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SOUTO SOUTO

Ricordi, Opere, Progetti


Souto de Moura
«Se noi attribuissimo a ogni cosa ciò che essenzialmente
le spetta, allora le cose rientrerebbero, quasi da sé, nell’ordine
loro corrispondente e qui sarebbero pienamente ciò che esse
sono. Questo presuppone liberarsi dall’originalità e realizzare
ciò che è necessario: servire invece di dominare. Ciò significa
persistere nell’umiltà, rinunciare all’effetto e compiere
fedelmente il necessario e il giusto». Eduardo Souto de .Moura
ha fatto sue queste parole di Ludwig Mies van der Rohe, per
esprimere il significato e il fine del suo lavoro di architetto.
Questo libro ripercorre la quarantennale carriera di Souto de
Moura, documentandone tutte le tappe. Le illustrazioni, molte

Nuno Graça Moura


Francesco Dal Co
delle quali inedite, provengono dal suo archivio. Insieme ai
saggi che le accompagnano offrono una occasione unica per
conoscere l’opera di uno dei massimi architetti contemporanei.

euro 50,00

Pubblicato della
Casa da Arquitectura

Casa da Arquitectura
Distribuito da
Mondadori Electa, Milano Stampato in Portogallo

MOURA MOURA
Souto de Moura
Ricordi, Opere, Progetti
Souto de Moura
Ricordi, Opere, Progetti

Publicato dalla Casa da


Arquitectura e distribuito
da Electaarchitettura

Francesco Dal Co
Jorge Figueira
Nuno Graça Moura
Giovanni Leoni
Carlos Machado
Rafael Moneo
Álvaro Siza
Eduardo Souto de Moura
4 Ricordi, Opere, Progetti 152 Casa ad Alcanena 380 Riconversione del Convento Ricordi
José Manuel Dias da Fonseca das Bernardas
Nuno Sampaio 168 Casa 1 a Miramar 498 Testo Quaderno 91
394 Espaço Miguel Torga
176 Hotel a Salisburgo 500 Un’autobiografia poco scientifica
402 Hotel Aquapura (Concorso) Eduardo Souto de Moura
186 Dipartimento di Geoscienze
dell’Università di Aveiro 410 Complesso turistico São Lourenço 504 Biografia
Testi e Saggi do Barrocal
194 Riconversione del Convento di Santa
12 Nota introduttiva Maria do Bouro in Pousada 420 Campus in Medio Oriente (Concorso)
Nuno Graça Moura
214 Casa a Tavira 428 Centrale idroelettrica
14 Un’architettura impegnata con l’etica della diga di Foz Tua 506 Crediti: progetti e opere
Rafael Moneo 222 Burgo — Edificio Commerciale
e per Uffici 440 Cappella del Vaticano per
18 Eduardo Souto de Moura la Biennale di Venezia 2018
Álvaro Siza 238 Casa a Moledo
In corso
20 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura 248 Case a patio a Matosinhos
Giovanni Leoni 450 Casa a Soutelo
264 Casa nella Serra da Arrábida
42 La qualità del linguaggio universale 454 Cantina vinicola Colinas do Douro
Carlos Machado 278 Riconversione della fascia litoranea
di Matosinhos-Sul 458 Casa a Oeiras
56 Cappelle (Architettura per i musei)
Jorge Figueira 292 Metropolitana di Porto 464 Modifica dell’ala sud della Stazione
di São Bento
310 Casa do Cinema Manoel de Oliveira —
Fondazione Sindika Dokolo 468 Riqualificazione del Mercato
di Amarante e della Alameda
318 Chiesa a Maia Teixeira de Pascoaes
Opere, Progetti
322 Stadio Municipale di Braga 476 "Cabanon" sul Douro
74 A House for Karl Friedrich Schinkel
(Concorso) 342 Padiglione polifunzionale
a Viana do Castelo
80 Riconversione di una rovina nel Gerês
350 Fondazione Robinson — Scuola
90 Mercato Municipale di Braga Alberghiera e di Turismo a Portalegre 480 Eduardo Souto de Moura: appunti
Francesco Dal Co
116 Casa das Artes — Centro Culturale 358 Casa das Histórias Paula Rego

132 Casa 1 a Nevogilde 370 Crematorio Uitzicht

140 Casa nella Quinta do Lago


10 11

Testi e Saggi
18 Porto, Maggio 2019 19 Eduardo Souto de Moura

Eduardo Nel 2004 fummo invitati — Eduardo ed io — a disegnare insieme


il Padiglione Serpentine, da costruire ad Hyde Park. Concluso e

Souto de Moura
pubblicato il progetto, qualcuno disse a Eduardo: «Questo lavoro
non sembra tuo».
Accadde che la stessa cosa mi fu detta da un altro amico,
al quale risposi, ammirato: «Se fosse per sembrare mio o suo, con
che scopo lavorare insieme?».
Siamo riusciti a rispondere all’invito che ci fu fatto, esat-
tamente perché nessuno di noi due necessitava dell’altro. Per
puro piacere.
Devo chiarire che io non sono mai stato professore di
Eduardo, nonostante alcune volte l’abbia sentito dire.
Il nostro lavoro in comune cominciò con il progetto SAAL
di São Victor, un quartiere molto vicino alla Scuola di Belle Arti.
Nella rinnovata Scuola di Carlos Ramos, di Octávio
Filgueiras, di Fernando Távora, il rapporto con gli utenti e con la
città in via di trasformazione — con il presente e con la storia —
era particolarmente ammirato.
Gli esercizi di rilievo [inquérito] e il dialogo passarono
anche attraverso São Victor, grazie all’intercessione di un gruppo
di studenti (tra loro, Eduardo) che gli abitanti avevano iniziato
a conoscere.
Avviato il SAAL, subito dopo la Rivoluzione di Aprile, questi
studenti vennero a cercarmi (studenti che non conoscevo, non
essendo in quel momento professore nella scuola). Si propo-
sero di organizzare la “Brigada de São Victor”, su richiesta della
Associação de Moradores (Associazione dei Residenti) in via di
formazione, e in conformità con le condizioni del programma
SAAL. Mi invitarono a dirigerne lo sviluppo e il progetto, con il
ruolo di architetto responsabile.
Accettai. E fu nell’ambito di questo lavoro, intenso e di
breve durata, che iniziò una relazione professionale concretizzata
in brevi spazi, discontinua, senza compromessi, e, fin da subito,
libera da inibizioni o cerimoniali, ognuno di noi allievo e maestro,
simultaneamente e reciprocamente. Né l’uno né l’altro dovette
uccidere un padre. Entrambi abbiamo una moltitudine di padri.
Per più di quarant’anni, varie volte fummo invitati insieme,
senza sapere esattamente il perché. Forse perché abbiamo lo stu-
dio nello stesso edificio (progettato da me) e l’appartamento nello
stesso immobile (progettato da Eduardo). O forse perché un alter
ego, di uno di noi due e simultaneamente comune a entrambi,
ha acquisito vita propria e apprezzato le opportunità occasionali.
Accompagniamo altre opportunità a distanza, molte volte con
stupore e incanto.
Questa vicinanza coinvolse e coinvolge amici di più di una
generazione, con i quali condividiamo, a volte entrambi o solo uno
Álvaro Siza di noi, lavoro, viaggi sognati e altri sogni.
20 Venezia, Luglio 2019 21 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

(Non) Essere Eduardo (Non) Essere un Architetto Portoghese


Eduardo Souto de Moura nasce architetto a Porto, in un giorno

Souto de Moura
di tempesta, orfano, prontamente adottato da una famiglia di
irregolari.
L’adozione non è senza conseguenze perché il giorno della
(felice) tempesta politica, la Rivoluzione dei Garofani, è anche
giorno in cui un vortice energetico inatteso quanto lo sono a volte
le torsioni plastiche delle architetture di Siza, genera, soffiando
tra le stanze accademiche della prestigiosa Escola Superior de
Belas Artes do Porto e ad essa attingendo, una seconda, cosid-
detta “Scuola di Porto” — in realtà la citata famiglia di assai poco
“scolastici” irregolari che rispondono al nome di Fernando Távora,
Álvaro Siza e Eduardo Souto de Moura — capace di trascinare in
Rua do Aleixo 53 ben due dei quarantadue premi Pritzker a oggi
assegnati, certamente l’unico ottenuto con opere che distano
dallo studio del vincitore — la celebre “casa” comune alla foce
del Douro costruita su progetto di Siza a seguito di un concorso
“familiare” — al massimo quattro ore di viaggio in automobile.
Il vortice è così descrivibile in estrema sintesi.
Dal 1947 — anno di uscita del suo saggio O problema da
casa portuguesa 1 — un Távora ventenne “piange” al cospetto
dell’Internazionale Modernista — che frequenta da distaccato
protagonista — “tutte le ragioni” di un architetto “soprattutto
portoghese” mettendo a punto una idea di progetto in discontinu-
ità con il Primo Novecento. Tale nuova concezione è fondata non
su linguaggi internazionali dominanti che calano in luoghi speci-
fici ma su una “riorganizzazione” di luoghi specifici guidata dalla
complessità materiale, geografica, antropologica, sociale dei luo-
ghi stessi e sorretta da un cosmopolitismo colto capace di coniu-
gare, e di porre al servizio della soluzione progettuale, linguaggi
di ogni epoca e regione. Un depotenziamento di fatto dell’epica
del Moderno. Non vince. Vince un revisionismo che garantisce al
modernismo primonovecentesco una continuità ancora oggi, pur
con forze decrescenti, dominante. Ma la sua dolorosa rinuncia
al mito della personalità artistica dell’architetto in favore dello
specifico dell’opera, la scelta dell’Anonimo che assume la forma
biografica di una sofferente de-lecorbusierizzazione mai giunta a
rassegnazione, incontra — siamo alla metà degli anni Cinquanta
e Távora ha da poco superato i trent’anni — il talento artistico
smisurato di un ancor più giovane architetto nato a Matosinhos,
provincia della provincia se il centro lo si fissa a Parigi o Berlino.
Il vortice inizia a montare.

