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LA NEUROPSICOLOGIA:
CORSO ONLINE GRATUITO DI NEUROPSICOLOGIA – Lez 5
corso on-line free – maggio 2008
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PROGRAMMA DETTAGLIATO
Lezione n 1 Lezione n 5
La Neuropsicologia La Memoria: Una Visione d'Insieme
Introduzione La valutazione neuropsicologica della memoria
"Neuro-panoramica" storica Batterie globali:
- Wechsler Memory Scale;
Lezione n 2 - Test di Memoria Comportamentale di Rivermead –
TMCR.
La Valutazione Neuropsicologica
Test per la valutazione della Memoria a breve termine:
L'esame neuropsicologico - Test per la valutazione della Memoria a breve termine;
Fasi della valutazione neuropsicologica: - Test di Corsi.
- Definizione del problema;
Test per la valutazione della Memoria a lungo termine:
- Anamnesi;
- Breve racconto 1;
- Colloquio clinico; - Apprendimento di coppie di parole 1;
- Esame neuropsicologico formale. - Apprendimento supra-span verbale - tecnica di
Buschke-Fuld;
Lezione n 3 - Curva di posizione seriale;
- Apprendimento Spaziale Supra-Span;
I Test Neuropsicologici - Test della figura di Rey.
Standardizzazione, punto di riferimento e cut-off
La scelta di un test Funzioni esecutive e lobi frontali
I test: Deficit frontale: un'ipotesi interpretativa
- Test per le funzioni frontali; La valutazione delle funzioni frontali:
- Test di memoria a breve termine; - Trail making Test – TMT;
- Test di memoria a lungo termine; - Wisconsin Card Sorting Test – WCST;
- Test per il linguaggio; - Test della Torre di Londra – TOL.
- Test per le funzioni visuo-spaziali;
- Test per le funzioni attentive; Lezione n 6
- Test per le funzioni intellettive e di ragionamento L'Attenzione
logico;
Attenzione selettiva
- Test per le funzioni prassiche.
Attenzione divisa
Attenzione sostenuta e livelli di attivazione (arousal)
Lezione n 4 La valutazione neuropsicologica dell'attenzione
Test di Valutazione Globale Test attenzione selettiva:
I Test di Valutazione Globale: - Test di Cancellazione di Cifre;
- Mini Mental State Examination - MMSE; - Test di Stroop;
- Milan Overall Dementia Assessment – MODA. - Test di barrage di linee.
Procedure di somministrazione: Test attenzione divisa:
- Continuos Performance Test o CPT;
- I Sezione: orientamenti;
- II Sezione: autonomia nel quotidiano; I disturbi del riconoscimento: Le agnosie
- III Sezione: test neuropsicologici. - Le agnosie visive;
- Agnosie per gli oggetti;
Punteggio - Test di valutazione delle agnosie visive.
Prove Verbali:
Batterie di screening globali per l'agnosia:
- Rievocazione Immediata e Differita delle 15 parole - Birghingham Object Recognition Battery – BORB.
di Rey;
- Fluidita' verbale fonologica; Test sensibili ad un disturbo della discriminazione
- Costruzione di frasi. sensoriale:
- Test di Efron.
Prove Visuo-Spaziali:
Test sensibili ad un disturbo agnosico di tipo
- Matrici Progressive Colorate di Raven;
- Memoria visiva immediata;
appercettivo:
- Test delle figure sovrapposte.
- Copia di disegni a mano libera;
- Copia di disegni con elementi di programmazione; Test sensibili ad un disturbo agnosico di tipo
- Clock Drawing Test – CDT. associativo
Bibliografia
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LA MEMORIA: UNA VISIONE D’INSIEME
Credo che il capitolo “memoria” sia uno dei più vasti e complessi di tutto il panorama
appartenente alle Neuroscienze. Da una parte questo si spiega grazie alle ricerche effettuate,
soprattutto in questi ultimi anni, in questo campo che hanno dato risultati molto interessanti e
sorprendenti (vedi, ad esempio, il grande Kandel). Dall’altra, perché ha delle dirette implicazioni
con la psicologia e la psichiatria (tutto il vasto settore delle emozioni e memoria).
Solitamente, il sintomo che spesso muove una persona ad andare dal neurologo e/o medico di
base, è proprio una difficoltà a ricordare le cose e/o gli eventi.
