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LA NEUROPSICOLOGIA:
CORSO ONLINE GRATUITO DI NEUROPSICOLOGIA – Lez 3
corso on-line free

a cura del Dr. Iglis Innocenti


Psicologo e specializzando presso la Scuola di Psicologia Clinica dell'Universita' degli Studi di Siena
(direttore Prof. M. A. Reda).
Socio fondatore e consigliere dell'Associazione Italiana Neuropsicologia (AINp).
Consulente d'Ufficio presso il Tribunale di Prato dove svolge perizie e consulenze in ambito sia penale che civile.
Collabora con il reparto di Neurologia dell'ospedale di Prato e con il Dipartimento di Neuroscienze dell'Universita' di
Siena.
Lavora con il Prof. Dettore ad un progetto nel carcere di Prato.
Docente presso il Master di "Psicologia e Neuropsicologia Forense" (Torino).
Docente presso il corso di perfezionamento "Le Demenze: diagnosi e riabilitazione neuropsicologica" (Roma).

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PROGRAMMA DETTAGLIATO

Lezione n 1 Lezione n 5
La Neuropsicologia La Memoria: Una Visione d'Insieme
Introduzione La valutazione neuropsicologica della memoria
"Neuro-panoramica" storica Batterie globali:
- Wechsler Memory Scale;
Lezione n 2 - Test di Memoria Comportamentale di Rivermead –
TMCR.
La Valutazione Neuropsicologica
Test per la valutazione della Memoria a breve termine:
L'esame neuropsicologico - Test per la valutazione della Memoria a breve termine;
Fasi della valutazione neuropsicologica: - Test di Corsi.
- Definizione del problema;
Test per la valutazione della Memoria a lungo termine:
- Anamnesi;
- Breve racconto 1;
- Colloquio clinico; - Apprendimento di coppie di parole 1;
- Esame neuropsicologico formale. - Apprendimento supra-span verbale - tecnica di
Buschke-Fuld;
Lezione n 3 - Curva di posizione seriale;
- Apprendimento Spaziale Supra-Span;
I Test Neuropsicologici - Test della figura di Rey.
Standardizzazione, punto di riferimento e cut-off
La scelta di un test Funzioni esecutive e lobi frontali
I test: Deficit frontale: un'ipotesi interpretativa
- Test per le funzioni frontali; La valutazione delle funzioni frontali:
- Test di memoria a breve termine; - Trail making Test – TMT;
- Test di memoria a lungo termine; - Wisconsin Card Sorting Test – WCST;
- Test per il linguaggio; - Test della Torre di Londra – TOL.
- Test per le funzioni visuo-spaziali;
- Test per le funzioni attentive; Lezione n 6
- Test per le funzioni intellettive e di ragionamento L'Attenzione
logico;
Attenzione selettiva
- Test per le funzioni prassiche.
Attenzione divisa
Attenzione sostenuta e livelli di attivazione (arousal)
Lezione n 4 La valutazione neuropsicologica dell'attenzione
Test di Valutazione Globale Test attenzione selettiva:
I Test di Valutazione Globale: - Test di Cancellazione di Cifre;
- Mini Mental State Examination - MMSE; - Test di Stroop;
- Milan Overall Dementia Assessment – MODA. - Test di barrage di linee.
Procedure di somministrazione: Test attenzione divisa:
- Continuos Performance Test o CPT;
- I Sezione: orientamenti;
- II Sezione: autonomia nel quotidiano; I disturbi del riconoscimento: Le agnosie
- III Sezione: test neuropsicologici. - Le agnosie visive;
- Agnosie per gli oggetti;
Punteggio - Test di valutazione delle agnosie visive.
Prove Verbali:
Batterie di screening globali per l'agnosia:
- Rievocazione Immediata e Differita delle 15 parole - Birghingham Object Recognition Battery – BORB.
di Rey;
- Fluidita' verbale fonologica; Test sensibili ad un disturbo della discriminazione
- Costruzione di frasi. sensoriale:
- Test di Efron.
Prove Visuo-Spaziali:
Test sensibili ad un disturbo agnosico di tipo
- Matrici Progressive Colorate di Raven;
- Memoria visiva immediata;
appercettivo:
- Test delle figure sovrapposte.
- Copia di disegni a mano libera;
- Copia di disegni con elementi di programmazione; Test sensibili ad un disturbo agnosico di tipo
- Clock Drawing Test – CDT. associativo
Bibliografia

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I TEST NEUROPSICOLOGICI

Entriamo adesso nella parte più specifica del corso, quella relativa ai test neuropsicologici.