Giovanni Leoni 1 F. Távora, O problema da casa Portuguesa,


«Cadernos de Arquitectura», Serie 1, 1, Lisboa 1947.
22 Giovanni Leoni 23 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

La lezione tavoriana dell’Anonimo lega il giovane artista, della Rivoluzione dei Garofani (1974), infatti, il Ministero della
Álvaro Siza, allo specifico dell’opera e la visione cosmopolita lo Casa viene affidato a Nuno Portas che promuove una ampia
salva dall’obbligo di immolare il proprio talento a un modernismo riforma articolata in SAAL (Serviço Ambulatório de Apoio Local)
internazionalista che in quel momento, in Portogallo, ha credito di e Programma Cooperativo di Abitazione. I SAAL prevedono il for-
avanguardia. Matosinhos, da provincia della provincia, si fa centro marsi di Brigate Tecniche composte anche da docenti e studenti
di gravità per un laboratorio in cui le mani e il pensiero di Távora e della scuola di architettura, il cui compito è di redigere progetti
Siza si intrecciano trasformando il progetto culturale in progetti coinvolgendo le componenti sociali. Ed è l’esperienza dei SAAL —
d’architettura costruita di straordinario valore seminale. Progetti che vede coinvolti anche Távora e Souto de Moura, quest’ultimo
che gli aggiornamenti in corso da parte dell’internazionalismo ancora studente — ad accendere l’interesse internazionale per
architettonico, in quel momento, ignorano. Siza 4 e per uno specifico portoghese che resta tuttavia sostan-
Intanto Eduardo Souto de Moura nasce, non alla architet- zialmente estraneo ai processi storici e culturali di cui il nuovo
tura ma alla vita. È il 1952, dunque se dieci anni di età separano internazionalismo è frutto.
Távora da Siza, la distanza generazionale che separa Souto de È dunque tra le rovine del SAAL di São Victor (Porto, 1974)
Moura da Siza è di venti anni, e il fatto non è inessenziale perché che Eduardo Souto de Moura nasce, già “architetto internazio-
alla “Scuola di Porto” manca una figura rappresentativa del 1968, nale” e ineludibilmente portoghese, tra le braccia di un Siza ormai
annus mirabilis del Secondo Novecento. Ma non si tratta sola- quarantenne, a breve celebrato nel cuore della Mitteleuropa come
mente di uno sfasamento biografico e politico. La matrice centro- esperto di edilizia sociale, tema che in realtà sta appena speri-
europea e statunitense del movimento che, dalla metà degli anni mentando mentre ha alle spalle quindici anni di professione e
Sessanta, anche nel campo dell’architettura diviene un aggiorna- opere fondative quali la Casa del Tè (Leça da Palmeira, 1958) o la
mento dell’ipotesi internazionalista, ancora una volta marginalizza Piscina delle Maree (Leça da Palmeira, 1961).
inevitabilmente il Portogallo. In relazione al laboratorio portuense Essere non il primo architetto “moderno” portoghese ma
di cui si è detto, tuttavia, è più corretto parlare di una genealogica il primo architetto “portoghese” moderno, la guerra persa da
estraneità culturale. Il Diario che Távora 2 scrive nel 1960 come Távora sulla scena internazionale, non è più battaglia necessaria.
resoconto del “giro del mondo” finanziato da una borsa di studio Essere portoghese è, di per sé, à la page ma il riconoscimento,
della Fondazione Gulbenkian di Lisbona, è testimonianza suffi- per farsi internazionale, deve tralasciare molto dello specifico di
ciente del suo antiamericanismo e i suoi viaggi europei prediligono un laboratorio — vissuto da Souto de Moura come apprendista
l’Italia, luogo non meno marginale e, almeno fino a quella data del nello studio di Siza — nel quale non vige la norma o l’identità di lin-
Diario, teatro di una affine ricerca di “nuovo realismo”. Siza, dal guaggio ma l’esercizio sperimentale e fortemente esperienziale su
canto suo, cerca la via d’ingresso alla Mitteleuropa passando per luogo e circostanza. Per altro Siza allontana rapidamente l’allievo
la Finlandia e incontra il Sessantotto per caso mentre si trova a dal suo studio incitandolo a una pratica professionale propria e
Parigi a discutere con Robert Auzelle il progetto per Avenida da mettendolo al sicuro da ogni forma di scolasticismo secondo una
Ponte a Porto 3. idea di maestria come arte del distacco e della discontinuità che
Il vortice prende così piena forza. anche Távora aveva messo in pratica nei suoi confronti.
Per ragioni più politiche che architettoniche, la cultura Il riconoscimento internazionale dello specifico portuense
del nuovo internazionalismo generatosi grazie ai movimenti del si rafforza, e più articolata diviene la narrativa critica, quando
Sessantotto rivolge la propria attenzione alla enclave architetto- all’inizio degli anni Ottanta l’internazionalismo architettonico si
nica portoghese, indiscutibilmente “rivoluzionaria” perché parte- rigenera nella forma, nelle molte forme ora non solo ideologi-
cipe del rovesciamento di un regime dittatoriale cinquantennale, che ma anche architettoniche, del Postmodernismo e nel con-
indubbiamente affascinante perché attribuisce alla architettura, cetto oppositivo ma consustanziale di Regionalismo Critico
alla città, un ruolo centrale nel processo di liberazione. A seguito

4 V. Gregotti, Architetture recenti di Álvaro Siza,


«Controspazio», 9, 1972, pp. 22–25; Casa unifamiliare a
2 F. Távora., Diário de “bordo” (1960), ed. Á. Siza, Oporto, Gruppo di abitazioni a Caxinas, Studio per abitazioni
R. Marnoto, Porto 2012 (edizione italiana a cura di A. Esposito, economiche a Oporto, «Lotus», 9, 1975, pp. 54–59; O. Bohigas,
G. Leoni, R. Maddaluno, Siracusa 2020). Álvaro Siza Vieira, «Arquitecturas Bis», 12, 1976, pp. 11–18;
3 Cfr. F. Távora, Á. Siza, Lavorare “insieme”, B. Huet, La Passion d’Álvaro Siza, «L’Architecture d’Aujourd’hui»,
conversazione raccolta da A. Esposito e G. Leoni, Porto, 185, 1976, p. 43; R. Moneo, Arquitecturas en las márgenes,
11 gennaio 2002, «Casabella», 700, maggio 2002, pp. 53–57. «Arquitecturas Bis», 12, 1976, pp. 2–4.
24 Giovanni Leoni 25 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