In ambulatorio non è raro (anzi, quasi sempre è così!) che arrivi il paziente dicendo: ”Dottore, non
ricordo più le cose!”, oppure “Anche ieri non riuscivo più a trovare le chiavi di casa!”.
Non molto tempo fa, in studio arrivò una signora dicendo che aveva dovuto chiamare la Polizia
perché non riusciva a trovare la macchina, pensando, quindi, che qualcuno gliela avesse rubata.
Mentre stava parlando con il poliziotto per la denuncia, all’improvviso chiosò: ”Mio Dio, ma ero
venuta in autobus!”. In poche parole, per giungere nello stesso posto, solitamente, la signora
utilizzava la macchina, posteggiandola quasi sempre nel medesimo punto. Proprio quel giorno,
siccome il mezzo serviva al marito, aveva preso l’autobus, ma purtroppo non se lo ricordava.
Così, come tutti i giorni, era tornata nel parcheggio per riprendere la macchina, e, non trovandola,
aveva pensato ad un furto. Beh, forse un furto c’era stato…il furto di un ricordo!
Per brevità di esposizione, non parleremo in questa sede del magazzino sensoriale.
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Con Memoria a Breve Termine ci si riferisce al ricordo di informazioni che, appena presentate,
devono essere rievocate immediatamente ed in modo corretto. Grazie alle ricerche in
Neuropsicologia, si è potuto stabilire che la MBT ha una capacità limitata, poiché i soggetti
giovani normali non riescono a ricordare in media più di sette o otto elementi nell’ordine corretto
(il famoso “magico numero 7”). Inoltre, la MBT è limitata non solo relativamente alla quantità di
informazione che può contenere, ma anche relativamente alla durata della traccia mnestica,
quando non venga in qualche modo ripetuta o ripassata. Si verifica quindi, dopo un breve periodo
di tempo, un oblio del materiale presentato, ovvero una perdita.
Una migliore specificazione del concetto di MBT si deve a Baddeley (Baddeley e Hitch, 1974) che
la definisce come Memoria di Lavoro (Working Memory), ovvero quella componente del sistema
di memoria a breve termine che consente non solo di trattenere temporaneamente l’informazione
(MBT), ma anche di operare su di essa, manipolandola, aggiornandola di continuo e mettendola al
servizio di altre operazioni mentali, resistendo alle interferenze. In tale modello, la memoria di
lavoro sarebbe costituita da un sistema attenzionale, (detto Esecutivo Centrale), che supervisiona
e coordina due sistemi sussidiari:
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• memoria semantica: riguarda più specificamente le conoscenze sulle cose del mondo
che abbiamo conseguito nel corso della vita, svincolate da aspetti situazionali;
• memoria procedurale: riguarda informazioni sugli aspetti procedurali delle nostre
conoscenze e delle nostre azioni, ad esempio, come si guida la macchina.
Un’altra fondamentale dicotomia che si osserva nelle prestazioni della MLT è tra:
• memoria anterograda, che si riferisce agli eventi che il paziente è in grado di
apprendere dopo che si è verificato l’evento scatenante la patologia (es., trauma
cranico);
• memoria retrograda, che si riferisce alle informazioni che il paziente aveva
memorizzato prima della malattia.
Per la particolare vastità dell’argomento, cercherò di fare uno schema generale dei vari test
utilizzati per la valutazione dei disturbi di memoria, approfondendo soltanto quelli che vengono
impiegati più frequentemente in ambito clinico.
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La valutazione neuropsicologica della memoria
Una batteria minima per esaminare le funzioni mnestiche di un paziente dovrebbe comprendere
almeno queste tipologie di test:
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Batterie globali
Tra quelle più importanti e meglio costruite, ricordiamo:
• Wechsler Memory Scale (Wechsler, 1945), che comprende una serie di test psicometrici
specifici per la valutazione della memoria (sia a breve che a lungo termine, verbale e visuo-
spaziale)
• Test di Memoria Comportamentale di Rivermead (TMCR) (Wilson, Cockburn e
Baddeley, 1990), test per la valutazione “ecologica” della memoria.
Esistono due forme parallele, forma I e forma II, al fine di poter valutare le variazioni che hanno
luogo tra la somministrazione della prima forma e la seconda.
Il punteggio totale (somma dei punteggi ottenuti in ogni subtest), permette, attraverso un
coefficiente di correzione secondo l'età, di ottenere un punteggio corretto tramite il quale è
possibile individuare un quoziente di memoria (Q.M.), che può essere confrontato anche con il Q.I.
