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Comitato scientifico
Eugenio La Rocca coordinatore - Hans-Ulrich Cain, Francesco De Angelis, Michel Gras,
Gian Luca Gregori, Chris Hallett, Lothar Haselberger, Tonio Hölscher, Pilar León,
Ricardo Mar, Marc Mayer, Luisa Musso, Domenico Palombi, Clementina Panella, Claudio
Parisi Presicce, Joaquin Ruiz de Arbulo, Thomas Schäfer, Rolf Schneider, Stefano
Tortorella, Desiderio Vaquerizo, Alessandro Viscogliosi, Andrew Wallace-Hadrill, Paul
Zanker.
Comitato di redazione
Claudio Parisi Presicce coordinatore - Maddalena Cima, Maria Gabriella Cimino, Susanna
Le Pera, Paola Rossi, Emilia Talamo. Francesca Ceci, Isabella Damiani, segreteria e revisione.
CXIII
2012
«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER
ISSN 0392-7636
ISBN 978-88-8265-739-0
La bellezza di Roma, ovvero gli spazi della memoria e dell’identità. Alcuni aspetti urbanistici
tra Repubblica e Impero
di Eugenio La Rocca 43
L’insula sotto il Palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia in piazza Venezia a Roma
di Leandro Cucinotta 157
I LATINI SETTENTRIONALI
Ricerche e studi su Crustumerium e dintorni
a cura di
Francesco di Gennaro
Premessa
di L. Malnati 191
Gli scavi dell’Università di Lipsia a Cisterna Grande e Monte Del Bufalo – Crustumerium (Roma)
di Wolf-Rüdiger Teegen, in collaborazione con Rosemarie Cordie e Sabine Rieckhoff 245
Tratti culturali della comunità antica di Crustumerium dagli scavi dell’Istituto d’Archeologia di
Groningen a Monte Del Bufalo
di Albert J. Nijboer, Peter A.J. Attema 263
Confini e organizzazione del territorio sulla sponda sinistra del Tevere tra Crustumerium,
Nomentum e Roma
di Luigi Finocchietti 285
Via Vicenza, 33. Rinvenimento di un am- Ambasciata degli Stati Uniti d’America a Roma.
biente dei Castra Praetoria presso l’istituto Ritrovamenti archeologici
“Suore Clarisse Francescane del SS. Sa- di Silvia Festuccia 378
cramento”
di Barbara Cardinali 323 Via Calabria, via Sicilia, via Campania, via
Puglie: nuove scoperte nell’area degli Horti
regione vi Sallustiani
di Valeria Fontana, Roberta Tanganelli (con
Ritrovamenti archeologici a via Cernaia – via la partecipazione di Eugenio Pischedda) 385
Castelfidardo
di Stefania Fogagnolo 327 regione viii
Via XX Settembre – via Goito. Un tratto delle L’area sacra di S. Omobono: nuove indagini
Mura Serviane di Paolo Brocato, Nicola Terrenato 398
di Paola Carrano, Alessandra Negroni 336
regione ix
Nuove testimonianze archeologiche lungo il
percorso dell’Alta Semita al Quirinale Area Sacra di Largo Argentina: indagini 2006
di Stefania Fogagnolo 338 di Monica Ceci, Riccardo Santangeli Valenzani 406
I monumenta, la memoria collettiva e l’iden- commossi che quando intendiamo parlare di loro
tità romana o che leggiamo qualcuno dei loro scritti?”3. È uno
di quei pomeriggi ateniesi nei quali l’Accademia,
Cicerone, nel quinto libro del suo trattato De fi- dato l’orario, era spopolata: quindi l’effetto evoca-
nibus bonorum et malorum, introduce un dialogo tra tivo del luogo, romantico ante litteram, doveva es-
Cicerone, il fratello Quinto, il cugino Lucio e gli sere anche superiore (fig. 1). Per un’interessante
amici Attico e Marcus Pupius Piso Calpurnianus, il associazione di idee, a questo punto Piso affianca
futuro console del 61 a.C., con il quale l’oratore all’Accademia un altro monumento, stavolta ro-
sarebbe venuto in seguito in contrasto in quanto mano. È la gloriosa curia Hostilia, già sede dell’at-
fautore dell’operato di Clodio1. Il dialogo che si tività di grandi uomini come Scipione, come Le-
svolge nel 79 a.C., in piena età sillana, ha come lio, come il suo antenato Lucius Piso Frugi, il cele-
ambientazione i giardini dell’Accademia ad Atene. bre annalista4. Da poco tempo, tra l’81 e l’80 a.C.,
I cinque protagonisti, ancora relativamente giova- la curia Hostilia era stata demolita e ricostruita5
ni e assetati di cultura, vi si erano diretti perché nell’ambito di un ambizioso progetto urbanistico
attirati dalle memorie del luogo, dove aleggiava il che coinvolgeva un settore del Campidoglio e una
ricordo di Platone, naturalmente, ma anche di parte dell’area nord-occidentale del foro (fig. 2).
Speusippo, di Senocrate, di Polemone2. Piso lo af- L’intervento di rinnovamento della curia era do-
ferma apertamente: “Non so se sia una disposizio- vuto senza dubbio alla necessità di ampliare gli
ne naturale o quale illusione, ma quando vediamo spazi destinati alle riunioni del senato i cui mem-
i luoghi dove sappiamo che gli uomini degni di bri, in base alla riforma sillana, erano notevolmen-
memoria hanno vissuto a lungo, non siamo più te aumentati di numero (da 300 a 600)6; ma l’e-
1. Plan de L’Academie et de ses Environs, incisione di A.Tardieu (da Voyage du Jeune Ana-
charsis en Grece, 1825).
stensione del programma urbanistico, che interes- in verità – di un monumento in quanto luogo della
sava anche le pendici capitoline con la costruzione memoria pubblica. Come afferma Cicerone, sulla
del c.d. Tabularium, suggerisce che non doveva es- base della suggestione dei luoghi, capaci di evoca-
sere estranea al dittatore la volontà di avviare un re passate memorie, si era sviluppata da tempo
processo di regolarizzazione del foro Romano, il un’autentica scienza mnemotecnica basata su luo-
cui assetto non risultava più idoneo alla capitale di ghi e immagini: era un supporto “artificiale” alla
un impero. Eppure, malgrado l’ambizioso pro- memoria individuale, utile all’organizzazione dei
gramma sillano, Piso aveva la mente rivolta alla testi oratorii e delle esercitazioni retoriche7. La
primitiva curia, già sede di Scipione, di Catone, di memoria per i romani era elemento essenziale
Lelio, del suo avo: la nuova, sebbene fosse ben più dell’educazione: fondandosi sui luoghi, essa per-
grande, gli sembrava piccola al confronto: “I luo- metteva la costruzione di differenti tipi di immagi-
ghi – egli dice – hanno un tale potere di rievocazio- ni mentali, che avevano un rapporto simbiotico
ne che, non senza ragione, sono stati utilizzati per con le immagini reali. Lungi dall’essere un siste-
creare un’arte della memoria”. È questo uno dei ma “statico” di memorizzazione, utile per la reci-
primi brani nella lunga storia culturale d’occiden- tazione o per la ripetizione, esso aveva il compito
te nel quale si tenta la difesa – puramente verbale, di accentuare la creatività. Senza queste immagini
7
Yates 1972, p. 3 ss.
8
Carruthers 1998, p. 10 ss., 15 ss. Mary Carruthers sviluppa menta, nonché sulla suggestione della lettura del libro The Art of
in modo eccellente il valore della inventio (allo stesso tempo cre- Memory, pubblicato nel 1966 da Frances A. Yates, Pierre Nora ha
azione – o inventiva – e inventariazione, nel senso che non si può sviluppato il concetto degli spazi fisici come lieux de mémoire (Nora
creare senza aver immagazzinato nella mente in appositi loci e in 1981-1992; 1989), mentre Jan Assmann ha elaborato il concetto di
modo preciso memorie alle quali si possa attingere in qualunque “memoria culturale” come organo del ricordo extra-quotidiano e
istante) e della intentio (un elemento emozionale e personale nei come ricostruzione sociale del passato (Assmann 1997). Più recen-
confronti delle cose memorizzate – la Carruthers parla di “tensione temente, Mary Carruthers ha proposto una revisione di alcuni dei
creatrice” –, senza il quale non si potrebbe produrre un inventario concetti basilari di Frances Yates, giudicando improponibile l’ipo-
mnemonico, né permettere alla memoria di realizzarsi in maniera tesi che in antico l’arte della memoria fosse “statica”, e non avesse
produttiva) nell’arte antica della memoria. altro scopo se non di reperire materiali immagazzinati e inventa-
9
È da verificare ancora se il concetto moderno di “memoria riati nella mente, senza tener conto che essa aveva una funzione
collettiva” possa essere adoperato in modo compiuto per il mon- eminentemente creativa, in quanto aveva il compito di favorire lo
do antico. Mary Carruthers ha qualche dubbio in merito e, par- sviluppo dell’immaginazione e l’inventiva personale, sia in campo
lando piuttosto di “memoria pubblica”, si avvale nel suo lavoro oratorio sia in quello artistico (Carruthers 1998, p. 7 ss.). V. inol-
dell’antico concetto della memoria rerum, la memoria delle cose tre, tra le ricerche più recenti sulla memoria: Erll–Nünning 2008;
(o degli oggetti). L’esempio è offerto dal Vietnam Memorial a Boyer–Wertsch 2009.
Washington. Il monumento è il luogo comune collettivo sul quale 11
Yates 1972, p. 5 s.
sono inscritti i nomi dei caduti (le res) grazie ai quali ognuno può 12
Cic., De or., 2, 86, 351-354.
costruirsi i ricordi personali in base alle sue conoscenze mnemo- 13
In una recentissima indagine, Daniele Miano ha tentato di
niche degli eventi, come si può immaginare assai differenziate, collegare la memoria artificialis adottata dai retori e dagli oratori
oppure in base a qualche nome a lui noto. Ogni storia che si crea romani con la concezione della memoria che si sarebbe sviuppata a
è personale – molti le incrementano deponendo oggetti vari (fo- Roma a partire del iv secolo a.C. (Miano 2011, p. 62 ss.), quando
tografie, medaglie, fiori) davanti al muro – ma tutte hanno in co- L. Furio Camillo dedicò a Iuno Moneta (la dea che ammonisce,
mune le res del locus stesso. Inoltre, la memoria muta nel tempo, secondo l’ipotesi, non da tutti accettata [a favore, con ottimi ar-
ed ha un differente grado di forza a seconda del sentimento (della gomenti: Prosdocimi, Marinetti 1993, p. 173 ss.; Livingston
intentio) dello spettatore: Carruthers 1998, pp. 24 ss., 36 ss. Co- 2004, p. 23 ss.] di una derivazione di Moneˉta da moneoˉ, ma anche
munque sia, è indubbio che il Vietnam Memorial sia esso stesso della memoria, come già credeva Livio Andronico, e come affer-
un mnemotopos (v. infra) e svolga una funzione di identità per la ma Cicerone [Liv. And., Odyssea, fr. 23 Morel = fr. 21 Blänsdorf;
società americana. Cic., De nat. deor., 3, 47]) un tempio sull’Arce (Miano 2011, p. 71
10
Dopo il lavoro pionieristico di Henri-Louis Bergson, Matière ss., con analisi dettagliata dell’etimologia. Su Iuno Moneta v. an-
et mémoire, apparso nel 1896, il tema della memoria sociale collet- che la nota 20). Indubbiamente ci sono connessioni tra l’arte mne-
tiva è stato analizzato da Maurice Halbwachs in due importanti monica e la funzione dei monumenta, come l’Accademia di Atene
contributi: il primo, Les cadres sociaux de la mémoire, pubblicato o la curia, come luoghi della memoria collettiva, ma i legami non
nel 1925, il secondo, La mémoire collective, pubblicato postumo, nel costituiscono di per sé un argomento per la totale sovrapposizione
1950, dopo la sua tragica morte a Buchenwald. Sulle loro fonda- dei due concetti.
