area protetta, ciascuna moltiplicata per il valore attribuito, e successivamente
riscalando il dato riportandolo all’intervallo 0-1 dividendo per il valore più alto
registrato a livello regionale.
361
Figura 10.50 – Rappresentazione dell’indicatore di presenza delle aree protette
362
Rischio
Nella metodologia adottata il rischio può essere definito matematicamente come il
prodotto:
Dalla carta emerge che le aree a maggior rischio sul territorio regionale si
collocano principalmente nella fascia prealpina del pianalto e nell’appennino
pavese. Il territorio pianeggiante presenta un rischio molto basso; l’unico ambito
di rilievo è la fascia fluviale del Ticino fra le province di Milano e Pavia.
Interessanti considerazioni derivano dall’osservazione congiunta degli elaborati
cartografici cui si è pervenuti. Nella carta della suscettibilità, rappresentativa delle
caratteristiche territoriali in grado di influire sul fenomeno degli incendi boschivi,
le aree più pericolose si estendono su maggior parte della fascia alpina e prealpina,
363
mentre in quella della vulnerabilità si evidenziano, come anticipato, gli ambiti di
interfaccia fra l’urbanizzato e le aree bruciabili, con l’aggiunta delle aree protette.
Nella carta del rischio derivante dalle due precedenti si evidenzia in particolare
l’importanza del ruolo attribuito alla presenza antropica fra gli elementi
vulnerabili, infatti in questo elaborato emergono in modo evidente i contesti di
interfaccia ritenuti vulnerabili a causa della presenza di popolazione
potenzialmente esposta al fenomeno degli incendi boschivi.
119
Con l’entrata in vigore della presente legge sono abrogate: a. la Legge 47/75 recante norme
integrative per la difesa dei boschi dagli incendi; b. il decreto legge 10 luglio 1982, n. 428,
convertito con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 547, recante misure urgenti per la
protezione civile.
364
dettaglio attraverso l’analisi delle banche dati inerenti gli incendi il Piano perviene
a una caratterizzazione pirologica del territorio regionale e a una successiva
mappatura del rischio, a livello comunale e di area di base omogenea120 utilizzata
per poter individuare una scala di priorità di intervento e conseguentemente come
presupposto per determinare la distribuzione delle risorse.
Il Piano, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti dei temi affrontati nel
presente capitolo , si articola secondo la struttura seguente.
Incendi boschivi in Lombardia – Partendo dall’analisi dei dati storici degli incendi
è fornito un quadro della situazione incendi sul territorio regionale, con
approfondimenti sulle cause e le conseguenze degli incendi, provvedendo anche a
una localizzazione delle aree percorse dal fuoco fra il 1997 e il 2005.
120
Comunità Montane e ambiti pianeggianti delle province.
121
Connessi alla frequenza degli incendi e alla superficie percorsa dal fuoco.
365
Risulta inoltre utile sottolineare la ripartizione delle competenze e responsabilità
delle figure coinvolte così come stabilito dalla normativa e recepito dal Piano
regionale.
Stato
Lo Stato esercita, tramite l’Agenzia di Protezione Civile, competenze di lotta
attiva, coordinamento sul territorio nazionale delle attività di spegnimento con
flotta aerea antincendio dello Stato. Per tali funzioni si avvale del centro operativo
aereo unificato (COAU).
Regione Lombardia
Ai sensi dell’attuale legislazione la Regione è l’Ente competente in materia di
prevenzione degli incendi boschivi sul proprio territorio di competenza; a essa
sono infatti demandati il coordinamento dell’attività antincendio, la gestione dei
mezzi aerei di spegnimento (esclusi i Canadair di competenza del Ministero per le
politiche agricole e forestali), il finanziamento delle attività antincendio effettuate
dagli Enti locali (acquisto attrezzature, radio, corsi di formazione, attività
dimostrative ecc..).
Oltre alla programmazione e al coordinamento la Regione assolve anche la
funzione pianificatoria che esplica, come illustrato, attraverso il Piano di
previsione, prevenzione e lotta agli incendi, il principale strumento che fornisce le
linee guida e di intervento da adottarsi in tutto il territorio lombardo, nonché
indirizzi per le attività formative e informative rivolte alla popolazione.