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Test di Memoria Comportamentale di Rivermead – TMCR (Wilson et al., 1990)
Il test valuta le abilità necessarie per un funzionamento congruo dei processi di memoria nella vita
di tutti i giorni, piuttosto che prestazioni in situazioni di laboratorio.
Comprende 11 subtest elaborati sulla base delle difficoltà di memoria più frequentemente
dichiarate dai pazienti affetti da deficit mnestici e dell’osservazione clinica dei pazienti. Diversi
subtest richiedono di ricordare di eseguire compiti ecologici (es. trovare un oggetto nascosto
all’inizio della prova), oppure di memorizzare diversi tipi di informazione richiesti per un
comportamento quotidiano adeguato (es. un particolare percorso).
Esistono 4 forme parallele del TMRC, al fine di ridurre al minimo l’effetto di apprendimento dovuto
alla ripetizione del test. Per quanto riguarda il punteggio, sono previsti due sistemi di
assegnazione: punteggio di screening (0-12) e punteggio standardizzato (0-24).
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TEST CHE ESAMINANO FUNZIONI SPECIFICHE:
Il compito del soggetto è quello di toccare (nel medesimo ordine) i cubetti toccati dall’esaminatore,
immediatamente dopo la presentazione. La risposta è considerata corretta se tutti gli elementi
della sequenza sono stati ripetuti nell’ordine di presentazione. Per ogni lunghezza si presentano 3
sequenze e se il paziente rievoca correttamente almeno 2 sequenze si passa alla serie di lunghezza
successiva, altrimenti ci fermiamo. Il punteggio sarà la lunghezza della serie più lunga per la quale
sono state ripetute correttamente almeno 2 sequenze. Il punteggio grezzo può essere corretto per
sesso, età e scolarità, e successivamente trasformato in punteggio equivalente.
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TEST CHE ESAMINANO FUNZIONI SPECIFICHE:
Viene letto 2 volte un brano costituito da 28 elementi. Vengono registrati gli elementi rievocati
immediatamente dopo la prima presentazione, e quelli rievocati 10 minuti dopo la seconda
presentazione del racconto. Il punteggio grezzo è costituito dalla media degli elementi rievocati
dopo le 2 presentazione. È stata calcolata la soglia discriminante che determina il valore che
separa i soggetti normali da quelli patologici
Si leggono al soggetto 10 coppie di parole. Al termine della lettura si ripropone al soggetto il primo
membro di ciascuna coppia in un ordine diverso da quello di presentazione, chiedendogli di
rievocare il secondo. Per 5 coppie si tratta di associazioni “facili” (es. alto-basso) e per 5 di
associazioni “difficili” (es. bicicletta-forbici). Si assegna un punto per le associazioni “difficili” e
mezzo punto per quelle “facili”. È stata calcolata una soglia discriminante fra soggetti normali e
patologici.
Esiste anche una seconda versione, quella di Novelli (Novelli et al., 1986), che è analoga alla
precedente, solo con coppie di parole diverse. Inoltre, si tratta di parole bisillabiche controllate per
frequenza d’uso.
Si legge al paziente una lista di 15 parole e, dopo il primo tentativo di rievocazione, l’esaminatore
ripete solo le parole della lista che non sono state rievocate, mentre il soggetto ha il compito di
rievocare sempre tutte le parole. La procedura viene ripetuta fino al raggiungimento del criterio di
2 ripetizioni consecutive esatte, oppure per 18 prove. Le parole rievocate dal soggetto subito dopo
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la presentazione vengono considerate provenienti dalla MBT, mentre quelle rievocate anche se non
sono state appena presentate dall’esaminatore vengono considerate provenienti dalla MLT. Cinque
minuti dopo l’ultima prova viene richiesta un’ulteriore rievocazione (prova differita).
Vengono utilizzati 3 punteggi: il totale delle prove rievocate dalla MLT nelle prime 18 prove
(esclusa la differita) il totale delle rievocazioni “stabili” dalla MLT nelle prime 18 prove (una prova è
“stabile” quando l’item, una volta entrato nella MLT, è stato rievocato con successo in tutte le
prove seguenti); Il totale delle prove rievocate nella prova differita. Il punteggio grezzo può essere
corretto per età e scolarità e poi trasformato in punteggio equivalente.