Un danno cerebrale si manifesta in termini comportamentali, in primo luogo, nelle deficienze e


nelle alterazioni disfunzionali di cognizione, emotività e di guida e gestione di sé. La valutazione
neuropsicologica riguarda la loro documentazione, nonché la descrizione delle funzioni conservate,
ovvero i punti di forza e le risorse del paziente.

Dobbiamo prima di tutto sottolineare un aspetto molto importante: un danno cerebrale implica
sempre un’alterazione comportamentale. Anche quando si rilevano cambiamenti psicologici
dopo una lesione al capo o in concomitanza ad una malattia cerebrale in termini di miglioramento
piuttosto che di peggioramento , una valutazione attenta rileverà probabilmente un danno sotteso.
In alcuni pazienti, la perdita o il deficit può essere sottile, diventando evidente soltanto in prove
complesse di giudizio o in condizioni di particolare carico emotivo.
Inoltre, è importante ricordare che la valutazione, oltre che procedere nell’investigare specifiche
funzioni cognitive probabilmente compromesse, dovrebbe anche rilevare, o quantomeno scartare,
eventuali sintomi neuropsichiatrici legati a possibili alterazioni a carico delle dimensioni
comportamentali e di personalità del soggetto.

Per capire al meglio la natura e gli obiettivi di un test (non solo neuropsicologico), occorrerebbe
parlare più approfonditamente delle proprietà psicometriche su cui un test solitamente viene
costruito (validità, affidabilità, standardizzazione etc.). Tale aspetto, però, supera di gran lunga gli
obiettivi di queste lezioni; si rimanda, pertanto, l’interessato lettore alla consultazione di manuali
dedicati specificatamente a suddetti argomenti. In questa sede, verranno trattati gli aspetti più
importanti per capire come “lavora” un test neuropsicologico e quali sono le proprietà
psicometriche più importanti che lo definiscono.

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Standardizzazione, punto di riferimento e cut-off

Di primaria importanza per la costruzione e per l’applicazione in campo clinico di un test


(non solo neuropsicologico) sono la standardizzazione e la disponibilità di un punto di riferimento
per la corretta quantificazione dei risultati ottenuti.

I test “standardizzati” sono quei test per i quali sono disponibili valori normativi per un
campione di soggetti normali rappresentativo della popolazione, proveniente dallo stesso ambiente
socio-culturale del paziente. Inoltre, con il termine “standardizzazione” ci riferiamo al fatto che il
materiale-stimolo e le procedure di somministrazione e di scoring (ossia di attribuzione del
punteggio) devono essere mantenute costanti e invariate, identiche per tutti i soggetti a cui viene
somministrato il test.

Per capire meglio questo punto, dobbiamo partire da un assunto di base molto importante: il
concetto di deficit comportamentale presuppone alcuni livelli di funzionamento ideali,
normali o precedenti rispetto ai quali possono essere misurate le prestazioni del
paziente.

Quando misuriamo la prestazione di un soggetto, la performance ottenuta sarà indicata sottoforma


di un numero. In altre parole, il soggetto otterrà un punteggio. Il punteggio ottenuto ad un test
viene definito “punteggio grezzo”, che potremmo definire come la “semplice” somma di risposte
corrette oppure come le risposte corrette meno una parte di quelle sbagliate. Questo tipo di
punteggio, da solo, non fornisce molte informazioni circa la prestazione di “quel” paziente, in
quanto i punteggi grezzi:
1. non danno informazioni immediatamente interpretabili
2. non consentono il confronto tra prestazioni a test diversi (neanche se espressi in
percentuali)

Detto in parole povere, il punteggio grezzo ha una rilevanza clinica scarsa, se non, addirittura,
inesistente. Affinché ne acquisisca una, tale punteggio dovrà essere paragonato ad uno “standard
di confronto”: tale processo assume il nome di “standardizzazione del punteggio”. Fra i vari
standard di confronto, ricordiamo il punteggio massimo ottenibile al test (che indica il pieno
funzionamento nel soggetto della specifica abilità misurata dal test) , quello minimo e i risultati
medi ottenuti dalla popolazione a cui appartiene un soggetto, definita in base all’età, istruzione e
sesso.