Nell’ambito della propria attività, la Regione richiede la collaborazione di
Province, Comunità Montane, Parchi e Riserve Naturali. La Regione Lombardia,
tramite apposita convenzione con il Corpo Forestale dello Stato122, ha demandato a
esso i compiti di prevenzione e spegnimento degli incendi.
Per quanto concerne gli aspetti operativi presso la Direzione Generale
Protezione Civile, Prevenzione e Polizia Locale della Regione Lombardia, ai sensi
dell’art. 7, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 353, è istituita la Sala
Operativa Unificata Permanente (S.O.U.P.) che garantisce il coordinamento delle
attività di lotta attiva agli incendi boschivi tra le strutture regionali, le strutture
statali ed il volontariato impiegato nelle attività di spegnimento degli incendi. La
SOUP viene attivata dalla Direzione Generale Protezione Civile, Prevenzione e
Polizia Locale della Regione Lombardia, in accordo con il Corpo Forestale dello
Stato - Comando Regionale Lombardia - ogni qualvolta il fenomeno degli incendi
boschivi necessita di un coordinamento operativo di livello regionale, sia in
riferimento al numero giornaliero di incendi in atto, sia alla loro consistenza e sia
in relazione all’evolvere delle condizioni meteo favorevoli alla propagazione degli
incendi boschivi. In tutte le altre situazioni il coordinamento delle operazioni di
spegnimento degli incendi boschivi è garantito dal Centro Operativo AIB del
Corpo Forestale dello Stato - Sala Operativa di Curno.
122
Convenzione con C.F.S.: Delibera n. 1880 dell'08.02.2006.
366
Il Corpo Forestale dello Stato
La legge n. 353/2000, prevede che le Regioni, nel coordinamento delle operazioni
a terra possano avvalersi del Corpo Forestale dello Stato, tramite i centri operativi
antincendio del medesimo; nel dettaglio per la Lombardia il Centro Operativo
AIB del Corpo Forestale dello Stato - Sala Operativa di Curno.
In funzione della convenzione in essere con la Regione Lombardia il C.F.S.,
attraverso i Comandi di stazione, è responsabile del primo intervento e della
direzione delle operazioni di spegnimento in caso d’incendio boschivo. Dà
immediata comunicazione dell’evento all’Ente Locale territorialmente
competente, al Coordinamento provinciale e se le fiamme possono interessare
fabbricati o manufatti civili al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. Durante
le operazioni di spegnimento, coordina e organizza gli interventi dei volontari. Ha
la facoltà di richiedere, quando la situazione lo rende necessario, l’intervento dei
mezzi aerei per la ricognizione e lo spegnimento e svolge compiti di polizia
giudiziaria connessi all’eventuale esistenza di fatti dolosi. Al termine dell’evento
provvede alla compilazione del Foglio Notizie Incendi, con la raccolta di tutti i
dati che confluiscono nel Sistema Informativo Antincendio Boschivo (SIAB),
nonché alla quantificazione del danno.
I rapporti operativi tra C.F.S. e Regione Lombardia sono regolati da una
apposita convenzione che ne stabilisce le modalità tecniche e amministrative.
123
Convenzione con Vigili del Fuoco: Delibera n. 16003 del 16.01.2004.
367
In caso di incendio l’Ente Territoriale interagendo con le altre figure coinvolte
attiva la seguente “catena di comando e controllo”: dispone l’immediata verifica
della segnalazione di incendio collegandosi con il CFS e con la Regione
Lombardia; attiva le squadre antincendio boschivo tenendosi costantemente in
collegamento con il CFS; attiva la propria struttura operativa (sala operativa
dell’Ente, se prevista, coordina l’arrivo delle squadre AIB sul luogo dell’incendio
per la loro messa a disposizione al Direttore delle operazioni di spegnimento del
CFS, assicurando altresì la presenza sul posto o l’attivazione del Responsabile
AIB nominato dall’Ente; segnala alla Sala Operativa del CFS di Curno l’eventuale
assenza di personale CFS sul luogo dell’incendio; attiva le procedure di intervento
previste dall’Ente stesso e, nel caso in cui non fosse disponibile sull’incendio
personale del CFS, assume la direzione delle operazioni di spegnimento
mettendosi obbligatoriamente in costante collegamento con il Centro Operativo
AIB del Corpo Forestale dello Stato - Sala Operativa di Curno (Bg); segue
l’evolvere della situazione in stretto contatto con il Direttore delle operazioni di
spegnimento del CFS, il Responsabile AIB dell’Ente e con la Regione Lombardia;
predispone gli atti di competenza dell’Ente in ordine all’impiego delle
Organizzazioni di volontariato antincendio boschivo impiegate nell’emergenza.