Il soggetto deve rievocare una lista di 12 parole lette dall’esaminatore, senza rispettare l’ordine di
presentazione. La procedura viene ripetuta per 10 liste. Si ritiene che le parole che occupano le
ultime posizioni nella lista di presentazione vengano rievocate mediante la MBT, quelle che
occupano le prime posizioni mediante la MLT. Le parole rievocate per ogni posizione nelle 10 liste
vengono sommate, ottenendo una curva di posizione seriale. Nel soggetto normale questa curva è
“bi-modale”, ad “U”: le ultime parole della lista sono rievocate meglio (effetto recency), seguite
dalle prime (effetto primacy). Nelle posizioni centrali la posizione è relativamente scadente.
Per quanto riguarda l’assegnazione del punteggio: vi sono delle differenze fra gli autori che hanno
standardizzato il test: infatti, Spinnler e Tognoni (1987) tengono conto solo della prima e delle
ultime due posizioni (punteggio grezzo = somma delle parole rievocate nelle 10 liste in ognuna
delle 3 posizioni), mentre Capitani et al. (1992) tengono conto della prima posizione e delle
somme delle prime 7 e delle ultime 3 posizioni. Il punteggio grezzo può essere corretto per età e
scolarità e poi trasformato in punteggio equivalente.
Il materiale è quello utilizzato per valutare lo span spaziale (vedi test di Corsi). L’esaminatore
presenta una serie fissa di 8 cubetti, che il paziente cerca di riprodurre subito dopo ogni
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presentazione, fino al raggiungimento del criterio di apprendimento (l’esatta riproduzione della
sequenza per 3 volte consecutive), fino ad un massimo di 18 prove. La prova non può essere
somministrata a soggetti con uno span uguale o superiore alla lunghezza della sequenza stessa (8
cubetti). Cinque minuti dopo l’ultimo tentativo, nei quali il paziente viene impegnato in attività
distraenti, viene richiesta un’ulteriore riproduzione della sequenza.
Test della figura di Rey (Rey, 1959; Caffarra et al., 2002; Carlesimo et al., 2002)
Misura la MBT e la MLT visuo-spaziale
Sono disponibili due forme (A e B). Il paziente deve copiare una figura geometrica complessa priva
di significato (vedi figura qui sotto) e, dopo 3 minuti, riprodurla a memoria. Durante la prova di
copia possono essere messi in evidenza eventuali deficit costruttivi È possibile utilizzare il test
anche in compiti di riproduzione differita. La valutazione può considerare 3 aspetti: il tempo
impiegato per completare la prova, il tipo di riproduzione (modo di procedere durante la prova) e,
infine, l’accuratezza nella riproduzione delle varie parti della figura (somiglianza con l’originale,
posizione spaziale). Disponibili dati normativi per definire il punteggio.
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Funzioni esecutive e lobi frontali
In termini generali, le funzioni esecutive fanno riferimento all’insieme dei processi mentali
necessari per l'elaborazione di schemi cognitivo-comportamentali adattivi in risposta
a condizioni ambientali nuove e impegnative (Owen, 1997). Sono meccanismi cognitivi che
consentono di ottimizzare la prestazione in situazioni che richiedono la simultanea attivazione di
processi cognitivi differenti (Baddeley, 1986). Tali funzioni appaiono particolarmente critiche
quando devono essere generate e organizzate sequenze di risposte e quando nuovi programmi
d’azione devono essere formulati ed eseguiti: in pratica, le funzioni esecutive si riferiscono alla
capacità di pianificare, programmare, modificare e verificare un’azione volta al raggiungimento di
un determinato scopo.
Nella prospettiva della neuropsicologica cognitiva, l’insieme dei processi che costituiscono il
dominio delle funzioni esecutive può essere scomposto in “unità” cognitive parzialmente
differenziabili (per una review, Grossi e Trojano, 2005). Infatti, come vedremo adesso, la
compromissione dei processi esecutivi da luogo ai quadri clinici che caratterizzano le sindromi
disesecutive.
Queste ultime due regioni sono spesso riunite sotto i termine di regione “prefrontale”.
Come proposto da Làdavas e Berti (Làdavas e Berti, 1995), i deficit conseguenti a lesioni frontali
possono essere raggruppati in 5 categorie:
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• Incapacità di pianificazione e valutazione delle strategie efficaci in relazione ad un
fine specifico connesse con le abilità di problem-solving e la flessibilità cognitiva.