propugnato tra gli altri da Kenneth Frampton 5. Questi rubrica passeggiata nel Labirinto della Storia, un corpo a corpo, anche
tra i casi esemplari di Regionalismo Critico la “Scuola di Porto” violento e scomposto, con il Minotauro 9.
cogliendone aspetti essenziali per lo più sfuggiti agli innamora- E nel labirinto ideologico dell’«essere portoghese», non
menti “rivoluzionari” della metà degli anni Settanta ma, dovendo dissimile da altre riflessioni sulla identità nazionale in relazione
combattere una battaglia non locale, apre, con la sua definizione all’internazionalismo modernista, postmodernista e poi deco-
di “laconic way” 6, l’accesso a una categoria estetica internazio- struttivista, il Minotauro con cui combattere corpo a corpo è il
nalmente spendibile, il “minimalismo”, con cui Souto de Moura suolo “indemoniato” della città di Porto — come Siza lo definisce
giocherà una partita tesa e interessante ma non certo descrivibile — e di ogni suolo che proponga analoghe sfide.
nei termini di una piena adesione. Del resto, la laconicità evocata Se la Scuola di Porto fosse una Scuola ne avremmo qui indi-
da Frampton testimonia forse anche, più che una via minimali- viduato un carattere distintivo, ma differente, per altimetria, in
sta della architettura portuense davvero difficile da riscontrare ogni suo componente.
nelle opere, una difficoltà della critica a individuare una narrativa Il problema di Távora è far scendere il corpo dell’edificio
appropriata, un suo trovarsi priva di parole nei reiterati tentativi dai pilotis lecorbusieriani per “farlo sedere” correttamente al
di riportare tale ricerca in continuità con il Primo Novecento e i suolo. Un procedimento che implica l’abbandono del controllo
suoi maestri. Per Távora così come per Siza l’ipotesi matrice è, geometrico e prospettico della architettura e una sua mutazione
come detto, la discontinuità, la volontà di comprendere non cosa ontologica da corpo solido che istituisce un ordine a corpo soli-
accade dopo Le Corbusier, pro o contro di lui, ma cosa può acca- do-aereo che assorbe e riorganizza linee di energia, materiale e
dere a prescindere da Le Corbusier, non come si può restaurare immateriale, già presenti nel luogo.
la tela del “moderno” nella nuova condizione postbellica ma cosa La sofisticata altimetria tavoriana si riduce ulteriormente
si intravede attraverso gli squarci che, nella tela, si sono prodotti nella “vocazione animale” 10 di Siza che in ogni occasione possi-
a causa della Guerra e di altre epocali fratture culturali. bile, compone e intesse, senza confonderli, architettura e suolo.
Non senza famiglia dunque, nasce Eduardo Souto de Moura, In Eduardo Souto de Moura non troviamo né la antro-
ma orfano di un Moderno inteso, alla Zevi, come discontinuità pomorfica e antropologica leggerezza dei corpi architettonici
combattente di contrapposizione al Classico 7 e come orizzonte seduti di Távora né l’animalesca capacità di impadronirsi del
ultimo sul piano critico e operativo. Orfano, per conseguenza, luogo e dominarlo che caratterizza l’opera di Siza. Troviamo,
anche di ogni aggiornamento del Moderno in chiave interna- piuttosto, una attitudine tormentata e, come su molti altri temi,
zionalista e perciò esente dal Postmodernismo. Non Lyotard un esercizio composito.
ma Habermas 8 e la scelta di preferire, rispetto a una pacificata

5 Cfr. K. Frampton, Towards a Critical Regionalism: Six 9 Faccio qui riferimento alle illuminanti considerazioni
Points for an Architecture of Resistance in The Anti-Aesthetic. sul “mito postmoderno del labirinto” contenute in A. Moresco,
Essays on Postmodern Culture, ed. H. Foster, Seattle 1983; K. S. Pietri, Il fronteggiatore. Balzac e l’insurrezione del romanzo,
Frampton, Prospects for a Critical Regionalism, «Perspecta», Milano 2017, che rimanda anche al saggio: A. Moresco,
20, 1983, pp. 147–61. Il paese della merda e del galateo in Id., Il vulcano, Milano 1999,
6 K. Frampton, In Search of a Laconic Line. A Note pp. 11–30. «L’intellighenzia del nostro tempo si è innamorata
on the School of Porto, «A&V», 47, May-June 1994, p. 118–120. del labirinto, si è smarrita negli spazi mentali di un labirinto
7 «Il classicismo è la regola che comprende il tutto rielaborato a propria immagine e somiglianza. I positivisti
ed è capace di includere le parti, il particolare, l’eccezione cui e gli illuministi delusi si sono rifugiati nel mito del labirinto,
ci obbliga il luogo. Il classicismo lega l’artificialità̀ del concetto o del puzzle, o del gioco combinatorio, riproducendo in esso,
alla naturalità̀ del sito: basta vedere il cimitero di Asplund. rovesciata, la stessa ossessione di definibilità e di ordine che
Il modernismo ha continuato a pensare in questo caratterizzava il positivismo nella sua fase iniziale, “positiva”.
modo (Schinkel, Behrens, Mies), solo che ha dovuto cambiare Condannati al puro ricalco letterario, all’epigonalità, per non
i “materiali”. Ha sostituito la pietra e il legno col calcestruzzo doversi trovare faccia a faccia col caos. Perché il loro labirinto
e l’acciaio. Divenne tutto differente affinché́ potesse rimanere imprigiona, sì, ma anche, stilizzando, protegge. Questo labirinto
uguale — la AEG di Peter Behrens è un tempio greco rimesso è ancora un mito consolatorio. Anche ipotizzando che non
a nuovo col ferro.» (E. Souto de Moura, Fragmentos, Porto, si potrà mai uscire da esso, è sempre consolante pensare che
13 de Abril de 1998, trad. it. in A. Esposito, G. Leoni, Eduardo c’è comunque qualcos’altro, da qualche parte, persino se non
Souto de Moura, Electa, Milano 2012, pp. 366). si riuscirà mai a entrarci. Come se ci fosse qualcosa da cui poter
8 Cfr. E. Souto de Moura, Uma autobiografia pouco uscire e qualcosa in cui poter entrare! Non c’è nessun labirinto.
científica, Porto, 21 de Junho de 2010 (trad. it. A. Esposito, È molto peggio: non c’è niente! E quindi c’è tutto».
G. Leoni, Eduardo Souto de Moura, cit. pp. 536–37) con 10 E. Souto de Moura, Vocação animal, 10 de Abril de
riferimento al saggio: J. Habermas, S. Ben-Habib, Modernity 1996 (trad. it. in A. Esposito, G. Leoni, Eduardo Souto de Moura,
versus Postmodernity, «New German Critique», 22, 1981, numero cit., pp. 60–61.
speciale sul Modernismo, pp. 3–14.
26 Giovanni Leoni 27 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

Da un lato abbiamo opere che sono diretta rappresenta- tavoriana e sopra tutti la confidenza con le tecniche e i processi
zione della violenza insita nell’insediarsi al suolo della architettura. costruttivi rinvenuti nel luogo, accolti come invarianti storiche,
Il tema compare in purezza già in progetti d’esordio di Souto de costanti costruttive che si possono attualizzare o liberamente
Moura come il Monumento a Delgado (Porto, 1979) o, in forma intrecciare con invenzioni. Di Távora manca tuttavia il desiderio
più elaborata, nel Caffè per il Centro Sportivo di Braga (1983), del dialogo con la storia iconica dell’edificio, con la stratificazione
«sedia non ben riuscita» perché «dalla ragione cadde un cubo, su dei “diversi presenti” individuati con attenzione archeologica, che
quel foglio, vicino all’acqua» e «il corpo personale, alla maniera talvolta Távora ipostatizza, talvolta ricompone, talvolta accosta
di Sisifo, torce del 10% la figura del cubo» così che «dagli incanti con immagini proprie. Souto de Moura non ha interessi archeo-
del disegno si passi all’azione» 11. logici, non salva nulla per filologia e soprattutto non ha nessuna
Ma è l’interesse per la rovina che lo rivela pienamente e fiducia nella forza salvifica del disegno rispetto al trasformarsi e
porta al corollario che potremmo definire come la volontà di (non) al dissolversi della architettura a causa del trascorrere del tempo
essere un architetto esperto di restauro. e al mutare delle circostanze umane. Non ritenendo di avere il
La rovina è attraente perché il “disastro” dello scontro potere, e tanto meno il dovere di una restituzione, il suo progetto
tra architettura e suolo è già avvenuto e non rientra più tra le sul costruito non implica la definizione di una gerarchia di valori
responsabilità del progettista, perché la geometria dell’ideazione nel tempo. Il confronto — facendo esplicito riferimento al con-
umana originaria si presenta già infranta. Inoltre, la materia con cetto rossiano di tipologia come formulato nella Autobiografia
cui ri-comporre il progetto è materia commista, naturale e lavo- Scientifica 12 —, è con il potenziale “energetico” del luogo inteso
rata dall’uomo offrendo per tale ragione l’ulteriore vantaggio di non come contesto di significati da valutare culturalmente ma,
un’opera inevitabilmente pluri-autoriale, esente dalla diretta affer- appunto, come materia commista, artificiale e naturale, disponi-
mazione individuale. Naturalmente nei progetti sul costruito di bile per una ricomposizione e, se necessario, aperta a integrazioni.
Souto de Moura — soprattutto in Santa Maria do Bouro (Amarès, Il progetto di Souto de Moura procede insinuandosi nella
1989) che è la prima occasione in cui affronta il tema a grande trama degli eventi che hanno consegnato l’edificio al nuovo
scala —, si colgono aspetti metodologici riconducibili alla lezione progettista con una forte connotazione esperienziale, come gli
schizzi testimoniano, una ricerca delle opportunità che si pos-
sono utilmente porre al servizio del nuovo programma e della
11 «Nel terreno vuoto, un asse sportivo. “Tutto deve nuova committenza. Un aggirarsi tra le rovine non per nostalgia
essere disposto lungo le direttrici fissate dall’operatore.
Le linee configurano la memoria protetta, in modo che lo scopo di quanto perduto ma con il piacere di accostarsi e porre nuova-
di questa fase operativa sia di raggiungere la coincidenza delle mente mano ad altrui opere di ingegno architettonico, certamente
immagini interne con la percezione istantanea”. All’interno era
‘il dominio incantato’. Un bar di Loos in un quadro di Magritte. affine ai restauri tavoriani condotti in cantiere e “senza disegni”
All’esterno, a supporto, vidi solo un muro, lì vicino all’acqua. come la Quinta da Conceição (Matosinhos, 1956) o la Casa di
“Tutto quel che c’è, è stato già̀ visto, esiste in quanto forma o
sistema di forme. Lo spirito si è organizzato con queste immagini, Vacanze a Briteiros (1989). Ma se queste sperimentazioni “nel
che non si trovano nello stato di dizionario visuale, ma sono
internamente organiche, sono un’esperienza di costituzione”.
tempo dell’accadimento”, condotte fuori dalla rappresentazione
Forse, per questo, quella ‘sedia’ non è ben riuscita, lì seduta come strumento di ricomposizione e restituzione della dimen-
vicino all’acqua. “La forma del Mondo che siamo deve dunque
adattare la forma istantaneamente ottenuta là fuori, attraverso
sione storica dell’edificio, si fondavano sulla immediata condivi-
una sintassi mentale severissima. Realizzare questo ingranaggio sione di un sapere costruttivo tra progettista e maestranze meto-
è una sorta di buona volontà̀ intellettuale, un’ironia dell’essere che,
di passaggio, ha creduto agli auspici e agli intenti della ragione”. dologicamente coerente con la archeologia colta di opere come
E dalla ragione cadde un cubo, su quel foglio, vicino all’acqua. il Convento di Santa Marinha (Guimarães, 1972), o il Palazzo del
“E il nostro corpo, che è il corpo fremente delle immagini, le
immagini incarnate, impone la correzione del Mondo. Non per Freixo (Porto, 1996), nei (non) restauri di Souto de Moura manca
questo atto un po’ ingenuo di alterare secondo una certa sintassi,
impresa di immaginazioni artigiane, ma per un grande coraggio
deliberatamente il progetto storico e, di conseguenza, viene meno
del corpo personale, che deve obbligare e assoggettare le figure ogni volontà metodologica. L’occasione domina il progetto, che
fluttuanti del Mondo”. E il corpo personale, alla maniera di Sisifo,
torce del 10% la figura del cubo, lì vicino all’acqua. Dagli incanti del
può assumere veste di filologia quando l’incontro architettonico
disegno passiamo all’azione. “E la voce dice: l’azione è la possibilità̀ è particolarmente coinvolgente (e il programma debole) come
della personalità̀. Bisogna abolire tutti i discorsi sull’azione.
Ci soffocano; tagliano la redazione dello spirito, la modulazione, nel caso della Alfandega (Porto, 1993), originariamente proget-
la pronuncia. L’azione riguarda ciascuno. Nessuno è così adatto tata nel 1859 dal francese Jean F.G. Colson, ma anche può offrire
a lei come per se stesso”. E da ciascuno vengono fuori mani, che
vibrano tra i casseri un tempo di professione. A supporto... penso
di aver visto un muro, lì vicino all’acqua». E. Souto de Moura,
Uma conversa com Herberto Helder, 1983 (trad. it. in A. Esposito,
G. Leoni, Eduardo Souto de Moura, cit., pp. 76–77. 12 A. Rossi, Autobiografia Scientifica, Parma 1990.
28 Giovanni Leoni 29 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