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Generalmente, viene preso in considerazione più frequentemente il punteggio medio. Però,
quando ci riferiamo ad una distribuzione e ad un punteggio medio, ci dobbiamo rapportare a sua
volta ad un campione empirico di soggetti, definito “campione normativo”: sono proprio le
risposte date al test da questo campione a costituire il termine di riferimento a cui vengono
paragonate le risposte date da qualsiasi altro soggetto. Le principali caratteristiche che un
campione normativo deve avere sono:

1. deve essere rappresentativo della popolazione alla quale il test sarà applicato;
2. deve essere il più ampio possibile;
3. NORMA: misura della tendenza centrale più misura della variabilità;
4. le norme possono essere espresse su scale diverse

Questo confronto fra punteggio grezzo ottenuto da un determinato soggetto ad un test e i dati
normativi può essere effettuato utilizzando procedure diverse. Tra queste ricordiamo:

1. trasformazione dei punteggi grezzi in misure di “posizione relativa” della


prestazione individuale rispetto alla distribuitine ottenuta nel campione
normativo. In questo caso, la misura utilizzata è costituita dai ranghi percentili, che
indicano la percentuale di soggetti del campione normativo che hanno ottenuto una
prestazione al di sotto del punteggio dell’individuo a cui è stato somministrato il test (se un
punteggio si colloca al 50° percentile, significa che il 50% dei soggetti del campione hanno
ottenuto un punteggio inferiore a quello ottenuto dal soggetto);

2. trasformazione dei punteggi grezzi in punteggi standard . Standardizzare una


misura significa riferire la misura stessa ad una scala standard con media e varianza note.
Convertire dei punteggi grezzi in punteggi standard, dunque, consiste nel confrontare il
punteggio grezzo del soggetto con la media e la variabilità dei punteggi ottenute nel
campione normativo. La scala più usata nell’ambito della ricerca (non solo psicologica) è
quella denominata appunto “standard” o “z” ,che ha media 0 e deviazione standard 1.
Questa scala si ottiene trasformando una qualsiasi serie di punteggi X n in una serie di
punteggi zn. Nei punti z, il punteggio individuale (x) viene confrontato con la media del
gruppo normativo (M) e con la deviazione standard (ds) secondo la famosa formula:

z = (x – M)/ds

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Se ad esempio un soggetto ottiene un punteggio di 21 ad un test, sapendo che la
media del gruppo a cui appartiene è pari a 27,9 e la deviazione standard pari a 6,52,
potremmo calcolare:
z = (21 – 27,9)/6,52 = - 1,058

Questo punteggio ci dice che la prestazione del soggetto a quella scala e/o test è,
prima di tutto, al di sotto della media (essendo il punteggio z negativo) e anche che
non si trova poi molto al di sotto di essa. Queste informazioni, il semplice punteggio di
21, non le forniva.

Da qui si evince chela standardizzazione è necessaria quando vogliamo avere un idea


della posizione che un soggetto occupa nell’ambito di un gruppo, ma anche quando è
necessario confrontare due prestazione dello stesso soggetto

Il principio di base alla conversione dei punteggi grezzi in punteggi standard è che la distribuzione
dei punteggi nel campione normativo sia una distribuzione normale. Una distribuzione normale (o
gaussiana) è una distribuzione teorica. E’ di importanza fondamentale poiché in alcune analisi
statistiche (es. analisi della varianza) è un parametro che occorre assumere e verificare.

Proprietà principali della distribuzione normale sono:


- è simmetrica e unimodale;
- moda, mediana e media coincidono;
- è definita da due parametri: media e deviazione standard;
- riguarda SOLO variabili continue (in alternativa distribuzioni
binomiali);
- l’area sottesa dalla curva è sempre uguale ad 1.

In psicologia, spesso si confrontano distribuzioni differenti (es. gruppo sperimentale e gruppo di


controllo), però le distribuzioni possono avere unità medie e deviazione standard diverse e anche
forme diverse. Per poterle confrontare occorre riferirle ad una distribuzione standardizzata, ossia
una distribuzione che abbia media 0 e una deviazione standard = 1 (vedi figura sottostante).

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I vantaggi dei test standardizzati sono molti. Tra questi ricordiamo il fatto, come vedremo, di
offrire dei punteggi cut-off (o punteggio di confine tra prestazione normale e prestazione
patologica), di ridurre il rischio di falsi positivi o falsi negativi, di offrire la possibilità di integrazione
di dati provenienti da diversi laboratori e di favorire la comunicazione e la condivisione di dati tra
clinici e/o ricercatori.