Quanto della forma di esercitazione retorica e let- di immortalità, come quella propria degli eroi –,
teraria, definita scienza mnemotecnica, è sfociata stava a cuore ai magistrati romani della tarda re-
nel tempo in una vera e propria esaltazione dei pubblica tutto ciò che fosse capace di risvegliare la
luoghi, e dei monumenti, come contenitori di me- memoria dei posteri sui grandi del passato. I mo-
morie, storiche o mitiche, del passato, atti alla co- numenta di ogni sorta avevano la funzione di mone-
struzione di una memoria sociale collettiva, e re, cioè di ammonire, nel senso di richiamare alla
quindi finalizzata a rafforzare l’identità comunita- mente qualcosa (ad esempio le illustri imprese de-
ria, e viceversa?14 In età tardo-repubblicana – è Ci- gli uomini del passato), e di far pensare20. Essi non
cerone stesso ad affermarlo – le due “memorie” valevano di per sé, ma solo come strumento di me-
sembrano sovrapporsi, ma senza coincidere con moria: come dice Varrone, monumenta sono quan-
precisione; né potrebbe essere altrimenti, visto che to è scritto o realizzato memoriae causa21, o, secon-
le loro funzioni non sono affatto convergenti. Sof- do Festo, quel che è fatto in memoria di qualcuno,
fermandoci in questa sede solo sulla memoria col- come i fana, i porticati, gli scritti e le poesie oltre
lettiva – quindi in primo luogo sui monumenti e che, ovviamente, gli edifici funerari22. In tutta l’o-
sui paesaggi, tenendo comunque a mente che i pera di Cicerone i monumenta – che possono essere
“luoghi della memoria” non sono solo spazi fisici, perciò edifici pubblici o privati, strutture funera-
ma anche cerimonie come i trionfi e le feste pub- rie, complessi di opere d’arte e, ancor meglio, i te-
bliche (ad esempio le processioni dove, meglio che sti scritti, considerati più duraturi della pietra –
in altri casi, si osserva il meccanismo di volontaria assumono un’importanza capitale quali strumenti
cancellazione di passate memorie, come avvenne capaci di risvegliare il ricordo degli uomini illustri
nel caso dei cristiani che deliberatamente sovrap- del passato. Da Omero in poi, per i greci come per
posero alle processioni pagane, e lungo lo stesso i romani, era in primo luogo la celebrazione lette-
tragitto, le processioni destinate ai santi e ai marti- raria ad essere considerata la vera garanzia di im-
ri della nuova religione)15, commemorazioni, bat- mortalità, il modo migliore per ascendere agli
taglie e testi scritti16 –, la storia più antica può es- astri, in quanto, sola, riusciva a preservare la me-
sere attualizzata, e anche manipolata, trascurando moria delle azioni eroiche. Il motivo, di ascenden-
volutamente le differenze tra passato e presente, za pindarica, della gloria assicurata agli uomini di
deformando secondo un’ottica aggiornata i reali valore dai poeti23, si era diffuso a Roma con En-
intenti degli uomini che quei luoghi avevano fre- nio24, ben prima di approdare nei famosi versi ora-
quentato, o che avevano edificato quei monumen- ziani che dichiarano la supremazia del canto poeti-
ti17. Ciò avviene perché la tradizione è continua- co sui monumenti, anche i più sontuosi: “Non
mente soggetta a modificazione, se non a una co- marmi incisi con pubbliche iscrizioni, / per cui
struzione ex novo. Eric Hobsbawn aveva da tempo dopo la morte ritorna animo / e vita ai prodi con-
osservato che “le tradizioni che ci appaiono, o si dottieri, … / … proclamano le lodi / più splendida-
pretendono, antiche hanno spesso un’origine piut- mente delle calabre Muse; / se tacciono le carte
tosto recente, e talvolta sono inventate di sana non avrai / compenso alle tue imprese …”25. Ben
pianta”18. Si potrebbe discutere se i dati trasmessi cosciente del valore della poesia Cicerone, seguen-
come tradizionali siano solo adattati a nuovi scopi, do l’esempio di Marcus Fulvius Nobilior che aveva
in risposta a situazioni che hanno uno scarso rap- voluto Ennio al suo fianco durante la campagna
porto con il passato, oppure totalmente inventati: etolica perché cantasse le sue gesta, lodò Archia
resta comunque di base una manipolazione o come un nuovo Ennio, in quanto il poeta si era
un’invenzione di sana pianta19. Al di là delle spe- proposto di scrivere un poema sulle sue gesta du-
ranze personali di memoria eterna – e forse anche rante il consolato26. Cicerone credeva insomma
14
Sugli aspetti culturali della memoria nel mondo romano, e ria, già avanzata da Mommsen 18888, p. 216 (“… Göttin der Erin-
senza pretesa di completezza, v.: Wiseman 1986, p. 87 ss.; Hölke- nerung”), da E. Marbach, in RE, xvi, 1933, s.v. Moneta, col. 119,
skamp 1987; Carruthers 1998, p. 7 ss.; Hölscher 2001, p. 183 e più recentemente da Radke 1965, p. 221 ss., è stata sviluppata
ss.; Hölkeskamp 2001, p. 97 ss.; Citroni 2003; Morstein-Marx in Meadows–Williams 2001, p. 27 ss., e in Miano 2011, p. 71 ss.
2004; Walter 2004; Gowing 2005; Hölkeskamp 2006, p. 478 ss.; (Daniele Miano connette il fenomeno, come ho già ricordato, con
Hölkeskamp–Stein-Hölkeskamp 2006; Montanari 2009; Mia- le vicende storiche di iv secolo a.C.).
no 2011, spec. pp. 33 ss., 45 ss. 21
Varr., l.L., 6, 49 (dove, come avverte P. Flobert [Flobert
15
Carruthers 1998, p. 46 ss. 1985, p. 128], si collega moneo e memini al termine memoria).
16
Nora 1984-1993; Nora 1989, p. 7 ss. 22
Paul. Fest., p. 123 L., s.v. Monimentum.
17
Assman 1997. 23
La Penna 1983, 149.
18
Hobsbawn–Ranger 1983, 1 ss. 24
Il motivo dell’immortalità ottenuta tramite il canto dei poeti,
19
Hobsbawn–Ranger 1983; Dench 2005, p. 15. È significati- oltre che tramite statuae e sepulcra, svolgeva un ruolo fondamentale
vo, a tal proposito, l’esempio proposto da Andrew Wallace-Hadrill nel xvi libro degli Annales (410-413 Vahlen2).
(Wallace-Hadrill 2008, p. 217). La distinzione dei clan scozzesi 25
Il motivo, che ha uno dei suoi punti di forza nei celeberrimi
in base alla trama e al colore dei loro kilt sembra autenticamente versi dell’ode 30 del terzo libro (“Exegi monumentum aere perennius
ancestrale, ed è sconcertante scoprire che si tratta di un’invenzio- / regalique situ pyramidum altius / …”, ritorna nelle odi 8 e 9 del iv
ne moderna. libro (la citazione nel testo è tratta dai versi 13-22 dell’ode 8).
20
L’idea che Iuno Moneta fosse stata anche una dea della memo- 26
Narducci 1997, p. 14 ss.
27
Kardos 2004, p. 89 ss. 33
Corn. Nep., Att., 20, 3; Liv., 1, 10, 4-7; 4, 20, 5-7; Dion.
28
Cancik 1985, p. 260. Hal., 2, 34, 4; Res gest. div. Aug., 19, 2, app. 2; Fest., p. 189 L.;
29
V. nota 16. Prop., 4, 10. V. LTUR, iii, 1996, p. 135 s., s.v. Iuppiter Feretri-
30
Sul significato di monumentum: Thes. Ling. Lat., 8, 1460 ss. us, aedes (F. Coarelli). L’illustrazione a fig. 3 è tratta dal cele-
Sul monumentum (anche testuale) come res, cioè come documento bre denario di Publius Cornelius Lentulus Marcellinus, del 50 a.C.
incorruttibile, ma pur sempre soggetto a interpretazioni (intentio- (Crawford 1974, n. 439, 1), che raffigura il suo antenato Marco
nes) personali: Miles 1995, p. 16 ss.; Carruthers 1998, p. 29 ss.; Claudio Marcello mentre introduce nel tempio di Giove Feretrio
Miano 2011, p. 57 s. gli spolia opima del re gallo Viridomarus da lui stesso ucciso in un
31
Wiseman 1986, p. 87 (= Wiseman 1994, p. 37 s.); Kraus– combattimento corpo a corpo a Clastidium (222 a.C.). Il tempio
Woodman 1997, p. 55 s.; Chaplin 2000, Miano 2011, p. 45 ss. riprodotto nella moneta deve essere appunto quello poi restaura-
32
Cic., Tusc., 5, 64-66. to da Ottaviano.
aveva destato alcun interesse per gli uomini politi- erano il risultato di imprudenti congetture, se non
ci dell’epoca; ci volle il suggerimento di un uomo di interpolazioni o di invenzioni. Tutto era finaliz-
colto, attento alla preservazione della memoria zato ad una causa più alta, la vittoria del cristiane-
storica, perché Ottaviano procedesse, non, tutta- simo sul paganesimo. Tornando per un momento
via, ad un restauro filologico, bensì ad un presso- al De finibus, ed esaminandolo secondo un’ottica
ché totale rifacimento del primitivo edificio del leggermente diversa, nel dialogo che si svolge tra i
quale, come testimonia Dionigi di Alicarnasso, re- giovani romani nell’Accademia ateniese si potreb-
stò visibile solo l’antica traccia: forse l’orienta- be percepire anche il sintomo dell’affermazione di
mento e la misura esigua di quindici piedi. Per una nuova visione culturale, basata per certi aspet-
quelle antinomie, però, non infrequenti nei tor- ti su una diversa concezione del passato. Fino ai
tuosi percorsi della storia, l’affioramento nella co- primi decenni della tarda repubblica, nella fase
scienza collettiva dei romani di questo particolare della conquista dell’oriente mediterraneo, la pre-
aspetto della memoria è venuto alla ribalta in con- servazione delle architetture – fatto di per sé raro
trasto con la realtà dell’epoca – anzi di tutto il – non era basata tanto sul desiderio di serbare la
mondo antico e di buona parte del mondo moder- memoria dei grandi uomini che le avevano fre-
no, fino all’affermazione dello storicismo – che quentate, quanto di non irritare gli dei in nome
procedeva, al contrario, a radicali trasformazioni della religione atavica. Per questo motivo, non era
urbanistiche ed a brutali demolizioni, con un tota- permesso cancellare il ricordo di coloro che le ave-
le disinteresse per le qualità formali dei monu- vano costruite, di solito come scioglimento di un
menti, in nome non tanto di un preteso soggettivi- voto, e trasformate in monumento alla gloria per-
smo dei valori artistici (quanti capolavori di età sonale: ma la struttura in sé sembrava avere per i
gotica sono stati sacrificati durante il rinascimento romani poco o nullo interesse, perlomeno sotto il
e l’età barocca!), bensì delle mutate esigenze socia- profilo estetico. Ad esempio, non v’è, nel recupero
li che sottendono di solito superiori interessi eco- della tomba di Archimede da parte di Cicerone o
nomici e politici. Tuttavia nessun magistrato pri- del tempio di Giove Feretrio da parte di Ottavia-
ma di Cesare pose in discussione la sacralità “sim- no, il desiderio di rendere apprezzabile ad un più
bolica” del paesaggio. Quel che interessava era la vasto pubblico lo specifico monumento in sé, ma
sopravvivenza del locus memoriae malgrado la sua di ricordare azioni e uomini di cui si rischiava la
profonda e talora totale trasformazione fisica. L’e- perdita di memoria. D’altronde il sepolcro di Ar-
dificio può aiutare a ricordare, ma non è “la me- chimede non doveva essere di particolare spicco, e
moria”34. Anche dopo la sua scomparsa, in deter- il tempio di Giove Feretrio fu quasi totalmente ri-
minati casi esso sopravvive nella mente degli indi- fatto: il monumentum valeva come contenitore sim-
vidui nel ruolo di “luogo comune”, e in quanto tale bolico di memoria collettiva. Questo aspetto del
stimola il ricordo di specifiche immagini. Il caso problema merita un’analisi più precisa.
dei monumenti di Gerusalemme, malgrado la loro
totale cancellazione da parte di Adriano con la fon-
dazione di Hadrianopolis (132 d.C.), è emblemati- Valore politico della memoria collettiva
co. Ai pellegrini si continuavano a mostrare i loro
siti, veri o presunti, anche se, a distanza di tempo, Nella tarda repubblica si enfatizzarono, quin-
più o meno volutamente, l’importanza simbolica di, le virtù morali e politiche degli antenati, e si
del luogo prevaleva al punto da spingere a vere e instaurò il mito di un passato tanto migliore ri-
proprie contaminazioni spaziali tra Antico e Nuo- spetto al presente, in nome di un’identità roma-
vo Testamento (ad esempio, la pietra sulla quale na che l’imperialismo e la trasformazione dei co-
Abramo era in procinto di sacrificare Isacco collo- stumi avrebbero messo in serio pericolo36. Si
cata a poca distanza dal punto in cui era stata eret- procedette inoltre alla revisione a posteriori di un
ta la croce di Cristo)35. D’altronde i pellegrini an- sistema culturale alto- e medio-repubblicano,
davano a Gerusalemme per rafforzare, alla vista organico al potere costituito, che Roma non ave-
dei loci, le loro conoscenze dei testi sacri, e quindi va mai effettivamente avuto. Mutando sensibil-
per orientarsi meglio nella loro lettura. Le imma- mente la reale configurazione del loro passato, i
gini (la grotta dove era nato Gesù, il Golgota, il romani tentarono di porre rimedio, con l’ausilio
sepolcro nel quale Cristo era stato sepolto) erano di quello schema precostituito, ai mutamenti
quindi costruite a priori e si riaccendevano nella della società e all’erosione dei poteri della classe
mente alla vista dei luoghi: e poco male se i luoghi, senatoria. L’élite dominante ha sperato, per un
spesso riconosciuti in base a quelle medesime let- limitato periodo prima del sopraggiungere della
ture ed a pochi altri indizi non sempre fededegni, rivoluzione augustea, di stabilizzare il proprio
34
Carruthers 1998, p. 42. 36
Wallace-Hadrill 2008, p. 213 ss.