Politiche regionali
Il rischio di incendi boschivi è da anni considerato uno fra i rischi maggiori del
territorio lombardo. La Regione Lombardia ha affrontato tale tematica da un
ventennio attuando politiche di mitigazione, mediante azioni di prevenzione
diretta ed indiretta e di gestione del rischio, strutturando e organizzando il sistema
antincendio boschivo in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, i Vigili
del Fuoco ed il coinvolgimento strategico degli Enti territoriali e delle squadre di
volontariato organizzate a livello locale.
Come illustrato, il Piano delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva
agli incendi boschivi è il documento di riferimento in cui sono definite ed
approfondite le strategie di previsione, prevenzione, lotta attiva agli incendi. Al
suo interno è riportata una serie di iniziative che afferiscono al tema della
prevenzione, e che possono essere classificate come illustrato nello schema
seguente.
La prevenzione indiretta rappresenta l’attività finalizzata al controllo delle
cause determinanti gli incendi boschivi. Si tratta quindi dell’insieme di azioni di
divulgazione e di educazione rivolte alla popolazione e finalizzate sia alla
riduzione delle occasioni di incendio, sia al comportamento da tenere in caso di
incendio boschivo. Diversamente la prevenzione diretta comprende le attività di
prevenzione che agiscono sui fattori predisponenti e su tutti quei fattori che
possono favorire la propagazione e il controllo dell’evento. Questa si esplica
attraverso interventi diretti sul territorio, rivolti al sistema antincendio e al sistema
delle conoscenze (ricerca, pianificazione).
Nell’ambito della prevenzione anche la formazione del personale e dei
volontari impegnati nell’antincendio boschivo riveste un ruolo fondamentale. A
368
tal proposito a livello regionale sono state codificate diverse tipologie di corsi
specialistici di primo e secondo livello, indicando per ciascuno le specifiche figure
a cui sono indirizzati, nonché i contenuti di base di ogni modulo formativo 124.
Figura 10.53 – Schema delle attività di prevenzione
124
DGR N. VIII/4036 del 24/01/2007 “Criteri per il riconoscimento delle attività della scuola
superiore di protezione civile. Modifica alla DGR N. 19616/2004”.
369
Tabella 10.13 – Finanziamenti annui stanziati dalla Regione Lombardia per le attività AIB
Altre fonti di finanziamento per le attività AIB derivano dalla Legge quadro
nazionale in materia di incendi boschivi n. 353/2000 e dall’azione europea
comunitaria Forest Focus introdotta dal Regolamento (CE) n. 2152/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, concernente il
monitoraggio delle foreste e delle interazioni ambientali nella Comunità (Forest
Focus).
Tabella 10.14 – Finanziamenti annui stanziati in Regione Lombardia con i fondi previsti
dalla Legge 353/2000 e dall’azione europea Forest Focus
Per avere un quadro completo degli risorse che a livello regionale vengono
impegnate nel settore devono essere prese in considerazione anche i contributi
erogati dalla Direzione Generale Agricoltura agli Enti territoriali per la materia
forestale in aree montane, ed in particolare per la realizzazione di misure
selvicolturali e di manutenzione infrastrutturale, che direttamente o indirettamente
possono essere riconducibili parzialmente alla prevenzione del rischio di incendi
boschivi. Nel periodo compreso fra il 2003 e il 2006 sono stati erogati circa
11.500.000,00 euro all’anno (dati forniti dalla D.G. Agricoltura).