Fra gli svantaggi, riconosciamo il fatto che il confronto con un valore normativo ha senso solo per
quelle funzioni o capacità che tutti gli individui adulti normali dovrebbero possedere (es., capacità
di comprensione verbale); inoltre, la prestazione a compiti che misurano quelle abilità che sono
influenzate da fattori sociali ed ambientali hanno bisogno di standard di paragone individuali (es.,
il vocabolario). Infine, insorgono problemi interpretativi nei casi in cui si valuta la prestazione di un
paziente, in assenza di informazioni sul livello premorboso, ad un test che misura un’abilità che
nella popolazione sana ha una distribuzione normale.

Un altro aspetto molto importante per la costruzione e l’utilizzazione dei test neuropsicologici è
strettamente legato ad uno dei suoi obiettivi principali, ovvero la possibilità di discriminare i
soggetti “normali” dai soggetti con “danno cerebrale”. In altri termini, ci dobbiamo
chiedere quale sia “l’ago della bilancia” in base al quale un soggetto viene inserito in una delle due
categorie piuttosto che in un’altra. Mi sto riferendo alla definizione del punteggio di demarcazione
fra prestazione normale e al di sotto della norma, ovvero il cut-off.

La distinzione fra “normale” e “al di sotto della norma” è resa possibile grazie ad un criterio di
eliminazione, stabilendo, in fase di messa a punto del test, un “cut-off”, ovvero un valore che
divida il continuum dei punteggi ottenibili al test nelle due categorie, “normale” e “non-normale”.
Tale valore consentirà di effettuare una decisione clinica, dirigendo la scelta fra:

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1. successi (soggetti con danno cerebrale che vengono, attraverso l’applicazione
del test, correttamente classificati come tali);
2. rifiuti corretti (soggetti con prestazione normale correttamente classificati
come tali);
3. falsi negativi (soggetti con danno cerebrale classificati come “normali”);
4. falsi positivi (soggetti “normali” ma considerati aventi un danno cerebrale).

Nei test neuropsicologici più diffusi, i parametri utilizzati per stabilire il cut-off, riportati solitamente
nel manuale del test, sono rappresentati da:

 ranghi percentili,
 dalla media e deviazione standard

Come abbiamo visto precedentemente, i ranghi percentili vengono preferiti quando i punteggi non
sono distribuiti secondo una distribuzione normale. I valori che frequentemente sono fissati per
definire la prestazione al test come “al di sotto della norma” sono rappresentati dai punteggi
corrispondenti al 5° percentile o 2° percentile (nel caso di assessment con soggetti in età
evolutiva, si adottano cut-off anche con valori percentili diversi, corrispondenti al 20° percentile o
al 25° percentile).

I cut-off fissati alla media e alla deviazione standard della distribuzione dei punteggi ottenuta nel
campione normativo, il punteggio al test viene solitamente classificato:

- “normale” se è compreso entro 1 DS (ossia, una deviazione standard);


- “al di sotto della norma” se compreso fra 1 e 2 DS;
- “deficitario” se inferiore a 2 DS;
- “gravemente deficitario” se al di sotto di 3 DS.

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La scelta di un test

Questa breve esposizione sulle proprietà psicometriche dei test, benché possa risultare
complessa e particolarmente tediosa (ho odiato tutti e tre gli esami di psicometria all’università!),
ci aiuta a capire adesso alcuni aspetti molto importanti che costituiscono una delle fasi, a mio
avviso, molto delicata del processo di valutazione neuropsicologica di un paziente.. Sto parlando
della scelta di un test per una sua applicazione clinica.

Facciamo un esempio. Se dovessi fare un viaggio molto lungo, con poche soste, magari d’inverno
quando piove e fa freddo, con visibilità scarsa, quale mezzo troverei più utile, avendo la possibilità
di scegliere, per effettuare tale viaggio? Un’automobile sportiva, veloce, grintosa, magari bellissima
da vedere, ma scomoda da guidare e con un consumo molto elevato, oppure opterei per
un’automobile comoda, confortevole soprattutto all’interno dell’abitacolo del guidatore, che
consumi poco (magari diesel) e che mi consenta in tutta sicurezza di affrontare il viaggio?

Nonostante la natura dell’esempio sia diversa dall’utilizzo di un test in campo clinico, l’approccio
non è poi così diverso. Infatti, la scelta di un test, a vedere bene, non è altro che la scelta del
mezzo migliore per affrontare un “viaggio”, quello nella “mente del paziente”.

