ottobre / october 2022

1072

Amateur Architecture Studio

periodico mensile Data di uscita 04/10/2022

Siamo tutti affetti

da amnesia?
Are we all suffering
from amnesia?

Jean Nouvel guest editor 2022

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variare a seconda dell’equipaggiamento scelto e di eventuali accessori aggiuntivi.
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1072

Amateur Architecture Studio

15.00

JKMM Architects
Dance House
Helsinki, Finland, 2022

In dialogo con una ex fabbrica

degli anni Quaranta, un edificio
di 7.000 m2 dedicato alla danza
crea un dialogo tra storia e futuro
Creating a dialogue with a
reclaimed factory from the 1940s,
a 7,000 m2 dance venue
builds a bridge between
history and the future

Siamo tutti affetti

da amnesia?
Are we all suffering
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Jean Nouvel guest editor 2022

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JKMM Architects
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Helsinki, Finland, 2022

In dialogo con una ex fabbrica

degli anni Quaranta, un edificio
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Creating a dialogue with a
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Ottobre
October 2022
Direttore editoriale / Editorial director Walter Mariotti
A cura di / Presented by Elena Sommariva

Giulia Ricci Punti di vista / Points of view. Richard Reynolds, Marina Otero Verzier II

Alberto Mingardi Private equity. Hong Kong and Shanghai Bank, Hong Kong III
WM, LM, GR, ES Letture / Good reads IV
Manuel Orazi Editori / Publishers. Francesco Trovato, Lettera Ventidue V

Valentina Petrucci Influssi / Influences. Patricia Urquiola, Milano / Milan VI

Francesco Franchi Grafica / Graphics. Typologie VII

Elena Sommariva Confini / Boundaries. Thomas Demand, Caruso St John Architects, Kvadrat VIII
Paul Smith Luoghi comuni / Common places. Insegne / Signs IX

Walterr Mariotti Arte e fabbrica / Art and industry. Pirelli Annual Report 2021 X
GR Recensioni / Reviews. TAB, Tallinn Biennal of Architecture, Tallinn XI
GR Interni / Interiors. Francesca Perani, Firma, Albano S. Alessandro, Bergamo XII

ES Bambini / Kids. De Matos Ryan, Londra / London XIII

Silvana Annicchiarico Talenti / Talents. Fanny Gicquel, Rennes, Francia / France XIV
Antonio Armano Storie di aziende / Company stories. Finstral, Auna, Bolzano XV

Loredana Mascheroni Artigianalità / Craftsmanship. Zanellato/Bortotto, Bolzan Letti XVII

ES Nuovi classici / New classics. Neri & Hu, Ento XVIII
LM Dettagli / Details. Cecilie Manz, Maruni XIX

LM Sostenibilità / Sustainability. Meneghello Paolelli, S.CAB XX

ES Design city. Vienna Design Week, Vienna XXI

Cristina Moro Mnemosine. Storie di oggetti / Stories of objects. Jean Prouvé, Vitra XXII
Andrea Bajani Case d’altri / Others’ houses. Scrivere con i vetri che tremano / Writing while the windows rattle XXIII

Data sheets

Cucina ed elettrodomestici / Kitchen and appliances XXV

Alpes Inox, Smeg, Elica, Falmec, Scavolini

Market news
e
Valli & V
Valli, Ceramiche Keope, Ceramiche Refin, Midj XXXIV

Rassegna

Marianna Guernieri Bagno / Bathroom XXXIX

Marziani / Martians
Walterr Mariotti Brunello Cucinelli L

Inserto / Insert

Massimo Valz-Gris
V Generali Nel cuore della città per la città / In the heart of the city for the city LI

A destra: disegni tecnici di

progetto di De Matos Ryan
Architects per Penfold,
Londra (vedi pagina XIII)

•Right: technical drawings

by De Matos Ryan
Architects for Penfold,
London (see page XIII) 0 1M
II DIARIO
Punti di vista / Points of view
L’architettura impara dal giardino
Con l’evoluzione tecnica, l’architettura pare aver
dimenticato di dover fare i conti con la natura. Di
recente, però, qualcosa sta cambiando. Ne abbiamo
parlato con Richard Reynolds e Marina Otero Verzier
With technical development, architecture seems to
have forgotten the need to deal with nature. Recently
something has been changing. We spoke about it with
Richard Reynolds and Marina Otero Verzier
Richard Reynolds Marina Otero Verzier
Geografo di formazione, Architetta, curatrice e autrice,
è autore di On Guerrilla vive a Rotterdam. È direttrice
Gardening (2008). Nel 2004 ha del Social Design Masters
fondato guerrillagardening.org presso la Design Academy
a Londra. di Eindhoven.
• Reynolds is a geographer • Otero Verzier is an architect,
by training and author of On curator and author based in
Guerrilla Gardening (2008). He Rotterdam. She is head of the
founded guerrillagardening.org Master in Social Design at
in London in 2004. Design Academy Eindhoven.
Yinhan Liu / SVA, School of Visual Arts, New York
Questo mese, le illustrazioni delle rubriche Punti di vista e Case
d’altri nascono dalla collaborazione con SVA, che ha scelto per
Domus un suo ex studente. Yinhan Liu (Cina, 1997), dopo essersi
diplomata in Belle Arti presso la BFA School of Visual Arts, ha
frequentato il corso di Illustrazione presso la SVA, New York. Con
il disegno vuole mostrare la solitudine, l’isolamento e lo stress
contemporanei, sensazioni che lei stessa ha vissuto quando, da
bambina, si è trasferita dalla campagna in una metropoli cinese.
• This month, the illustrations in the Points of view and Others’
houses columns originate from the collaboration with SVA,
which chose one of its alumni for Domus. After graduating in fine
arts from the BFA School of Visual Arts, Yinhan Liu (China, 1997)
attended the course in illustration at the SVA in New York. With her
drawings, she seeks to portray contemporary solitude, isolation
and stress, feelings that she experienced personally when, as a girl,
she moved from the countryside to a Chinese metropolis.
Testo / Text
Giulia Ricci
Richard Reynolds Durante la pandemia
si è creato un nuovo senso del tempo,
dato che siamo stati costretti a rallentare
e a restare in un solo luogo. Uno dei
cambiamenti, in contrasto con l’ansia
dei media, ha riguardato la natura che
ci circonda. Il semplice trascorrere
delle stagioni e il crescere delle piante
sono stati di grande aiuto per molti. Il
giardinaggio comporta un particolare
senso del tempo, un’anticipazione.
Marina Otero Verzier Sono d’accordo
sul fatto che in quei momenti molti
abbiano provato un desiderio di natura.
Di conseguenza, negli interni domestici
sono entrati più animali e più piante,
e alcuni si sono dedicati ad attività
come il giardinaggio e il birdwatching.
Contemporaneamente, abbiamo visto
crescere in città la biodiversità come
effetto del minor livello di controllo
sugli spazi interstiziali e su quelli verdi.
Credo che abbiamo avuto occasione di
capire che le nostre abitudini nel modo
di organizzare gli spazi erano molto
schematiche e andavano aggiornate.
Richard Reynolds L’impressione che
proviene dalla pratica professionale
spesso è molto diversa. Quando i fondi lo
consentono, gli architetti e i paesaggisti
usano alberi e piante adulte, creando falsi
giardini per siti dedicati a manifestazioni
come il “Chelsea Flower Show” di
Londra. Nel tentativo di creare emozioni,
queste manifestazioni diventano fiere
commerciali per un’industria che ha
messo troppo in primo piano l’attimo
e il ready made, per essere all’altezza
della suggestione delle immagini
computerizzate e delle aspettative
momentanee degli utenti. Il giardinaggio
è attesa e cambiamento lento per
gran parte dell’anno, ed esplosione
in primavera. Da guerrilla gardener
ero abituato ad andare in cerca di
trasformazioni istantanee, conosco bene
l’aspetto divertente di un cambiamento
improvviso nel proprio spazio pubblico.
In quasi 20 anni, ho invece capito che
i guerrilla garden più soddisfacenti e
duraturi sono quelli che hanno tempo di
maturare, anche se occorre aspettare
per i pochi mesi di una stagione perché
un seme diventi un girasole.
Marina Otero Verzier Dipende
soprattutto dal fatto che l’architettura
come disciplina nasce dalla separazione
tra natura e cultura: l’architettura si
costruisce intorno all’idea dell’umano
separato dal resto della natura. Questa
concezione di recente è stata messa
alla prova da prospettive iperumane e
postantropocentriche. La prospettiva di
un’architettura che impari dal guerrilla
gardening è appassionante perché ci
induce a mettere in discussione i modi
domus 1072 Ottobre October 2022
Illustrazione / Illustration
Yinhan Liu
preconcetti di pensare l’architettura e
l’urbanistica.
Richard Reynolds L’architettura ha
molto da imparare dal giardinaggio, che
è così vivo perché dipende tanto dalle
condizioni ambientali. Quello che mi sta
a cuore attualmente è il terreno. Valutare
il contesto naturale è importante anche
per far crescere un edificio, chiedersi
come subirà gli effetti degli agenti
atmosferici, quali saranno le necessità di
manutenzione, le risorse energetiche, il
piacere di abitarci e quali effetti avrà sulla
vita circostante. Questa è la mentalità
del giardiniere: è totalmente dipendente
dall’ambiente naturale in funzione della
crescita, e le piante gli parlano. Gli edifici,
invece, non danno riscontri così rapidi,
anche se chi li abita non ci sta bene. Io
sono nato in un ospedale che si stava
deteriorando per via del calcestruzzo.
Venne abbattuto qualche anno dopo.
Marina Otero Verzier Per molti aspetti,
le origini del giardino sono strettamente
legate all’architettura. I giardini italiani e
francesi del Cinquecento o le serre del
Seicento sono esempi paradigmatici di
tecnologie sviluppate dal giardinaggio
e poi adottate in architettura. È il caso
del Crystal Palace per l’Esposizione
Universale di Londra del 1851. Nnel
giardinaggio, è interessante il fascino
dell’inatteso, delle cose che crescono
per caso, sia il fatto che un giardino è
un ambiente relativamente controllato,
dove si piantano o si eliminano
intenzionalmente certi elementi. Questa
tensione è una sfida per gli architetti,
perché la loro disciplina è prima di tutto
controllo. Pensare di fare architettura
con un approccio simile a quello del
giardinaggio introduce questioni di
attenzione e di manutenzione, oltre
che prospettive di lungo termine nei
rapporti tra gli architetti e le loro opere.
Di conseguenza, oggi gli edifici sono
qualcosa di più del loro progetto e vanno
oltre l’immagine di una costruzione
appena completata pubblicata su una
rivista. Sono sempre più considerati
come bisognosi di un impegno costante.
Credo sia questo ciò che l’architettura sta
imparando dal giardinaggio.
Richard Reynolds Una soluzione
potrebbe coinvolgere l’architetto
anche nell’evoluzione continua del
suo edificio. Penso che un buon
committente dovrebbe chiedere il
parere dell’architetto sulle modifiche
da apportare e sull’adeguamento degli
spazi nel corso degli anni. È successo
con la Tate Modern di Herzog & de
Meuron: un edificio che mi è piaciuto fin
dall’inaugurazione e che pare evolversi,
espandersi e rispondere con successo
agli agenti atmosferici.
domus 1072 Ottobre October 2022
Architecture learning
from gardens
Richard Reynolds During the
pandemic, a new sense of time emerged
while we were forced to slow down and
stay in one place. One of the things that
did change, in contrast to the media
anxiety, was nature around us. Just
the passing of seasons and the plants
growing was of great relief to many
people. A peculiar sense of time, a feeling
of anticipation, comes with gardening.
Marina Otero Verzier I agree that in
that moment a desire for nature was
felt by many. As a result, more animals
and plants were brought into the
domestic interiors, and other people
engaged in activities such as gardening
or birdwatching. At the same time, we
observed biodiversity growing in the
cities as an effect of a lower level of
control over the in-between and green
spaces. I think we had the opportunity
to realise that our standards in the way
we organise our landscapes were very
plotted and had to be updated.
Richard Reynolds The impression
given by the profession is often different.
When budgets allow, architects and big-
scale landscape gardeners sometimes
go in with fully grown trees and plants,
producing false gardens created
as event sites, such as the Chelsea
Flower Show in London. In seeking to
inspire, these events became a trade
fair for an industry that has put too
much emphasis on the instant and the
readymade to match a CGI impression
or the client’s urgent expectations.
Gardening is about waiting and things
changing slowly for much of the year and
exploding in the springtime.
As a guerrilla gardener, I have been keen
on looking for instant transformations,
and I am aware of the fun of a sudden
change in one’s public space. But in
nearly 20 years of experience, I have
realised that the most satisfying and
lasting guerrilla gardens are the ones
that take time to mature, even if it’s
just waiting for a few months across
a season for a seed to grow into a
sunflower.
Marina Otero Verzier This is mostly
because architecture as a discipline
emerges from the separation between
nature and culture. It constructs itself
around the notion of the human as
separated from the rest of nature.
This conception has been challenged
recently by more-than-human and
post-anthropocentric perspectives. The
perspective of architecture learning from
guerrilla gardening is exciting because it
prompts us to question the established
ways of thinking about architecture and
planning.
Richard Reynolds Architecture can
learn a lot from gardening. Because
a garden is alive, it is so dependent
on environmental conditions. I’m
preoccupied with soil at the moment.
So, appreciating the natural context
for a building to thrive is important, too.
From how it will weather to its need for
maintenance, its energy resources, how
pleasant it is to inhabit and its impact on
adjacent life. A gardener brings that kind
of mindset: you are totally dependent on
the natural environment for your garden
to thrive and plants are communicative.
By contrast, a building doesn’t give
feedback quite so readily, although its
inhabitants may not thrive. I was born
in a hospital that was deteriorating with
concrete cancer. It was pulled down a
few years later.
Marina Otero Verzier In many ways,
the origin of the garden is strongly
linked to architecture. The Italian or
French gardens of the 16th century, or
the greenhouses from the 17th century,
are paradigmatic examples of how the
technologies developed for gardening
were then used in architecture. This is
the case of the Crystal Palace for the
Great Exhibition of 1851 in London. What
is attractive about gardening on the one
hand is a fascination for the unexpected,
of things growing fortuitously. On the
other hand, a garden is a relatively
controlled environment, where you
intentionally plant or remove certain
elements. This tension is challenging
for architects because it is a discipline
that is primarily about control. To think
about making architecture with an
approach similar to gardening brings
questions of care and maintenance into
the conversation, as well as a long-term
perspective concerning the relationships
between architects and their works. As a
result, buildings are now more than their
design and they go beyond the image
of a just-completed construction in a
magazine. They are being understood
more and more as in need of an ongoing
engagement. I believe this is where
architecture is learning from gardening.
Richard Reynolds A solution would
be for architects to be involved in the
ongoing evolution of their projects, too.
I think good clients would want
the architect’s view to make
modifications and to adapt the spaces
as the years go by. This has happened
in the case of Herzog & de Meuron
and the Tate Modern, a building I’ve
enjoyed since it opened and which
seems to be evolving, expanding and
weathering successfully.
Private equity
Hong Kong and
Shanghai Bank, Hong Kong
Ci vollero sei anni per costruirlo, fra il
1979 e il 1985, quando Hong Kong era
ancora inglese e forse ai massimi del
suo splendore: un fazzoletto di terra che
aveva trovato la strada dello sviluppo
economico, diventando il refugium
peccatorum delle intelligenze che la Cina
maoista non avrebbe lasciato fiorire.
L’edificio della Hong Kong and Shanghai
Bank, fra le prime dieci banche del
mondo e uno degli istituti di credito che
stampano le banconote locali, è stato
progettato da Norman Foster. Alto 180 m,
tutti i piloni di sostegno sono interamente
a vista: la struttura, normalmente
‘nascosta’, viene trasportata all’esterno
e diventa, nello stile high-tech, la carta
d’identità dell’edificio. Coi suoi 44 piani, è
perfettamente integrato in quel grande
bosco di grattacieli che è Hong Kong.
All’epoca dell’inaugurazione, era lo stabile
al mondo con più scale mobili: 62.
Hong Kong, piccola e per giunta
circondata, non aveva la tecnologia
per realizzare il progetto di Foster e
così il grattacielo della HSBC venne
prefabbricato (a cominciare dai cinque
moduli di acciaio che ne costituiscono
la struttura centrale) e trasportato lì a
pezzi: un po’ dagli Stati Uniti, un po’ dal
Giappone, un po’ dall’Inghilterra. Una
banca internazionale aveva un quartier
generale altrettanto internazionale.
Di solito, la data di nascita della
globalizzazione è fissata a qualche
anno dopo, al 1989 con la caduta del
muro di Berlino, ma è una tendenza
che, nelle forme a noi familiari, risale
al secondo Dopoguerra e che non si
risolve soltanto in un disegno politico.
Il più lungimirante dei politici fatica a
immaginare, come tutti noi, che i moduli
per fare 180 m di grattacielo viaggino per
mare, per mettere in comune la sapienza
realizzativa di centinaia di persone, quale
che sia il loro Paese di appartenenza.
Eppure, il mondo globalizzato alla fine
è questo, una rete di collaborazioni i cui
nodi sono imprevedibili, più complesso di
qualsiasi grattacielo.
DIARIO III
Testo / Text Alberto Mingardi
• It took six years to build, between 1979
and 1985, when Hong Kong was still a
British colony and perhaps at the height
of its splendour: an island that embarked
on a path of economic development
and became the refugium peccatorum
of intelligence that Maoist China would
not allow to flourish. The building for the
Hongkong and Shanghai Bank, among
the world’s top-ten banks and a lending
institution that issues local banknotes,
was designed by Norman Foster. It is
180 metres tall, and all the load-bearing
pillars are entirely exposed. The normally
“hidden” frame was moved to the outside
to become the building’s high-tech-style
signature. With its 44 floors, it fits in
perfectly with the forest of skyscrapers
known as Hong Kong. When it was
inaugurated, it had the greatest number
of escalators in the world: 62.
Small and surrounded on all sides, Hong
Kong lacked the technology to build
Foster’s design. The HSBC skyscraper
was therefore prefabricated (starting
from the five steel modules that make
up its central frame) and shipped there
to be assembled on-site. Some modules
came from the USA, some from Japan,
and others from the UK. This international
bank had an equally international HQ.
The scale of globalisation we are
familiar with emerged a few years
later, in 1989 with the fall of the Berlin
Wall. But its expansion from its early
beginnings tends to be associated
with the period after World War II, and
it was not only determined by political
design. Like the majority of people, the
most farsighted politicians struggled
to imagine that the modules needed to
build 180 metres of skyscraper could
travel across the oceans, along with
the sharing of knowledge and expertise
of hundreds of people, regardless of
their country of origin. Yet, ultimately,
this is what the globalised world is: a
network of collaborations whose ties are
unpredictable and more complex than
any skyscraper.
Photo © Nigel Young / Foster + Partners
IV DIARIO
Letture / Good reads
Climax Change!
Autore / Author
Pedro Gadanho
Casa editrice / Publisher
Actar
‘Ecocidio’, “Great Transition”, “Green New
Deals”, ‘Degrowth’: sono alcuni degli
argomenti affrontati nei dieci brevi saggi
con i quali il curatore e critico Pedro
Gadanho guarda più da vicino al modo
in cui la crisi del clima sta impattando
sul mondo dell’architettura e, viceversa,
passa in rassegna quali soluzioni la
comunità dei progettisti sta mettendo
in campo. Dagli illustri esempi storici
(Haus-Rucker-Co, Ant Farm, WORKac)
si passa ai progetti più recenti (di BIG,
Nlé Architects, Symbiosis, Renzo Piano,
Superuse). Le riflessioni di Gadanho si
rivelano tempestive in un momento in cui
il settore delle costruzioni è responsabile
di quasi il 40 per cento dei gas serra,
“I professionisti devono cominciare
a progettare in modo radicalmente
diverso”, sostiene, “per contrastare il
cambiamento climatico”. ES
• “Ecocide”, “the Great Transition”, “Green
New Deals” and “Degrowth” are some
of the topics examined in the ten short
essays with which the curator and critic
Pedro Gadanho takes a closer look
at how the climate crisis is impacting
the world of architecture, while also
reviewing the solutions that the design
community is implementing. From
historical examples (such as Haus-
Rucker-Co, Ant Farm and WORKac)
to more recent designs (by BIG, Nlé
Architects, Symbiosis, Renzo Piano and
Superuse), Gadanho’s reflections are
well-timed. In the current situation where
the construction industry is responsible
for almost 40 per cent of greenhouse
gas emissions, professionals have to
start designing in a radically different
way, he believes, in order to counteract
climate change. ES
Aveva
le mani d’oro
Autore / Author
Prashanth Cattaneo
Casa editrice / Publisher
Rubbettino
Curato da Prashanth Cattaneo,
pedagogista e giornalista, Aveva le mani
d’oro è un omaggio alla storia eccellente
del Lanificio Leo, la più antica fabbrica
tessile della Calabria, fondata nel 1873 a
Carlopoli, Catanzaro. Metafora del lavoro,
dell’artigianato, del design e dell’arte, le
“mani d’oro” sono quelle di Peppino Leo,
terza generazione di famiglia, mani che
hanno ispirato anche le opere dell’artista
Pino Deodato, poi tradotte in una federa
da cuscino in maglia jacquard. “Cosa
saremmo senza il nostro patrimonio
culturale materiale e immateriale?”,
si chiede Cattaneo in conversazione
con Emilio Salvatore, figlio di Peppino,
che negli anni Novanta ha rilanciato
la produzione. Il “caso Leo” spunti ne
offre parecchi, perché “la tradizione è
un’innovazione che ce l’ha fatta, perché
viene introdotta e vince sul resto”. ES
• Edited by Prashanth Cattaneo, an
educationalist and journalist, Aveva le
mani d’oro pays tribute to the outstanding
history of Lanificio Leo, Calabria’s oldest
textile manufacturer founded in 1873 in
Carlopoli, Catanzaro. A metaphor for
work, craftsmanship, design and art, the
“hands of gold” mentioned in the book’s
title belonged to Peppino Leo, from the
family’s third generation. His hands
also inspired the works of artist Pino
Deodato, which were then used to create
a jacquard pillowcase. “What would we
be without our material and immaterial
cultural heritage?” asks Cattaneo while
speaking to Emilio Salvatore, the son of
Peppino, who in the 1990s relaunched
production. Leo’s story offers food for
thought because “tradition is innovation
that proves successful, as it is introduced
and prevails.” ES
Napoli scontrosa Mi hai lasciato
senza fiato
Autore / Author
Davide Vargas
Casa editrice / Publisher
La nave di Teseo
Il “letterato architetto” Davide Vargas –
come lo definì Alessandro Mendini – ci
porta per mano tra le strade, i vicoli
e i rioni di una delle città italiane più
sfaccettate e ricche di contrasti, per
farcene scoprire la bellezza e la forza.
Sono oltre 150 i racconti, circa la metà di
quelli scritti negli ultimi cinque anni per la
sua rubrica su la Repubblica su altrettanti
luoghi, contrassegnati dalla data in cui
sono stati visitati. Come un diario, alla
storia e agli eventi che hanno definito
chiese, pontili, cimiteri, quartieri, opere
d’arte, stazioni, isole, palazzi e architetture
anonime s’intrecciano le emozioni
provate e gli incontri con le persone in cui
Vargas si è imbattuto. Le 500 pagine di
Napoli scontrosa ci portano fuori da quel
mix di stereotipi e folklore che racconta
in genere la città per farci fare un viaggio
nella sua anima nascosta. LM
• Described by Alessandro Mendini as
a “cultured architect”, Davide Vargas
leads us through the streets, alleys and
neighbourhoods of Naples, revealing the
beauty and strength of this city that is
full of contrasts and one of Italy’s most
multifaceted. The book contains over 150
stories – half of which were written for
Vargas’s column in la Repubblica over the
past 5 years – on 150 places labelled with
the date on which he visited them. Like
in a travel diary, the history and events
that have distinguished churches, piers,
cemeteries, districts, artworks, stations,
islands, palaces and ordinary buildings
intertwine with the emotions that Vargas
felt and the people he met. The 500
pages of Napoli scontrosa remove us
from the conventional mix of stereotypes
and folklore to take us on a journey into
the city’s hidden soul. LM
domus 1072 Ottobre October 2022
Autori / Authors
Anna Maconi, Chiara Frascà
Casa editrice / Publisher
LetteraVentidue
Alla scorsa edizione di EDIT Napoli,
l’editore di design Orografie ha
organizzato Emersivi, un laboratorio di
storytelling lungo quattro giorni, un luogo
di sperimentazione dedicato ai giovani
creativi al di sotto dei 35 anni. L’obiettivo:
cercare nuovi modi di raccontare il design.
Il progetto delle due vincitrici, Chiara
Frascà e Anna Maconi, rispettivamente
illustratrice e autrice dei testi, è un libro
dal tono narrativo originale che sembra
rivolgersi a un pubblico bambino, ma in
realtà racchiude chiavi di lettura diverse,
interessanti anche per lettori adulti. La
storia è ambientata nel 2050 e racconta
di un bambino curioso, Fibio Montidoro,
della sua bizzarra famiglia e dei loro
continui incontri con tipologie di oggetti
particolari che, aprendo finestre su
passato e futuro, introducono i prodotti
del catalogo del brand siciliano. ES
• During the 2021 edition of EDIT Napoli,
the design brand Orografie organised
Emersivi, a 4-day workshop on storytelling
that offered a place of experimentation
dedicated to young creatives under the
age of 35. The goal was to search for new
ways to talk about design.
The project by the two winners, Chiara
Frascà and Anna Maconi (an illustrator
and an author, respectively), is a book
with an original style that seems intended
for children, but in reality offers different
interpretations that are also interesting
for adult readers. The story is set in 2050
and talks about a curious boy, Fibio
Montidoro, his bizarre family and their
constant encounters with particular
types of objects that, by opening windows
onto the past and the future, introduce
the products in the catalogue of the
Sicilian brand. ES
domus 1072 Ottobre October 2022
L’avvenire
della memoria
Autore / Author
Antonio Calabrò
Casa editrice / Publisher
EGEA
Pandemia, guerra e inflazione sono
solo le ultime sfide dell’Europa. Gli eventi
accelerano in direzioni inaspettate
e i cigni neri sono dietro l’angolo. La
via d’uscita non si vede, ma un dato è
chiaro: serve una rilettura critica delle
idee e la scrittura di nuove mappe della
conoscenza. È qui che alle istituzioni e ai
saperi ufficiali si affiancano le imprese,
con la forza d’un dinamico capitale
sociale e la profondità d’una cultura
plasmata dall’umanesimo industriale.
Nel suo ultimo libro, Antonio Calabrò,
raffinato indagatore delle relazioni tra
società e impresa, pone una sfida al
mondo della comunicazione: rilanciare
una rappresentazione attendibile delle
trasformazioni in corso, alla ricerca
delle radici di quella cura per la bellezza
che si fa portatrice di una positiva forza
economica di sviluppo. WM
• The pandemic, war and inflation are the •
latest challenges facing Europe. Events
accelerate and black swans are right
around the corner. A way out is nowhere
in sight yet one thing is clear: the need to
critically reread the catalogue of ideas
and write new maps of understanding. It
is here where institutions and knowledge
are joined by industries, with the strength
of a dynamic social capital and the
depth of culture shaped by industrial
humanism. In his latest book, Antonio
Calabro, a refined investigator of the
relationships between society and
business, offers a challenge to the world
of communication: to relaunch a credible
representation of transformations, in
search of the roots of that attention to
beauty that is an identifying value and
the bearer of a positive economic force
of development. WM
If Walls Could
Speak. My Life
in Architecture
Autore / Author
Moshe Safdie
Casa editrice / Publisher
Atlantic Monthly Press
Autore di progetti radicali come l’Habitat
67 a Montreal, il World Holocaust
Remembrance Center di Gerusalemme e concentrato sull’architettura. Abbiamo
il Jewel, foresta pluviale e cascata dentro iniziato a produrre titoli di design e grafica,
l’aeroporto di Singapore, Moshe Safdie
è da sempre profondamente impegnato
a realizzare un’architettura di qualità al
servizio di quel “cliente silenzioso”
che è la società. Ugualmente ripartito
tra autobiografia, manifesto e dietro le
quinte di vita e lavoro, in questo libro uno con le università ci permettono d’investire
dei più grandi architetti del nostro tempo
tratteggia cinque decadi della propria
carriera. Disegni, schizzi, foto e documenti di cineromanzo di architettura, molto
d’archivio completano il suo racconto,
per concludersi con sette idee per
il futuro. Tra queste, città senza auto
private ed edifici realizzati con materiali
intelligenti che si adattano al calore,
alla luce e all’umidità senza intervento
umano. ES
The creator of radical designs such
as Habitat 67 in Montreal, the World
Holocaust Remembrance Center in
Jerusalem and the Jewel, a rainforest
and waterfall inside Singapore’s Changi
Airport, Moshe Safdie has always been
profoundly engaged in making quality
architecture at the disposal of that “silent
client” that is society. Equally divided into
an autobiography, a manifesto and a
behind-the-scenes look at an architect’s
life and work, this book outlines five
decades in the career of one of the
greatest architect’s of our age. Drawings,
sketches, photos and archive documents
round off his story, which concludes with
seven ideas for the future. These include
cities without private cars and buildings
made from intelligent materials that
adapt to heat, light and humidity without
human intervention. ES
Publishers
Francesco Trovato, LetteraVentidue
Nato a Gela, Francesco Trovato ha
continuato a coltivare la sua passione
per la grafica editoriale anche dopo la
laurea in Architettura a Siracusa, nel
2005, lavorando per alcune agenzie di
pubblicità. LetteraVentidue nasce nel
2007, con altri tre soci, sostituiti poi da
Raffaele Buccheri.
Gesualdo Bufalino ha scritto che
ci vuole coraggio per emigrare,
ma ancora di più per restare.
La facoltà di Architettura di Siracusa,
sezione distaccata dell’Università di
Catania, è nata nel 1996 e i primi anni
sono stati molto appassionanti. Poi ha
perso mordente e, ultimamente, il Covid
non l’ha certo aiutata. In una prima fase,
la casa editrice ha avuto un rapporto di
collaborazione molto stretto, poi negli
anni abbiamo allargato il nostro raggio
d’azione con le Università di Napoli,
Milano e Venezia. Agli inizi soffrivo la
distanza da tutto, ora molto meno:
recrimino solo le poche occasioni di
presentare di persona i nostri libri e la
socialità conseguente.
Come è evoluto il catalogo?
Rimane per oltre l’80 per cento un
ma senza una collana vera e propria.
Sono molto soddisfatto di Umberto Riva
designer di Gabriele Neri e di Design
tecnologia arte di Mauro Martinuz.
In generale, abbiamo una doppia
produzione: le collaborazioni editoriali
nei titoli sperimentali come For a Novel
Architecture di Karim Nader, una sorta
stimolante anche a livello grafico. Oppure
la collana d’interviste Loqui dedicata a
personalità che si sono distinte anche
in ambiti non prettamente architettonici
come Maurizio Ferraris, Andrea Branzi,
Mirko Zardini o Matilde Cassani. Citerei
infine la nuova collana Monovolume che
presto proporrà una monografia su John
Hejduk di Luca Cardani.
DIARIO V
Testo / Text Manuel Orazi
• Born in Gela, Francesco Trovato
continued to nurture his passion
for graphic design by working with
several ad agencies after graduating
in architecture in Syracuse in 2005.
LetteraVentidue was founded in 2007
with three other partners who were later
replaced by Raffaello Buccheri.
Gesualdo Bufalino wrote that it
takes courage to emigrate, but even
more courage to stay.
The School of Architecture in Syracuse,
a branch of the University of Catania,
opened in 1996 and the first years were
really exciting, but then it lost its edge
and Covid certainly didn’t help. Initially,
the publishing house had a very tight
collaboration, then over the years we’ve
expanded our field of action with the
universities of Naples, Milan and Venice.
At first, I really felt the distance from
everything, but now less so. I can only
lament those missed opportunities of
personally presenting our books and the
social relations that come with that.
How has your catalogue evolved?
Over 80 per cent is still dedicated to
architecture. We started publishing
books on design and graphics, but
without any dedicated series. I’m very
satisfied with Umberto Riva designer by
Gabriele Neri and Design tecnologia arte
by Mauro Martinuz. In general, we have
a two-fold production. We do publishing
projects with universities that allow us
to invest in experimental titles like For
a Novel Architecture by Karim Nader, a
sort of architectural photonovel that’s
also stimulating on a graphic level.
Then there’s the series of interviews
called Loqui, which is dedicated to
figures who have also stood out in fields
not strictly related to architecture,
such as Maurizio Ferraris, Andrea Branzi,
Mirko Zardini or Matilde Cassani.
Finally, there’s the new series titled
Monovolume, which will soon be
offering a monograph on John Hejduk
by Luca Cardani.
Photo Maria Vittoria Trovato
VI DIARIO
Influssi / Influences
Patricia Urquiola, l’arte e il colore,
che ha “il potere di cambiare tutto”
© 2022. Photo Josse / Scala, Firenze
“Erano gli anni dell’università. Uno
dei corsi era Storia dell’arte. Divisi in
gruppi, per ordine alfabetico, io ero
sempre tra gli ultimi”. Sorride Patricia
Urquiola, architetta e designer spagnola
ormai italiana d’elezione. Parla del suo
rapporto con la pittura partendo da un
ricordo, un’immagine personale, come
spesso le accade quando parla di cose
a cui tiene.
“Quella volta, però, l’ultimo gruppo fu il
più fortunato. Infatti, il professore era il
direttore del Prado, José Manuel Pita
Andrade. Aveva una passione per El
Greco, un artista intellettuale molto
legato all’architettura, così lo definiva.
Ci portò varie volte a studiarlo a porte
chiuse durante l’anno e ci stimolò,
trasmettendoci la sua passione. Gli
sono riconoscente. Quell’incontro ha
riacceso una fiamma già viva, perché
durante il liceo avevo fatto un corso di
pittura con un amico di mia madre, un
artista concettuale, e quella sua visione
mi è stata utilissima per l’università”.
Dalle aule di Madrid agli studi al
Politecnico di Milano per terminare gli
studi, scegliendo di laurearsi con Achille
Castiglioni e iniziando a lavorare per
De Padova con Vico Magistretti. Poi, nel
2001, apre il suo studio a Milano.
“La pittura è un processo di
comunicazione, ha a che fare con
l’osservazione e la sintesi. L’incontro con
la pittura o con una qualsiasi altra forma
d’arte è un momento di estrema libertà.
Non pensi più a nulla, pensi solo a quello
che senti. È come una meditazione che
riempie, che libera. Il momento diventa
disarmante, fai spazio a quell’opera e ti
entra nella testa, si concede solo a te.
Sono momenti necessari e a volte ti
accompagnano a lungo”.
Una predisposizione al racconto, quella
della Urquiola, che s’interrompe solo per
dare spazio ai figli. Del resto, agosto è il
mese della famiglia, dice.
“Se penso al mio lavoro, alla mia vita,
credo sia stato un continuo ritrovarsi
con le diverse forme di creatività.
Artisti come Olafur Eliasson e, perché
no, El Greco, sono stati per me potenti
legami col futuro. Di Eliasson amo il
rapporto dinamico tra lo spettatore, l’arte
e la vita”.
Racconta dei dialoghi tra Timothy
Morton ed Eliasson, torna ancora alle
prospettive deformate di El Greco e
ricorda una felice collaborazione con
Marina Abramović, prima di fermarsi
a parlare del suo rapporto col colore.
“Vedo il colore come uno strumento
legato alla luce. Il colore ha il potere di
cambiare sempre tutto. Per me, è un
elemento connaturale al progetto. È
superficie, è texture, è natura. Alla fine,
tutte le superfici hanno l’energia della
pittura. Sono dinamiche e mutevoli”.
Testo / Text Valentina Petrucci
In alto: El Greco, Laocoön, XVII secolo,
National Gallery of Art, Washington, DC.
Olio su tela. 137 x 172 cm.
Sopra: Patricia Urquiola (Oviedo, 1961)
ha fondato il suo studio a Milano nel 2001
con Alberto Zontone
• Top: El Greco, Laocoön, 17th century,
National Gallery of Art, Washington, DC.
Oil on canvas. 137 x 172 cm. Above: Patricia
Urquiola (Oviedo, 1961) founded her own
studio in 2001 in Milan with Alberto Zontone
domus 1072 Ottobre October 2022
Ritratto / Portrait Laila Pozzo
Patricia Urquiola, art
and colour, which has “the
power to change everything”
“Those were my university years. One
course was art history. When we were
divided into groups in alphabetical
order, I was always among the last,”
smiles Patricia Urquiola, the Spanish
architect and designer who has chosen
Italy as her home. She talks about her
relationship with painting starting from
a memory, a personal image, as often
happens when she speaks about things
she holds dear. “That time the last group
was the luckiest. The professor was José
Manuel Pita Andrade, the director of the
Prado. He adored El Greco, an intellectual
artist who loved architecture, as Andrade
described him. During the year, he took
us to the museum several times to study
his works. He stimulated us and infected
us with his passion. I’m grateful for that.
That encounter rekindled a fire in me,
because during high school I had taken
a painting class with a conceptual artist
friend of my mother’s, and his vision
was very useful to me at university.”
After leaving the classrooms of Madrid,
Urquiola completed her studies at Milan
Polytechnic, graduating under Achille
Castiglioni and working for De Padova
with Vico Magistretti. Then, in 2001, she
opened her own practice in Milan.
“Painting is a process of communication.
It involves observing and synthesising.
Encountering painting or any other form
of art is a moment of extreme freedom.
You can’t think of anything else; you only
think about what you feel. It’s like a kind
of meditation that fills you and frees
you. The moment becomes disarming.
You make space for that work and it
enters your mind. It’s there only for you.
These are necessary moments, and
sometimes they stay with you.” Urquiola
has an inclination for storytelling, which
she puts on hold only for her children.
After all, August is the month devoted
to her family, she says. “If I think about
my life and my work, it’s been a constant
encounter with different forms of
creativity. For me, artists like Olafur
Eliasson and, why not, El Greco, have
been powerful ties with the future. I love
Eliasson’s dynamic relationship between
the observer, art and life.” She describes
the conversations between Timothy
Morton and Eliasson. She goes back
to El Greco’s deformed perspectives
and remembers working with Marina
Abramović, before describing her
relationship with colour: “I see colour as a
tool. A tool related to light. Colour always
has the power to change everything.
For me, colour is an element innate to
design. It’s surface, texture and nature.
All surfaces share the energy of painting.
They are dynamic and changing.”
 Flagship Store
via Galileo Galilei 1, Milano
VII DIARIO
Grafica / Graphics
Typologie, uno strumento per
promuovere le font contemporanee
Typologie raccoglie i progetti di Binnenland,
Büro Destruct, Dinamo, ECAL Typefaces,
Extraset, Fatype, Out of the Dark
Typefaces, FSdesign / Atoxina, Grilli Type,
Letterwerk, Luzi Type, Milieu Grotesque,
Nootype, Nouvelle Noire, Optimo, Razzia
Type, Serpentype e Swiss Typefaces
•Typologie gathers the designs by
Binnenland, Büro Destruct, Dinamo, ECAL
Typefaces, Extraset, Fatype, Out of the
Dark Typefaces, FSdesign / Atoxina,
Grilli Type, Letterwerk, Luzi Type, Milieu
Grotesque, Nootype, Nouvelle Noire,
Optimo, Razzia Type, Serpentype and
Swiss Typefaces
Testo / Text Francesco Franchi
“Se tra una famiglia e l’altra di caratteri
selezionassimo i migliori, e poi i migliori
dei migliori, finiremmo con al massimo
una dozzina di caratteri. Quelli sarebbero i
caratteri ideali e sufficienti per qualunque
progetto”, sosteneva Massimo Vignelli,
uno tra i più grandi maestri della grafica
del secolo scorso. Vignelli aveva le sue
idiosincrasie e una certa mania del
controllo. Tuttavia è piuttosto comune,
per i progettisti grafici, prediligere un
ristretto gruppo di caratteri tipografici e
continuare a utilizzarli nel corso degli anni.
Possono però davvero bastare 12 font per
un’intera carriera da graphic designer? La
risposta, per il grafico francese Pierre-
Yann Lallaizon, fondatore di Recto Verso,
studio parigino che lavora soprattutto in
campo editoriale, è no. Lallaizon, infatti,
proprio per stimolare colleghe e colleghi
ad abbandonare consuetudini e pigrizie, e
a uscire dalla loro comfort zone, ha deciso,
due anni fa, di pubblicare Typologie, un
compendio del meglio del type design
francese contemporaneo, con più di
100 font realizzate negli ultimi anni da 22
fonderie digitali del suo Paese. Ideato
come libro, Typologie è sviluppato in un
formato piuttosto atipico, ma perfetto
per il concetto alla base del progetto.
Trattandosi di uno strumento di lavoro,
sul quale andare a cercare riferimenti
e ispirazioni, Lallaizon ha scelto di citare
un altro utensile del mestiere del grafico,
ovvero la mazzetta Pantone. Reduce
del successo ottenuto da questa prima
edizione, Lallaizon ha voluto proseguire
con la sua idea. A novembre è infatti
prevista l’uscita di una seconda palette
tipografica, questa volta dedicata ai
caratteri svizzeri. Sono quasi 80 le font
presenti, suddivise in 5 categorie (Serif,
Sans serif, Display, Monospace ed
Expressive) e disegnate da 18 fonderie
tipografiche elvetiche. Le pagine sono 260,
dedicate ai singoli caratteri, dove vengono
catalogate tutte le caratteristiche, in
doppia lingua, inglese e francese. Come
un vero volume, Typologie ha anche una
prefazione, scritta dallo stesso Lallaizon,
e al suo interno un saggio firmato dal
tipografo svizzero Roger Chatelain,
docente e autore di libri sulla tipografia.
La copertina è invece progettata dal
calligrafo svizzero Rylsee. Se da un
lato Typologie prova a dissuadere quei
designer che, per comodità, abitudine,
o più facile reperibilità, continuano a
scegliere sempre gli stessi caratteri storici,
dall’altro vuole far emergere nuovi talenti.
“Usiamo e convinciamo i nostri colleghi
a usare font contemporanee”, incita
Lallaizon. Non ci resta che accettare la
sfida, tentando nuove strade. Tra tutte le
migliaia di font presenti oggi sul mercato si
nascondono, infatti, gemme straordinarie
che meritano di essere comprate e usate
con la stessa fiducia che riponiamo nei
caratteri tipografici del passato.
domus 1072 Ottobre October 2022
Typologie, a tool to promote
contemporary fonts
“If we went through the font families and
selected the best, and then chose the
best of the best, we would end up with a
dozen fonts at the most. And those would
be the ideal ones that were sufficient for
any project,” said Massimo Vignelli, one
of the 20th century’s greatest masters
of graphic design. Vignelli had his own
quirks and was a “control freak” in a
certain sense. Yet it is quite common for
graphic designers to have a preference
for a limited set of fonts and keep using
them over the years. But can a dozen
or so fonts be enough for a designer’s
entire career? For the French graphic
designer Pierre-Yann Lallaizon, founder
of the Paris-based Studio Recto Verso
which is particularly active in publishing,
the answer is no. In fact, to encourage
his peers to abandon their habits and
laziness and leave their comfort zone,
two years ago Lallaizon decided to
publish Typologie, a compendium of the
best contemporary French type design
featuring over 100 fonts created in
recent years by 22 digital type foundries
across the country. Conceived as a book,
Typologie is developed in an atypical
format that is nonetheless perfectly
suited to its underlying idea. Since it
is a work tool, offering references and
inspiration, Lallaizon chose to incorporate
another professional instrument of
graphic designers: the Pantone colour
chart. Following the success of the first
edition, Lallaizon wanted to elaborate on
this idea. A second typographic palette
is due to be published in November, this
time dedicated to Swiss typefaces. The
project includes almost 80 fonts, divided
into 5 categories (Serif, Sans serif, Display,
Monospace and Expressive) and designed
by 18 Swiss type foundries.
The 260 pages are dedicated to single
fonts and list all the characteristics in
bilingual format (English and French).
Like an actual book, Typologie also has a
foreword, written by Lallaizon himself, and
an essay by Swiss typographer Roger
Chatelain, a professor and author of
books on typography. The cover lettering,
meanwhile, has been designed by the
Swiss calligrapher Rylsee. While on
one hand Typologie seeks to dissuade
designers who keep using the same old
readily available fonts out of convenience
or routine, on the other it aims to showcase
new talents. “Let’s use and convince our
colleagues to use contemporary fonts,”
says Lallaizon. All that remains is to accept
this challenge and try new paths. Among
the thousands of fonts available on the
market today, there are hidden gems that
deserve to be bought and utilised with
the same trust that is placed in typefaces
from the past.
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VIII DIARIO domus 1072 Ottobre October 2022

Confini / Boundaries Testo / Text Elena Sommariva Foto / Photos Nic Tenwiggenhorn

Seguendo la logica
di un foglio di carta
Con Caruso St John, Thomas Demand ha realizzato
per Kvadrat un triplo capriccio, dove l’arte sconfina
nell’architettura per creare un’esperienza unica

With Caruso St John, Thomas Demand has

built a triple folly for Kvadrat, where art blurs into
architecture to create a unique experience