Per l’analisi della mitigazione del rischio sono state considerate esclusivamente le
iniziative intraprese a livello regionale, per le quali è possibile quantificarne
l’entità ed effettuare una parametrizzazione. Queste sono state ricondotte a tre
principali categorie (indicatori generali):
370
- Organizzazione del servizio AIB – La presenza di servizi AIB sul territorio
che organizzano e coordinano l’attività dei volontari risulta indispensabile ai
fini della lotta agli incendi. Nella modellizzazione l’organizzazione degli
Enti delegati e dell’A.N.A. è espressa in termini di: numero squadre,
volontari, automezzi, attrezzature specifiche (vasche mobili, moduli e
soffiatori), attrezzature di supporto (radio fisse, mobili e veicolari). In questa
fase la presenza di personale e dotazioni del CFS è stata considerata
omogenea su tutto il territorio regionale, in quanto non si è in possesso di
dati spazializzati sul territorio. Si sottolinea la necessità di implementare il
dato in fase di aggiornamento del presente dossier.
- Pianificazione e monitoraggio (prevenzione) – Questi aspetti si collocano a
monte di tutta la sequenza di azioni che vengono attivate per il contenimento
del fenomeno degli incendi; la pianificazione, realizzata a diverse scale,
consente infatti di cogliere le peculiarità e criticità di ciascun territorio e di
prevedere di conseguenza idonei interventi per il perseguimento degli
obiettivi di mitigazione. Operativamente questa categoria di strumenti è
rappresentata dalla presenza di Piani antincendio boschivo sul territorio e dal
monitoraggio realizzato con mezzi aerei e con le telecamere fisse
posizionate in punti strategici del territorio.
Dotazioni infrastrutturali
Per le strade è stata calcolata la densità, espressa in m/mq di superficie bruciabile,
rappresentativa del valore di accessibilità. Le vasche fisse, i punti di
approvvigionamento idrico, i punti di atterraggio di emergenza per elicotteri
statali o regionali sono stati presi in considerazione come n/superficie bruciabile.
Diversamente per i laghi e i bacini (individuati come poligoni) e le vasche fisse
(puntuali) che possono essere utilizzati per il pescaggio dell’acqua con mezzi aerei
si è quantificata la porzione di superficie bruciabile che può essere raggiunta dal
limite esterno del bacino dai diversi tipi di mezzi aerei a disposizione delle attività
di spegnimento. Sono stati effettuati buffer diversi (rispettivamente 30, 16 e 6 km),
che successivamente sono stati incrociati con la superficie bruciabile, ottenendo
per ogni cella un grado di copertura aerea di servizio di spegnimento.
Di seguito è possibile osservare ad esempio la rappresentazione dell’indicatore
“copertura di approvvigionamento idrico fornita da bacini utilizzabili da piccoli
elicotteri”: per ogni lago è stato creato un buffer di 6 km e, successivamente, è
stata calcolata la somma delle aree dei buffer all’interno di ogni cella. Ad area
maggiore corrisponde una più grande densità di acqua disponibile per lo
spegnimento ad opera dei piccoli elicotteri aventi un raggio d’azione di 6 km.
Nella legenda si nota che i valori vanno da 0 a 1: sono infatti stati riscalati
dividendo il valore dell’area calcolata per il valore massimo registrato.
371
Figure 10.54, 10.55 - Rappresentazione del livello di approvvigionamento idrico fornita
da bacini utilizzabili da piccoli elicotteri
372
Come emerge dalla successiva rappresentazione il dato inerente l’organizzazione
del servizio AIB/ANA è disponibile principalmente solo per le Comunità
Montane e per quelle province e aree protette che, per la loro morfologia e/o
copertura del suolo, possono essere significativamente interessate dal fenomeno
degli incendi boschivi e hanno dunque attivato un sistema di intervento.
Figura 10.56 – Rappresentazione del livello di organizzazione del servizio AIB e ANA a
livello regionale
373
Tabella 10.15 – Strumenti di pianificazione AIB
374
Figura 10.57 – Rappresentazione della superficie bruciabile monitorata dalle telecamere
Figura 10.58 – Dettaglio della rappresentazione della superficie bruciabile monitorata dalle
telecamere
375
ad un unico valore di mitigazione per ciascuna cella, che è stato sottratto a 1 per
necessità di rappresentazione.