In questi pazienti verrebbe a mancare la capacità di cogliere negli innumerevoli aspetti che
compongono la realtà le caratteristiche essenziali che accomunano o differenziano gli eventi,
rimanendo quindi ancorati agli aspetti più concreti ed immediati della realtà. Il paziente
frontale non solo non riesce a ricordare la successione degli eventi, ma ha anche difficoltà a
valutare la frequenza con cui li ha esperiti. Essi inoltre, presentano delle difficoltà nel
discriminare il tempo passato da quello futuro. Un deficit spiegabile sulla base di un disturbo di
pianificazione e programmazione è quello relativo alla "fluidità verbale”. I pazienti con lesioni
frontali, inoltre, non riescono neppure a risolvere problemi aritmetici con l’eccezione di
operazioni routinarie da lungo tempo apprese, come l’addizione e la sottrazione. Questo tipo di
deficit si manifesta anche in compiti che richiedono l’utilizzo del pensiero astratto. Per
concludere, il paziente prefrontale è incapace di costruire concetti complessi formulando nel
corso del processo le necessarie ipotesi e di utilizzare i riscontri disponibili per accettarle o
rifiutarle.
Questi comportamenti si osservano sopratutto dopo lesioni delle aree mediali e orbitarie ed
inoltre lesioni bilaterali creano deficit maggiori rispetto a quelle unilaterali.
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• Incapacità di inibire reazioni emotive inadeguate
Ricordiamo il famoso caso di “Phineas Gage”, magistralmente raccontato da Damasio nel libro
“L’errore di Cartesio”, il quale fu colpito da una barra di ferro che distrusse il lobo frontale e
altre strutture a questo annesse, in modo particolare le zone prefrontali e premotorie. Il suo
comportamento emotivo del tutto normale prima della lesione era poi caratterizzato da
irriverenze blasfeme, mancanza di rispetto nei confronti degli altri, atteggiamenti sessuali del
tutto disinibiti (insomma, “Gage non era più lui!”).
Il concetto di disturbi emotivi può essere esteso a due classi specifiche di sindromi :
• Sindrome pseudodepressiva : caratterizzata da apatia, abulia, inerzia e un tono
dell’umore depresso; consegue a lesioni della corteccia mediale.
• Sindrome pseudopsicopatica : caratterizzata da impulsività, scherzosità,
egocentrismo, volubilità ed infine da un tono dell’umore euforico maniacale; consegue
a lesioni della corteccia orbitaria.
Ciò può essere spiegato con le numerose connessioni della corteccia prefrontale, in particolare
appunto delle sue parti mediali e orbitarie, con delle strutture sottocorticali quali l’amigdala e
l’ippocampo, responsabili dell’attivazione di una risposta emotiva.
In questo caso il lobo frontale avrebbe una funzione di controllo rispetto all’attività di queste
strutture sottocorticali, ed una sua lesione ne impedirebbe l’attività di modulazione e di
controllo.
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Deficit frontale: un’ipotesi interpretativa
Una delle ipotesi più suggestive e meglio studiate sperimentalmente è quella proposta da Shallice
(1982) che prevede, dietro questi deficit, un malfunzionamento del Sistema Attenzionale
Supervisore (SAS). Interessante notare come tale modello corrisponda a quello proposto da
Baddeley di Esecutivo Centrale.
SAS è coinvolto nella genesi delle azioni volontarie e il suo intervento è richiesto nella situazione in
cui la selezione delle routine di base è insufficiente, come nel caso di situazioni nuove.
Secondo Shallice la corteccia prefrontale opererebbe come SAS che, una volta danneggiato non
riuscirebbe più a svolgere le sue attività e lascerebbe il comportamento del paziente sotto controllo
del sistema di selezione competitiva.
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La valutazione delle funzioni frontali
Trail making Test – TMT (Reitan, 1958; Mondini et al., 2003)
Scopo del test è valutare la capacità di pianificazione spaziale in un compito di tipo visuo-motorio;
infatti, si ottengono informazioni sulle seguenti funzioni:
a. il modo di procedere in compiti di ricerca visiva e spaziale;
b. capacità attentive e visuo-motorie;
c. abilità nel passare velocemente da uno stimolo di tipo numerico ad uno alfabetico
(shifting)
Il test comprende due prove, A e B: nella prima gli stimoli sono costituiti da una serie di numeri,
mentre nella seconda ci sono sia numeri che lettere. Il corretto svolgimento della parte A richiede
adeguate capacità di elaborazione visiva, riconoscimento di numeri, conoscenza e riproduzione di
sequenze numeriche, velocità motoria. Il corretto svolgimento della parte B, oltre alle predette
abilità, necessita di una flessibilità cognitiva e di una capacità di shifting nella norma. La differenza
di tempo tra le due prove (B – A) è anch’essa indice di flessibilità cognitiva e abilità di shifting.