Effettivamente, tale presupposto potrà risultare suggestivo (e alquanto “dantesco”), ma in un


certo senso è quello che ci apprestiamo a fare ogniqualvolta davanti a noi si siede una persona
(sia che in quel momento si ricopra il ruolo di neuropsicologo, di psicologo, neurologo o di
psichiatra). E così, prima di iniziare questo viaggio, dobbiamo capire, prima di tutto, la sua meta,
la “strada” che dobbiamo percorrere, il tempo che abbiamo a disposizione, e, infine, da “dove” si
vuole passare.

Tradotto, dobbiamo capire i problemi che lamenta il soggetto, definire meglio in quali aree egli
presenti maggiori difficoltà (per questo, si rimanda alla lezione 2, quando abbiamo parlato
dell’anamnesi e del colloquio clinico), nonché il tempo a noi concesso per effettuare la valutazione
(si pensi che negli ambienti ospedalieri non è raro, ahimé, riscontrare che alla valutazione
neuropsicologica viene dedicato poco spazio, o perché ritenuta poco importante, o perché non vi
sono fondi sufficienti per darle uno spazio adeguato. Ciò significa che il neuropsicologo, in questi

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casi, ha davvero poco tempo e dovrà utilizzare mezzi che rappresentino un buon compromesso fra
capacità di misurazione e tempo di somministrazione).
Vediamo adesso quali sono i limiti che generalmente un test presenta e quindi su quali presupposti
si dovrebbe basare la scelta per un suo impiego in campo clinico.

I test di cui ci avvaliamo per la valutazione delle abilità cognitive dei pazienti sono desunti spesso
dalla pratica della psicologia e dovrebbero avere lo specifico fine di valutare le singole funzioni
cognitive e le alterazioni conseguenti a danno cerebrale di natura organica.
Ma è proprio così?
Non esistono strumenti perfetti, come non esistono esaminatori perfetti (ricordiamoci che
siamo essere umani!). Fra i problemi e limiti connaturati agli strumenti che utilizziamo nella
valutazione, ricordiamo:

 la mancanza di dati normativi per tutte le variabili che influenzano le prestazioni.


Abbiamo detto precedentemente che età, sesso e scolarità devono essere prese in
considerazione per quantificare la prestazione di un paziente. Ma la stessa cosa,
teoricamente, andrebbe fatta anche per altre variabili, come il background culturale e
linguistico del soggetto, i farmaci che ha assunto, un eventuale inclinazione per certe
abilità rispetto altre etc.., cosa che però non avviene;
 non vi sono test standardizzati per i disturbi relativamente rari;
 non tutti i test disponibili e pubblicati presentano un’adeguata standardizzazione
che tenga conto in maniera esaustiva variabili influenti come l’età, scolarità e sesso;
 per lo stesso test esistono standardizzazioni diverse, talvolta con notevoli
divergenze riguardo ai valori normativi e ai fattori di correzione (es., per la FAB –
Frontal Assessment Battery esistono tre standardizzazioni, con cut-off che variano tra
11 e 15/18);
 non esiste un test che in maniera selettiva e “pulita” riesca a valutare il tipo di
comportamento che si prefigge di misurare (posso utilizzare un test per la memoria,
ma non posso pensare che la prestazione a questo test sia il prodotto dei soli processi
mnestici e non sia influenzata anche da altre abilità cognitive, come ad esempio
l’attenzione);
 molti test hanno una scarsa validità ecologica;
 validità nominale: il test misura veramente quello che si suppone debba misurare?
 tempi di somministrazione e costi, alle volte, elevati;
 spesso non esistono forme parallele per effettuare una somministrazioni ripetuta
nel tempo.