occasioni di spaesamento quando, ad esempio, la piscina timi- propri fondamenti architettonici antifigurativi o intende masche-
damente inserita nel complesso conventuale di Bouro diventa rarli. In questo caso l’equilibrismo è tra il richiamo alla professione
una grande vasca d’acqua fuori scala che fa balenare la cultura del “cliente” Manoel de Oliveira, che lo porta a immaginare un
pop di David Hockney nel cuore del cinquecentesco Convento edificio-macchina da presa, e una esercitazione di zoomorfismo
das Bernardas (Tavira, 2006). Molte le occasioni, perse (i progetti in cui combina gli occhi di una mosca — il protendersi e orientarsi
di concorso per il Maxxi di Roma nel 1998 o l’edificio multifun- delle grandi finestre — con la coda di un gatto evocata dalla forma
zionale della Fondazione Serralves a Matosinhos nel 2008), colte finale assunta infine dal corpo architettonico 16. Ma il progetto
(Scuola alberghiera a Portoalegre 2004) o in corso (progetto per non si esaurisce in tale procedimento straniante e per compren-
la Stazione di São Bento a Porto, 2018) che dimostrano l’efficacia derne altre implicazioni è interessante metterlo a confronto con
del progetto di (non) restauro di Souto de Moura, soprattutto se due opere portuensi sostanzialmente contemporanee: la Casa dei
riguarda non singoli oggetti ma parti di città. Ventiquattro di Távora (1995) e la Casa da Música (1999) di Rem
Un progetto basato non su salvifiche icone, siano esse colte Koolhaas. Il key-concept del progetto di Koolhaas è una dichiarata
nel passato o immaginate nel futuro, ma combattuto punto per rassegnazione al modello fisico-acustico della “shoe-box concert
punto nel luogo del “disastro”, senza cancellare la violenza che hall” che, tuttavia, non viene esibita nella sua anonima “compa-
l’architettura, nel suo essere costruita e nel suo trasformarsi sem- cidad” come accade ad esempio nell’auditorium progettato per
pre genera, un progetto che si muove tra le pieghe dell’infraor- Barcellona da Rafael Moneo quasi un decennio prima, ma salva-
dinario e delle sue potenzialità, denunciando da un lato matrici guardata al negativo all’interno di un oggetto architettonico pla-
surrealiste ben presenti nel suo lavoro e dall’altro la cinica parresia stico di carattere schiettamente monumentale. Più che un omag-
che lo caratterizza 13. gio alle “sculture” di Siza, come si è scritto, l’edificio di Koolhaas
Ma lo scontro, casuale e violento, tra naturalità del suolo appare come una piena contraddizione della dinamica compo-
e astrazione geometrica del volume architettonico è all’origine sitiva di questo, sempre determinata da una interpretazione del
anche delle esercitazioni plastiche aeree che caratterizzano una luogo e della circostanza. Se la Casa da Música campeggia sulla
parte delle architetture di Souto de Moura, in una crescente sfida Rotunda da Boavista facendosi osservare come monumento, la
alla forza di gravità la cui perdita allarmava Távora. Questi, in una Casa Dei Ventiquattro di Távora è opera radicalmente anti-mo-
conferenza tenuta alla Casa das Artes il primo luglio 1991, osser- numentale. Il suo sobrio e colto linguaggio non afferma nulla ma
vava che se camminiamo «in una atmosfera priva di gravità, senza traduce e rende evidente una lettura profonda del nodo urbano
peso né riferimenti, indifferentemente verso l’alto o verso il basso, in cui l’opera è collocata. Il passante non è indotto ad osservarla
in orizzontale o in verticale, senza nord e senza sud» il rischio è come monumento ma ad accostarvisi e ad attraversarla come un
di intraprendere la «triste e facile avventura della forma per la dispositivo spaziale interpretativo per cogliere le relazioni delle
forma» 14. Avventura in cui spericolatamente Eduardo Souto de diverse parti e anime della città 17. La Casa del Cinema di Souto de
Moura si lancia, all’occasione, con il procedere degli anni sempre Moura, da un lato non ha nulla della confidente narratività affer-
più spesso e in forma più ardimentosa ma non con la fiduciosa mativa dell’opera di Koolhaas eppure racconta (mosche, registi,
positività inventiva di uno scultore quanto con l’attitudine critica gatti). Dall’altro osserva e interroga la città che confusamente e
di un architetto che tormenta il corpo architettonico per passare, senza qualità sorge all’intorno ma con uno sguardo personale e di
appunto, «dagli incanti del disegno» alla azione. accettazione che ha completamente perduto la tavoriana fiducia
L’“animale” inizia a farsi nervoso 15 con la Casa del Cinema a post-razionalista di poter nuovamente comprendere e forse con-
Porto (1998) il cui progetto è ricco di procedimenti analogici come trollare con sguardo progettante una città e la sua struttura. La
spesso accade quando Souto de Moura vuole allontanarsi dai Casa del Cinema non è quindi un monumento volto a istituire una