Inaugurata a inzio settembre nel quartier

generale di Kvadrat a Ebeltoft, sulla
costa orientale della penisola danese
dello Jutland, The Triple Folly è la prima
architettura di Thomas Demand. O, per lo
meno, la prima che l’artista ha progettato
per altri e non per se stesso. Realizzata
con lo studio Caruso St John, con cui
la collaborazione è rodata da anni, la
struttura è composta da tre volumi
distinti – per colore, forma e materiali – che
sfumano i confini tra arte e architettura.
Provando a forzare la definizione, Demand
risponde che “dipende da chi lo chiede. Se
si tratta di un architetto, direi una scultura
abitabile. Se a chiederlo, invece, è un
critico d’arte, si tratta di architettura”.
Il punto di partenza, come sempre nella
pratica dell’artista tedesco, è la logica del
foglio di carta, plasmato poi in tre forme
distinte. La prima è una tenda, realizzata in
fibra di vetro traslucida a coprire un cubo
di vetro. C’è poi un piatto tondo, diventato
il baldacchino dell’edificio centrale che
ospita la cucina. Infine, il tipico cappellino
del venditore di bibite americano dà forma
al terzo ambiente ellittico dipinto di blu,
con vista sul Mare del Nord. Al suo interno,
l’opera di Rosemarie Trockel Yes, but,
acquistata nel 2006 dal CEO di Kvadrat
Anders Byriel e modificata con l’artista per
adattarsi alla stanza.
Tre ‘capricci’, secondo la definizione usata
storicamente per indicare quegli edifici
stravaganti o frivoli che, invece, qui hanno
anche una funzione precisa: accomodare
gli ospiti in visita all’azienda, e ospitare
eventi e riunioni. “Essere qui dovrebbe
essere un’esperienza memorabile,
qualcosa da ricordare perché strano
e diverso da tutto”, aggiunge Demand.
L’intero progetto si è sviluppato come
una conversazione con massima fiducia
e libertà (“L’unico vincolo è stata la
gravità”, dice). Anche se tutto è disegnato
nei minimi dettagli (come le maniglie
stampate in 3D e le sedie all’esterno, nate
da un modello di carta e poi colate in
bronzo), Demand assicura che, “purché
ci sia rispetto per l’unicità di questo
oggetto”, non ha problemi con eventuali
trasformazioni e adattamenti che gli
utilizzatori potranno apportare in futuro.
“In fondo, la maggior parte delle persone
vedrà lo spazio attraverso le fotografie
e non di persona”, prosegue. “Anche
questo è coerente con il mio lavoro”.
domus 1072 Ottobre October 2022
Pagina a fronte, dall’alto: schizzo di Thomas
Demand; The Triple Folly; Thomas Demand
e l’opera di Rosemarie Trockel Yes, but.
In questa pagina: il volume centrale
con la cucina (sotto e a destra in dettaglio);
il modello di carta (in basso)
• Opposite page, from top: sketch by
Thomas Demand; The Triple Folly; Thomas
Demand and the work by Rosemarie
Trockel Yes, but. This page: the central
volume with the kitchen (below and right
in detail); the paper model (bottom)
Following the logic
of a sheet of paper
Inaugurated in early September in the
HQ of Kvadrat in Ebeltoft, on the east
coast of the Danish peninsula of Jutland,
The Triple Folly is the first construction
by Thomas Demand. Or at least the
first the German artist has designed for
others and not for himself. Built with the
studio Caruso St John, with whom he
has collaborated for years, it has three
distinct volumes – in terms of colour, form
and materials – that blur the boundaries
between art and architecture. Trying to
stretch the definition, Demand says: “It
depends who’s asking. If it’s an architect,
I’d say it’s an inhabitable sculpture. If it’s
an art critic, I’d say it’s architecture.” The
artist’s starting point is, once again, the
logic of a sheet of paper, shaped into
three distinct forms. The first is a folded
piece of notepaper, made in translucent
fibreglass over a glass cube. Then there’s
a round plate, which forms the central
building’s canopy hosting a kitchen.
Finally, the third elliptical blue space
overlooking the North Sea takes the
shape of a typical American soda jerk
hat. Inside is Rosemarie Trockel’s work
Yes, but, acquired in 2006 by Kvadrat’s
CEO Anders Byriel and modified with
Trockel to adapt to the room. These
three follies – to use the historical
definition indicating such extravagant
buildings – actually have a precise
function here: to accommodate guests
visiting the company and host events.
“It should be a memorable experience
to be here, something you’ll remember,
as you haven’t seen anything like this
anywhere,” says Demand. The design
unfolded like a conversation with the
utmost trust and freedom (“The only
constraint was gravity,” he explains).
Even though everything is designed
down to the smallest detail (such as the
3D-printed handles and the outdoor
chairs, originating from a paper model
then cast in bronze), Demand insists that
“as long as there’s a certain respect for
the uniqueness of the objects”, he has no
problem with changes that users may
introduce in the future. “Hardly anybody
will see the real thing. Most of the
communication is going to go through
photos of the space,” he continues. “And
that’s consistent with my own work.”
Common places
Insegne / Signs
Di recente, è venuto a trovarmi nel mio
ufficio di Londra un architetto cileno.
Mentre gli facevo fare un giro, ha
osservato che tutte le targhette sulle
porte delle sale riunioni erano scritte
a mano. È una cosa che risale agli inizi
della mia attività, nel 1970, quando avevo
bisogno di un logotipo per l’insegna del
negozio e le etichette dei capi. Tutti i
marchi della moda degli anni Sessanta
usavano caratteri moderni e allora
decidemmo di fare qualcosa di differente.
Usare una firma sembrava un modo
di fare apparire un negozio Paul Smith
più personale, non solo l’ennesimo
esercizio commerciale, e siamo ancora
di quest’idea. Le insegne oggi sono
sempre più importanti: le vie delle città
sono piene di catene internazionali di
negozi e caffè, e il loro successo dipende
dalla riconoscibilità universale frutto di
un lungo e arduo lavoro e dell’attenzione
ai particolari. Io, invece, sono sempre
stato più attratto dal tipo di strada
che si trova ancora a Parigi, dove un
negozio di formaggi, un cappellaio e un
liutaio danno alla via un’identità unica,
con insegne che nascono dall’intuito
più che da una ricerca di mercato. Un
calzolaio artigianale, per esempio, può
immaginare un’insegna che fa di una
scarpa qualcosa di intelligente. Queste
insegne sono spesso esempi di bellezza
e suggeriscono cosa si troverà all’interno.
A Barcellona, in carrer de Muntaner, c’è
un locale che si chiama Bar Velódromo.
Quando fu inaugurato, nel 1933, la pista
di legno da cui prende il nome era già
un lontano ricordo. Il proprietario del
bar, però, era, come me, appassionato
di ciclismo e voleva ricordarne la breve
esistenza. L’insegna adotta una font Art
Déco che era al culmine della moda
e denota ancora una certa eleganza,
dando una piacevole sensazione
dell’atmosfera del bar, accuratamente
conservata. Il che, si potrebbe dire, è
segno di una buona insegna.
DIARIO IX
Testo / Text Paul Smith
• An architect from Chile came to visit
my London offices recently. While I was
showing him round, he remarked that
all the signs on the meeting room doors
were hand-written. That goes back to
when I started the business in 1970, when
I needed a logo to put on the front of the
shop and on the labels in the clothes. All
the fashion brands of the ’60s had been
using modern fonts, so we decided to do
something different. Using a signature
seemed a way of making a Paul Smith
shop seem a more personal thing, not
just another business. We’ve kept it ever
since. Signs are increasingly important.
The streets of most modern cities are
full of the names of shops and cafes
familiar around the world, their success
depending on the sort of universal
recognition that can only be achieved by
a lot of hard work and attention to detail.
But I’ve always been more attracted to
the sort of streets you can still find in
Paris, where you’ll see a cheese shop,
a hat shop and a violin maker who give
the street its unique identity and whose
signs are the product of intuition rather
than corporate market research. An
independent shoe shop, for instance,
might dream up a sign that does
something clever with a shoe. Those
signs are often things of beauty, and they
give a clue to what you’ll find inside. In
Barcelona’s Carrer de Muntaner there’s
a place called the Bar Velódromo. By
the time it opened in 1933, the wooden
cycling track from which it took its name
was already a distant memory in the
neighbourhood. But, like me, the bar’s
owner was a cycling fan, and he wanted
to commemorate its brief existence. The
signwriting uses the sort of Art Deco
lettering that would have been the height
of fashion when it was new and still looks
stylish today, giving an attractive and
accurate impression of the bar’s carefully
preserved atmosphere. That, you could
say, is the sign of a good sign.
© Paul Smith
X DIARIO domus 1072 Ottobre October 2022

Arte e fabbrica / Art and industry Testo / Text Walter Mariotti

Pirelli e i nessi nascosti tra industria

e bellezza, creatività e genio
Il Novecento ha fatto passare l’idea
marxista di fabbrica, dove si abbrutiva
il corpo e si umiliava lo spirito. Le cose
però non stanno solo così e il tempo di
riscoprirlo è il nostro, che sta vivendo una
feroce disruption in tutte le categorie
concettuali e umane che hanno costruito
la nostra identità: dalla biologia alla
comunità ai consumi. Nel secolo scorso,
gli esempi di fabbrica dove l’estetica era
il metodo per correggere l’etica e, così,
massimizzare il valore sono stati rari, ma
esemplari. Per questo rappresentano dei
veri paradigmi per il “quarto capitalismo”
che, dopo avere archiviato tutte le
categorie oppositive del XX secolo, sta
ridefinendo lo statuto del capitalismo
postglobale e, quindi, del concetto di valore
industriale come esito di un ecosistema
complesso, fatto di asset tangibili e
intangibili, di relazioni industriali e spirituali,
di meccatronica ed estetica. Un sistema
dove la bellezza sta alla pari dell’inclusione,
della sostenibilità, del mercato e ne
costituisce la possibilità. In questa
prospettiva, continua a distinguersi Pirelli,
brand italiano e globale delle soluzioni
per la mobilità, un vero unicuum studiato
in tutte le università non solo per l’idea
di qualità e di costruzione di valore, ma
anche come fucina di bellezza che non si Pirelli and the hidden for the “fourth capitalism”, which, after overcoming the pitfalls of transformation,
è infranta in sogni impossibili, superando le connections between shelving all opposing categories of the markets and consumerism.
insidie della trasformazione, dei mercati e industry and beauty, 20th century, is redefining the statute Pirelli focuses on the idea that working
dei consumi. Tenendo al centro l’idea che creativity and genius of post-global capitalism and, therefore, for beauty equates to working for the
lavorare per il bello è lavorare per il bene. the concept of industrial value as the good of all – for the factory and society.
Della fabbrica e della società. Questa The 20th century pushed the Marxist outcome of a complex ecosystem made This social and aesthetic responsibility
responsabilità sociale ed estetica emerge idea of factories, where bodies were up of tangible and intangible assets, emerges while reading A Beautiful Place.
leggendo A Beautiful Place. The Art of dehumanised and the spirit was of industrial and spiritual relations, of The Art of Manufacturing, a volume that
Manufacturing, un volume che non è solo degraded. But this is not the whole story, mechatronics and aesthetics. It is a is not only Pirelli’s 2021 annual report, but
il bilancio aziendale 2021 di Pirelli, ma un and the time for rediscovery is now, as system where beauty is on a par with also a veritable journey portraying the
vero e proprio viaggio capace di restituire we experience fierce disruption in all inclusion, sustainability and the market, intensity and statute of the factory as
al lettore l’intensità e lo statuto della conceptual and human categories that thus representing its potential. In this a primary place of creativity as well as
fabbrica come luogo principe non solo di have shaped our identity: from biology perspective, Pirelli continues to stand artistic inspiration, just like a Renaissance
creatività, ma anche d’ispirazione artistica, to society and consumerism. Over the out. An Italian and global brand in mobile workshop. Pirelli invited artists with
come una bottega rinascimentale. past century, examples of factories where solutions, Pirelli is a unique example different mediums, techniques and
Pirelli ha chiesto ad artisti con differenti aesthetics was the method adopted to studied at all universities not only for its nationalities to visit five production plants.
vocazioni, tecniche e nazionalità di visitare correct ethics, and thereby maximise idea of quality and building value, but Giovanni Mengoni, Lisette Correa, Andrei
cinque impianti produttivi. Giovanni value, were rare but exemplary. That also as a hotbed of beauty that has Cavassi, Tu Yonghong and the collective
Mengoni, Susy Garcia, Pinguim, Fernanda is why they represent true paradigms not crumbled into impossible dreams, made up of Susy Garcia, Pinguim,
Broggi, Tony Felix, Lisette Correa, Andrei Fernanda Broggi and Tony Felix travelled
Cavassi e Tu Yonghong hanno fatto un from Brazil to China, passing through Italy,
viaggio dal Brasile alla Cina passando Romania and the Unites States.
per l’Italia, la Romania e gli Stati Uniti. The result is an artist’s Baedeker that
L’esito è un vero baedeker d’artista che sheds light on the hidden relationships
illumina i nessi nascosti tra industria e between industry, beauty, creativity and
bellezza, creatività e genio, una lezione genius – a practical lesson introduced by
pratica introdotta da un esperto di spirito, il an expert on spirits, the theologian Vito
teologo Vito Mancuso: più chiaro e bello di Mancuso: nothing could be clearer or
così, è difficile. more beautiful.

In alto: dettaglio dell’opera dell’artista • Top: detail of the work by the Chinese
cinese Tu Yonghong (ritratta al lavoro artist Tu Yonghong (shown working
nella foto qui a lato), considerata tra le in the picture, far left), considered
eredi più rappresentative dell’antica arte to be one of the most representative heirs
dell’intaglio della carta (papercutting). of the ancient art of papercutting.
A destra: la copertina dell’Annual Report Left: the cover of the Pirelli’s Annual
2021 di Pirelli, progetto della Direzione Report 2021, a project by Pirelli’s
Comunicazione e Brand di Pirelli guidata Communication and Brand image
da Maurizio Abet directed by Maurizio Abet
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XI DIARIO
Recensioni / Reviews
A Tallinn va in scena la relazione
fra cibo e architettura
Photo Karl Markus Antson
Photo © Tõnu Tunnel
In alto: Telliskivi Creative City e il centro
di fotografia contemporanea Fotografiska.
Sullo sfondo, il centro storico di Tallinn.
Sopra: “Edible; Or, The Architecture
of Metabolism”, Estonian Museum of
Architecture.
Sotto, da sinistra: Fungible Non-Fungible
Pavilion di iheartblob; Linnahall, progetto
di Riina Altmäe e Raine Karp
Photo © Tõnu Tunnel
Testo / Text Giulia Ricci
“Edible; Or, The Architecture of
Metabolism”, sesta edizione della Tallinn
Architecture Biennale (aperta fino al
20.11.2022), è curata da Lydia Kallipoliti
e Areti Markopoulou con il chief local
advisor Ivan Sergejev. L’evento indaga, in
senso “letterale e metaforico”, la relazione
fra cibo e architettura. Da un lato, ripensa
i sistemi della produzione alimentare,
immaginando, per esempio, che quella
produzione avvenga nelle città o nelle
nostre case, trascinando con sé nuovi riti
urbani e domestici. Dall’altro, ragiona sulla
possibilità che l’architettura possa essere
pensata all’interno di cicli metabolici: gli
scarti vengono minimizzati e riciclati, i
materiali da costruzione non solo sono
biodegradabili, ma talvolta anche edibili e,
ancora, hanno la capacità di ripulire l’aria
dagli inquinanti. La mostra organizzata
e ospitata dall’Estonian Centre for
Architecture – con una forte presenza di
università americane – è corredata da un
simposio, da installazioni (come Fungible
Non-Fungible Pavilion di iheartblob)
e da concorsi. Fra questi, la “Vision
Competition” ha invitato a ripensare
la città di Tallinn a diverse scale fino ai
mikrorayon, microdistretti residenziali
sovietici. Proprio di fronte al Tallinn
Creative Hub sorge, quasi dimenticato,
l’imponente Linnahall, il centro culturale
e sportivo dedicato a Lenin e inaugurato
nel 1980 per i Giochi della XXII Olimpiade
di Mosca. Tallinn e l’Estonia hanno scelto
di rappresentarsi anche attraverso
l’architettura. Non è un caso che
all’inaugurazione della TAB sia intervenuto
anche il presidente estone Alar Karis,
direttore del museo nazionale dell’Estonia
•Top: Telliskivi Creative City and the di Tartu, inaugurato nel 2016 su progetto di
Fotografiska contemporary photography Dorell.Ghotmeh.Tane. La capitale, con un
center. In the background, the historic
centre of Tallinn. Above: “Edible;
centro storico patrimonio UNESCO e un
Or, The Architecture of Metabolism ”, passato sovietico, esprime oggi un nuovo
Estonian Museum of Architecture. spirito attraverso la Telliskivi Creative City
Below, from left: iheartblob’s Fungible e il Balti Jaam Market – struttura coperta
Non-Fungible Pavilion; Linnahall, designed
by Riina Altmäe and Raine Karp che è quasi un centro per la comunità –, il
quartiere Rotermanni e il business park di
Ülemiste City.
© Courtesy of Visit Estonia
domus 1072 Ottobre October 2022
The relationship between
food and architecture takes
the stage in Tallinn
“Edible; Or, The Architecture of Metabolism”,
the sixth edition of the Tallinn Architecture
Biennale, is curated by Lydia Kallipoliti
and Areti Markopoulou with chief local
advisor Ivan Sergejev. Both “literally
and metaphorically”, the event explores
the relationship between food and
architecture. It offers a new view of
food production, imagining how it could
take place in cities or homes, with new
urban and domestic rituals, as well as
reflecting on how architecture can be
devised within metabolic cycles, where
waste is minimised and recycled and
building materials are biodegradable
but sometimes also edible, or even
capable of scrubbing the air of pollution.
The show organised and hosted by the
Estonian Centre for Architecture – with
several American universities – also
offers a symposium, installations (such
as the Fungible Non-Fungible Pavilion by
iheartblob) and contests, including “Vision
Competition”, which reconsiders Tallinn
on different scales up to the Mikrorayon,
Soviet residential micro-districts. In front
of the Tallinn Creative Hub stands the
imposing, yet forgotten, Linnahall, the
cultural and sports centre dedicated to
Lenin and opened in 1980 for the 22nd
Olympics in Moscow. Tallinn and Estonia
are also represented through architecture.
It’s no coincidence that TAB’s inauguration
featured an intervention by Alar Karis,
Estonian president and director of the
Estonian National Museum in Tartu, a
building designed by Dorell.Ghotmeh.
Tane and completed in 2016. The capital,
whose historic centre is a UNESCO World
Heritage site with a Soviet past, today
expresses a new spirit through the Telliskivi
Creative City, the Balti Jaam Market – a
covered structure and a community hub –
the Rotermanni Quarter and the Ülemiste
City business park.
XII DIARIO
Interni / Interiors
Un bozzolo giallo acusticamente
protetto per pause e riunioni
Al tempo stesso spazio per i dipendenti
e showroom di un’azienda di produzione
e lavorazione di materie plastiche, Mini
Break (Show)room è uno dei molti progetti
figli di quel cambiamento che la pandemia
ha solo accelerato: quello della ricerca
di un maggior benessere sul posto di
lavoro attraverso ambienti ibridi. Peccato
che il progetto – e la sua progettista,
Francesca Perani – abbiano dovuto
affrontare qualche sfida in più. Perché
questi 19 m2 non si trovano in caotici uffici
open space, ma al piano terra di uno
stabilimento di lavorazione di 800 m2.
Infilato al di sotto di un soppalco, avvolto
dai telai di ferro dell’impianto industriale,
lo spazio era utilizzato in precedenza
come magazzino. La struttura metallica è
stata verniciata di giallo (obbligatorio per
ragioni di sicurezza), un gesto che rende
l’intervento quasi grafico. Le partizioni
sono state pensate in metacrilato per
lasciar penetrare la maggior quantità
di luce possibile, mentre gli arredi e le
boiserie sono stati realizzati su misura
in multistrato di pino. Oltre a essere
economica, questa soluzione permette di
creare un ambiente morbido, un ‘bozzolo’
acusticamente protetto. È sempre in
multistrato di pino il grande tavolo al
centro dello spazio, utilizzabile sia per
riunioni con clienti sia per i momenti di
pausa dei lavoratori. Sotto la scala, che
dall’esterno conduce al piano di sopra, si
trova una piccola cucina, corredata da
una nicchia dalla sagoma triangolare che,
assieme alla porzione retroilluminata a
LED al di sopra della boiserie, è pensata
per l’esposizione dei prodotti.
domus 1072 Ottobre October 2022
Testo / Text Giulia Ricci Foto / Photos Francesca Perani
A yellow sound-controlled In questa pagina: Mini Break (Show)room,
cocoon for breaks and progetto di Francesca Perani (con la
collaborazione di Chiara Birolini), è uno
meetings spazio multifunzione – pausa, riunioni,
showroom – dentro lo stabilimento di Firma,
Both a space for employees and a ad Albano S. Alessandro, Bergamo
showroom for a company that makes and
processes plastic materials, Mini Break • This page: Mini Break (Show)room,
designed by Francesca Perani
(Show)room is one of the many designs (with the collaboration of Chiara Birolini),
resulting from changes accelerated is a multipurpose space – breaks,
by the pandemic: that of searching for meetings, showroom – inside the Firma
factory, in Albano S. Alessandro, Bergamo
greater well-being at work through hybrid
environments. In this case, however, the
project and its designer Francesca Perani
had to face a few additional challenges,
because these 19 square metres are not
in chaotic open-space offices, but on
the ground floor of an 800-square-metre
processing factory. Inserted below a
mezzanine, wrapped in the iron beams
of the industrial plant, this space was
previously used for storage. The metal
structure was painted yellow (for safety
reasons), making this intervention almost
a graphic gesture. The partition panels are
made in methacrylate to let in as much
light as possible, while the customised
furniture is in pine plywood. As well as
being cost-effective, this solution enables
the creation of a soft environment, an
acoustically sheltered “cocoon”. Also
in pine plywood is the large table at the
centre of the space, which can be used
for meetings with clients and for taking
a break. Beneath the stairs, which from
the exterior lead to the upper floor, is a
kitchenette equipped with a triangular-
shaped niche that, along with the built-in
LED backlit system above the boiserie,
showcases products.
XIII DIARIO
Bambini / Kids
De Matos Ryan: una casa sull’albero
che non ha bisogno di alberi
Costruire una casetta per giocare
in giardino, un rifugio segreto dove
immaginare avventure fantastiche alla
larga dalle regole e dai doveri della vita
adulta. Un po’ come una casa sull’albero.
Peccato però che, in questo caso, l’albero
non ci fosse più, dopo che quello dei
vicini era stato abbattuto. È questo, per
sommi capi, il singolare incarico che
lo studio britannico De Matos Ryan,
fondato nel 1999 da Angus Morrogh-
Ryan e Jose Esteves De Matos, si è
trovato a fronteggiare su richiesta di una
giovane famiglia con bambini, residenti
nella zona nordoccidentale di Londra.
Ne è nata una struttura prefabbricata –
composta da una serie di telai triangolari
di abete Douglas, alta in tutto 4,1 m e di
forma tronco-piramidale – disegnata
insieme con i figli del committente a
partire da un concetto-chiave: avere una
tana a cui i bambini potessero accedere
più facilmente degli adulti, con una
vedetta sulla sommità.
“La forma insolita e astratta della
struttura lascia spazio al gioco di
fantasia e all’esplorazione”, spiegano i
progettisti. E se l’ingresso è rasoterra,
l’interno è spazioso, alto e vuoto, i vari
livelli collegati da una scala di legno e
corda. L’impressione generale è quella
di trovarsi dentro un grande tronco
cavo, o anche a bordo di un’astronave o
nella torre di un castello. Le finestre, che
ripropongono la forma della struttura,
offrono viste insolite sull’esterno e
possono essere aperte per ventilare
lo spazio. Nella parte superiore, un
lucernario elettrico dotato di sensori si
chiude automaticamente quando inizia
a piovere. Sul rivestimento a doghe di
larice siberiano un reticolo di cavi di
acciaio inossidabile incoraggia le piante
rampicanti e, col tempo, aiuterà la casa
a prendere la forma dell’albero che non
c’è mai stato.
Nonostante l’altezza elevata e della
forma insolita per un giardino, il
permesso di costruire è stato vincolato
alla sola condizione di smontare e
rimuovere la struttura – assemblata in
loco nell’arco di una settimana – in caso
di vendita della proprietà. Un po’ come
Penfold (nome in codice Jigsaw, ‘puzzle’)
il personaggio del cartone animato
Danger Mouse: un criceto timido e
occhialuto che, al primo segnale di
pericolo, cade a pezzi.
Testo / Text Elena Sommariva
In questa pagina: Penfold, casa-gioco
con telaio di legno a vista prefabbricato,
realizzata da De Matos Ryan nel giardino
di una casa londinese
• This page: Penfold, playhouse with
a prefab, exposed wooden frame, designed
by De Matos Ryan for the garden of a home
in London
De Matos Ryan: a tree house
that needs no trees
To build a playhouse in a garden, a
secret haven where kids can imagine
fantastic adventures unencumbered by
the rules and responsibilities of adults.
A bit like a tree house. But unfortunately,
in this case, there is no tree, and the
neighbours sadly had to cut theirs down,
too. This, in a nutshell, is the uncommon
request that the London-based studio
De Matos Ryan – founded in 1999 by
Angus Morrogh-Ryan and Jose Esteves
De Matos – had to work with for a young
family with children who live in the city’s
north-west area. The architects devised
a prefab structure composed of a
series of triangular Douglas fir frames,
measuring 4.1 metres tall in total and
shaped like a truncated pyramid.
The project was designed with the
clients’ children starting from a key
concept: to make a den that kids could
access more easily than adults, with a
lookout at the top. “The unusual form
and abstract scale of the structure
provides a platform for imaginative play
and permissive exploration,” explain the
domus 1072 Ottobre October 2022
Foto / Photos Hufton+Crow
designers. While the entrance is a low
portal that one must stoop under and
crawl into the structure, the inside is
spacious, tall and empty, and the levels
are connected by a ladder in wood
and rope.
The overall impression is like being
inside a large empty tree trunk, or in a
spaceship or castle tower. The windows,
which echo the house’s shape, offer
particular views of the outside and can
be opened for ventilation. At the top, an
electric skylight with sensors closes
automatically if it starts raining.
On the cladding in Siberian larch planks,
a stainless steel cable lattice aids the
growth of climbing plants that, over time,
will help the den to look like the tree that
never was. Due to its unusual height and
shape for a garden, planning permission
was sought and granted with the only
condition that the structure – which
took a week to assemble – would have
to be disassembled and removed if the
property was sold. A bit like Penfold, the
cartoon character from Danger Mouse:
a timid, bespectacled hamster who is
codenamed Jigsaw because, at the first
sign of danger, he falls apart.
Fai spazio alla creatività.
Una cucina perfetta aiuta a trovare l’ispirazione giusta.
Gli elettrodomestici della Generazione 7000 fanno spazio alla creatività,
creando nuove prospettive.
That’s Quality Ahead of Its Time.

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XIV DIARIO
Talenti / Talents
Interrogare il nostro rapporto
con lo spazio, il tempo e le cose
Photo courtesy of Fanny Gicquel
Più che oggetti, Fanny Gicquel crea
ambienti. Inventa mondi, luoghi artificiali
dove il corpo è indotto a sperimentare
uno spazio e un tempo altro. Al
confine tra performing art, e design
emozionale e comunicazionale, Gicquel
immagina universi intesi non come
luoghi staticamente abitati o occupati
da entità oggettuali ben definite e
perimetrate, ma come spazi di osmosi
e di scambio: costellazioni dinamiche
di mescolanze, incroci e interferenze.
Così, i corpi si relazionano con oggetti
indossabili, manipolabili e mutevoli, tutti
volti a definire esperienze di scambio
fra il sé e l’altro, l’interno e l’esterno,
l’umano e il non umano. Attraverso
performance coreografate, la designer
spinge i corpi dei suoi performer a
muoversi fra oggetti che hanno tutti
orrore della staticità. Che siano vasi di
vetro incastonati fra insiemi scultorei
d’acciaio o parole che appaiono e
scompaiono fra anagrammi e palindromi
multilingue, i suoi oggetti – per usare
parole sue – “sono tutti attivi, mutevoli,
e sfuggono a una forma definitiva per
evidenziare l’impermanenza delle cose
che ci circondano e per testimoniare
la fragilità e la molteplicità del mondo”.
Francese, trentenne (è nata a Rennes nel
1992), Gicquel ha esposto i suoi lavori in
Francia e Canada e, da giugno a ottobre
2022, ha presentato la sua seconda
personale alla Hua International Gallery
di Pechino, dove ha cercato di creare
situazioni che interrogano e rivelano
una porosità, un’ambiguità tra l’intimo e
l’impersonale, l’interiorità e l’esteriorità, la
realtà e il sogno, la dolcezza e la violenza,
la costrizione e la liberazione. Attenta alla
relazione tra le forme delle cose
(un suo video indaga la relazione tra il
guscio di una lumaca e la cavità di un
orecchio), esprime una ricerca che si
nutre di riferimenti colti – da Gaston
Bachelard a Fernando Pessoa – per
interrogare il nostro rapporto con lo
spazio, il tempo e le cose.
Questioning our relationship
with space, time and things
Fanny Gicquel creates environments,
not objects. She invents worlds, artificial
places where the body can experience
another space and time.
Poised between the performing arts
and emotional and communicative
design, Gicquel imagines universes
not as statically inhabited places
occupied by well-defined,
partitioned object-entities,
but as spaces of osmosis and
exchange: dynamic constellations
of combinations, hybrids and
interferences. In her work, bodies
interact with wearable objects that can
change or be manipulated, all striving
domus 1072 Ottobre October 2022
Testo / Text Silvana Annicchiarico Foto / Photos Haiyang
to define experiences of reciprocity Canada and, from June to October
between the self and the other, 2022, staged her second solo show
internal and external, human and at Hua International Gallery in Beijing,
non-human. Through choreographed where she endeavoured
performances, the designer makes the to create situations that question and
bodies of her performers move among reveal the porosity and ambiguity
objects that abhor immutability. between intimate and impersonal,
Whether they are glass vases set inwardness and outwardness,
among groups of steel sculptures reality and make-believe, sweetness
or words that appear then disappear and violence, constriction and freedom.
in multilingual anagrams and Attentive to the connections between
palindromes, her objects – in her the forms of things (one of her videos
own words – “are all active, changing, explores the relationship between
escaping a definitive form to highlight a snail shell and an ear cavity),
the impermanence of the things she articulates an investigation based
around us and to testify to the fragility on cultured references – from Gaston
of the world.” Bachelard to Fernando Pessoa –
Born in 1992 in Rennes, France, 30-year- to question our approach to space,
old Gicquel has exhibited in France and time and things.
In questa pagina: mostra e performance
“now, and then”, presso la Hua international
Galery di Pechino (24.6–8.10.2022).
In alto a sinistra: Fanny Gicquel fotografata
durante una residenza a Marfa, Texas.
Sopra: vista della performance.
A sinistra: Glass belly, 2022. Vetro. 15 x
26 cm. A destra: Sensitive surface, 2022.
Sapone, acciaio, caffè. 80 x 200 cm
• This page: the exhibition and
performance “now, and then”, at the Hua
International Gallery in Beijing (24.6-
8.10.2022).
Top left: Fanny Gicquel, photographed
during a residence in Marfa, Texas.
Above: view of the performance.
Left: Glass belly, 2022. Glass. 15 x 26 cm.
Right: Sensitive surface, 2022. Soap, steel,
coffee. 80 x 200 cm
 

Soft Work
Edward Barber & Jay Osgerby, 2018
Vitra Office è distribuita in Italia da UniFor.
unifor.it | vitra.com
XV DIARIO
Aziende / Companies
Le tante anime di Finstral: tra
innovazione, estetica e sostenibilità
Florian Oberrauch,
vicepresidente
dell’azienda altoatesina,
ne racconta le origini, negli
anni Sessanta, e il futuro
sempre più sostenibile
Florian Oberrauch, vice-
president of the Alto Adige
company, discusses its
origins, in the 1960s, and an
increasingly sustainable
future
L’anima produttiva di Finstral riflette i due
paesaggi culturali su cui è affacciata
l’azienda: da una parte, una ricerca estetica
e un mercato prevalentemente italiano,
dall’altra una funzionalità germanica
con certificazioni a nord delle Alpi, come
l’Institut für Fenstertechnik di Rosenheim.
Finstral, che produce finestre, ma anche
porte d’ingresso, verande e pareti vetrate,
è nata ad Auna di Sotto, sull’altipiano del
Renon, in Alto Adige, per molti secoli punto
obbligato di passaggio tra nord e sud,
tanto che vi avrebbero transitato ben 60
imperatori. Francia, Spagna e Germania
sono gli altri mercati principali, a conferma
di una vocazione europea. L’anima in
senso materico è invece il PVC che,
nella seconda metà del Novecento, ha
sostituito il legno. “Mio zio Hans Oberrauch,
il fondatore, ha avuto l’idea di produrre
serramenti con il PVC, che nel 1969 era
un materiale nuovo”, racconta Florian
Oberrauch, vicepresidente di Finstral,
con un passato da sciatore e l’ingresso
in stabilimento a 22 anni partendo dal
basso per fare esperienza diretta di
tutto. “Da subito, cioè dagli anni Settanta,
abbiamo puntato sull’innovazione. Siamo
stati i primi a sviluppare un serramento in
PVC con un profilo goffrato quando tutto
era bianco e liscio. I primi a realizzare un
serramento modulare con il PVC all’interno
e rivestimento esterno in alluminio per
offrire una scelta nel colore, ora arrivata a
244 tonalità. Ancora, l’incollaggio dei profili
dell’anta al vetro ha reso possibili profili più
sottili. Abbiamo introdotto novità importanti
che hanno influenzato e influenzano
il mercato, come la finestra modulare
FIN-Project”. Il processo innovativo è
andato in parallelo con l’incorporazione
delle funzioni produttive. Tutto lo sviluppo
dei sistemi è fatto all’interno dell’azienda.
Sono interni anche l’estrusione profili,
la verniciatura, la lavorazione del legno
e la vetreria, per essere sempre meno
dipendenti dai fornitori esterni. Questo
ha i suoi vantaggi. La filiera lunga, spiega
Oberrauch, ha anche aiutato a risolvere
un aspetto critico degli ultimi tempi: la
penuria e il rincaro delle materie prime.
“Subito dopo la prima fase del Covid-19,
abbiamo potuto rispondere alla grande
richiesta di riqualificazione edilizia”.
L’azienda è gestita dalla famiglia, con
un ricambio generazionale preparato
negli ultimi dieci anni. Il padre di Florian
Oberrauch rappresenta una generazione
di mezzo perché di 14 anni più giovane
del fratello maggiore. Il cugino Joachim,
presidente di Finstral si occupa della
parte relativa allo sviluppo del prodotto.
“Abbiamo il vantaggio di essere un po’
italiani e un po’ tedeschi. Da un lato, c’è la
precisione teutonica”, spiega. “Dall’altro, il
mercato italiano è il più importante e ci ha
consentito di sviluppare una sensibilità
estetica, oltre la pura funzionalità. Questa
doppia anima è stata un grandissimo
vantaggio soprattutto in un settore, quello
della finestra in PVC, non percepito come
particolarmente attraente dal punto di
vista formale”. Tra i nuovi prodotti, Fin-
Slide Slime-line è una scorrevole dove
lo spessore delle ante è stato ridotto
al minimo per avere più luce naturale.
La variante Nova-Cristal, invece, è una
scorrevole a tutto vetro. La gamma di
Testo / Text Antonio Armano
materiali è stata ampliata: al PVC si sono
aggiunti l’alluminio, il legno, la ceramica
e il ForRes. Il cliente può anche scegliere
materiali diversi nello stesso serramento.
Solo il nucleo isolante resta in PVC. Il
prodotto FIN-Project Inlay è un nuovo
sviluppo che dà al cliente maggiore
possibilità di personalizzazione, con
materiali particolari come il metallo, la
ceramica o legni pregiati. Il controllo della
filiera ha anche un vantaggio in termini
di sostenibilità. “Il nostro prodotto aiuta
l’isolamento degli edifici”, dice Florian
Oberrauch. “Analizziamo l’impatto
ambientale già prima della produzione,
considerando la provenienza del materiale
acquistato. L’energia elettrica che usiamo
arriva da fonti rinnovabili e ci siamo
impegnati a coprire il 20-25 per cento del
domus 1072 Ottobre October 2022
nostro fabbisogno con il fotovoltaico. Negli
ultimi anni, siamo anche riusciti a ridurre
del 20-25 per cento il nostro consumo
energetico. C’è infine l’aspetto legato alla
durata: più a lungo possiamo utilizzare un
prodotto, più è sostenibile. Oggi possiamo
dire che le nostre finestre funzioneranno
senza problemi per 40-50 anni. Allo stesso
tempo, ci dobbiamo preoccupare del fine
vita: per questo, impieghiamo materiale
riciclabile. Per esempio, non utilizziamo
la schiuma”. Nell’area dell’Alto Adige, del
Trentino, del Veneto fino a Verona, Finstral
arriva direttamente al cliente finale, posa
compresa. Il contatto diretto è importante
perché è un laboratorio per capire quali
sono le richieste e per fornire un prodotto
sempre più personalizzato. “La gran parte
del mercato è gestito da partner con i
quali abbiamo una stretta collaborazione
da tanti anni. Il reparto Contract collabora
con i grandi studi di architettura ed
esegue cantieri di un certo volume. Tra le
realizzazioni recenti, il Collegio Guastalla
a Monza, dove la sfida è stata trovare
una soluzione estetica che s’integrasse
con l’architettura storica, e l’Hotel Romeo
a Roma, progettato da Zaha Hadid
Architects. Il magazine F_03 è un ulteriore
strumento che permette di dialogare
con architetti e docenti universitari. “Nella
prima parte si affrontano tematiche
come architettura e sostenibilità”, precisa
Oberrauch. “La seconda propone
realizzazioni e prodotti. È uno strumento
importante per posizionarci come
leader di mercato nella fascia alta e per
sviluppare una maggiore collaborazione
con i progettisti”.
domus 1072 Ottobre October 2022
The many souls of Finstral:
between innovation,
aesthetics and sustainability
Finstral’s productive soul reflects
the two cultural landscapes that the
company is focused on: research in
aesthetics with a predominantly Italian
market, and Germanic functionality
with related certifications north of the
Alps, for example from the Institut für
Fenstertechnik in Rosenheim.
Finstral, which makes windows but
also entry doors, conservatories and
glass walls, was established in Auna
di Sotto, on the Renon high plateau in
Alto Adige, which for centuries was
a vital crossroads and north-south
passageway that has seen the coming
and going of some 60 emperors.
France, Spain and Germany are the
other key markets, testifying to the firm’s
European vocation. Its material essence,
meanwhile, is PVC, which replaced wood
in the second half of the 1900s.
“It was my uncle Hans Oberrauch, the
founder, who had the idea of making
doors and windows with PVC, which in
1969 was a new material,” says Florian
Oberrauch, vice president of Finstral
and a former skier. He entered the
business at 22, starting from the bottom
to learn everything first-hand. “Since our
beginnings in the 1970s, we’ve prioritised
innovation. We were the first to develop
PVC doors and windows with embossed
surfaces when everything was white and
smooth. We were also the first to make
modular windows with PVC on the inside
and an outer cladding in aluminium to
offer a vast range of up to 244 colours.
Moreover, bonding the edging of the
panels to the glass has enabled us to
produce more slender profiles. We’ve
introduced major innovations that
have influenced the market, such as
the modular FIN-Project window.” The
innovation process has gone hand in
hand with the incorporation of production
functions. To be less dependent on
suppliers, all system development is done
in-house, along with profile extrusion,
varnishing, carpentry and glasswork. The
comprehensive production chain has
its advantages, which include helping to
resolve a critical aspect of recent years:
the shortage and rising costs of raw
materials. “After the first wave of Covid-19,
we were able to meet the great demand
for construction renovation,” explains
Florian. In the past decade, the family-run
business has experienced a qualified
generational change. Florian’s father
represents a middle generation as he is
14 years younger than his older brother.
His cousin Joachim, president of Finstral,
oversees product development. “We
have the advantage of being a bit Italian
and a bit German,” continues Florian. “On
DIARIO XVI
one hand, there’s our German precision,
and on the other, we’ve developed
an aesthetic sensibility beyond mere
function thanks to the Italian market,
which is our biggest. This dual spirit has
been a big asset, especially in a sector
like PVC windows, which isn’t seen as
being particularly attractive from a
formal perspective.” Among the newest
products, the Fin-Slide Slim-line consists
of sliding glass panels whose thickness
is minimised to have as much natural
light as possible. The Nova-Cristal variant,
meanwhile, is a sliding all-glass window.
The range of materials has also been
expanded from PVC to include aluminium,
wood, ceramic and ForRes, and clients
can choose different materials for the
same product. Only the insulating core
remains in PVC. FIN-Project Inlay is a
new development that offers increased
customisation, with distinctive materials
such as metal, ceramic and fine woods.
A controlled supply chain ensures Pagina a fronte. In alto: il serramento FIN- • Opposite page. Top: the FIN-Project
sustainability. “Our products help insulate Project Inlay (anche qui sopra in una vista Inlay windows (also this page, above, in
di dettaglio). In basso: Florian Oberrauch, detail). Centre: Florian Oberrauch, vice-
buildings,” explains Florian. “We analyse vicepresidente di Finstral. president of Finstral. This page. Below: the
our footprint even before production In questa pagina. Sotto: il magazine F_03 magazine F_03 published by the company
starts, considering the origin of our realizzato dall’azienda come strumento di as a platform to engage in dialogue with
materials. The electricity we use comes dialogo con architetti e docenti universitari architects and university professors
from renewable sources, and we aim
to cover 20 to 25 per cent of our energy
needs with photovoltaic panels. Over the
last few years, we’ve also reduced our
energy consumption by 20 to 25 per cent.
Finally, there’s durability: the longer we
can use a product, the more sustainable
it is. Today we can say that our windows
can last without problems for 40 to 50
years. At the same time, we need to
consider the end of the lifespan, which
is why we use recyclable materials. For
example, we don’t use foam.” In Alto Adige,
Trentino and Veneto all the way to Verona,
Finstral serves clients directly, including
the installation phase. Direct contact is
vital because it provides a training ground
to understand requests and supply
increasingly customised products.
“Most of the market is managed by
partners we’ve had a close relationship
with for years. The Contract Division
works with leading architecture studios
and on large building sites. Recently,
these have included the Collegio
Guastalla in Monza, where the challenge
was to find an aesthetic solution that
could integrate with the location’s history,
and the Hotel Romeo in Rome designed
by the Zaha Hadid studio.
The magazine F_03 is another tool that
allows the company to engage with
architects and professors. “In the first
part, architecture and sustainability
are examined,” says Florian. “The
second section presents realisations
and products. It’s an important means
to position ourselves as leaders in a
high-end market and foster greater
collaboration with architects.”
XVII DIARIO domus 1072 Ottobre October 2022

Artigianalità / Craftsmanship Testo / Text Loredana Mascheroni Foto / Photos Omar Sartor

Un gioco di squadra
guidato da scelte sostenibili
Teamwork guided
by sustainable choices
Why come up with a new product when
you can work on and improve one that
already exists? Doesn’t sustainability
also mean durability, in both forms and
materials? The new Jack bed redesigned
by Giorgia Zanellato and Daniele Bortotto
for Bolzan is based on these ideas
and the sense of responsibility these
designers from Veneto feel when creating
an object, which in their view should be
timeless, last as long as possible, and
be able to tell a story. The original model
that was updated this year dates back
to 2017. It keeps the same simple and
minimal shape, but now the head- and
footboards are in wood instead of metal.
Like two rollers, they hold the fabric,
which is closed with a zipper. Leather is
another novelty for the upholstery and is
available along with the fabric. The story
told by the new Jack bed is about creating
networked collaboration between small
and medium-sized companies focused
on sustainability, all located within a
radius of 300 kilometres between Friuli,
Veneto and Lombardy. “Analysing the
micro and carefully exploring the area
and the people who live there led us
to discover unique situations like the
artisans and companies working with
Bolzan,” say the designers. LorisTill, Loris
Giacomini’s workshop, uses recycled
wood or wood from certified forests
(the ash for the Jack bed comes from
reforestation) and applies all-natural
paints and varnishes. The leather from
the Conceria Pietro Presot comes from
European cattle farms that respect strict
standards on animal welfare and are
GMO-free certified. The leather is treated
with tannins, vegetal compounds that
need two months to provide stability and
Photo Mattia Balsamini

resistance. The natural yarns from Torri

Perché ideare un nuovo prodotto
quando si può lavorare su uno esistente,
migliorandolo? La sostenibilità non è
anche durabilità, sia per forma che
per materiali? Il nuovo letto Jack che
Giorgia Zanellato e Daniele Bortotto
hanno messo a punto per Bolzan nasce
da queste riflessioni e dal senso di
responsabilità che i due designer veneti
sentono nei confronti del disegno di un
oggetto, che nella loro visione dovrebbe
essere senza tempo e durare il più a
lungo possibile, e saper raccontare
una storia. Il modello originario rivisitato
quest’anno è del 2017. Ha mantenuto lo
stesso design semplice e minimale, ma
ora testiera e pediera sono in legno e
non in metallo e accolgono, come due
rulli, il tessuto, chiuso attraverso una zip.
Il cuoio è un’altra novità ed è disponibile
con il rivestimento in questo materiale,
accanto a quello in tessuto. La storia che
questo nuovo Jack racconta è quella
di fare sistema con aziende piccole
e medie che hanno al loro centro la
sostenibilità, collocate in un territorio
compreso nel raggio di 300 km tra Friuli,
Veneto e Lombardia. “Un’analisi del micro,
un’indagine minuziosa del territorio e
delle personalità che lo abitano ci ha
portato a scoprire realtà uniche come
gli artigiani e le aziende coinvolte con
Bolzan”, raccontano i designer. LorisTill, il
laboratorio di Loris Giacomini, usa legno
di recupero o proveniente da foreste
certificate (frassino da riforestazione
nel caso di Jack) e ci applica pitture
totalmente naturali. Il cuoio della Conceria
Pietro Presot proviene da allevamenti
europei che rispettano le norme sul
welfare animale ed è certificato Ogm free;
viene trattato con tannini, polveri vegetali a
cui servono due mesi per renderlo stabile
e durevole. I filati naturali di Torri Lana 1885
sono stati usati per creare il nuovo pattern
disegnato da Zanellato/Bortotto che
evoca l’intreccio dei salici del paesaggio
di Sacile, dove si trova Bolzan da 30 anni:
la trama è di canapa, una pianta che
cresce con poca acqua e sa bonificare
un terreno dai metalli pesanti; l’ordito è in
un cotone dall’effetto fiammato, tessuto a
telaio jacquard. Ogni parte di questo letto
racconta un’eccellenza artigiana, oltre che
un percorso consapevole per abbracciare
la sostenibilità fatto di cambiamenti
misurati, ma ben ponderati.
Lana 1885 are used to make the new
pattern designed by Zanellato/Bortotto
that evokes the intertwining willows in
Sacile, Bolzan’s home town for the past
30 years. The weave is made from hemp,
a plant that requires little water to grow
and can cleanse the earth from heavy
metals; the warp is a shot cotton fabric
woven on a jacquard loom. Every element
of this bed is an example of high-end
craftsmanship as well as a commitment
to sustainability, made of moderate yet
mindful changes.
Il letto Jack di Zanellato/Bortotto per Bolzan,
realizzato in collaborazione con Torri Lana
1885, LorisTill, Conceria Pietro Presot
• Jack bed by Zanellato/Bortotto for
Bolzan, in collaboration with Torri Lana
1885, LorisTill and Conceria Pietro Presot
XVIII DIARIO domus 1072 Ottobre October 2022

Nuovi classici / New classics Testo / Text Elena Sommariva

La maniglia di Neri & Hu,

tra memoria e funzionalità
Da sinistra: Zai nelle versioni cromo
lucido (sopra) e bronzo satinato (sotto);
lo schizzo di Neri & Hu illustra il concetto
alla base di Zai, una leva che usa la minor
quantità di materiale possibile. In basso:
leve e maniglie tecniche che sono state
d’ispirazione, prototipi in stampa 3D
cromati e pezzi di produzione in ottone
ancora da smerigliare

• From left: Zai in the polished chrome

(above) and satin bronze (below) versions;
the sketch by Neri & Hu illustrates the
basic concept of Zai, a lever that uses
the least amount of materials possible.
Below: technical levers and handles that
were a source of inspiration, 3D-printed
prototypes in chrome, and brass pieces in
production that still need to be sanded

