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RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA

Consiglio scientifico RASSEGNA


DI ARCHITETTURA
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E URBANISTICA
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In copertina: Alberto Campo Baeza, sede per il Con-


sejo Consultivo di Castilla y León a Zamora, dettaglio
del prospetto verso la cattedrale. Foto Javier Callejas
(elaborazione grafica).
RASSEGNA
DI ARCHITETTURA
E URBANISTICA
Architetture iberiche

147
RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA
Anno L, numero 147, settembre-dicembre 2015

Sommario

Editoriale di Maria Argenti 5

DIBATTITO
Luis Fernández-Galiano
Spagna e Portogallo nel ventunesimo secolo 8
Francisco González de Canales
Rafael Moneo. Una professione teoretica 12
Giovanni Leoni
Cosmopolitismo vs Internazionalismo: Távora, Siza e Souto Moura 21
Sol 89. María González, Juanjo López de la Cruz
Nuova architettura spagnola. Nuclei densi e correnti centrifughe 30
Tommaso Rossi Fioravanti
Italia/Spagna. Relazioni e influenze dal dopoguerra ad oggi 40

RICERCHE
Gianpaola Spirito
Il Centro d’Arte Contemporanea a Cordoba di Nieto e Sobejano: un gioco di specchi e di spazi 45
Maria Argenti
La luce «catturata» da Campo Baeza a Zamora 51
Giovanni Longobardi
Toni Gironès. Centro di interpretazione del Tumulo/Dolmen megalitico di Seró, Lérida 57
Susanna Ferrini
Pitágoras Arquitectos a Guimarães. L’architettura della città pubblica 63
Francisco Gómez Díaz
Una maniera di fare città. Il centro ospedaliero ICTAM a Siviglia di MGM Arquitectos 69
Fabrizio Toppetti
La finestra e la città. Il progetto per il Teatro La Lira a Ripoll 75
Fernando Agrasar Quiroga
Un progetto e i suoi riferimenti genetici. La sede del MUNCYT a La Coruña di Acebo e Alonso 81
Fabio Cutroni
Sulle tracce dell’antico. La Praça Nova al Castelo de São Jorge di João Luís Carrilho da Graça 87
Domizia Mandolesi
Architetture di Aires Mateus. Tra tensione poetica e rigore formale 93
Marina Pugnaletto
Il Museo Archeologico di Álava di Francisco Mangado 99
Alessandra Capuano
Metamorfosi urbane a Mérida: un dialogo vitale tra architettura e archeologia 105
Luca Lanini
La misura dell’architettura di Guillermo Vázquez Consuegra. Il Centro visitatori a Baelo-Claudia 111