13 Faccio riferimento al testo: M. Foucault, Le courage


de la vérité. Le gouvernement de soi et des autres II. Cours
au Collège de France. 1984, Paris 2009 (trad. it. Milano 2011). 16 «Il progetto include un accesso e la sistemazione
Ricordare l’ampia letteratura ad esso connessa è qui non degli esterni dalla strada a sud del complesso. Con questa coda
necessario ma ringrazio gli amici Andrea Borsari e Ugo Cornia l’edificio cessa di essere una “mosca” e chi passa può pensare
per avermi introdotto al tema, illuminante, del neo-cinismo “qui gatta ci cova”» (dalla relazione di progetto).
in chiave foucoultiana. 17 Per una acuta lettura della Casa dei Ventiquattro
14 F. Távora, Homenagem a Siza Vieira, «Arquitectos», da parte di Eduardo Souto de Moura si veda: La torre di Távora,
XI, 1992, pp. 112–13. intervista a Eduardo Souto de Moura a cura di A. Esposito,
15 Riferimento a E. Souto de Moura, Vocação animal, cit. G. Leoni, «Casabella», 700, maggio 2002, pp. 64 sgg.
30 Giovanni Leoni 31 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

nuova presenza con valenze estetiche, come l’opera di Koolhaas, e al tempo stesso, depotenziata estendendo l’atto architettonico a
non è nemmeno concretizzazione di dati circostanziali reinterpre- una rimodellazione della conformazione orografica che va oltre il
tati, ovvero non ha il senso che la lezione tavoriana di una archi- compito architettonico di collocare un edificio al suolo. Il proce-
tettura interrogativa e di commento assume, ad esempio, nella dimento, che in progetti come le case a Baião (1990) o di Moledo
ricerca di Siza. Al tempo stesso, però, la plastica aerea di Souto (1991) compare ancora con una mascheratura di “naturalità”, si
de Moura non ha la timidezza del non-dire propria del minimali- svela pienamente nello Stadio di Braga (2000). Da un lato l’opera
smo — che supporta altri aspetti del suo progetto — e mantiene è una applicazione raffinata e colta affine alla lezione tavoriana
la struttura di un atto di interrogazione, seppure rigorosamente relativa alla opportuna collocazione altimetrica del corpo architet-
scettico, riguardo a ciò che la circonda e riguardo ai fondamenti tonico condotta a una scala paesaggistica che evidenzia l’abilità
della architettura, primo su tutti, il suo (non) essere “opera grave” del progettista. Dall’altro, sbancando la roccia con esplosioni di
(Museo di Bragança 2002; Uffici in Avenida de Boavista, Porto, dinamite e non cercando poi una fusione tra roccia fratturata e
2004; Ospedale di Ognissanti e progetto di concorso per Sede oggetto architettonico costruito, il progettista trova, forse sor-
EDP, Lisbona 2008; Auditorium Santa Casa da Misericórdia, prendendosi egli stesso, una potenza espressiva in grado di richia-
Lisbona 2013). mare, più che lemmi del Moderno, il superomismo espressionista
L’attrazione per una sprezzatura formale giocata con forme della Architettura Alpina di Taut, l’idea di una azione architettonica
aeree e antigravitazionali trova però in Eduardo Souto de Moura un che si amplia fino a voler rimodellare la Terra stessa, senza tuttavia
contrappunto di segno opposto in una personale interpretazione l’illusione avanguardistica riguardo alla possibilità che ciò possa
della “empatia topografica” che, secondo George Kubler 18, carat- avvenire in forma cristallina e armonica. Altri progetti vanno oltre,
terizza la cultura architettonica portoghese. In alcuni sui progetti, sicuramente anche per esigenze di programma come nel caso
infatti, l’attenzione orografica di natura interrogativa e dialogica della Metropolitana di Porto (1997), ma rivelando un compiaci-
che condivide con Távora e Siza, diviene un vero e proprio atto di mento per l’azione titanica di sprofondamento nel suolo con con-
trasformazione geografica del luogo e dei suoi caratteri fisici. La seguenti effetti spaziali piranesiani ben testimoniata dal progetto
violenza dello scontro tra architettura e suolo viene enfatizzata e, per la diga Foz Tua a Alijo (2011). Ma anche quando l’occasione
non consente una totale cancellazione della forma architettonica
decisa e disegnata potendosi definire al negativo e per scavo,
come nei progetti ora citati, la materia non composta, estratta dal
18 «C’è un libro di George Kubler, A Arquitectura Chã, suolo e mostrata come tale diventa strumento fondamentale per
che descrive l’architettura portoghese come connessa alla terra, la ricerca in “estilo Chão” di Souto de Moura, dalle celebri pareti
al suolo, in empatia con il suolo. I portoghesi sono pochi e hanno
fatto scoperte troppo ampie nel mondo così, per controllarle, in granito delle prime opere ai rivestimenti in scisto di Foz Toa del
hanno dovuto mettere a punto metodi molto pragmatici. Museo Torga (2007), naturalmente senza alcuna pretesa di “natu-
Di conseguenza l’architettura portoghese è molto pragmatica
e efficace in quanto non altera il paesaggio. Essa assume ralezza” ma presentate nella forma ironica di “pitture minerali”.
forme che enfatizza grazie alla topografia e ciò ha avuto grande
influenza sulla cultura architettonica portoghese. Tutti sappiamo
Non il mito ma una retorica dichiarazione di appartenenza della
che I Romani cambiavano la topografia per costruire le loro città. architettura alla terra, raffigurazione del silenzio formale che può
I portoghesi, nel XIV secolo, volendo occupare piccolo territori
della costa Africana, vi insediarono alcune famiglie. Le famiglie
derivare dalla esibizione della nuda materia.
contattavano I nativi e occupavano il territorio così come era. Nel Museo Paula Rego (2005), con una classica inversione di
Da lì nasce l’efficace pragmatismo che consente al Portogallo
di diventare l’impero coloniale che è stato. Evidentemente senso alla Souto de Moura, lo scavo viene rovesciato e la materia
ciò crea una identità architettonica — e io non so dire se portata fuori terra mostrando una fisicità non più ironica e anzi
l’architettura ha una identità — ma con varianti e una variante
è la “plain architecture”, a arquitectura Chã. L’architettura enfatizzata nell’ergersi dei due corpi piramidali di ingresso. Ed è
portoghese bassa, piccola, incorporata nel terreno. Faccio
un esempio. Nel XVIII secolo il re più ricco del mondo — perché
infine in un piccolo edificio recente, la variante Souto de Moura
il Portogallo era gli USA del tempo — costruì un palazzo ridicolo. delle Vatican Chapels immaginate da Francesco Dal Co in occa-
Ridicolo. Il Palazzo di Queluz è un piccolo padiglione per gli
standard delle famiglie reali europee dell’epoca e fu costruito
sione della XVI Biennale di Venezia, che l’espressività della nuda
dal re più ricco del mondo. Ciò significa che restiamo vicini materia ricompare in forma non filtrata da riflessione critica ma
al suolo, piccoli. E costruiamo secondo quel principio. Quando
abbiamo voluto costruire in grande, edifici opulenti come il schiettamente affermativa: un esercizio di elementarismo trilitico
convento di Mafra, abbiamo chiamato architetti italiani abituati non nuovo nel suo lavoro — e del resto ben radicato nella sua
a costruire diversamente» (intervista a E. Souto de Moura — 2011
— contenuta nel testo E. de Sousa, Heterotopology: Portuguese matrice di portoghese del Nord — ma che qui definisce intera-
Plain Architectural histories, c1960–present in E. Sousa Santos,
ed., System of History. George Kubler’s Portuguese Plain
mente l’opera senza che siano introdotti principi di contraddi-
Architecture, «Debates», 3, Sept. 2013, p. 66. zione, straniamento o distacco.
32 Giovanni Leoni 33 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