© Neri & Hu

Da Alvar Aalto, che le considerava un The handle by Neri & Hu, opening or closing a door is both millimetres and the optimised volume
dettaglio imprescindibile di un progetto, between memory and mundane and sublime, repeated of its anchorage system. “It’s a
a Le Corbusier, che aveva disegnato functionality thousands of times in our lives, combination of past and future,”
una scultorea clessidra di bronzo per and yet it can evoke an array of says Davide Diliberto, creative director
azionare la porta a bilico dell’ingresso From Alvar Aalto, who considered them emotions,” they say. “It marks the of the brand founded in 2018.
sud della cappella di Ronchamp: da an essential detail of any project, to Le transition from one space to another, “The model’s aesthetic and technical
sempre, la maniglia è un elemento Corbusier, who designed a sculptural while the handle itself is the point of value crystallises it over time, inspired
fondamentale nel lavoro di un architetto. bronze hourglass to open the large contact at this threshold moment. The by true functionality.”
Ne sono convinti anche Lyndon Neri pivot door on the south entrance of feeling of grasping a handle could take More precisely, the inspiration comes
e Rossana Hu, autori di una nuova the Ronchamp Chapel, handles have you back in time, a journey through from the flat metal profile, with a gentle
collezione in ottone certificato per always been a fundamental element in memory, or carry you forwards, radius bend that “follows the curve of
Ento, marchio della storica azienda the practice of an architect. anticipating what lies behind the door.” the hand”, as the Chinese architects
Salice Paolo, fondata a Cantù nel This is also the conviction of Lyndon Zai (which in Chinese means “again”) explain. This simple and intuitive form
1937. “Il semplice atto quotidiano di Neri and Rossana Hu. is freely inspired by the nondescript is used in every version of the series:
aprire una porta è insieme mondano e They recently created a new collection design of certain functional elements the door handle on a slender rosette,
sublime, ripetuto migliaia di volte nella of door handles in certified brass for such as compound levers. the Dreykipp handle for windows, and
nostra vita, eppure può provocare una Ento, a brand of the historic company But it is also conceived to save the the door pull. The cold tactile sensation
serie di emozioni”, spiegano, “segna il Salice Paolo, established in Cantù most on materials, thanks to its of brass is visually balanced by the
passaggio da uno spazio all’altro, mentre in 1937. “The simple everyday act of constant thickness of only eight rounded shapes.
la maniglia stessa è il punto di contatto
fisico in questo momento di soglia. La
sensazione di afferrare una maniglia
potrebbe portarti indietro nel tempo, un
viaggio attraverso la memoria, o portarti
avanti, anticipando ciò si trova al di là
della porta”. Zai (che in cinese significa
“ancora, di nuovo”) è liberamente ispirato
al design anonimo di certi elementi
funzionali, come i leveraggi idraulici. È
però anche ottimizzato per ottenere il
massimo risparmio di materiale, grazie
al sistema di fissaggio ottimizzato nei
volumi e allo spessore costante di solo
8 mm. “Una sintesi di passato e futuro”,
lo definisce Davide Diliberto, direttore
creativo del brand nato nel 2018, “un
modello che ha valenze estetiche
e tecniche che lo cristallizzano nel
tempo, ispirato dalla pura funzionalità”.
Più precisamente, al profilo metallico
piatto, con una leggera curvatura “che
segue quella delle mani”, precisano gli
architetti cinesi. Questa forma semplice
e intuitiva è usata in ogni versione della
serie: la maniglia per la porta su rosetta
bassa, la maniglia Dreykipp per finestra
e il maniglione inclinato. La sensazione
tattile fredda dell’ottone è bilanciata
visivamente dalle forme arrotondate.
p o r t a a b i l i c o e d i v i s o r i o f i s s o i n v e t r o / a l l u m i n i o , v i s i t a w w w. d o a l . i t
XIX DIARIO
Dettagli / Details
L’artigianato industriale giapponese
secondo Cecilie Manz
“Il mio lavoro ha sempre ruotato attorno
alla semplicità, al processo di lavorare
per creare un oggetto puro, bello e
funzionale”. Questo il sintetico ritratto
che Cecilie Manz fa del proprio lavoro.
Sono passati 25 anni da quando si è
laureata alla Royal Danish Academy of
Fine Arts a Copenaghen, dove ha fondato
il proprio studio l’anno successivo. Alle
spalle un’infanzia contornata da begli
oggetti, i genitori erano ceramisti. “Forse
per questo ho avuto la consapevolezza
della presenza degli oggetti sin da piccola.
Ero circondata da tazze, ciotole e piatti
realizzati da loro. Ho avuto modo di capire
quanto i dettagli fossero importanti
per la funzionalità e come la bellezza
e la maestria artigiana fossero legate”,
racconta. Caratteristiche che l’hanno
Still from video. Director Tsukaya Suzuk / DP Rolf Dragsted
avvicinata alla giapponese Maruni, per
la quale ha realizzato la serie di tavoli e
sedie En – parola che in danese significa
uno, in giapponese invece connessione,
destino e cerchio. Manz pensa subito a
un tavolo rotondo – “si crea più convivialità
e uguaglianza attorno a un tavolo
rotondo, si mangia in modo diverso” – ma
lo sviluppa intersecando anche forme
più lineari, con la base delle gambe
tonde unita a formare un quadrato. Ha
creato un equilibrio tra forme morbide
e rigorose che ha affinato con schizzi
e modellini, prima del confronto con gli
artigiani dell’azienda, “prezioso e unico
per creare un prodotto di qualità”. Stesso
design avvolgente per la sedia, con uno
schienale curvo e gambe connotate da
una struttura ad anello.
Testo / Text Loredana Mascheroni
Japanese industrial
craftsmanship according
to Cecilie Manz
“My work has always revolved around
simplicity, the process of working
towards a pure, aesthetic and functional
object.” This is how Cecilie Manz sums
up her practice. She graduated from
the Royal Danish Academy of Fine
Arts in Copenhagen 25 years ago and
opened her studio in the same city the
following year. Her childhood was filled
with beautiful objects. “I was aware of
objects from a young age. My parents
were ceramists, so I was surrounded
by the cups, bowls and plates that they
made. I saw how details are important
to functionality and how beauty and
La collezione di tavoli e sedie En di Maruni,
design Cecilie Manz (a sinistra con un
prototipo), ha struttura in legno di acero.
Il rivestimento della seduta è in tessuto
o pelle, in una palette di tonalità delicate
selezionate dalla designer danese
domus 1072 Ottobre October 2022
craftsmanship are linked,” she says. These
aspects attracted her to Maruni, for which
she has created the En series of tables
and chairs (en, in Danish, means one, while
in Japanese it means connection, destiny
or circle). Manz thought of a round table
– “You eat differently around a circular
table because there’s more conviviality
and equality” – but she added more linear
forms, with the base of the rounded
legs joined to create a square shape.
Striking a balance between soft and
rigorous forms that she refined through
sketches and models, she then worked
with the company’s artisans, which was
a “valuable and unique experience to
create a quality product”. The chair has the
same enveloping design, with its curved
backrest and legs with a ringed base.
• The En collection of tables and chairs
for Maruni, designed by Cecilie Manz
(on the left with a prototype), has a maple
wood frame. The seat upholstery comes
in fabric or leather, in a palette of soft
shades chosen by the Danish designer
vimar.com
XX DIARIO
Sostenibilità / Sustainability
Una monoscocca in tecnopolimero
per un sistema democratico
Lavorare sulla monoscocca è un grande
impegno, per un’azienda, ma anche
per un designer: perché l’investimento
economico da fare è molto alto – e
sbagliare può quindi costare molto – e
poi perché possono sorgere problemi
di staticità. L’azienda si accolla il
rischio, il designer sente il peso della
responsabilità. Lo sanno bene Sandro
Meneghello e Marco Paolelli che hanno
lavorato per due anni, “ribaltando il
progetto” quattro volte, nella messa a
punto di Hug, un sistema di sedute, più
che una semplice sedia, che ha portato la
monoscocca, nel DNA di S.CAB, alla sua
evoluzione green. Presentata a Milano
allo scorso Salone del Mobile, è realizzata
con plastica certificata rigenerata post
consumo industriale, ottenuta dalla
lavorazione e rigenerazione di prodotti
giunti a fine vita (bottiglie di plastica o
imballaggi alimentari), scarti derivati dalla
raccolta differenziata e scarti industriali
(residui di produzione), grazie all’utilizzo
di energia generata da fonti rinnovabili.
“Lavorare con questo polimero è stata
una sfida impegnativa”, raccontano,
“che ci ha tenuto sulla corda fino alla fine
perché le prove di carico vengono fatte
con le plastiche tradizionali, che hanno
circa la stessa densità, ma proprietà
strutturali più alte. essere riusciti a
garantire la stabilità con questo polimero
e su forme organiche, che presentano
maggiori difficoltà in questo senso,
lo riteniamo un grande successo”. Gli
stampi su cui hanno lavorato sono due,
uno per la sedia base e l’altro per la
Testo / Text Loredana Mascheroni
fascia texturizzata che viene fissata tra
seduta e schienale e che la trasforma in
poltroncina, tenendo molto bassi i costi di
produzione e non sprecando materiale.
La fascia viene fissata in quattro punti
sotto la seduta: nello stampo sono
previsti dei carrelli che possono creare
fori atti allo scopo, quando serve.
Entrambe le versioni, sedia e poltroncina,
sono impilabili fino a sei pezzi, disponibili
con o senza cuscino e con la possibilità
di rivestire alcune parti con il tessuto: per
questo, i designer parlano di sistema.
L’attenzione ai costi è un altro fattore
chiave: la sedia base costerà al pubblico
solo 65 euro, la poltroncina 110.
Si torna quindi a parlare di design
democratico, ma con il plus della
sostenibilità.
domus 1072 Ottobre October 2022
A technopolymer monocoque
for a democratic system
Working with monocoques requires
great effort from both a company and
a designer. There can be problems with
statics, and mistakes can be costly due
to the high economic investment. The
firm shoulders the risk and the designer
has the burden of responsibility. Well
aware of this, Sandro Meneghello and
Marco Paolelli “redid” their design four
times in two years, as they fine-tuned
the seating system Hug, which led the
monocoque, a part of S.CAB’s DNA,
to its green evolution. Presented at
the latest Salone del Mobile, it’s made
from regenerated and certified post-
consumer industrial plastic, obtained
by regenerating products at the end of
their life cycle (plastic bottles or food
packaging), or waste from recycling and
industrial discards, thanks to energy from
renewable sources.
“Working with this technopolymer
was challenging right to the end,”
they say, “because load testing is
done with traditional plastics, which
have a similar density but offer better
structural properties. It’s a big success
to guarantee stability with this polymer
and on organic forms.” They worked on
two moulds: one for the basic chair and
one for the texturised band mounted
between the seat and back, thus creating
an armchair while minimising production
costs and waste. The band is attached
in four places under the seat. The mould
also includes a device that can create
holes to attach the band. Both versions
are stackable (up to six pieces) and
come with or without padding or the
option of covering some parts with fabric.
That’s why the designers describe it as
a system. At a retail price of 65 euros
for the standard chair and 110 euros for
the armchair, Hug is a comeback for
democratic design with the added value
of sustainability.
Alcune varianti compositive e cromatiche
della serie di sedie e poltroncine Hug,
design Studio Meneghello Paolelli per
S.CAB. Adatta a uso in esterni e interni, è
realizzata con un tecnopolimero certificato
rigenerato post consumo industriale PCR
• A few compositional and colour versions
of the Hug seating system, design by Studio
Meneghello Paolelli for S.CAB. Suited to
both outdoor and indoor use, it is made with
a certified regenerated post-consumer
recycled (PCR) technopolymer
Design A. Casalini
XXI DIARIO
Design city
A Vienna il design è una risorsa
sostenibile per migliorare la città
Un legame, sincero e profondo, con la città
è l’elemento che caratterizza la Vienna
Design Week. Il dialogo tra i designer e il
tessuto urbano e sociale è così intenso
da averne fatto una gradita e stimolante
anomalia nel panorama internazionale,
grazie anche al programma di dibattiti,
workshop, visite guidate e mostre ben
distribuito nell’arco di più di una settimana.
Non si tratta solo, per intenderci, di
un rapporto di scambio, riscoperta e
valorizzazione di realtà locali poco note
o sottoutilizzate, come avviene in molti
omologhi europei. Qui, la relazione è più
intima, e soprattutto ben corrisposta:
l’impressione è che la città stessa si ponga
in ascolto in modo aperto e paziente.
La 16. edizione dell’evento, la seconda
diretta da Gabriel Roland, conferma in
pieno questa vocazione. Non solo nella
sezione Passionswege che torna, dopo
due anni di assenza, con la co-curatela
di Nadja Zerunian, a combinare il
know-how di designer contemporanei e
aziende artigianali. Due le coppie: Anna
Zimmermann con Bakalowits [7], che
produce lampadari di cristallo da quasi 180
anni, e Frieder Bohaumilitzky con Ursula
Klein [4] con l’azienda Schulteswein che
da tre generazioni crea oggetti gonfiabili.
Quest’anno, il quartier generale, installato
nell’ottocentesco sesto distretto di
Mariahilf, era distribuito su tre sedi, di solito
non aperte al pubblico: uno storico edificio
residenziale, un ex parcheggio coperto e
un lotto di terreno vacante. L’invito, come
sempre, era ad andare oltre i landmark del
quartiere – la Secessione, il Naschmarkt e
la lunga via dello shopping – per scoprire
le identità locali nascoste, gli spazi
condivisi e le infrastrutture anonime di un
quartiere che già da tempo è coinvolto
in un processo di gentrificazione. Si è
confermata ricca e stimolante la formula
di Urban Food & Design, organizzato con
la Vienna Business Agency attraverso una
call. Al tema scelto, ancorare l’economia
circolare nell’industria alimentare, ha
lavorato, tra gli altri, la designer Jutta
Goessl [6] che ha studiato nuovi concetti di
packaging e trasporto. E mentre i designer
di Simiæn, con il chimico Alexander
Ehrmann, hanno creato un set di pietra
per la cerimonia del tè completo di infuso
a base di licheni [2], il progetto di Johanna
Pichlbauer ha regalato nuova vita, funzioni,
materiali e accessori agli storici vasi del
Castello di Hollenegg [5]. Nella sezione
Stadtarbeit i progetti che utilizzano il
design come leva sociale andavano dal
Noodle Repair Café [1] dei francesi Diego
Faivre e Pierre Castignola alla mappatura
di The Department (TD), dove negozi e
locali del sesto distretto diventano un
network per la comunità [3]. Sociale
e sostenibile, condiviso e radicato nel
territorio, a Vienna il design sembra sulla
buona strada per diventare uno strumento
che migliora la città.
domus 1072 Ottobre October 2022
Testo / Text Elena Sommariva
In Vienna, design is a
sustainable resource
for improving the city
Vienna Design Week has a sincere
and enduring bond with the city. The
profound dialogue between designers
and the urban and social fabric has
made the event an appreciated and
stimulating anomaly on the international
scene, thanks also to the programme of
Photo © Vienna Design Week / kollektiv fischka
debates, workshops, guided tours and
shows distributed over more than one
week. This is not just a relationship of
exchange, rediscovery and enhancement
of little-known or underused local realities,
as happens in many of its European
counterparts. Here the relationship is more
intimate and mutual, and the impression 1
is that the city freely and patiently opens
itself up. The event’s 16th edition, and the
2nd directed by Gabriel Roland, confirmed
this vocation. The Passionswege section,
which returned after two years of absence
with the co-curation of Nadja Zerunian,
combined the know-how of contemporary
designers and artisan businesses. There
were two duos: Anna Zimmermann
with Bakalowits [7], a manufacturer of
crystal chandeliers for almost 180 years;
and Frieder Bohaumilitzky with Ursula
Klein [4]. She is the third generation to
run Schulteswien,that makes inflatable
objects. This year, the HQ in the 19th-
century sixth district of Mariahilf was
Photo Elena Sommariva
Photo Elena Sommariva
installed in three locations normally closed
to the public: a historic residential building,
a former covered parking lot and a parcel
of vacant land. The invitation was to go 2 3
beyond the neighbourhood landmarks –
Photo © Vienna Design Week / Philipp Podesser
the Secession, the Naschmarkt and the
long shopping street – to discover the
hidden local identities, shared spaces and
nondescript infrastructures of this district
that has been seeing an ongoing process
of gentrification. The Urban Food & Design
formula, organised with Vienna Business
Agency through an open call, was rich
and engaging. Anchoring the circular 4
economy to the food industry, it involved
the designer Jutta Goessl [6], who explored
new concepts of packaging and shipping.
And, while the designers of Simiæn, with
the chemist Alexander Ehrmann, created
a stone set for the tea ceremony and an
Photo Elena Sommariva
infusion made from lichen [2], the project
by Johanna Pichlbauer gave new life,
functions, materials and accessories to
the historic vases of Schloss Hollenegg [5]. 5
Projects in the Stadtarbeit social design
Photo © Vienna Design Week / Lea Sonderegger
section ranged from the Noodle Repair
Café [1] by the French Diego Faivre and
Pierre Castignola to the alternative map
of the sixth district developed by The
Department (TD), where shops and locals
Photo Elena Sommariva
formed a community network [3]. Social
and sustainable, shared and rooted in
the territory, in Vienna design looks set to
become a tool for improving the city. 6 7
XXII DIARIO domus 1072 Ottobre October 2022

Mnemosine Testo / Text Cristina Moro

Storie di oggetti. Prouvé e la

poltroncina dalle gambe forzute
Per Jean Prouvé (Parigi, 1901 – Nancy, Stories of objects. Prouvé and
1984), pragmatico progettista francese,
la progettazione acquista un senso se
the chair with muscular legs
indirizzata a rispondere alle esigenze For Jean Prouvé (Paris, 1901 – Nancy, 1984),
sociali. La formazione come fabbro the celebrated and pragmatic French
e la conseguente abilità nel lavorare i designer, a project took on meaning if it
materiali, insieme all’impegno politico aimed to satisfy the needs of society. His
durante la Resistenza francese, lo portano training as a metal worker and his skill
a disegnare architetture prefabbricate di in crafting materials, together with his
rapida realizzazione, come gli alloggi per i political activism during the Resistance
rifugiati, e arredi facilmente assemblabili. movement in France, led him to create
I suoi progetti, infatti, sono accompagnati easy-to-assemble furniture as well as
da precise istruzioni di montaggio, dove prefabricated, portable constructions,
quantifica gli uomini e le tempistiche such as housing for refugees, that
necessarie per la realizzazione. could be built quickly. His designs were
Prouvé è un designer che lavora con le accompanied by detailed, precise
lamiere, si sporca le mani assemblando instructions, where he quantified the
e saldando: la ricchezza espressiva del number of people and the amount of time
suo linguaggio parte dalle riflessioni required for assembly.
dell’ingegnerizzazione del progetto, Prouvé worked with sheet metal,
dal costo dei materiali e dai tempi di personally assembling and welding the
produzione, per arrivare a quelle “forme elements. The wealth of expression of his
utili” accessibili che vanno incontro language started from the engineering
a una produzione di massa e a un’idea aspects, from the cost of materials and
Photo © Vitra

di modernità. production times, in order to achieve

Risale al 1948 un’affascinante poltroncina those accessible and “useful forms” that
dalla struttura in legno, con lo schienale accommodated mass production and a
alto e inclinato in tubolare d’acciaio. Sopra: la seconda edizione limitata della •Above: the second limited edition of the notion of modernity. There’s a charming,
La seduta fa la sua comparsa, in una poltroncina Kangourou, prodotta da Vitra, Kangourou armchair, produced by Vitra, wooden-frame lounge chair with a high
2022, con struttura di rovere scuro e 2022, with dark oak wood frame and Blanc
forma che andrà poi evolvendosi, sulle gambe di metallo Blanc Colombe. Sotto: Colombe metal legs. Below: original sketch
and inclined backrest in tubular steel
pagine di Domus nel giugno del 1953 schizzo originale di Jean Prouvé, 1957-1971 by Jean Prouvé, 1957-1971 that dates back to 1948. It appeared
(Domus 283), in una proposta di “mobili in the pages of Domus in June 1953
in serie” per un soggiorno, descritta (Domus 283), in a form that would later
sinteticamente nelle sue componenti evolve, as part of a proposal for “mass-
– “con imbottitura rimovibile in gomma produced furniture” for living rooms. The
piuma” – accanto a mensole, sedie e tavoli chair was succinctly described in all its
che diventeranno poi i simboli distintivi del components – “with detachable foam
suo design pratico e austero. padding” – alongside shelves, chairs and
La poltrona è un incontro tra materiali tables that would become the signature
diversi, che Prouvé associa con style of his practical and streamlined
consapevolezza, grazie alla sapienza designs. The lounge chair strikes a
artigiana e alla volontà di perseguire un balance between different materials,
design funzionale: le gambe posteriori, dai which Prouvé skilfully combined thanks
profili marcati, sostengono il peso, mentre to his expertise in craftsmanship and a
la parte anteriore è alleggerita dalle desire to explore functional design. With
gambe in tubolare di ferro. their bold silhouette, the rear legs support
Rimasta in circolazione solamente in the weight, while the front is lightened by
pochi esemplari, la poltroncina viene the legs in tubular iron. Only a few original
oggi riproposta da Vitra, che da oltre 20 pieces have remained in circulation, but
anni produce gli arredi di Jean Prouvé today the chair has been reissued by
valorizzandone il lavoro, in un proficuo Vitra, which for over 20 years has been
dialogo con la figlia Catherine. Il disegno manufacturing furniture by Prouvé while
d’archivio – conservato al Centre Georges enhancing his work, in a fruitful dialogue
Pompidou – mostra le riflessioni sulla with his daughter Catherine. The archive
funzione statica delle gambe, elemento drawing – held at the Centre Pompidou
strutturale caratterizzante. Il profilo in Paris – presents his ideas on the
marcato ne dichiara la robustezza static role of the legs, a distinguishing
e la funzione di scarico del peso, structural element. The unique silhouette
caratteristiche che battezzano la expresses the chair’s sturdiness and
© 2022. RMN-Grand Palais / Dist. Foto SCALA, Firenze

poltroncina Kangourou, a evocare role in distributing the weight – features

la forza e la stabilità della struttura that define the Kangourou lounge chair,
posteriore. Oggi prodotta in due evoking the strength and stability of the
edizioni limitate, di 150 e 100 esemplari rear frame. Today it is offered as a limited
rispettivamente, con struttura di legno di edition, in natural oak wood and metal.
rovere e gambe di metallo. Due le tonalità It comes in two types of upholstery,
di rivestimento, Bleu Marcoule e Blanc including a bouclé in Bleu Marcoule, a
Colombe, entrambe accuratamente bright shade of blue, and Blanc Colombe,
selezionate tra le proposte avanzate both selected from those proposed by
dallo stesso Prouvé. Prouvé himself for a 1950s design.
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XXIII DIARIO domus 1072 Ottobre October 2022

Case d’altri / Others’ houses Testo / Text

Andrea Bajani
Illustrazione / Illustration
Yinhan Liu

Scrivere con i vetri che tremano

Fuori, un cielo e traiettorie

di aerei mai presi. Dentro,
un mondo diviso in due:
la cucina e due stanze da
letto di sotto. Un abbaino
da cui vedere il mondo
dall’alto al piano di sopra.
“Solo lì”, scrive Andrea
Bajani, “era possibile
sparire e vivere insieme”

Outside, the sky and

paths of aeroplanes never
caught. Inside, a world
split in two: the kitchen
and two bedrooms
downstairs; and a post
upstairs for looking down
on the world. “Only there,”
writes Andrea Bajani, “was
it possible to disappear
and live together”

Andrea Bajani Perché Case d’altri • Why Others’ houses

Scrittore e poeta, è nato a
Roma nel 1975. Vive a Houston,
Texas, dove insegna alla
Rice University. Il suo ultimo
romanzo, finalista al Premio
Strega e al Premio Campiello,
è Il libro delle case, pubblicato
da Feltrinelli nel 2021.
• Bajani is a writer and poet.
Born in Rome in 1975, he lives
in Houston, Texas, where he
teaches at Rice University.
His latest novel, a finalist for the
Strega Prize and the Campiello
Prize, is Il libro delle case,
published by Feltrinelli in 2021.
Dentro le case degli altri mi sento
il personaggio di una storia che non ho scritto
io, ma in cui mi è facilissimo inserirmi.
Una casa, soprattutto se arredata,
ha sempre una trama. Gli oggetti, le foto
disposte sugli scaffali, gli arredi, raccontano
quel che c’è di più umano: trovare il proprio
posto nel mondo e fare del mondo
un posto che ci assomiglia.
Questa passione mi ha portato negli anni
a scrivere in case non mie. Scrivere di quelle
case significa scrivere di ciò che nel più
profondo cerchiamo, il senso di noi stessi
dentro una storia.
Abitare, nel senso più profondo del termine,
è essere il protagonista di una storia fatta
di spazi. AB
In others’ houses I feel I’m a character
in a story I didn’t write, but that it’s very
easy for me to fit into.
A house, especially when furnished, always
has a plot. The objects, the photos arranged
on the shelves, the furniture, all recount
what is most human: finding our place
in the world and making the world a place
that resembles us.
Over the years, this passion has led me
to write in houses that are not mine. Writing
about those houses means writing about
what we seek in the depths, the sense of
ourselves within a story.
Living, in the deepest sense of the term,
means being the protagonist of a story made
up of spaces. AB
domus 1072 Ottobre October 2022
Credo che scrivere e scappare di casa,
in me, siano da sempre le conseguenze
opposte di una medesima spinta,
e riguardano una specie di istinto a
sparire. O meglio, a provare a esistere
scomparendo alla vista. A scrivere si
cerca di stare il più fermi possibile, come
farebbe una preda in un bosco per non
essere intercettata. A scappare si corre
più forte che si può, si cerca la curva, e
poi si rifiata. In entrambi i casi, sfuggendo
al mirino, si esiste di più, con una sorta
di felicità disperata. Per questo credo di
essere destinato a cambiare casa, o a
cercarne sempre una nuova.
Ho cominciato a scrivere per davvero
scappando dalla casa in cui vivevano i
miei. Anche restare invisibile, chino sul
foglio, non era più sufficiente. Perché non
ero invisibile a loro, e perché io li vedevo
comunque, il che non sottraeva nessuno
al malessere di considerarsi parte di una
stessa sconfitta. A 20 anni, trovarmi un
paio di volte a settimana in una casa non
mia, alle porte di Torino, con una famiglia
altrui da spacciare per propria, fu la
conseguenza di quello stesso istinto a
voler esistere da capo. Avere una stanza
lì, cominciare volta dopo volta a lasciare
l’impronta del corpo sul materasso, era
come scavare una trincea da cui poter
tirare fuori la testa. Per tre anni, alla fine
della settimana universitaria, invece di
prendere il treno e tornare in provincia,
dal centro di Torino ho preso un autobus
per l’aeroporto. E quando poi gli aerei
già si intravedevano nel parabrezza
oltre l’autista, scendevo accanto a una
pompa di benzina, a Caselle, e da lì mi
incamminavo verso una casa.
Suonare, lasciare la borsa nella mia
stanza, salire al piano di sopra e sedermi
accanto a Roberto – un mio compagno di
corso – a guardare gli aerei atterrare era
quello che si fa in quegli anni in cui vorresti
essere tutto, e hai paura di restare niente
per sempre. Da sotto si sentiva il fuoco
di copertura della vita domestica, quel
sentirsi protetti da una famiglia per il solo
fatto di non essere la tua, e fare casa di
una casa qualsiasi.
Di quella casa, a distanza di quasi 25 anni,
ricordo gli interni più che l’esterno. Ciò
significa che, di fatto, ricordo soprattutto
quel cielo e quelle traiettorie ad andare
e tornare di aerei che non avevo mai
preso. Ma soprattutto quel mondo diviso
in due, la cucina e due stanze da letto di
sotto – con dentro una madre silenziosa
e intensissima e un padre loquace, di
terra a di voli pindarici insieme –, e poi
sopra quella postazione, il mondo sopra
le nuvole. Era la casa sull’albero, quel
mondo allestito sopra le nuvole. Lì solo era
possibile sparire e vivere insieme, parlare
fitti fino alla soglia dell’alba, mostrarsi ferite
e poesie e dirsi quanto vivere fa paura. Il
fatto che fosse una casa su due piani e
che io non ricordi le scale non mi pare per
caso. Come salivamo di sopra? Il sotto
era sedersi a tavola a cena, riscaldarsi al
tepore di una famiglia in prestito, dove far
finta di essere un figlio era il canovaccio
che andava in scena ogni cena. E poi
quel sopra del tutto irrelato in cui ci si
trova: un abbaino da cui vedere il mondo
dall’alto – l’ombra dei lampioni sopra la
strada, le solitudini beate dei padroni con
cani – senza essere visto. E soprattutto
essere in due, pensare che l’amicizia ti
salverà, che non c’è amore che tenga al
confronto. Che se anche il paracadute
non si aprirà, ci schianteremo abbracciati,
nessuno lascerà mai la presa. Mentre i
vetri tremavano ogni volta che un aereo
appariva e poi spariva nel cielo.
Di quell’edificio ricordo che era al limitare
dal paese, che in qualche modo era
l’unico posto dove poteva stare davvero.
Il resto erano i campi in cui Roberto e io
camminavamo fino a sfinirci, girando in
tondo, spingendoci fino alla soglia del buio,
ma senza mai perdere davvero di vista
le case. Parlando dei libri che avremmo
scritto, di come non ci saremmo mai
corrotti, di come non ci saremmo mai
persi. E invidiandoci sempre appena quel
tanto che serve a non smettere di sperare
– di farcela davvero, di diventare come il
tuo amico, di essere felice – senza farsi
illusioni di imparare a vivere, ma magari a
scrivere sì, di vivere dentro frasi perfette.
Ricordo invece a memoria quel girare
a vuoto mentre il buio, come scriveva
Roberto, da sotto sale su e si prende le
case. Era un periplo infinito, fingevamo
di ruotare intorno a un centro che
palesemente non c’era. E ci sentivamo
liberi per la stessa ragione, e cioè
l’intuizione, che solo a vent’anni puoi
fronteggiare senza impazzire davvero,
che in mezzo non c’è niente se non uno
spazio vuoto. E poi tornavamo a casa,
quando tutti erano già a dormire, e anche
quello spazio di sotto poteva essere
nostro. E ridevamo piano, come due
ragazzini fuori tempo massimo che si
erano dimenticati di essere bambini e ci
provavano con dieci anni di ritardo.
Ho scritto molti libri da allora, e lui ne ha
scritto uno, di versi, che però contiene tutti
quegli anni fino a oggi. Ci siamo persi, e
non poteva che essere così. Prima o poi
bisognava atterrare, non saremmo potuti
stare in volo per sempre.
Ho scritto un libro dedicato alle case,
alcuni anni fa, e non ci ho messo la casa
di Roberto. Non l’ho fatto con intenzione,
non c’era rimpianto, in quella sottrazione, e
men che meno vendetta.
L’ho dimenticata. Forse quella è stata
persino la casa più importante in cui sono
stato, l’unica dove scrivere e non saper
vivere non erano in conflitto, ma davano
diritto di cittadinanza. Dimenticarla, forse
è stato l’unico modo per proteggerla, per
continuare a salire al piano di sopra senza
dover usare le scale.
Writing while
the windows rattle
I think that, for me, writing and running
away from home have always been the
opposite consequences of the same urge,
and they’re related to a sort of instinct to
disappear. Or rather an attempt to exist
by vanishing from sight. When writing,
you try to stay as still as possible, as a
quarry would do in the woods to evade
capture. When escaping, you run as fast
as you can, find a bend and then catch
your breath. In both cases, by avoiding
being a target, you exist more fully, with a
sort of desperate happiness. This is why
I think I’m destined to change houses or
keep searching for a new one. I began
to write seriously when I ran away from
the house where my parents lived. It was
no longer enough to be invisible, leaning
over the page, because my writing
wasn’t invisible to them and they were
nonetheless visible to me. And that didn’t
save anyone from the malaise of feeling
like part of the same defeat. When I was
20, sojourning a couple of times a week in
a house that wasn’t my own just outside
Turin, with someone else’s family to pass
off as mine, was also a consequence of
the same instinctive desire to exist from
scratch. Having a room there, starting
to leave my body’s impression on the
mattress time after time, was like digging
a trench out of which I could raise my
head. For three years, at the end of my
week at university, instead of catching
the train back to the provinces, I’d take the
airport bus from the centre of Turin. When
I started to glimpse planes through the
driver’s windscreen, I’d get off by a petrol
station in the town of Caselle and set off to
a house. Ringing the bell, leaving my bag in
my room, going upstairs and sitting beside
Roberto, a fellow student of mine, to watch
the planes landing was the sort of thing
you do in those years when you’d like to
be everything and you’re afraid of being
nothing forever. From downstairs I could
hear the covering fire of domestic life, that
sense of being protected by a family for
the sole fact that it wasn’t your own, and of
making a home in an ordinary house.
Nearly 25 years on, I recall the interior
of that house better than its exterior. I
remember the sky and the coming and
going of planes I’d never caught. But I
especially remember that world split
in two: the kitchen and two bedrooms
downstairs – with a silent, ever-occupied
mother and a talkative father, a mix
of down-to-earthness and abrupt
digressions – and our post upstairs that
was like a tree house, a world we created
above the clouds. Only there was it
possible to disappear and live together,
staying deep in conversation till dawn,
sharing our wounds and poems, and
talking about how scary life is.
DIARIO XXIV
The fact that it was a two-storey house
and I don’t remember the stairs can’t be
a coincidence. How did we get upstairs?
Downstairs was for dining at the table,
soaking up the warmth of a borrowed
family, where pretending to be a son was
the storyline I played out every mealtime.
Upstairs was the completely unrelated
place where we used to hang out: an attic
for looking down on the world without
being seen, observing the shadow of the
lampposts over the street, the blissful
solitude of dog owners walking their dogs.
Above all, it was just the two of us, thinking
friendship would save us, that no love
could compare. That even if our parachute
failed to open, we’d hurtle to the ground
gripping each other with neither letting go.
While the windows rattled every time a
plane appeared and then disappeared in
the sky. I remember that the building was
on the edge of town, which was somehow
the only place for it. The rest were the
fields where Roberto and I used to walk
to the point of exhaustion, wandering
in circles till the verge of darkness, but
without really losing sight of the houses.
We spoke about the books we’d write,
how we’d never grow corrupt, how we’d
never lose touch. And envying each other
ever so slightly, just enough never to lose
hope – of truly making it, of becoming each
like the other, of being happy – without
deluding ourselves that we’d learn to
live, but maybe that we’d at least learn to
write and live in perfect sentences. My
memory is etched with the aimless strolls
we took as darkness rose and engulfed
the houses, to cite Roberto’s verse. It
was an endless circumnavigation, as we
pretended to orbit a centre that wasn’t
there. We felt free precisely because we
had the intuition – which you can only
tolerate without going mad when you’re
20 – that at the centre there was nothing
but empty space. Afterwards, when
everyone else was asleep, we’d go home
and the space downstairs could be ours.
We laughed softly like two boys who were
out of time, who’d forgotten to be kids and
were now trying ten years too late.
I’ve written many books since then and
Roberto has written one, a collection
of poems about the years from then to
today. We’ve lost touch and it couldn’t
have been otherwise. Sooner or later,
we had to land. We couldn’t have stayed
in flight forever. A few years ago I wrote
a book about houses and I didn’t include
Roberto’s. I didn’t omit it intentionally. There
was no regret in leaving it out, less still
revenge. I forgot about it. It was perhaps
the most important house I’ve ever
stayed in, the only one where writing and
not knowing how to live didn’t come into
conflict but gave me a right of citizenship.
Forgetting about it was maybe the only
way to protect it, to continue climbing to
the upper floor without using the stairs.
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ESPOSIZIONE DEL PROGETTO VINCITORE

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FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA

MOSTRA ESPOSITIVA DURANTE TUTTO

IL PERIODO DELLA BIENNALE DI
ARCHITETTURA 2023

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CHIUSURA CONCORSO 15 GENNAIO 2023

Oikos Venezia e Fondazione Querini Stampalia promuovono
il Concorso Internazionale per l’Architettura d’Ingresso DoorScape
dedicato al tema della progettazione dello spazio dell’ingresso.

Concorso promosso da: In collaborazione con:

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of cities

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think tank, examining and analysing future scenarios and offering
hypotheses for what remains humanity’s most extraordinary creation:
the city to all intents and purposes an organism that, despite everything,
is open, with a significant capacity to regenerate and evolve.
Domusforum is a meta-place in which a highly diverse range of forms
of knowledge are brought together to respond to current complex
and pressing matters that demand simple and tangible answers for a
sustainable future that can only emerge from dialogue between differing
disciplines. In this sense, architecture, design and art once again serve as

17 November 2022 open matrices capable of attracting and guiding this dialogue with other
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1928-2022 an ocean of surprises
 Flessibilità è l’aggettivo che definisce
le aspirazioni di ogni comparto
tipologico dell’arredo, a maggior
ragione in questi anni che ci hanno
visto condividere per più tempo spazi,
oggetti e attrezzature. In cucina si
traduce in proposte modulari che
puntano su elementi indipendenti, da
configurare anche in sistemi
autosufficienti ideali per uno spazio
mutevole. La tecnologia è in continua
evoluzione: dai forni multicooking per
gestire temperature e preparazioni in
modo professionale, oltre a contenere
il consumo energetico, a cappe
aspiranti sempre più potenti e di
dimensioni ridotte, integrate nella
cucina, fino a piani cotturata aspiranti.
DATA SHEET
Cucina ed elettrodomestici /
Kitchen and appliances
Italia, design Antonio Citterio, Arclinea
•defines
Flexibility is the adjective that
the aspirations of every
interior design product category, even
more so in recent years as we spend
more time sharing spaces, objects and
equipment. In the kitchen this is
translated into modular proposals
based on independent elements that
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systems, ideal for spaces in a constant
state of flux. Technology is continually
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all Alpes-Inox products.

In basso a sinistra: le colonne Alpes-Inox
sono forni, frigoriferi, congelatori, cantine e
dispense, per sfruttare tutte le potenzialità
dello spazio in altezza. Sopra: elemento
cottura composto da tre piani ribaltabili
a gas e a induzione (Compasso d’Oro), dal
forno di 90 cm e da tre cassettoni da 90 cm
• Bottom left: the Alpes-Inox units include
ovens, fridges, freezers, wine-cellars and
cupboards to fully exploit the potential of
vertical space. Above: cooking unit made up
of three lift-up gas and induction hobs
(Compasso d’Oro), a 90 cm oven and three
90 cm deep drawers

Tipologia / Settore applicativo / Caratteristiche tecniche /

Product type Usage Technical characteristics

Cucine domestiche / Residenziale e contract / Acciaio inox AISI 304 satinatura argento / AISI 304 stainless steel with satin silver finish
Domestic kitchens Residential and contract
 XXVII
Informazione aziendale / manufacturer′s information

Omnichef, la rivoluzione è dentro / SMEG S.p.A.

2 Omnichef, the revolution is within

Via Leonardo da Vinci, 4
42016 - Guastalla (RE)
T +39 0522 821 1
smeg@smeg.it
www.smeg.com

Grazie alla combinazione delle tre

tecnologie di cottura, Omnichef consente
un risparmio energetico fino al 25 per cento.
È dotato di sistema di carico Fill & Hide
con cannuccia in acciaio, estraibile anche
a porta chiusa. Il serbatoio vapore non
compromette il volume interno del forno

• Thanks to the combination of three

cooking technologies, Omnichef enables
energy savings of up to 25 percent. It
features the Fill and Hide filling system with
a steel tube that can be extracted even when
the door is closed. The water tank does not
compromise the interior volume of the oven

Avanzamento tecnologico ed espe- • Ovens that offer advanced technol- es - the Multistep and the Multitech – ity thanks to microwave. Two features
rienziale nell’elettrodomestico da ogy and a cutting-edge experience: that make the most of ingredients at in particular make Galileo Omnichef
cottura. Questo il plus della nuova this is the added extra that is brought a professional level and make the unique. First of all, the multipoint probe
gamma Galileo Omnichef di Smeg, to you by the new Galileo Omnichef experience of cooking unique and to monitor the temperature at three
espressione della più avanzata tec- range from Smeg. personal, enabling time savings of 60 different points of the ingredient, from
nologia multicooking, che presenta An expression of the most advanced percent. the core to the surface, and cook it
una cavità totalmente rinnovata che multi-cooking technology, this range The cooking method and approach until it reaches the desired value.
combina tre tipologie di cottura – tra- presents a completely new oven that to preparation of Galileo Omnichef Then, the 21 litre tank that allows you
dizionale, vapore e microonde – gra- combines three types of cooking – are set using a touch display element to cook for up to 13 hours with 20 per-
zie alla riprogettazione del sistema traditional, steam and microwave – characteristic of this range that cent steam and up to 2 hours and 15
di riscaldamento e all’adozione di thanks to the redesign of the system brings together the best of the three minutes with steam at 100 percent,
parametri professionali che rivolu- of heating and the adoption of profes- technologies: better browning and refilling it when necessary thanks to
zionano l’esperienza di cottura do- sional standards that revolutionise crispness thanks to traditional cook- the Fill and Hide system that makes
mestica. Due gli approcci di cottura the experience of home cooking. ing, retention of flavour and vitamins it possible to fill at any time, even when
– il Multistep e il Multitech – che valo- Cooking incorporates two approach- thanks to steam; speed and practical- the oven is closed during cooking.
rizzano gli ingredienti a livello pro-
fessionale e rendono l’esperienza
culinaria unica e personale, consen-
tendo un risparmio di tempo fino al
60 per cento.
Le tecnologie di cottura e gli approc-
ci di preparazione vengono imposta-
ti tramite il display touch, elemento
caratterizzante di questa gamma che
coglie il meglio dalle tre tecnologie:
maggiore doratura e croccantezza
grazie alla cottura tradizionale; con-
servazione dei sapori e delle vitami-
ne grazie al vapore; velocità e prati-
cità grazie alle microonde.
Altre caratteristiche rendono Galileo
Omnichef unico: in primis la sonda
multipoint, utile per monitorare la
temperatura in tre diversi punti dell’in-
grediente, dal cuore alla superficie,
e cuocere fino al raggiungimento del
valore desiderato; poi il serbatoio da
21 litri, che consente di cucinare fino
a 13 ore con il vapore al 20 per cento
e fino a 2 ore e 15 minuti con il vapore
al 100 per cento, ricaricandolo quan-
do necessario grazie al sistema Fill
and Hide, che rende possibile riem-
pirlo in ogni momento, anche a forno
chiuso durante la cottura.

Tipologia / Settore applicativo / Caratteristiche tecniche /

Product type Usage Technical characteristics

Forni a incasso / Residenziale / Tre tipologie di cottura: tradizionale, vapore e Three types of cooking: traditional, steam and
Built-in oven Residential microonde / microwave
XXVIII
3 risultati assicurati /
Elica presenta Unplugged, l’ultima
innovazione della gamma di piani
aspiranti NikolaTesla, progettato da
Fabrizio Crisà, Chief Design Officer
Elica, che da sei anni racconta il futu-
ro della cucina. Nel suo nome è rac-
chiuso il concept che ha dato vita a
questo prodotto. Unplugged, ossia una
interazione più naturale e istintiva, un
rapporto che evoca il mondo dell’a-
nalogico, salvaguardando, però, tutte
le peculiarità dei prodotti digitali con
controlli touch. Per realizzare tutto
ciò sono state ideate manopole a scat-
to fisso che permettono l’accesso alle
funzionalità in modo veloce e intuitivo.
Il design che le contraddistingue tra-
smette robustezza e professionalità.
Sono caratterizzate da una texture
dal grip perfetto che riveste una strut-
tura interna estremamente stabile,
mentre lo sgancio magnetico della
Tipologia /
Product type
Piano cottura aspirante /
Extractor hob
Informazione aziendale / manufacturer′s information
Un’interazione naturale per
Natural interaction for
guaranteed results
copertura estetica rende le operazio-
ni di manutenzione facili e accurate.
L’area di cottura è separata da quella
di controllo attraverso un’elegante
paratia antiurto che la protegge da
ogni possibile contatto con le pentole
e da spiacevoli fuoriuscite di liquidi.
Linearità e facilità di pulizia sono an-
che le caratteristiche del piano cottu-
ra, completato da un flap centrale in
vetro, che nasconde l’area di aspira-
zione e che si attiva solo quando ne-
cessario. NikolaTesla Unplugged è
dotato di tre funzioni automatiche di
cottura: Melting, grazie alla quale non
è più necessario mescolare le pietan-
ze per evitare che il fondo della pen-
tola si bruci; Warming, che garantisce
il giusto livello di calore per le cotture
lente come creme o salse e che aiuta
a mantenere in caldo piatti già pron-
ti; e Simmering, che evita la fuoriusci-
Settore applicativo /
Usage
Residenziale /
Residential
ta di acqua durante l’ebollizione per
le preparazioni più vivaci. Rispetto a
un piano di cottura tradizionale, riesce
a portare a ebollizione l’acqua il 30 pe
cento più velocemente e a friggere le
pietanze nella metà del tempo. Grazie
a due zone Bridge, che uniscono due
aree di cottura adiacenti, consente
l’utilizzo di teglie di grandi dimensioni
garantendo una cottura uniforme su
tutta la superficie.
Il sistema di aspirazione, al centro del
piano cottura, garantisce un’efficace
captazione dei fumi e, grazie alla tec-
nologia Comfort Silence, minimi livel-
li di disturbo sonoro alla potenza
massima. Grazie alla funzione Auto-
capture è possibile concentrarsi
esclusivamente sulla propria ricetta
senza preoccuparsi dei cattivi odori,
poiché NikolaTesla Unplugged per-
mette di impostare automaticamente
Caratteristiche tecniche /
Technical characteristics
Piano cottura aspirante che si controlla
attraverso manopole dal touch&feel analogico /
ELICA S.p.A.
Via Ermanno Casoli, 2
60044 - Fabriano (AN)
T +39 0732 610 1
www.elica.com
la potenza di estrazione d’aria più
adatta, regolandola e diminuendola
gradualmente per eliminare gli odori
residui a fine cottura. Nel caso di ca-
duta accidentale di liquidi nel vano
aspirante, Elica ha pensato a una co-
moda valvola che ne permette lo sca-
rico in totale sicurezza. Il sistema
brevettato da Elica consente poi di
accedere comodamene dall’alto ai
filtri antiodore Long Life ++ che rag-
giungono soglie di filtraggio fino
all’80per cento –rispetto alla media
del mercato del 60 per cento – e sono
rigenerabili fino a 5 anni, nel rispetto
dell’ambiente. NikolaTesla Unplugged
non è solo un prezioso oggetto di de-
sign dal look deciso: si ispira alle esi-
genze di chi ama vivere la cucina ogni
giorno con il piacere di utilizzare
tecnologie che facilitano il raggiungi-
mento dei risultati desiderati.
Extractor hob that is controlled by touch&feel
analogue knobs

In queste pagine, il piano cottura aspirante
NikolaTesla Unplugged nell’elegante finitura
inox e vetro nero. Al centro, è dotato di flap
in vetro che nasconde l’area di aspirazione
e si attiva solo quando necessario. Tutti gli
elementi del piano cottura aspirante sono
integrati in un’estetica dal carattere deciso,
• Elica presents Unplugged, the latest
innovation in the NikolaTesla range
of extractor hobs designed by Fabrizio
Crisà, Elica’s chief design officer, who
has been forecasting the future in the
kitchen for six years. The concept
behind the product is all contained in
the name: Unplugged, in other words
a more natural and instinctive inter-
action, a relationship that evokes the
analogue world while still maintaining
all the features of digital products with
touch controls. To achieve this, fixed-
click knobs have been designed that
enable access to functions in a way
that is both quick and intuitive. Their
distinctive design also conveys a
sense of sturdiness and profession-
alism. They are characterised by a
texture with a perfect grip that covers
an extremely stable internal structure
while the magnetic release of the dec-
Informazione aziendale / manufacturer′s information
studiata per separare intelligentemente
l’area di cottura da quella di controllo.
Le manopole, ben visibili qui sotto, con il
sistema di controllo touch&feel analogico,
sono caratterizzate da un design deciso
che conferisce a NikolaTesla Unplugged
un carattere professionale
orative cover makes maintenance
operations easy and accurate. The
cooking area is separated from the
control area by an elegant shockproof
bulkhead that protects from any pos-
sible contact with pans and unpleas-
ant spillage of liquids.
A streamlined appearance and easy
cleaning are also the characteristics
of the hob, completed by a central
glass flap that conceals the extraction
area and that is activated only when
necessary. NikolaTesla Unplugged
is equipped with three automatic
cooking functions: Melting, thanks to
which it is no longer necessary to mix
food to avoid the bottom of the pan
burning; Warming, that guarantees
the right level of heat for slow cooking
when making for example creams or
sauces and also helps to keep ready-
made dishes warm; and Simmering,
• These pages, the NikolaTesla Unplugged
extractor hob in a stylish stainless steel and
black glass finish. At the centre is a glass
flap that conceals the extraction area
and is activated only when necessary.
All the elements of the extractor hob are
integrated into the same strong aesthetic,
that stops water escaping during
boiling when cooking at a higher heat.
Compared to a traditional hob, it can
bring water to the boil 30 percent
faster and fry food in half the usual
time. Thanks to two Bridge zones, that
join together two adjacent cooking
areas, it enables the use of larger pans
guaranteeing uniform cooking across
the whole surface.
The extraction system, at the centre
of the hob, ensures effective removal
of fumes and thanks to Comfort Si-
lence technology, minimal levels of
sound disturbance at maximum pow-
er. Thanks to the Autocapture function
it is possible to concentrate exclusive-
ly on the recipe without worrying
about unpleasant odours because
NikolaTesla Unplugged allows you to
automatically set the most suitable
level of air extraction power, adjusting
XXIX
designed to intelligently separate the
cooking area from the controls.
The highly visible knobs are shown below,
with the analogue touch&feel control
system, characterised by a decisive design
that gives NikolaTesla Unplugged a
professional character.
it and lowering it gradually to eliminate
residual odours at the end of cooking.
In the event of accidental spillage of
liquids into the extraction compart-
ment, Elica have come up with a handy
valve that enables it to be emptied in
total safety. The system patented by
Elica allows easy access from above
to the Long Life++ anti-odour filters
that reach filtering thresholds of up
to 80 percent - compared to the av-
erage on the market of 60 percent
- and can be regenerated for up five
years, making them environmental-
ly-friendly.
NikolaTesla Unplugged is not only an
exquisite design object with a strong
look, it has been inspired by the de-
mands of those who love cooking
every day with the pleasure of using
technologies that make it easy to
achieve the desired results.
XXX
4 dell’aspirazione in cucina /
L’elemento aspirante si trasforma e
diventa parte di un’architettura mo-
dulare, multifunzione e totalmente
integrata nella cucina. Una soluzione
che va oltre l’aspirazione tradiziona-
le e che ha portato alla nascita della
nuova collezione Elements di Falmec,
disponibile a partire dal 2023, com-
posta da sistemi modulari (Monolith,
Shelf e Air Wall) che nascondono la
tecnologia all’interno di elementi uni-
ci nel design e perfettamente integra-
ti nel progetto d’arredo. Monolith è un
sistema, appoggiato sul piano di la-
voro, che si compone di un elemento
aspirante da 90 cm e di moduli con-
tenitori accessori, collocabili libera-
mente a destra o a sinistra – da 30, 60
o 90 cm –, che possono accogliere
mestoli, spezie, coltelli, taglieri e altri
utensili della cucina, così come prese
elettriche. Dal design prezioso, Mo-
nolith ha la struttura di alluminio ne-
ro opaco che alloggia un frontale in
vetro lucido nella parte verticale ed
è completato da una luce ambientale,
in grado di creare un suggestivo ef-
fetto di sospensione. Shelf, invece, si
presenta come una mensola dal de-
sign pulito, realizzata in acciaio ver-
niciato nero con un profilo in alluminio
satinato nero che avvolge la struttu-
ra. Grazie alla tecnologia Multi-Air, il
corpo aspirante è estremamente
sottile e viene incorporato nella strut-
tura, con una veletta estraibile che
ne aumenta la capacità di aspirazio-
ne. Anche Shelf può arricchirsi di
moduli da cm 60 e 90, liberamente
posizionabili a fianco del corpo aspi-
rante da 120 cm, per creare un siste-
ma pensile dalle diverse possibili
configurazioni. Inoltre, nella parte
inferiore, è dotato di una strip Led con
luce dinamica che illumina il piano di
lavoro per tutta la lunghezza della
mensola. Infine, Air Wall trasforma
lo schienale della cucina in una su-
perficie funzionale. Il sistema aspi-
rante, nato in collaborazione con
Magneto Lab, integra verticalmente
l’aspirazione all’interno di un pannel-
lo in vetro temperato bianco retroil-
luminato ed è reso possibile tramite
un’apertura con flap. Il sistema ma-
gnetico del pannello consente poi di
aggiungere diversi accessori, anch’es-
si magnetici, come supporti tablet,
porta-spezie e piccole mensole.
Tipologia /
Product type
Sistemi aspiranti per la cucina /
Kitchen extraction system
Informazione aziendale / manufacturer′s information
Elements, oltre i confini
Elements, more than just
ventilation for the kitchen
Sopra: Air Wall, nato dalla collaborazione tra
Magneto Lab e Falmec, realizzato in vetro
temperato bianco retroilluminato.
Sotto: Shelf, la mensola dal design lineare
completa di corpo aspirante da 120 cm,
moduli accessori da 60 e 90 cm e luce Led
Settore applicativo /
Usage
Residenziale /
Residential
• Top: Air Wall, created by Magneto Lab
and Falmec working in collaboration, made
from white, back-lit toughened glass.
Below: Shelf, a streamlined shelf is added to
the 120 cm extraction unit with modules
measuring 60 and 90 cm and LED lighting
Caratteristiche tecniche /
Technical characteristics
Tre sistemi di aspirazioni multifunzionali
integrati nella cucina /
FALMEC S.p.A.
Via dell’artigianato, 42
31029 - Vittorio Veneto (TV)
www.falmec.com
• The extractor hood has been trans-
formed and become part of a modular,
multifunctional architecture that is
fully integrated into the kitchen. A
solution that goes beyond traditional
air extraction and which has led to the
creation of the new Elements collection
from Falmec that will be available from
2023, made up of modular systems
(Monolith, Shelf and Air Wall) that con-
ceal the technology inside elements
with a unique design that are perfect-
ly integrated into the interior design.
Monolith is a system positioned on the
worktop that consists of a 90 cm ex-
traction element and modular storage
accessories that can be placed as
desired either on the right or left – 30,
60 or 90 cm – that can hold ladles, spic-
es, knives, chopping boards and other
kitchen utensils, as well as power
sockets.
With an exquisite design, Monolith has
a matt black aluminium structure that
houses a polished glass front on the
vertical part and is completed by an
ambient light that is able to create an
atmospheric suspended effect. Shelf
meanwhile is presented as a shelf with
a clean-cut design, made from black
painted steel with a profile in satin
black aluminium that surrounds the
structure. Thanks to Multi-Air tech-
nology, the extraction unit is extreme-
ly slender and is incorporated into
the structure, with a pull-out cover that
increases extraction capacity. Shelf
can also be further enhanced by mod-
ules measuring 60 and 90 cm that can
be positioned as desired alongside
the 120 cm extraction unit to create a
hanging system with different possi-
ble configurations.
In addition, the lower part is fitted with
an LED strip with a dynamic light that
illuminates the worktop for the entire
length of the shelf. Finally Air Wall
transforms the back wall of the kitch-
en into a functional surface. The ex-
traction system, created in collabo-
ration with Magneto Lab, vertically
integrates the extraction into a white,
back-lit panel made from toughened
glass and is made possible via a flap
opening. The magnetic system of the
panel then allows you to add various
accessories, also magnetic, such as
tablet supports, spice racks and small
shelves.
Three multi-functional extraction systems
integrated into the kitchen
 XXXI
Informazione aziendale / manufacturer′s information

In questa pagina: l’eleganza di Monolith con
la struttura in alluminio nero e il frontale in
vetro lucido. All’elemento aspirante da cm 90
si aggiungono moduli contenitori accessori
– da cm da 30, 60 o 90 –, per creare un
allestimento funzionale e personalizzato.
Il modulo aspirante di Monolith si apre
leggermente, per accedere al controllo
delle funzioni di aspirazione e illuminazione,
e permettere l’aspirazione dei fumi
•This page: the elegance of Monolith
with black aluminium structure and polished
glass front. Storage accessories
measuring 30, 60 or 90 cm can be added
to the 90 cm extraction unit to create
a customised and functional installation.
The Monolith extraction unit opens
slightly to access controls for extraction and
lighting and allow smoke to be extracted
XXXII
Informazione aziendale / manufacturer′s information

Nuova vita in cucina / SCAVOLINI S.p.A.