English texts 117

Biografie degli autori / Author biographies 123


La luce «catturata» da Campo Baeza a Zamora
Maria Argenti

È una sensazione strana quella che si prova Così anche il nuovo edificio – la sede per il
arrivando nel centro vecchio della città di Za- Consejo Consultivo di Castilla y León2 – sa di
mora nell’ora della siesta. Un senso di pieno e Zamora.
di vuoto. Denso e rarefatto insieme, di attimi Le architetture di Campo Baeza sono sem-
sospesi. Come se il tempo si sia fermato pochi pre pensate come un microcosmo unitario
istanti prima. radicato sia in un luogo geografico, sia in un
Luce e silenzio. Nessuno per strada. Il colore contesto storico.
caldo della pietra scolpita dal sole si interrompe Ma sono anche semplici, essenziali come un
sul confine delle ombre – quasi nere – che si al- organismo primordiale. Incapaci di inganna-
ternano sui prospetti nel gomitolo di vicoli. re, di nascondere alcunché. Trasparenti anche
Chiese e palazzi. Salite, discese e piccoli slar- quando sono chiuse. Monoliti scavati, animati
ghi dove ci si perde e riperde più volte di segui- dalla luce; che superano (nel solco di Mies) il
to. Se si potesse tracciare una mappa dei mille concetto di un limite, circoscritto o fluido, tra
possibili percorsi, degli scorci visivi irregolari ciò che racchiudono e ciò che escludono.
o dei luoghi di sosta inaspettati di Zamora, ne La costruzione si trova nel nucleo storico
verrebbe fuori un arabesco vivente, un ricamo interno alle mura, appena sopra il fiume. Inca-
ricchissimo e mai finito. strata in un lotto irregolare fra le case e la mole
Solo dall’altra parte del fiume Duero si co- della cattedrale romanica.
glie l’insieme di questa città. Sopra il vasto ba- Mimetizzata, quasi. Come fosse sempre sta-
samento roccioso si incastrano case, tetti, mura ta lì: tanto che ci si potrebbe passare accanto
e campanili e, sopra ancora, i grandi nidi delle più volte senza quasi badarci.
cicogne, vuoti d’estate, quando lasciano an- A prima vista appare come una massa mu-
ch’esse Zamora, collegandola idealmente con raria in pietra striata, di un colore caldo che
il deserto, con il Sahara, con l’Africa, il Mali, il evoca la consistenza della Cattedrale e dei tanti
Niger, il Senegal, la Nigeria, il Ciad, le destina- palazzi nella città. In realtà questa è solo l’im-
zioni verso cui volano senza fare alcuna sosta. magine esterna di quello che si rivelerà poi es-
Nidi silenziosi, come le architetture dell’uo- sere invece una cinta, un recinto, il perimetro
mo a quest’ora. Quando tutto si rarefà lascian- di una scatola aperta verso il cielo che contiene
do nell’aria il sapore più profondo e più antico; l’edificio vero e proprio.
l’essenza di una storia. O, come forse direbbe Il muro ricalca la giacitura dell’orto di un pre-
Alberto Campo Baeza, «il nocciolo della que- cedente convento, ritaglia così un vuoto intro-
stione», la relazione fra spazio e tempo, fra «la verso, impregnato di memoria, all’interno del
gravità che costruisce lo spazio e la luce che co- quale è inserito, quasi nascosto in un gioco di
struisce il tempo»1. contrapposizioni (fra gravità e leggerezza, «pas-
Zamora sa di Spagna e Portogallo, di Roma e sato e futuro»), un corpo di fabbrica in vetro
di Oriente, del rumore delle battaglie dell’epo- trasparente che ospita i nuovi uffici.
pea del Cid e della quiete delle sue ventiquattro Il recinto per un verso chiude, e impedisce la
chiese romaniche. possibilità di una relazione diretta fra l’edificio
52 maria argenti

1. La città di Zamora vista oltre il fiume Duero.

interno e la città; per un altro apre e organizza


(attraverso bucature «ritagliate» in posizioni
strategiche) un sistema di sguardi, di prospettive
di scorci che incorniciano la cittadina spagnola
e i suoi colori e valorizzano i giardini nascosti:
spazi interstiziali che raccordano la geometria del
blocco vetrato con l’irregolarità del contorno.
Campo Baeza dichiara esplicitamente di esser-
si rifatto (come già nel 1995 con il progetto per il
Centro Balear de Innovacion Tecnologica a Inca,
Majorca) al concetto di hortus conclusus, per sca-
vare un ambito di quiete, sottratto agli affanni del
tempo, su cui far affacciare i nuovi spazi di lavo-
ro; come nei chiostri dei conventi medioevali.
La differenza con il progetto di Inca, ma an-
che con la tradizione, sta nel fatto che qui la vo-
lontà dell’architetto è quella di far quasi scom-
parire l’edificio interno, di annullarne la gravità
come se fosse fatto esclusivamente di aria e di
luce; e di forare contemporaneamente, come per
un contrappunto, il muro di cinta, per esaltar-
ne la consistenza, mostrando e nascondendo, al
tempo stesso, ciò che esso protegge. Quel che
ne scaturisce è un’atmosfera fatta di contrasti fra
la perfetta evanescente regolarità del corpo cen-
2. Una strada del centro di Zamora; in alto, sul campa- trale in vetro e l’irregolarità della spezzata del
nile, i nidi delle cicogne. perimetro esterno; fra l’immaterialità dell’uno
ricerche 53