(Non) Essere un Architetto Miesiano piuttosto un compito totalmente nuovo, il “dovere”, a cui anche
Se la saudade di Távora è Le Corbusier — Maestro del Mies richiamava, di conoscere le cose per come esse sono, e le
Moderno che avrebbe potuto «creare una specifica identità arti- loro interconnessioni, prima di arrogarsi il diritto di modificarle 23.
stica per la Svizzera romanza» e «condurre… la patria alle sue vere Già progettando il Mercato di Braga (1980) Souto de Moura
armonie» 19 — se la saudade di Siza, ammesso che di saudade si coglie perfettamente la natura di rovina e non di manifesto affer-
tratti, è Aalto — «finlandese con il desiderio di viaggiare», capace mativo del Padiglione di Barcellona miesiano, la scatola mura-
di articolare senza tensioni identità locale e azione internazionale ria impeccabile ma frammentata e ridotta a rudere, l’esercizio
— la saudade di Eduardo Souto de Moura sembrerebbe essere costruttivo con il ferro e il vetro a sperimentare da un lato una
Mies. Mies van der Rohe occupa nella sua ricerca una posizione spazialità non racchiusa e, dall’altro, una possibile innovazione
scomoda ma chiara e quasi fisicamente visibile nel punto di con- dell’involucro architettonico tradizionale. Il Padiglione non è
tatto tra la libertà formale delle architetture aeree private della certamente riferimento puntuale per l’opera prima di Souto de
gravità e la tensione al silenzio delle opere più o meno sprofon- Moura ma funge da exemplum in relazione alla applicabilità dei
date nel suolo. Potremmo dire che Mies è la guida, lo strumento principi formali e spaziali avanguardistici, e più specificamente
regolatore scelto, almeno inizialmente, per immettere principi di neoplastici, con una piena consapevolezza, da parte sua, della
raziocinio nello scontro violento tra architettura e suolo. dimensione narrativa che caratterizza l’opera miesiana 24. Ma a
Ma, a Mies, Souto de Moura non richiede una azione pacifi- tale narrazione, che in larga misura fa propria, Souto de Moura
catrice e, tanto meno, una lezione da Maestro del Moderno che, apporta fin dalle prime sperimentazioni una variante strutturale
di fatto, non è, essendone piuttosto uno dei più feroci critici come poiché la priva, portandolo in secondo piano, del principale agente
Souto de Moura, che ne ha studiato le opere dal vero e da archi- critico, nonché primaria ossessione architettonica di Mies, ovvero
tetto, ha compreso forse meglio della storiografia consolidata. dell’angolo, dimostrazione, o quanto meno terreno di prova della
Tre sono gli aspetti salienti che egli coglie in Mies e, secondo convinzione heideggeriana che il costruire conduca, inevitabil-
il principio di adesione del Nexus 20, elabora come propri, senza mente, all’abitare. Una fiducia nell’involucro architettonico, che
alcuna preoccupazione filologica, in un rapporto “affettivo” e non pure sfida come pochi altri, e nella sua capacità di proteggere la
scolastico che caratterizza tutta la sua relazione con il Moderno vita degli uomini, ancora centrale nella ricerca di Mies.
primonovecentesco. La versione di Souto de Moura, la sua personale ossessione,
Innanzi tutto la tragedia e non l’epica del Moderno ovvero la è invece il muro. Un muro che non racchiude, che ha come com-
comprensione che ciò che il Moderno costruisce è in continuità, pito primario non la definizione di un volume ma il tracciamento di
non formale evidentemente ma epistemologica, con il Classico, un percorso, testimonianza di un atto conoscitivo e interpretativo
chiusura di un ciclo e non apertura di una nuova fase, il cui esauri- volto a riorganizzare la complessità e circostanzialità di un luogo
mento lascia il Secondo Novecento a confrontarsi, «oltre la soglia esistente piuttosto che costruirne uno ex novo. Una attitudine che
dell’accertabile» con il «linguaggio dell’esistenza», per usare l’e- certamente ha molte affinità con il «camminare e comprendere»
spressione di Manfredo Tafuri 21 o, per usare l’espressione di un alla base del metodo progettuale tavoriano e anche con la archi-
autore più presente tra i riferimenti di Souto de Moura, con il tettura cinetica e peripatetica di Siza oltre che, evidentemente,
compito di una «smisurata ricerca delle cose» 22 che estenda il con le comuni radici popolari portoghesi. Il tentativo di costruire
campo di azione della architettura oltre la forma umanisticamente una architettura di attraversamento e non di definizione di un
intesa. Una “distruzione” della architettura, la definisce Rossi, o luogo, o la narrazione di tale ipotesi, ricompare nella Casa das
Artes (Porto, 1981) ma con una significativa variante di senso.
19 Così si esprime Fernando Távora nella Lectio Se nel Mercato il muro come costruzione fisica di un tracciato
magistralis tenuta in occasione del conferimento della laurea
Honoris Causa presso l’Istituto Universitario di Architettura
di Venezia nel 2003.
20 E. Souto de Moura, Nexus, Arquipa. 26 de outubro de
1997 (trad. it. in A. Esposito, G. Leoni, Eduardo Souto de Moura, 23 «Chi si arroga il diritto di intervenire per regolare
cit., pp. 363–66. la vita del singolo e della comunità, ha il dovere di acquisire una
21 M. Tafuri, Ricerca del Rinascimento. Principi, città, conoscenza esauriente delle cose e delle loro interconnessioni.
architetti, Torino 1992, pp. 344–46. Soltanto una superiore capacità e una reale padronanza danno
22 «Qui si può arrestare l'elenco dei progetti o, il diritto di dominare.» (F. Neumeyer, Mies van der Rohe.
se si vuole, iniziare una smisurata ricerca delle cose. Ricerca Le architetture e gli scritti, Milano 1996, p. 267).
che è anche ricordo ma è soprattutto l'aspetto sterminatore 24 Nel testo Muri (Porto, 19 de setembro de 2002),
dell'esperienza che procede imprevista dando e togliendo elencandone possibili usi architettonici abbinati a diversi autori
significato ad ogni progetto, avvenimento, cosa o persona.» di architettura. Ai muri di Mies attribuisce la funzione di “evocare”
(A. Rossi, Autobiografia Scientifica, cit. pp. 37–40). (A. Esposito, G. Leoni, Eduardo Souto de Moura, cit., p. 295).
34 Giovanni Leoni 35 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

accoglie e ridefinisce la struttura di un luogo a tendere molto più (2006), passando per esercizi di straniamento come le due case
ampio della architettura progettata — lo ritroveremo in molte altre gemelle diverse di Ponte de Lima (2001), che, affermando l’una e
opere, dalla Casa di Alcanena (1987) al Museo Torga (2007) — qui il sovvertendo l’altra i canoni modernisti, rispondono a identico pro-
muro “nasconde” lo scandalo della costruzione di un luogo nuovo gramma con piccole differenze di risultato, dimostrazione ultima
cercandone l’anonimato e un accoglimento da parte dell’esistente. di come non sia la diversa geometria dello spazio a modificare
Anche in questo caso l’opera scopre un dispositivo progettuale senso e finalità della architettura. Scoperta forse banale che,
che poi ritornerà in diverse occasioni (Casa a Moledo, 1991, e Case tuttavia, getta una luce critica raggelante sul valore innovativo
a patio, Matosinhos, 1993, per citare gli esempi più noti). di alcune battaglie centrali nella ricerca architettonica primono-
Ma tanto il Mercato quanto la Casa das Artes esplicitano, vecentesca. Altrettanto variate le strategie per sfuggire a compiti
e trasformano in architettura, una ineludibile contronarrativa: lo di natura squisitamente compositiva, prima fra tutte la estremiz-
spazio nuovo, alla fine, c’è, ha una sua geometria e una sua fini- zazione di una artisticità non architettonica nel processo del dare
tezza, l’architettura non può essere solamente attraversamento figura alla architettura che porta Souto de Moura a usare con
ma definisce un “abitare” con qualità nuove, decise o quanto grande liberà il repertorio avanguardistico e neoavanguardistico,
meno determinate dal progettista. Nel Mercato il tema viene dall’estetica dell’object trouvé (dai pallet come riferimento per la
enfatizzato dal sistema di colonne che innestano, nella archi- Torre Burgo di Porto, 1990, alla trascrizione in progetto del pae-
tettura-percorso composta da setti liberi, il controcanto di uno saggio post-industriale del Lungomare di Matosinhos, 1995) alla
spazio interno a tre navate. Se in Mies si trattava di un eserci- Pop Art (dal sandwich preso a modello sempre per la Torre Burgo
zio combinatorio tra due spazialità di natura opposta, Souto de all’Auditorium della Santa Casa da Misericórdia a Lisbona, 2016,
Moura fa implodere le due qualità in uno spazio commisto, come che riprende schizzi di studio della Banca Olivetti, 1993), dalla
ulteriormente dimostra il rovesciamento tra spazio chiuso e spa- letterale applicazione di ricerche artistiche (Donald Judd, Antoni
zio aperto messo in atto nel progetto di riconversione (dal 1997). Tàpies) all’ampio uso di linguaggi eteronimi tratti della architet-
Gli schizzi di studio della Casa das Artes, testimonianza di un tura moderna primonovecentesca, non solo da Mies.
vero e proprio tormento prospettico, dichiarano esplicitamente Il secondo punto di affinità che induce Souto de Moura a
che, nonostante alcuni infingimenti come il solaio mascherato (non) essere un architetto miesiano è la adesione alla necessità,
dalla porta a specchio o il muro-arredo sospeso dal suolo, occorre che egli acutamente rileva nell’opera del maestro tedesco 26, di un
infine rassegnarsi al fatto che due muri affiancati generano un mentire linguisticamente impeccabile come veicolo per accedere
corridoio e che, se il corridoio ha una fine e un inizio visibili, lo a nuove verità architettoniche, per attribuire alla architettura, se
spazio è, inevitabilmente, un parallelepipedo. ancora può averne, nuovi compiti e nuovi scopi. In altri termini la
L’accettazione del compito di proporzionare un volume necessità di un linguaggio il cui rigore ha come fine il depotenzia-
architettonico di natura geometrica, il percorso dal muro alla mento del linguaggio stesso e, in prospettiva, la sua scomparsa.
scatola, segna una larga parte della ricerca di Souto de Moura Nuovamente in affinità con Rossi, con il suo passaggio dal
nel tentativo di (non) essere un architetto di proporzioni e di (non) linguaggio purista iniziale all’accoglimento nel progetto «delle
essere un architetto compositore di prospetti dunque di mante- cose vissute e abbandonate» 27, Souto de Moura muove dalla
nersi sul fronte di chi disegna «non per piacere ma per dovere» 25. spesso citata affermazione di Eugénio de Andrade secondo cui
Per quanto riguarda la ricerca geometrico-spaziale si passa dalle «solo la parola esatta è di pubblica utilità», per giungere poi a
sperimentazioni delle case di Almansil (1984) e di Bom Jesus comprendere, nel corso del tempo e grazie alla pratica, che tale
(1989) — anch’esse non esercizi di ars combinatoria alla Mies precisione grammaticale, consentita alla poesia, è invece negata
ma innesti, brutali e provocatori, di concezioni spaziali opposte alla architettura, essendo la poesia rappresentazione sotto il pieno
— alla piena accettazione della scatola e delle sue conseguenze controllo di un autore e l’architettura, una volta costruita, mondo,
sul piano compositivo nelle case a Luz de Tavira (1991) e nella dunque realtà che eccede le volontà autoriali individuali. Per ritro-
Serra de Arrabida (1994). La sperimentazione si spinge fino alla vare in architettura la precisione poetica che la realtà in sé non
capitolazione in chiave pop-venturiana delle case di Sete Cidades può avere, non vale dunque il partito della «sincerità assoluta»