5 New life for the kitchen

Via Risara, 60/70 - 74/78
61025 - Montelabbate (PU)
T +39 0721 4431
Numero verde 800-814-815
contatti@scavolini.com
www.scavolini.com

Condivisione e convivialità: la cucina

si è trasformata negli anni da luogo
di preparazione dei cibi a spazio del-
le relazioni, più informale e accoglien-
te. Queste le premesse di Motus, desi-
gn Vittore Niolu per Scavolini, che
indaga e interpreta il ruolo sociale
della cucina fornendo gli strumenti
per dare vita a un ambiente inedito e
multitasking. Motus è infatti caratte-
rizzata da un’estrema flessibilità com-
positiva grazie ai diversi moduli che
la compongono, lasciando ampia
possibilità di personalizzazione.
Un sistema cucina dinamico che si
adatta ai cambiamenti: può infatti
essere riconfigurato nel tempo, ade-
guandosi a nuove necessità, grazie
all’accostamento di singoli elementi,
capaci di assolvere indipendentemen-
te le loro funzioni. Motivo distintivo del
design di Motus è l’anta senza maniglia,
che si distingue per il movimento line-
are creato dalla presa ricavata nel
suo spessore, nella parte superiore
delle basi. Nel caso delle colonne, la
presa a vista rimane solo nell’anta
inferiore che consente di aprire anche
quella superiore.
Due le tipologie in cui è proposta: lac-
cata, lucida e opaca, e decorativo in
diverse nuance materiche, entrambe
proposte in sofisticate gamme cro-
matiche. Diverse le alternative crea-
tive date da Motus, che propone anche Sopra: la cucina Motus con ante in laccato • Top: Motus kitchen with Visione matt • Sharing and conviviality: over the
una reinterpretazione della classica opaco Visone e inserti di vetro specchiato lacquer doors and inserts in mirrored glass years the kitchen has been trans-
anta a vetro, dove solo una fascia è per la zona colonne; isola in laminato Rovere for the tall units; island in Rovere Land formed, going from being a place for
Land. Sotto: basi in decorativo Pietra Abyss, laminate. Below: base units in Pietra Abyss
realizzata con questo materiale: oriz- pensili in laccato opaco Grigio Airone e barra decorative finish, wall units in Grigio Airone
preparing food to a space of relation-
zontale per le basi, verticale per le in alluminio con accessori Sign. matt lacquer and Sign aluminium bar with ships that is more informal and wel-
colonne, con vetro specchiato. Una Pagina accanto: cucina con colonne zona accessories. Opposite page: kitchen with tall coming. This is the idea behind Motus,
soluzione che alleggerisce i volumi dispensa in laccato opaco Verde Minerale, unit in Verde Minerale matt lacquer with designed by Vittore Niolu for Scavo-
donando eleganza. Lo stile contem- abbinate alle basi in decorativo Pietra Solare base units in Pietra Solare decorative finish lini, that explores and interprets the
poraneo e dinamico del progetto è social role of the kitchen by providing
sottolineato anche dal caratteristico the tools for creating a new and mul-
cassetto sagomato sporgente, pro- titasking environment.
fondo 65 cm, posizionato sotto il piano, Motus is characterised by the extreme
che esalta la forte personalità della compositional flexibility provided by
cucina: un dettaglio geometrico e sce- the different modules that go to make
nografico che movimenta il progetto it up, leaving ample scope for custo-
e ne aumenta lo spazio funzionale. misation. A dynamic kitchen system
Svariati gli accessori con cui arric- that adapts to change, it can be re-
chire le configurazioni di Motus per configured over time, adapting to new
realizzare uno spazio in linea con le needs thanks to the combination of
proprie esigenze. Infine, grazie al Si- individual elements that each fulfil
stema Parete Fluida, il programma their functions independently.
modulare a spalla portante, la zona A distinctive motif of Motus is the
cucina si fonde in armonia con l’area handle-free front, that is distinguished
living creando un ambiente fluido by the streamlined effect created by
senza soluzione di continuità. the handle hollowed out of the thick-

Tipologia / Settore applicativo / Caratteristiche tecniche /

Product type Usage Technical characteristics

Sistema cucina Motus / Residenziale e contract / Elementi indipendenti tra di loro / Independent elements
Motus kitchen system Residential and contract
 XXXIII
Informazione aziendale / manufacturer′s information

ness in the upper part of the base

units. In the case of the tall units, the
handle is visible only on the lower door
that also allows the upper one to be
opened. Two versions are available:
lacquered with either glossy or matt
finish, and decorative with different
textural nuances, both proposed in
sophisticated colour palettes.
Various creative alternatives are
offered by Motus, which also propos-
es a reinterpretation of the classic
glass door, with just a strip made from
mirrored glass: horizontal for the
base units, vertical for the tall units.
A solution that gives the units a light-
er, more elegant appearance.
The contemporary and dynamic style
of the design is also accentuated by
the distinctive profiled drawer, 65 cm
deep, positioned under the top, that
emphasises the strong personality
of the kitchen: a geometric, eye-catch-
ing detail that makes for a dynamic
design and increases functional
space. Assorted accessories can be
added to the arrangements of Motus
to create a space that perfectly re-
sponds to individual needs.
Finally, thanks to the Sistema Parete
Fluida, the modular programme with
supporting ends, the kitchen area is
harmoniously blended with the living
area to create a seamless, fluid envi-
ronment.
Atenae sofa, Oasi cabinets, Valley coffee table - design Maurizio Manzoni cantori.it
 Esperienze di luce Una copertina sofisticata nella sua cruda semplicità,
realizzata con una carta opaca spessa e materica - il
Experiences in light logo Flos è in rilievo a contrasto- che nasconde un
volume monocolore dalla costa telata. Experience Issue
1, lanciato a giugno per i 60 anni del marchio e a cadenza
annuale, è la prima pubblicazione dell’azienda sul
mondo del contract, realizzata con la direzione artistica
di Apartamento Studios per costituire uno spin off dei
contenuti diffusi attraverso i canali digitali. Ogni
numero ha una cover story. La numero uno è dedicata
a Vincent van Duysen, raccontato nei momenti della
vita privata e nella sua interazione con Anversa,
ripercorrendo i progetti sviluppati con Flos. Immagini
e spunti di progettazione vengono intercalati da
suggerimenti di ispirazione, portfoglio progetti e
approfondimenti tecnici, completati da una sezione
bespoke. Il collante di questo bel progetto editoriale è
la collaborazione con artisti, creativi e designer.

MARKET NEWS

VALLI&VALLI
CERAMICHE KEOPE
CERAMICHE REFIN
MIDJ

•A cover that is highly sophisticated in its raw simplicity,

made from thick, textured paper embossed with a
contrasting Flos logo, concealing a monochrome volume
with a bound spine. Experience Issue 1, launched in
June to celebrate the brand’s 60th anniversary and
due to be issued annually, is the first publication by
the company about the world of contract, created under
the artistic direction of Apartamento Studios and
Photos Sara Fileti

conceived as a spin-off to content released on Flos’s

digital channels. Each issue has a cover story. This one
is dedicated to Vincent van Duysen, depicted in moments
of his private life and his interaction with Antwerp,
illustrating the designs he has developed with Flos.
Images and design ideas are interspersed with sources
of inspiration, design portfolios and technical
information, completed by a bespoke section. The glue
that holds this publishing project together is the
collaboration with artists, creatives and designers.
XXXV
Geometrie variabili
Zeus, la nuova maniglia di Valli&Val-
li, trae la sua ispirazione dal dio greco
capo dell’Olimpo e signore del fulmine,
simbolo che reggeva nella sua mano
destra. Bertone Design, che l’ha dise-
gnata per l’azienda, ha voluto così
trasferire in una maniglia la raziona-
lità dell’uomo che, attraverso la per-
fezione della geometria, riesce a for-
giare l’energia ‘divina’ della natura.
Nasce così il modello H 1066 Zeus, un
oggetto dalla forma semplice e decisa,
un’astrazione geometrica del lampo
che allude alla forza della natura e do-
na alla maniglia una forte carica
espressiva capace di renderla prota-
gonista dell’ambiente in cui viene in-
serita. Come una piccola scultura, si
staglia sul supporto, donandogli ca-
rattere e inserendosi, a seconda della
finitura in cui viene scelta, sia in am-
bienti moderni sia in spazi classici.
Zeus non è però caratterizzata solo da
un’estetica raffinata: ha anche un’er-
gonomia importante che deriva dall’ap-
plicazione della regola della sezione
aurea, la cosiddetta “proporzione di-
vina”, che si ritrova nella maggior par-
te degli oggetti naturali. Questa si
esprime nel binomio intorno al quale
è stata pensata: le proporzioni della
mano dell’uomo sono state attenta-
mente studiate per rendere la maniglia
facile da impugnare nelle sue varie
versioni, per porta e per finestra.
Tante le finiture in cui è proposta per
essere resa ancora più versatile e fa-
cilmente inseribile in ogni tipo di spa-
zio: dal più classico Cromosat, ai mo-
derni Titanium, Nikelnero e Orsatop,
che ben si presta ad ambienti che cer-
cano elementi baroccheggianti. Anche
per la maniglia Zeus, come per tutte
quelle verniciate a marchio Valli&Val-
li e Fusital, è disponibile il trattamen-
Valli&Valli
Via Concordia, 16
20838 - Renate (MB)
T +39 0362 982271
F +39 0362 982235
valli.italia@vallievalli.com
www.vallievalli.com
Informazione aziendale / manufacturer′s information
to BioCote che risponde all'esigenza
ormai diffusa di buone pratiche di
igiene negli edifici: è uno speciale ad-
ditivo antimicrobico, agli ioni di ar-
gento, che si aggiunge alla vernice in
fase di produzione, in grado di ridurre
notevolmente il rischio di cross con-
tamination contrastando in modo
duraturo la proliferazione dei batteri.
Caratteristica, questa, importantis-
sima in generale, ma ancor di più alla
luce degli ultimi anni di pandemia
parlando di oggetti che, per loro natu-
ra, vengono in continuazione a contat-
to con le persone.
Variable geometries
Zeus, the new handle from Valli&Val-
li, has been inspired by the Greek god
who was head of Olympus as well as
god of the sky, symbolised by the light-
ning bolt held in his right hand. Bertone
Design, who came up with the design
for the company, wanted to convey in
the form of a handle the rationality of
man who through the perfection of
geometry, manages to forge the ‘divine’
energy of nature. The result is the mod-
el H 1066 Zeus, an object with a simple
and decisive form, a geometric abstrac-
tion of a lightning bolt that alludes to
the force of nature and endows the
Zeus H 1066, disegnata da Bertone
Design per Valli&Valli, è realizzata
nelle versioni: maniglia da porta,
da finestra, maniglione e chiusura
privacy. Esiste nelle finiture:
Cromosat, Titanium, Nikelnero
e Orsatop. In fase di verniciatura,
può essere trattata con lo speciale
additivo antimicrobico BioCote
handle with a strongly expressive
charge that enables it to play a prom-
inent role in whatever setting it is
placed. Like a small sculpture, it is
silhouetted against the back plate,
giving it character and depending on
the finish chosen, is suited to both
modern and classic spaces. What is
more, Zeus is not only characterised
by its refined appearance, ergonomics
are also a key feature and it is based
on the application of the rule of the
golden section, the so-called “divine
proportion” that is found in most nat-
ural objects. This is expressed in the
idea around which it was conceived,
the proportions of the human hand
have been carefully studied to make
the handle easy to grip in the various
versions, for both doors and windows.
The handle comes in a wide range of
finishes making it even more versatile
and easy to place in any kind of space:
from the more classic Cromosat to the
modern Titanium, Nikelnero and Or-
satop which lends itself well to settings
that call for a more baroque feel. The
Zeus handle, like all painted finishes
available from the Valli&Valli and Fusi-
tal brand, is available with BioCote
treatment that responds to the now
widespread demand for good hygiene
practices in buildings: it is a special
antimicrobial additive with silver ions
that is added to the paint during man-
ufacturing, able to considerably reduce
the risk of cross contamination by
preventing the proliferation of bacte-
ria over a long period of time. This
characteristic is of considerable im-
portance in general but even more so
in the light of the recent pandemic
especially when it comes to objects that
by their nature come into continuous
contact with people.
• Zeus H 1066, designed by Bertone
Design for Valli&Valli and produced
in assorted versions: door, window
and pull handle and privacy lock.
Available in finishes Cromosat,
Titanium, Nikelnero and Orsatop.
During the phase when paint is applied
it can be treated with the special
antimicrobial additive BioCote
 XXXVI

Tutta la magia del gres All the magic of stoneware

Perché scegliere un rivestimento in

gres porcellanato effetto pietra come
rivestimento indoor e outdoor? I van-
taggi sono diversi. Il gres porcellanato
è la ceramica più resistente sul mer-
cato: offre caratteristiche di robustez-
za, è ignifugo, ingelivo e igienico. Anche
per quello che riguarda l’aspetto este-
tico, è una garanzia: resiste ai graffi e
alle macchie grazie alla sua inassor-
benza, e non cambia colore, nemmeno
quando sottoposto ai raggi ultravio-
letti. Un materiale straordinario che
Ceramiche Keope ha declinato in una
nuova collezione effetto pietra, Per-
corsi Frame, in cui i confini tra indoor
e outdoor sfumano nella straordinaria
varietà di grafismi, finiture e spesso-
ri disponibili, pur mantenendo le pe-
culiarità che differenziano le proposte
da esterno da quelle per interni. Why choose stone-effect porcelain the outdoor products from indoor ones. of Pietra Imperiale, Travertino Rapo-
Per l’outdoor, infatti, è caratterizzata stoneware as an indoor and outdoor The outdoor tiles are characterised lano Senese and Cosmic Black Brazil-
da strutture più marcate che conferi- finish? There are a number of advan- by more pronounced structures that ian granite is combined with an in-
scono al gres un aspetto rustico, evi- tages: porcelain stoneware is the tough- give the stoneware a rustic look, high- creasingly innovative technological
denziandone i cambi di tono. Caratte- est ceramic on the market and is also lighting the different tones. These drive. This has led to results of high
ristiche che s’ingentiliscono e diven- fireproof, frost-proof and hygienic. characteristics are softened and be- aesthetic value in five different colours
tano più delicate nelle superfici più Aesthetic appearance is guaranteed come more delicate in the smoother that explore shades of grey and hazel-
lisce pensate per l’indoor. Tramite la as it is resistant to scratches and stains surfaces conceived for indoors. nut. Textural and characterful, the
perfetta abbinabilità di finiture e for- thanks to its non-absorbency and does Through the perfect combination of collection faithfully reproduces the
mati, questa serie conferisce continu- not change colour, even when subject- finishes and formats, this series gives veining, reflections and the nuances
ità estetica ai progetti sia residenzia- ed to ultra-violet rays. An extraordi- aesthetic continuity to both residen- present in nature and is available in
li sia commerciali. La nuova collezione nary material that Ceramiche Keope tial and commercial designs. The new sizes: 30 x 60, 60 x 60 and 60 x 120.
nasce in seguito a una minuziosa ana- has articulated in a new stone-effect collection has arisen out of a meticu- To complete the collection the K2 thick-
lisi delle molteplici anime della mate- collection, Percorsi Frame, in which lous analysis of the many qualities of ness for exteriors in formats 60 x 60
ria naturale per giungere a superfici the boundaries between indoors and natural materials to create new and cm and 60 x 120. The Percorsi Frame
inedite e sorprendenti. outdoors are blurred with an extraor- surprising surfaces.. collection is enhanced by the Coda di
Nella serie la ricerca di pietre rare, dinary variety of patterns, finishes In the series, a search for rare stones, pavone (104 x 57 cm) and Mosaico Bu-
come i graniti Onsernone e Plima del- and thicknesses available, while main- such as Onsernone and Plima granites rattato (31 x 31 cm) patterns, available
la Val Martello, il marmo aureo della taining the features that differentiate from Val Martello, the golden marble for all the graphic proposals.
Pietra Imperiale, il Travertino Rapo-
lano senese e il granito nero brasiliano
Cosmic Black s'intreccia a una spinta
tecnologica sempre più innovativa.
Questo ha portato a risultati di eleva-
to valore estetico declinati in cinque
varianti colore che esplorano, in par-
ticolare, le sfumature del grigio e del
nocciola. Materica e di carattere, la
collezione riproduce fedelmente le
venature, i riflessi e le sfumature pre-
senti in natura ed è disponibile nei
formati: cm 30 x 60, 60 x 60 e 60 x 120.
Completa la collezione lo spessore K2
per esterni nei formati cm 60 x 60 e 60
x 120. La collezione Percorsi Frame è
arricchita dai decori Coda di pavone
(cm 104 x 57) e Mosaico Burattato (cm
31 x 31), disponibili per tutte le propo-
ste grafiche.

Ceramiche Keope Le varie declinazioni di Percorsi Frame.
In alto, da sinistra: la finitura Imperiale
Via Statale, 467.21 Walnut, cm 60 x 120; pavimento nella
42013 - Casalgrande (RE) finitura Travertino Beige, cm 60 x 120.
T +39 0522 997511 Sopra, a sinistra: la finitura Plima
Silver, formato cm 60 x 120 e il decoro
www.keope.com Mosaico Burattato, cm 31 x 31. A destra:
la finitura Cosmic Black, cm 60 x 120
• The various versions of Percorsi
Frame. Top, from left, the Imperial
Walnut finish, 60 x 120 cm; floor in
a Travertino Beige finish, 60 x 120 cm.
Top, left: the Plima Silver finish,
size 60 x 120 and the Mosaico Burattato
pattern, 31 x 31 cm. Right: the
Cosmic Black finish, 60 x 120 cm

Informazione aziendale / manufacturer′s information

XXXVII
Omaggio a Venezia
Canal Grande è il nome della collezio-
ne di Ceramiche Refin, tra le protago-
niste assolute di Cersaie 2022. Un
omaggio al lato glamour della città
lagunare che richiama il mogano, ma-
teriale tradizionalmente impiegato
per la costruzione di barche, dei mo-
toscafi di lusso e dei famosi taxi vene-
ziani. Frutto di un’accurata ricerca
alla scoperta delle eccellenze artigia-
nali del settore nautico, svolta dai
Tile Designer di Refin in collaborazio-
ne con uno storico cantiere di Venezia,
la collezione sintetizza le peculiarità
del materiale di ispirazione su lastre
in ceramica dall’estetica direzionata
e intensa. Il suo garbato accento vin-
tage riporta agli ambienti più lussuo-
si e sofisticati del jet set: un richiamo
alla rinascita nel design, nella moda e
nell’arte dell’Italia nel Secondo dopo-
guerra. La superficie è caratterizzata
da una serie di linee parallele, ma non
uniformi, che donano un effetto dina-
mico conferendogli profondità. La
collezione Canal Grande è proposta in
Ceramiche Refin S.p.A.
Via I Maggio, 22 – Salvaterra
42013 - Casalgrande (RE)
T +39 0522 990499
www.refin.it
Informazione aziendale / manufacturer′s information
tre varianti di colore: Rubino, Noce e
Moro, tonalità scelte appositamente
per alimentare l’immaginario legato
alle imbarcazioni d’epoca. I tre colori
sono disponibili in due formati - 75 x
150 e 25 x 150 -, e in due finiture, soft e
lucido. Una collezione sofisticata che,
Homage to Venice
grazie alle proprietà del gres porcel-
lanato, è durevole nel tempo, resisten-
te, igienica, anallergica, antibatterica,
ignifuga e facile da pulire. Oltre a es-
sere eco-sostenibile, perché realizza-
ta con materie prime naturali, e al 100
per cento riciclabile.
In alto: la collezione Canal Grande
riveste un angolo della casa con
la variante colore Rubino lucido, cm 75
x 150. Sopra a sinistra: la variante Moro
viene utilizzata per rivestire la zona
cucina. A destra, i colori disponibili:
Moro, Noce e Rubino. La superficie
è caratterizzata da linee parallele,
non uniformi, che creano un effetto
mosso accentuandone la profondità
Canal Grande is the name of this col-
lection produced by Ceramiche Refin,
one of the leading protagonists at Cer-
saie 2022. A homage to the glamorous
side of the lagoon city that recalls the
look of mahogany, a material tradition-
ally used in the construction of boats,
luxury motorboats and the famous
Venetian taxis. The result of meticulous
research into discovering artisanal
excellence in the nautical sector, car-
ried out by Refin’s Tile Designers in
collaboration with a historic shipyard
in Venice, the collection recreates the
particular features of the material it
has been inspired by on ceramic tiles
with a strong, intense appearance. The
graceful vintage accent recalls the most
luxurious and sophisticated environ-
ments of the jet set: a reference to the
renaissance in design, fashion and art
in Italy after the Second World War.
The surface is characterised by a series
of parallel but not uniform lines that
create a dynamic effect and a sense of
depth. The Canal Grande collection is
available in three colours: Rubino, Noce
and Moro, tones chosen specifically to
emphasise the look inspired by the
vintage boats. The three colours come
in two sizes - 75 x 150 and 25 x 150 - and
in two finishes, soft and polished. A
sophisticated collection that thanks
to the properties of porcelain stone-
ware is hardwearing, durable, hygien-
ic, hypoallergenic, antibacterial, fire-
proof and easy to clean. It is also
eco-sustainable as it is made from
natural raw materials that are 100 per
cent recyclable.
• Top: the Canal Grande collection used
in the corner of a house in the Rubino
colour, polished version, 75 x 150 cm.
Above right: the Moro version is used
on the wall of a kitchen area. Right, the
colours available: Moro, Noce and
Rubino. The surface is characterised by
parallel, non-uniform lines that create
a dynamic effect that accentuates the
feeling of depth

Sintonie creative
Da una parte c'è Paola Navone (Otto
Studio), una designer eclettica non
convenzionale, dalle numerose pas-
sioni, tra cui quella per i viaggi, da cui
trae ispirazione. Una curiosità vivace,
la sua, che si abbina a una mente aper-
ta che l’ha portata nella sua carriera
di architetta e designer a esplorare
diversi linguaggi riconducibili sempre
alla sua cifra stilistica non convenzio-
nale, con punte di raffinatezza che si
esprimono nei dettagli. Una designer
prorompente che sperimenta diversi
materiali cercando sempre nuove
forme di espressività.
Dall’altra parte c’è Midj, azienda dalla
Photo Enrico Conti
vocazione artigianale che coniuga il
design all’arte di modellare la materia
prima, un brand caratterizzato da un
entusiasmo di fondo che lo porta a es-
sere sempre alla ricerca di nuove idee
per dare vita a prodotti in grado di
“trasformare il quotidiano in un’espe-
rienza sempre più piacevole e funzio-
nale”, come scrive Paolo Vernier, fon-
datore di Midj.
La collaborazione tra designer e azien-
da nasce proprio dal comune entusia-
smo e dalla voglia di esplorare nuove
strade: un incontro tra il savoir fair
italiano e l’attitudine della Navone a
sperimentare soluzioni inedite che ha
portato alla nascita di nuovi prodotti.
Tra questi c'è S1 che, partendo dall’ar-
chetipo classico della sedia, si è tra-
sformata attraverso il disegno di Pao-
la Navone in un arredo dal design de-
licato. Morbida e accogliente, la sedia
S1 è figlia di un esercizio di stile equi-
librato definito da curve sinuose che
ne disegnano la silhouette.
Osservandola attentamente si scopre
l’eleganza di ogni singolo componente
a partire dallo schienale, delicatamen-
te avvolgente, che si allarga legger-
mente nella parte superiore a soste-
nere la schiena e le spalle. La seduta,
anch’essa ergonomica, s’incurva sul
davanti a raccordarsi in maniera na-
turale con le gambe, evitando spigoli
e angoli netti. Una presenza informa-
le e raffinata al tempo stesso che stu-
pisce anche per la cura dei dettagli,
come la cucitura esterna del rivesti-
mento dello schienale, che diventa un
delicato vezzo estetico, fino ai piedini
in metallo, da scegliere tra 30 tonalità
lucide o opache, ideati per proteggere
l’estremità delle gambe.
Midj S.p.A
Via Madonna di Campagna, 2
33075 - Cordovado (PN)
T +39 0434 690122
F +39 0434 690202
www.midj.com
Informazione aziendale / manufacturer′s information
Creatively in tune
In alto a sinistra: Paola Navone
(Otto Studio), autrice della sedia S1
e del tavolo Plissé. Personalizzabile
attraverso la scelta di tessuti,
pelle o similpelle, S1 è disponibile con
tre diversi schienali: basso e largo,
alto e nella variante bassa.
Il tavolo Plissé rende omaggio al mondo
della moda e alla lavorazione a pieghe
anni Cinquanta e Sessanta
XXXVIII
On the one hand we have Paola Navone
(Otto Studio), an eclectic, unconven-
tional designer with numerous pas-
sions, including travel from which she
draws inspiration. She has a lively
curiosity combined with an open mind
that has led her throughout her career
as architect and designer to explore
various languages that can always be
traced back to her unconventional
style with hints of refinement that
are expressed in the details. An irre-
pressible designer who experiments
with different materials, always seek-
ing new forms of expression.
On the other hand we have Midj, a com-
pany with an artisanal vocation that
combines design with the art of shap-
ing raw material, a brand character-
ised by an underlying enthusiasm that
means they are always on the lookout
for new ideas to give life to products
able to “transform everyday life into
a much more pleasurable and func-
tional experience”, as Paolo Vernier
writes, founder of Midj.
The collaboration between designer
and manufacturer has arisen precise-
ly from a shared enthusiasm and desire
to explore new paths: an encounter
between Italian savoir fair and Na-
vone’s aptitude for trying out new
solutions that have led to the creation
of new products. One of these is S1 that,
based on the classic chair archetype,
has been transformed through the
design of Paola Navone into a piece of
furniture with a delicate design. Soft
and welcoming, the S1 chair is the re-
sult of an exercise in balanced style
defined by sinuous curves that outline
the silhouette. Looking closely you
discover the elegance of each individ-
ual component, starting with the del-
icately enveloping backrest that wid-
ens slightly towards the top to support
the back and shoulders.
The seat, also ergonomic, curves at
the front to connect in a natural way
with the legs, avoiding sharp edges
and corners. An informal yet also re-
fined presence that is impressive for
its meticulous attention to detail such
as the external stitching on the cover
of the back, that becomes a delicate
aesthetic quirk, and the metal feet,
with a choice of 30 gloss or matt col-
ours, designed to protect the ends of
the legs.
• Top left: Paola Navone (Otto Studio),
designer of the S1 chair and the
Plissé table. Customisable with a choice
of fabrics, leathers and faux leathers,
S1 is available with three different
backrests: low and wide, tall and
another low version.
The Plissé table pays homage to the
world of fashion and the use of pleats
in the 1950s and 60s
 La libertà di installare
sistemi di accesso
che aprono a
una nuova serenità.
È solo quando sai di essere sicuro che ti senti
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ti apre a una nuova serenità: per permetterti
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Sistema di chiusura che agisce come dispositivo anti-duplicazione, interagendo con
brevettato con PIN SPI elementi speciali all’interno del cilindro, che è dotato di dispositivi
antitrapano multipli e tre file di cifratura, sia nella versione modulare
anti-duplicazione
che in quella compatta.
Domus 1072 Jean Nouvel Ottobre / October 2022

EDITORIALE / EDITORIAL

Jean Nouvel Perdita delle memorie / 1

Lost memories

SAGGI / ESSAYS

Irénée Scalbert Le ragioni del sensazionale / 4

Reasons for the sensational

Valter Scelsi Peter Zumthor 8

Le persone e le cose / People and things

ARCHITETTURA / ARCHITECTURE

David Leatherbarrow Amateur Architecture Studio 12

Il pulsare della forma / The pulse of form
National Archives of Publications and Culture, Hangzhou, China, 2022

Giulia Ricci Paradigma Ariadné 38

Rural Geometries, Sándorfalva, Hungary, 2021

Shigeru Ban Architects 46

Zen Wellness Seinei, Awaji, Japan, 2022

Luciano Lerner Basso 52

Fortunata House, Caxias do Sul, Brazil, 2020

Atelier Marko Brajovic 58

Casa Macaco, Paraty, Brazil, 2020

ARTE / ART

Angela Maderna Sally Gabori 64

La rivincita della memoria /
The redress of memory

DESIGN

Elena Sommariva Giuseppe Arezzi 72

Fiscella, It’s Great Design, 2022

Loredana Mascheroni Konstantin Grcic 75

Bench, Plank, 2022

Silvana Annicchiarico Valentine Maurice 78

(Un)learning time by light. The Metaphor of the Screen, 2021

REAZIONE / REACTION

Donatien Grau Ricostruire l’universale / 80

Reconstructing the universal

Si ringrazia / With thanks to John Irving Copertina / Cover Costa / Spine

Antony Bowden Emily Ligniti Amateur Architecture Adel Abdessemed
Annabel Little Studio, National Archives 2021, dettaglio / detail
Traduttori / Translators Dario Moretti of Publications and Culture,
Paolo Cecchetto Richard Sadleir Hangzhou, China, 2022.
Daniel Clarke Eleanor Staniforth Photo Ji Yun
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domus 1072 Ottobre October 2022
Jean Nouvel
Perdita delle memorie /
Lost memories
Ebbene sì, è triste constatare come oggi i saperi pratici che avevano
plasmato i territori stanno sparendo. È deprimente. Le orgogliose architetture
delle città non hanno più modo di perpetuare i piaceri dei materiali,
degli spazi, dei paesaggi. L’abdicazione da questo ruolo viene accettata con
la scusa che viviamo in un mondo avido, irrefrenabile e senza pietà.
Allora gli architetti che oppongono resistenza si affannano a creare emozioni
ormai dimenticate, a riaprire la porta a un futuro ormai passato che induca
a riflettere. I ricordi non sono sempre nostalgici, anzi, oggi sono sempre
più provocatori. Le scintille della memoria alimentano lo spirito dell’oblio,
ma che dell’ottimismo giocoso, e i ricordi che decidono di rivisitare il futuro.
Ricordiamoci che la modernità attiva, quella dell’invenzione permanente,
esige di essere collegata alle invenzioni più lontane e ai saperi più
antichi. In questo mondo dell’immediatezza conta però molto ciò che risulta
facile, le decisioni rapide sono le migliori. Non abbiamo più il tempo
per pensare. Non abbiamo più il tempo per ricordare. Per dubitare o riflettere.
È così che le pecore diventano gregge, mentre le questioni che riguardano il
passato, il ricordo, l’analisi, ci tediano. Anche identificare il vero e il falso.
Allora seguiamo un percorso automatico che si trova tra l’oblio e l’irrefrenabile
sicurezza: il percorso degli immobilisti, quello della sottomissione
e del minimo sforzo. La memoria ci abbandona e ci blocca lo spirito; lo spirito
critico viene giudicato presuntuoso e antipatico. Ma possiamo consumare
senza pericolo? Tutto ciò implica anche non vedere più in là della punta
del proprio naso. Si arriva a cancellare, a far scomparire la propositività e
l’immaginazione. Oggi si va verso la clonazione generalizzata e l’oblio
delle nostre origini. Del passato facciamo tabula rasa. Del passato finiremo
per non lasciare tracce, e cancelleremo tutte quelle che ci pesano.
A dimenticare la nostra storia, a cancellare il nostro passato con il pretesto
che sia sorpassato, ci chiamano le tabulae rasae del XX secolo, sicure
di sé, vincitrici, che oggi sono anch’esse in purgatorio. Allora, nonostante tutto,
rispettiamole con benevolenza e ispiriamoci di tanto in tanto al loro ottimismo.
Separiamo con costanza il grano dalle erbacce.
EDITORIAL 1
• Nowadays, it is sad to see how the practical knowledge that shaped the
land is vanishing. It is a depressing situation. The proud architecture of cities
is no longer capable of perpetuating the pleasures of materials, spaces
and landscapes. Its abdication from this role is accepted with the excuse
that we live in a greedy, irrepressible and pitiless world. So, architects
who offer resistance do everything they can to revive forgotten emotions
and re-open the door to a future of the past that prompts reflection.
Reminiscence is not always nostalgic, yet it is becoming more and more
provocative. TThe sparks of memory feed the spirits of forgetfulness,
but also playful optimism and memories that decide to revisit the future.
We must remember that active modernity with its permanent invention
demands to be linked to the most distant of inventions and the most ancient
of knowledge. Yet in this world of immediacy, much importance is attached
to the easy way out, and quick decisions become the best decisions. We no
longer have time to think. We no longer have time to remember, to question
or to reflect. This is how sheep become lemmings. We have grown tired
of questions regarding the past, memory and analysis, and likewise of
distinguishing between true and fake. As a result, we unthinkingly follow the
path between forgetting and indispensable security. It is the conservative
path of submission and minimal effort. Memory escapes us and obstructs
our minds; critical thinking is deemed pretentious and disagreeable. But is it
possible to consume without risk? All this also implies being unable to see
past the end of one’s nose. It is an erasure, a disappearance of proposition
and imagination. Today, we are moving towards widespread cloning as our
origins fall into oblivion. We are wiping clean the slate of the past. We will end
up leaving no trace of the past, erasing all traces that burden us.
Forgetting our history, erasing our past on the grounds that it is outdated,
is reminiscent of the self-assured, conquering tabulae rasae of the 20th
century, although they too are now in purgatory. Despite everything, let us
look leniently upon them with respect and draw inspiration at times from
their optimism. Let us constantly sift the wheat from the chaff.
 Perdita delle
memorie /
Lost memories

Photo © travellinglight / Alamy Foto Stock

1 Miralles Tagliabue EMBT, Parlamento scozzese, Edimburgo, 2004. 2 Renzo Piano

Building Workshop, Parlamento de La Valletta, Malta, 2015. 3 Tadao Ando Architect
& Associates, Benesse House Oval, Naoshima, Kagawa, Giappone, 1995. 4 Bruce
Goff, Casa per Al Struckus, Woodland Hills, Los Angeles, 1982. 5 Kéré Architecture,
Lycée Schorge Secondary School, Koudougou, Burkina Faso, 2016

1 Miralles Tagliabue EMBT, Scottish Parliament, Edinburgh, 2004. 2 Renzo Piano

Building Workshop, Parliament in Valletta, Malta, 2015. 3 Tadao Ando
Architect & Associates, Benesse House Oval, Naoshima, Kagawa, Japan, 1995.
4 Bruce Goff, Al Struckus House, Woodland Hills, Los Angeles, 1982. 5 Kéré
Architecture, Lycée Schorge Secondary School, Koudougou, Burkina Faso, 2016
Photo © Michel Denancé

2
Photo © Tadao Ando Architect & Associates

Le scintille della memoria alimentano lo spirito dell’oblio, ma anche

dell’ottimismo giocoso, e i ricordi che decidono di rivisitare il futuro /
The sparks of memory feed the spirits of forgetfulness, but also
playful optimism and memories that decide to revisit the future
Photo © Iwan Baan

5
Photo © Adam Štěch

4
4 SAGGI
Le ragioni del sensazionale /
Reasons for the sensational
Irénée Scalbert
Gli edifici progettati dagli architetti devono essere visti. Devono essere
guardati e ammirati. Bramano di essere fotografati e pubblicizzati.
Vogliono che si parli di loro. La loro vanità è insaziabile, ma troppo
spesso nascondono una carenza di qualità essenziali. Si dimostrano
compiacenti con i concetti, ma poi questi appaiono sempre più
volitivi e arbitrari. Aspirano a essere confortati dalle ideologie, ma le
ideologie hanno poco spazio nella vita di tutti i giorni. Viene da
chiedersi se gli edifici che assecondano le esigenze del sensazionale
debbano per questo essere privati di intelletto. La logica
dell’apparire non potrebbe invece offrire la base per ripensare il progetto
architettonico e la sua tradizione?
La pianta – antico strumento ‘generatore’ – è ancora al centro
dell’intelligenza architettonica. L’esperienza, invece, rimane nella
provincia esterna degli stimoli sensoriali. Ma cosa succede quando il
progetto, appesantito da idee deboli e teorie fumose e inefficaci,
è assente in senso profondo? Privato della giustificazione intellettuale,
l’intero corpus architettonico, con la sua tradizione e le sue aspirazioni,
diventa decorativo: lo sono il suo aspetto, i suoi progetti, le sue tecniche.
Persino la sua esegesi – l’elaborata serie di parole di cui spesso
si veste – è decorativa. Nessuna architettura rappresenta meglio questa
immanenza dell’impulso decorativo di quella di Zaha Hadid:
disegno, struttura, forma e superficie si fondono in un’unica, unitaria
logica del sensazionale.
Anche il lavoro di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa è solo in apparenza
rigoroso e profondo nei suoi propositi. Basta grattare la superficie
(la cui sottigliezza dovrebbe già di per sé far riflettere) perché le
qualità decorative inizino a brillare. Dall’esterno, le aperture delle loro
architetture contribuiscono a formare composizioni decorative incolori
di lucido su opaco. Dall’interno, gli oggetti della vita quotidiana – tappeti,
sedie moderne, vasi di fiori, trapunte – diventano parti di un elaborato
ornamento dietro il quale il corpo dell’edificio si ritira come se fosse
a corto di sostanza. È come se l’arte dell’abitare coltivata da Alison e
Peter Smithson, originariamente ispirata all’esempio del Giappone, si
fosse radicata nel suo Paese d’origine e avesse prodotto una variante
dell’ikebana. La vita stessa è diventata un ornamento.
Così, nel XXI secolo, il Modernismo si conclude con un’esplosione
decorativa. Come del resto aveva fatto il Classicismo nel Settecento.
A partire dagli anni Venti del XVII secolo, gli architetti rococò – come
Ange-Jacques Gabriel – mostrarono una spiccata preferenza per
il bianco, che applicavano sulle superfici come il più leggero dei
colori, ed eliminarono gli ordini classici dalle facciate, limitando la
composizione alla disposizione delle aperture, proprio come nell’opera
di Sejima e Nishizawa. Allora come oggi, la sensibilità presiedeva a un
atteggiamento mentale per lo più scettico e critico.
Nel Settecento, niente rappresenta meglio questo trionfo dell’apparire
del coevo successo del merletto. Fino ad allora, la lavorazione del
pizzo si era limitata ai polsini, ai colletti e alle gorgiere collocate sui capi
d’abbigliamento più scuri, creando intorno al collo e ai polsi “transizioni
visive e quasi musicali tra corpo, tessuto e spazio”.1 Ben presto, il pizzo
ricoprì interi indumenti e divenne un materiale per gli abiti stessi. Rivestì
gli altari, i tabernacoli e gli abiti dei sacerdoti. In breve, divenne l’attributo
preferito per tutto ciò che era più piacvole, erotico e sacro.
Nel passato recente, tre progetti di architettura hanno fatto riferimento
al pizzo, due dei quali in modo esplicito. In prossimità del centro
storico di Bruges, città un tempo famosa per la lavorazione del merletto,
il progetto di concorso del 1998 per una sala da concerto di Neutelings
Riedijk doveva essere rivestito con un “motivo decorativo astratto
domus 1072 Ottobre October 2022
a traforo”, tutti termini comunemente applicati a questo genere di Irénée Scalbert
lavorazione del filato2. A Nottingham, un altro centro di produzione del Nato a Lille nel 1958, è un critico
e storico dell’architettura di
meretto, la galleria di arte contemporaneaprogettata da Caruso St John base a Londra. Ha insegnato
e completata nel 2009 è stata rivestita con “un manto di pizzo.” alla AA School of Architecture
A Leicester, un tempo nota per la sua industria tessile, la parete divisoria dal 1989 al 2006, e poi dal
del nuovo grande magazzino John Lewis è stata progettata da Foreign 2019. È autore di A Right to
Difference: The Architecture
Office Architects per riprodurre le “tende di pizzo” (2008). In tutti e tre of Jean Renaudie (2004),
i casi, l’ornamento è sobrio, delicato e complesso, e gli architetti si sono Never Modern (2013) e A Real
chiaramente divertiti a provare qualcosa di simile a “quel gioco indistinto Living Contact with the Things
di piccole forme piene di vivacità” che è stato attribuito al merletto3. Themselves (2018). È stato
visiting professor presso
Si tratta esattamente del tipo di sensazione estetica descritta da Benoît il Politecnico di Milano, il GSD
Mandelbrot, l’inventore della geometria frattale. In un articolo poco di Harvard, Paris-Malaquais,
conosciuto sull’architettura (sicuramente uno dei pochissimi scritti da la Tokyo University of the
un matematico), Mandelbrot cerca di definire una “estetica della Arts e l’Università di Limerick
in Irlanda.
scala”. Egli distingue tra “oggetti in scala”, in cui solo pochi elementi –
per esempio colonne, travi e montanti –, hanno ciascuno una • Born in Lille, France, in 1958,
dimensione distinta, e “oggetti scalari”, manufatti in cui sono presenti Scalbert is an architectural
molti elementi diversi e con ogni dimensione possibile. critic and historian based
in London. He taught at the AA
Negli oggetti scalari, scrive Mandelbrot, “ci sono così tante scale diverse, School of Architecture from
le loro armonie sono così intrecciate e interagiscono in modo 1989 to 2006 and resumed
così confuso che non sono realmente distinte l’una dall’altra, ma si teaching there in 2019.
He is the author of A Right to
fondono in un continuum”.4
Difference: The Architecture of
Poche persone sono più preparate a questa estetica delle merlettaie, Jean Renaudie (2004), Never
creatrici di “piccole forme piene di vivacità”. Come gli oggetti scalari, il Modern (2013) and A Real
merletto presenta molte scale diverse che entrano ed escono Living Contact with the Things
Themselves (2018). He has
dal fuoco visivo. La sua base è costituita da unità che possono essere been a visiting professor at the
rotonde, quadrate o esagonali, ottenute con motivi circolari, intrecci Milan Polytechnic, the GSD
e torsione di fili. Questa base è talvolta disseminata di foglie (punti at Harvard, Paris-Malaquais,
decorativi che ricordano i chicchi di grano) o ricoperta di ‘neve’ (una the Tokyo University of the Arts
and the University of Limerick
base secondaria di macchie che ricordano la neve). Sopra compaiono in Ireland.
decorazioni o riempimenti, distinti dai motivi ripetuti del disegno vero e
proprio. La base e i riempimenti sono costruiti contemporaneamente
in un gioco virtuoso che nemmeno le merlettaie sono in grado di
analizzare. Non soddisfatto della semplice complessità, questo
virtuosismo tende all’infinitamente piccolo, digerendo tutti i motivi, siano
essi astratti o figurativi, nella molteplicità della sua trama.
Nell’architettura contemporanea esiste un analogo interesse estetico:
l’impressione suscitata nella vista dalla complessità dei motivi e dalla
qualità della trama dei materiali. È evidente, per esempio, nei motivi
decorativi della cupola disegnata da Jean Nouvel per il museo del
Louvre di Abu Dhabi (2017), in cui otto strati metallici con motivi realizzati
su scala diversa si sovrappongono per dare ombra e luce soffusa.
È anche evidente nelle pareti a bugnato del nuovo edificio del Royal
College of Art di Londra aperto nel 2021, in cui Herzog & de Meuron
hanno utilizzato il mattone come strumento tridimensionale. Ma la
qualità emotiva della sensazione è ora così ridotta da sembrare quasi
inesistente. Dov’è Eros? Dov’è Thanatos?
L’emozione sopravvive, ma solo per poco, negli accessori delle
composizioni finanziarie dell’edilizia commerciale, nelle icone
sensazionali che a volte abbelliscono gli skyline delle nostre città e nei
rivestimenti lussuosi appuntati sull’attillato corsetto delle normative.
Ci coinvolge in imprese degne di un guinness dei primati dell’architettura.
Modelli e trame sorprendenti, mai visti prima nelle strade alla moda
di New York, Milano e Tokyo, stimolano la nostra curiosità. Gli edifici
guadagnano notevolmente in audacia – probabilmente questo
è un bene –, e potrebbero ancora ricreare l’incanto che per secoli
è stato una qualità primaria dell’architettura.
1 Marie Risselin-Steenebrugen, Trois
Siecles de Dentelles aux Musées
Royaux d’Art et d’Histoire, 1980
2 Neutelings Riedijk, At Work, 2004
3 Marie Risselin-Steenebrugen,
op. cit.
4 Benoît B. Mandelbrot, “Scalebound
or scaling shapes: A useful
distinction in the visual arts and
in the natural sciences”, Leonardo,
Vol. 14, 1981, pp. 54-47.
domus 1072 Ottobre October 2022
• Buildings designed by architects must be seen. They must be
looked at and admired. They beg to be photographed and publicised.
They crave to be talked about. Insatiable in their vanity, more
often than not they conceal a deficiency in some essential qualities.
While they pander to concepts, concepts appear increasingly
wilful and arbitrary. While they aspire to the comfort of ideologies,
ideologies offer little purchase on ordinary reality. Must buildings
acknowledging the demands for sensation be in turn deprived of
intellect? Cannot the logic of sensation offer instead the basis for
rethinking the architectural project and its tradition?
The plan – the old generator – lies still at the core of the architectural
intelligence. Meanwhile, experience lingers in the outer province
of the senses. What happens, though, when the plan, saddled with
weak concepts and opaque, ineffectual theories, is in a profound sense
absent? Deprived of intellectual justification, the whole corpus of
architecture, with its tradition and its aspirations, becomes decorative.
Its appearance is decorative, its plans are decorative,
and its techniques are decorative. Even its exegesis – the elaborate
string of words with which it is often dressed – is decorative.
No architecture better represents this immanence of the decorative
impulse than that of Zaha Hadid: drawing, structure, form and surface
all cohere in a single, unitary logic of sensation.
Seemingly rigorous and profound in its purpose, even the work of
Kazuyo Sejima and Ryue Nishizawa is deceiving. Scratch the surface
(the thinness of which should in itself give one pause to think) and
decorative qualities shine forth. From without, openings contribute
colourless, decorative compositions of gloss on matt. From within,
objects from everyday life – rugs, modern chairs, flower pots, quilts
– become parts in an elaborate décor behind which the body of the
building recedes as if it were out of substance. It is as if the art of
inhabitation cultivated by Alison and Peter Smithson, an art that was
originally inspired by the example of Japan, had taken root in its country
of origin and produced a variant of the art of ikebana. Life itself has
become an ornament.
Thus in the 21st century Modernism comes to an end with a decorative
flourish. So did classicism in the 18th century. From the 1720s onwards,
rococo architects, for instance Ange-Jacques Gabriel, showed like
Sejima and Nishizawa a marked preference for white which they
applied upon surfaces as the lightest of colours. They stripped classical
orders from facades, with composition being limited like in Sejima and
Nishizawa’s work to the arrangement of openings. Then like today,
sensibility presided over an attitude of the mind that was in the main
sceptical and critical.
Nothing better represents this triumph of sensation in the 18th century
than the apogee of lace in the same period. Until then, lacemaking
had been limited to the cuffs, collars and ruffs that flowed out and
over darker items of clothing, creating around the neck and wrists
“visual and quasi-musical transitions between body, fabric and
space”.1 It wasn’t long before lace started to cover entire garments
and even became a material for dresses themselves. It overlaid altars,
tabernacles and the clothes of priests. In short, it became the attribute
of choice for everything that was most lovable, erotic and sacred.
In the more recent past, three architecture projects have referred to
lace, two of them directly. Adjoining the old town centre of Bruges, a
Belgian city once famous for its lacemaking, the 1998 competition
design for a concert hall by Neutelings Riedijk was to be clad with an
“abstract openwork decorative pattern” – all terms that are commonly
ESSAYS 5
applied to lace.2 In Nottingham, another centre of lacemaking in
the Midlands of England, the Nottingham Contemporary art gallery
designed by Caruso St John (completed in 2009) has been draped
with “a coat of lace”. Not too far away in Leicester, which was once
well-known for its textile industry, the curtain wall of the new John Lewis
department store (finished in 2008) was designed by Foreign Office
Architects to perform in the manner of “lace curtains”.
In all three instances, the ornament is sober, delicate and complex, and
the architects clearly took pleasure in something akin to “the indistinct
play of little forms full of vivacity” that has been attributed to lace.3
This is precisely the kind of aesthetic sensation that was described
by Benoît Mandelbrot, the Polish-born mathematician who is universally
acknowledged as the inventor of fractal geometry. In a little-known
article on architecture (which is surely one of the very few written
by a mathematician), Mandelbrot defines “an aesthetic of scale”. He
distinguishes between “scalebound objects”, in which only
few elements, say columns, beams and mullions, each have a distinct
size, from “scaling objects”, objects in which a great many different
elements are present and have every imaginable size. In scaling
objects, Mandelbrot writes, “there are so many different scales, and
their harmonics are so interlaced and interact so confusingly that they
are not really distinct from each other, but merge into a continuum”.4
Few people are better trained in this aesthetic than lacemakers – the
creators of “little forms full of vivacity”. Like scaling objects, lace
exhibits many different scales that come in and out of focus. Its ground
– to use the technical term – consists of units that can be round,
square or hexagonal, made with the looping, plaiting and twisting of
threads. This ground is sometimes scattered with leaves (decorative
stitches resembling grains of wheat) or covered with neige (a
secondary ground of spots resembling snow). Motifs or fillings then
appear above it, distinct from the repeating motifs of the design
proper. Ground and fillings are built at the same time in a virtuoso play
that not even the lacemakers can analyse. Not satisfied with
mere complexity, this virtuosity tends towards the infinitely small,
digesting all motifs, whether they are abstract or figurative, into the
manifold of its texture.
There is in contemporary architecture a comparable aesthetic interest:
in the impression made upon the eye by the intricacy of patterns
and the textural quality of materials. It is manifest, for instance, in the
patterned dome designed by Jean Nouvel for the Abu Dhabi Louvre
museum (completed in 2017) in which eight scaling metal layers overlap
to contribute shade and a dappled light. It is also in evidence in the
heavily rusticated walls of the new building for the Royal College of Art
in Battersea, London (opened in 2021), in which Herzog & de Meuron
used brick as a three-dimensional medium. But the emotive quality of
sensation is now so reduced as to seem almost non-existent. Where is
Eros? Where is Thanatos?
Emotion survives, but only just, in accessories to the financial
compositions of commercial development, in the sensational icons
that sometimes embellish the skylines of our cities, and in luxurious
claddings pinned onto the tight corset of regulations. It engages
us in feats that are worthy of an architectural Guinness World Records.
Striking patterns and textures never before seen on the
fashionable streets of New York, Milan and Tokyo excite our curiosity.
Buildings gain considerably in daring, arguably for the better,
and they may still regain the enchantment that for centuries has been
a primary quality of architecture.
1 Marie Risselin-Steenebrugen, Trois
Siecles de Dentelles aux Musées
Royaux d’Art et d’Histoire, 1980
2 Neutelings Riedijk, At Work, 2004
3 Idem note 1.
4 Benoît B. Mandelbrot, “Scalebound
or scaling shapes: A useful
distinction in the visual arts and in
the natural sciences”, Leonardo, Vol.
14, 1981, pp. 54-47.
6 SAGGI domus 1072 Ottobre October 2022