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Conoscendo i limiti, vediamo adesso quali sono i criteri e i punti di forza su cui, solitamente, si
basa la scelta di un test:

 gli obiettivi dell’esame. Qui è molto importante l’aver espletato preventivamente


tutte le fasi di definizione del problema, di anamnesi e di colloquio clinico (vedi
lezione 2). Infatti, la scelta di un test è vincolata allo scopo per cui viene effettuata
la valutazione (ricordate l’esempio del viaggio?). Ad esempio, se dovessi condurre
una valutazione su un paziente con un trauma cranico, verso il quale, in seguito, si
dovesse anche procedere per una riabilitazione neurocognitiva, il mio obiettivo
sarebbe quello di misurare globalmente le sue funzioni (memoria, linguaggio,
capacità visuo-spaziali etc.) al fine di capire su quali concentrare la riabilitazione e
soprattutto per fornire un termine di paragone cui confrontare le prestazioni del
paziente riesaminate al termine del programma riabilitativo (per capire se vi sono
stati eventuali cambiamenti in senso migliorativo o peggiorativo delle funzioni
analizzate).
Inoltre, bisogna sapere anche il tipo di valutazione che devo effettuare su un
paziente, se una di screening (in cui adopererò test di valutazione globale che
coprano buona parte delle funzioni cognitive, a scapito di un’approfondita loro
investigazione) o una di approfondimento (in cui, invece, si procederà nella
valutazione di ogni singola funzione cognitiva in maniera approfondita e accurata,
costruendo o selezionando delle prove al fine di verificare o falsificare le ipotesi
formulate sui risultati ottenuti allo screening);

 validità ed attendibilità. Come dicevamo sopra, un “buon” test dovrebbe


soddisfare i consueti requisiti di validità ed attendibilità e presentare, quindi, norme
appropriate;

 standardizzazione. L’uso dei test presuppone che si abbiano a disposizione dati


affidabili sui limiti di normalità e una standardizzazione che tenga conto in maniera
esaustiva di variabili influenti come l’età, la scolarità e il sesso. Questo, purtroppo,
non succede per tutti i test disponibili e pubblicati in Italia;

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 sensibilità e specificità. In pratica, il test deve essere in grado di individuare
correttamente individui con danno cerebrale (sensibilità) e che sia capace di rilevare
correttamente l’assenza di danno cerebrale (specificità);

 forme parallele. Questo si rende necessario nei casi in cui si devono effettuare
misurazioni ripetute nel tempo al fine di verificare l’andamento di una patologia;

 tempo e costi. Questa variabile, come dicevamo prima, non è da tenere in scarsa
considerazione. Infatti, non è raro imbattersi in situazioni in cui la valutazione debba
essere effettuata in poco tempo (ad es., le urgenze); in questi casi, si dovrà
utilizzare un test che risulti essere un buon compromesso fra tempo di
somministrazione e capacità di misurazione. Inoltre, non da meno è il discorso sui
costi: alcuni test o batterie di test (vedi, ad esempio, il test di intelligenza WAIS-R)
hanno costi davvero molto elevati. Quindi, si suggerisce, nel caso vi sia la
possibilità, di trovare dei test simili ma meno onerosi (se ci pensate, è un po’ quello
che accade con i cosiddetti “farmaci gemelli”, ovvero farmaci che, pur avendo lo
stesso principio attivo e la stessa finalità nonché efficacia di altri più costosi, hanno
un prezzo molto più accessibile).

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I test

Dovendo individuare la presenza di alterazioni cognitive e comportamentali, dovremmo


fondare la nostra valutazione sulla somministrazione di più test neuropsicologici, ovvero su una
cosiddetta “batteria” di test. In realtà, l’annoso dilemma sta nell’approccio da adottare rispetto
questo punto. È meglio una batteria “fissa” (cioè composta dagli stessi test e costantemente
somministrata a tutti i pazienti) o una “flessibile” (ovvero composta da test che variano per
tipologia in base al paziente che si ha davanti)?

Non vi è una risposta precisa, molto dipende dal modus operandi del neuropsicologo, dalle sue
scelte personali e preferenze rispetto gli strumenti. Nel caso si scegliesse una batteria “flessibile”,
ci si baserà sulla gravità dei deficit del paziente, sulla natura della disfunzione cerebrale (trauma
cranico o demenza), sulle caratteristiche delle sindrome clinica (ad esempio, afasia), sulla presenza
di eventuali disturbi neuropsichiatrici e/o motori.

Fra le batterie “fisse” più famose e più utilizzate in campo neuropsicologico, ci preme ricordare la
batteria Halstead-Reitan Neuropsychological Battery o HRNB e la batteria Luria-Nebraska, che
qui, per motivi di spazio, non verranno approfondite.

Qualunque sia la nostra scelta, comunque, una batteria di base (soprattutto impiegata nella fase di
screening) dovrebbe avere un numero di test sufficienti a valutare le principali aree cognitive, per
poter effettuare successivamente l’approfondimento (ne vedremo alcuni esempi nella lezione
seguente).