35
Carruthers 1998, p. 42 s.
potere e di arrestare il collasso delle istituzioni di recuperarne alcuni perduti. Certo, nelle aspre
con un controllo capillare del sapere sociale at- lotte politiche dopo il secondo conflitto cartagi-
traverso una soluzione che appare essere, per nese si era talvolta cercato di far leva sui costumi
certi versi, una vera e propria mistificazione del romani atavici come arma contro l’invasivo filel-
passato: d’altronde, come ho già detto, la tradi- lenismo che sembrava porre in ombra il passato
zione è soggetta per sua natura alla manipolazio- autenticamente romano39, ma si era trattato di
ne, o meglio, all’invenzione37. I monumenta, o interventi frammentari, non idonei a costruire
quanto restava di essi, per lo più solo il luogo, un’immagine a tutto tondo di una Roma “idea-
ottemperarono così alla funzione di rafforzare il le”, come avvenne a partire dai decenni centrali
concetto identitario, ormai in crisi, della romani- del i secolo a.C. Solo allora i romani furono abili
tà. Questa nuova visione di Roma non impedì ad impostare una nuova concezione della città,
certo a Silla di demolire la curia Hostilia per co- ed a rappresentarsi il suo tessuto urbano e i suoi
struirla più grande di prima (non è dato sapere edifici pari per dignità a tale visione, conferendo
con certezza se nella stessa sede, come ritengo nello stesso tempo ai suoi monumenti un valore
più verosimile, o in un’area limitrofa e con diver- di memoria pari, se non superiore, a quello dei
so orientamento)38, né in seguito impedì ad Au- gloriosi edifici ateniesi che effettivamente parte-
gusto di intervenire sugli antichi edifici pubblici cipavano della grandezza di Atene per magnifi-
e sacri della città secondo modi che solo con un cenza e qualità estetica. Il vagheggiamento idea-
eufemismo possono essere considerati restauri. listico di tale posizione non ha però neutralizzato
Non interessava evidentemente la morfologia l’intervento dei magistrati della tarda repubblica
delle antiche strutture fatiscenti, bensì, molto di o degli imperatori che, pur con differenti “di-
più, la preservazione della loro memoria storica: stinguo”, pur mantenendo più o meno fedel-
nessuna traccia di restauro filologico o archeolo- mente memoria dei loci e degli spazi, demolirono
gico, ma conservazione dei monumenti ricostru- drasticamente i monumenti del passato rico-
iti con un linguaggio architettonico aggiornato struendoli secondo il gusto dell’epoca. Si ha, in-
nei loro siti originari, e forse qualche elemento somma, l’impressione che i colti romani dell’età
della loro storia religiosa e/o evenemenziale: di tardo-repubblicana privilegiassero l’idea delle
solito le statue di culto, oppure qualche elemento glorie del passato, e per converso l’idea dei luo-
strutturale o decorativo. Insomma, quel che in- ghi e dell’ambiente entro i quali si erano svolti
teressava, come d’altronde sembra desumersi gli eventi che avevano reso la città padrona del
dalle parole stesse di Cicerone, erano i luoghi Mediterraneo, non i monumenti di per sé e nep-
sotto il profilo simbolico, non i monumenti in sé. pure la reale conformazione urbanistica di Roma,
Così Ottaviano poté procedere al rifacimento del che avrebbe dovuto essere elemento basilare nel-
tempio di Giove Feretrio. Questa è una delle la logica della preservazione del paesaggio: la sua
tante incoerenze nelle quali sono caduti i romani vera bellezza non era assoggettata alla bellezza
della tarda repubblica e del primo impero. Nel del suo tessuto urbano né delle sue componenti
riorganizzare la loro tradizione storica, essi han- artistiche e monumentali, quanto alla sacralità
no reinventato il loro passato secondo una visio- dei suoi luoghi, ed alla sua immagine come sim-
ne basata su concetti di alto valore etico, non bolo di potere politico. Eppure solo personaggi
sappiamo fino a qual punto rispondenti al vero, del calibro di Cesare o di Nerone ebbero, forse, il
ed hanno perfezionato il concetto di Roma come coraggio di eliminare dal panorama cittadino
paesaggio sacro della memoria. Il fatto interes- tratti consistenti della Roma vetus, nel tentativo
sante è che i romani non ebbero bisogno di crea- di regolarizzarne, dove possibile, il tessuto urba-
re nuovi spazi per questo paesaggio dando loro no con la costruzione di nuovi ed imponenti edi-
un immaginario carisma di antichità. Spazi e fici secondo più innovativi e rivoluzionari pro-
luoghi preesistevano nella memoria sociale e re- getti urbanistici. Si diceva che Cesare, nell’im-
ligiosa, anche se con differenti gradi di impor- porre il suo marchio alla città con nuove leggi,
tanza rispetto al passato, e quindi essi non dovet- con programmi edilizi e con l’allargamento del
tero impegnarsi a inventarne molti altri: semmai pomerio, volesse imitare Silla40, ma i dati a no-
37
V. nota 17. 39
Il processo di ellenizzazione in realtà non ha mai posto in se-
38
Secoli dopo anche la tomba di Silla (LTUR, iv, 1999, p. 286, rio pericolo l’identità romana. Come ha osservato Andrew Wal-
s.v. Sepulcrum: L. Cornelius Sulla [E. La Rocca]), come in prece- lace-Hadrill, tra ellenizzazione e romanizzazione c’è stato nel tempo
denza quella di Archimede, fu preda di una simile perdita di me- un processo di scambi culturali non separabile, ma interdipendente
moria. Definita mnemeion da Cassio Dione (Cass. Dio, 78 [77], 13, (Wallace-Hadrill 2008, p. 26). Né romani né greci persero la pro-
7) e tumulus da Lucano (Fars., 2, 222), e collocata in medio Campo, pria matrice, ma il fenomeno di ellenizzazione e di romanizzazione
se ne erano perdute le tracce finché, ritrovata dall’imperatore Ca- nel bacino mediterraneo proseguì come “interrelated aspects of the
racalla, fu restaurata. I sepolcri da soli, contrariamente a quanto same phenomenon”.
supponeva Foscolo, non erano sufficienti a serbare il ricordo dei 40
Cass. Dio, 43, 50, 1. Su questa sorta di imitazione di Silla:
grandi uomini. Giardina 2010, 31 ss.
4. Piantina schematica degli scavi compiuti nell’area dell’aula Regia del teatro di Marcello (da Ciancio Rossetto 1994-1995).
stra disposizione dimostrano che i suoi interven- re e poi di Nerone, poco ligio agli schemi politici
ti, anche se parzialmente abortiti, sarebbero stati codificati, portò ambedue alla rovina prima che i
ben più audaci rispetto alle operazioni effettuate loro ambiziosi disegni divenissero realtà. Cesare,
da Silla e, a ben vedere, anche rispetto a quelle secondo le fonti, distrusse alcuni templi41 a favo-
successive di Augusto, i quali non vollero stra- re della realizzazione del teatro che avrebbe pre-
volgere l’assetto originario del centro storico in so il nome da Marcello, il nipote di Augusto42, e
modo impietoso e non aderente ai tabù religiosi. per tale motivo fu biasimato. Tra di essi si anno-
Costoro, per quanto si sappia, non demolirono vera il tempio di Pietas, già allineato ai tre templi
un solo edificio inaugurato secondo le tradizio- del foro Olitorio, di cui recenti scavi hanno posto
nali formule sacrali senza che fosse ricostruito in luce le fondamenta sotto l’aula regia del teatro
nel medesimo luogo. Il comportamento di Cesa- (fig. 4)43; non sappiamo, però (e le fonti non lo
41
Cass. Dio, 43, 49, 3. Nel medesimo brano si dice che Cesare con “un’inclinazione progressiva dei piani di posa delle assise dei
avrebbe distrutto persino alcuni agalmata di legno, probabilmente blocchi soprastanti la ghiera in conci”, teorizzata definitivamente
statue cultuali di notevole antichità. solo in età barocca, con un trattato dell’architetto spagnolo Gio-
42
Probabilmente proprio del tempio di Pietas sono state rinve- vanni Caramuel (1678), dall’altro hanno suggerito che una mor-
nute le fondazioni, sotto l’aula regia del teatro di Marcello, paral- fologia a portici colonnati sul modello delle vie di età ellenistica si
lele ai tre templi del foro Olitorio: Ciancio Rossetto 1994-1995, sarebbe adattata meglio al gusto di Nerone. Ne è scaturita l’ipotesi
p. 197 ss. di porticati ad un solo piano (il raddoppio dovrebbe essere attribu-
43
LTUR, iv, 1999, p. 86, s.v. Pietas, aedes in foro Holitorio / in ito ad un intervento di età flavia), che avrebbero superato i disli-
Circo Flaminio (P. Ciancio Rossetto). velli del terreno con una soluzione a setti affiancati (Medri 1996,
44
Dopo la prima ipotesi ricostruttiva di Esther B. Van Deman p. 170 ss., fig. 156). Ma i più recenti scavi lungo le pendici orientali
(Van Deman 1925, p. 115 ss., tavv. 61-64) con porticati ad arcate del Palatino, che hanno condotto al recupero di alcuni elementi
rampanti a due piani, che superavano il dislivello del terreno con architettonici pertinenti ai porticati lungo il tracciato viario tra la
strutture voltate ed imposte oblique (l’ipotesi è stata riconfermata meta sudans e il luogo dove in seguito sarebbe stato eretto l’arco di
da Carandini–Bruno–Fraioli 2011, p. 144 s., spec. figg. 1-2, 5, in Tito, hanno permesso di respingere la proposta della via colonna-
una duplice variante, ad uno o due piani), le seguenti proposte da ta a favore di portici ad arcate e pilastri cui erano applicate lesene
un lato hanno respinto la possibilità che nel mondo romano fosse corinzie rudentate, e con coperture a crociera (Ferrandes 2006, p.
stata inventata la soluzione architettonica dell’obliquità in elevato, 37 ss.; Panella 2011, p. 162 ss.). La forte pendenza del terreno era
5. Veduta ricostruttiva tridimensionale degli edifici della domus Aurea. In primo piano, in basso a sinistra, la regolarizzazione della via Sacra
con la costruzione di ampi porticati laterali che, nelle intenzioni dell’imperatore, avrebbero dovuto obliterare tutti gli edifici preesistenti alle
pendici del Palatino e della Velia. La strada conduce all’ingresso monumentale della domus con il Colosso, alle cui spalle si vede lo stagnum,
nell’area in seguito occupata dal Colosseo (da Viscogliosi 2011).
dicono), se la demolizione fosse totale, o se il cul- Roma arcaica e repubblicana (fig. 5). Nerone, per
to fosse stato trasferito in altri edifici sacri dell’a- raggiungere il suo scopo, non si peritò di demo-
rea. L’intervento di Nerone nel cuore politico lire, come suppone Andrea Carandini, la domus
della città dopo il devastante incendio del 64 d.C. attribuita al rex sacrorum e il tempio dei Lari45.
fu ancor più radicale. Per l’accesso sontuoso dal Furono sacrificati al nuovo impianto ortogonale
foro Romano alla sua domus Aurea, l’imperatore anche la domus presso le curiae Veteres, da identi-
trasformò drasticamente l’immagine delle pen- ficare probabilmente con la casa ad capita Bubu-
dici del Palatino verso la Velia. Il tratto superio- la dove nacque Augusto, già trasformata in sa-
re della via Sacra fu rettificato, e vi si affiancaro- crarium, l’edificio a facciata tetrastila costruito
no porticati, mai condotti a termine per la morte dall’imperatore Claudio, nel quale si tendono a
dell’imperatore44, che obliterarono interamente riconoscere le curiae Veteres, un tempio arcaico
– talora definitivamente, anche se i recenti scavi del quale sono stati rinvenuti solo i depositi voti-
offrono un quadro almeno in apparenza meno vi nelle fondazioni dei porticati neroniani46. La
radicale – alcuni fondamentali monumenti della sorte finale di queste strutture non è al momento
controbilanciata dalla loro divisione a sezioni separate e, all’interno 1-2, potevano essere adibite ad horrea o mercati da affittare a di-
di ogni sezione, per mantenere orizzontale la trabeazione, dall’in- versi mercanti secondo spazi distinti di 25 mq circa. L’effetto d’in-
nalzamento progressivo dei pilastri, che aveva come conseguenza sieme della via Sacra in età neroniana è offerto dagli ottimi disegni
architettonica (in verità non del tutto riuscita) l’elevazione del plin- ricostruttivi in Viscogliosi 2011, 158, figg. 1-2.
to di supporto delle lesene (Panella 2011, p. 162 s., spec. figg. 1-3, 45
Palmer 1978-1980, p. 111 ss.; Coarelli 1983, p. 34 s.; LTUR,
5, 8-9). La ricostruzione suggerita è in molti aspetti simile a quella iii, 1996, p. 174, s.v. Lares, aedes (F. Coarelli); Carandini 2007,
già avanzata da E. B. Van Deman, ma senza la pesante cornice ad pp. 63, 70, figg. 32, 35, 37, 39-40, 43-47; D. Filippi, in Arvanitis
attico e, venendo meno l’obliquità dei portici rampanti, senza la 2010, p. 23 ss., figg. 4, 5.
sgradevole impostazione degli archi a livelli differenti. È possibile 46
Deposito votivo: Zeggio 1996, p. 95 ss. Area sacra con le cu-
che, come suggerisce Esther Van Deman, anche i porticati nero- riae Veteres: Panella 1996, p. 27 ss., spec. 55 ss. (con fig. 57). Per
niani della via Sacra fossero affiancati da vaste aule pilastrate che, l’obliterazione delle curiae dopo l’incendio del 64 d.C.: Panella
come confermano Carandini–Bruno–Fraioli 2011, p. 144, figg. 1996, p. 69 s.