Photo © Satoru Mishima

1

1 Foreign Office Architects, John Lewis Department Store and Cineplex, Leicester,
United Kingdom, 2008. 2 Herzog & de Meuron, il Battersea campus al Royal
College of Art, Londra, 2021. 3 Zaha Hadid Architects, Heydar Aliyev Center, Baku,
Azerbaijan, 2012. 4 Neutelings Riedijk Architects, modellino per il progetto di
concorso della Sala concerti a Bruges, 1998. 5 Ryue Nishizawa, House A, Tokyo,
2006. 6 Velo di calice del XVII secolo, Milano, merletto a tombolo, 63,5 x 63,5 cm
1 Foreign Office Architects, John Lewis Department Store and Cineplex, Leicester,
United Kingdom, 2008. 2 Herzog & de Meuron, the Battersea campus of the
Royal College of Art, London, 2021. 3 Zaha Hadid Architects, Heydar Aliyev Center,
Baku, Azerbaijan, 2012. 4 Neutelings Riedijk Architects, competition entry
model for the Concert Hall in Bruges, 1998. 5 Ryue Nishizawa, House A, Tokyo, 2006.
6 Chalice veil dating from the 17th century, Milan, bobbin lace, 63.5 x 63.5 cm

Le ragioni del
sensazionale /
Reasons for
the sensational

Photo © Iwan Baan

2
 domus 1072 Ottobre October 2022 ESSAYS 7

Photo © Hufton + Crow Photographers

3

La logica dell’apparire non potrebbe invece offrire la base per

ripensare il progetto architettonico e la sua tradizione? /
Cannot the logic of sensation offer instead the basis for rethinking
the architectural project and its tradition? Photo © Rob ’t Hart

4
Photo © agefotostock / Alamy Photo Stock
Photo © Office of Ryue Nishizawa

5 6
8 SAGGI domus 1072 Ottobre October 2022

Peter Zumthor
Le persone e le cose /
People and things
Photo © Andrew Meredith

Valter Scelsi

Nel 1983 Ettore Scola dirige Le bal, pellicola derivata da una pièce
teatrale di Jean-Claude Penchenat del 1980, che vi prende anche parte
come attore. Il film è privo di dialoghi e si svolge tutto nell’ambiente
di una balera parigina in un arco di Novecento compreso tra gli anni
della Seconda guerra mondiale e l’epoca delle riprese. Alla fine
degli anni Ottanta, Peter Zumthor osserva come il film si concentri
sui personaggi ma, alla fine, sia la sala da ballo con il suo pavimento
piastrellato e la sua boiserie a crearne l'atmosfera densa e potente.
“O forse è il contrario?”, si interroga subito dopo. “Sono le persone
che conferiscono alla sala un'atmosfera particolare? Pongo questa
domanda perché sono convinto che un buon edificio debba
essere in grado di assorbire le tracce della vita umana e, quindi, di
parlare di una ricchezza specifica”1.
Venti anni dopo l’uscita del film di Scola, nella tarda primavera
del 2003, Zumthor tiene una lezione al castello di Wendlinghausen
in Germania. Da questa esperienza nascerà un libro2, pubblicato
a Basilea nel 2006, che costituisce un punto fermo nella “stagione
atmosferica” dell’architettura che attraversa il passaggio tra il XX
e il XXI secolo. L’interesse per il tema Zumthor lo dichiara fin da subito
e nasce da una questione sulla quale egli si interroga da tempo:
cos’è, nella sostanza, la qualità architettonica? L’atmosfera è una
parola in grado di raccontare la qualità parlando alla nostra percezione
emotiva, inevitabilmente. Del resto, gli effetti atmosferici non possono
essere evitati. Essi permeano l’architettura. L’architettura è definita
dalle sue atmosfere ma, al contempo, l’atmosfera non partecipa al
dibattito che la riguarda. Per definizione, essa è priva di definizione3.
La sensibilità alle atmosfere – afferma Zumthor – è in un certo senso
il compito classico dell'architetto4. A ben vedere, ciò che la
classicità dell’architetto evocata da Zumthor ci suggerisce è duplice:
da un lato il lavoro di composizione di un’opera può essere visto
come semplice inferenza, cioè l’azione del passare dalle premesse alle
conseguenze, quindi dai principi fondamentali del costruire al
prodotto architettonico finito, secondo regole o assiomi, dall’altro può
essere inteso come qualcosa che agisce attraverso una forma di
risonanza, una sorta di progressivo coinvolgimento, secondo
un “criterio di atmosfera”. In entrambi i casi, nella composizione, e nel
compositore, cerchiamo le tracce di quell’idea di una grammatica
universale innata capace di parlare a tutti, dove l’architetto erede di
sapienze costruttive sia anche, allo stesso tempo, colui che è in grado
di indicarci nella grazia delle cose la magia del reale.
L’opera e il pensiero di Zumthor ci suggeriscono un processo dove la
natura latente del contatto atmosferico si rapprende con la comparsa
del ricordo, che racchiude acquisizioni ottenute nel corso del tempo.
Per questo motivo, l’atmosfera di un luogo può subire cambiamenti
improvvisi, a seconda dell’input mnesico insito nell’oggetto
architettonico o in un suo dettaglio, anche minimo. L’intervento della
memoria scatena proiezioni, retrospettive e future, che scuotono
la sensibilità dell’architetto, destabilizzandola sino al raggiungimento di
un nuovo bilanciamento emotivo, differente dalla condizione iniziale5.
In questo quadro, inevitabilmente le ‘cose’ assumono il ruolo di
‘reagenti’. Dove Zumthor nega un approccio di partenza teoretico6,
si dichiara consapevole che il suo lavoro di architetto è in gran parte
la ricerca di una primigenia passione, quella per la quale da ragazzo
costruiva cose secondo idee che dovevano essere giuste per motivi Valter Scelsi
che non sarebbe riuscito a esprimere, e forse neppure a comprendere. Nato a Genova nel 1964, è
architetto e professore presso
Quel qualcosa che esiste oltre i fatti concreti e misurabili della materia il Dipartimento Architettura
contribuisce, nella sua opera, a generare un “sistema mitologico” e Design dell'Università di
che conferisce parola alla forma7. Di questo sistema Zumthor procede Genova. Dal 2002 al 2011 la sua
alla ricerca di un’origine nella parte più antica della Svizzera, attività è legata a Sp10, studio
di progettazione che co-fonda.
i Grigioni, dove, a Welschdörfli nel comune di Coira, nel 1985 progetta È stato tra i componenti
e realizza, in un’astratta ricostruzione dei volumi, la copertura ideatori del gruppo Magazzino
dei resti delle fondazioni di tre edifici romani. All’interno, le minime Sanguineti. Nel 2015 ha curato
archeologie sono circondate da uno sfondo nero e una morbida luce la mostra “Super Superstudio”
presso il PAC Padiglione
zenitale entra da tre lucernari metallici, così come di metallo sono gli d'Arte Contemporanea di
elementi della passerella centrale e alcuni componenti della struttura. Milano. Dirige la collana Testi di
L’involucro di listelli di legno paralleli e inclinati verso l’esterno Architettura per Sagep Editori;
esclude la veduta del contesto, ma lascia filtrare poca luce e i rumori è vicedirettore della rivista
scientifica GUD e membro del
della strada. In questa opera si mettono a punto i caratteri della comitato scientifico-editoriale
ricerca, attribuendo all’architettura il ruolo di recipiente dove si verifica di Genova University Press.
la risonanza degli oggetti, in questo caso le poche pietre
ricomposte dagli archeologi e alcuni reperti fittili ,e al contempo, • Born in Genoa in 1964,
Scelsi is an architect and a
di “macchina espressiva”, dove agiscono i generatori di atmosfera, professor at the Department of
come la temperatura e il suono dello spazio architettonico. Architecture and Design at the
La tensione tra interno ed esterno, altro tra gli elementi produttori di University of Genoa. Between
2002 and 2011, he worked
quella magia del reale intono alla quale Zumthor si interroga8,
with Sp10, the design firm that
è presente nel padiglione di Coira, ma trova una vera missione nel he co-founded. He was one
progetto del Kolumba Museum di Colonia, completato nel 2007. of the founding members of
Si esprime nello straordinario dispositivo spaziale degli ambienti the Magazzino Sanguineti
group. In 2015 he curated the
coperti, ma anche nel lavoro di sutura e composizione dei resti della “Super Superstudio” exhibition
facciata dell’antica collegiata tardo gotica distrutta dalla guerra. at the PAC Padiglione d’Arte
Il rimando analogico al sistema costruttivo in laterizi delle fabbriche Contemporanea in Milan. He
di Roma imperiale apre alla memoria collettiva del classico is the director of the Testi di
Architecture series for the
e della sua relazione con la città, fino al ricordo dell’immagine publisher Sagep Editori, deputy
dello sperone di mattoni con il quale Raffaele Stern blocca a est director for the scientific
la rovina degli archi dell’anello esterno del Colosseo. magazine GUD and a member
Nello scenario urbano di Colonia, Zumthor si confronta, nella materia of the scientific-editorial
committee of the Genoa
del sacro, con la presenza dell’architettura moderna renana9, University Press.
mettendo in gioco il progetto dell’unità costruttiva minima, il mattone,
disegnata nelle misure inconsuete di un parallelepipedo
schiacciato (il mattone Kolumba è realizzato a mano dalla ditta
danese Petersen nel formato 4 x 21 x 54 cm) e intessuta con
i resti antichi in un’architettura dove la dimensione mitica della storia
viene fatta semplicemente parlare.
In questa chiave, il successivo memoriale di Steilneset, a Vardø, in
Norvegia rimanda alle grandi opere provvisionali dell’antichità.
Nello scenario selvaggio a nord del Circolo polare artico, l’edificio,
inaugurato nel 2011, si presenta come un'isolata costruzione
lunga 125 m. La stretta galleria è contenuta in un involucro tessile,
dall’aspetto animale di un gigantesco bozzolo, appeso mediante cavi
in acciaio all’interno di una struttura reticolare lignea coperta da una
tettoia di metallo ondulato. L’architettura al
limite del mondo abitato si fa strumento di relazione dell’uomo
con le leggi della natura e, allo stesso tempo, racconto universale
di principî umani appresi altrove, trasportati e tradotti, ma sempre in
possesso di un nucleo permanente, resistente, che poi è l’alimento del
tipico lavoro di produzione di futuro con la materia del passato.

1 Il testo venne prodotto in una
prima stesura nel novembre 1988,
in seguito a una conferenza presso
il Southern California Institute of
Architecture di Santa Monica e poi
pubblicato in Peter Zumthor,
A Way of Looking at Things (1988),
in Thinking Architecture, Lars Müller
Publishers, Zurich 1998; A Way of
Looking at Things, in A+U, febbraio
1998; tradotto da Francesco Dal
Co e Maddalena Disch, Pensare
Architettura, Mondadori Electa,
Milano 2003.
2 Peter Zumthor, Atmospheres:
Architectural Environments.
Surrounding Objects, Birkhäuser
Verlag, Basel 2006; tradotto da
Emilia Sala, Atmosfere: Ambienti
architettonici. Le cose che ci
circondano, Mondadori Electa,
Milano, 2007.
3 Mark Wigley, Die Architektur der
Atmosphäre / The Architecture of
Atmosphere, in Daidalos – Berlin
Architectural Journal, n. 68, 1998,
Konstruktion von Atmosphäre /
Constructing Atmospheres, p. 27.
4 Building atmosphere, OASE n. 91,
curatori Klaske Havik, Hans Teerds,
Gus Tielens, testi di Juhani Pallasmaa,
Peter Zumthor, dicembre 2013.
5 Vedi Elisabetta Canepa, Architecture
Is Atmosphere. Notes on Empaty,
Emotions, Body, Brain, and Space,
Mimesis International, 2022.
6 Thinking Architecture, p. 35.
7 Vedi Francesco Bacci, Mito e
Architettura, Pendragon, Bologna
2021, pp. 35-40.
8 Atmosfere: Ambienti architettonici.
Le cose che ci circondano, p. 45.
9 La piccola cappella della "Madonna
tra le rovine", contenuta nel progetto
di Zumthor, è la prima opera di
Gottfried Böhm (Offenbach am
Main, 1920 – Colonia, 2021) figlio di
Dominikus Böhm (Jettingen, Baviera,
1880 – Colonia, 1955) che, insieme a
Rudolf Schwarz (Strasburgo, 1897 –
Colonia, 1961), venne contattato dopo
la fine della guerra dal priore Joseph
Geller per progettare la
ricostruzione della chiesa distrutta
dai bombardamenti.
domus 1072 Ottobre October 2022 ESSAYS 9

• In 1983 Ettore Scola directed Le bal, a film based on a 1980s play by
Jean-Claude Penchenat, who also performed in the production. The
film has no dialogue and takes place entirely in a Parisian ballroom,
with a time frame stretching from World War II to the period of
recovery. At the end of the 1980s, Peter Zumthor pointed out how the
film focuses on the characters but, ultimately, it is the ballroom, with
its tiled floor and wood panelling, that creates the dense and powerful
atmosphere. “Or is it the other way round?” he immediately countered.
“Is it perhaps the people themselves who lend the ballroom its
particular atmosphere? I pose this question because I am convinced
that a good building must be capable of absorbing the traces of
human life and, consequently, of taking on a specific richness.”1
Twenty years after the release of Scola’s film, in late spring 2003,
Zumthor gave a lecture at the castle of Wendlinghausen in Germany.
This experience led to the publishing of a book2 in Basel in 2006,
which constitutes a reference point for the “atmospheric season”
of architecture that marked the passage from the 20th to the 21st
century. Zumthor was quick to express his interest in the theme, which
stems from a question that had occupied his thoughts for some
time: what, fundamentally, is architectural quality? Atmosphere is a
word that describes quality by inevitably addressing our emotional
perception. After all, atmospheric effects cannot be avoided. They
permeate architecture. Architecture is defined by its atmospheres,
but at the same time, atmosphere escapes all close examination
about itself. By definition, atmosphere lacks definition.3
A sensitivity to atmospheres – claims Zumthor – is, in a certain sense,
the typical task of an architect.4 Upon inspection, the typical
quality of the architect evoked by Zumthor suggests two aspects.
On one hand, the composition of a work can be seen as
simple inference, i.e. the act of passing from premise to consequence,
thus from the fundamental principles of construction to the final
architectural product, according to rules or axioms. On the other, it
can be understood as something that operates through a form
of resonance, a kind of progressive involvement, in accordance with
a “criteria of atmosphere”. In both cases, within the composition
and the composer, we seek traces of an idea of an innate universal
language that can address everyone, where the architect – the bearer
of constructive wisdom – is, at the same time, able to show us the
magic of reality through the grace of objects.
The work and ideas of Zumthor suggest a process where the latent
nature of atmospheric contact crystallises with the surfacing of
memories. This is why the atmosphere of a place can change
suddenly, according to the mnemic input inherent in the architectural
object or in one of its details. Memory triggers retrospective and
future projections that stir the architect’s sensibilities, destabilising
them to the point where they reach a new emotional balance that
differs from their initial condition.5 In this dynamic, “things” inevitably
serve as “reactants”. While Zumthor denies a theoretical approach,6
he claims to be aware that his work as an architect is, to a large
extent, a search for a primordial passion. As a youngster, that passion
drove him to build things according to ideas that had to be right, for
reasons that he was unable to express or perhaps even understand.
That aspect that exists beyond the concrete and measurable
characteristics of the material contributes, in his work, to generating
a “mythological system” that lends word to form.7 Zumthor searched
for the origins of this system in the most ancient area of Switzerland,
the Grisons, where, in 1985 in Welschdörfli, in the municipality of
Chur, he designed and built an abstract reconstruction of volumes
that form a shelter for the ruins of the foundations of three Roman
buildings. Inside, the few archaeological remains are surrounded by a
black background and immersed in a soft light that enters from above
through three skylights in metal, a material also used for the central
walkway and a number of structural components. The structure’s
envelope made of parallel wooden strips that lean outwards offer
no views of the surrounding context, allowing just a little light and
sound from the road to filter through. This project clearly set out the
characteristics of his work, attributing to architecture the role of a
receptacle in which objects resonate, the objects here being the few
stones recomposed by the archaeologists and a number of clay
items. At the same time, it acts as an “expressive machine”, in which
the generators of atmosphere, such as the temperature and sound of
the architectural space, carry out their function.
The tension between interior and exterior is another of the elements
that contribute to the creation of that magical aspect of reality
explored by Zumthor.8 This tension can be seen in the Chur pavilion,
but it serves a veritable mission in the design of the Kolumba
Museum in Cologne, which was completed in 2007. It is expressed
in the extraordinary space of the covered areas, but also in the
work of connecting and composing the remains of the facade of
a late-Gothic collegiate church that was destroyed in the war. The
analogical reference to the brickwork construction system used in
imperial Rome taps into the collective memory of the classical and
its relationship with the city, as well as the memory of the image of
the brick buttress that Raffaele Stern erected to prevent the collapse
of the east arches in the external ring of the Colosseum. In the urban
setting of Cologne, Zumthor’s project integrates the sacred material
while contending with the presence of modern Rhenish architecture.9
This was achieved by bringing into play the smallest building unit,
the brick, in the uncommon form of a flattened parallelepiped (the
Kolumba brick is handmade by the Danish company Petersen in a 4
by 21 by 54 centimetre format). The bricks are woven into the church’s
remains to create an architecture where the legendary dimension of
history is simply left to express itself.
The later Steilneset Memorial in Vardø, Norway, references the great
provisional works of ancient times. In a wild setting north of the
Arctic Circle, the building, inaugurated in 2011, is an isolated 125-metre-
long construction comprising a narrow gallery enclosed by
a fabric membrane. It has the animal aspect of a huge cocoon
suspended by steel cables, within a reticular wooden structure
topped by a corrugated metal roof. This building on the confines of the
inhabited world forms a bridge between humankind and the
laws of nature. At the same time, it serves as a universal expression
of human principles translated and transported from elsewhere,
while always maintaining a permanent and resistant core that acts
as a resource for that typical production of the future that draws on
material from the past.

1 The text was originally produced in
November 1988, following a lecture
at the Southern California Institute
of Architecture in Santa Monica.
Peter Zumthor, A Way of Looking at
Things (1988), in Thinking Architecture,
Lars Müller Publishers, Zurich 1998;
A Way of Looking at Things,
in A+U, February 1998;
2 Peter Zumthor, Atmospheres:
Architectural Environments.
Surrounding Objects, Birkhäuser
Verlag, Basel 2006;
3 Mark Wigley, Die Architektur der
Atmosphäre / The Architecture of
Atmosphere, in Daidalos – Berlin
Architectural Journal, n. 68, 1998,
Konstruktion von Atmosphäre /
Constructing Atmospheres, p. 27.
4 Building atmosphere, OASE n.
91 edited by Klaske Havik, Hans
Teerds, Gus Tielens, texts by
Juhani Pallasmaa, Peter Zumthor,
December 2013.
5 See Elisabetta Canepa,
Architecture Is Atmosphere. Notes
on Empathy, Emotions,
Body, Brain, and Space, Mimesis
International, 2022.
6 Thinking Architecture, p.35.
7 See Francesco Bacci, Mito e
Architettura, Pendragon, Bologna
2021, pp. 35-40.
8 Idem note 3 Geller to plan the reconstruction
9 The small chapel “Madonna in the of the church, which had been
Ruins”, which forms part of Zumthor’s destroyed during bombing raids.
design, is the first work by Gottfried
Böhm (Offenbach am Main, 1920 –
Cologne, 2021) the son of Dominikus
Böhm (Jettingen, Baviera, 1880
– Cologne, 1955) who, together with
Rudolf Schwarz (Strasbourg, 1897 –
Cologne, 1961), was contacted at the
end of the war by the Prior Joseph
10 SAGGI domus 1072 Ottobre October 2022

Photo © Federico Covre

1

“Un buon edificio deve essere in grado di assorbire le tracce della

vita umana e, quindi, di parlare di una ricchezza specifica”/
“A good building must be capable of absorbing the traces of human
life and, consequently, of taking on a specific richness”

Le persone
e le cose /
People and
things
Photo © Federico Covre

Photo © Pietro Savorelli

2 3
 domus 1072 Ottobre October 2022
4
1,2 Viste dell’esterno e dell’interno della struttura di protezione degli scavi
archeologici romani a Coira, Svizzera, 1986. 3 Il Kolumba Museum di Colonia
con il merletto di pietra che illumina gli spazi interni, 2007.
4 La cappella votiva di Saint Niklaus von Flüe a Mechernich, in Germania, 2007.
5 Lo Steilneset Memorial (con Louise Bourgeois) a Vardø, Norvegia, 2011
5
ESSAYS 11
Photo © Pietro Savorelli
1,2 Views of the exterior and interior of the structure sheltering the Roman
archaeological site in Chur, Switzerland, 1986. 3 The Kolumba Museum in Cologne
with the brick lacework that illuminates the interior spaces, 2007.
4 The votive chapel of St. Niklaus von Flüe in Mechernich, Germany, 2007.
5 The Steilneset Memorial (with Louise Bourgeois) in Vardø, Norway, 2011
Photo © Andrew Meredith
12 ARCHITETTURA
Photo © I.Mathie
Vedendo lo shi del pennello intrecciarsi prima in una direzione, poi
in un’altra, nel suo procedere sottile e sinuoso, si direbbe davvero
che sia un drago: impossibile metterci le mani! Jin Shengtan
C’è un particolare piacere nel vedere i capelli muoversi in
tutti i modi possibili, attorcigliarsi e annodarsi e tremolare
nell’aria come fiamme, come serpenti che si intrecciano tra loro,
avanzando qui e là. Leon Battista Alberti
Se quel che ci aspettiamo da Wang Shu e Lu Wenyu è un’architettura
vibrante, gli Archivi Nazionali di Hangzhou non soddisfano solo
queste attese, ma fanno di più: per complessità, ricchezza e
dimensioni ricordano i loro recenti musei di Fuyang e Ninghai, ma
nessuno di quei pur affascinanti progetti possiede la raffinatezza
e la qualità di questo complesso, né il suo dinamismo: credo che
possa essere considerato una delle migliori espressioni del lavoro
di Amateur Architecture Studio. Nel sito si alternano colline e
specchi d’acqua: due elementi che, articolati e accentuati dagli
edifici, sembrano ora, in retrospettiva, aver fornito al progetto la
sua struttura primaria. Nell’arte e nel pensiero cinese non vi è
probabilmente associazione più feconda dello shan shui: una forte
componente verticale contro un altrettanto robusto elemento
orizzontale, la prima a simboleggiare la virtù, il secondo il piacere.
La montagna e l’acqua non sono, però, esattamente opposti: sono
invece simili a gemelli eterozigoti dotati di attributi comuni, ma che
non rinunciano alle loro qualità individuali. La terra e la pietra hanno
una certa quantità di umidità, l’acqua una misura di tangibilità.
Osservate più da vicino o, meglio, nel corso del tempo, la montagna
e l’acqua condividono qualcosa di più profondo di ciò che le
distingue, ovvero un’insopprimibile capacità di cambiamento.
Negli scritti antichi, questo potenziale veniva descritto come una
forma di energia che dava origine al dinamismo, come esemplificato
dalle citazioni in apertura di questo testo. Quando le opere
architettoniche mostrano la loro capacità di mutare senza sosta,
possono essere definite “costruzioni naturali”, nelle parole
di Wang Shu. Colline e laghi cambiano volto con il passare dei giorni,
delle stagioni e delle fasi della vita. Sono quindi sia luoghi
sia potenze, più vivide quando elementi di natura opposta si trovano
faccia a faccia come forze uguali e contrarie.
Il movimento lungo le linee di confine tra le colline e gli specchi
d’acqua unisce i diversi edifici che compongono gli Archivi Nazionali.
Nei dipinti di paesaggi della dinastia Song, che gli architetti hanno
studiato attentamente, linee come queste sono spesso velate dalla
nebbia o da nuvole basse. Qui i sentieri sono racchiusi dentro
a una forma ibrida, per metà incava e per metà panoramica, con
una piattaforma, un tetto e un muro a ridosso della collina e una
cornice colonnata che si apre sui prati o sull’acqua. La vicinanza alla
parete rocciosa si percepisce talvolta grazie alle aperture nel muro
che la racchiude, mentre il colonnato segue il percorso dell’acqua.
Ombra e sole si incontrano lungo questa linea, richiamando
l’attenzione verso l’interno e sottolineando l’orientamento verso
l’esterno, l’una a sostegno e in contrapposizione all’altro.
Nei tradizionali dipinti di paesaggio cinesi, la nebbia spesso unisce
cielo e terra, mentre la roccia e la vegetazione sfidano la forza di
gravità. Lo sfasamento dei piani si riscontra anche nei percorsi
pedonali di questo progetto, situati a vari livelli, all’altezza del ponte o
del tetto, apparentemente intercambiabili a causa degli allineamenti
geometrici e dell’uso di un unico materiale per finalità diverse.
La complementarità tra gli opposti si nota anche quando si osserva
il complesso delle piante dei passaggi, con la sovrapposizione di
punti panoramici, di arrivo o di partenza. Più tempo si passa dentro
e intorno a questi edifici, più le concezioni comuni di natura
sembrano inadeguate. Questi volumi non si inseriscono tanto
nel contesto naturale, ma rivelano piuttosto le tensioni e le affinità
che conferiscono al paesaggio una ricchezza e un dinamismo
inaspettati: la pietra bagnata, la durezza dell’acqua, le viste diagonali
da percorsi rettilinei, e così via.
Alcune forme richiamano progetti precedenti, ma presentano
nuove interpretazioni creative. Nei vialetti che ricordano i percorsi
domus 1072 Ottobre October 2022
Amateur
Architecture Studio
Il pulsare della forma /
The pulse of form
David Leatherbarrow
dei giardini classici, per esempio, è stato utilizzato un doppio David Leatherbarrow
colonnato: una linea di colonne all’interno della balaustra, un’altra Nato nel 1953 negli Stati Uniti
e formatosi sia in Inghilterra
all’esterno. Perché questo raddoppio atipico? Credo per motivi di che negli USA, è professore
scala. All’interno, gli intervalli danno ritmo e misura al passaggio, emerito di Architettura alla
mentre le spaziature più generose della linea esterna sono in University of Pennsylvania
scala con la collina e l’intero corpo dell’edificio. Le finestre a parete e Foreign dean della
Southeast University.
allargano ulteriormente una prospettiva già ampia, mentre la Ha tenuto conferenze in tutto
pianta a zig-zag dei percorsi guida lo sguardo e il cammino verso il mondo ed è stato visiting
direzioni contrastanti. Infine, ci sono tracce dei lavori di costruzione professor in Gran Bretagna,
visibili sulle superfici, mentre tradizionalmente vernici e smalti le Danimarca e Cina.
Il più recente dei suoi 12 libri
nascondono. In questo progetto, i materiali sono parte attiva del è Building Time: architecture,
gioco di forze e controforze della configurazione topografica. event, and experience.
La cura dei dettagli si manifesta in modo semplice e sorprendente Nel 2020 gli è stato conferito
nelle modanature che coprono le fughe tra le piastrelle di ceramica: il Topaz Medallion, massimo
riconoscimento assegnato
inaspettatamente, si interrompono poco prima dei punti di da AIA e ASCA per
giuntura bidirezionali che normalmente coprirebbero. Un’analoga l’eccellenza nella formazione
esitazione si riscontra nel punto in cui le colonne strutturali nel campo dell'architettura.
incontrano le solette del pavimento o del soffitto. I giunti negativi
celano le connessioni nell’ombra. Ancora, i ponti abbreviano la loro • Born in 1953 in the United
States and educated in
estensione verso gli edifici che sono stati progettati per collegare. both England and the US,
Perché mai degli elementi dovrebbero desistere dall’unirsi a Leatherbarrow is Professor
Emeritus of Architecture,
destinazioni che potrebbero facilmente raggiungere? Una colonna
University of Pennsylvania,
che si allontana dalla soletta che apparentemente sostiene and Foreign Dean, Southeast
mostra il suo potenziale, quello che la rende ciò che è. Quando sono University. He has lectured
accorciati, gli elementi architettonici rivelano il loro potere di agire, throughout the world and
held guest professorships
che è analogo a quello degli organismi viventi. in Britain, Denmark and
Questi dettagli, tutti assieme, indicano come dare vita a un’opera di China. The most recent of
architettura. Superate le vecchie idee di un’architettura d’imitazione, Leatherbarrow’s 12 books is
di risoluzione dei problemi o di autoespressione, siamo di fronte Building Time: architecture,
event, and experience.
a un’opera vibrante e pulsante che non si conforma alla natura, ma In 2020 he was awarded the
partecipa alla sua continua trasformazione e al suo rinnovamento. Topaz Medallion, the highest
Per Leonardo da Vinci, “il movimento nasce dalla rottura award given by the AIA and
dell’equilibrio, perché nulla che non esca dal suo stato di equilibrio ASCA for excellence in
architectural education.
può muoversi da sé”. Il disequilibrio assiale rispecchia la disaffezione
o il desiderio. L’allontanamento o l’avvicinamento indicano la vita sia
negli animali sia nelle opere costruite. Muovendosi tra i vari edifici
di questo progetto, le alternanze di elementi, materiali e superfici si
presentano continuamente. Una linea di alti pannelli girevoli, rivestiti
di piastrelle verde brillante, si muove parallelamente a una parete
grigia e cupa. Le caratteristiche antitetiche appaiono anche nella
giustapposizione dei supporti di compressione e di trazione di una
passerella sospesa. In questi due casi e in molti altri, un senso di
vitalità deriva da elementi antitetici che agiscono in risposta uno
all’altro. La ripetizione toglierebbe vivacità alla disposizione spaziale.
Se accettiamo la tesi espressa dall’edificio − alternanza continua,
ovunque − giungiamo alla sorprendente conclusione che la buona
architettura non ha una forma totalizzante. Forme discrete sì, ma
nessuna forma dell’opera nel suo complesso. La composizione
ha qui due premesse fondamentali: l’abbondanza e l’alternanza,
per cui un numero apparentemente illimitato di elementi conferisce
incessantemente vitalità l’uno all’altro e all’intera opera.
Questo senso di un’opera priva di una forma dominante, ma pulsante
di vita, ha antecedenti sia nella tradizione cinese sia in quella
europea. Ancora Leonardo: “Osserva come [i contorni di un oggetto]
si attorcigliano come un serpente (...) qualunque cosa
tu faccia, ricordati di evitare la rigidità”. Allo stesso modo, Wang Fuzhi:
“La [migliore] poesia è come un drago vigoroso, sempre
ondeggiante, circondato da nuvole vorticose”. Per entrambi,
l’alternanza continua vivacizza le figure e l’ambiente circostante.
Liberatosi da un concetto o da un principio dominante, questo
edificio sostiene che la continuità può essere raggiunta attraverso
il gioco dei contrari, un corpo che si protende in un verso e gira la
testa in un altro, un ponte che si allunga in direzione di una soglia ma
termina prima di raggiungerla, pannelli che salgono verso il tetto
ma si fermano prima di toccarlo. Come corsi d’acqua che scendono
dal fianco di una montagna, gli elementi che non hanno uno scopo
finale né una forma definitiva hanno un desiderio fondamentale:
formare contrasti successivi animati e capaci di animare, come
l’ambiente naturale con cui l’opera architettonica si accompagna.
domus 1072 Ottobre October 2022
Gli Archivi Nazionali raggiungono un alto grado di dinamismo nella relazione
fra le parti e con due opposti complementari: la montagna e l’acqua /
The National Archives achieves a high degree of dynamism in the relations
between its parts and with two sibling contraries: mountain and water
• To see the shi of the brush weaving first in one direction, then in
another, you would truly think it a dragon, in its subtle and sinuous
progress: impossible to lay your hand on it! Jin Shengtan
It is especially pleasing to see hair moving in all possible ways,
twisting around as if to tie itself in a knot, and waving upwards in
the air like flames, almost in the way serpents weave themselves
together, part advancing here, part there. Leon Battista Alberti
A vibrant architecture is what we’ve come to expect from Wang
Shu and Lu Wenyu. The National Archives in Hangzhou fulfils
this expectation, and more. Its complexity, richness and size
recall their recent Fuyang and Ninghai museums, but neither of
those projects, fascinating though they are, has this building’s
sophistication and quality of resolution, nor its animation.
It can, I think, be taken as a high point of the work of Amateur
Architecture Studio.
The site is a propitious coupling of a mountain with bodies of water.
Having been articulated and intensified by the buildings, the two
now, retrospectively, appear to have provided the project with its
primary structure. There is hardly a more productive association
in Chinese art and thought, shan shui: a strong vertical against
an equally resilient horizontal, with virtue evident in the first, likely
pleasure in the second. But mountain and water are not exactly
opposites; instead, they are sibling contraries that possess shared
attributes without renouncing their individual qualities. Some
quantity of moisture exists in soil and stone, some measure of
tangibility in water.
Viewed more closely, or, better, over time, mountains and waters
share something that is more profound than what distinguishes
them: an irrepressible capacity for change. In ancient writings,
the potential for change was described as a kind of energy, giving
rise to dynamism. The epigraphs above exemplify this indwelling
propensity in both Chinese and European thought. When works
of architecture show their capacity for incessant mutability, they
can be called “natural construction”, as Wang Shu says. Hills and
lakes show different faces with the passing of days, seasons
and phases of life, birth to death. They are thus both places and
powers, most vividly vibrant when opposite elements stand face to
face as force and counterforce.
Movement along the lines where hills meet pools binds together
the several buildings that make up the National Archives. Lines
such as these are often blurred by rising mists or low clouds in
the Song dynasty landscape paintings these architects study so
closely. Here, paths are enclosed by a hybrid form, half-encaved
and half-panoramic, with a platform, roof and wall adhering to the
hill and a colonnaded frame opening onto lawns or water. Close
proximity to the rock face is sometimes revealed through cuts in its
enclosing wall, while the colonnade’s regular intervals measure the
water’s expanse. Shadows and sunshine come together along this
line, encouraging inward focus and outward orientation, against
and in support of one another.
In traditional Chinese landscape paintings, atmospheric vapour
often brings the sky down to earth, while rock and vegetation
defy gravity’s pull. Displacement of levels also occurs in this
project’s walkways, found variously at grade, bridge height or
roof level, apparently interchangeable because of geometrical
alignments and the use of a single material for different purposes.
Complementarity between opposites can also be seen when the
plans of passages are considered together, with vantage, arrival or
departure points superimposed.
The more one spends time in and around these buildings, the
more common conceptions of “nature” seem inadequate. These
buildings don’t so much fit into natural terrain as reveal the
tensions and affinities that give the landscape its unexpected
richness and dynamism: wet stone, hard water, diagonal views
from straight paths, and so on.
Some forms recall precedents, but it is the creative interpretations
that invite consideration. In the walks that recall the paths of
ARCHITECTURE 13
classical gardens, for example, a double colonnade has been used, Tutti i materiali di progetto/
one line of columns inside the guardrail, another outside it. Why the All project materials
© Amateur Architecture
atypical doubling? Scaling, I think. Inside, intervals give pace and Studio
measure to passage, while the lengthier intervals of the outer line
are scaled to the hillside and the whole body of the building. The
wall-side windows widen an already wide prospect, and the path’s
zigzag plan alternately guides one’s feet forward and eyes in every
other direction. Lastly, construction labour has left traces on the
surfaces we see. Traditionally, paint and polish concealed building
technique. But there is much more to the story of materials in this
project; specifically, how they participate in the interplay of force
and counterforce that I’ve thus far described in topographical
terms.
Consider a simple and surprising detail: the lapped mouldings
that cover the joints between ceramic tiles. Unexpectedly, they
stop short of the two-way connections they would ordinarily cover.
A comparable hesitancy can be seen where structural columns
meet floor or ceiling slabs. Negative joints hide the connections
in shadow. Similarly, bridges abbreviate their reach towards the
buildings they’ve been designed to connect. Why would elements
hold themselves back from destinations they could easily reach?
A column that keeps itself back from the slab it ostensibly
supports shows its potential accomplishment, the potential that
makes it what it is. When abbreviated, architectural elements
reveal their power to act, a power analogous to that of living
organisms. The question to which these details are the answer
is how to bring a work of architecture to life. We are well past
old ideas of imitation, problem-solving or self-expression in
architecture. This is a vibrant, pulsating architecture that doesn’t
conform to nature but takes part in its continual transformation
and renewal.
“Movement,” for Leonardo da Vinci, “is created by the destruction
of balance, for nothing can move by itself which does not leave its
state of balance.” Axial disequilibrium is motivated by disaffection
or desire. And turning away from or towards shows life in both
animals and built works. As one moves through this project’s
several buildings, alternations of elements, materials and surfaces
present themselves continually. A line of tall louvre-like panels clad
in bright green tiles parallels one’s path towards a sombre grey
wall. Antithetical characteristics also appear in the juxtaposition of
the compressive and tensile supports of a suspended walkway. In
these two cases and many others, a sense of vitality results from
antithetical elements acting in response to one another. Repetition
would render arrangements lifeless.
If we accept the thesis put forward by the building – alternation
everywhere and without end – we reach the startling conclusion
that good architecture has no overall form. Discrete forms yes, but
no form of the work as a whole. Composition here has two basic
premises: abundance and alternation, whereby an apparently
unlimited number of elements ceaselessly vitalise one another
and the entire work.
This sense of a work without sovereign form but pulsating with
life has antecedents in both Chinese and European traditions.
Again Leonardo: “Observe how [an object’s contours] twist like a
serpent... whatever you make, remember to avoid woodenness.”
Likewise, Wang Fuzhi: “The [excellent] poem is like a vigorous
dragon, always undulating, with whirling clouds surrounding it.” For
both thinkers, continuous alternation vitalises figures and their
surroundings.
Having freed itself from a dominant concept or royal principle,
this building argues that continuity can be achieved through the
interplay of contraries, a body reaching one way while turning its
head another, a bridge that reaches towards but stops short of the
threshold, panels that ascend but hold themselves back from the
roof, and so on. With cataracts down a mountain face in mind, let’s
conclude that elements with neither final purpose nor definitive
form have one basic desire: to form successive contrasts that are
not only animated and animating, like the natural world with which
the architectural work joins step.
14 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022
domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 15

Photos Laksana Studio

Pagina a fronte: schizzo concettuale di progetto realizzato da Wang Shu, con studio •Opposite page: conceptual sketch by Wang Shu, with a study of the relationship
della relazione fra la pendenza del sito e gli edifici. In questa pagina, dall’alto: vista between the buildings and the slope of the site. This page, from top: view of the
del complesso dall’alto, da est verso ovest; i tetti di bronzo nella luce del tramonto complex from above, from east to west; the bronze roofs in the light of sunset

Si tratta di un’architettura pulsante che non si conforma alla

natura, ma partecipa alla sua continua trasformazione /
This is a vibrant, pulsating architecture that doesn’t conform to
nature but takes part in its continual transformation
16 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022
Photo Chen Lichao
domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 17

1 Piazza/Square
2 Portale sud/South gate
3 Iscrizione sulla roccia/
Inscription on cliff
A 4 Passaggio della montagna/
Mountain corridor
5 South Pavilion
1 2 3 6 Waterside Pavilion
7 Bacino sud/South pond
8 Bridge Gallery
9 Long Bridge
23 10 Lunar Platform
8 21 22
4 11 Main Study
12 Ingresso del seminterrato/
Cave entrance
4 19
13 Accoglienza/Reception room
13 14 Bacino centrale/Middle pond
24
24 20 15 Mountain Reservoir
16 Mountain Hall
B B
5 17 Rocky Hill
6 7 9 10 11 14 16 17 18 25 26 24 18 Canale/Canal
19 Salone/Hall
24
20 Spazio espositivo principale/
27 Main exhibition hall
13 21 Salone d’ingresso/Entrance hall
22 Archivi/Archives
4 23 Ristorante/Restaurant
24 Volume sovrapposto/Stack
8 25 Piattaforma per concerti/
12 24 Concert platform
28 26 Water Pavilion
27 Bacino nord/North pond
28 Tower in Water
15
29 Lotto per la fase II/
Land for phase II

A
0 50M
29
PIANTA DEL PIANO TERRA / GROUND-FLOOR PLAN

Se accettiamo la tesi espressa dall’edificio – alternanza

continua, ovunque – giungiamo alla sorprendente conclusione
che la buona architettura non ha una forma complessiva /
If we accept the thesis put forward by the building – alternation
everywhere and without end – we reach the startling conclusion
that good architecture has no overall form

Pagina a fronte: vista complessiva della struttura da nord verso sud. Composta da • Opposite page: overall view of the structure from north to south. Consisting of a
una successione di volumi che alternano finiture e materiali diversi, la costruzione succession of volumes that alternate different finishes and materials, the building
interagisce con la topografia del sito e con l’acqua interacts with the landforms of the site and the water

SEZIONE AA / SECTION AA

0 50M
SEZIONE BB / SECTION BB
18 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022

In questa pagina: il bacino nord e il corridoio est. Sopra, la passerella attraversa il bacino nord, due edifici paralleli sono connessi da un volume sospeso.
lo specchio d’acqua mentre, sullo sfondo, si vede il Water Pavilion. Pagina a fronte: Pagine 22-23: dettaglio della facciata ventilata sud del Main Study, realizzata con
il passaggio della montagna. Pagine 20-21: presso il corridoio ovest, che cinge schermi di celadon, un tipo di ceramica tradizionale
Photos Ji Yun
 domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 19

•Opposite page: the north pond and the east corridor. Top, the walkway spanning the west, two parallel buildings are connected by a suspended volume.
the pool with the Water Pavilion in the background. This page: the walkway to the Pages 22-23: detail of the south ventilated facade of the Main Study, with screens
mountain. Pages 20-21: near the west corridor, which surrounds the north pond from made of celadon, a type of traditional ceramic
Photos Ji Yun
Photo Ji Yun
Photo Laksana Studio
Photo Laksana Studio
domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 25

Photo Laksana Studio

Pagina a fronte: vista della montagna dal Main Study, un edificio multifunzionale. •Opposite page: view of the mountain from the multifunctional Main Study.
In questa pagina: sopra, il bacino sud visto dal Main Study; sotto, vista del Viewing This page: above, the south pond seen from the Main Study; below, the Viewing
Pavilion dall’accesso ovest al Long Bridge. Pagine 26-27: interno del Main Study Pavilion from the west access to the Long Bridge. Pages 26-27: Main Study interior

Photo Ji Yun
Photo Ji Yun
Photo Wang Dachao
Photo Ji Yun
Photo Laksana Studio
domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 33

Photo Zeng Han

Pagine 28-29: lato nord del bacino centrale. Pagine 30-31: il portale sud dal • Pages 28-29: north side of the middle pond. Pages 30-31: the south gate seen from
Waterside Pavilion. Pagina a fronte: scorcio del corridoio della montagna. In questa the Waterside Pavilion. Opposite page: view of the mountain corridor. This page,
pagina, dall’alto: l’edificio integra la topografia; sedute attorno al bacino nord from top: the building encompasses the landforms; seating around the north pond

Photo Laksana Studio

Photo Ji Yun
Pagine 34-35: l’ingresso del Waterside Pavilion, guardando verso la vicina •Pages 34-35: entrance to the Waterside Pavilion, looking towards the nearby
montagna. In queste pagine: la vista serale dal portale sud comprende mountain. These pages: the evening view from the south gate includes the Waterside
il Waterside Pavilion, il South Pavilion e, sulla montagna, il Viewing Pavilion and South pavilions, and the Viewing Pavilion on the mountain
 Photo Wang Dachao