25 E. Souto de Moura, Bic/Bic/Bic — Bic Cristal (Porto, 26 E. Souto de Moura, Uma autobiografia pouco
24 de junho de 2002) in A. Esposito, G. Leoni, Eduardo Souto científica, cit.
de Moura, cit., p. 367. 27 A. Rossi, Autobiografia Scientifica, cit., pp. 12–13.
36 Giovanni Leoni 37 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

evocato da Viollet-le-Duc 28, ma una narrazione architettonica. Stadio di Braga o la Metropolitana di Porto — egli non pretende
Una narrazione, una finzione retorica si potrebbe dire, che, in di assumere in alcun modo il ruolo olistico dell’architetto regista
quanto tale, possa da un lato ritrovare l’esattezza della parola poe- di team, ma, usando la menzogna linguistica come strumento per
tica ma nella piena libertà di usare parole, linguaggi contraddittori continuare a dire verità architettoniche compie una azione di resi-
anche nello stesso edificio (Mercato di Braga, 1980; Casa a Bom stenza, una guerriglia non programmatica ma combattuta caso
Jesus, Braga, 1989; Dipartimento di Geologia, Aveiro 1990; Uffici per caso, per introdurre nelle pieghe della ineludibile componente
in Avenida da Boavista, Porto 2004), poiché si tratta di una esat- specialistica del progetto, tra le ragioni della finanza e della tec-
tezza cui non corrisponde principio di verità (Torre Burgo, Porto nologia, riflessioni sui temi che lo specialismo trascura o non è in
1990; Banca Ideale Olivetti, 1994). Una finzione che, dall’altro lato, grado di affrontare. «Anche questo dire che oggi, in architettura,
libera l’architettura dalla responsabilità di essere veritiera, dunque tutto è falso, tutto è scenografico; ma il barocco portoghese, per
di esprimere in forma autoriale una verità 29, e la sospinga nella fare un esempio, era falso e scenografico. Il falso crea architet-
direzione del suo farsi reale, ovvero, in un processo che eccede ture bellissime mentre la verità quasi sempre non è bella. Si deve
la capacità e le responsabilità del progettista, porti l’opera a una spesso mentire per aiutare la bellezza. Sono piani differenti» 31.
condizione di anonimato in cui progressivamente cessa di essere Così agendo, Souto de Moura si pone su una ambigua linea
espressione e diviene cosa (Residenze in Rua do Teatro, Porto, di confine, forse condizione ineludibile della disciplina architetto-
1992; La Pallaresa, Santa Coloma de Gramenet, 2004; Novartis, nica oggi, da un lato delineando la possibile e probabilmente già
Basilea, 2005) 30. Ma se Souto de Moura può condividere con Mies avvenuta scomparsa della professione architettonica esercitata in
la strategia di una finzione linguistica, estesa anche al dettaglio chiave umanistica, dall’altro lato sperimentando un nuovo ruolo di
costruttivo, volta a indagare e rivelare l’altrimenti inattingibile architetto come intellettuale che esercita la propria azione critica
natura di realtà della architettura, certamente non dispone della mediante l’opera costruita. Ruolo complesso e ricco di tensioni
sua stessa fiducia nella possibilità che tale strategia conduca a poiché richiede di portare l’azione critica nel cuore stesso dei
superare dialetticamente architettura e ingegneria conducendo processi economici e produttivi della architettura non avendo più
alla sintesi di una nuova tecnica. Lo specialismo, contro cui Távora l’architetto un ruolo di predominio sugli altri attori del processo
strenuamente combatteva nell’immediato dopoguerra a favore di ma essendo «la quarta, la quinta figura del progetto» 32, dopo le
una visione umanistica del progetto, ha ottenuto vittoria piena e banche, gli investitori, gli specialisti delle diverse tecniche.
nei progetti in cui Souto de Moura si trova a confrontarsi in con- Nel tentare una possibile ridefinizione del ruolo dell’archi-
dizioni di schiacciante minoranza con il mondo anti-architettonico tetto come professionista intellettuale ritroviamo anche il terzo
degli specialismi tecnologici — si pensi a grandi opere come lo punto di incontro con Mies, la terza via che conduce Souto de
Moura a (non) essere un architetto miesiano. Oltre ogni ipotesi
28 «Si l’on veut sérieusement trouver une architecture, di innovazione “modernista” dell’abitare, oltre l’illusione di ritro-
la première de toutes les conditions à remplir, c’est de ne
point mentir ni dans la composition de l’ensemble, ni dans vare verità divine nel dettaglio costruttivo, oltre la speranza di
celle des moindres dètails de l’édifice à construire. A cup
sûr, aujourd.hui, un parti pris de sincérité absolue derait très
controllare le dinamiche economiche grazie alla forza di immagini
nouveau et probablement très piquant.» (E.E. Viollet le Duc, artistiche, il campo di confronto con Mies si definisce anche nella
Entretiens sur l’architecture, 1863–72, Entretien X. Superfluo
ricordare l’importanza di Viollet e del suo concetto di sincerità
accettazione della dimensione esistenziale della architettura, nel
architettonica, tanto per Mies quanto per Távora. suo «aprirsi alla vita» per usare le parole di Mies. Una lezione che
29 In una intervista con Xavier Güell, ESM cita,
al riguardo, le tecniche di scrittura di Borges: «Me interesa, certamene si ibrida con l’interesse tavoriano per l’accoglimento,
por ejemplo un texto de Borges donde explica cómo escribe. nel progetto, degli aspetti circostanziali della architettura. Anche
Se trata de un proceso similar al empleado por algunos
arquitectos o al que se podría emplear en la arquitectura. il progetto di Souto de Moura accoglie, ricerca ciò che si potrebbe
Cuenta cómo escribe tan espontáneamente, cómo corrige
la espontaneidad, cómo al corregir la espontaneidad el texto
definire come l’evento, sorprendente e non totalmente definito da
queda forzado y es artificial, cómo se pueden volver a introducir forma, tecnica ed economia, che l’architettura può ancora essere
errores provocativos para que el texto tenga sabor; critica al
poeta italiano D´Annunzio por el exceso de escritura. Nosotros
nel suo accadere, che l’architettura inevitabilmente ancora sarà,
conocemos la analogía con la arquitectura.» (X. Güell., Entrevista nella sua essenza di opera dell’uomo e di interrogazione umani-
a Eduardo Souto de Moura, «2G», 5, 1998).
30 Il tema è centrale nella più volte citata Autobiografia stica su tale operare. Una interrogazione che nessuna economia
Scientifica di Aldo Rossi ma non si può non ricordare, in relazione
alla idea che l’atto creativo specifico dell’architettura consista
nell’abbandonare l’opera a una sua esistenza di cosa che eccede 31 Crisi significa cambiamento. Conversazione
l’espressione autoriale, anche la Kenzo Tange Lecture tenuta con A. Esposito e G. Leoni, in A. Esposito, G. Leoni,
da Rafael Moneo il 9 marzo 1985 (R. Moneo, The Solitude Eduardo Souto de Moura, cit. pp. 504–5.
of Buildings, Cambridge Mass 1986). 32 Ibid.
38 Giovanni Leoni 39 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