47
Favro 1996, p. 79 ss. 52
Plin., Nat. hist., 36, 42. Il testo di Plinio non è perfettamente
48
Favro 1996, p. 232 ss. chiaro, e quindi non è facile stabilire se lo scrittore ritenga Sauras
49
La Rocca 1987, p. 347 ss. e Batrachos artefici dei templi dell’età di Metello (in tal caso essi
50
LTUR, iv, 1999, p. 130 ss., s.v. Porticus Metelli (A. Viscoglio- avrebbero ricostruito il tempio di Giunone Regina e realizzato il
si); 141 ss., s.v. Porticus Octaviae (A. Viscogliosi). tempio di Giove Statore in base ai disegni di Hermodoros), o di
51
LTUR, iii, 1996, p. 157 ss., s.v. Iuppiter Stator, aedes ad Cir- quelli dell’età di Augusto. Optano decisamente per la prima ipo-
cum (A. Viscogliosi); Gros 1996, p. 128; Coarelli 1997, p. 488 ss.; tesi: Gwyn Morgan 1971, p. 491 ss.; Corso 1988, p. 601 s., nota
Stamper 2005, p. 53 ss.; La Rocca 2011, p. 9 ss. 42, 2.
7. Veduta ricostruttiva dell’abside nord-occidentale del foro di Augusto. Nell’edicola principale, al centro, il gruppo raffigurante Enea che
porta in salvo il padre Anchise e il figlio Iulo-Ascanio. Nelle altre edicole, le statue dei summi viri, verosimilmente i re di Alba e i membri della
gens Iulia (disegno InkLink).
esattamente così. È intervenuta piuttosto una re- tenuazione dei risvolti politici ritenuti fuorvianti
visione della memoria storica, finalizzata ormai, nel nuovo assetto, era diventato un exemplum vir-
secondo una mirata concatenazione di cause ed tutis, partecipe di uno svolgimento progressivo
effetti, alla gloria del nuovo fondatore della città, della storia che conduceva alla felicitas del tempo
quasi che tutte le vicende romane, dalle origini in presente, sotto la guida del principe discendente
poi, fossero state condizionate alla nascita dell’uo- da Enea. Quale colpo di teatro doveva essere ve-
mo della provvidenza, il solo capace, dopo decen- dere insieme coloro che avevano fatto Roma gran-
ni di aspre e sanguinose guerre civili, di pacificare de e potente, perfettamente allineati e “omologa-
l’impero e di ritessere le fila di una nuova età ti”, con il loro ruolo pianificato e, per molti versi,
dell’oro. La memoria collettiva, perciò, non avreb- de-individualizzato con abile sapienza, in quanto
be potuto più basarsi sui singoli monumenta, ma co-protagonisti di una storia che il fato aveva vo-
sulla ricostruzione personalizzata della storia ro- luto si compisse con Augusto. Il magnifico gioco
mana secondo un ordine rigoroso e attentamente di allusioni sarebbe stato riproposto con attori in
programmato, e proprio per questo motivo ricali- carne ed ossa che impersonavano i summi viri in
brata con il supporto di pochi monumenta scelti. Il occasione dei funerali del principe53. La scultura e
foro di Augusto divenne il nucleo fondante del si- la pittura, tanto più valorizzate come fenomeno
stema, dove i summi viri furono rappresentati in artistico rispetto all’architettura, erano anch’esse
sequenza temporale, ognuno con il proprio elo- sottomesse alla medesima mentalità di inadeguato
gium, come membri di un canto corale destinato a o nullo rigore critico. Si dice che Caligola volesse
glorificare la grandezza e l’eternità di Roma (fig. trasferire a Roma lo Zeus di Olimpia mutandone
7). Ognuno di loro, con una sapiente cancellazio- le fattezze del volto con le sue54. Claudio fece per
ne dei lati oscuri della loro personalità e con un’at- davvero qualcosa di simile, sebbene non in suo fa-
53
Papini 2008, p. 90 ss. nel suo foro una statua equestre di Alessandro Magno in groppa a
54
Suet., Gaius, 2, 2. V. Cass. Dio, 59, 28, 3. Ci sarebbe, a tal pro- Bucefalo, opera di Lisippo, facendo sostituire la testa del macedo-
posito, il precedente di Cesare. Sembra che il dittatore avesse posto ne con la sua (Stat., Silv. 1, 1, 84-90. V. anche Suet., Caes., 61, 1;
vore e non in simile entità: si permise di cancel- pi basilari sui quali è impostato il ragionamento
lare le fattezze del volto di Alessandro nei due vitruviano61, gli onnipresenti concetti di ordina-
dipinti di Apelle conservati nel foro di Augusto, tio (in greco taxis, la ricerca di un’unità organica
mutandole con quelle di Augusto55. Nerone, poi, basata sulla symmetria62, ottenuta attraverso la
apprezzava talmente un bronzo di Lisippo raffi- commensurabilità delle parti differenti tra loro, e
gurante Alessandro fanciullo che decise di farlo di ciascuna d’esse con il tutto), di dispositio (in
dorare; e poiché la costosa coltre aurea aveva an- greco diathesis, l’organizzazione delle compo-
nullato la qualità artistica dell’opera, si decise in nenti e i modi di ripartizione dei volumi, aventi
seguito di sottoporla ad un restauro che la rese come risultato eleganza ed armonia, secondo la
ancora più preziosa, in quanto vi restarono visi- nozione di eurythmia)63 e principalmente di decor
bili le cicatrici e i graffi destinati a far aderire l’o- (l’idea che la forma di un’opera d’arte debba es-
ro alla superficie56. sere appropriata alla sua funzione e alla sua loca-
lizzazione ambientale)64, sono sì derivati, come
tanti altri, dallo stile retorico e dalla critica lette-
La bellezza di Roma e la (debole) memoria dei raria, ma recuperati mescolando in modo sog-
monumenti gettivo più fonti, e quindi senza alcun riconosci-
bile riferimento ad uno specifico canone. Vitru-
Ma da cosa nasce questo scarso interesse per il vio sembra essere, ad esempio, in sintonia con
monumento in sé a favore del monumento, o Policleto nel considerare la symmetria (la com-
meglio del luogo, come simbolo e memoria di un mensurabilità matematica di tutte le componenti
glorioso passato? e qual era l’effettiva visione di un’opera complessa per il tramite di un’unità
estetica dei romani nel campo dell’urbanistica e modulare con i suoi multipli e sottomultipli)
dell’architettura? Per quanto possiamo giudicare come vettore della bellezza artistica65. Il concetto
in base ai pochi dati superstiti, i grandi monu- di symmetria, però, non resta congelato nei limiti
menti dell’architettura antica non erano stati in- dell’esperienza classica; si evolve nel tempo, e di
seriti in uno o più canoni secondo le regole adot- esso sono partecipi, con differenti schemi modu-
tate per la scultura e la pittura. Né sembra che i lari e matematici, altri artisti, tra cui, alle soglie
canoni delle arti figurative aggiornati dai grandi dell’età ellenistica, Lisippo66. In realtà, contra-
filosofi della Stoà di Mezzo – prima Panezio, poi riamente ai canoni artistici, la visione teorica di
Posidonio, il cui metro di giudizio non si basò Vitruvio non privilegia affatto la fase architetto-
sulle acquisizioni a carattere tecnico, e quindi su nica classica. Nel suo trattato i monumenti presi
una sempre più organica imitazione del vero, ma nella massima considerazione sono quelli attri-
sulla capacità degli artisti di superare la mimesis buiti a Pytheos e a Hermogenes, quindi pertinenti
“vedendo” con la phantasia, cioè per immagina- alla fase ellenistica, tra la fine del iv e la metà del
zione creativa (o, se si vuole, per intuizione), una ii secolo a.C. Sono architetture delle quali lo
realtà superiore, non percepibile dai sensi57 – ab- scrittore decanta le straordinarie qualità formali,
biano influenzato le discipline dell’architettura che sembrano rientrare perfettamente nei suoi
in modo organico e duraturo. Tantomeno si ven- principi di symmetria, di eurythmia e di decor.
ne mai a costituire un canone dell’architettura Malgrado ciò, né questi, né i meno apprezzati
secondo criteri morali58. Vitruvio, pur dipenden- monumenti dell’età classica sono da lui inseriti
do da molti trattati greci sull’architettura59, li ha entro un elenco canonico, né risultano essere
adoperati in modo personale, e comunque senza espressione di valori morali universalmente ac-
avere – almeno così sembra – una conoscenza cettati. Come tutte le opere di architettura nel
specifica di determinati canoni60. Anche i princi- mondo greco e romano, la loro salvaguardia era
basata su precetti molto labili, e forse non accol- avversione – che appare in tutta la sua virulenza
ti universalmente. Il valore della curia Hostilia anche nei frammenti della sua opera, e non è
per Piso era basato sulla fama di coloro che l’ave- un’invenzione di sana pianta di età tardo-repub-
vano frequentata, non sulla sua bellezza formale. blicana71, quando si volle rafforzare l’immagine
Ed è immaginabile che questo discorso valesse idealizzata dell’uomo romano incorruttibile, fu-
per tutti i monumenti romani, ivi compreso il stigatore di costumi non consoni ai prisci mores
tempio di Giove Feretrio. Anche quando, secon- – poggiava su una differente concezione dell’e-
do la narrazione di Tito Livio, Catone, nella sua ducazione, che doveva restare essenzialmente ro-
arringa contro l’abrogazione della lex Oppia (195 mana, sebbene non priva di un calibrato apporto
a.C.), sentenziava che gli antefixa fictilia degli di elementi greci. Sotto la sferza catoniana rien-
dei romani avrebbero dovuto essere privilegiati trava anche il lusso edilizio privato72, che già in
rispetto alle sculture trasferite da Siracusa a età precoce stava penetrando a Roma modifican-
Roma, o agli ornamenta di Corinto e di Atene, done i più moderati assetti tradizionali. Fosse
tanto lodati ed ammirati, perché solo in tal modo vero o meno – si tratterebbe al massimo di un’ac-
gli dei romani avrebbero continuato ad essere centuazione enfatica a carattere politico contro
propizi alla loro città67, il suo giudizio – sempre l’eccessiva ellenizzazione dei costumi, in quanto
che l’orazione liviana sia stata costruita su mate- la documentazione è tratta dai frammenti delle
riale catoniano68 e non su clichés di età augustea69 stesse orazioni di Catone –, in questo periodo il
– non verteva né sull’atto del saccheggio di opere sovvertimento degli usi tradizionali romani era
d’arte in sé, da molti ritenuto sacrilego se le ope- pienamente in azione73. Da queste premesse, da
re d’arte raffiguravano divinità ed erano colloca- questo pencolamento tra un passato idealizzato,
te nei templi70, e neppure sulla qualità estetica in parte ricostruito in conformità a preconcetti
delle opere stesse, ma sulla loro aderenza all’au- morali, e un presente che sembrava non rispon-
tentica tradizione romana. Catone non era con- dere più al mos maiorum, nasceva anche un’im-
trario in linea di principio alle arti greche. La sua magine di Roma “astratta”, non aderente alla re-
67
Liv., 34, 4, 4-5. suoi tempi si stavano imponendo gli usi conviviali greci, come quello
68
Così Kienast 1954, p. 21 ss. (il quale supponeva che l’orazio- di banchettare sdraiati nei triclinia e non seduti nell’atrium italico, di
ne fosse stata edita per la prima volta proprio nel testo di Livio), e, predisporre molte portate, di ornare le stanze con addobbi sontuosi e
in modo persuasivo, Letta 1984, p. 21, nota 110. Reputo difficile, di vestire vesti lussuose, di dare eccessiva importanza ai cuochi di pro-
con Letta, che parte almeno del materiale adoperato da Livio non fessione, per lo più greci, e alle delizie gastronomiche (Cato, frr. 96,
sia di matrice catoniana. 144 M. [=frr. 178, 132 Sbl. Cug.]; Ad Marcum filium, fr. 2, p. 83 J.). Si
69
Hanno avanzato dubbi a mio parere eccessivi: Pape 1975, p. 83 tratta comunque di una differenza di pochi anni. L’orazione di Cato-
ss.; Astin 1978, pp. 25 s., 173 s.; Briscoe 1981, p. 39 ss.; Sblendorio ne sulla lex Oppia è del 195 a.C.; il trionfo di Manius Acilius Glabrio
Cugusi 1982, p. 511 s.; Gruen 1992, pp. 69 s., 112 s.; Ducos 2010, p. sugli Etoli ed Antioco iii è del 190 a.C.; il trionfo di Scipione Asiatico
98 ss. Si considerano infatti i riferimenti agli ornamenta di Atene e di su Antioco iii e di Manlius Vulso sui Galati del 189 e del 186 a.C. Gla-
Corinto anacronistici rispetto alla data (195 a.C.) del discorso contro brio trasferì a Roma suppellettili regie d’argento e vesti magnifiche.