Archivi nazionali dell’editoria e della cultura / Architetti esecutivi/Executive architects Imprese edili/Contractors Costo/Cost
National Archives of Publications and Culture, Lu Wenyu, Chen Lichao Zhejiang Construction Engineering Group, € 15,142,630
Hangzhou, Cina / China Zhejiang Architectural Design and
Architetto locale/Local architect Fase di progetto/Design phase
Research Institute
Zhao Yuanpeng 2019-2021
Progetto/Project
Committente/Client
Amateur Architecture Studio Strutture/Structural engineering Fase di costruzione/Construction phase
National Archives of Publications and Culture
Shentu Tuanbing, Chen Yongbing 2020-2022
Responsabili di progetto/Project architects Hangzhou
Wang Shu, Lu Wenyu Ingegneria elettrica/Electrical engineering
Superficie del sito/Site area
Sun Minglian
Gruppo di progettazione/Design team 86,758 m2
Chen Lichao, Shentu Tuanbing, Zhao Yuanpeng, Ingegneria meccanica/Mechanical engineering
Superficie costruita totale/Built area
Song shuhua, Huang Di, Tang Heng, Han Xinyu, Chen Chunji
103,153 m2
Wei Chaochao
 Paradigma Ariadné
Rural Geometries
Sándorfalva, Hungary, 2021
Giulia Ricci
Photo Balázs Mohai
Photo Attila Róbert Csóka
 Cinque strutture legate da un
camminamento creano una
piattaforma di osservazione che
recupera aspetti formali e materiali
dagli edifici agricoli dell’est Europa /
Five structures linked by a path create
an observation platform that draws
on the forms and materials
of Eastern European farm buildings
0 5M PLANIMETRIA DEL SITO / SITE PLAN
40 ARCHITETTURA
Quando c’è libertà di dare forma a un percorso nel
paesaggio, l’immaginazione architettonica può
prendere il sopravvento. È questo il caso di Rural
Geometries, nella regione ungherese della Grande
Pianura Meridionale. L’intervento consiste in cinque
strutture legate da un percorso didattico lungo
500 m, un arco di un cerchio del raggio di 500 m, e
poggia su un suolo piano e acquitrinoso prestandosi
come piattaforma di osservazione dell’ambiente.
Da un punto di vista formale e materiale, sono gli edifici
agricoli dell’est Europa a fare da riferimento. I progettisti
hanno raccolto spunti sia dal territorio sia da una
bibliografia che comprende studi sull’architettura rurale
della regione, vernacolare e industriale, come quello
dell’architetto ungherese István Janáky. Il complesso
raccorda questi richiami in un’operazione di collage, ma
il risultato è spoglio del romanticismo che facilmente
connota questi interventi. Scartato l’uso di materiali e
sostanze chimiche per scongiurare qualsiasi impatto
sull’area protetta, la scelta è ricaduta sul legno e sul
metallo. Il primo è usato sia per la struttura, sia come
rivestimento: lasciato quasi sempre al grezzo, sulle
facciate esterne è carbonizzato per implementare la
resistenza alle intemperie. Curiosamente, per realizzare
questa lavorazione è stato coinvolto un macellaio
della zona, che ha utilizzato un lanciafiamme di solito
utilizzato per bruciare il pelo dei maiali. Di lamiera
grecata, invece, è fatto il tetto a doppia falda della
stalla, su cui fa capolino un volume curvo che facilita
la ventilazione e, all’interno, diventa una piattaforma
per osservare gli animali dalla quota della passerella.
La stalla apre il percorso che conduce a tre padiglioni
omologhi nell’impianto, ma dalle aperture differenziate
per animare la relazione visiva con il canneto: il primo
volume ha un’apertura circolare, il secondo tre archi a
tutto sesto e il terzo due archi a sesto acuto. “Inquadrare
la natura è un tema progettuale, è anche presente
nella pittura gotica e in quella rinascimentale”, racconta
Paradigma Ariadné. “Nei padiglioni abbiamo avuto la
possibilità di farlo tre volte. Rifiutiamo come studio di
porci dei limiti, quindi è stato naturale diversificare”. A
chiudere il percorso è la piccola torre dalla copertura
curva che permette di osservare il sito dall’alto. La
struttura ha un’ambizione ristorativa sull’ecosistema in
cui s’installa: si prevede che i bufali che ripopoleranno
l’area puliranno l’acqua dalla vegetazione in eccesso,
riaprendo alcuni specchi d’acqua. Questo permetterà a
un centinaio di specie autoctone di tornare a reinserirsi
nell’acquitrino.
domus 1072 Ottobre October 2022
• When there is freedom to shape a path in the
landscape, the architectural imagination can take the
reins. This is the case of the Rural Geometries complex
in the Hungarian region of the Southern Great Plain.
The project consists of five structures linked by a
500-metre-long educational path that follows the arc of
a circle with a radius of 500 metres. Resting on the flat
marshy ground, the installations will serve as a platform
for observing the environment.
In formal and material terms, the project takes Eastern
European farm buildings as its frame of reference.
The designers drew inspiration from the land and a
bibliography that included studies of the region’s rural
architecture, both vernacular and industrial, such as the
work of Hungarian architect István Janáky. The complex
combines these references in a collage, but the result is
stripped of the romanticism that is so often a feature of
such works.
The architects ruled out chemical materials and
substances to avoid impacting the protected area,
instead choosing wood and metal. Wood is used both
in the framework and as a facing material. It is left
almost wholly in the rough on the outer facades and
charred to make it weatherproof. Curiously, a butcher
from the area was brought in to do the charring work
with a blowtorch commonly used to singe pigs’ bristles.
The barn’s pitched roof is covered with corrugated
sheet metal, which is pierced by a curved volume that
facilitates ventilation and, on the inside, becomes a
platform for observing the animals from the level of
the walkway. The path starts from the buffalo barn and
Photo Szabolcs Molnár
leads to three pavilions, which have standardised plans
but are cut with differentiated openings to enliven the
visual relationship with the canebrakes. The first volume
has a circular opening, while the second has three
round arches and the third has two pointed arches.
“Framing nature is a design theme that’s also present
in Gothic and Renaissance painting,” say the studio
Paradigm Ariadné. “In the pavilions, we had the chance
to do it three times. As a practice, we refuse to set
ourselves limits, so it was natural to diversify.”
The trail ends at the small tower that has a curved roof
and offers views across the landscape from above.
The aim of the complex is to regenerate the ecosystem
Photo Attila Róbert Csóka
in which it is set. It is expected that the buffaloes will
repopulate the area and clear the water of the excess
vegetation. This should create some open stretches of
water and allow scores of native species to return and
settle in the wetlands.
Photo Szabolcs Molnár
 AA

B B

0 1M 0 5M
SEZIONI DEL BELVEDERE /
PIANTA DEL BELVEDERE / PLAN OF THE BELVEDERE SECTIONS OF THE BELVEDERE

1,0 1,0 3,0 3,0 6,0 6,0 10,0 10,0

1,0 3,0 6,0 10,0
Photos Attila Róbert Csóka

GSPublisherVersion 1393.0.3.36 1393.0.3.36

GSPublisherVersion

Pagine 38-39: vista aerea delle folie e della torre di osservazione dalla stalla per
i bufali. Pagina a fronte. In alto: due viste della torre. In basso: il paesaggio invernale
con due dei padiglioni e la torre. In questa pagina. In alto: folie con tre archi a tutto
sesto. In basso: due interni delle folie mostrano come le diverse tipologie di apertura
generino relazioni differenti con il paesaggio. Le strutture si sporgono verso
l’acquitrino dalla passerella principale e sono arredate con sedute circolari
• Pages 38-39: aerial view of the follies and the observation tower from the buffalo
barn. Opposite page. Top and centre: two views of the tower. Bottom: the winter
landscape with two of the pavilions and the tower. This page. Top: the folly with
three rounded arches. Above: two interiors of the follies showing how the varied
types of apertures create different relationships with the landscape.
The structures stretch towards the marsh from the main walkway and are
furnished with circular seats
42 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022
Photo Attila Róbert Csóka

B B

0 1M
PIANTA E SEZIONI DELLE FOLIE /
A PLAN AND SECTIONS OF THE FOLLIES

6,0 10,0
Photo Attila Róbert Csóka

Photo Szabolcs Molnár

In questa pagina, dall’alto: vista generale e due dettagli della folie più prossima
alla stalla, con una singola apertura per lato, fatta eccezione per quello d’accesso.
Pagina a fronte: l’apertura circolare inquadra il canneto e la struttura della stalla.
I diversi volumi sono realizzati in legno. Dove il materiale è strutturale, si articola in
giunti complessi e viene lasciato grezzo, mentre quando usato come rivestimento
viene bruciato esternamente per meglio resistere agli agenti atmosferici
• This page, from top: overall view and two details of the folly closest to the barn,
with a single aperture on each side, in addition to the entrance. Opposite page: the
circular opening frames the reed bed and the structure of the buffalo barn.
The various volumes are made of wood. Where the material is structural, it is
articulated as complex joints and left untreated. When used as facing, the wood
is charred externally to better withstand weathering
Photo Szabolcs Molnár
44 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022
Photo Szabolcs Molnár

Geometrie Rurali / Rural Geometries, Ingegneria meccanica/Mechanical engineering Superficie costruita totale/Built area Tutti i materiali di progetto/
Sándorfalva, Ungheria / Hungary János Hegedűs 800 m2 All project materials
Direzione lavori/Site supervision Costo/Cost © Paradigma Ariadné
Progetto/Project
Szabolcs Molnár € 162,500
Paradigma Ariadné
Impresa edile/Contractor Fase di progetto/Design phase
Responsabili di progetto/Project architects
Fa-ker Sped 2016-2020
Attila Róbert Csóka, Szabolcs Molnár,
Dávid Smiló Committente/Client Fase di costruzione/Construction phase
Città di/Municipality of Sándorfalva 2021
Collaboratrice/Collaborator
Lilla Árkovics Superficie del sito/Site area www.paradigmaariadne.com
221,000 m2
Photo Attila Róbert Csóka

Photo Szabolcs Molnár

In queste pagine: viste del volume della stalla, posta all’inizio del percorso didattico.
Realizzata anch’essa in legno, ma con copertura metallica, richiama alcune
tipologie rurali industriali. La passerella, sollevata rispetto al suolo acquitrinoso,
si estende nei volumi. Nella stalla prende la forma di un’esedra che permette
di osservare da un piano rialzato gli animali all’interno della struttura
• These pages: views of the barn building, situated at the start of the educational
trail. Also built of wood but with a metal roof, the barn recalls certain types of
rural industrial architecture. The walkway is raised above the marshy ground and
extends into the volumes. In the barn, it takes the form of an exedra that allows
visitors to observe the animals inside the structure from a mezzanine floor
Photo Szabolcs Molnár
 domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 45

AA
Photo Attila Róbert Csóka

1,0 3,0 6,0 10,0

B B

0 5M

PIANTA E SEZIONI DELLA STALLA /

PLAN AND SECTIONS OF THE BARN
A
46 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022
Photo Hiroyuki Hirai

Shigeru Ban Architects

Zen Wellness Seinei
Awaji, Japan, 2022

Photo Hiroyuki Hirai

 domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 47

Photo Hiroyuki Hirai

L’imponente edificio lineare culmina con una trave di legno

Vierendeel a sbalzo: le scelte strutturali messe in atto mirano
a massimizzare la continuità fra interno ed esterno /
The imposing linear building culminates in a cantilevered wooden
Vierendeel beam. The structural choices stress continuity
between interior and exterior
48 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022

Sono andato a visitare l’area a nord dell’isola di Awaji
perché Yasuyuki Nambu di Pasona Group mi aveva
chiesto di progettare il Meditation Dojo in the Air. Il sito
scelto era un terrapieno disboscato. Per quanto si
trattasse di un pendio incolto, ho trovato meraviglioso
quell’ambiente circondato da un fitto bosco e pervaso
dal canto degli uccelli. Mi ha ispirato a creare uno spazio
unico per la meditazione, dove poter posare lo sguardo
sugli alberi senza sentirsi imprigionati dall’architettura.
Al piano terra, una struttura lineare con telaio di legno
lunga 81 m, larga 7,2 e alta 3,5, abbiamo collocato
semplici alloggi privati e un’area per la ristorazione.
A causa della natura del terreno, la struttura poggia
su due pilastri di acciaio a griglia. La trave Vierendeel
di legno a un piano è lunga 21 m, con un’estremità
a sbalzo di 12 m per ridurre le sollecitazioni dovute
alla sua estensione. Per massimizzare l’apertura
spaziale della terrazza esterna al primo piano,
dedicata alla meditazione e alla pratica dello yoga,
l’intera copertura è sostenuta da colonne di acciaio
di 12 cm di diametro, montate a sbalzo sul pavimento
sottostante e distanziate di 3 m l’una dall’altra, evitando
così qualsiasi controventatura diagonale. Lungo
tutto il tetto, come sostegno abbiamo disposto travi
di legno lamellare da 10,5 x 30 cm con un passo di
50 cm perpendicolarmente rispetto ai longheroni.
Normalmente i travetti sono collocati trasversalmente
sopra travi di dimensioni maggiori, ma inserire elementi
di questo tipo nella struttura avrebbe interrotto la
continuità spaziale tra interno ed esterno. Pertanto,
come abbiamo già fatto in passato, abbiamo usato le
travi piccole come sostegni per formare una capriata
aperta, insieme a corde superiori e inferiori di acciaio
con sezioni a I minime, disposte sui lati, e barre piatte di
acciaio inserite diagonalmente. Le capriate hanno una
luce di 3 m ciascuna ed evitano di ricorrere a travi di
maggiori dimensioni, rendendo praticamente invisibile
la struttura. Ai lati, il pavimento digrada in modo che,
anche quando ci si siede a terra, i parapetti perimetrali
non ostacolino la vista sul paesaggio. Quando ci si
avvicina all’edificio dalla strada, l’imponente struttura
in legno di quasi 100 m contrasta con la foresta
circostante, ma l’altezza del soffitto diminuisce man
mano che si sale la scala d’accesso. Al livello del ponte
superiore, la presenza dell’edificio scompare, lasciando
i visitatori immersi nel verde e nel vento, nel canto degli
uccelli e delle rane di giorno e nel mormorio degli insetti
di notte, sopraffatti dai sensi. (dalla relazione di progetto)

A 4 A
1 2 3 5

Photo Hiroyuki Hirai

0 10M
PIANTA DEL PIANO TERRA / GROUND-FLOOR PLAN

Pagine 46-47. In alto a sinistra, lo sbalzo di 12 m, realizzato con una trave Vierendeel Le funzioni ricettive si trovano al piano terra, mentre al piano superiore, raggiungibile
di 21 m. In alto a destra e in basso: due viste complessive della struttura che si grazie a un’imponente scala, si estende una terrazza coperta lungo tutto l’edificio.
allunga nel paesaggio. Al centro: una scala si aggrappa alla struttura di legno. In queste pagine: viste dell’ultimo piano punteggiato da sostegni verticali
Photo Hiroyuki Hirai
domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 49

• I went to visit the area on the north of Awaji Island
because Yasuyuki Nambu of the Pasona Group had
asked me to design the Meditation Dojo in the Air. The
chosen site was a steep embankment where the forest
had been cleared. Although it was a rough slope, I found
it to be a wonderful densely wooded place immersed in
birdsong. This inspired me to create a unique space for
meditation where people would be able to look down
on the trees from above without any feeling of being
confined in the architecture.
The ground floor contains simple private lodgings and a
canteen, in a linear timber-framed structure measuring
81 metres long, 7.2 metres wide and 3.5 metres high. This
is supported minimally on two steel grid-framed pillars
due to the sloping topography. The one-floor-high timber
Vierendeel truss spans 21 metres, with the end of the
truss cantilevered 12 metres to reduce the stress of the
long span. To maximise the spatial openness of the first-
floor outdoor meditation and yoga deck, the entire roof
is supported by 12-centimetre-diameter steel columns
spaced 3 metres apart and cantilevered from the floor
below, thereby avoiding any diagonal bracing.
Glulam beams of 10.5 by 30 centimetres at a
50-centimetre pitch running at right angles to the
girders were arranged throughout the roof to act as
rafters. Normally, joists are set on top of larger beams
running orthogonally, but inserting a large beam here
would have disrupted the spatial continuity between
interior and exterior. Therefore, as we have done many
times before, we used the small beams as struts to
form an open truss, together with top and bottom
chords of minimal steel I-sections laid on their side, and
diagonally inserted flat steel bars. The trusses each
span three metres and avoid the need for large beams,
making it possible to visually erase the structure.
The surrounding decking was stepped down so that
even when sitting on the floor, the perimeter parapets
do not enter the line of sight towards the landscape.
When approaching the building from the road, the
impressive wooden frame of nearly 100 metres
contrasts with the surrounding forest, but the ceiling
height gradually decreases as you climb the large
stairs. On the deck level, the presence of the building
disappears to leave visitors alone with the greenery
and the wind, the singing of birds and frogs during the
day, and the sound of insects in the evening, allowing
you to be dominated by all your senses.
(from the architect’s project description)

Lo spazio per la meditazione è stato progettato per poter stare in

contatto con la natura senza sentirsi imprigionati dall’architettura /
The design of the meditation deck enables guests to feel close to
nature without feeling confined in the architecture
6

1 2 3 4 5

1 Ingresso/Entrance
2 Area ristorazione/
Restaurant area
3 Cucina/Kitchen
4 Stanze da letto/Guestrooms
7
5 Salone/Living room
6 Terrazza esterna/
Outdoor deck
7 Giardino acquatico/ 0 10M
Water garden SEZIONE AA / SECTION AA

• Pages 46-47. Top left, the 12 m overhang achieved with a 21 m Vierendeel beam. facilities are located on the ground floor, while the upper level, accessed via a
Top right and bottom: two overall views of the structure stretching into the striking staircase, has a covered terrace running the length of the building. These
landscape. Centre: a staircase clings to the wooden structure. The accommodation pages: views of the top floor lined with vertical supports
50 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022

Tutti i materiali di progetto/

All project materials
© Shigeru Ban Architects
Photo Hiroyuki Hirai

La struttura massimizza l’apertura spaziale della terrazza esterna

preferendo elementi perpendicolari alle controventature diagonali /
The structure optimises the spatial openness of the outdoor terrace
by favouring perpendicular elements over diagonal bracing
In questa pagina. Sopra: la scala di accesso alla terrazza, fiancheggiata da due file This page. Above left: the staircase leading to the terrace is flanked by two rows
di sostegni verticali. In alto a destra: un passaggio coperto al piano terra. Sotto: nel of vertical supports. Above: a covered walkway on the ground floor. Below: in the
salone al piano terra e a sbalzo sul paesaggio, i tiranti di acciaio sono stati sfruttati ground-floor lounge cantilevered above the landscape, steel tie rods have been
per realizzare l’arredo; a sinistra, la scala che porta sul tetto. Pagina a fronte, exploited to create some of the furnishings; on the left, the staircase leading to the
dall’alto: una stanza da letto e l’area dedicata alla ristorazione al piano terra roof. Opposite page, from top: a bedroom and the catering area on the ground floor
Photo Hiroyuki Hirai
 domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 51

Zen Wellness Seinei

Awaji, Giappone / Japan

Progetto/Project
Shigeru Ban Architects
Strutture/Structural engineering
Momi Architects, Holzstr
Ingegneria meccanica/Mechanical engineering
Chiku Engineering Consultants
Illuminotecnica/Lighting design
Lighting M
Impresa edile/Contractor
Maeda Corporation
Committente/Client
Pasona Group
Superficie del sito/Site area
2,983 m2
Superficie costruita totale/Built area
982 m2
Fase di progetto/Design phase
2018-2020
Fase di costruzione/Construction phase
2020-2022
www.shigerubanarchitects.com
Photo Hiroyuki Hirai
Photo Hiroyuki Hirai
52 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022

Realizzata con una tecnica diffusa

nella regione, la residenza circonda un
A
albero di Araucaria minimizzando
A
gli sprechi e sfruttando i materiali
B
di risulta della costruzione /
B

Built with a technique that is common

in the region, the house surrounds
an Araucaria tree, minimising waste
and reusing materials resulting from
the construction work
0 5M PLANIMETRIA / SITE PLAN

Luciano Lerner Basso

Fortunata House
Caxias do Sul, Brazil, 2020

Photos Manuel Sá
54 ARCHITETTURA
0 1M SEZIONE AA / SECTION AA
L’intervento sulla topografia è ridotto al minimo e la vegetazione
locale è stata quasi interamente preservata /
Intervention on the topography was minimised and the native
vegetation was almost entirely preserved
Situata in un quartiere tradizionale e aperto nell’estremo
sud del Brasile, Casa Fortunata è costruita intorno a un
enorme albero di Araucaria angustifolia. Si raggiunge
l’ingresso percorrendo un serpeggiante vialetto di
terra e ghiaia che attraversa il cortile. Al posto di pareti
divisorie ci sono finestre a tutt’altezza, con telai a taglio
termico e doppi vetri. Sollevando il volume principale su
piloni che toccano delicatamente il suolo e si adattano
alla conformazione del terreno, l’intervento sulla
topografia è stato ridotto al minimo e la vegetazione
locale, irrigata usando l’acqua piovana raccolta, è stata
quasi interamente preservata. Tutto il materiale di risulta
dallo scavo delle fondamenta è stato riutilizzato: la terra
per realizzare un terrapieno per l’area veicoli, le pietre
sono state incorporate nei muri di contenimento e negli
elementi del paesaggio.
Il programma della casa, pensata per una giovane
coppia, è semplice: al livello inferiore ci sono un
posto auto coperto, l’ingresso e la lavanderia;
al piano superiore, l’unione di quattro rettangoli
produce una pianta aperta con elementi minimi che
separano gli ambienti. La circolazione genera un
movimento continuo che permea ambienti flessibili e
multifunzionali, ventilati e inondati di luce.
A completare il programma, tre verande costruite
con legno proveniente da boschi a riforestazione già
utilizzato per le casseforme di cemento collegano la
casa al patio posteriore ed estendono il soggiorno
verso il paesaggio. Grazie all’assenza di tende o barriere
visive tra l’interno e l’esterno, gli abitanti sono
in contatto con la natura. Il calcestruzzo a vista gettato
in opera, trattato con prodotti senza solventi,
è utilizzato in tutta la costruzione. Si tratta di un
sistema costruttivo comune nella regione, per cui la
manodopera specializzata non manca e i costi sono
inferiori rispetto a quelli che si sosterrebbero adottando
altre tecniche e materiali con caratteristiche simili
in termini di estetica, resistenza agli agenti atmosferici
e manutenzione ridotta. (dalla relazione di progetto)
domus 1072 Ottobre October 2022
SEZIONE BB / SECTION BB
• Located in a traditional, open neighbourhood in the
extreme south of Brazil, Fortunata House was built
around a huge Araucaria angustifolia tree. A winding
path of soil and gravel leads to the entrance, cutting
through the courtyard and extending to the door.
Instead of enclosing walls, there are floor-to-ceiling
double-glazed windows with thermal-break frames.
By raising the main volume on pilotis, which delicately
touch the ground and adapt to the natural conformation
of the terrain, intervention on the topography was
minimised and the native vegetation, irrigated with
rainwater harvesting, was almost entirely preserved.
All the material resulting from the excavation of the
foundations was reused, with the earth forming an
embankment for the vehicle area, and the stones being
incorporated into the retaining walls and landscape
elements. Designed for a young couple, the house’s
programmatic division is simple. On the lower level
there is a carport, an entry vestibule and laundry
room. Upstairs, the geometric union of four rectangles
produces a structurally open plan with minimal
elements separating the functions of living, working and
sleeping. Circulation is a continuous movement that
permeates flexible and multifunctional environments,
which are cross-ventilated and flooded with natural
light. To complete the programme, three verandas built
using reforested wood from the concrete formwork
connect the house to the back patio and expand the
living room towards the landscape. With no curtains
or visual barriers between inside and outside, the
inhabitants are permanently in contact with nature.
Exposed cast-in-place concrete, treated with solvent-
free products, is used ubiquitously: in the structure, the
closings, the stairs and even in the fixed furnishings.
This is a common construction system in the region, so
Photo Andre Mortatti
there is plenty of skilled labour and costs are lower than
other techniques and materials with similar virtues in
terms of aesthetics, weather resistance and reduced
maintenance. (from the architect’s project description)
domus 1072 Ottobre October 2022
Photo Manuel Sá
Pagina 52: la facciata principale della residenza, rivolta verso ovest. Pagina 53:
la vista zenitale permette di riconoscere la chioma dell’Araucaria emergere
dal patio, l’unico dei quattro moduli strutturali lasciato aperto. Pagina a fronte:
una serie di partizioni con aperture schermano il patio. In questa pagina: Casa
Fortunata, immersa nella foresta, nel confronto con la pendenza del sito
Photo Manuel Sá
ARCHITECTURE 55
Photo Andre Mortatti
• Page 52: main facade of the house, facing west. Page 53: the overhead view shows
the foliage of the Araucaria tree emerging from the patio, which is of the four
structural modules left open. Opposite page: the patio is screened by a series
of partitions with openings. This page: Fortunata House, immersed in the forest,
in relation to the slope of the site
56 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022

Tutti i materiali di progetto/

All project materials
© Luciano Lerner Basso
Photos Manuel Sá

Il sistema costruttivo permette di contenere i costi senza inficiare

estetica e resistenza agli agenti atmosferici /
The construction system keeps costs low without affecting the
aesthetics or reducing resistance to weathering
 domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 57

Casa Fortunata / Fortunata House

Caxias do Sul, Brasile / Brazil

Progetto/Project
Luciano Lerner Basso
Strutture/Structural engineering
André Granzotto
Impianti, ingegneria meccanica ed elettrica/
Plumbing, mechanical and electrical engineering
Roberto Basso
Superficie del sito/Site area
1,000 m2
Superficie costruita totale/Built area
240 m2
Costo/Cost
€ 90,000
Fase di progetto/Design phase
2018-2019
Fase di costruzione/Construction phase
2019-2020
www.lucianobasso.com.br
Photos Andre Mortatti

Pagina a fronte, dall’alto: gli spazi di circolazione e vista complessiva del patio. In questa pagina: viste della zona notte e della
zona giorno. La casa è realizzata interamente in calcestruzzo a vista gettato in opera, con casseri di legno da riforestazione.
Questa tipologia di legno è ricavata da un processo sostenibile che prevede che quando un albero raggiunge la maturità venga
abbattuto e sostituito da una pianta più giovane. Ciò permette di tutelare lo sviluppo naturale delle foreste mantenendole sane

•Opposite page, from top: the circulation spaces and an overall view of the patio. This page: views of the sleeping quarters
and the living area. The house is built entirely of exposed concrete cast on site, with formwork made from reforested timber.
This type of wood comes from a sustainable process that ensures trees are only felled when they reach maturity and
Photo Manuel Sá

are replaced by younger plants, thereby helping to protect the natural development of forests while keeping them healthy
58 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022

Le radici della palma juçara sono il punto di partenza del progetto.

La residenza minimizza così l’impronta al suolo, mentre la sua sagoma
slanciata occupa lo spazio libero appena al di sotto delle chiome degli alberi /
The roots of the juçara palm provided the inspiration for the design.
With this approach, the residence minimises its footprint, while its soaring
profile occupies the free space just below the crowns of the trees

Atelier Marko Brajovic

Casa Macaco,
Paraty, Brazil, 2020
Photo José de Holanda

Photos Rafael Medeiros

60 ARCHITETTURA
Casa Macaco sorge ai piedi della Serra di Paraty,
un’area che ospita una famiglia di scimmie cappuccine.
La sua struttura lavora in modo sinergico con
componenti di legno a incastro (tutti con lo stesso
profilo), ricoperti da un sottile strato di Galvalume e
isolati termicamente. La casa è stata assemblata tra
gli alberi di una foresta secondaria, occupando un’area
di soli 5 m per 6 per non interferire con la vegetazione
locale. Per progettare la struttura della residenza
abbiamo esaminato quali piante fossero più compatibili
con la topografia e quali strategie fossero appropriate
a fornire stabilità. La juçara o içara (Euterpe edulis) è
una palma endemica della foresta Atlantica con radici
che le permettono di adattarsi a terreni in pendenza,
sostenendo il suo fusto alto e sottile. Per Casa Macaco
abbiamo attuato la stessa strategia, utilizzando una
serie fitta di sostegni esili ispirati alle radici della juçara,
garantendo così la stabilità della costruzione verticale.
L’abitazione ha due camere da letto che possono
essere trasformate in soggiorno grazie alla cucina e al
bagno organizzati per permettere flussi indipendenti.
Due terrazze laterali favoriscono la ventilazione
trasversale, mentre una terza più ampia all’ultimo piano
crea un ambiente multifunzionale per attività fisiche, per
lo studio e la meditazione. La superficie interna è di 54
m2, a cui si aggiungono altri 32 m2 di spazi coperti che
creano una forte connessione con il contesto.
Gli interni sono caratterizzati da finiture di bambù fatte
a mano, tende realizzate con reti da pesca delle
comunità locali e arredi che combinano oggetti di
design giapponese con l’artigianato indigeno Guaranì.
Il progetto paesaggistico consiste semplicemente
nel rimboschimento della foresta circostante.
Grazie alle terrazze laterali e al balcone dell’ultimo piano,
la casa si apre in tutte le direzioni, assicurando
una ventilazione naturale e spazi esterni coperti.
Casa Macaco è un osservatorio, un luogo d’incontro
con la natura, con sé stessi e con le altre specie.
(dalla relazione di progetto)
Ispirata alla verticalità della foresta e connessa a chi la abita, la casa
s’inserisce armoniosamente tra le chiome degli alberi /
Inspired by the verticality of the forest and related to its inhabitants,
the house is set harmoniously amid the foliage of the trees
0 1M PIANTA DEL PIANO DI ACCESSO / PLAN OF THE ACCESS FLOOR
Pagina 58: la residenza, vista dall’alto e immersa nella foresta Atlantica, è parte
del villaggio ecologico Aldeia Rizoma. Pagina 59: il fronte nord. In questa pagina:
la scala d’ingresso si inserisce nell’involucro di lamiera. Pagina a fronte, dall’alto:
l’area di accesso con la cucina; la camera da letto al piano intermedio, affiancata da
una delle due terrazze speculari che corrono sui lati protetti dalla copertura
domus 1072 Ottobre October 2022
• The Monkey House is set at the foot of the mountain Tutti i materiali di progetto/
range in Paraty, where a family of capuchin monkeys All project materials
© Atelier Marko Brajovic
live. Its structure works synergistically with interlocking
wooden components (all of the same profile), covered
by a Galvalume skin and thermoacoustic insulation.
The house was assembled among the trees of a
secondary forest, occupying an area of just five by six
metres to avoid interfering with the native vegetation.
To design the support structure, we examined which
plants were best adapted to the topography and
which strategies were suited to provide stability in
vertical growth. The juçara or içara (Euterpe edulis) is
an endemic palm of the Atlantic Forest with anchor
roots that allow it to adapt to sloping terrain and
ensure stability for its tall, thin stem. We implemented
the same strategy for the house, creating a series of
dense, thin pillars inspired by the roots of the juçara,
thus guaranteeing stability for our vertical construction.
The Monkey House has two bedrooms that can be
transformed into living rooms thanks to the kitchen
and bathroom being organised to allow independent
flows. Two side terraces favour cross-ventilation and
a generous top-floor terrace creates a multifunctional
environment for physical activities, study and
meditation. The compact house has 54 square metres
of internal area and another 32 square metres of
covered spaces, establishing a strong connection with
the natural context. The interiors feature handmade
bamboo finishes, curtains made with fishing nets
from local communities, and furnishings combining
Japanese design objects with indigenous Guaranì
handicrafts. The landscaping simply consists in the
reforestation of the surrounding forest.
The Monkey House opens in all directions thanks to
the internal side terraces and the top-floor balcony,
Photos Rafael Medeiros
providing ventilation and covered outdoor spaces.
It is an observatory, a place of encounter between
nature, yourself and other species.
(from the architect’s project description)
0 1M PROSPETTO DEL SUD / SOUTH ELEVATION
•Page 58: the house, seen from above and immersed in the Atlantic Forest, is part
of the Aldeia Rizoma ecological village. Page 59: the north facade. This page: the
entrance staircase is encased in sheet metal. Opposite page, from top: the access
area with the kitchen; the middle-floor bedroom, which is flanked by one of the two
specular terraces that run along the sides sheltered by the roof
 domus 1072 Ottobre October 2022 ARCHITECTURE 61

Photos Gustavo Uemura

62 ARCHITETTURA domus 1072 Ottobre October 2022

Photo Gustavo Uemura

Casa Macaco, Paraty, Brasile / Brazil Committente/Client
Aldeia Global
Progetto/Project
Superficie costruita totale/Built area
Atelier Marko Brajovic
86 m2
Responsabile di progetto/Project architect
Fase di progetto e costruzione/
Marko Brajovic
Design and construction phase
Gruppo di progettazione/Design team 2020
Bruno Bezerra, Vitoria Mendes, Maira Shinzato
www.markobrajovic.com
Impresa edile/Contractor
Hybrida Production
Fornitori/Manufacturers
Docol, Mekal
Photo Rafael Medeiros

Sopra: il fronte sud, sollevato da terra così da recuperare la notevole differenza
di quota nel lotto. Gli ambienti che qui si affacciano, il salotto e la camera da letto,
hanno visuali proiettate verso la foresta. In alto a destra: la zona giorno. Sotto: il
piano intermedio con, al centro, lo spazio di circolazione, a destra la camera da letto
e a sinistra il bagno. Pagina a fronte: la grande terrazza coperta all’ultimo piano
Photo Gustavo Uemura
•Above left: the south facade, raised from the ground to compensate for the
considerable height difference on the plot. The rooms on this side, the living room
and bedroom, have views overlooking the forest. Above: the living area. Below: the
middle floor with the circulation space at the centre, the bedroom on the right and
the bathroom on the left. Opposite page: the large covered terrace on the top floor
Photo Rafael Medeiros
Melbourne Photo Mornington Island Art, Queensland. © The Estate of Sally Gabori. Collection privée
domus 1072 Ottobre October 2022
I colori accesi di paesaggi immaginari fanno
rivivere il ricordo della terra d’origine dell’artista aborigena.
Testimoni silenti delle violenze del colonialismo /
Vibrant colours of imaginary landscapes bring the
Aboriginal artist’s memories of her homeland back to life.
Silent witnesses to the violence of colonialism
Sally Gabori
La rivincita della memoria
The redress of memory
Angela Maderna
La memoria visiva di luoghi negati, ma ardentemente desiderati,
è ciò che ha fatto sì che Mirdidingkingathi Juwarnda Sally
Gabori cominciasse a dipingere a 81 anni, diventando in poco
tempo un’artista affermata (il suo lavoro è protagonista di una
retrospettiva alla Fondation Cartier di Parigi, fino al 6 novembre).
L’artista è nata nel 1924 a Bentinck Island nel Golfo di Carpentaria,
sulla costa nord dell’Australia, un luogo da secoli dimora della
popolazione Kaiadilt di cui Sally Gabori (spentasi nel 2015)
faceva parte. La storia di questo popolo e quella dell’artista sono
fortemente intrecciate, al punto che è pressoché impossibile
comprendere la sua ricerca visiva senza conoscere le traversie
subite dalla sua comunità a causa del colonialismo occidentale.
Questa popolazione era rimasta quasi del tutto estranea ai
contatti con l’Occidente per centinaia di anni (salvo sporadici
eventi isolati), mantenendo intatte la propria lingua e le proprie
tradizioni, finché negli anni Quaranta una missione presbiteriana si
stabilì a Mornington Island (a nord ovest di Bentinck, sempre parte
dell’arcipelago delle Welleslay Islands). I missionari cominciarono
a fare pressioni sulle popolazioni locali finché nel 1948, a seguito
di una grave calamità naturale, gli ultimi Kaiadilt vennero trasferiti
presso di loro. Rimasero una sessantina di persone che si
spostarono dal proprio territorio nella convinzione che si trattasse
di una sistemazione temporanea. Sull’isola di Mornington,
i Kaiadilt vennero separati dai propri figli, ai piccoli fu proibito di
parlare la propria lingua madre e fu insegnato l’inglese, tagliando
così il legame con le origini. L’allontanamento dall’isola durò
circa 40 anni. I Kaiadilt dovettero attendere fino agli anni Novanta
per poter fare ritorno (in modo intermittente) sulla propria isola.
Tra questi migranti, c’erano anche la giovane Sally e il marito
Pat Gabori. Insieme agli altri, ritornarono negli anni Duemila a
vivere stabilmente sull’isola di Mornington, spinti dalla mancanza
di cure mediche e sostegni economici a Bentinck. Fu nel 2005,
quando ormai viveva in una casa di riposo, che Sally Gabori, fino a
quel momento completamente estranea all’arte, cominciò
a dipingere, avviando una prolifica e inaspettata produzione di
opere dal cromatismo sorprendente.
Pagina a fronte: Sally Gabori con una delle sue tele, Dibirdibi Country,
2009. L’artista kaiadilt si ispirava ai colori e alla luce del golfo
di Carpentaria, a nord dell’Australia, luogo di origine del suo popolo.
Dopo gli inizi con tele di piccolo formato, Gabori ha cambiato scala
per arrivare a dipingere tele lunghe fino 6 m
DESIGN 65
Una vicenda incredibile, ancora di più se si pensa che la comunità Angela Maderna
Kaiadilt non aveva una vera e propria tradizione artistica di Nata a Lecco nel 1984,
critica e storica dell’arte,
riferimento. La produzione di Sally Gabori nasce quindi da una è autrice del libro L’altra metà
grande e incondizionata libertà e inventiva. Passati gli 80 anni, dell’avanguardia quarant’anni
dopo una vita spesa tra la pesca e la famiglia, l’artista comincio dopo (2020). Collabora
a trasferire sulla tela la memoria dei luoghi dell’isola di Bentinck con i quotidiani Domani
e La Provincia di Como.
in cui era nata e cresciuta, disegnando le forme dei paesaggi Ha coordinato il Corso
della sua terra in modo più topografico che realistico, tornando là Superiore di Arti Visive
attraverso il ricordo di quelle terre perdute su cui le vibrazioni della (CSAV), Fondazione
luce accendevano i colori. Per quanto all’osservatore occidentale, Antonio Ratti.
educato alla storia dell’arte e al linguaggio visivo contemporanei,
• Born in Lecco in 1984,
questi dipinti possano rimandare al paradigma dell’astrazione, non Maderna is an art critic
c’è in queste opere una volontà di allontanarsi dalla visione della and historian, and author
realtà, quanto piuttosto un modo diverso di osservare e concepire of the book L’altra metà
dell’avanguardia quarant’anni
il mondo, qualcosa che è strettamente legato alla vita, alla cultura dopo (2020). A contributor to
e alla lingua Kaiadilt. Scrive Bruce Johnson McLean nel catalogo the newspapers Domani and
della mostra che il punto, davanti alle opere di Gabori, non è tanto La Provincia di Como, she has
capire cosa vi sia rappresentato (spesso i titoli ce lo dicono), ma coordinated the Advanced
Course in Visual Arts (CSAV),
come leggerlo: “Ciò che conosciamo riguardo all’arte è stato Fondazione Antonio Ratti.
scritto nel linguaggio della teoria artistica europea, rendendo
pressoché impossibile la traduzione nel lessico di altri. Sally Gabori
era una delle poche persone che parlavano la lingua Kayardilt, di
conseguenza sono anche pochissime quelle che sono state in
grado di penetrare davvero il suo pensiero artistico”.
La cosmogonia tradizionale di questa popolazione assegna,
inoltre, a ogni luogo e a ogni conformazione geologica una sua
origine mitologica. I territori di appartenenza sono così importanti
che il nome di ogni persona contiene in sé anche il riferimento al
posto in cui è nata: anche in Mirdidingkingathi Juwarnda
Sally Gabori, la prima parte del nome fa riferimento al fatto che
l’artista nacque a Mirdidingki, una piccola insenatura
a sud dell’isola. L’importanza del ricordo di queste terre è evidente
anche nella collaborazione che l’artista ha instaurato con
altre donne della comunità che, in una fase più tarda, hanno
dipinto insieme a lei enormi tele, creando una sorta di
testimonianza visiva di una memoria collettiva da preservare.
• Opposite page: Sally Gabori with one of her canvases, Dibirdibi
Country, 2009. The Kaiadilt artist was inspired by the colours and
light of the Gulf of Carpentaria in northern Australia, her people’s
native land. After starting with smaller canvases, Gabori increased
the scale of her work by painting canvases as long as 6 m
66 ARTE
• When she was 81 years old, Mirdidingkingathi Juwarnda Sally
Gabori was prompted to start painting thanks to the visual
memory of places that were denied her, but which she ardently
desired. She rapidly became an established artist until her
death in 2015. (Her work is the subject of a retrospective at the
Fondation Cartier in Paris until 6 November.)
The artist was born in 1924 on Bentinck Island, in the Gulf of
Carpentaria on the north coast of Australia. For centuries it
had been home to the Kaiadilt people into which Sally Gabori
was born. The history of this people and that of the artist are
closely entwined, to the point where it is almost impossible to
understand her visual research without being aware of the
hardships suffered by her community at the hands of Western
colonialism. Except for some sporadic events, this population
had remained almost untouched by contact with the West for
hundreds of years, keeping its language and traditions intact.
Then, in the 1940s, a Presbyterian mission settled on Mornington
Island (to the north-west of Bentinck and also part of the Wellesley
Islands archipelago). The missionaries began to put pressure
on the local populations until in 1948, following a serious natural
disaster, the last Kaiadilt were relocated to the missionaries’
settlement on Mornington Island. The last 60 people moved from
their home in the belief that it would only be a temporary stay. On
Mornington, the Kaiadilt were separated from their children, who
were forbidden to speak their mother tongue and taught English,
thereby severing their ties with their origins. Their absence from
Bentinck Island lasted some 40 years, with the Kaiadilt having
to wait until the 1990s before they could return there, albeit
intermittently. The migrants included the young Sally Gabori and
her husband Pat Gabori. But in the 21st century, together with the
others, they returned to settle permanently on Mornington due
to the lack of medical care and financial support on Bentinck.
It was in 2005, when she was now living in a retirement home,
that Sally Gabori, until then completely devoid of training in art,
Photo Luc Boegly
domus 1072 Ottobre October 2022
started to paint, inaugurating a prolific and surprising production
of works with an emphasis on colour. This is all the more incredible
because the Kaiadilt had no artistic tradition to draw on, allowing
her work to develop with great and unconditional freedom and
inventiveness. After turning 80, after a life spent between fishing
and her family, Sally Gabori began to transfer to the canvas her
memories of the places on Bentinck where she was born and
raised, drawing its landforms in a way that was more topographical
than realistic, returning her memory to those lost lands whose
vibrant light inspired colour. To the Western observer, educated in
art history and contemporary visual idioms, these paintings may
seem related to a paradigm of abstract art. And yet they do not
renounce a vision of reality. Rather, they express a different way of
observing and conceiving the world, one closely bound up with the
life, culture and language of the Kaiadilt. In the exhibition catalogue,
Bruce Johnson McLean writes that when viewing Gabori’s works,
the point is not to understand what is represented in them (the
titles often do that), but how to interpret them: “So much of what we
know about art has been written in the language of European art
theory, making full translations from the lexicon of others almost
impossible. Sally Gabori was one of just a handful of speakers
of the Kayardilt language, so very few people were able to fully
penetrate her art-making thought processes.”
The traditional cosmogony of her people assigns a mythological
origin to each place and each landform. The places they belong to
are so important that the name of each person also contains an
allusion to the place where they were born. With Mirdidingkingathi
Juwarnda Sally Gabori, the first part of her name refers to the
fact that the artist was born at Mirdidingki, a small creek on the
south side of the island. The importance of remembering these
lands is also evident in the collaboration that Gabori established
with other women in the community, who at a later stage painted
huge canvases with her, in a sort of visual testimony to a collective
memory to be preserved.
domus 1072 Ottobre October 2022 ART 67

Photo © Inge Cooper

In queste pagine: Sally Gabori al lavoro (anche alle pagine 68-71) •These pages: Sally Gabori at work (also on pages 68-71) and a hall
e una sala della Fondation Cartier con il lavoro dell’artista (la mostra of the Fondation Cartier with the artist’s canvases (the monographic
monografica è aperta fino al 6.11.2022). Gabori ha dipinto solo exhibition is open until 6.11.2022). Gabori only painted during the last
gli ultimi nove anni della sua vita realizzando circa 2.000 opere nine years of her life, producing about 2,000 works
Photo Inge Cooper © The Estate of Sally Gabori
Photo Inge Cooper © The Estate of Sally Gabori
72 DESIGN domus 1072 Ottobre October 2022

Memoria e tradizione sono elementi ricorrenti nel lavoro del designer siciliano,
che parte dall’archetipo rurale per creare oggetti ibridi e contemporanei /
Memory and tradition are interwoven in the Sicilian designer’s work,
taking the rural archetype to create hybrid and contemporary objects

Giuseppe Arezzi
Fiscella
It’s Great Design, 2022
Elena Sommariva
Photo Studio Giunta

Rileggere in modo contemporaneo un
oggetto radicato nei gesti e nella cultura
di un luogo, migliorandolo e senza per
questo stravolgerlo, è il punto di partenza
di molti progetti di Giuseppe Arezzi.
“Archetipi, tradizioni, tecniche artigianali,
oggetti che non fanno più parte della
contemporaneità sono un dèjà vu che
riattiva le memorie passate della terra
dove vivo”, spiega. “Ragusa è la provincia
più a sud d’Italia e, seppure a pochi
chilometri dal mare, la cultura rurale è
parte di qualsiasi cosa: dal paesaggio
agli oggetti, dalle architetture al cibo.
La spontaneità, la verità e la semplicità
insieme al know how artigianale del
ragusano, mi stanno aiutando a costruire
una simbologia autoctona e autentica”.
Dal 2020, con Margherita Ratti e il suo
brand It’s Great Design, Arezzi ha lavorato
a una linea che definisce ‘neorurale’. Ne
fanno parte la poltrona Manico, costruita
a partire dagli attrezzi agricoli, e Carruba,
souvenir che riproduce il frutto dell’albero
tipico della zona. S’inserisce in questo
percorso anche Fiscella, che prende
forma e nome dal cestino troncoconico
fatto di vimini o di giunchi adoperato dai
pastori per fare la ricotta. Utilizzando un
linguaggio globale e locale, Arezzi parte
da un oggetto anonimo per crearne uno
ibrido che si arricchisce di nuove funzioni:
punto luce e contenitore sospeso. Siamo
però lontani dal folklore e dalla nostalgia
che, spiega, rendono la memoria statica.
“Il mio compito è farla evolvere, con un
linguaggio accessibile”. In concreto, la
relazione con il territorio richiede tempo
e reciproci adattamenti. Quando scopre
che nessuno in zona è disposto a
intrecciare il midollino sul metallo, Arezzi
trova l’artigiano che accetta la sfida a
Mogliano, nelle Marche. “Alex appartiene
a una nuova generazione, aperta al
cambiamento. Abbiamo lavorato a
distanza e alla fine di un processo fatto
di videochiamate e schermi condivisi,
quando abbiamo ricevuto l’oggetto,
siamo rimasti sorpresi: l’esecuzione
superava le aspettative”.
• Many of Giuseppe Arezzi’s projects
start with the idea of taking objects
rooted in the customs and culture of
a place and reinterpreting them in a
contemporary way, improving them
without distorting them. “Archetypes,
traditions, craft techniques and objects
that are no longer contemporary have an
heirloom value that revives memories of
the land where I live,” he explains. “Ragusa
is Italy’s southernmost province. Although
it’s just a few miles from the sea, rural
culture is part of everything, from the
landscape to objects, architecture and
food. Spontaneity, truth and simplicity,
together with the craft skills of Ragusa,
are helping me create an indigenous and
authentic symbolism.” Since 2020, with
Margherita Ratti and her brand It’s Great
Design, Arezzi has been working on a
line that he calls “neo-rural”. It includes
the Manico armchair, built with handles
of agricultural tools, and Carruba, a
souvenir that reproduces the pods of
the region’s typical carob trees. Fiscella
Photos Natale Leontini
is also part of this approach, deriving
its shape and name from the truncated
conical wicker or rush baskets used by
shepherds for straining ricotta. Adopting
a global and local language, Arezzi starts
from an anonymous object to create a
hybrid one enriched with new functions:
a light fitting combined with a suspended
container. At the same time, his work
shuns folklore and nostalgia, which, as he
explains, make memory static. “My task is
to develop memory using an accessible
vocabulary.” In practice, the relationship
with the land calls for time and mutual
adaptations. When he discovered no one
in the area was willing to weave wicker
on metal, Arezzi found a craftsman who
accepted the challenge in Mogliano in
the Marche region. “Alex belongs to a
new generation that’s open to change.
We worked remotely and at the end of a
series of video calls and screen sharing,
when we received the object, we were
pleasantly surprised. The workmanship
exceeded our expectations.”