e la densità del rivestimento in pietra dell’altro,


fra la freddezza algida della trasparenza interna
e l’aura calda della pietra striata.
Le interruzioni nel muro hanno la forza
evocativa delle costruzioni del passato.
«Da sempre – ricorda Baeza – è stato così
nella storia dell’architettura: dalla serliana alla
fenêtre en longueur (…) quando i muri erano
portanti, quando le pareti erano spesse, pertu-
gi, finestre, porte erano aperture costituite da
stipiti, architrave e davanzale»3.
Allo stesso modo «nella costruzione di Za-
mora i generosi vuoti aperti nel grosso muro di
pietra che circonda la struttura (…) fanno sì che
il recinto appaia ancor più chiuso e possente.
Stipiti, davanzali e architravi in pietra di grandi
dimensioni rendono esplicita questa grande im-
ponenza. E rendono immediato il dialogo tra il
nostro edificio e la Cattedrale di fronte»4.
Come a Inca, dove aveva usato il travertino,
anche qui Baeza riveste con la medesima pietra
il muro perimetrale e la corte interna, compo-
sta solo di pietra e alberi.
A Zamora questo tutt’uno, pensato per
esaltare il concetto di «spazio scavato», si pro-
trae anche all’interno della teca cristallina. E
il blocco centrale, completamente trasparen-
te, appare delicatamente «poggiato» sul suolo,
quasi a voler nascondere il peso della propria
presenza.

Una pietra angolare e un vetro angolare in-


dicano l’origine di questo gioco di materie che
si contrappongono. L’una esaltando la sua so-
lidità. L’altra concretizzando la sua apparente
inconsistenza.
La prima, posta nell’angolo di fronte alla
Cattedrale, più grande delle altre, 250×150×50
cm, rimarca in senso arcaico la costruzione, ne
ribadisce la massività, allude alle grandi opere
della storia della città. Su di essa è incisa una
scritta: hic lapis angularis maio mmxii posito.
La seconda, in vetro, sovverte il paradigma.
Racconta di trasparenze che si solidificano. In-
vera – come suggerisce lo stesso Campo Baeza
– il sogno eterno dell’architetto: «costruire con
l’aria». E porta incisa con l’acido, nella sua ma-
teria trasparente, la scritta che dichiara l’avvenu-
to capovolgimento: anche la materia trasparente
può essere elevata al rango di pietra angolare:
hoc vitro angularis maio mmxii posito.
L’involucro in pietra ha a che fare con la me- 3-5. Alberto Campo Baeza, sede per il Consejo Con-
moria, con la piedra angular radicata nella ter- sultivo di Castilla y León. Schizzi di studio sul rap-
ra. La teca in vetro ha a che fare con il futuro. porto tra recinto e scatola vetrata.
54 maria argenti

6. Il centro di Zamora, in primo piano la cattedrale e sulla sinistra il nuovo intervento di Alberto Campo Baeza,
la sede per il Consejo Consultivo di Castilla y León, Zamora (Spagna), 2012. Foto Javier Callejas.