Rischio residuo
A partire dal dato del rischio è possibile definire il rischio residuo (livello di
rischio presente a seguito degli interventi di mitigazione e/o prevenzione adottati),
espresso dal prodotto:
Rresiduo = Rischio specifico * Mitigazione (M)
376
Figura 10.59 – Carta del rischio residuo
377
Tabella 10.17 - Principali statistiche di sintesi per le serie storiche analizzate (1990-2001 e
1996-2005)
378
Figura 10.60 – Dettaglio della carta del rischio residuo
379
Formazione
Nei corsi di primo livello è necessario approfondire e porre in rilievo i concetti
sull’integrazione operativa tra istituzioni all’interno dell’organizzazione regionale
dell’AIB. Si sottolinea inoltre la necessità di attivare corsi di alta formazione
rivolti ai Direttori delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi e ai
Responsabili di Sala Operativa al fine di fornire un’elevata qualificazione
professionale che possa contribuire alla funzionale gestione del rischio; ciò con
specifico riferimento alla DGR VIII/4036 del 24 gennaio 2007 recante “Criteri per
il riconoscimento delle attività della scuola superiore di protezione civile”,
nell’ambito dei quali è previsto e codificato il contenuto di un Corso specialistico
per coordinatori delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi.
Procedure operative
Il miglioramento dei rapporti di collaborazione operativa tra Vigili del Fuoco, Enti
territoriali e squadre di volontariato può essere attuato mediante un’azione mirata
di scambio di informazioni e condivisione fattiva delle procedure AIB, attraverso
iniziative in ambito regionale e locale.
Prevenzione selvicolturale
Deve essere contemplata l’elaborazione e realizzazione di un programma integrato
degli interventi selvicolturali e strutturali che rivestano un ruolo prioritario
nell’attività di prevenzione degli incendi boschivi nei comprensori a maggior
rischio, in collaborazione con la Direzione Generale Agricoltura della Regione
Lombardia.
380
le procedure di previsione quanto la dinamica degli incendi in atto e, quindi,
permettere una più efficace azione di pianificazione e gestione dell’emergenza.
Inoltre la Regione deve proseguire il monitoraggio aereo effettuato con aerei
ricognitori dotati di camere/videocamere ad alta risoluzione spaziale, a cui
aggiungere camere termiche digitali, sistema di posizionamento satellitare GPS
direttamente connesso con le unità di ripresa e di archiviazione per la
georeferenziazione delle immagini acquisite, in grado di assicurare la trasmissione
dei dati e delle immagini alla Sala Operativa Regionale di Protezione Civile in
tempo pressoché reale. Infine per facilitare le operazioni di coordinamento di
spegnimento degli incendi boschivi risulta necessario prevedere l’utilizzo di
sistemi di supporto alle decisioni per le attività proprie della Sala Operativa
regionale di Protezione Civile.
Aree protette
Per migliorare il sistema antincendio boschivo delle aree protette lombarde è
necessario proseguire nelle attività di redazione degli strumenti di pianificazione
come definiti dalla Legge n. 353/2000 anche attraverso il coordinamento con la
Direzione Generale Qualità dell’Ambiente della Regione Lombardia.
381
In primo luogo il rischio calcolato nel Piano sulla base dell’analisi statistica degli
incendi pregressi necessita di essere integrato con analisi territoriali che prendano
in considerazione i fattori in grado di influire sul fenomeno degli incendi boschivi;
così facendo si perverrebbe a una caratterizzazione della pericolosità, ossia
probabilità di accadimento dell’evento, maggiormente esaustiva e rappresentativa
della situazione reale del territorio.
Si sottolinea inoltre la necessità di prendere in considerazione nella definizione
di rischio l’aspetto connesso alla vulnerabilità, ossia di esplicitare il peso e
l’importanza attribuita alla presenza antropica, persone e beni presenti sul
territorio, nella quantificazione del rischio.
382
che, implementati in modelli, consentano la stima, seppur sintetica, della perdita
di valore subita dal bosco nell’ampio spettro della sua multifunzionalità.
125
L’implementazione del data base inerente quest’ultimo aspetto è garantita costantemente dal
CFS attraverso la compilazione del Foglio Notizie Incendi ed il successivo recepimento nel SIAB
da parte della Regione.