o tecnologia possono o potranno soppiantare o intimidire laddove di una architettura che «non turbi il luogo con una espressione di
dovrebbero invece esserne intimidite dati gli esiti nei casi in cui natura individuale», per usare le parole di Souto de Moura.
economia e tecnologia hanno dominato e dominano le trasfor- Nella sua pratica architettonica il tema — contradditorio per
mazioni. Una azione ineluttabilmente imprevedibile, l’architettura ineludibili ragioni storiche ma programmaticamente potente — di
così come praticata da Souto de Moura, poiché corrisponde alla operare avvalendosi di una personalità impersonale o pluriperso-
necessità e responsabilità di organizzare 33 il più ingovernabile tra nale, di ideare in proprio azioni con ambizione di anonimato, segue
i materiali che la compongono: il tempo, e dunque lo spazio, della diverse strategie. Inizialmente, nella fase dominata da incarichi
vita ordinaria degli uomini, vita sempre identica e infinitamente di residenze private, prevale l’idea di un progetto eteronimo che
multiforme, banale e al tempo stesso mostruosa nella sua impre- aderisce alla personalità dei committenti; personalità intesa in
vedibile e singolare diversità. senso ampio, estesa al luogo scelto dal cliente, al sistema di cir-
costanze e occasioni che l’incontro con il cliente genera. Un pro-
(Non) Essere Eduardo Souto de Moura Architetto getto di adesione geografica, si potrebbe definire, se si intende
L’attrazione per il non essere architetto emerge costantemente il termine secondo la lezione tavoriana ovvero di una geografia
tanto nel vissuto quanto nell’opera di Eduardo Souto de Moura che ricomprende la struttura fisica dei luoghi — dalla materia
e si potrebbe liquidare come una estenuazione o un vezzo da prima alla orografia — e la complessità antropologica derivante
intellettuale se non venisse da un professionista del settore che dal loro essere abitati — dalla economia, alle relazioni sociali, alla
opera ormai su scala mondiale e che ha ottenuto i massimi rico- biografia individuale. Ma nel tempo, soprattutto quando le occa-
noscimenti nell’ambito della disciplina. sioni progettuali iniziano a variare per tema e aumentano di scala,
Nel vissuto, testimoniato anche da numerose interviste, l’esercizio eteronimo di matrice tavoriana — per altro condotto
la dichiarazione esplicita di non voler essere architetto prende con sensibilità proprie e differenti, ibridando Pessoa con matrici
diverse forme, dalla ripetuta dichiarazione di voler cambiare pro- surrealiste e pop — si trasforma progressivamente in una prassi
fessione — ricorrente l’idea di dedicarsi alla fotografia —, all’inte- neo-cinica, nella costruzione di una «falsa coscienza illuminata»
resse per gli architetti che hanno intrapreso altre carriere crea- che cancella ogni narrazione dell’essere sé e anche altro da sé.
tive — Nick Mason e Richard Wright dei Pink Floyd, Visconti, Karl È l’equilibrio tra Personalità e Anonimato che molti autori, non
Lagerfeld — o per chi, non essendo architetto, è stato considerato solo Távora, hanno cercato come (non) fondamento della archi-
tale, come Donald Judd. L’architettura è una «professione con- tettura per il Secondo Novecento. È uno spostamento dall’Autore
tro natura», sostiene Souto de Moura, e il progetto una prassi all’Opera che, nella versione di Souto de Moura, va oltre la disper-
inesistente, «una sommatoria di operazioni varie per costruire, sione eroica di personalità del Rossi dell’Autobiografia per dive-
per materializzare una idea che noi chiediamo a noi stessi o che nire una pratica neo-cinica. Tale pratica è volta a non cadere più
ci viene chiesta», «un processo che si aggiorna costantemente nell’«imbroglio del Discorso», del dover vivere ciò che si dice, ma
con nuove informazioni», non un «atto isolato... dominio della al «dire solo ciò che si vive» secondo i principi della parresia, di un
metafisica». Non si tratta di una ennesima variante sulla »morte dire che ha significato solo se costantemente «messo in opera».
dell’architettura», tema che ha appassionato il dibattito accade- Un principio che genera scandalo, forse la parola chiave della
mico della disciplina per decenni ma della definizione di un nuovo ricerca di Souto de Moura dallo Stadio di Braga in poi, poiché
modello di creatività architettonica, rilevante perché proveniente nel fare a cui le occasioni della professione, della prassi, lo spin-
da una esperienza pratica ormai quarantennale. I riferimenti arti- gono, con sfrontatezza e spudoratezza Souto de Moura diventa
stici, in Souto de Moura, divengono strumento di straniamento e altro, prende le forme della vita in accadimento, dell’occasione,
critica del progetto e perciò viene sottratto dalla identità specifica dell’evento, dell’incarico professionale. È un costante esercizio di
dell’architetto il carattere dell’artista creativo di matrice romantica disincanto di grande efficacia pratica che ad ogni nuovo episodio
per cui la creazione si fonda su una personalità straordinaria e rafforza la presenza di Souto de Moura nel mondo della architet-
ispirata sempre orientata ad affermazioni individuali e uniche. Una tura e, al tempo stesso, ne rende meno decifrabile l’identità se
rimozione che costituisce una radicale critica al moderno primo- per tale si intende, classicamente, una individualità determinata
novecentesco, incentrato su tale modello di personalità, a favore dal Discorso sulla architettura e da un linguaggio univoco 34.
33 Utilizziamo volutamente il termine tavoriano
“organizzazione” con riferimento al suo fondamentale saggio 34 Per questo tratteggio di Eduardo Souto de Moura
del 1962, Da organização do espaço (Porto 2008) che supera come neo-cinico si rimanda, oltre che al testo foucoultiano
la questione della “composizione architettonica” fissando, sopra citato, anche a: P. Sloterdijk, Critique of Cynical Reason,
per la disciplina, nuove metodologie e nuovi obiettivi. Minneapolis 1988 (trad. it. Milano 2013).
40 Giovanni Leoni 41 (Non) Essere Eduardo Souto de Moura

(Non) Essere il Critico di Eduardo Souto de Moura della struttura “derivata” della architettura moderna 37 e della sua
Moderno, regionalista, minimalista, laconico, severo, astratto, natura strutturalmente critica e non creativa. Un tema che dalla
figurativo, formalista, elementare, essenziale, geometrico, depu- consapevolezza di agire inevitabilmente in prospettiva storica
rato, semplice, genuino, razionale, ecologico, esatto, intenso, su cui si spendono pagine e pagine nella seconda metà del XIX
pragmatico, oggettivo, onesto, poetico, gentile, evocativo, deli- secolo, si rovescia nella messa a punto di nuove figure di libertà
cato, sereno, discreto, pudico, intimo, incompleto, frammentario, creativa nel Primo Novecento, per poi ripresentarsi intatta nel
senza tempo, naturale, espressivo, citazionista, allusivo, forte, Secondo Novecento. Restando alle matrici culturali di Souto de
tranquillo. Ripercorrere, a quarant’anni dall’avvio della sua atti- Moura, è il tormento del giovane Távora, desideroso di essere Le
vità progettuale, la letteratura critica dedicata a Eduardo Souto Corbusier ma timoroso di una misera fine da storico dell’archi-
de Moura può non giovare all’autostima di chi ha partecipato tettura. La strategia di Távora consiste nel non eludere il discorso
all’impresa. Soprattutto se non si trascura, come parte integrante sulla architettura ma coltivarlo abilmente rendendolo fortemente
se non decisiva della elaborazione critica di Eduardo Souto de narrativo, con toni spiccatamente autobiografici, non autocele-
Moura, la narrazione autobiografica contenuta nelle numerose brativi ma volti ad assorbire tutta la dimensione verbale della
interviste rilasciate, spesso a organi di stampa non specialistica, architettura in una narrazione non specialistica. L’opera costru-
in un esercizio di auto-critica come dispersione 35, tutto giocato ita può così essere lasciata muta a mantenuta all’interno di una
sull’equilibrio tra il lasciarsi definire e il definirsi, che meriterebbe dimensione di prassi fondata su una fiducia nelle costanti storiche
una impresa editoriale di raccolta. della architettura monumentale come della architettura popolare.
Ma la inapplicabilità alla sua opera della critica così come Eduardo Souto de Moura non può evidentemente fare affi-
principalmente intesa nel discorso sull’architettura dalla seconda damento, per collocazione cronologica, né su Maestri da rim-
metà dell’Ottocento ad oggi, non è che la conseguenza della rimo- piangere o da rovesciare in una maestria dell’Anonimo, né su
zione, da lui stesso praticata, della personalità artistica ispirata categorie solide come monumentale o popolare, né, tantomeno,
come motore del processo creativo in architettura. Una struttura sulla fiducia tavoriana nelle costanti storiche. Ma non affida a
della creatività architettonica, quest’ultima, che richiedeva, come una narrazione, a un discorso sulla architettura o a un progetto
doppio dell’artista, un critico il quale, con il proprio discorso, con critico estraneo al costruire il destino delle sue opere che vengono
una autorevolezza di matrice ispirata e di natura creativa tanto invece singolarmente lasciate parlare nella loro unicità, nella loro
quanto il fare dell’architetto-artista, ne costruisse e/o certificasse complessità di evento, assicurandogli così una scandalosa libertà
la straordinarietà. di sperimentare.
Che tale simmetria si sia modificata è del tutto evidente
osservando la scena della architettura colta internazionale che
vede progressivamente confluire le due figure, il creativo ispirato Alla luce degli occhi e a Emilio Rapizzi che è capace di
e il critico autorevole, in una figura unica. Viene profilandosi un ripararla
architetto-curatore di edifici, di parti di città, di progetti culturali
o di brand commerciali, impegnato in una azione di natura soprat-
tutto narrativa, multimediale, agita su un campo molto più vasto
della sola disciplina architettonica, che naturalmente ha, se di
successo, importanti conseguenze anche sul fronte della archi-
tettura costruita. In tale logica l’opera, le sue intrinseche qualità
come fatto, sono meno rilevanti della azione culturale nel suo
complesso.
Il confluire delle due figure, artista e critico, non testimo-
nia tuttavia un ritorno «dei giorni migliori dell’arte» 36 in cui «non
c’erano critici d’arte» ma, al contrario, è dimostrazione estrema

35 H. Helder, Cobra, Lisboa 1977. 37 Mi riferisco alla distinzione tra “organic style”
36 O. Wilde, Il critico come artista (1891) in M. D’Amico, e “derived style” operata da Jacob Burckhardt nei suoi
Opere, Milano 1982, p. 250. studi sul Rinascimento italiano.
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