Il corpo centrale è definito da un involucro guardano gli spazi della città di Zamora, sono
di vetro a doppia pelle, costituito da elementi la chiave di lettura unitaria del complesso.
di dimensione 600×300 cm, giuntati con sili- Da ognuno dei tre piani il disegno di un oc-
cone strutturale, che occupano tutta l’altezza chio osservatore indica la possibilità di spingere
dell’edificio. Anche la copertura di questa sca- lo sguardo oltre il muro di cinta – rappresentato
tola è completamente in vetro per una profon- con un segno scuro come il terreno – attraverso
dità di 75 cm. Questa scelta porta ad avere gli i varchi attentamente posizionati per costruire
angoli completamente vetrati nelle tre superfici un racconto, una narrazione visuale, una pro-
del triedro ed una completa percezione di con- spettiva.
tinuità di vista dell’esterno (cielo compreso): I disegni a mano libera, esprimono l’impor-
un gioco raffinato che già Carlo Scarpa aveva tanza del vuoto, del verde che si insinua, della
inseguito negli spigoli vetrati della gipsoteca luce che pare divenire materia, del vetro che
canoviana di Possagno. Viene ad accentuarsi diventa angolare, persino del vento che sem-
così ulteriormente l’effetto di trasparenza, che bra correre come presenza solida scuotendo le
– ricorda Baeza5 – Mies cercò nel progetto della piante, attraversando le bucature e ricollegando
sua torre in Friedrichstrasse. gli edifici intorno, compresa la Cattedrale, an-
Sotto l’aspetto tecnico, questa intercapedine ch’essa riportata in uno schizzo di sapore naïf.
isola e protegge gli uffici. Durante l’inverno,
grazie a un sistema di bocchette di areazione, L’ingresso principale si apre sulla piazza ed
funziona come un accumulatore di calore. D’e- è costituito da un semplice varco che, nel dar
state – protetta da schermi o da tende – come conto dello spessore dell’involucro, conduce il
un filtro che aiuta a mantenere all’interno la visitatore nella corte, all’aperto, per accoglier-
temperatura ottimale. lo poi, subito dopo l’accesso, all’ombra di una
pensilina bianca, posta in equilibrio su cinque
Le logiche compositive alla base di questa pilastri allineati. Da qui si procede, di nuovo
architettura si evincono chiaramente già dai all’aperto, verso il corpo centrale per accedere
primi schizzi di progetto. Una piccola sezione nell’atrio di ingresso. Questo grande ambiente,
descrive quella che ne è stata sin dall’inizio la a doppia altezza, si estende nello spazio residuo
guida. tra la regolarità dei blocchi degli uffici planime-
Le relazioni con l’intorno, illustrate dai pun- tricamente disposti a «L» e la spezzata del muro
ti di vista che dai diversi livelli degli uffici tra- perimetrale.
ricerche 55

7. Sede per il Consejo Consultivo di Castilla y León. Il prospetto verso la cattedrale. Foto Javier Callejas.

Un’astratta superficie in vetro bianco semi- L’idea di bellezza che Campo Baeza insegue
trasparente, dietro cui si cela una scala a rampa è infatti scevra da sovrastrutture. Una bellezza
unica, unifica e misura questo vano centrale di senza effetti speciali. La bellezza agostiniana della
orientamento, perno del sistema distributivo su verità. La bellezza descritta da John Keats quan-
cui si aprono e si affacciano i corridoi di distribu- do afferma icasticamente: «Beauty is truth, truth
zione degli uffici. Esili pilastri a sezione circolare, beauty, that is all»6. La bellezza della voce di Dio
posizionati su maglia quadrata con una campata che parla ad Elia sul monte Oreb (cfr. 1 Re 19,
di 5,40 m sostengono la copertura. Nove lucer- 9-13), non attraverso fenomeni sconvolgenti (il
nari circolari completano la composizione di un vento impetuoso, il terremoto, il fuoco) ma nel
ambiente suggestivo capace di evocare, nella sua «sussurro di una brezza leggera»7. Una bellezza
semplicità, la dinamica percettiva di una corte che trascende la stessa fisicità dell’opera. E lo fa
urbana più che quella di un interno. attraverso il più immateriale dei materiali: la luce,
Ai livelli terreno e primo si trovano gli uffici, che Baeza imprigiona nelle sue architetture attra-
che affacciano verso sud (di dimensione doppia verso tagli improvvisi, aperture radicali, traspa-
quelli del livello superiore); mentre gli ambien- renze opache, verticalizzazioni fenomeniche.
ti più grandi (biblioteca, amministrazione, sala Più sono chiuse, le sue architetture, e più il
conferenze, segreteria, riunioni) collocati, nei loro cardine consiste nel gioco di luci che le at-
due piani superiori sono allineati ad est. Al terzo traversano; contraddicendone il paradigma ap-
livello si trova una terrazza panoramica allineata parente, facendole quasi fluttuare.
al profilo superiore del muro di cinta, vi si accede La luce è, per Campo Baeza, l’unico vero ma-
da un piccolo volume completamente trasparen- teriale da costruzione di un architetto che non si
te, raggiungibile solo dall’interno, che ricorda limiti a soddisfare una funzione; e insegua invece
la scatola di cristallo sulla copertura di Casa De la bellezza8. La luce è il tema dell’architettura.
Blas, realizzata da Baeza nel 2000 a Sevilla de la Ma la luce che lui cerca non è qualcosa di vago,
Nueva, presso Madrid. Il parapetto è arretrato impalpabile, sfuggente. È materia solida, energia
per non essere visibile dal giardino. Nel com- pura. E il compito degli architetti è quello di cat-
plesso inoltre c’è un piano interrato, destinato a turarla. Come nel Pantheon, come a Ronchamp,
parcheggio. come a Santa Sofia9. Per questo accosta la massi-
vità della pietra alla trasparenza del vetro. Perché
Ancorché studiato in ogni dettaglio, tutto ap- trova «emozionante tornare a scoprire mecca-
pare estremamente semplice. Naturale. nismi antichi e al tempo stesso semplici»10. La-
56 maria argenti