l’abrogazione della lex Oppia che aveva proibito, all’epoca della guer- Scipione e Vulso introdussero letti di bronzo, abaci e monopodia (tri-
ra annibalica, l’eccessivo lusso femminile, in quanto, secondo Plinio, clinia aerata), vasi d’argento cesellato e le celeberrime vesti attaliche
Nat. hist., 34, 34, i romani avrebbero continuato a dedicare nei loro (Østenberg 2003, p. 95 ss.). Può anche essere, insomma, che l’orazio-
templi simulacra di legno e di terracotta (e non di bronzo o di marmo) ne sia in tutto o in parte un’invenzione liviana, ma lo storico cerca di
almeno fino alla conquista dell’Asia (189 a.C.) oppure, come ipotesi adeguarsi alla mentalità catoniana nel modo più opportuno, né si ri-
alternativa ricordata da Magrit Pape, fino al trionfo di Flaminino sul- scontrano nel suo testo eccessivi anacronismi. Al contrario, alcuni dati
la Macedonia (194 a.C.). La produzione corinzia, poi, avrebbe fatto sono precisi, e di estrema verosimiglianza. Quando Catone, ad esem-
la sua comparsa a Roma con la distruzione della città nel 146 a.C., ad pio, descrive la massa di matrone che, in preda all’agitazione, blocca-
opera di Lucius Mummius. A parte che ciò non è affatto vero, visto che vano le vie della città e gli accessi al foro, tenendosi a stento lontane
già il bottino da Siracusa e da Taranto doveva essere colmo di opere da esso e dalle assemblee pubbliche, e chiedendo a gran voce che fos-
prodotte da artisti e artigiani della madrepatria, e visto che Plinio nel se abrogata la lex Oppia contro il lusso femminile, stigmatizza il loro
suo celebre brano non è così drastico sulle materie adoperate per la comportamento in quanto il motivo teorico di tale assembramento
realizzazione delle statue nei templi romani (“lignea potius aut fictilia non era quello di chiedere la restituzione dei loro uomini ostaggio dei
deorum simulacra in delubris dicata …”), mi sembra che tale lettura del cartaginesi, e neppure quello di ricevere nel modo più sfarzoso la Ma-
testo liviano (cit. a nota 67) sia viziata da preconcetti. Per la precisio- gna Mater proveniente da Pessinunte: ed era noto che l’unica eccezio-
ne, Catone parla prima dei signa trasferiti da Siracusa a Roma, e poi ne allo sfoggio di lusso era in occasione di festività religiose pubbliche
della deprecabile lode generalizzata per gli ornamenta di Corinto e di (Liv., 34, 1, 5-6; 2, 8 ss.; 3, 6). Il riferimento all’introduzione del culto
Atene. Sono due cose distinte: Catone non afferma che dai due più ce- della Magna Mater, avvenuto il 205 a.C., durante la seconda guer-
lebrati centri artistici della Grecia siano state depredate sculture come ra punica, non sembra essere, nel contesto, un’interpolazione liviana.
bottino di guerra, ma che i loro ornamenta (e con il termine si inten- 70
Miles 2008, p. 82 ss.; McGing 2010, p. 159 ss.; Williams
dono non solo statue, ma manufatti a carattere decorativo in genere) 2012, p. 281 ss.
erano particolarmente apprezzati a Roma. Come ha osservato John 71
Della Corte 1969, pp. 90 ss., 108, 113 ss.; Garbarino 1973,
Briscoe nel commento al paragrafo liviano, contatti romani con Atene p. 313 ss.; Astin 1978, p. 157 ss.; Letta 1984, p. 17 ss.; Gruen
c’erano da lungo tempo (Liv., 31, 5, 8 s.). Ambasciatori romani erano 1992, p. 52 ss., spec. p. 64 ss.; Ducos 2010, p. 96 ss. Sulle inter-
andati a Corinto e ad Atene nel 228 a.C., e Roma era stata ammessa ai pretazioni tardo-repubblicane della figura di Catone: Della Cor-
giochi istmici (Pol., 2, 12, 8; Zonar., 8, 19, 7 [con il nome del primo te 1969, spec. pp. 174 ss., 206 ss. (Catone in Cicerone e Livio);
romano vincitore]). Non c’è dubbio, inoltre, che il numero dei visi- Tränkle 1971; Astin 1978, p. 295 ss.; Hermand 2010, p. 103 ss.
tatori romani in Grecia fosse ulteriormente incrementato durante la 72
Cato, frr. 133, 174, 185 M. (= frr. 97, 218, 139 Sbl. Cug.).
seconda guerra macedonica. Non dovrebbe destare sorpresa, quindi, 73
Il dibattito sul tema del lusso è stato recentemente analizzato,
la presenza di manufatti corinzi ed ateniesi a Roma già nel primo de- con nuovi interessanti risultati, da Andrew Wallace-Hadrill (Wal-
cennio del ii secolo a.C. Lo stesso Catone, d’altronde, informa che ai lace-Hadrill 2008, p. 315 ss.).
altà dei fatti. Più volte Cicerone decanta la città si trattava di zone inedificate o perché erano di
con termini elogiativi che contengono una forte proprietà dello stato, oppure acquisite con espro-
componente retorica: “Gli dei, con il loro potere prio, le nuove strutture monumentali vi si inne-
divino, difendono i templi e le case di Roma non starono entro un tessuto eterogeneo di strade e
da lontano, come solevano fare un tempo contro vicoli stretti e sinuosi. Ogni struttura architetto-
nemici esterni, ma standoci accanto. Pregateli, nica aveva una sua indipendenza, che non si cu-
Quiriti, adorateli e implorateli perché protegga- rava dell’assetto urbanistico, neppure di quello
no dal crimine scellerato dei cittadini più abietti limitrofo. Quale differenza con le nuove capitali
questa città, che hanno voluto la più bella, rigo- dei regni ellenistici, fondate sulla base di elegan-
gliosa e potente, oggi che tutti gli eserciti nemici, ti impianti ortogonali derivati all’insegnamento
per terra e per mare, sono stati schiacciati”74. Pur di Ippodamo di Mileto! Strabone, un greco d’A-
disonorata dalla presenza di cittadini non degni sia Minore, si è sforzato di comprendere le pecu-
della sua grande tradizione, la città era stata pla- liarità di Roma80: “…la sua posizione è dovuta
smata dagli dei stessi perché fosse, al culmine più alla necessità che ad una scelta … Neppure
della sua potenza, bella, rigogliosa e potente. quelli che in seguito continuarono a costruire al-
Che fosse rigogliosa e potente non c’è alcun dub- tre parti della città furono liberi di migliorare la
bio: ma era anche bella?75 C’è da dubitare sull’ef- situazione, ma dovettero assoggettarsi alle con-
fettiva qualità estetica della Roma tardo-repub- dizioni preesistenti … Mentre infatti i greci rite-
blicana, non tanto perché non corrispondeva nevano di aver raggiunto il loro massimo scopo
all’immagine tanto ammirata delle grandi capi- con la fondazione delle città, perché si erano pre-
tali d’oriente, di Alessandria, di Pergamo, di An- occupati della loro bellezza, della sicurezza, dei
tiochia, ma perché l’intervento di quei magistra- porti e delle risorse naturali del paese, i romani
ti che, a seguito dei trionfi, avevano adornato la hanno pensato soprattutto a ciò che quelli aveva-
città con magnifici monumenti pubblici, non era no trascurato: a pavimentare vie, a incanalare ac-
stato capace di rinnovarne a fondo l’impianto ur- que, a costruire fogne che potessero evacuare nel
banistico76. Le nuove strutture semplicemente si Tevere tutti i rifiuti della città … Si potrebbe
erano sovrapposte al preesistente tessuto, entro dire che i primi romani hanno tenuto in poco
strade sinuose, irregolari e anguste. Quanto pos- conto la bellezza di Roma, volti ad obiettivi im-
siamo immaginare della città tardo-repubblicana portanti e necessari …”81. La descrizione di Stra-
prima di Augusto è rivelato dai monumenti su- bone è selettiva. Della città gli interessano le
perstiti e dalle fonti letterarie. Roma era diventa- mura, la funzione del Tevere come via di naviga-
ta nel ii secolo a.C. capitale di un impero, ma del zione e di commercio fluviale, cave, foreste e cor-
tutto impreparata sotto il profilo urbanistico, ri- si d’acqua; poi, le infrastrutture, frutto di capa-
sultato, a quanto pare, di numerosi interventi su cità tutte romane. Come giustamente ha osserva-
un nucleo magmatico venutosi a costituire sulle to Filippo Coarelli, Strabone voleva spiegare ai
rovine ancora fumanti dell’incendio gallico del greci quali fossero le differenze sostanziali tra
390 a.C.77. Le impellenti esigenze di ricostruzio- Roma e le città greche. V’è nel fondo quella tipi-
ne, nonché la volontà di evitare il trasferimento ca logica a stampo retorico che voleva i romani
in altra sede – c’era chi aveva proposto seriamen- eccellenti nei lavori d’ingegneria (strade, fogne,
te un trasferimento a Veio78, fieramente ostacola- acquedotti), e i greci esperti nelle forme artisti-
to da Marco Furio Camillo – impedirono di ri- che. Ma quando poi il geografo deve descrivere
fondare la città secondo un coerente piano rego- la città, la sua scelta cade su un solo quartiere, il
latore. Essa aveva conservato il primitivo Campo Marzio (fig. 8), e di esso decanta l’opera
impianto “serviano”, senza grandi alterazioni. munifica di Pompeo, di Cesare, in particolar
La frase declamata secoli dopo da Augusto, di modo di Augusto e di Agrippa, che avevano sa-
aver ricevuto una Roma di mattoni, e di lasciarla puto trasformare una zona paludosa e disabitata
di marmo79, trasmette il senso reale della situa- in un luogo di delizie, superiore a quanto era sta-
zione. Gli interventi dei trionfatori nel ii secolo to fino allora realizzato nelle capitali d’oriente.
a. C. avevano cominciato a mutare l’aspetto della Strabone accenna appena alla città storica, e di
città, non la sua struttura urbanistica. Laddove essa non rileva affatto l’operato dei senatori della
c’era la possibilità di recuperare spazio, o perché media e della tarda repubblica, e neppure i gran-
74
Cic., Cat., 2, 13, 29. Inoltre: Cic., Cat., 3, 3; Nat. deor., 3, 9; 79
Suet., Aug. 28, 3.
Verr., 2, 5, 127. 80
Strabo, 5, 8 (C 235).
75
Favro 1996, p. 45 ss. 81
Wiseman 1987, p. 161 ss.; Coarelli 1988b, p. 89 ss.; Engels
76
La Rocca 2012, p. 78 ss. 1999, p. 298 ss. (sulla cronologia dell’opera: p. 36 ss.); Rottier
77
Favro 1996, p. 42 ss. 2004, p. 533 s. Sulla visione della romanità in Strabone: Vigourt
78
Liv., 5, 4, 49. 2007, p. 131 ss.
8. Pianta del Campo Marzio, nella quale sono distinti, a colori differenti, i monumenti dall’età tardo-repubblicana all’età medio-imperiale
(disegno di Paola Mazzei).
82
Roma 1973; La Rocca 1990, p. 289 ss.; Coarelli 1996, p. 15 Wallace-Hadrill 2008, p. 108 ss.; Coarelli 2011, p. 207 ss.
ss.; Coarelli 2011. 88
V. ad esempio le terrecotte architettoniche attribuite al tem-
83
Horsfall 1993, p. 791 ss.; Wiseman 1994, p. 26 ss.; Feeney pio di Victoria sul Palatino (La Rocca 1990, p. 321, figg. 123, 124;
1998, pp. 25 ss., 50 ss.; Wiseman 2004, p. 13 ss.; Wallace-Hadrill Pensabene 1991, p. 45 ss., figg. 41, 42; Pensabene 2001, p. 94 ss.;
2008, p. 17 ss., spec. p. 25. Cecamore 2002, p. 127, figg. 44, 45; Rossi 2006, p. 425, figg. 23,
84
Lulof 2007, p. 7 ss. 24) e i busti di terracotta da un santuario di Cerere (?) ad Ariccia
85
Zevi 1970, p. 68 s.; Coarelli 1985, p. 119 ss.; Gruen 1992, (Roma 1973, p. 321 ss., nrr. 473, 474, tavv. lxii-lxv [A. Zevi Galli-
pp. 91, 93, 228; Sehlmeyer 1999, p. 88 ss.; Storchi Marino 1999, na]; Roma 1990, p. 176 s., nrr. 146, 147, tavv. xxxi, xxxii, 1 [M. Ro-
p. 146 ss.; Humm 2005, p. 541 ss.; Papini 2004, p. 175 ss.; Miano ghi]; Roma 2005, p. 212 ss., nrr. 44-45 [A. Tedeschi]. Sul santuario
2011, p. 100 ss. di Ariccia: Zevi 2005, p. 59 ss.; Ruggeri–Carosi 2006, p. 29 ss.).
86
Coarelli 1983, p. 146 ss.; Coarelli 1985, p. 11 ss.; Humm 89
Pape 1975, p. 6 ss.; Gros 1979, p. 85 ss.; Ferrary 1988, p. 573
2004, p. 43 ss. Indagini più recenti spingono ad una maggiore pru- ss.; Gruen 1992, p. 84 ss.; Østenberg 2003, pp. 41 ss., 78 ss., 84 s.
denza sull’argomento: Carafa 1998, p. 150 s.; Miano 2011, p. 87 ss. 90
La Rocca 2012, p. 63 ss.