Parte A: il soggetto deve unire in sequenza con una matita i numeri dall’1 al 25. Deve
svolgere il compito nel più breve tempo possibile. In caso di errore deve essere immediatamente
corretto dall’esaminatore (questo contribuisce ad aumentare il tempo impiegato e quindi a
determinare un decremento del punteggio). Prima del test vero e proprio è necessario accertarsi
che il soggetto abbia compreso le consegne somministrando la prova preliminare (unire i numeri
dall’1 all’8).
La parte A richiede al soggetto di attivare una serie di operazioni cognitive quali la ricerca spaziale
e visiva dei numeri nella loro giusta sequenza impiegando il minor tempo possibile . E’ una prova
che rileva il livello attentivo del paziente e dall’analisi dei risultati si può notare che i soggetti mano
a mano più anziani hanno prestazioni peggiori.
Parte B: Questa seconda parte del TMT è certamente più complessa e impegnativa
rispetto alla prima . Qui infatti ,oltre a un compito di attenzione divisa visuo-spaziale, viene
richiesto al soggetto un compito di switch ,cioè di alternanza continua da uno stimolo di tipo
numerico a uno di tipo alfabetico.
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Viene presentato al soggetto un foglio dove sono rappresentati numeri e lettere disposti in modo
casuale. Il soggetto, per eseguire il test, deve compiere simultaneamente due compiti:
collegare sia in ordine progressivo, che alternato, numeri e lettere (cioè: 1-A-2-B-3-C- ecc…),
unendo, quindi, in maniera alternata i numeri (dall’1 al 13) e le lettere (dalla A alla N). [la corretta
sequenza è 1-A, 2-B, ecc.].
Anche in questo caso è opportuno accertarsi che il soggetto abbia compreso le consegne
somministrando la prova preliminare (numeri dall’1 al 4 e lettere dalla A alla D).
I tempi di prestazione di questa prova sono molto più elevati , soprattutto nei soggetti anziani che
spesso hanno difficoltà a capire la natura del compito e a mantenere costante lo switch tra le due
diverse categorie di stimoli .
In punteggio finale è basato sul numero di secondi impiegati per completare il test.
Vengono ottenuti tre punteggi (parte A; parte B; differenza B – A).
Per ogni parte il punteggio grezzo ottenuto deve essere corretto in base all’età e alla scolarità del
soggetto.
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Wisconsin Card Sorting Test – WCST (Berg, 1948).
Il WCST è una prova per esaminare le funzioni frontali del paziente; usato per valutare la
flessibilità nella scelta delle strategie nel problem solving e utilizzato per la valutazione
dell’incapacità di astrazione oltre che della perseverazione.
Sono utilizzate 128 carte definite “carte risposta” costruite in modo tale che ciascuna carta
contenga da una a quattro figure identiche di un singolo colore. Le quattro figure usate sono così
costruite:
per forma: stelle , croci, triangoli e cerchi;
per colore: rosso, giallo, blu, verde.
per numero: 1, 2, 3 e 4.
Una singola carta può avere, per esempio, quattro triangoli verdi oppure due cerchi gialli.
Quattro di queste 128 carte vengono definite “carte stimolo”o “carte guida”: la prima raffigurante
un triangolo rosso, la seconda raffigurante due stelle verdi, la terza con tre croci gialle e l'ultima
con quattro cerchi blu (vedi figura qui sotto).
Le quattro “carte stimolo” o “carte guida” vengono disposte dinanzi al soggetto da sinistra verso
destra in questo medesimo ordine.
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Se il soggetto facesse domande su come classificare le carte che ha in mano (es. secondo la
forma, il numero delle figure, ecc…) gli verrebbe risposto così:
“Le dirò io se è giusto o sbagliato dopo che ha collocato la carta”. La categoria corretta deve
essere anticipatamente decisa dall'esaminatore e non deve essere mai svelata al paziente durante
la prova; il soggetto inizia a disporre le carte una alla volta e viene informato se quello che ha
fatto è giusto o no.