383
Normativa di riferimento
Legislazione statale
D.P.R. 616/77 “Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975,
n. 382” (art. 69, comma 3)
L. 266/91 “Legge quadro sul volontariato”
L. 394/91 “Legge quadro sulle aree protette”
L. 225/92 “Legge istitutiva del servizio nazionale di protezione civile”
L. 428/93 “Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 agosto 1993, n.
332 recante disposizioni urgenti per fronteggiare il rischio di incendi nelle
aree protette”
D.L. 377/94 “Disposizioni urgenti per fronteggiare gli incendi boschivi sul
territorio nazionale”
D.L. 275/95 “Disposizioni urgenti per prevenire e fronteggiare gli incendi
boschivi sul territorio nazionale”
D.L. 130/97 “Disposizioni urgenti per prevenire e fronteggiare gli incendi
boschivi sul territorio nazionale, nonché interventi in materia di protezione
civile, ambiente e agricoltura”
D.Lgs. 112/98 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59" (art. 108)
L. 353/00 “Legge-quadro in materia di incendi boschivi”
D.L. 220/00 Conversione in legge 6 ottobre 2000, n. 275, recante disposizioni
urgenti per la repressione degli incendi boschivi
L. 122/01 “Disposizioni modificative e integrative alla normativa che disciplina il
settore agricolo e forestale”
D. Lgs. 227/01 “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma
dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”
D.L. 68/02 “Disposizioni urgenti per il settore zootecnico e per la lotta agli
incendi boschivi”
D.M. 22-07-2000 “Interventi urgenti nei territori gravemente danneggiati dagli
incendi verificatisi dal 19 giugno al 10 luglio 2000 ed interventi preventivi
nelle aree a maggior rischio d'incendio”
D.M. 20-12-2001 “Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione
delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi”
O.P.C.M. 24-07-2002, n. 3231 “Disposizioni urgenti per la lotta aerea agli incendi
boschivi sul territorio nazionale (Ordinanza n. 3231)”
Legislazione regionale della Lombardia
R.R. n. 1/93 “Prescrizioni di massima e di polizia forestale”
L.R. n. 11/98 “Riordino delle competenze regionali e conferimento di funzioni in
materia di agricoltura”
L.R. n. 15/02 “Legge di semplificazione 2001” (art. 3)
L.R. n. 3/03 “Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo
economico, territorio e servizi alla persona” (art. 3)
L.R. n. 16/04 “Testo unico delle disposizioni regionali in materia di Protezione
Civile”
L.R. 27/04 “Tutela e valorizzazione delle superfici, del paesaggio e dell'economia
forestale (artt. 6 e 12 , attuativi della la legge quadro del 2000)”
D.G.R. N.VIII/4036 del 24/01/2007 “Criteri per il riconoscimento delle attività
della scuola superiore di protezione civile. Modifica alla DGR N.
1961/2004”
385
Catena di comando-controllo attivata in caso d’incendio boschivo
La procedura codificata da attivarsi in caso di incendio boschivo si compone di
tre fasi:
oppure chiamando i numeri telefonici del Corpo Forestale dello Stato, del
Comune, della Comunità Montana, del Parco del territorio di appartenenza.
386
con le modalità sopra descritte sintonizzandosi sulle frequenze regionali in uso
presso il Corpo Forestale dello Stato e presso gli Enti (Province, Comunità
Montane, Parchi), nonché presso la Regione Lombardia.
Dell’avvenuta segnalazione di incendio, il Corpo Forestale dello Stato, la
Regione Lombardia, i Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco devono darne
immediata comunicazione all’Ente locale competente per territorio (Provincia,
Comunità Montana, Parco).
Viceversa, l’Ente locale competente dovrà inoltrare la segnalazione di incendio
boschivo al Centro Operativo del CFS - Sala Operativa di Curno - e/o alla Sala
Operativa regionale di Protezione Civile.
3. Procedura di intervento
La direzione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi in Lombardia
è affidata al CORPO FORESTALE DELLO STATO.
Per le attività di spegnimento degli incendi boschivi, il Corpo Forestale dello
Stato si avvale dell’apporto fornito dall’ Autorità competente per territorio
(Provincia, Comunità Montana, Parco) o suo delegato (Responsabile antincendio
387
boschivo degli Enti sopraccitati), dalle squadre di Volontariato a.i.b., nonché di
quello fornito da tutti gli Enti e le Istituzioni che a vario titolo concorrono nelle
suddette attività (Regione, Vigili del Fuoco, Carabinieri, ecc…).
La direzione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi in
Lombardia mediante l’utilizzo di aeromobili messi a disposizione dalla Regione
Lombardia o dallo Stato è di ESCLUSIVA COMPETENZA del Corpo Forestale
dello Stato.