87
Dohrn 1972; Bordenache Battaglia–Emiliozzi 1990, p. 91
Liv., 40, 5, 7.
211 ss., nr. 68, tavv. ccxcvii-cccxiii; Wiseman 2004, p. 89 ss.; 92
Favro 1996, p. 44 s.
benché minima impostazione da capitale di un gole sia giunta anche una scelta di doccioni, di
impero. Ai cortigiani di Filippo v mal gliene in- antefisse, di geisa e di sime), e di una tipologia
colse, ma ancora per molto tempo i romani si fe- architettonica di derivazione greca, sebbene
cero un vanto della loro tradizione culturale, e forse ibrida nel risultato. È stato supposto che
non si dichiararono interessati ad una ridefini- la scelta di Flaccus fosse caduta sul tempio di
zione capillare della loro città sotto il profilo ur- Hera Lacinia perché fondato da Eracle a seguito
banistico93. Le prime strutture di sapore elle- di una delle sue fatiche che, negli sviluppi elle-
nizzante a Roma risalgono alla prima metà del nistici del mito, aveva creato ad arte un collega-
ii secolo a.C. L’operazione svolta nel 173 dal mento simbolico tra Roma e Crotone. Recupe-
censore Quintus Fulvius Flaccus94 può valere rata nel più lontano occidente, a seguito di un
come esempio emblematico dei modi in cui i ro- ordine di Euristeo, la mandria dei buoi di Ge-
mani si rapportavano alla più alta tradizione ar- rione (simbolo forse delle rotte commerciali
chitettonica greca in funzione della loro archi- percorse dai mercanti fenici e greco-orientali in
tettura. In quell’anno egli decideva di spogliare età arcaica)97, l’eroe sulla via del ritorno si era
il celeberrimo tempio di Hera Lacinia nei pressi fermato nei luoghi dove sarebbero state fondate
di Crotone delle sue tegole marmoree per rive- le due città; a lui, anzi, si attribuiva la fondazio-
stirne il suo tempio della Fortuna Equestris in ne stessa di Crotone, oltre che del culto di Hera,
via di costruzione nel Campo Marzio. L’opera- per propiziarsi la dea ostile e vendicativa98.
zione, ormai a buon punto, fu bloccata per ma- Quintus Fulvius Flaccus avrebbe, però, potuto
nifesta empietà dal senato che, nel decretare imitare Annibale che, identificato dalle fonti
immediate supplicationes in favore di Giunone greche coeve con Eracle, a sua volta analogo al
adirata, lo costrinse a riconsegnare le tegole al fenicio Melqart, ne ricalcò le orme trasferendosi
santuario crotoniate, dove restarono giacenti al con il suo esercito dalla Spagna in Italia attra-
suolo perché nessun artigiano si dichiarò capace verso le Alpi, fino a raggiungere anche lui il
di rimetterle al loro posto95. Ciò non meraviglia promontorio del Lacinio99. Qui, nel 205 a.C.,
più di tanto, poiché l’uso di tegole in marmo in avendo progettato di trafugare dal santuario di
luogo di quelle in terracotta era un’eccezione Hera una colonna votiva d’oro, ne fu dissuaso
anche per i templi della Magna Grecia96. Fu da un sogno che lo minacciava, lui già privo di
una novità per l’epoca l’impianto sistilo del un occhio, di perdere interamente la vista. A
tempio, più simile ai ritmi greci che non a quel- parziale risarcimento per il sacrilegio, ancorché
li romani, reso necessario dall’uso delle tegole non attuato, Annibale dedicò ad Hera una vacca
di marmo, ben più pesanti di quelle in terracot- ed un altare con una lunga iscrizione bilingue
ta. Altrettanto innovativo fu il trasferimento a contenente le sue res gestae, con un ampio risal-
Roma non di un’opera d’arte greca, ma di tego- to per le sue prime gloriose imprese ispaniche,
le (anche se si potrebbe supporre che con le te- dalle quali Polibio derivò informazioni di prima
93
La Rocca 2012, p. 37. 82 ss.; Coarelli 2012, p. 72. Per le statue di culto serviane di For-
94
RE, vii, 1 (1910), col. 246 ss., s.v. (61) Q. Fulvius Flaccus tuna, v. Papini 2006, p. 57 ss.). Desumere dall’ipotizzata associa-
(Münzer); Salinas de Fréas 1989, p. 67 ss. zione di Fortuna con Ercole a Roma, e di Hera Lacinia con Eracle
95
Liv., 42, 3, 1-11; Val. Max., 1, 1, 20; Fest., 390, 3-7 L. (di in- a Crotone una connessione ideologica, accentuata dalla presenza
certa lettura). V. Champeaux 1987, p. 132 ss.; La Rocca 1996, p. 89 nel santuario del foro Boario di statue tripedanee dedicate nel 264
ss.; Poulle 2004, p. 76 ss. a.C. da un avo di Quintus, Marcus Fulvius Flaccus, dopo la sua
96
Spadea 1996, p. 253. vittoria su Volsinii (Torelli 1968, p. 71 ss.), è allo stato delle cose
97
Rackel Levy 1934, p. 40 ss.; Grottanelli 1973, p. 153 ss.; una proposta di lavoro, cui offre qualche credito il fatto che il dies
Grottanelli 1981, p. 109 ss.; Martin 1979, p. 11 ss.; Valenza natalis del tempio della Fortuna Equestris, il 13 agosto, coincide
Mele 1979, p. 19 ss.; Bonnet-Travellas 1983. sia con il dies natalis del tempio di Vortumnus, dedicato sempre
98
È persuasiva l’ipotesi di una dipendenza della leggenda ro- nel 264 a.C. da Marcus Fulvius Flaccus, sia con il dies natalis del
mana di Ercole e del furto dei buoi di Gerione ad opera di Caco, tempio di Hercules Victor ad portam Trigeminam e del tempio dei
da quella sviluppatasi in Italia meridionale dove l’eroe, secondo Dioscuri in circo Flaminio, in ideale accostamento alla data delle
un ramo della tradizione, aveva fondato non solo il santuario di festività dell’ara Maxima, il 12 agosto (Torelli 1968, p. 74, nota
Hera, ma la stessa Crotone, dedicandola al giovane eroe Kroton da 31; Champeaux 1982, p. 262; Champeaux 1987, p. 150; Poulle
lui ucciso accidentalmente mentre tentava di evitare che il suoce- 2004, p. 83).
ro Lakinos rubasse gli armenti. La reduplicazione del mito (ma 99
La principale fonte, cui si deve anche l’interpretazione del-
vi sono imitazioni, se non autentici calchi anche a Locri e ad Eri- le imprese di Annibale nella chiave di una imitatio Herculis (più
ce), l’assonanza tra i nomi Lakinos e Latinos, sono sicuro indizio precisamente di Eracle-Melqart), è lo storico greco Silenos, nati-
di una volontà di inserire Roma nel contesto delle città italiche vo di Caleatte in Sicilia, che accompagnò il cartaginese durante le
ellenizzate, se non propriamente greche: Bayet 1926, p. 156 ss.; sue campagne militari. È probabile che Silenos abbia offerto del
Carcopino 1942, p. 173 ss.; Galinski 1969, p. 75 s.; Jourdain- mito (ne abbiamo qualche informazione in base a Solin., 1, 14-15
Annequin 1982, p. 267 ss.; Giangiulio 1983, p. 785 ss. V. an- = FGH 175 F 8, a Paul. Fest., 220 L., e a Dion. Hal., 1, 43, 1) una
che Coarelli 1988b, p. 127 ss. Meno preciso, a mio parere, è il versione favorevole ai cartaginesi e ai celti loro alleati, e contraria ai
rapporto tra Fortuna ed Ercole, più volte postulato riconoscendo, romani. Come Ercole vincitore di Caco, Annibale, giungendo alle
ad esempio, nella dea armata a fianco di Ercole sulla terracot- rive del Tevere, avrebbe purificato l’Italia dai briganti che la infe-
ta acroteriale di S. Omobono non Athena, bensì Fortuna, la dea stavano: Briquel 1997, p. 37 ss. (che riprende alcune osservazioni
protettrice di Servio Tullio, analoga all’Astarte fenicia (Coarelli avanzate da Bayet 1926, p. 156 ss., e Carcopino 1942, p. 173 ss.,
1988a, p. 205 ss., spec. pp. 230 ss., 253 ss., 301 ss.; Poulle 2004, p. spec. p. 177 s.).
mano sui contingenti militari cartaginesi in e la grecità recepita da un nucleo assai maggiore
Spagna100. La spoliazione delle tegole del tempio di fruitori in tutta la sua complessità, e non per
di Hera Lacinia a favore del tempio di Fortuna brani frammentari, difformi e molto spesso pe-
Equestris sarebbe stata eseguita, perciò, per com- netrati senza una logica coerente nell’ancora
memorare la fallita iniziativa “erculea” di Anni- poco duttile sistema educativo romano. Marcus
bale e per celebrare, viceversa, le rinnovate gesta Fulvius Nobilior105, il vincitore di Ambracia, de-
ispaniche di Flaccus, dal suo punto di vista eroi- dicava a Roma, nel circo Flaminio, il tempio di
che quanto quelle del cartaginese, ma dai risulta- Hercules Musarum in un periodo compreso tra il
ti tanto più favorevoli a Roma101. Eppure, la fama 186 e il 179 a.C. (fig. 6)106. Era un’autentica no-
“pitagorica” di Crotone e una leggenda connessa vità, cui probabilmente non erano estranee mo-
con la copertura del tempio di Hera Lacinia of- tivazioni di radice pitagorica107. Per la prima
frono, secondo il mio parere, motivazioni ancora volta nella città – segno ormai di una costante e
più cogenti. Si narrava che se qualcuno avesse profonda opera di ellenizzazione dei costumi –
inciso con il ferro il suo nome su una tegola del si costituiva un rapporto simbolico, al quale Pi-
tempio, tanto a lungo l’iscrizione si sarebbe con- tagora aveva assegnato la massima importanza,
servata quanto a lungo fosse vissuto l’uomo che tra le grandi azioni eroiche, impersonate da Er-
l’aveva incisa102. Si può immaginare che fosse cole, e la loro imperitura memoria per virtù del-
posta in relazione simbolica l’eternità dell’indi- le Muse che, con la loro madre Mnemosyne, la
viduo – un’eternità legata magicamente alla me- memoria matrice di tutte le arti, le proteggono
moria scritta del suo nome – con l’eternità del dall’oblio rendendole eterne con il loro canto108.
monumentum, nella fattispecie le tegole del tem- Come recita Orazio: “La Musa impedisce la
pio lacinio. Ma non potrebbe essere estraneo alla morte di chi è degno di gloria; / la Musa lo bea-
decisione di Flaccus proprio il luogo dove il san- tifica in cielo. Così l’inesausto Ercole / s’asside
tuario, fondato da Eracle, era ubicato: il territo- alle bramate mense di Giove; / …”109. Per que-
rio di Crotone, la città che Pitagora aveva pre- sto motivo, d’altronde, Nobilior si era fatto ac-
scelto per costituirvi la sua scuola filosofica. La compagnare durante la sua campagna etolica da
fama di Crotone pitagorica era ampiamente dif- Ennio, poeta ben al corrente del valore della
fusa, e certo non priva di ripercussioni a Roma poesia come strumento d’immortalità, e non di-
stessa, dove si era radicata la leggenda di un di- giuno di conoscenze filosofiche110. Nel tempio
scepolato di Numa Pompilio presso il grande fi- erano esposti fasti nei quali Nobilior faceva
losofo samio103. Poco importava il palese anacro- sfoggio delle sue conoscenze religioso-antiqua-
nismo, e certamente anche la scarsa conoscenza rie, nonché astronomiche e astrologiche: vi era-
circa l’effettiva portata dell’insegnamento pita- no incise anche spiegazioni relative ai nomi dei
gorico. La statua del filosofo, dagli ultimi decen- mesi111. È possibile, perciò, riconoscere il Nobi-
ni del iv secolo a.C. fino ad età sillana, faceva lior in quel Fulvius che, in base ad una testimo-
bella mostra di sé nel comizio, presso l’ingresso nianza di Lido112, avrebbe affermato in una sua
della curia Hostilia, insieme con la statua di Alci- opera avente come tema proprio Numa Pompilio
biade104, ed era, per i romani dell’epoca, il sim- l’importanza della divinazione fondata sullo stu-
bolo stesso della sapienza greca. Relativamente dio degli astri113. È di ulteriore e valido supporto
poco, tuttavia, si sapeva di filosofia, di arti e let- a questa ipotesi la presenza nel tempio di Hercu-
teratura greca, persino durante le guerre mace- les Musarum del sacello bronzeo dedicato alle
doniche e siriane. In capo a pochi anni il quadro Camene da Numa Pompilio, già traslato dalla
di riferimento culturale sarebbe stato rovesciato, sua sede originaria presso porta Capena nel vici-
100
Cic., De div. 1, 24, 48; Liv., 28, 46, 16. L’altare con relativa 105
RE, vii, 1 (1910), col. 265 ss., s.v. (91) M. Fulvius Nobilior (F.
iscrizione fu esaminato da Polibio che ne fruì per elencare i contin- Münzer).
genti militari di Annibale in Spagna: Polyb., 3, 33, 18; 56, 4. V. il 106
LTUR, iii, 1996, p. 17 ss., s.v. Hercules Musarum, aedes (A.
commento di Molin 1971, p. 197, nota 151; 217, nota 234. Viscogliosi), con bibl. prec. Inoltre: La Rocca 2006b, p. 99 ss.;
101
Poulle 2004, p. 83. Fontana 2006, p. 233 ss.; Gobbi 2009, p. 215 ss.