La prima categoria da seguire è il colore; dopo che ha dato 10 risposte esatte e consecutive
l’una all’altra (nella versione originaria di Berg ne sono sufficienti 5) si passa alla categoria
successiva che è la forma. Dopo 10 risposte esatte e consecutive si passa al numero e quindi si
ricomincia un altro ciclo di tre categorie (colore, forma, numero).
Il test si conclude quando vengono completate tutte le sei categorie (colore, forma e numero per
due volte) o vengono distribuite tutte le 128 carte.
Durante il corso della prova al soggetto non è permesso di cambiare una sua risposta definita
dall’esaminatore come non corretta una volta che è stata data. L’esaminatore non deve mai
avvertire il soggetto che il criterio cambia.
L'utilizzo di questo test è indicato per lo studio e l'approfondimento di pazienti con lesioni
frontali; essi presentano tipici disturbi del ragionamento astratto, disturbi attentivi, difficoltà nella
formulazione di strategie per la risoluzione di un compito, incapacità di fare inferenze di ordine
superiore (come ad esempio definire proverbi, classificare, definire il significato delle parole,
ecc…), flessibilità mentale e ultima ma non per questo la meno importante la perseverazione.
Infatti, il test sembra particolarmente appropriato per lo studio della perseverazione: fu
Milner (1963) a riportare ricerche da lui svolte in merito, verificando che soggetti con lesione
frontale dorsolaterale dell'emisfero sinistro commettevano un maggior numero di errori
perseveratori e raggiungevano un numero inferiore di categorie.
Milner osservò che nell'ambito dei lobi frontali, i disturbi cognitivi più accentuati conseguivano ad
un danno delle aree dorsolaterali.
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Test della Torre di Londra – TOL (Shallice, 1982).
Il test è stato ideato per misurare le capacità di mettere in atto processi di decisione
strategica e di pianificare soluzioni efficaci tese alla risoluzione di un compito.
Per risolvere molti problemi è necessario anticipare e tenere a mente le conseguenze di un’azione
sulle altre; tale interdipendenza di elementi di un problema complesso è di fatto una caratteristica
di molte situazioni della vita quotidiana.
Il test della Torre di Londra prevede una serie di problemi a difficoltà graduale che richiedono al
soggetto di muovere delle palline forate, poste in una certa configurazione su una particolare
struttura, fino a raggiungere una nuova configurazione.
Per la risoluzione del compito è necessario adottare opportune strategie. In particolare sono
richieste tre operazioni:
Shallice chiama in causa il Sistema Attentivo Supervisore (SAS, di cui abbiamo parlato
precedentemente, quale centro presieduto dalla corteccia prefrontale e deputato a dirigere
l’attenzione verso le necessarie sottomete e a trasferire l’attenzione stessa dalle sottomete allo
schema generale (Shallice, 1982).
Ci sono numerose varianti nel modo in cui il test può venire somministrato e sul tipo di misure che
si possono ottenere. Nella versione classica di Shallice, il materiale è costituito da tre pioli di
diversa lunghezza montati su una struttura di legno e da tre palline di colore diverso, rosso, verde
e blu, che vanno infilate nei pioli. Il test si compone di una serie di dodici prove di difficoltà
graduale, a seconda del numero di mosse che il soggetto deve attuare per arrivare alla
configurazione mostrata dall’esaminatore.
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Per quanto riguarda la somministrazione, al soggetto la consegna viene spiegata come segue:
“Qui ci sono tre bastoncini di diversa lunghezza e tre palline di colore diverso.
Lei dovrà mettere le palline secondo le disposizioni che le mostrerò.
La figura nel foglio ne mostra una.
Ora lei dovrà copiare questa figura per essere sicuri che non ha problemi nel riconoscere i colori.
Adesso le mostrerò un’altra figura e le chiederò di cambiare le palline di questa composizione qui,
in un’altra diversa, ma nel fare questo ci sono delle regole da seguire:
1) può muovere solo una pallina per volta;
2) può muovere da un solo bastoncino ad un altro. Così non le è consentito mettere sul tavolo una
pallina o averne in mano più di una alla volta;
3) può collocare una sola pallina sul bastoncino piccolo, due sul bastoncino medio, tre sul
bastoncino grande. Se segue questa regola le palline non usciranno dal bastoncino;
4) le dirò ogni volta quanti spostamenti sono necessari per risolvere il problema”.
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