Per quanto riguarda gli strumenti neuropsicologici utilizzati ai fini di una corretta valutazione,
fondamentalmente si possono scegliere fra:
 test di valutazione delle funzioni cognitive generali
 test per specifiche abilità cognitive

Come abbiamo detto precedentmente, di solito si distingue una fase di screening, dove si
otterrà un profilo cognitivo globale del soggetto, e una fase successiva di approfondimento,
per valutare in maniera più selettiva le diverse aree di funzionamento cognitivo che presentano un
decadimento delle prestazioni rilevate nella precedente fase di screening. Generalmente, la nostra

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batteria di test nella fase di screening sarà composta da test per funzioni generali (ad esempio,
test di intelligenza) o batterie per la valutazione specifica in campo neuropsicologico (ad es., la
Luria Nebraska o la HRNB). Tra questi menzioniamo:

 Mini Mental State Examination – MMSE (Folstein et al., 1975; Measso et al., 1993)
 Alzhemier’s Disease Assessment Scale – ADAS (Rosen et al., 1984)
 Matrici Progressive di Raven o RPM e Matrici Progressive Colorate di Raven
(Raven, 1940; Raven, Court, Raven, 1986).
 Severe Impairment Battery – SIB (Saxton et al., 1990)
 Milan Overall Dementia Assessment – MODA (Brazzelli et al., 1994)
 Mental Deterioration Battery – MDB (Caltagirone et al., 1995; Carlesimo et al., 1996)
 Wechsler Adult Intelligence Scale – Revised o Wais R (traduzione e adattamento
italiano a cura di C. Laicardi e A. Orsini, Organizzazioni Speciali, Firenze, 1997)
 Esame Neuropsicologico Breve – ENB (Mondini et al., 2003)

I test che indagano funzioni specifiche possono essere raggruppati in base sia alla funzione
cognitiva indagata, sia in base al tipo di patologia per cui un test è stato creato. E così, vi saranno
test utilizzati per la valutazione della memoria, del linguaggio o dell’attenzione, oppure test o
batterie di test per indagare le funzioni cognitive nel morbo di Alzheimer, nel Parkinson, etc.

Essendo il numero dei test molto ampio, verranno di seguito indicati solo alcuni fra quelli
maggiormente utilizzati nella pratica clinica.

1. Test per le funzioni frontali


b. Wisconsin Card Sorting Test – WCST (Berg, 1948; Laiacona et al., 2000).
c. Test della Torre di Londra (Shallice, 1982).
d. Weigl’s Test (in Spinnler e Tognoni, 1987)
e. Frontal Assessment Battery – FAB (Dubois, 2000; Appollonio et al., 2005)
f. Elithorn Perceptual Maze (Elithorn, 1955; Colonna e Faglioni in Spinnler e
Tognoni, 1987)
g. Trail making Test (TMT) (Reitan, 1958; Mondini et al., 2003)
h. Test dei Giudizi Verbali (Spinnler e Tognoni, 1987)
1. Test di memoria a breve termine

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b. Span di cifre (Orsini et al., 1987)
c. Test di ripetizione seriale di parole bisillabiche (Spinnler e Tognoni, 1987)
d. Test di Corsi (Spinnler e Tognoni, 1987)
e. 15 parole di Rey (Rey, 1958; Carlesimo et al., 1996)
f. Test della figura complessa di Rey (Rey, 1959; Caffarra et al., 2002; Carlesimo
et al., 2002)

1. Test di memoria a lungo termine


b. Test di memoria di prosa: Raccontino di Babcock (Novelli et al., 1986;
Carlesimo et al., 2002)
c. Test di Memoria Comportamentale di Rivermead – RBMT (Wilson et al.,
1985; Brazzelli et al., 1993)
d. Apprendimento di coppie di parole (De Renzi et al., 1977)
e. Apprendimento di coppie di parole (Novelli et al., 1986)
f. Apprendimento supra-span verbale (Spinnler e Tognoni, 1987)
g. 15 parole di Rey (Rey, 1958; Carlesimo et al., 1996)
h. Apprendimento di supra-span spaziale (Capitani et al., 1980; Spinnler e
Tognoni, 1987)
i. Apprendimento supra-span spaziale (Capitani et al, 1991)
j. Benton Visual Retention Test (Benton, 1974)
k. Test della figura complessa di Rey (Rey, 1959; Caffarra et al., 2002; Carlesimo
et al., 2002)
l. Curva di posizione seriale (Capitani et al., 1992; Spinnler e Tognoni, 1987)