102
Serv., Aen., 3, 552. V. Poulle 2004, p. 86 s. (“Une inscription 107
Boyancé 1937, p. 233 ss.
qui s’efface quand meurt son auteur relève, à mon sens, de la meme 108
La Rocca 2006b, p. 99 ss., spec. pp. 107, 110 s. È significativo
philosophie: elle est assimilable à la parole humaine”). che Mnemosyne, la “memoria”, sia la madre delle Muse. Ella è la
103
Plut., Numa, 8, 11, 14. V. Zeller–Mondolfo 1950, p. 610; matrice della creatività, proprio secondo l’assunto che memoria e
Ferrero 20082 (nuova edizione del testo del 1955), p. 140 ss.; Bur- inventio sono interdipendenti.
kert 1961, pp. 16 ss., 226 ss.; Burkert 1972, p. 111, nota 6; 469, 109
Hor., Od., 4, 8, 28 ss. Dopo Ercole, Orazio accenna ai Dio-
nota 20; Garbarino 1973, p. 221 ss.; Storchi Marino 1999. An- scuri e a Libero, divenuti anch’essi dei dopo aver conosciuto il do-
che Cicerone, che non accetta per ragioni cronologiche il rapporto lore d’essere uomini, e la morte.
tra Numa e Pitagora, cerca di anticipare l’influenza pitagorica a 110
Garbarino 1973, pp. 259 ss., 580 ss.
Roma ai primi tempi della repubblica (Cic., Tusc., 4, 1, 3 s.) per 111
Cic., Pro Arch., 11, 27; Brut., 20, 79; Tusc., 1, 2, 3. Inoltre:
una serie di motivi che non appaiono persuasivi: Garbarino 1973, Auct., De vir. ill., 52, 3; Symm., Epist., 1, 20, 2.
p. 224 ss. 112
Garbarino 1973, p. 256 ss.
104
V. nota 85. 113
Lyd., De ostent., 16 = Garbarino 1973, p. 143 s., nr. 300.
10. Frammento di capitello ionico attribuito alla decorazione del tempio di Giove Statore nella porticus Metelli, e disegno ricostruttivo (da
Bianchi 2010).
no tempio di Honos et Virtus114. Tutto ciò sembra di ambiguità nel comportamento romano. Si
affermare un certo interesse di Marcus Fulvius tentava di preservare la memoria di un luogo ri-
Nobilior nei confronti del pensiero pitagorico. nomato, il santuario crotoniate costruito da Era-
Torniamo ora a Quintus Fulvius Flaccus, che di cle, associato all’insegnamento di Pitagora ed
Marcus Fulvius Nobilior era affine perché della alle imprese di Annibale, non nel suo insieme,
medesima gens. Nella sua scelta della località da ma tramite una sola delle sue componenti, le te-
cui trarre le tegole potrebbe aver avuto perciò un gole, anche se la loro asportazione destinava il
ruolo basilare da un lato la fama di Crotone con- monumento ad una fatale rovina. Quanto inte-
nessa con Pitagora e con il suo culto delle Muse, ressava ai romani dell’epoca era solo la memoria
dall’altro una sorta di imitatio dell’illustre paren- del luogo, un riferimento simbolico estrapolato
te. In questo insolito caso, non le Muse avrebbe- dal suo contesto naturale. Si dovrà attendere il
ro reso eterno il nome di Flaccus, ma le tegole del trionfo di Quintus Caecilius Metellus sulla Mace-
tempio di Hera Lacinia: un inconsueto ma sug- donia nel 146 a.C. per avere finalmente a Roma il
gestivo elemento mnemonico, accentuato dalla primo edificio interamente in marmo, il tempio
leggenda che collegava la loro durevolezza con i di Giove Statore, un periptero ionico a ritmo eu-
nomi incisi su di esse: un modo differente di ga- stilo116, realizzato su progetto di Hermodoros di
rantire l’eternità del nome di Flaccus e delle sue Salamina117, del quale Fulvia Bianchi ha forse
imprese, proprio nel momento in cui le tegole, trovato il frammento di uno dei capitelli ionici,
sradicate dal loro contesto naturale, dichiarava- così simile ai capitelli di Hermogenes (fig. 10)118.
no l’inevitabile disfacimento del tempio di Hera Eppure, il tempio di Giove Statore restò un
Lacinia115. Se questa chiave di lettura ha una sua esempio isolato nel panorama architettonico ro-
validità, saremmo di fronte ad un ulteriore caso mano, non tanto, forse, per la sua esecuzione in
114
Serv., Aen., 1, 8. V. LTUR, i, 1993, p. 216, s.v. Camenae, cum (A. Viscogliosi); Gros 1996, p. 128; Coarelli 1997, p. 488 ss.;
Camenarum fons et lucus (E. Rodriguez Almeida); LTUR, iii, 1996, Stamper 2005, p. 53 ss.; La Rocca 2011, p. 9 ss.
p. 18, s.v. Hercules Musarum, aedes (A. Viscogliosi). 117
Coarelli 1968, p. 334 ss.; Gwyn Morgan 1971, p. 486 ss.;
115
Ritornate a Crotone, le tegole giacquero per terra in quanto Gros 1973, p. 137 ss.; Zevi 1976b, p. 1047 ss.; Tortorici 1988, p.
non v’erano più maestranze capaci di rimetterle a posto. 59 ss.; La Rocca 2011, p. 8 ss.
116
LTUR, iii, 1996, p. 157 ss., s.v. Iuppiter Stator, aedes ad Cir- 118
Bianchi 2010, p. 287 ss., figg. 1, 3; La Rocca 2011, p. 9 s., figg. 8-9.
123
Gros 1990, p. 86 ss.; LTUR, iii, 1996, p. 33 ss., s.v. Ho-
119
Vespignani 1872-1873, p. 212 ss.; Coarelli 1968, p. 302 ss.; nos et Virtus, aedes Mariana (D. Palombi); Zevi 1996, p. 235 ss.;
Nash 19682, p. 120; Coarelli 1970-1971, p. 244 ss.; Gros 1973, p. D’Alessio 2010, p. 60 s. Su Gaius Mucius inoltre: Birnbaum
148 ss.; Zevi 1976a, p. 34 ss.; Zevi 1976b, p. 1047 ss.; Tortorici 1914, p. 60 ss.; Wesenberg 1983, p. 171 ss.; Knell 1985, pp. 17,
1988, p. 59 ss.; Rodríguez-Almeida 1991-1992, p. 3 ss.; LTUR, 71, 73.
iii, 1996, p. 226 ss., s.v. Mars, in circo (F. Zevi); Coarelli 1997, 124
LTUR, iii, 1996, p. 33 ss., s.v. Honos et Virtus, aedes Mariana
p. 492 ss.; La Rocca 2011, p. 11 ss.; Kosmopoulos 2012, p. 7 ss. (D. Palombi).
Sull’ingresso del marmo pentelico in architettura a Roma: Ber- 125
Vitr., 7, pr. 17.
nard 2010, p. 35 ss. 126
Crozzoli Aite 1981, pp. 49 ss., 96 ss., 110 s., figg. 58, 64, 131,
120
LTUR, iii, 1996, p. 128 s., s.v. Iuno Sospita (in foro Holitorio), tavv. iii, ix; Stamper 2005, p. 59 ss.
aedes (F. Coarelli); Stamper 2005, p. 61 s. 127
Dalla pianta non si può arguire neppure se il tempio avesse
121
LTUR, iv, 1999, p. 336 s., s.v. Spes, aedes (F. Coarelli). conservato, almeno nella sua pars antica, le medesime proporzioni
122
LTUR, i, 1993, p.242 ss., s.v. Castor, aedes, templum (I. Niel- del suo predecessore.
sen); Nielsen–Poulsen 1992. 128
Plin., Nat. hist., 36, 35.
12. Pianta dei tre templi affiancati del foro Olitorio. Secondo la più comune attribuzione, a sinistra è il tempio di Spes, al centro il tempio di
Iuno Sospita, e a destra il tempio di Giano (da Stamper 2005).
tarde (ma è ancora da dimostrare che i cetera si- agli elementi superstiti, anche l’attività edilizia
gna citati da Plinio fossero del Pasiteles attivo nel di Silla modificò solo parzialmente l’assetto co-
i secolo a.C., e non del celeberrimo Praxiteles), nosciuto129. Malgrado fosse dall’81 a.C. dittato-
nella porticus Octaviae fu cancellata la memoria re, e potesse finanziare la costruzione di monu-
di Metellus, ma non la presenza delle opere d’ar- menti ben al di là di quanto avessero potuto fare
te da lui raccolte. i suoi predecessori con le sole manubiae delle
conquiste, i suoi interventi furono limitati all’a-
rea compresa tra Campidoglio e foro Romano,
“City of fragments” o del fragile rapporto tra mo- senza che l’aspetto della città ne subisse un mu-
numenti e spazio urbano tamento sostanziale. Iniziò, è vero, la ricostru-
zione del tempio di Giove Capitolino distrutto
Durante il lunghissimo periodo di lotte civili, da un incendio nell’83 a.C., anche se l’edificio fu
tra aristocratici e popolari, tra Silla e Mario, tra dedicato da Quintus Lutatius Catulus nel 69 a.C.,
Pompeo e Cesare, tra Marco Antonio e Ottavia- ma, per quanto si possa giudicare anche in base
no, l’attenzione nei confronti dell’urbanistica e ai nuovi scavi, la pianta del tempio non subì tra-
dell’architettura subì un’ulteriore flessione. Non sformazioni sostanziali130. L’edificio conservò la
mancarono naturalmente nuove costruzioni e re- sua fisionomia tuscanica (fig. 13) sebbene fosse
stauri di edifici fatiscenti, specialmente nelle fasi stato ricostruito in marmo e per di più con alcu-
in cui il potere dei dittatori, prima di Silla e poi ne colonne tolte all’incompiuto Olympieion ate-
di Cesare, si era, almeno temporaneamente, sta- niese di Antioco iv131. L’effetto doveva essere
bilizzato. Per quanto si possa stabilire in base impressionante: un tempio areostilo (o diastilo),
129
Favro 1996, p. 55 ss. 131
Plin., Nat. hist., 36, 45. V. La Rocca 2011, p. 2 ss. (con bibl.
130
Elenco delle fonti in Danti 2001, p. 325, nota 6. prec.). Inoltre: Flower 2008, p. 74 ss. Sull’annosa questione della
pianta del tempio arcaico v. ora: Arata 2010a, p. 585 ss.; Hopkins creto del senato, come avvenne nel 204 a.C., nel caso del tempio di
2010, p. 15 ss. L’illustrazione a fig. 13 è tratta dal denario di Petil- Magna Mater. Il compito di erigere templi era normalmente affi-
lius Capitolinus del 43 a.C. (Crawford 1974, nr. 487, 2b), che raffi- dato a magistrati straordinari, anche quando erano in carica censori
gura, in modo schematico, il tempio catuliano esastilo con ricchis- ai quali non competeva il diritto di trasformare un locus publicus in
sima decorazione frontonale e acroteriale un locus sacer, né un edificio pubblico in un edificio religioso.
132
Vitr., 3, 3, 5. 136
Liv., Per., 48; Val. Max., 2, 4, 2; Vell. Pat., 1, 15, 3; August.,
133
Res gest. div. Aug., 20, 4. V. i recenti commenti di Scheid Civ. Dei, 2, 5; Oros., 4, 21, 4. V. Hanson 1959, p. 24 s.; Gruen
2007, p. 59 s., e di Cooley 2009, p. 194 s. 1992, p. 206 ss.; Klar 2006, p. 175 ss.; Wallace-Hadrill 2008, p.
134
Favro 1996, p. 80 ss. 160 ss.; La Rocca 2011, p. 23 s.
135
Mommsen 1894, 145 ss. V. anche Suolahti 1963, p. 57 ss., 137
Sulle motivazioni dell’intervento di Nasica, sintesi di Walla-
spec. p. 65 s. Theodor Mommsen l’aveva già rilevato con precisio- ce-Hadrill 2008, loc. cit.
ne: i censori appaltavano edifici templari solo dietro esplicito de- 138
Radt 19992, p. 257 ss., e figg. 9, 15.
14. Pergamo, veduta dell’acropoli dominata dal Traianeum a sinistra e dal tempio di Athena Nikephoros a destra. Sulle pendici, il teatro (da
Radt 19992).