Qualora non fosse disponibile sull’incendio personale del Corpo Forestale dello
Stato, la direzione delle operazioni di spegnimento dell’incendio boschivo verrà
assunta dall’ Autorità competente per territorio (Provincia, Comunità Montana,
Parco) attraverso il Responsabile AIB dell’Ente all’uopo delegato.
In questo caso il Responsabile AIB dell’Ente locale competente potrà
coordinare l’intervento dell’elicottero messo a disposizione dalla Regione
Lombardia mantenendosi in costante collegamento con la Sala Operativa del CFS
di Curno (Bg).
In considerazione della situazione in atto, lo stesso Responsabile potrà altresì
richiedere l’invio di ulteriori mezzi o personale.
In nessun caso, il Responsabile AIB dell’Ente locale potrà richiedere o
coordinare elicotteri o mezzi aerei messi a disposizione dallo Stato.
Nel periodo di massima pericolosità per gli incendi boschivi, che in Lombardia
copre indicativamente i mesi da dicembre ad aprile, il decollo immediato degli
elicotteri regionali avverrà con la presenza a bordo delle squadre AIB
elitrasportate, opportunamente dislocate presso le basi operative, con le modalità
di cui all’allegata “procedura squadre AIB elitrasporate”.
388
Procedura per l’impiego delle squadre AIB elitrasportate
La Regione Lombardia - DG Protezione Civile, Prevenzione e Polizia Locale, in
collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato - Centro Operativo AIB di
Curno si avvale, per le attività di estinzione degli incendi boschivi, dell’apporto
fornito dalla squadre AIB elitrasportate, squadre composte da volontari in grado di
intervenire, oltre che sul territorio di propria competenza, anche su tutto il
territorio della Lombardia o delle regioni limitrofe.
Le squadre di volontariato AIB elitrasportate operano presso le basi
elicotteristiche individuate dalla Regione Lombardia e vengono messe a
disposizione dall’Ente locale competente per territorio.
Con l’obiettivo di incrementare l’efficienza dell’intervento e la sicurezza la
procedura affronta nel dettaglio:
389
disciplina il coordinamento delle attività svolte dai seguenti soggetti: Regione
Lombardia, Corpo Forestale dello Stato, Società aggiudicataria del servizio,
Associazioni ed Enti ai quali fanno riferimento i volontari/osservatori che
prestano la loro attività sugli aerei ricognitori.
In primo luogo sono codificate le competenze di ciascuno dei soggetti citati e
secondariamente sono affrontate le disposizioni operative per quanto concerne:
orario di ritrovo, decollo, ricognizione, comunicazione radio e priorità, rapporti di
volo.
Idro-geologico
390
regimante della vegetazione, le precipitazioni concorrono quasi completamente
allo scorrimento superficiale. Il corso dell’acqua superficiale diventa più rapido
aumentando il trasporto delle particelle di terreno, l’erosione e la frequenza delle
piene e determinando l’instabilità dei suoli e delle coperture detritiche. Si
sottolinea inoltre come il passaggio del fuoco su substrati rocciosi possa
determinare fratture della roccia, instabilità delle formazioni e crolli.
Tecnologico-Industriale
Meteo
391
molto contenuta rispetto alle cause dolose, colpose e dubbie; dalle analisi del
Piano antincendio regionale si evince infatti che dal 1997 al 2005 le cause naturali
costituiscono solo lo 0,7% del totale degli incendi, contro il 74% delle dolose. Gli
incendi causati da fulmine si verificano prevalentemente nelle zone montane: il
fulmine appicca il fuoco al legno dell’albero o ai materiali combustibili della
lettiera, spesso in zone impervie, per cui l’avvistamento del focolaio può essere
tardivo e gli interventi difficoltosi a causa della distanza dalle principali vie di
comunicazione. Diversamente l’autocombustione derivante dalla compresenza
delle situazioni meteorologiche descritte è un fenomeno che non si verifica nelle
condizioni climatiche che caratterizzano il territorio lombardo.