8. Sede per il Consejo Consultivo di Castilla y León. Lo spazio tra il recinto murario e il blocco vetrato. Foto
Javier Callejas.

vorare sullo scavo più che sulla superficie. Sulla Note


sottrazione più che sull’aggiunta.
La bellezza che Campo Baeza insegue è quel-
1
A. Campo Baeza, Il futuro dell’architettura è nel
pensiero, «Domus», 776, novembre 1995, p. 78.
la dell’idea, senza la quale l’architettura è vuota, 2
La sede per il Consejo Consultivo di Castilla y
è vana. E l’idea non ha bisogno di essere misura- León è realizzata da Alberto Campo Baeza in col-
ta. Tanto meno di essere smisurata. «Per un vero laborazione con Pablo Fernández Lorenzo, Pablo
architetto l’idea sta nel palmo di una mano»11. Redondo Díez, Alfonso González Gaisán e Fran-
Poggiata, come la casa di vetro di Zamora. cisco Blanco Velasco: concorso nel 2004, progetto
Le sue architetture cercano la perfezione nella nel 2006, costruzione dal 2008 al 2012.
riduzione del segno.
3
A. Campo Baeza, Jambs, Lintels and Still, «Area»,
142, settembre/ottobre 2015, p. 21.
Non è un caso che – in quell’esercizio da lui 4
Ibid.
stesso definito «la ricerca impavida della bellez- 5
A. Campo Baeza, Construir con aire, in Id., Prin-
za»12 – l’architetto madrileno si diverta a ridurle cipia Architectonica, Mairea, Madrid, 2012.
di scala in plastici che sono vere e proprie minia- 6
J. Keats, Ode on a Grecian Urn, vv. 49-50, citato
ture; quasi a sottoporle alla prova regina che solo in A. Campo Baeza, Cercare la bellezza, «Do-
i cristalli sono capaci di superare, mantenendo mus», 979, aprile 2014, p. 44.
intatte le loro proporzioni, la purezza delle loro
7
Cfr. A. Campo Baeza, Cercare la bellezza cit., p.
44.
geometrie, il rimando ad altre grandezze. 8
Cfr. A. Campo Baeza, Architectura sine luce nulla
Ciò che lo affascina è proprio la possibilità di architectura est, «Domus», 760, maggio 1994, pp.
durare nel tempo, di fissarsi nella memoria degli 86-89.
uomini, di riprodurre grandezze incommensu- 9
Cfr. A. Campo Baeza, Un’idea nel palmo di una
rabili: «vedere il mondo in un granello di sab- mano, «Domus», 972, settembre 2013, pp. 10, 11.
bia, e un paradiso in un fiore selvatico, stringere
10
A. Campo Baeza, Jambs, Lintels and Still cit.
l’infinito nel palmo di una mano e l’eternità in
11
Cfr. A. Campo Baeza, Un’idea nel palmo di una
mano cit., pp. 10, 11.
un’ora»13. 12
A. Campo Baeza, Insegnare a cercare impavida-
Ciò che lo spaventa è il gesto effimero; l’arbi- mente la bellezza, «Domus», 989, marzo 2015, pp.
trarietà superficiale, la fantasia irragionevole che 6-9.
genera mostri: «cerco di conquistare la bellezza 13
W. Blake, Auguries of Innocence, citato in ivi, p. 7.
con tutta la mia anima e con le armi della ragio- 14
Cfr. ivi, p. 44.
ne e della immaginazione»14.

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