16. Giuseppe Gatteschi, disegno ricostruttivo, a volo d’uccello, del foro Romano, del Campidoglio e dell’Arce, al quale sono state aggiunte le
immagini schematiche dei tre templi sillani sul c.d. tabularium.
tomesso ad una delle più brillanti forme di auto- tale nei confronti della religione avita, evidenti
rappresentazione anteriormente all’intervento di in modo macroscopico solo in età cesariana. Ri-
Augusto. Quale effetto dirompente avrebbe avu- tengo perciò più verosimile che in cima alla terraz-
to la percezione dalla piazza forense dei com- za del c.d. tabularium ci fosse, come ha recente-
plessi monumentali la cui costruzione o il cui re- mente proposto con dovizia di dati Paola Mazzei,
stauro è attribuito a Silla (anche se il dittatore uno dei più grandi archivi statali, già definito
non ne avrebbe visto il completamento): il c.d. atrium Publicum in età repubblicana e poi aera-
tabularium, sovrastanti ad esso i templi di Venus rium, dal momento della ricostruzione ad opera di
Victrix, del Genius publicus populi Romani e di Lutatius Catulus144. Comunque sia, l’operazione
Fausta Felicitas, al loro lato, sulla sommità del avviata per volontà di Silla, proseguita poi da Lu-
Capitolium, il tempio di Giove Capitolino, e in tatius Catulus che, almeno a giudicare dalle fonti e
basso la curia Hostilia (fig. 16)142. È forse troppo dalle iscrizioni, è stato colui che ha dedicato i mo-
anche per un dittatore come Silla143, e comunque numenti più rilevanti, è il frutto di un’impostazio-
in una fase in cui non si colgono ancora i sintomi ne urbanistica memore delle soluzioni architetto-
di una differente, e più elastica, posizione men- niche a terrazze monumentali organicamente col-
142
Ho inserito gli schemi dei tre templi nella veduta ricostrut- moderna. Malgrado ciò, risulta chiaro dalla veduta che i tre tem-
tiva di Giuseppe Gatteschi del foro Romano, del Campidoglio e pli sillani avrebbero avuto una collocazione privilegiata, superio-
dell’Arce di età tardo-imperiale. L’immagine di Gatteschi contiene re a quella dei templi di Giove Capitolino e di Iuno Moneta. Silla
molte proposte di ricostruzione ampiamente revisionate e corrette avrebbe osato giungere a tanto?
in base alle più recenti indagini, in primo luogo l’intera configura- 143
Sul comportamento di Silla, che tentò di cancellare la me-
zione dell’Arce e la collocazione del tempio di Iuno Moneta. Il suo moria stessa delle imprese di Gaio Mario distruggendone o oblite-
interesse risiede, tuttavia, nella possibilità di farsi un’idea concre- randone i trofei bellici (un autentico caso di “lotta per immagini”):
ta dell’affastellamento degli edifici, e dell’impossibilità di poter- Mackay 2000, p. 161 ss.
li osservare secondo una veduta ottimale nella logica prospettica 144
Mazzei 2009, p. 275 ss.
145
Sul sistema santuariale a terrazze, v. ora: D’Alessio 2011, p. 1989, p. 33 ss.; Rakob 1989, p. 87 ss.; Rakob 1990, p. 61 ss.; Coa-
51 ss. (con ricca bibl. prec.). relli 1989, p. 115 ss.; Merz 2001; D’Alessio 2011, pp. 57 s., 69, 78.
146
V. nota 142. 148
Sulla problematica della percezione dello spazio in architettu-
147
Fasolo–Gullini 1953; Kähler 1958, p. 189 ss.; Gullini ra, v. La Rocca 2006a, p. 120 ss.; La Rocca 2011, p. 19 ss.
1973, p. 746 ss.; Fancelli 1974; Coarelli 1976, p. 337 s.; Lauter 149
Favro 1996, p. 60 ss.; Liverani 2008, p. 43 ss. Per i lavori
1979, p. 390 ss.; Zevi 1979, p. 2 ss.; Coarelli 1987, p. 35 ss.; Zevi nell’area del teatro di Marcello: nota 42.
cune statue di culto, sebbene l’informazione appa- poloso quartiere dell’Esquilino (fig. 21)155. Co-
ia tendenziosa), per lasciar spazio al suo teatro alle struito nel luogo dove era la chiacchierata domus
pendici del Campidoglio: ma non è stato questo a di Publius Vedius Pollio, il complesso monumen-
fare di lui un autentico innovatore nel campo. Si tale è inserito, come si vede bene in alcuni fram-
dimentica, talvolta, che a Cesare si deve sì la rea- menti della Forma Urbis Severiana, entro un ir-
lizzazione del foro omonimo, con una visione au- regolare intrico di isolati e stradine che non han-
to-rappresentativa che non lasciava spazio ad equi- no subìto nessuna opera di riqualificazione, sì
voci di sorta, ma anche una coerente riqualifica- che l’inserimento della porticus nell’ordito urba-
zione del foro Romano con l’avvio dei lavori di no ad essa preesistente appare forzato. La rego-
costruzione della curia Iulia, della basilica Iulia150 e larizzazione di aree di vitale importanza strategi-
con l’aiuto economico offerto a Lucius Aemilius ca, come il foro Romano, la cui immagine rispon-
Paullus per il completamento della basilica Paul- deva male alle esigenze della capitale dell’impero156,
li (poi inaugurata nel 34 a.C. dal figlio Lucius Ae- era stata già avviata da Cesare (fig. 19 a). La sua
milius Lepidus Paullus) (fig. 19 a)151. Il dittatore risistemazione monumentale ebbe tempi molto
era poi in procinto di avviare lavori faraonici. lunghi. Solo quando il potere di Augusto fu defi-
Come ricorda Cicerone, con la lex de Urbe augen- nitivamente consolidato, lo spazio aperto di una
da del 45 a.C. egli prevedeva che “il Tevere ve- piazza di forma vagamente trapezoidale a lati irre-
nisse condotto da ponte Milvio lungo i rilievi del golari, distinta in due settori con differente orien-
Vaticano, che il Campo Marzio venisse ricoperto tamento, delimitata da importanti assi stradali e
di edifici e che invece la piana vaticana diventas- priva di un fuoco unico, ebbe una coesione di
se una specie di Campo Marzio” (fig. 20)152. È maggiore coerenza formale sulla base di un nuovo
difficile non leggere nella proposta cesariana il asse, avente per estremi il tempio del divo Giulio
tentativo di ampliare la città con una urbanizza- con i suoi nuovi rostra, e i vecchi rostra sul lato op-
zione – e forse, almeno parzialmente, una monu- posto, mentre la curia Iulia diveniva la cerniera di
mentalizzazione – dell’area limitrofa alla città raccordo tra vecchio e nuovi fori, con il sapiente
murata. Si dice di solito che le parole di Cicerone ampliamento del foro di Cesare, voluto da Augu-
non vadano prese alla lettera, e che Cesare non sto stesso, e con la disposizione in base al medesi-
avesse l’intenzione di trasferire le principali fun- mo orientamento anche del foro di Augusto (fig.
zioni del Campo Marzio in una sede differente. 19 b). Si venne, in tal modo, a mascherare con in-
Credo, invece, che fosse proprio questa la sua in- dubbia efficacia la scarsa organicità geometrica
tenzione, al contempo visionaria e audace, per- della piazza, anche con l’ausilio delle monumen-
ché doveva essersi convinto che i tempi fossero tali facciate delle basiliche Giulia ed Emilia, degli
maturi per una ricostruzione dell’immagine del- archi aziaco e partico ai lati del tempio del divo
la città secondo criteri innovativi che non pote- Giulio, infine della curia Iulia e dei suoi annessi,
vano più tener conto dei costumi religiosi atavi- di cui appena si avverte, ormai, l’orientamento
ci. D’altronde già meditava imprese ancor più difforme.
gigantesche, come il prosciugamento delle palu-
di Pontine, la costruzione di un emissario del
lago Fùcino, il taglio dell’istmo di Corinto, e al- Conclusione
tro ancora153. Augusto procedette, per certi
aspetti, ad un ridimensionamento dei progetti Quell’immagine contraddittoria, fatta di un
urbanistici cesariani154. Ad esclusione della mo- tessuto urbano confuso entro il quale venivano
numentalizzazione del Campo Marzio (fig. 8) inserite, come magnifiche gemme incastonate in
che, per quanto magnificente, non prevedeva né un manufatto antiquato e fuori moda, le nuove
un allargamento dell’area verso il Vaticano, né costruzioni dei trionfatori, quell’immagine così
spostamenti di funzioni, i suoi interventi non eb- poco adeguata alla capitale di un impero, era in
bero mai come scopo una drastica riformulazio- realtà oggetto di un amore incondizionato, in
ne del primitivo impianto urbano, il cui tessuto quanto specchio fedele di quei costumi che, si
connettivo subì solo qualche lacerazione, talora supponeva, l’avevano resa grande e potente. In
anche grave, ma non fu mai oggetto di un aggior- una fase in cui, a fronte al prepotente imporsi
namento progettuale complessivo. Ne è la prova del sistema culturale ellenico, Roma sembrava
lampante l’innesto della porticus Liviae nel po- perdere la sua propria identità culturale, le clas-
150
LTUR, i, 1993, p. 177 ss., s.v. Basilica Iulia (C. F. Giuliani, 153
Suet., Caes., 44.
P. Verduchi). 154
Un eccellente quadro sui programmi urbanistici augustei è
151
LTUR, i, 1993, p. 183 ss., s.v. Basilica Paul(l)i (H. Bauer); offerto da Favro 1996, p. 79 ss.
Ertel–Freyberger 2007, p. 109 ss.; Ertel–Freyberger 2007a, p. 155
Panella 1987, p. 611 ss.; LTUR, iv, 1999, p. 127 ss., s.v. Por-
493 ss.; Lipps 2011, p. 17 ss. ticus Liviae (C. Panella).
152
Cic., Ad Att., 13, 33, 1. 156
Zanker 1972; Favro 1996, p. 195 ss.
a b
19. a. Pianta del foro Romano intorno al 42 a.C. Strutture preesistenti: 1. Rostra Vetera, rimossi; 2. Basilica Porcia, rimossa; 3. Curia Hosti-
lia (?) rimpiazzata dal tempio della Felicitas; 4. Tempio di Vesta; 5. Regia; 6. Tribunal Aurelium; 7. Gallerie sotterranee; 8. Lacus Curtius; 9.
Statua di Marsia; 10. Sacello di Venere Cloacina; 11. Tempio di Giano; 12. Lapis Niger; 13. Tabularium; 14. Tempio della Concordia; 15.
Tempio di Saturno; 16. Tempio dei Castori. Progetti cesariani: 17. Basilica Aemilia; 18. Curia Iulia; 19. Foro di Cesare; 20. Rostra Iulia; 21.
Basilica Iulia (da Favro 1998, con revisione dell’A. in base alla pianta del foro di Cesare [prima fase], secondo i risultati degli scavi recenti).
b. Pianta del foro Romano, del foro di Cesare e del foro di Augusto dopo gli interventi augustei (da Favro 1998, con revisione dell’A. in base
alle piante del foro di Cesare [seconda fase] e del foro di Augusto, secondo i risultati degli scavi recenti).
157
Morolli 2006, p. 393 ss.
21. Disegno ricostruttivo dei frammenti della Forma Urbis Severiana nell’area della porticus Liviae (da Rodríguez Almeida 1991-1992).
edifici preesistenti o, quando si sentì la necessi- i terreni sui quali costruì il suo foro, tanto che,
tà di ampliare il foro Romano, con la difficoltà, secondo le fonti dell’epoca, la struttura risultò
di non poco conto, dovuta al valore raggiunto di misura non adeguata alle effettive necessità.
dai terreni nel centro storico, tale da impedire, Il tessuto urbano circostante rimase quello che
senza una drastica volontà di espropri forzosi, di era, disordinato e irregolare, anche nel caso in
ottenere risultati a più vasto raggio. Gli impe- cui vi si introdussero complessi monumentali di
dimenti che ebbe Cesare nell’acquisire i terreni particolare valore, come la porticus Liviae (fig.
sui quali avrebbe poi realizzato il suo foro, sono 21). La Roma vetus ebbe ancora per lungo tem-
documentati dalle lettere di Cicerone. Ma anche po la meglio sui suoi – talvolta potenziali – ri-
Augusto, all’apice del suo potere, quando era formatori.
ormai padrone di tutta Roma e dell’impero, si
guardò bene dall’espropriare a prezzi calmierati Eugenio La Rocca
22. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. Veduta di città ideale, probabilmente su disegno di Leon Battista Alberti (da Morolli 2006).
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Abstract
The monumenta ‒ public or private buildings, funerary structures, works of art and, even better,
written texts, which were considered longer-lasting than stone ‒ are of paramount importance
to Rome as instruments capable of awakening the memory of illustrious men of the past. Stone
monuments were scattered throughout the city, in a space that was sanctified by their presence:
indeed, in some respects, all of Rome was a sacred landscape, in which the monumenta acted as
“commemorative places”. In the late Republic, monumenta were intended to awaken in visitors
exempla of the glorious deeds performed by their ancestors and their virtutes: in short, to cement
the sense of identity of the Romans. Yet, the principal buildings of the past were demolished to
make way for new and larger buildings. What interested Rome was rather the survival of the locus
memoriae, despite the city’s profound and sometimes total physical transformation. The building
could help to recall, but it was not the “memory”.
However, an attempt was made to preserve the urban fabric. In a phase in which, confronted by
the overbearing ascendancy of the Greek cultural system, Rome seemed to lose its personal identity,
the ruling classes wanted to declare programmatically the cultural diversity of the Romans, at times
by manipulating historical reality, and at other times by not disrupting the urban image inherited
from the past. Ancient urban theory was in fact focused more on the creation of new cities or utopias,
rather than on a complete reorganization of existing cities. Still for a long time Roma vetus endured
and even overcame reformers’ endeavours (at times only projected, and never realized).