Infine il passaggio del fuoco e la conseguente scomparsa o alterazione del
soprassuolo ha delle conseguenze sulle condizioni climatiche dell’area bruciata a
livello di microclima. Notevoli sono infatti le differenze di luce, di irraggiamento
termico, di temperatura e di umidità relativa fra il terreno nudo e una superficie
coperta da vegetazione arborea. La copertura esercita infatti un’azione protettiva
nei confronti del vento e diminuisce l’evapotraspirazione, mentre dopo un
incendio distruttivo il regime idrologico è modificato: aumenta l’evaporazione
dell’acqua, solo in parte compensata dalla mancanza di traspirazione e di
ritenzione da parte delle piante.
Sicurezza
392
Sismico
Stradale/trasporti
L’interazione fra gli incendi boschivi e il sistema dei trasporti può essere di due
diverse tipologie.
In primo luogo i tracciati che attraversano le aree boscate o limitrofi ad esse
possono essere interessati da interruzioni vere e proprie, causate dal fuoco che
impedisce il passaggio o rende particolarmente pericolso il transito. Le
problematiche che ne derivano sono legate soprattutto alla possibilità di evacuare
la popolazione in pericolo e di raggiungere le aree interessate dal fuoco per
portare soccorso e per lo spegnimento delle fiamme.
Un altro fenomeno che incide sull’incidentalità stradale è il fumo e la conseguente
diminuzione della visibilità che esso comporta. Tale fenomeno non riguarda solo
la viabilità minore ma può interessa anche strade ad alta percorrenza il cui
tracciato si sviluppa nei pressi di aree percorse dal fuoco.
393
Bibliografia
395
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www.protezionecivile.regione.lombardia.it
http://www.sistemarurale.regione.lombardia.it
www.aisf.it, Accademia Italiana di Scienze Forestali
397
Allegato 1
Analisi discriminante
b = ∆x ⋅ W (1.2)
con:
b0 x1 A − x1B
b1 x2 A − x2 B
b = e ∆x = (1.3)
... ...
b x −x
n nA nB
dove:
D A = b0 + b1 x1 A + ... + bn x nA (1.4)
D B = b0 + b1 x1B + ... + bn x nB (1.5)
s 2 ( DA ) = b ⋅ X ' A X A ⋅ b (1.6)
s 2 (DB ) = b ⋅ X ' B X B ⋅ b (1.7)
dove:
399
La soglia discriminante deve essere tanto più vicina ad una delle due medie tanto
minore è la deviazione standard del gruppo corrispondente, e viene calcolata nel
seguente modo:
D A s ( DB ) + D B s ( D A )
D0 = (1.8)
s( D A ) + s( DB )
14
12
10
n. di oggetti
0
-4.5 -3.5 -2.5 -1.5 -0.5 0.5 1.5 2.5 3.5 4.5
400
Nel test F l’ipotesi nulla è che i due gruppi non siano significativamente differenti.
Supponendo che l'ipotesi nulla sia vera, vale a dire che il gruppo A e B
provengono dalla stessa popolazione, le due matrici di varianza-covarianza
dovrebbero essere simili, ed il loro rapporto, F, essere vicino ad 1. L’ipotesi nulla
viene quindi respinta se il valore è largamente superiore ad 1, o più precisamente,
se il valore supera il valore della funzione F per i gradi di libertà e per il livello di
significatività del problema.
Nella procedura forward stepwise, il modello viene costruito step-by-step. Ad
ogni step le variabili vengono analizzate al fine di valutare quella che contribuisce
di più alla discriminazione, e quella variabile viene inserita nel modello. Il
processo riparte con le rimanenti variabili e così via, finché si soddisfa un criterio
predefinito per limitare l’ingresso di variabili nel modello. Laddove la
significatività statistica della differenza tra gruppi è valutata con il test F, questo
criterio è dato da due soglie di F, una per l’ingresso di una variabile ed una per
l’uscita. Il valore di F per una variabile indica la sua significatività nel
discriminare i due gruppi, ed è una misura del contributo della singola variabile
alla discriminazione tra i gruppi.
Una scelta importante per il modello discriminante è relativa alla probabilità a
priori per i gruppi: è possibile imporre la stessa probabilità per tutti i gruppi
oppure fare in modo che le probabilità di appartenenza ai gruppi vengano
determinate in base alle dimensioni del gruppo osservato nel campione. Ciò può a
volte dare risultati migliori ma introduce una forzatura che deve essere valutata
accuratamente.
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