In queste pagine: Fiscella, lampada e contenitore, realizzata con un intreccio
tradizionale di midollino su una struttura in tondino di ottone verniciato.
H 1,50 m x Ø 1 m. Disegnata da Giuseppe Arezzi, realizzata dal laboratorio
marchigiano Intreccio Vivo, è prodotta da It’s Great Design ed è stata presentata
in agosto 2022 a Ragusa Ibla in occasione della mostra “Si Sicilia”
• These pages: Fiscella, a lamp and suspended container, made from traditional
wickerwork woven on a frame of painted brass rods. H 1.50 m x Ø 1 m. Designed by
Giuseppe Arezzi and created by the Intreccio Vivo workshop in the Marche region, it
is produced by It’s Great Design and was presented in Ragusa Ibla at the exhibition
“Si Sicilia” in August 2022
74 DESIGN domus 1072 Ottobre October 2022

Photo Natale Leontini

Photo courtesy of Intreccio Vivo

Tutti i materiali di progetto/

All project materials
© Giuseppe Arezzi
Photo Natale Leontini

In questa pagina: Fiscella di Giuseppe Arezzi, lampada e contenitore sospeso,
realizzata in midollino intrecciato su una struttura di tondino di ottone a Mogliano,
nelle Marche, distretto del midollino. L’artigiano, Alex Maurizi, ha 22 anni e guida
il laboratorio Intreccio Vivo. È la terza generazione di famiglia a portare avanti
una tradizione antichissima che dà lavoro a sei dipendenti tutti under 25
•This page: Fiscella by Giuseppe Arezzi, a lamp and suspended container, made of
wicker woven on a brass rod frame in Mogliano, in the wickerworking district of the
Marche region. The craftsman, Alex Maurizi, is 22 years old and heads the Intreccio
Vivo workshop. Employing six staff all under the age of 25, he comes from the third
generation of the family that is carrying on an age-old tradition
 domus 1072 Ottobre October 2022 DESIGN 75

Una trave di abete rosso della tradizione alpina è il punto di partenza di una
collezione di panche e tavoli che unisce sofisticata semplicità e tecnologia /
A traditional Alpine spruce beam is the starting point for a collection of benches
and tables combining sophisticated simplicity with technology

Konstantin Grcic
Bench, Plank, 2022
Loredana Mascheroni
Photo Karina Castro

“La semplicità è un progetto”, afferma inglese corrisponde al nome dell’azienda • “Simplicity is a project,” says Konstantin starting from a wooden board, evoking
parlando del suo nuovo prodotto per e dei suoi proprietari. Potremmo dire che Grcic talking about his new product the name of the company and its
Plank, una panca e un sistema di tavoli è anche un oggetto simbolo del modo for Plank, a bench and table system owners. We could also say that Bench
che richiamano alla mente quelli che di intendere il progetto per entrambi, that brings to mind those found at symbolises the way in which both Grcic
si trovano nelle sagre di tutti i Paesi designer e azienda: lavora su semplicità, festivals in all European countries. and Plank understand design: it works
europei. Da sempre la ricerca di una memoria e invenzione. Utilizza un The search for a certain essentiality with simplicity, memory and invention.
certa essenzialità formale, unita alla materiale locale, l’abete rosso, che è of forms, combined with a passion for It uses a local material, spruce, which
passione per i materiali e la tecnologia, leggero, ma non troppo morbido. La sua materials and technology, has always is light but not too soft. The long boards
sono i tratti costitutivi della visione di resistenza su tavole lunghe che devono been characteristic of Grcic’s vision of that have to support a fair amount of
Konstantin Grcic del design industriale. sopportare un certo peso è aumentata industrial design. Of course, in the case weight are strengthened by the way
Certo che, nel caso della serie Bench, da una modalità di taglio del legno of the Bench series, the recollection the timber is cut with vertical rings. Its
la memoria del progetto popolare della con anelli verticali. La pulizia formale è of the popular design of the bench clean lines are ensured by the careful
panca sovrasta in un primo momento assicurata dallo studio della fuga nel initially overrides the more common study of the points where the seat
la collocazione nel regno del prodotto punto in cui si incontrano piano e gambe, association that we have of the German and legs meet without touching, as in
industriale raffinato e curato nei dettagli che non si toccano, così come avviene in designer being positioned in the realm architecture. The innovation of Bench lies
che si associa al designer tedesco. Grcic architettura. L’invenzione di Bench risiede of refined industrial products with great in the invisible metal joint concealed in
collabora con l’azienda altoatesina da nel giunto metallico invisibile nascosto attention to detail. the structure, an engineering challenge
anni, ha realizzato altre sei collezioni nella struttura, una sfida ingegneristica Grcic has been working with the Alto that took considerable time to develop.
che includono altrettante sedute. che ha richiesto tempi lunghi. Consente Adige-based company for years and This mechanism makes it possible
Bench rappresenta la summa di questa di agganciare e separare le parti solo has created six other collections that to assemble and separate the parts
collaborazione, l’estensione del concetto con la pressione delle mani, oltre che di also include six seats. Bench is the by manual pressure alone, as well
di seduta dal punto di vista spaziale e ottimizzare le spedizioni. Una soluzione summation of this collaboration, the as optimising shipment. It is a highly
anche, in un certo senso, un omaggio molto sofisticata nella sua semplicità, extension of the concept of the seat in sophisticated solution in its simplicity,
a Plank, dato che è stata sviluppata ma non ostentata, nel segno di un sano spatial terms and also, in a way, a tribute but not at all ostentatious, in the spirit of
partendo da una tavola di legno, che in understatement. to Plank, given that it was developed healthy understatement.
In basso: panca e due versioni di tavolo della collezione Bench per Plank, •Below: bench and two table versions of the Bench collection for Plank, presented
presentata allo scorso Salone del mobile di Milano. Punto di partenza del progetto at the latest edition of the Salone del Mobile in Milan. The starting point of the
è una trave di legno di abete rosso. Una speciale finitura a olio mantiene project is a spruce beam. A special oil finish maintains the original colouring of the
la colorazione originale dell’essenza del legno, impedendogli di ingiallire type of wood, preventing it from yellowing
Photo Karina Castro
76 DESIGN
In queste pagine: esempi compositivi dei differenti pezzi della serie Bench
e dettagli del giunto nascosto all’interno delle tavole che consente di collegare
facilmente le parti. Le panche sono disponibili in un unico formato, i tavoli
possono essere configurati in quattro diversi formati e posizioni delle gambe
Photos Miro Zagnoli
domus 1072 Ottobre October 2022
•These pages: examples of the composition of different pieces in the Bench series
and details of the joint concealed inside the boards, making it easy to connect the
parts. The benches are available in a single format; the tables can be configured in
four different sizes and leg positions
domus 1072 Ottobre October 2022 DESIGN 77

Bench è un oggetto simbolo del modo di intendere il progetto per

Grcic e Plank: lavora su semplicità, memoria e invenzione /
Bench symbolises the way in which both Grcic and Plank understand
design: it works with simplicity, memory and invention
78 DESIGN domus 1072 Ottobre October 2022

Con sguardo socio-antropologico, la designer francese cerca la connessione

con la nostra memoria biologica per combattere l’insonnia digitale /
With her socio-anthropological outlook, the French designer seeks a connection
with our biological memory to relieve digital insomnia

Valentine Maurice
(Un)learning time by light.
Photo courtesy of Valentine Maurice

The Metaphor of the Screen, 2021

Silvana Annicchiarico

Non c’è solo il Covid-19 a minare la
nostra salute. In Europa e nei Paesi
occidentali circola da tempo anche la
pandemia dell’insonnia. Circa il 20 per
cento della popolazione giovane ne è
afflitta. È una generazione cresciuta
con lo smartphone, un oggetto che
sconvolge il rapporto tra il tempo e il
corpo, e che influenza negativamente
le connessioni sociali. Insieme ai nostri
laptop, irradia per lo più lunghezze d’onda
blu che influiscono sulla produzione di
melatonina legata al sonno, deregolando
così il nostro sistema biologico.
Per ovviare a questo problema, la
designer francese Valentine Maurice
combina design, tecnologia e studi
neurologici per progettare lampade
la cui luce, cambiando intensità, aiuta
ad abbandonarsi in modo naturale
al sonno. Parigina, master in social
design a Eindhoven, Valentine parte
da uno sguardo e da un approccio di
tipo socio-antropologico per cercare di
ricreare la connessione con la nostra
Photo Pierre Castignola
memoria biologica lavorando su oggetti
della nostra routine quotidiana quali
tende, orologi e schermi. Operando sulla
relazione fra sonno e ricordi, prospetta
un rapporto con gli oggetti al tempo
stesso tecnologico e sensoriale, per farci
ritrovare una percezione del tempo che
sia in armonia con i nostri bioritmi. La
sua intenzione non è quella di evitare o
demonizzare la tecnologia della luce, ma
di trovare un modo diverso di conviverci.
Come possiamo trasformare l’impatto
negativo delle tecnologie basate su
schermo e luce e utilizzarle invece per
calmare sia la mente sia il corpo in vista
di una necessaria riconquista del riposo?
Una delle possibili risposte di Valentine
è un orologio meccanico azionato
manualmente, non solo legato al tempo
del corpo invece che a quello del lavoro o
della produttività obbligatoria, ma anche
capace di aiutare gli utenti a costruire
e ritrovare una relazione più empatica
con la tecnologia della luce: un progetto
esemplare di design sociale.
Photo Pierre Castignola
• Covid-19 isn’t the only thing undermining with our biological memory. She does
our health. A pandemic of insomnia
has also been spreading throughout
Europe and Western countries in general.
About 20 per cent of the younger
population suffers from it. This is a
generation that has grown up with the
smartphone, an object that disrupts
the relationship between time and the
body and has a negative influence
on social relationships. Our laptops
and smartphones mostly radiate blue
wavelengths, which affect sleep-related
melatonin production, disrupting
our biological system. To remedy
this problem, the French designer
Valentine Maurice combines design,
technology and neurological studies in
the conception of lamps whose light, by
changing intensity, helps us to sink gently
into the arms of Morpheus. A Parisienne
with a master’s degree in social design
from Eindhoven, Maurice adopts a socio-
anthropological outlook and approach
in an attempt to recreate the connection
this by working on everyday objects, such
as curtains, clocks and screens. Acting
on the relationship between sleep and
memories, she envisages a relationship
with objects that are both technological
and sensory, with the aim of helping us
rediscover a perception of time that is
in harmony with our biorhythms. Her
intention is not to avoid or demonise the
technology of light, but to find a different
way to live with it. How can we transform
the negative impact of screen- and
light-based technologies, using them to
calm both mind and body so as to regain
the rest we need? One of the possible
answers proposed by Maurice is a
manually operated mechanical clock.
The timepiece is not just bound to the
time of the body as opposed to work
or mandatory productivity, but it is also
capable of helping its users to find and
create a more empathetic relationship
with the technology of light: an exemplary
social design project.

Photo courtesy of Valentine Maurice

Il progetto di Valentine Maurice si concentra su nuovi “oggetti del tempo” e analizza •Valentine Maurice’s designs focus on new “time objects”, examining how they can
come cambiano il nostro rapporto con la nostra routine quotidiana, l’organizzazione radically change our relationship with our daily routine, self-management and deep
e il sonno profondo. In alto, da sinistra: Biological screen; Paradoxical screen. sleep. Above, from left: the Biological screen; Paradoxical screen.
Pagina a fronte: Light clock. Ottone, nanoLED, cavo di acciaio, stampa UV, gomma Opposite page: Light clock. Brass, nanoLEDd, steel cable, UV print, rubber
80 REACTION
Ricostruire l’universale /
Reconstructing the universal
Donatien Grau
Appartenere a un luogo non è in contraddizione con il fatto di sentire
di fare parte di qualcosa di più grande. Appartenere a un luogo,
riconoscere quale sia il proprio carattere, significa interrogarsi su
dove si è, da dove si viene, creare le basi di ciò che si vorrà diventare.
Esplorare le proprie radici non significa andare alla ricerca di
un’identità intesa come essenza cristallizzata, fissa, immutabile.
Quando si approfondiscono questi aspetti, non si trova qualcosa
che ci blocca, ma si scoprono i cambiamenti e le oscillazioni che
fanno sì, per esempio, che in un sito archeologico si ritrovino
epoche diverse, interferenze tra culture e materiali. Riconoscere le
particolarità geografiche, storiche e climatiche di un luogo significa
rilevare la molteplicità delle forme d’esistenza.
Spesso studiare il ‘carattere’ dà le vertigini: si osserva come in un
determinato luogo siano emerse forme in perpetuo cambiamento,
si siano letteralmente ‘ex-presse’ da ciò che erano per andare verso
ciò che sarebbero diventate. In storia, l’ego-storia consiste nel
riconoscimento delle condizioni in cui si esprime il proprio discorso;
in filosofia, significa riconoscere ciò che ogni pensiero deve a un
luogo. Il concetto di filosofia nasce in Occidente, ma non per questo
la disciplina viene definita dalla sua origine. Sono, invece,
le sue progressive trasformazioni che fanno in modo che la filosofia
oggi esista tanto in Asia quanto in Africa e nelle Americhe, quanto in
Europa. Prendere atto di queste evoluzioni significa accettare
il divenire, quindi anche riconoscere che le genealogie non hanno
un’origine valutabile con precisione e quindi sono sempre definite a
posteriori. Siamo noi a decidere quali siano i contorni dell’origine.
Sposare una simile prospettiva rischierebbe tuttavia di
contrapporre alle rigidità dell’identitarismo un relativismo confuso.
Se non si riesce a stabilire un’origine, può non esserci un divenire.
La filosofia non ha mai smesso di interrogare le origini e
l’architettura deve, per svilupparsi a partire dal carattere, dare loro
un nome. Grazie a questo processo, l’architettura si afferma come
attività umana, all’interno di un ambito culturale. Più che la volontà
di definire l’origine, si deve tentare di trovare dei punti di prossimità.
Confrontando la pluralità delle situazioni, si possono identificare
i caratteri familiari, mai l’identità. Diventa così possibile distinguere
ciò che Jean Nouvel chiama nel suo manifesto per Domus
lo ‘spirito’, che un tempo veniva anche chiamato l’universale.
L’universale non è dato, come è stato argomentato da più parti.
C’è chi ha voluto vedervi una specie di essenza la cui natura
intima porta a escludere tutti coloro che non gli hanno dato la luce.
L’affermazione dell’universalità contraddirebbe quindi radicalmente
il suo carattere locale. Altri hanno concentrato le proprie riflessioni
sul suo ambito di applicazione, chiedendosi se fare riferimento a un
universale umano, animale, vivente o terrestre. Nessuna di queste
posizioni è sostenibile del tutto, perché le muove un processo di
definizione dell’universale, che però non può essere definito, perché
è una promessa, una costruzione, una realtà. Come lo spirito, si
manifesta tramite una presenza ineffabile che rende possibile
l’emozione, il luogo in cui risiede genera un’espressione.
Jean Nouvel ha abbandonato presto la logica dell’universale
totalizzante, dimostrando una grande intelligenza. Non
ha mai smesso di insistere sul carattere legato al luogo in cui è sorto
ognuno dei suoi progetti, sulla volontà di analizzare il sito in modo
scrupoloso, in tutti i suoi strati. In ogni sua architettura, troviamo la
medesima aspirazione a un “punto di interferenza” – come
lo definisce lui –, di incontro e, quindi, di trasformazione. Nouvel
ha capito molto presto che, per ricostruire l’universale, occorreva
considerare che si tratta, soprattutto, di un movimento umano.
“Reazione” è la risposta al manifesto “Spirito, dove sei?”
allegato a Domus 1063 e pubblicato integralmente
su domusweb.it/manifestojn. Illustra l’approccio culturale
di Jean Nouvel al progetto e rappresenta la base intellettuale
del suo incarico di guest editor per Domus nel 2022.
domusweb.it/manifestojn
domus 1072 Ottobre October 2022
There is no contradiction between belonging to a place and Donatien Grau
ùa sense of belonging to something broader. Belonging to a place, Nato a Neuilly-sur-Seine
nel 1987, è un filologo e
and recognising one’s character, means questioning where responsabile museale.
one is, where one comes from, and laying the foundations for what È consigliere della presidenza
one seeks to become. Exploring these roots is not about del Musée d’Orsay e del
looking for an identity understood as a crystallised, fixed and Musée l’Orangerie per i
programmi contemporanei.
unchanging essence. When we examine these aspects, we È professore alla École
do not find something that obstructs us. Rather, we discover the Nationale Supérieure des
transformations and oscillations that make an archaeological Arts Visuels de La Cambre
site, for example, a synthesis of different eras and interferences di Bruxelles e presidente
dell’associazione Pierre
between civilisations and materials. Acknowledging the Guyotat.
geographical, historical and climatic particularities of a place
means appreciating the multiplicity of forms of existence. • Grau was born in Neuilly-
Often, studying “character” can be a dizzying experience. One sur-Seine in 1987. A philologist
and museum executive, he is
sees how a series of perpetually changing forms have emerged an advisor to the presidency
in a specific place, which have quite literally been “ex-pressed” of the Musée d’Orsay and
from what they were to what they subsequently became. In history, the Musée de l’Orangerie for
ego-history consists of acknowledging the conditions that frame contemporary programmes,
professor at the École
our own self-reflections. In philosophy, it is about recognising what Nationale Supérieure des
each thought owes to a place. Although the notion of philosophy Arts Visuels de La Cambre in
originated in the West, there is no reason why it must forever be Brussels and president of the
Association Pierre Guyotat.
defined by its origin. On the contrary, it has been shaped by gradual
transformations that have led to the presence of philosophy
in Asia, Africa, the Americas and Europe today. Acknowledging
these evolutions means accepting a continual state of becoming.
This, in turn, entails appreciating that genealogies have no
precisely assessable beginnings, and are thus always established
with hindsight. It is we who decide on the contours of the origin.
Such an approach, however, runs the risk of contrasting narrow
identitarianism with vague relativism. If we are unable to establish
an origin, there might be no state of becoming. Philosophy has
constantly questioned beginnings, and architecture, to develop
starting from character, must define them. Through this process,
architecture takes root as a human activity within a cultural
sphere. Rather than seeking to determine the origin, it is more
helpful to look for points of reconciliation. By accepting the plurality
of situations, one can identify familiarities, never identities.
In this way, it becomes possible to discern what Jean Nouvel
refers to in his manifesto for Domus as “spirit”, which was once
also considered universal. The universal is not a given, as has been
widely argued. Some have seen in the universal a kind of essence
whose intimate nature leads to the exclusion of those who did not
create it. The affirmation of universality thus radically contradicts
its local character. Others have focused on its field of application,
questioning if one can refer to a human, animal, living or terrestrial
universal. None of these stances are entirely tenable, as they are
driven by a quest to define the universal, which, however, cannot be
defined because it is a promise, a construction, a reality. Like
spirit, the universal is manifested through its ineffable presence,
which enables emotion, the site of which triggers expression.
Jean Nouvel demonstrated great intelligence by being quick to
abandon the logic of a totalising universal. He has always
insisted on the character of the place where each of his projects
has been built, and on the desire to scrupulously examine the
site in all its strata. His constructions all display a common
aspiration to be a place of interference – as he describes it – a place
of gathering and, by extension, transformation. He understood
early on that to reconstruct the universal, one must accept that
it is, above all, a human movement.
“Reaction” is a response to the manifesto “Spirit, are you there?”
included with Domus 1063 and published in full
on domusweb.it/manifestojn. It illustrates Jean Nouvel’s
cultural approach to design and represents the intellectual
basis for his guest editorship of Domus in 2022.
 Spesso ci dimentichiamo che avere il bagno in casa
(addirittura in camera!) è un’eccentricità che riguarda una
porzione minuscola della storia dell’abitare e che, tuttavia,
ha trasformato radicalmente i luoghi in cui viviamo,
l’infrastruttura delle città e il nostro rapporto con l’acqua,
passato da un concetto d’immersione collettiva e
rigenerazione spirituale a quello più razionale e indifferente
d’igiene corporea. Ripensare questo rapporto, oggi che ci
accorgiamo di avere poca acqua, è anche compito di
designer, architetti e imprenditori che operano in questo
ambito. Da un lato, le soluzioni arrivano sotto forma di una
continua ricerca tecnologica volta alla riduzione degli
sprechi, per esempio con erogatori che dimezzano i flussi
senza compromettere la qualità del getto. Dall’altro,
impreziosiscono quella che oggi torna a chiamarsi la sala
Photo courtesy of Laufen

da bagno con arredi dalle forme totemiche e materiali nobili,

a ricordarci di quella sacralità o, come dice Gumdesign,
“di quel rito di cui stiamo tornando ad avere coscienza”.