1. Test per il linguaggio


b. Western Aplasia Battery (Kertesz et al., 1974)
c. Boston Diagnostic Aphasia Examination (Goodglass et al., 1972)
d. Aachen Aphasia Test (Huber et al., 1983)
e. Batteria per l’Analisi dei Deficit Afasici (Miceli et al., 1991b)
f. Boston Naming Test (Kaplan et al., 1978)
g. California Verbal Learning Test (Delis et al., 1987)
h. Test di Fluenza Verbale Fonemica (Novelli et al., 1986; Mondini et al., 2003)
i. Test di Fluenza Verbale Semantica per Categoria (Spinnler e Tognoni, 1987)

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j. Test dei gettoni o Token Test (De Renzi et al., 1962)

1. Test per le funzioni visuo-spaziali


b. Benton Facial Recognition Test o BFRT (Benton e Van Allen, 1968; Hamsher,
et al., 1983)
c. Discriminazione di forme visive (Efron, 1968; Warrington e Taylor, 1973;
Worrington, 1985; Worrington e James, 1988).
d. Hooper Visual Organization Test o HVOT (Hooper, 1958; Hooper Visual
Organization Test Manual, 1983).
e. Street's Completion Test (Spinnler e Tognoni, 1987)
f. Test di giudizio di orientamento di linee di Benton – forma H (Benton et al.,
1978; adattamento italiano di Ferracuti, Cannoni, Sacco e Hufty per Organizzazioni
Speciali, Firenze).

1. Test per le funzioni attentive


b. Batteria computerizzata di Test per l'esame dell'attenzione o TEA
(Zimmermann e Fimm, 1992)
c. Claridge forma 1 e 2
d. Continuous Performance Test o CPT (Rosvold, Mirsky, Sarason, Bransome e
Beck, 1956)
e. Paced Auditory Serial Addition Task o PASAT (Gronwall, 1977)
f. Stroop Color Word Interference Test (Golden, 1978; Venturini e coll., 1983)
g. Test dei Deux Barrages di Zazzo (Zazzo, 1960b, 1980)
h. Test delle Matrici Attentive (Spinnler e Tognoni, 1987; Della Sala et al., 1992)
i. Trail Making Test o TMT (Reitan, 1958)

1. Test per le funzioni intellettive e di ragionamento logico


b. Matrici Progressive di Raven o RPM e Matrici Progressive Colorate di
Raven (Raven, 1940; Raven, Court, Raven, 1986).
c. Wechsler Adult Intelligence Scale – Revised o Wais R (traduzione e
adattamento italiano a cura di C. Laicardi e A. Orsini, Organizzazioni Speciali,
Firenze, 1997

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1. Test per le funzioni prassiche
b. Test della figura complessa di Rey (Rey, 1959; Caffarra et al., 2002; Carlesimo
et al., 2002)
c. Test dell’Orologio (in ENB di Mondini et al., 2003)
d. Test di Aprassia Bucco-Facciale (De Renzi et al., 1966; Spinnler e Tognoni,
1987).
e. Test di Aprassia Ideo-Motoria (De Renzi et al., 1980; Spinnler e Tognoni,
1987).

Infine, forniamo qui di seguito un esempio di batteria neuropsicologica (che ovviamente potrete
modificare in base alle vostre esigenze e/o preferenze) per capire come assembrare, in maniera
funzionale, un insieme di test, al fine di ottenere una valutazione sufficientemente completa delle
capacità cognitive di un paziente.

Funzioni generali Prove frontali Prove di memoria a


lungo termine
• MMSE • FAB • Raccontino
• Test di Stroop • 15 parole di Rey
• Test Torre di Londra (forma • Apprendimento
semplificata) sopra-span
• Trail making • Apprendimento di
coppie di parole
Funzioni attentive Funzioni visuo-spaziali

• Test di Stroop  Apprendimento spaziale


• Matrici attentive supra-span
• Trail making  Figura di Rey
 Linee di Benton
Intelligenza/ragionamento Prove di prassia
logico
• Raven PM 47 • Test dell’orologio
• Giudizi verbali • Figura di Rey (copia)

Prove di linguaggio Prove di memoria a breve


termine
• Fluenza fonemica • 15 parole di Rey
• Fluenza semantica • Span di cifre
• Test dei gettoni • Test di Corsi

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