Rassegna Bagno Testi di / Texts by Marianna Guernieri

Bathroom We often forget that having a bathroom

in the house (even in the bedroom!) is an eccentricity that
concerns a tiny portion of the history of living and that
has nevertheless radically transformed our homes, city
infrastructures and our relationship with water, going from
a concept of collective immersion and spiritual regeneration
to a more rational and indifferent one of bodily hygiene.
Rethinking this relationship, now that we realise that water
is scarce, is also the task of the designers, architects
and businesses that operate in this sphere. On the one hand,
Sopra: Ilbagnoalessi,
solutions come in the form of ongoing technological
disegnato da Stefano
Giovannoni e prodotto research aimed at reducing waste, for example with nozzles
da Laufen, è proposto
in nuovi materiali, come that halve the flow without compromising the quality of the
il Saphirkeramik, e nuove
finiture jet. On the other hand they enhance the bathroom, known
• Above: Ilbagnoalessi, once again as the sala da bagno, with decor and furniture
designed by Stefano
Giovannoni and produced incorporating totemic forms and exquisite materials,
by Laufen and available
in new materials, such to remind us of the sacred element or as Gumdesign put it,
as Saphirkeramik, and
new finishes “that ritual that we are once more becoming aware of”.
 XL RASSEGNA Bagno / Bathroom
Il bagno è portatore di un’energia ancestrale
Il lavoro di Laura Fiaschi e Gabriele Pardi,
in arte Gumdesign, è una vivace raccolta
di racconti prima ancora che di oggetti
di design. Per il duo toscano, di stanza
a Viareggio, il progetto è innanzitutto
un pensiero che prende forma e non
viceversa, partendo dall’ascolto dei luoghi,
delle emozioni e dei materiali, con un
atteggiamento quasi adolescenziale fatto
di gioco e di scoperta.
“Il nostro è un processo di sottrazione dove
il segno lascia spazio all’interpretazione di
chi si circonderà di quell’oggetto, facendolo
suo”, spiegano.
Il loro curriculum fittissimo è fatto di
produzioni, curatele, prodotti, insegnamento,
collaborazioni aziendali e ricerca. Tra i
lavori più acclamati, La Casa di Pietra
è senz’altro una perfetta sintesi di tutte
queste nature, una ricognizione di tecniche
artigianali italiane tradotte in più di 300
oggetti senza tempo che, oltre alla pietra e
al marmo, valorizza pelli, vetri, metalli, legno
e ceramica, con oltre 47 realtà artigianali
dislocate in tutta Italia.
Il progetto diventa spazio di relazione e
sono moltissime le aziende che hanno
voluto confrontarsi con i designer, da
Cassina ad Antoniolupi.
Proprio con quest’ultima, in dialogo
incessante con Andrea Lupi, hanno dato
vita a una nuova ‘visione’ per l’azienda che
si è concretizzata con una collezione di
lavabi, carte da parati, pouf, tappeti, tavolini,
consolle, specchi, packaging, grafica e
molto altro ancora. Nei loro lavori, come
per esempio i lavabi 024 o i Gessati, la
decorazione diventa utilizzo intelligente
Designer
del marmo per usare “meno montagna
possibile”: tema caldo di chi è originario
di quel territorio tra Carrara, Massa,
Pietrasanta e Viareggio dove il marmo è il
centro dell’economia dei luoghi. Ma cosa
non deve mancare in un bagno? “Il bagno è
il luogo di riconnessione tra corpo e spirito.
Al di là del nostro immaginario fatto di
volumi, colori, pozze nella foresta o antichi
hammam tunisini, è fondamentale che
non manchi ciò di cui il bagno è portatore,
ossia quell’energia ancestrale che rimanda
al concetto di rito, dove rito significa
attenzione al momento presente”.
Sopra: Gabriele Pardi e Laura Fiaschi,
Gumdesign, seduti sopra i Pouf Paesaggi
Sospesi, una delle ultime collezioni
disegnate per Antoniolupi di cui sono art
director. A destra: contenitori Mutamenti,
di pietra e legno, per Cusenza Marmi +
Studio 14. Parte della serie La casa di pietra.
Sotto: lavabi d’appoggio Gessati,
Antoniolupi, 2019
•Above: Gabriele Pardi and Laura Fiaschi,
Gumdesign, sitting on Pouf Paesaggi
Sospesi, one of the latest collections
designed for antoniolupi, for whom they are
art directors. Right: Mutamenti storage
Photo Laura Fiaschi
units in stone and wood for Cosenza Marmi
+ Studio 14. Part of the La Casa di Pietra
series. Below: Gessati counter-top sinks,
Antoniolupi, 2019
domus 1072 Ottobre October 2022
The ancestral energy
of the bathroom
The work of Laura Fiaschi and Gabriele
Pardi, known as gumdesign, is a lively
collection of stories before even de-sign
objects. For the Tuscan duo, based in
Viareggio, design is above all a thought
that takes shape and not the other way
round. It starts with listening to places,
emotions and materials and proceeds in
an almost adolescent spirit of playfulness
and discovery. “Ours is a process of
subtraction where the sign leaves space
for interpretation by those who live with that
object, making it theirs” they explain. Their
extensive CV includes productions, cura-
tions, products, teaching, collaborations
with manufacturers and research. One of
their most acclaimed works, La Casa di
Pietra is a perfect combination of all these,
a celebration of Italian craftsmanship
translated into over 300 timeless objects
made not just from stone and marble
but also leather, glass, metal, wood and
ceramic, by over 47 artisan workshops
from all over Italy. Design becomes a
place of relationships and there are many
companies wanting to work with these
designers, from Cassina to Antoniolupi. In
terms of the latter, an ongoing dialogue with
Andrea Lupi has given rise to a new ‘vision’
for the company in the form of a collection
of washbasins, wallpapers, poufs, rugs,
side tables, consoles, mirrors, packaging,
graphics and much more. In their work,
for example in the 024 basin or i Gessati,
decoration becomes an intelligent use of
marble so as to remove “as little mountain
as possible”: a hot topic for anyone from the
area between Carrara, Massa, Pietrasanta
and Viareggio, where the economy is
centred around marble. What should a
bathroom not be without?
“The bathroom is a place for reconnection
between body and spirit. Aside from our
images of shapes, colours, forest pools or
ancient Tunisian hammams, it is essential
to have that ancestral energy that the
bathroom is the bearer of, that concerns
the idea of ritual, where ritual signifies
attention to the present moment”.
domus 1072 Ottobre October 2022
Diametro35 Elegance
Diventata un’icona della rubinetteria ma-
de in Italy con i suoi 20 anni di storia, la col-
lezione Diametro35 disegnata da Davide
Vercelli per Ritmonio si amplia con la linea
Elegance, contraddistinta dal comando a
leva ovale in un richiamo retrò, rivisitato in
chiave minimale. Comprende modelli per
tutte le aree del bagno – lavabo, bidet, doc-
cia, vasca – nelle 16 finiture della Ritmonio
Finishes Selection. Nella foto, il gruppo a
tre fori per lavabo con bocca di erogazione
a canna quadra.
Materiali / Materials
ottone / brass
Finiture / Finishes
CHX Brushed Champagne
Dimensioni / Dimensions
H 359 x W 230 x Ø 18 mm
(bocca di erogazione / spout)
H 65 x W 66 x Ø 50 mm (comando / control)
Solos
Il lavabo con miscelatore integrato dise-
gnato da Roberto Palomba, chief design
officer di Ideal Standard, e presentato al
Salone del Mobile 2022, è un esercizio di
minimalismo. Grazie al Diamatec® – mate-
riale costituito da allumina e chamotte e
proposto nelle varianti bianco e nero lucido
– il lavabo ha il foro del miscelatore così
preciso da non necessitare di ghiera di co-
pertura. La tecnologia sequenziale, poi,
permette una regolazione della tempera-
tura ruotando la manopola di controllo.
Materiali / Materials
ceramica Diamatec® (lavabo), ottone
(miscelatore) / Diamatec® ceramic (sink),
brass (mixer)
Finiture / Finishes
bianco, nero (lavabo), cromato
(miscelatore) / white, black (sink),
chrome (mixer)
With twenty years of history behind it and
very much an icon of taps Made in Italy, the
Diametro35 collection designed by Davide
Vercelli for Ritmonio has been extended
with the Elegance range distinguished by
the oval lever control that has a retro feel,
reworked in a minimalist style. The collection
includes models for all areas of the bath-
room - sink, bidet, shower, bathtub - in the
16 finishes from the Ritmonio Finishes Se-
lection. In the photo, the three-hole basin
group with square-shaped spout.
Ritmonio
www.ritmonio.it
This sink with integrated mixer tap de-
signed by Roberto Palomba, chief design
officer at Ideal Standard, and presented at
the 2022 Milan Furniture Fair, is very much
an exercise in minimalism. Thanks to the
use of Diamatec® - a material made up of
alumina and chamotte and available in
glossy black and white - the sink has a hole
for the mixer so precise that it does not need
a cover ring. Sequential technology then
enables the temperature to be regulated
by rotating the control knob.
Ideal Standard
www.idealstandard.it
Flò
Presentato per la prima volta con un al-
lestimento immersivo al Supersalone 2021,
il miscelatore monocomando di FIMA Car-
lo Frattini ha un design che ruota attorno
alla sua leva. Orientata all’insù come in un
accento, mantiene un’estetica pulita senza
cedere al minimalismo estremo. Le sue
geometrie “dolci e accoglienti” sono sup-
portate da un sistema ingegneristico che
rende invisibile la cartuccia miscelatrice.
Le finiture variano dal bianco e nero opaco
alle galvaniche, fino al rame e bronzo.
Materiali / Materials
ottone / brass
Finiture / Finishes
Bianco opaco / Matt white
Dimensioni / Dimensions
H 168 x L 50 x W 160mm
Nohea 77
Con la volontà di ridurre i consumi e ot-
timizzare i getti d’acqua – arrivando a 6 l/m
per i miscelatori lavabo e bidet, e a 9 l/m per
i soffioni doccia – Fir Italia ha lanciato tre
nuove collezioni al Fuorisalone 2022, tra cui
Nohea 77, disegnata da Francesco Lucche-
se, art director del brand. In omaggio alle
lavorazioni artigianali e alla forma cilindrica,
questa rubinetteria bicomando dotata di
maniglie a manopola può essere persona-
lizzata con 24 combinazioni di finiture sud-
divise in 12 famiglie.
Materiali / Materials
ottone / brass
Finiture / Finishes
Chrome
Dimensioni / Dimensions
H 22.3 cm
Bagno / Bathroom RASSEGNA XLI
Presented for the first time with an im-
mersive installation at the 2021 Supersalone,
this single-lever mixer from FIMA Carlo
Frattini has a design that revolves around
the lever. Pointing upwards like an accent,
it maintains a clean appearance without
giving in to extreme minimalism. Its “soft
and welcoming” shapes are made possible
by an engineering system that renders the
mixer cartridge invisible. The finishes range
from matt black and white to galvanised as
well as copper and bronze.
FIMA Carlo Frattini
www.fimacf.com
Rubinetti / Taps
Based on a desire to reduce consumption
in and optimise water jets – reaching 6 l/m
for the sink and bidet mixers and 9 l/m for
the shower heads – Fir Italia launched three
new collections at the 2022 Fuorisalone,
one of which was Nohea 77, designed by
Francesco Lucchese, Art Director for the
brand. By way of a homage to artisanal
craftsmanship and the cylindrical form, this
dual-control tap featuring knob handles
can be customised with 24 combinations
of finishes divided into 12 families.
Fir Italia
www.fir-italia.it
 XLII RASSEGNA Bagno / Bathroom
Natura 4000, Libero 4000
Docce e benessere / Showers and wellness
Le cabine doccia Natura 4000 e Libero
4000, due collezioni di punta dell’azienda
altoatesina Duka, diventano personalizza-
bili grazie alla proposta Colour Up Your Life,
una serie di colori ispirati alla natura. L’idea
è quella di uscire dal puro funzionalismo
per confluire nell’arredo. Le nuove finiture
Copper Pearl, Brass Pearl e Black Pearl
sono applicate alle parti metalliche, a loro
volta fissate al vetro tramite incollaggio a
raggi UV, che permette l’assenza di viti, mi-
gliorando resistenza e pulizia.
Materiali / Materials
cristallo, alluminio /
glass, aluminium
Finiture / Finishes
Trasparente, Copper Pearl
Dimensioni / Dimensions
H 200 e / and 210 cm
6 mm (spessore vetro / glass thickness)
The Natura 4000 and Libero 4000 show-
er enclosures, two flagship collections from
Alto-Adige-based company Duka, have
become customisable thanks to the series
of colours Colour Up Your Life, inspired by
nature. The idea is to move away from pure
functionalism and become part of the decor.
The new Copper Pearl, Brass Pearl and Black
Pearl finishes are applied to the metal parts,
these are fixed to the glass using UV bond-
ing that eliminates the need for screws, for
better strength and cleaning.
Duka
www.duka.it
Link
Centro Progetti Vismaravetro firma un
nuovo progetto presentato a Milano al Sa-
lone Internazionale del Bagno 2022. La
cabina doccia Link si presenta semi-inte-
laiata con doppia anta battente e una ridu-
zione ai minimi termini degli ingombri strut-
turali. L’azienda brianzola ha assegnato al
profilo di alluminio la doppia funzione di
regolazione dell’intera cabina e di apertura
delle ante. Grazie alla sua rotazione su un
perno dotato di movimento saliscendi, il
profilo diventa cerniera. Le guarnizioni ma-
gnetiche di chiusura sono rese quasi invi-
sibili poiché applicate lungo tutta la sezione
del vetro. Sono completamente assenti le
viti a vista e i relativi coprivite e, sempre in
una logica di minimalismo e rigore formale,
anche le maniglie, con taglio ovale, si trova-
no incastonate al vetro, collocate in un re-
cesso apposito. Queste ultime, a differenza
del telaio, si presentano con una texture
superficiale che stimola il tatto e si aprono
ruotando su se stesse grazie a una cernie-
ra centrale. Come la maggior parte dei
prodotti Vismaravetro, anche Link è dispo-
nibile su misura.
Materiali / Materials
vetro, alluminio /
glass, aluminium
Finiture / Finishes
Trasparente, Anodizzato Argento Lucido /
Transparent, Polished anodised silver
Dimensioni / Dimensions
su misura / made to measure
SPA
La sala da bagno proposta dall’azienda
toscana Casabath al Salone del Mobile
2022 da un lato accentua l’intimità, dall’altro
invece sconfina negli altri ambienti della
casa. Ne è la prova la vasca scultorea SPA,
pensata per stare al centro della stanza.
Realizzata a partire da un unico blocco di
marmo scavato e alleggerita visivamente
da una lieve rientranza alla base, è dispo-
nibile in quattro diverse varianti materiche:
Bianco Carrara, Nero Marquinia, Verde Alpi
o Rosso Lepanto.
Materiali / Materials
marmo / marble
Finiture / Finishes
Bianco Carrara
Dimensioni / Dimensions
H 55 x Ø 130 cm
domus 1072 Ottobre October 2022
Centro Progetti Vismaravetro have come
up with a new design that was presented
in Milan at the 2022 Salone Internazionale
del Bagno. The Link shower enclosure is
semi-framed with double hinged doors and
sees the size of the structural elements
reduced to an absolute minimum. The Bri-
anza-based company has given the alu-
minium profile the dual function of regulat-
ing the entire enclosure as well as the
opening of the doors. Thanks to its rotation
on a pivot with an up and down movement,
the profile becomes a hinge. The magnetic
closure seals are made almost invisible as
they are applied along the entire section of
the glass. They are completely free from
visible screws and screw covers and, again
following the logics of minimalism and for-
mal rigour, the handles, oval in shape, are
also set into the glass in a special recess.
The latter, unlike the frame, are presented
with a surface texture that stimulates touch
and open by rotating on themselves thanks
to a central hinge. Like most of the products
from Vismaravetro, Link can also be supplied
made to measure.
Vismaravetro
www.vismaravetro.it
The bathroom proposed by Tuscan com-
pany Casabath at the 2022 Salone del
Mobile on one hand accentuates intimacy,
on the other moves into other spaces in the
house. Proof of this comes in the form of
the SPA sculptural bathtub designed to sit
in the centre of the room. Made from a sin-
gle block of carved marble and made vis-
ually lighter by a slight indentation at the
base, it is available in four different materi-
al variations: Bianco Carrara, Nero Marqui-
na, Verde Alpi or Rosso Lepanto.
Casabath
www.casabath.it
domus 1072 Ottobre October 2022
Cabanon
Rodolfo Dordoni e Michele Angelini omag-
giano Le Corbusier con una sauna da ester-
ni per Effe costituita da un profilo in allumi-
nio. La foderatura esterna è in onduline di
alluminio, verniciato nei colori muschio,
mattone o cemento. Gli interni sono di legno
Aspen, termotrattato chiaro o scuro. Il mo-
dulo è disponibile in diverse misure e sva-
riati layout, con o senza deck, e nella varian-
te con doppia porta vetrata (nella foto il
modello Garden). La potenza della stufa
varia da 4,0 kW a 8,0 kW.
Materiali / Materials
alluminio, legno, WPC (Wood Plastic
Composite) / aluminium, wood, WPC
Finiture / Finishes
Muschio opaco (alluminio ondulato) /
Matt moss (corrugated aluminium)
Dimensioni / Dimensions
L 230 x W 230 x H 235 cm
Heaven
La minipiscina idromassaggio da ester-
no e interno disegnata da Marc Sadler per
Treesse è particolarmente silenziosa gra-
zie al brevetto Ghost Plus. Si tratta di boc-
chette nascoste all’interno di una fessura
perimetrale da cui proviene anche l’illumi-
nazione a LED multicolore per la cromote-
rapia. Alle bocchette normali si sommano
quelle più grandi per potenziare il getto
dell’idromassaggio, mentre le sedute ribas-
sate, con cuscini lungo il perimetro, assicu-
rano l’acqua fino alle spalle.
Materiali / Materials
fibra di vetro / fibreglass
Finiture / Finishes
Bianco opaco / Matt white
Dimensioni / Dimensions
L 210 x W 210 x H 86 cm
Rodolfo Dordoni and Michele Angelini
pay homage to Le Corbusier with an outdoor
sauna for Effe made using profiled alumin-
ium. The exterior cladding is in corrugated
aluminium, painted in colours moss, brick
or cement. The interiors are in Aspen wood,
heat-treated to be light or dark. The module
is available in different sizes and various
layouts, with or without deck and in a version
with double-glazed door (in the photo the
Garden model). The power of the stove
ranges from 4.0 kW and 8.0 kW.
Effe
www.effegibi.it
The hydromassage pool for indoor and
outdoor use designed by Marc Sadler for
Treesse is particularly quiet thanks to the
patented Ghost Plus system. This consists
of hidden outlets inside a perimeter slot
from which also emerges the multicoloured
LED lighting for colour therapy. In addition
to the normal outlets, larger ones have been
added to increase the power of the hydro-
massage jet while the lowered seats, with
cushions along the perimeter, ensure water
up to shoulder height.
Treesse
www.gruppotres.it
Shade
Il blocco sauna-doccia-bagno turco Sha-
de, d’ispirazione orientale e disegnato da
Cristiano Mino per Starpool, è pensato per
gli ambienti domestici. Alternando pareti
vetrate a pannelli schermanti in listelli di
legno, la collezione porta con sé cinque
brevetti tecnologici e l’interazione con la
app MY W-Place per pianificare l’accensio-
ne da remoto (nella foto, la combinazione
Shade Sauna e Shade Shower). Zerobody
consente invece di sdraiarsi, galleggiando
su 400 litri d’acqua, per la dry float therapy.
Materiali / Materials
legno, vetro / wood, glass
Finiture / Finishes
Thermowood Oak, Hemlock
Dimensioni / Dimensions
195 x 150 cm (sauna)
90 x 150 cm (doccia / shower)
Sunshower Round
Un pannello irradiante a raggi infrarossi
e UV da installare nella doccia. La nuova linea
Round di Sunshower nella variante One a
raggi infrarossi con lunghezze d’onda cor-
ta (IRA) e media (IRB) aiuta il rilassamento,
la circolazione e lo smaltimento delle tos-
sine. La variante Plus con luce ultravioletta
a basso dosaggio stimola la produzione di
melanina, fornisce la vitamina D e l’assor-
bimento del calcio. Nelle misure S, M, L e nei
colori Black, White, Sand White e Organic
Grey è a incasso, a parete e ad angolo.
Materiali / Materials
vetro / glass
Finiture / Finishes
Organic Grey
Dimensioni / Dimensions
95 x 33 cm (small)
Bagno / Bathroom RASSEGNA XLIII
The Shade sauna-shower-Turkish bath
block, of eastern inspiration and designed
by Cristiano Mino for Starpool, has been
designed for domestic environments. Al-
ternating glazed partitions and slatted
wooden screens, it incorporates five tech-
nological patents and interaction with the
MY W-Place app so that it can be turned on
remotely (in the photo, the combination with
Shade Sauna and Shade Shower). Zerobody
allows you to lie down, floating on 400 litres
of water, for dry float therapy.
Starpool
www.starpool.com
Docce e benessere / Showers and wellness
An infrared and UV radiating panel for
installing in the shower. The new Round line
from Sunshower in the One version with
infrared rays with short (IRA) and medium
(IRB) wavelengths aids relaxation, circulation
and the elimination of toxins. The Plus version
with low-dose ultraviolet light stimulates the
production of melanin, providing vitamin D
and absorption of calcium. In sizes S, M, L
and in colours Black, White, Sand White and
Organic grey it can be built-in, against the
wall or in a corner.
Duscholux
www.dlxitalia.it
 XLIV RASSEGNA Bagno / Bathroom
Misfits Cart
Arredobagno / Bathroom furniture
Scavolini porta la cucina in bagno tra-
sformando la sua linea di credenze Misfits,
grazie alla collaborazione con Diesel Living.
La collezione Diesel Misfits Bathroom è un
ibrido dove le forme del carrello da cucina
ospitano il lavabo d’appoggio o integrato
monoblocco, disponibile nelle finiture Coal
Black e Soft Grey. Al lavabo sono abbinati
il mobile Misfits Cart con ante in vetro nelle
finiture Soft Industrial Glass, Acciaio Soft
e Bronzo, le specchiere, i pensili e un siste-
ma di mensole dedicato.
Materiali / Materials
metallo, vetro / metal, glass
Finiture / Finishes
Coal Black e / and Soft Grey
Dimensioni / Dimensions
L 90 x W 51.5 x H 77 cm (top escluso /
excluding top)
Scavolini brings the kitchen into the bath-
room transforming its Misfits range of cup-
boards, thanks to collaboration with Diesel
Living. The Diesel Misfits Bathroom collec-
tion is a hybrid where the forms of the kitch-
en trolley house the countertop sink or in-
tegrated monobloc, available with Coal Black
and Soft Grey finish. The washbasin is
combined with the Misfit Cart with glass
doors finished in Soft Industrial Glass, Ac-
ciaio Soft and Bronze, mirrors, wall units
and a system of dedicated shelves.
Scavolini
www.scavolini.com
Plissé Legno
Stefano Bizzarri e Claudio Cinti dello
studio Bizzarri Design Associati dedicano
ai 60 anni di attività di Artelinea un nuovo
rivestimento per il lavabo Plissé, da loro
progettato e già prodotto nel 2019, diven-
tato un design di punta del marchio fioren-
tino. Si tratta di un mobile portalavabo au-
toportante con anta, che nella versione
originale è rivestita in cristallo cannettato,
abbinato a un lavabo in fusione con fascia
sottolavabo e uno zoccolo a terra abbinato.
Nella variante Plissé Legno presentata al
Salone Internazionale del Bagno 2022, la
trama cannettata in cristallo è stata rein-
terpretata e sostituita dal legno. Il design
richiama volutamente l’atmosfera anni
Cinquanta data dalle boiserie, creando una
sospensione temporale tra passato e pre-
sente. L’abbinamento al vetro tinto e alla
finitura metallica della fascia ricorda, infat-
ti, il rigore contemporaneo. Le diverse va-
rianti a disposizione comprendono lavabi
quadrati (40 x 40 x H 16 cm) e rettangolari
(80 x 40 x H 16 cm), con scarico a parete o
scarico a pavimento e finiture del sottola-
vabo e del vetro che variano dal nero al
bronzo al bianco.
Materiali / Materials
vetro, legno, metallo /
glass, wood, metal
Finiture / Finishes
Bronzo / Bronze
Dimensioni / Dimensions
80 x 40 x H 16 cm (lavabo / sink)
H 98 cm (mobile / furniture)
Heritage
La nuova collezione di Artesi presentata
da Enrico Cesana al Salone del Mobile 2022
introduce le finiture di rovere e noce cana-
letto nell’ambiente bagno. Costituita dal
mobile lavabo, madie e credenze, Heritage
Collection mette in risalto le venature del
legno con il mobile con anta a telaio e ma-
niglia a gola integrata o con apertura Push
Pull. Appoggiato su un top in gres porcella-
nato, il lavabo è disponibile nelle versioni
bianco o laccato e può essere rifinito in una
grande varietà di colorazioni.
Materiali / Materials
legno, gres porcellanato /
wood, porcelain stoneware
Finiture / Finishes
Rovere, Bianco / Oak, White
Dimensioni / Dimensions
240 x 50 x H 50 cm (mobile al centro / centre
unit), 120 x 50 x H 37.5 cm (sottolavabo sulla
destra / under-sink unit right)
domus 1072 Ottobre October 2022
Stefano Bizzarri and Claudio Cini from
the studio Bizzarri Design Associati have
come up with a new range of finishes for
the Plissé basin to mark Artelinea’s sixty
years of activity. Designed by them and in
production since 2019 it has become one
of the Florentine brands top designs. Plissé
is a freestanding vanity unit with door, that
in the original version is finished in reeded
glass, combined with a cast washbasin
with an under sink strip and matching base
plinth. In the Plissé Legno version present-
ed at the 2022 Salone Internazionale del
Bagno, the reeded pattern of the glass has
been reinterpreted and replaced by wood.
The design in fact deliberately recalls a
1950s feel given by the wood panelling,
creating a temporal suspension between
past and present. The combination of the
tinted glass and the metal finish of the band
recalls in fact contemporary rigour. The
different variations available include square
sinks (40 x 40 x H 16 cm) and rectangular
(80 x 40 x H 16 cm) with wall or floor drainage
pipe and a range of finishes for the under
sink and glass that include black, bronze
and white.
Artelinea
www.artelinea.it
The new collection from Artesi present-
ed by Enrico Cesana at the 2022 Salone
del Mobile introduces oak and canaletto
walnut finishes into the bathroom. Consist-
ing of a washbasin unit, cabinets and cup-
boards, Heritage Collection highlights the
grain of the wood with the cabinet with
framed door and integrated sunken handle
or Push Pull opening. Sitting on a porcelain
stoneware top, the basin is available in white
or lacquered versions and can be finished
in a wide variety of colours.
Artesi
www.artesigroup.it
domus 1072 Ottobre October 2022
Sartus
La nuova collezione di Stefano Cavazza-
na per Novello è un ensemble di elementi
componibili sviluppabile sia in larghezza,
sia in altezza, con tanto di complementi e
accessori. Il mobile contenitore è delimita-
to da un profilo in legno che funziona anche
da maniglia, con lavabo (in appoggio, inte-
grato o freestanding) in Teknorit o marmo.
Tra le finiture la Pietra Piasentina, il marmo
Grigio Carnico, laccati e gres, mentre barre
porta-accessori e porta-salviette, specchi,
librerie e consolle completano il quadro.
Materiali / Materials
Teknorit, legno / Teknorit, wood
Finiture / Finishes
Rovere Naturale, Bianco opaco, Laccato
bianco opaco / Natural oak, Matt white,
Matt white lacquer
Dimensioni / Dimensions
152 x 51 x H 55 cm (mobile lavabo / sink unit)
Ghisa
Rodolfo Dordoni reinterpreta per Antrax
il calorifero in ghisa. Realizzato in alluminio
100 per cento riciclabile a basso contenu-
to di acqua ed elevate prestazioni termiche,
il radiatore Ghisa è il risultato di uno studio
attento sulle proporzioni tra pieni e vuoti,
sulla sezione poligonale e le linee di giun-
zione. È disponibile in una gamma di cromie
tra cui alcune in versione goffrata, può es-
sere composto da un minimo di quattro
elementi e arricchito con ganci e portasal-
viette in acciaio inox.
Materiali / Materials
alluminio / aluminium
Finiture / Finishes
NEOP (nero opaco / matt black)
Dimensioni / Dimensions
L 100 x H 44 cm
The new collection by Stefano Cavazzana
for Novello is an ensemble of modular ele-
ments that can be developed in either height
or width with numerous fittings and acces-
sories. The storage unit is surrounded by a
wooden frame that also functions as a
handle, with the sink (counter-top, recessed
or freestanding) in Teknorit or marble. Fin-
ishes include Pietra Piasentina, Grigio Car-
nico marble, lacquers and stoneware, while
the rail for towels and accessories, mirrors,
shelves and consoles complete the picture.
Novello
www.novello.it
Rodolfo Dordoni has come up with his
own version of the cast-iron radiator for
Antrax. Made from 100% recyclable alumin-
ium with low water content and high thermal
performance, the Ghisa radiator is the result
of a careful study of the proportions between
solid and void, the polygonal section and
joint lines. It comes in a range of colours
including several with an embossed finish
and can be made up of a minimum of four
elements with the option of adding hooks
and towel rails in stainless steel.
Antrax IT
www.antrax.it
Luxor
Nata dall’ufficio Ricerca e sviluppo di
Arbi Arredobagno con l’apporto dello studio
di design García Cumini, Luxor è una serie
che isola alcune finiture, colori e texture
ispirati ai canoni del passato. Nella foto, da
sinistra, il mobile sospeso con finitura In-
treccio Chiaro che ricorda una texture di
vimini, il lavabo monolite Roman, disponibi-
le nella variante basso e mezzo monolite,
abbinato alla specchiera Ajour e la barra
retroilluminata Reed. Sullo sfondo, la madia
Reed in finitura Intreccio Chiaro.
Materiali / Materials
legno (sottolavabo Luxor) / wood (Luxor
below sink), Tekno Deimos (lavabo Roman /
Roman sink)
Dimensioni / Dimensions
120 x 49.7 x H 38 cm (Luxor)
Ø 47 x H 86 cm (Roman)
Window
Nato dalla collaborazione tra Cordivari
Design e il corso di Product Design sull’in-
terazione tra uomo e sistema domestico
dell’Università Europea del Design di Pe-
scara, il termoarredo d’acciaio colorato
Window ideato da Beatrice De Sanctis
rinnova la gamma di radiatori a piastra
dell’azienda abruzzese. La cornice mobile
può essere aperta per funzionare da por-
tasalviette, aumentando così la tridimen-
sionalità del prodotto e offrendo un’ampia
varietà di combinazioni cromatiche.
Materiali / Materials
acciaio / steel
Finiture / Finishes
White Sand, Terra
Dimensioni / Dimensions
L 110 x H 49.5 cm
Bagno / Bathroom RASSEGNA XLV
Created in the R&D office of Arbi Arredo-
bagno with the help of the García Cumini
design studio, Luxor is a series that highlights
a number of finishes, colours and textures
inspired by the traditions of the past. In the
photo from left, the wall-hung unit with In-
treccio Chiaro finish that resembles the
texture of wicker, the monolithic Roman sink,
available in a low version and semi monolith,
combined with the Ajour mirror and back-lit
Reed rail. In the background, the Reed cup-
board in Intreccio Chiaro finish.
Arbi Arredobagno
www.arbiarredobagno.it
Arredobagno e radiatori / Bathroom furniture and radiators
Emerging from a collaboration between
Cordivari Design and the Product Design
course on the interaction between humans
and the domestic system at the European
University of Design in Pescara, the
steel-coloured Window radiator devised by
Beatrice De Sanctus renews the range of
radiators by the Abruzzi-based manufac-
turer. The mobile frame can be opened to
function as a towel rail, increasing the
three-dimensionality and offering a wide
variety of colour combinations.
Cordivari
www.cordivari.it
 XLVI RASSEGNA Bagno / Bathroom
Chrea
ll lavabo da appoggio e la vasca della
collezione Chrea sono tra le novità del 2022
della gamma di prodotti Acquawhite dell’a-
zienda spagnola Acquabella. Definiti da linee
curve, morbidezza al tatto e disegno minimal,
questi due elementi sono realizzati in Do-
lotek® bianco, un composito di resina e
dolomite che facilita la creazione di forme
curve e resistenti all’usura grazie alla sua
compattezza. L’assenza di pori, infatti, faci-
lita la pulizia e limita il proliferare di virus,
funghi e batteri.
Materiali / Materials
Dolotek®
Finiture / Finishes
Bianco / White
Dimensioni / Dimensions
H 22.9 x Ø 40 cm x cm (lavabo / sink)
168.6 cm x 61 cm (vasca / bathtub)
Lavabi / Sinks
Wave
Con il payoff “La perfezione dell’assimetria”,
i nuovi lavabi disegnati dall’Ufficio Tecnico
Simas presentano un’inclinazione variabi-
le delle pareti interne. Disponibile in quattro
forme – cerchio, rettangolo, ovale e quadra-
to – sia da appoggio, sia sospese e con
bordo di 8 mm di spessore, la linea Wave
può essere personalizzata con 13 varianti
cromatiche: bianco, nero, antracite, cemen-
to, tela, pervinca, navy, mirto, prugna, moka,
sabbia (tutte smaltate a effetto Matt), nero
lucido e bianco lucido.
Materiali / Materials
ceramica / ceramic
Finiture / Finishes
Matt mirto / Matt myrtle
Dimensioni / Dimensions
42 x 42 x H 16 cm
The counter-top sink and bathtub in the
Chrea collection are among the latest prod-
ucts for 2022 from the Acquawhite range
by Spanish company Acquabella. Defined
by curved lines, soft texture and minimalist
design, these two elements are made from
white Dolotek®, a resin and dolomite com-
posite that facilitates the creation of curved
forms resistant to wear thanks to its com-
pactness. The absence of pores in fact
facilitates cleaning and prevents the pro-
liferation of viruses, fungi and bacteria.
Acquabella
www.acquabella.com
Based on the idea of “the perfection of
asymmetry”, the new washbasins designed
by Ufficio Tecnico Simas feature a variable
inclination of interior walls. Available in four
shapes - circle, rectangle, oval and square
- either counter-top or wall-hung and with
an 8 mm thick edge, the Wave range can
be customised with thirteen different col-
ours: white, black, anthracite, cement, can-
vas, periwinkle, navy, myrtle, plum, mocha,
sand (all with a Matt-effect glaze), gloss black
and gloss white.
Simas
www.simas.it
Marcel
Andrea Parisio e Giuseppe Pezzano
traggono ispirazione dalle forme del Bau-
haus e dai mobili viennesi Thonet di legno
curvato per la nuova collezione di Cerami-
ca Cielo presentata al Salone Internazio-
nale del Bagno 2022. In Marcel sono abbi-
nate ceramica, legno di frassino curvato e
tessitura del giunco (anche nota come
Paglia di Vienna). Il lavabo è disponibile sia
sospeso sia da appoggio, di colore bianco
lucido o nelle varianti delle palette croma-
tiche Terre e Acqua di Cielo dell’azienda.
Materiali / Materials
ceramica, legno, paglia di Vienna /
ceramic, wood, Vienna straw
Finiture / Finishes
Bianco lucido, Frassino /
Gloss white, Ash
Dimensioni / Dimensions
L 72 x W 50 x H 87 cm
Spire+
Elena Salmistraro aggiorna il suo lavabo
da appoggio Spire per Flaminia con una
variante ancora più organica, presentata
al Salone Internazionale del Bagno 2022.
L’ampio bordo a dimensione variabile di
Spire è arricchito in Spire+ da un decoro a
rilievo che ricorda le spire di una conchiglia
(da cui il nome), messe ancora più in risalto
dai riflessi della ceramica lucida bianca. La
collezione è disponibile nella variante ro-
tonda da 48 cm di diametro, in quella ovale
di 58 x 46 cm e con finiture colorate opache.
Materiali / Materials
ceramica / ceramic
Finiture / Finishes
Bianco lucido /
Gloss white
Dimensioni / Dimensions
H 14 x Ø 48 cm
domus 1072 Ottobre October 2022
Andrea Parisio and Giuseppe Pezzano
of have drawn inspiration from the forms
of the Bauhaus and Viennese Thonet bent-
wood furniture for the new Ceramica Cielo
collection presented at the 2022 Salone
Internazionale del Bagno. In Marcel, ceram-
ic is combined with curved ash wood and
woven rattan (also known as Vienna straw).
The washbasin is available in either a wall-
hung or counter-top version, in gloss white
or in versions from the company’s Terre and
Acqua di Cielo colour palettes.
Ceramica Cielo
www.ceramicacielo.it
Elena Salmistraro has updated her Spire
counter-top sink for Flaminia with a more
organic version, presented at the 2022 Sa-
lone Internazionale del Bagno. The generous
border of Spire with its variable dimensions
has been enhanced in Spire+ with a relief
decoration that recalls the spirals of a shell
(hence the name), made even more evident
by the reflections of the shiny white ceram-
ic. The collection is available in a round
version 48 cm diameter and an oval one 58
x 46 cm and with coloured matt finishes.
Ceramica Flaminia
www.ceramicaflaminia.it
domus 1072 Ottobre October 2022
Anima liquida
L’azienda toscana Antoniolupi continua
il suo viaggio negli altri ambienti della casa.
La trasversalità, Leitmotiv dei prodotti pre-
sentati al Salone del Mobile 2022, riguarda
anche il nuovo lavabo disegnato da Giorgio
Rava. Anima Liquida è un blocco monolitico
freestanding in pietra Ceppo di Grè che
richiama le forme di una fonte battesimale.
La rubinetteria idroprogressiva con getto
a cascata fa sì che il rubinetto scompaia e
lasci il posto a un comando cilindrico in
pietra. Il peso è di 250 kg.
Materiali / Materials
pietra / stone
Finiture / Finishes
Ceppo di Grè
Dimensioni / Dimensions
H 89.5 x Ø 78 cm
Tuscan manufacturer Antoniolupi con-
tinues its journey into other areas of the
house. Transversality, the leitmotif of the
products presented at the 2022 Salone del
Mobile, also features in the new sink de-
signed by Giorgio Rava. Anima Liquida is a
freestanding monolithic block of Ceppo di
Grè stone that recalls the shape of a bap-
tismal font. The hydro-progressive taps with
cascade jet mean that the tap disappears
and makes way for a cylindrical control in
stone. it has a weight of 250 kg.
Antoniolupi
www.antoniolupi.it
Ell
La famiglia di lavabi Ell di Agape nasce
dalle menti di Benedini Associati, Andrés
Just e Diego Cisi. Si tratta di una lastra mi-
nimalista di Corian® o marmo, con lavabo
integrato e griglia frangigetto. La sua inge-
gnosità le è valsa il premio “Best Interior
Product 2016”, degli AZ Awards e ora si
amplia con la nuova versione freestanding
disegnata da Benedini Associati. Il metodo
progettuale è influenzato dalle lezioni sulla
semplificazione di Bruno Munari: Ell a co-
lonna, infatti, riduce ai minimi termini il lava-
bo, costituito solo da un sottile piano oriz-
zontale e da una colonna che lo sorregge.
Il catino corrisponde all’intero piano ed è
completamente rivestito dalle griglie fran-
gigetto che lo trasformano in una superficie
d’appoggio su cui posare sapone e spaz-
zolini. Il lavabo è disponibile nelle varianti in
Corian® Bianco o Deep caviar – materiale
di cui è composta la griglia – oppure in mar-
mo bianco di Carrara, Grigio Carnico, Verde
Alpi, Emperador dark o nero Marquina. La
colonna è disponibile in acciaio verniciato
a polvere di colore bianco o grigio scuro.
Materiali / Materials
marmo, Corian®, acciaio /
marble, Corian®, steel
Finiture / Finishes
Verde Alpi, Deep Caviar, Nero Marquina /
Green Apls, Deep Caviar, Black Marquina
Dimensioni / Dimensions
63 x 38 x H 86 cm (lavabo / sink)
Ø 12 cm (colonna / column) /
Ilbagnoalessi
Laufen e Alessi hanno unito le forze per
celebrare i 20 anni della collezione Ilbagno-
alessi disegnata da Stefano Giovannoni.
Grazie alle nuove ricerche sui materiali
ceramici, il designer è stato in grado di spe-
rimentare forme e colori nuovi. Le qualità
di robustezza, leggerezza ed estrema mal-
leabilità del Saphirkeramik, per esempio,
gli hanno permesso di progettare lavabi
dalle forme ancora più fluide. Tra le nuove
finiture, le ceramiche opache nelle varian-
ti di colore bianco, nero e caffè.
Materiali / Materials
Saphirkeramik, laminato /
Saphirkeramik, laminate
Finiture / Finishes
Nero opaco, Terracotta /
Matt black, Terracotta
Dimensioni / Dimensions
100 x 38 x H 17 cm (bacinella / basin)
160 x 37 cm (mobile / cabinet)
Bagno / Bathroom RASSEGNA XLVII
The Ell range of washbasins from Agape
has been conceived by Benedini Associa-
ti, Andrés Just and Diego Cisi. Ell consists
of a minimalist slab of Corian® or marble,
with integrated washbasin and breakwa-
ter-grille. Its ingenuous design earned it the
“Best Interior Product 2016” from AZ Awards
and it has now been extended with the new
freestanding version designed by Benedini
Associati. Their approach to design has
been greatly influenced by Bruno Munari’s
lessons on simplification: the pedestal ver-
sio of Ell in fact reduces the washbasin to
a minimum, made up only of a thin horizon-
tal top and a column to support it. The basin
corresponds to the the whole top and is
completely clad in a grille that transforms
it into a shelf on which to place soap and
toothbrushes. The washbasin is available
in assorted versions, in white Corian® or
Deep caviar – a material used to make the
grille – or in White Carrara marble, Grey
Carnico, Green Alpi, Emperador dark or Black
Marquina. The column is available in powder
coated steel in white or dark grey.
Agape
www.agapedesign.it
Lavabi / Sinks
Laufen and Alessi have joined forces to
celebrate twenty years of the Ilbagnoales-
si collection designed by Stefano Giovan-
noni. Thanks to new research into ceramic
materials the designer has been able to
experiment with new forms and colours.
The qualities of strength, lightness and the
extreme malleability of Saphirkeramik, for
example, have made it possible to design
sinks with even more fluid shapes. The new
finishes include coloured matt ceramics in
white, coffee and black.
Laufen
www.laufen.com
 XLVIII RASSEGNA Bagno / Bathroom
Liquid
La linea di arredo bagno disegnata da
Tom Dixon per l’azienda turca VitrA si com-
pone di vasi, lavabi, bidet, rubinetteria e
accessori doccia, mobili contenitori e pia-
strelle. In un rimando tipicamente inglese
all’epoca vittoriana, Liquid si distingue per
le linee curve e scultoree. Il bianco dei la-
vabi – a incasso, a parete, da appoggio o
freestanding – è accompagnato dalla fini-
tura nera lucida o cromata delle 10 varian-
ti di rubinetti, per ottenere un effetto senza
tempo. I mobili hanno le stesse cromie.
Materiali / Materials
porcellana (lavabo), vetro scanalato (ante) /
porcelain (sink), fluted glass (doors)
Finiture / Finishes
Bianco / White
Dimensioni / Dimensions
L 100 x W 50 cm (ripiano / top)
Ø 48 cm (lavabo / sink)
Sanitari / Sanitaryware
Glam Twist
La collezione Glam di Scarabeo si amplia
con un nuovo WC dotato del sistema di
scarico dell’acqua Twist. Costituito da un
bordo contenitivo del vaso che impedisce
fuoriuscite di acqua, è progettato sia per
ottimizzare il risparmio idrico, sia per ridur-
re il rumore dello scarico. Oltre alle finiture
già presenti in collezione, sono ora dispo-
nibili quelle bicolori con l’esterno bianco
opaco e l’interno bianco lucido, esterno
ardesia e interno nero lucido e, infine, ester-
no sand e interno sabbia lucido.
Materiali / Materials
ceramica / ceramic
Finiture / Finishes
Bianco opaco / Matt white
Dimensioni / Dimensions
50.5 x 36 cm
The range of porcelain bathroom fittings
designed by Tom Dixon for Turkish manu-
facturer VitrA includes WCs, sinks, bidets,
taps and shower accessories, storage units
and tiles. Taking inspiration from tradition-
al English style of the Victorian era, Liquid
has curved, sculptural lines. The white sinks
– built-in, wall-hung, counter-top or freestand-
ing versions – is combined with the gloss
black or chrome finish of the ten styles of
tap, to achieve a timeless effect. The same
colours have been taken up in the furniture.
VitrA
www.italy.vitrabathrooms.com
The Glam collection from Scarabeo has
been extended with a new WC featuring
the Twist system of water flushing. Consist-
ing of a containing border around the toilet
bowl that stops water escaping, it is de-
signed both to optimise water savings as
well as reduce the noise of flushing. In ad-
dition to the finishes already present, two-
tone ones are now available with an exteri-
or in matt white and interior gloss white,
exterior slate and interior gloss black and
finally exterior sand and interior gloss sand.
Scarabeo Ceramiche
www.scarabeosrl.com
Zencha
I rituali e l’artigianato giapponese ispi-
rano Sebastian Herkner per la nuova col-
lezione di Duravit: lavabi dalle forme orga-
niche e arredi per il bagno che puntano
sulla sensorialità. I mobili modulari hanno
superfici anti-impronta, disponibili nelle fi-
niture Bianco super opaco, Taupe super
opaco e Grigio grafite super opaco, con
frontali in rovere naturale, rovere nero op-
pure vetro bianco e zigrinato nero. I lavabi
di DuraCeram® sono disponibili nelle va-
rianti quadrata o rettangolare.
Materiali / Materials
DuraCeram®, legno, vetro / DuraCeram®,
wood, glass
Dimensioni / Dimensions
L 100 x W 55 x H 28.1 cm (base
sottolavabo / sink base unit)
42 x 42 cm (lavabo / sink)
Elie Saab
Lo stilista libanese Elie Saab collabora
con l’azienda emiratina RAK Ceramics per
la linea bagno Elie Saab Bathroom & Sur-
face Collections. Il risultato è la sintesi di un
viaggio tra le atmosfere di Beirut, Parigi,
Milano, Londra e New York, con trame di
marmo e ottoni abbinati a elementi mini-
mali. Cinque le linee: Glamour, Liquid Metal,
Royal, Soft Lux e Travertinum. Nella foto,
Liquid Metal contrappone ai toni scuri del
cemento il bianco della ceramica e gli ori
satinati della rubinetteria.
Materiali / Materials
ceramica / ceramic
Finiture / Finishes
Liquid Metal
Dimensioni / Dimensions
58 x 38 cm
domus 1072 Ottobre October 2022
Japanese rituals and craftsmanship have
been Sebastian Herkner’s inspiration for
the new Duravit collection: washbasins with
organic shapes and bathroom furniture
that emphasises sensory qualities. The
modular units have anti fingerprint surfac-
es, available in a super-matt white finish,
super-matt taupe and super-matt graphite
grey, with fronts in natural oak, black oak or
white glass and black knurled. The wash-
basins in DuraCeram® are available in a
square or rectangular versions.
Duravit
www.duravit.it
Lebanese designer Elie Saab has worked
with RAK Ceramics of the United Arab Emir-
ates on the Elie Saab Bathroom & Surface
Collections. The result represents a journey
that takes in the atmospheres of Beirut,
Paris, Milan, London and New York, with tex-
tures of marble and brass combined with
minimalist elements. There are five ranges:
Glamour, Liquid Metal, Royal, Soft Lux and
Travertinum. In the photo, Liquid Metal con-
trasts the dark tones of concrete with the
white of ceramic and satin gold of the taps.
RAK Ceramics
www.rakceramics.com
domus 1072 Ottobre October 2022
Una cassetta degli attrezzi, fatta di colore e materia
Se è vero, come sosteneva il pittore
impressionista Claude Monet,
che “ogni colore che vediamo nasce
dall’influenza del suo vicino”, allora il nuovo
showroom Durat, da poco inaugurato nel
centro di Helsinki, è destinato a mostrare
ai suoi visitatori molto più dei 200 colori
presenti nel catalogo dell’azienda fondata
nel 1990 e che, da oltre 17 anni, produce
l’omonimo materiale, usato per bagni,
cucine e luoghi pubblici. Linda Bergroth,
designer finlandese che divide il suo lavoro
tra Helsinki e Parigi, ha concepito il negozio
come una pratica cassetta degli attrezzi:
colorata e immersiva, tattile e ispirazionale.
Come le lettere di un immaginario
alfabeto, le tonalità RAL (a cui vanno poi
aggiunte quelle realizzabili su richiesta) si
possono accostare tra loro e mescolare
con un’ampia gamma di granulometrie e
texture, che contribuiscono a creare un
racconto progettuale originale e organico
fatto di colore, luci e ombre.
“Lo spazio mette in evidenza le infinite
possibilità dei materiali Durat. Sottolinea
combinazioni di colori e trame non
convenzionali, invitando e ispirando i
designer a scoprire i loro modi individuali di
utilizzare i materiali”, spiega Bergroth.
Alla base del suo progetto c’è l’idea di
offrire la possibilità di osservare il prodotto
nudo e crudo, smontato e ridotto alle sue
componenti essenziali: dalla tavolozza
cromatica ai motivi granulari della
superficie, dalle giunzioni alle saldature.
“L’obiettivo era quello di liberare la creatività
degli interior designer, piuttosto che fornire
esempi di applicazioni di prodotti che, al
contrario, avrebbero finito per limitare
l’immaginazione”, prosegue la designer.
Un altro tema importante è quello della
Photos Paavo Lehtonen
sostenibilità di Durat, materiale composto
al 30 per cento da plastica post-industriale
riciclata e, a sua volta, riciclabile al 100 per
cento alla fine della vita del prodotto.
I rifiuti post-industriali riciclati vengono
ridotti in granuli che si traducono in piccole
macchioline, tratto distintivo della texture
del materiale, che ricorda il terrazzo alla
veneziana. Seguendo una logica e un
ideale di produzione circolare, le materie
prime vengono acquistate, riciclate e
vendute puntando a un ciclo di vita il più
lungo possibile, e garantendo la loro totalità
di riutilizzo alla fine della vita del prodotto.
In questa pagina: lo showroom Durat,
progettato da Linda Bergroth e da poco
inaugurato a Helsinki, è stato concepito
per mostrare le potenzialità dell’omonimo
materiale, composto al 30 per cento da
plastica post-industriale riciclata e, a sua
volta, riciclabile al 100 per cento alla fine
della vita del prodotto
• This page: the Durat showroom,
designed by Linda Bergroth and recently
inaugurated in Helsinki, aims to showcase
the potentials of the Durat material, 30 per
cent made from post-industrial plastic and,
in turn, 100 per cent recyclable at the end
of a product’s lifespan
Bagno / Bathroom RASSEGNA XLIX
Testo/Text Elena Sommariva
A toolbox, made of colour
and material
If it is true, as the impressionist painter
Claude Monet believed, that “every color
we see comes from the influence of its
neighbor”, then the new Durat showroom,
recently inaugurated in the centre of
Helsinki, is intended to show its visitors
much more than the 200 colours present
in the catalogue of the company founded
in 1990 and who, for over 17 years, has
manufactured this material, used in
bathrooms, kitchens and public spaces.
Linda Bergroth, a Finnish designer who
divides her time between Helsinki and
Negozi / Shops
Paris, designed the store like a practical
toolbox: colourful and immersive, tactile
and inspirational. Like the letters of a
make-believe alphabet, the RAL shades
(plus all the customisable ones) can
be matched and combined with a vast
array of granule sizes and textures, which
contribute to creating an original and
organic design story made of colour, light
and shadow. “The space highlights the
infinite possibilities of Durat materials. It
underlines combinations of unconventional
colours and patterns, inviting and inspiring
designers to discover their individual ways
in using the materials,” explains Bergroth
The basic idea is to offer the opportunity to
observe the product as it is, disassembled
and reduced to its essential components:
from the colour palette to the granular
patterns of the surfaces, from the joints
to the seams. “The goal is to unleash the
creativity of interior designers rather than
to provide examples on how to apply the
products that, on the contrary, would have
ended up limiting the imagination,” the
designer continues. Another important
theme is the sustainability of Durat, a
material that is 30 per cent post-industrial
plastic and, in turn, 100 per cent recyclable
once its lifespan is over. The recycled
post-industrial plastic is ground into
granules that appear like small speckles, a
distinctive feature of the material’s texture,
which calls to mind Venetian terrazzo.
By following the logic of circular production,
the raw materials are bought, recycled
and sold, focusing on the longest lifespan
possible and ensuring their complete reuse
at the end of their lives.
L DIARIO
Marziani / Martians
Incontri fuori dall’ordinario / Out of the ordinary encounters
Brunello Cucinelli
Testo /Text Walter Mariotti
Nato nel 1953 a Castel
Rigone, Perugia, Brunello
Cucinelli fonda nel 1978 una
piccola impresa e stupisce il
mercato con l’idea di colorare
il cashmere. Attualmente
è presidente esecutivo di
Brunello Cucinelli S.p.A.,
presidente del Teatro Stabile
dell’Umbria e parte del
consiglio di amministrazione
di Fondazione Altagamma,
Cashmere Paris SARL,
Cucinelli Brunello Europe
S.r.l. e Parmenide S.r.l., e
presidente della Fondazione
Brunello Cucinelli.
Illustrazione Felix Petruška
• Born in 1953 in Castel
Rigone, Perugia, in 1978
Brunello Cucinelli founded a
small business and surprised
the market with the idea
of dyeing cashmere. He is
currently CEO of Brunello
Cucinelli S.p.A., president of
the Teatro Stabile dell’Umbria,
and a member of the board
of directors of Fondazione
Altagamma, Cashmere Paris
SARL, Cucinelli Brunello
Europe S.r.l. and Parmenide
S.r.l., as well as president
of the Fondazione Brunello
Cucinelli.
Mentre la sua azienda continua a macinare utili
impensabili in tempi (neri) come i nostri – 712,18 milioni
di euro nel 2021 che puntano al miliardo nel 2024 –
Brunello Cucinelli seguita a essere quello che è sempre
stato, e soprattutto a fare quello che ha sempre fatto.
Nuoto la mattina, studio dei filosofi antichi la sera,
sogni nel proprio letto la notte. In famiglia, nel cuore del
bel palazzo di Solomeo, il borgo dove è nata la moglie
Federica e che all’inizio del suo viaggio decise di far
diventare la sede della sua idea.
Un’industria umanistica dove al centro c’è la dignità
dell’uomo. Una fabbrica di bellezza, dove si produce
tutto quello che si vende, ma che non somiglia per
niente a una fabbrica e molto invece a una comunità.
Di persone, ma prima ancora di anime. È qui che
Cucinelli passa tutto il suo tempo, quando non è in
viaggio per affascinare partner, banchieri, artisti o
studenti raccontando di come tutto nacque dalla sua
reazione alla tristezza del padre, contadino libero e
felice divenuto operaio costretto a tollerare una vita
amara e rinchiusa per portare il pane a casa.
In questo borgo medievale che ha trasformato in
un paio di decenni nel laboratorio di eccellenza del
made in Italy, Cucinelli lavora come capo azienda,
presidente esecutivo, direttore creativo e azionista, ma
soprattutto architetto nel senso di Leon Battista Alberti
e Marsilio Ficino. Realizzatore di cose belle, di strutture
artificiali che permettono alla creatività e all’umanità di
esprimersi, oltre che di trovare una casa, qui diremmo
una domus. In effetti, il borgo di Solomeo è l’altra faccia
delle creazioni di cashmere che Cucinelli ha imposto
nel mondo, una sorta di quintessenza (postmoderna)
del bello architettonico, un mix di ispirazioni e di influssi
guidati, però, da un restauro conservativo attentissimo,
dalla filologia dei materiali, dei colori, delle pietre. Il tutto
fuso con l’ispirazione del pensiero classico e della
filosofia, vera passione di Cucinelli assieme alla moda
e all’architettura. Difficile, altrimenti, immaginare come
nel cuore dell’Umbria, a pochi chilometri da Assisi,
possa esistere un giardino dedicato a Epicuro o come,
dagli angoli delle facciate perfettamente recuperate,
ci parlino i busti in marmo e le frasi dei grandi maestri:
Socrate, Platone, Aristotele, Boezio, Confucio, Kant.
Nell’impresa umanistica di Solomeo si lavora tutti
perseguendo un identico obiettivo, ma soprattutto si
avverte una scala di valori non materiali nella quale ci si
riconosce come parte dell’intera azienda.
In questa scala di valori gli spazi, la luce, gli uffici e le
stanze della creatività giocano un ruolo fondamentale.
Perché sono la forma di una sostanza. Fin dall’inizio
della sua intrapresa, Cucinelli intuì che se voleva
realizzare cose belle, se voleva fare davvero un’impresa
umanistica sulla scia di Benedetto da Norcia e Adriano
Olivetti, allora anche per lui l’architettura era cruciale.
Cosi è nata quest’architettura industriale, e questa case
story di successo unica al mondo.
Qui, nel ristorante aziendale i dipendenti possono
pranzare a soli 3 euro. Nessun cartellino da timbrare,
la pausa pranzo dura un’ora e mezza e dà anche la
possibilità di fare un riposino. Oltre al castello restaurato
e a una quindicina di case laboratorio, Cucinelli ha
regalato al borgo anche un teatro in cui si tiene uno
spettacolo mensile e un festival di musica classica
d’estate. Nel 2024 sarà pronta anche la Biblioteca
Universale, un grande “tempio laico della conoscenza”
che ospiterà dai 400.000 ai 500.000 volumi. “Bisogna
restituire al lavoro dignità economica e morale,
conciliare capitalismo ed umanesimo”, sorride. I fatti
continuano a dargli ragione.
domus 1072 Ottobre October 2022
• While his company keeps registering incredible
profits in these (dark) times – 712.18 million euros in 2021,
and a projected 1 billion in 2024 – Brunello Cucinelli
continues to be what he has always been, and to do
what he has always done. Swimming in the morning,
studying ancient philosophers in the evening, dreaming
in his bed at night. His family home is a fine palazzo in
Solomeo, the village where his wife Federica was born
and where, at the start of his career, he chose to turn
his ideas into his headquarters.
His is a business focused on human dignity.
A producer of beauty that makes everything it sells,
and in no way resembles a traditional factory, but
rather a community of people, and above all of souls.
This is where Cucinelli spends his time when he’s
not travelling to charm his partners, bankers, artists or
students, describing how it all began as a reaction
to the sorrow of his father, a free and happy farmer
turned labourer who was forced to endure a harsh and
pent-up existence to support his family.
In this medieval hamlet that, in a few decades, he
transformed into an all-Italian workshop of excellence,
Cucinelli is head of the company, CEO, creative
director and shareholder, but primarily an architect à
la Leon Battista Alberti or Marsilio Ficino. A creator of
beautiful things, artificial structures that enable the
expression of creativity and humanity, as well as giving
them a home, which here we would call a domus. The
village of Solomeo is the other face of the collections
of cashmere garments that Cucinelli has imposed
across the world, a sort of (postmodern) quintessence
of architectural beauty, a mix of inspirations and
influences that are guided and informed by attentive
conservative restorations, by the philology of materials,
colours and stones. All this is held together with
the inspiration of classical thought and philosophy
– Cucinelli’s passions along with fashion and
architecture. Otherwise, it would be almost impossible
to imagine how a garden devoted to Epicurus could
exist in the heart of Umbria, just a few kilometres
from Assisi, or how, from the corners of the perfectly
restored facades, marble busts and statements by
grand masters could speak to us: Socrates, Plato,
Aristotle, Boethius, Confucius, Kant.
In the humanistic endeavour of Solomeo, everyone
works towards the same goal. But most of all there is a
set of non-material values that everyone identifies with,
and everyone recognises they are part of the entire
company. In these values, a fundamental role is played
by the spaces, the light, the offices and the rooms
of creativity. Because they give form to substance.
From the start of his adventure, Cucinelli sensed that
if he wanted to make beautiful things, if he wanted to
create a humanistic enterprise like Benedict of Nursia
or Adriano Olivetti, then architecture would be critical
for him, too. This realisation spawned his industrial
architecture, and this unique story of success.
In the company restaurant, employees can dine for
just three euros. There are no time cards to stamp,
lunch lasts an hour and a half, and workers can even
take a nap. In addition to the restored castle and
about 15 workshops, Cucinelli has gifted the village
a theatre that hosts a monthly performance and a
classical music festival during the summer. In 2024 the
Universal Library will also be opened, a “secular temple
of knowledge” that will hold between 400,000 and
500,000 books. “To reconcile capitalism and humanism,
we need to restore economic and moral dignity to
work,” he smiles. Reality keeps proving him right.
 Nel cuore della città
per la città /
In the heart of the city
for the city
Photo Alessandra Chemollo

Promosso da / Advertorial by
LII
Trasparenza,
certificazione,
affidabilità /
Transparency,
certification,
reliability
Generali RE
si pone come
life-time partner
di tenant e istituzioni /
Generali RE
is a life-time partner
for tenants
and institutions
© BIG
Massimo Valz-Gris
“Siamo e rimaniamo una property
company, questo è il nostro DNA:
gestiamo, ampliamo e rivalutiamo,
tramite la rigenerazione edilizia, il
nostro portafoglio immobiliare che a
oggi ammonta a circa 36 miliardi di
euro”. Anche davanti a operazioni di
developement di grande successo
e risonanza come CityLife, Paolo
Micucci, Head of Engineering & Project
Management di Generali Real Estate, ci
tiene a che non si perda di vista la natura
del Leone, perché in un mondo di identità
confuse e confondenti, almeno nel campo
della creazione del valore è fondamentale
sapere chi sei e che cosa fai.
“Operazioni di sviluppo come CityLife
oppure il polo logistico di Piacenza sono
sicuramente importanti, ma nascono
da opportunità specifiche. Non escludo
affatto, anzi, che in futuro se ne presentino
altre, ma il nostro core-business rimane
legato alla valorizzazione immobiliare”.
Uno dei progetti più significativi è la
riqualificazione di Bassi Business Park
a Milano in zona Porta Nuova. Con
i suoi 56.000 m2 totali, il complesso
rappresenta il più importante cantiere
in corso per Generali RE in Italia, proprio
dopo CityLife. La sua riqualificazione si
inserisce nell’ambito del processo di
riposizionamento che la compagnia ha
avviato sui propri asset sulla base dei
più avanzati criteri ESG e di una precisa
traiettoria di decarbonizzazione.
Una chiarezza di visione fondamentale
per sé e per gli altri, specialmente quando
si gestiscono i soldi del pubblico, inteso
come le persone che sottoscrivono le
polizze vita di Generali, e si lavora in stretto
dialogo con l’altro ‘pubblico’, cioè con le
amministrazioni e le istituzioni.
“Siamo fedeli al nostro mantra di essere
lifetime partner delle persone e, per
questa ragione, la trasparenza è per noi un
metodo, oltre che un valore assoluto. Un
sistema che applichiamo in ogni campo,
a partire dalla valutazione del patrimonio
sino alle procedure competitive con le
quali affidiamo le commesse ai contractor
e agli studi di architettura e ingegneria”.
Un esempio concreto viene dalla grande
operazione portata a termine lo scorso
aprile alle Procuratie Vecchie in piazza
San Marco a Venezia (ved pag. LVI).
“Non puntiamo al nome, bensì alla
competenza, affidandoci a professionisti
con esperienza specifica nel campo e, nel
caso delle Procuratie, anche in un posto
particolare come Venezia”.
Il tradizionale focus sulla conservazione
e sull’ammodernamento del patrimonio
edilizio storico rende Generali RE un
soggetto molto affidabile anche gli
occhi delle amministrazioni, che nella
compagnia triestina vedono un grande
attore della rigenerazione urbana.
Anche perché il portafoglio immobiliare
di GRE in corso di riqualificazione è
pressoché senza rivali: soltanto a Milano
– escludendo l’operazione di sviluppo
a CityLife – parliamo di oltre 90.000 m2
di superficie. Distribuiti in cinque snodi
decisivi del tessuto cittadino, a brevissima
distanza dal centro ci sono il già citato
Bassi Business Park, su progetto dello
studio Obr, che sarà definitivamente
ultimato entro il 2025; i cantieri, a pochi
passi da piazza del Duomo, per la nuova
sede di CitiBank in piazzetta Maurilio
Bossi (L22, 9.000 m2); l’hotel Melià (Studio
Marco Piva, 7000 m2) in Piazza Cordusio;
un centro commerciale (Aldo Cibic, 1.500
m2) in via Mercanti 21 e ancora uffici
in Vittorio Emanuele (GBPA, 6.000 m2)
e in via Meravigli (One Works, 6.000 m2)
in corso di commercializzazione.
Proprio nel capoluogo lombardo, Generali
RE sta concentrando il suo impegno
per lanciare un nuovo modello che
sposi il recupero del patrimonio con la
sostenibilità a tutto tondo, con ricadute
positive sull’ambiente e sulla società.
“A Milano abbiamo circa il 65 per cento del
nostro portafoglio italiano, il 25 per cento
a Roma, la parte restante sostanzialmente
nel Nord Est, tra Trieste e Venezia.
A livello continentale, nel nostro Paese
abbiamo circa il 35-40 per cento della
quota complessiva, un altro 30 per cento
è in Francia e stiamo investendo molto in
Germania, Spagna e Repubblica Ceca.
Qui è in corso la completa riqualificazione
di un importante centro commerciale nel
centro di Praga, per il quale abbiamo un
grande progetto che contempla anche la
ridestinazione d’uso”, dettaglia Micucci.
Le regole comuni europee – su tutte la
EU Taxonomy for sustainable activities –
rendono relativamente semplice mettere
a fattor comune da un Paese all’altro
le competenze nella riqualificazione
degli asset, ancor quando il paradigma
della sostenibilità è uno dei pilastri
dell’organizzazione. “Da anni sappiamo
che la sostenibilità è prima di tutto giusta
ma poi anche conveniente per tutti
gli stakeholder. Dunque, non ci limitiamo
ad adeguarci agli input legislativi, ma li
anticipiamo: per esempio compriamo
soltanto energia pulita e utilizziamo, dove
è possibile, l’acqua di falda per le pompe
di calore. Quanto alla scelta delle città,
ci muoviamo secondo precise strategie
che bilanciano rischio e rendimento nel
lungo termine, che ci portano a guardare
in particolare alle realtà più dinamiche
del continente. Tra i fattori decisivi
rientrano l’attrattività verso i giovani
e il quadro burocratico-amministrativo”.
Nel medio-lungo periodo l’obiettivo è la
riduzione del 30 per cento dei consumi,
per i nuovi investimenti, in linea con i
requisiti minimi per l’emissione di green
bond volti a finanziare progetti sostenibili.
Non basta. Conclude Micucci: “Generali è
entrata anche a far parte della Net-Zero
Asset Owner Alliance, con l’obiettivo
della produzione netta di zero CO2 entro
il 2050. Miriamo all’impatto negativo
durante tutto il ciclo di vita dell’edificio,
compresa la costruzione. Al momento,
l’edilizia non ha ancora gli strumenti
per determinare le emissioni di CO2,
ma uno dei nostri impegni è dare impulso
alla filiera affinché si possa colmare
© BIG
il gap al più presto”.
In apertura: dalle Procuratie Vecchie
in Piazza San Marco a Venezia, oggetto
della rigenerazione coordinata da Generali
Real Estate e affidata a David Chipperfield,
si scorgono le Procuratie Nuove.
In queste pagine. Qui sopra: un rendering
dell’area milanese di CityLife. Oltre alle tre
iconiche torri (pagina a fronte: in primo
piano, il Curvo di Daniel Libeskink e, sullo
sfondo, lo Storto di Zaha Hadid Architects)
fa parte del progetto anche la struttura
direzionale CityWave progettata da BIG.
Composta da due edifici uniti da una
copertura fotovoltaica a onda (sotto,
il dettaglio), sarà completata nel 2025.
Il quartiere è improntato alla sostenibilità
ambientale grazie alla scelta dei materiali
e delle fonti energetiche pulite, tra cui
l’acqua di falda
• Opening page: the Procuratie Nuove seen
from the Procuratie Vecchie in St. Mark’s
Square, Venice, subject to refurbishment
coordinated by Generali RE and handled
by David Chipperfield. These pages: Above,
a rendering of CityLife in Milan. As well
as the three iconic towers (opposite,
foreground, the “Curved tower” by Daniel
Libeskind, and behind, the complex by Zaha
Hadid Architects, the project also includes
the CityWave building by BIG. Composed of
two buildings linked by a photovoltaic wave
(a detail below), completion is due in 2025.
The district is environmentally sustainable
thanks to the choice of materials and clean
resources, including groundwater
Photo David Bombelli
LIII
LIV
In questa pagina. A destra: una veduta
panoramica di One Fen Court, nel cuore
della City Londinese. Nei suoi 15 piani
ospita 40.000 m2 di uffici, un passaggio
pedonale, un ristorante al 14° livello
e la terrazza-giardino aperta al pubblico
(qui sotto, un dettaglio) con vista
sulla cattedrale di St. Paul, Tower Bridge
e Canary Wharf.
Pagina a fronte: il prisma sommitale
della Tour Saint-Gobain nel quartiere
parigino di La Defense. A oggi, è l’unico
grattacielo in Francia ad aver ottenuto
tutte le principali certificazioni ambientali
(BREEAM, LEED, HQE ed Effinergie+)
ai massimi livelli
• This page: Right: a panoramic view
of One Fen Court, in the City of London.
Its 15 floors are home to 40 thousand m2
of offices, a walkway, a 14th-floor
restaurant and a public terrace-garden
(a detail below) with views of St. Paul’s,
Tower Bridge and Canary Wharf.
Opposite: the prism on the top of the
Tour Saint-Gobain in La Defense, Paris.
It is currently the only skyscraper
in France to have obtained all main
environmental certification (BREEAM,
LEED, HQE and Effinergie+) at top level
Photo Jason Hawke
• “We are and we will always be a
property company, this is where our roots
lie; through building regeneration we
manage, expand and re-evaluate our real
estate portfolio, which is, to date, worth
approximately 36 billion euros”. Even in
with highly successful and influential
development operations such as CityLife,
Paolo Micucci, Head of Engineering &
Project Management for Generali Real
Estate, feels it is important that focus is
maintained on the nature of the company,
because in a world of confusing and
uncertain identity, it is fundamental - at
least in the field of creating value - to know
who we are and what we do.
“Development operations such as
CityLife or the Piacenza logistics hub
are clearly important yet precise, in the
sense that they are the result of specific
opportunities. I am certain that the future
will present similar occasions, yet our core
business remains tied to the valorisation
of real-estate assets”.
One of the most significant projects is
the requalification of the Bassi Business
Park in the Porta Nuova area of Milan.
With its overall area of 56 thousand m2,
the complex represents Generali Real
Estate’s most important operation in Italy
after CityLife. The requalification project
is part of the repositioning process that
the company has set in motion for its
assets on the basis of the most advanced
ESG criteria and a precise move towards
decarbonisation. This is a clarity of
vision that is fundamental for both the
company itself and for others, particularly
when handling funds belonging to the
public – in terms of the people who take
up Generali life insurance policies – and
working in close collaboration with public
administration and institutions.
“We are true to our motto of being a
lifetime partner for people, and this is
why transparency is a method, as well as
Photo Dirk Linder
an intrinsic value. It is a system that we
apply to every field, from the evaluation of
properties to the procedures for assigning
tenders to contractors as well as to
architectural and engineering firms”.
One concrete example is the large-scale
operation completed in April involving
the Procuratie Vecchie in Saint Mark’s
Square, Venice, a project handled by David
Chipperfield Architects (see page LVI).
“We are not interested in names, but rather
in ability, putting our trust in professionals
with specific practical experience in the
field and, in the case of the Procuratie, in a
location as particular as Venice”.
The traditional focus on conservation
and the modernising of period real estate
renders Generali Real Estate a particularly
reliable partner for local administrations,
which see the Trieste-based company as
an important player in urban regeneration.
This is also because the GRE real estate
portfolio currently under requalification is
practically unrivalled; in Milan alone - not
counting the CityLife development project
- we are looking at more than 90 thousand
m2 of surface area distributed over 5
decisive points in the urban landscape,
all just a short distance from the centre.
These are the aforementioned Bassi
Business Park, based on a project by the
firm OBR, which will be completed by 2025,
and the work sites just a stone’s throw
from Piazza Duomo for the new CitiBank
headquarters in Piazzetta Maurilio Bossi
(L22, 9,000 m2), the Hotel Melià (Studio
Marco Piva, 7,000 m2 in Piazza Cordusio, a
shopping mall (Aldo Cibic, 1,500 m2) at 21
Via Mercanti, as well as offices in Vittorio
Emanuele (GBPA, 6,000 m2) and in Via
Meravigli (One Works, 6,000 m2) currently
in the commercialisation stage.
Generali Real Estate is focusing its efforts
in the Lombardy capital to launch a new
model that combines the recovery of real
estate assets with all-round sustainability,
i.e., with positive collateral impact on the
environment and on society.
“Approximately 65% of our Italian portfolio
is in Milan, 25% is in Rome, and the rest is
mainly in the north-east, between Trieste
and Venice. On a European level, Italy
has approximately 35-40% of the overall
package, with another 30% in France, and
we are investing intensively in Germany,
Spain and the Czech Republic. Here, the
complete requalification is under way for
an important shopping mall in the centre
of Prague on the basis of a large-scale
project that also sees a repurposing of the
complex”, explains Micucci.
European Community regulations - above
all the EU Taxonomy for sustainable
activities - make it relatively easy to pool
competences between countries in the
requalification of assets, particularly
when the paradigm of sustainability is a
cornerstone of the organisation: “For years,
we have been aware that sustainability
is above all a just objective, as well as
beneficial for all stakeholders, and we
therefore do not simply limit ourselves
to adapting to legislation; we anticipate
it, for example purchasing exclusively
clean energy and, where possible, using
groundwater for heat pumps. In terms
of choosing cities in which to invest, we
rely on precise strategies that balance
long-term risks and profitability, leading
us in particular to focus on the most
dynamic cities in Europe. Decisive factors
undoubtedly include attractiveness for
young people and the bureaucratic-
administrative framework”. Over the
medium- to long-terms, the aim of the
company is to achieve a 30% reduction
in consumption for new investments,
in line with the minimum requirements
for the issuing of green bonds for the
funding of sustainable projects. However,
this is not enough. Micucci concludes:
“Generali has also joined the Net-Zero
Asset Owner Alliance, with the target of
zero net CO2 production by 2050. Another
goal is negative impact throughout the
entire lifecycle of a building, including
its construction. Currently, the building
industry still lacks the tools to determine
CO2 emissions, but we are committed
to encourage the entire supply chain to
resolve this as soon as possible”. (MVG)
Photo Sergio Grazia
LV
LVI
Sostenibilità e inclusività
all’ombra del Leone /
Sustainability and inclusivity
overlooking the Laguna
La riqualificazione delle Procuratie Vecchie
in piazza San Marco a Venezia /
The refurbishment of the Procuratie
Vecchie in St. Mark’s Square in Venice
Se c’è un edifico che rappresenta
plasticamente l’approccio di Generali
al tema della rigenerazione urbana
sostenibile è probabilmente quello che
da 500 anni si affaccia sul lato sinistro
di Piazza San Marco a Venezia, tra la
Torre dell’Orologio e il Museo Correr.
È il complesso delle Procuratie Vecchie,
l’antica sede della seconda carica
per importanza della Serenissima
Repubblica dopo il Doge: i procuratori
appunto.
Edificio tra i più celebri e ammirati
della città con le sue 100 finestre e i
50 archi, lo scorso maggio si è aperto
per la prima volta alla cittadinanza
per volontà di Generali – proprietaria
del complesso sin dal 1832 – che
nel 2017 aveva affidato l’ambiziosa
Photo Martino Lombezzi – Contrasto
riqualificazione a David Chipperfield, grande eleganza e funzionalità. in base all’utilizzo. Acquistando energia
dopo un concorso che aveva visto Ne risulta una combinazione di solo da fonti rinnovabili certificate, le
partecipare anche giganti del calibro affreschi e soffitti lignei decorati e Procuratie sono un edificio carbon
di Tadao Ando, Rem Koolhaas ed alta tecnologia smart per comfort neutral pienamente in linea con gli
Herzog & de Meuron. Sono serviti ambientale, efficienza lavorativa e obiettivi net zero carbon che Generali
cinque anni di lavori per quella che consumi sostenibili. In tutto, sui tre Real Estate persegue per l’intero
oggi è, tra le altre cose, la casa di The livelli, l’edificio conta oltre 12.000 m2 portafoglio. Grande attenzione, inoltre,
Human Safety Net (thehumansafetynet. impreziositi da marmorino, pavimenti è stata posta al tema alla circolarità,
org), fondazione che ha l’obiettivo di alla veneziana, marmi e pietra a con l’utilizzo di materiale di riciclo e la
liberare il potenziale delle persone vista, tutto sulle tinte del bianco e del conservazione, quando possibile, di
che vivono in situazioni di vulnerabilità beige per uffici di rappresentanza elementi originali come ampie porzioni
affinché possano migliorare le proprie e altri spazi per attività private e lignee e le tegole in terracotta dei
condizioni di vita, quelle delle loro istituzioni, un auditorium e due terrazze pavimenti del terrazzo.
famiglie e della comunità tutta. panoramiche.Sono stati riprogettati L’operazione si inserisce nel contesto
La riqualificazione ha riguardato gli impianti di riscaldamento e della riqualificazione dell’area marciana
non solo il terzo piano che accoglie trattamento dell’aria per eliminare voluto da Generali, che nel 2019
The Human Safety Net, ma anche i il consumo di combustibili fossili, aveva già portato, in collaborazione
primi due che oggi ospitano uffici di garantendo così una gestione con Venice Gardens Foundation, al
rappresentanza e spazi espositivi di energetica più efficiente e modulabile recupero dei Giardini Reali. (MVG)
 LVII

Photo Alessandra Chemollo

In queste pagine: la riqualificazione

delle Procuratie Vecchie.
Qui sopra: l’intervento architettonico
al terzo piano. A destra: due immagini
della mostra interattiva aperta
al pubblico “A world of Potential” nella casa
della Fondazione The Human Safety Net
Pagina a fronte. In alto, la facciata con
il portico a 50 arcate cui corrispondono
100 finestre ai livelli superiori.
Al centro: una stanza con arredi
e affreschi restituiti all’antico splendore

• These pages, the refurbishment

of the Procuratie Vecchie.
Top: the architectural works on the
Photo Martino Lombezzi – Contrasto

third floor. Right: two images from the

interactive exhibition open to public
Photo Alessandra Chemollo

“A world of potential” at The Human Safety

Net Foundation. Opposite page. Top: the
facade with the 50 arches, in line with the
100 windows on the upper floors. Centre:
a room with furnishings and frescoes
restored to their former splendor

• If there is one building that clearly
represents Generali’s approach to the
theme of sustainable urban generation,
it is probably the one that for 500 years
has sat on the left-hand side of Saint
Mark’s Square in Venice, between the
clocktower and the Correr museum. The
building is the Procuratie Vecchie complex,
the traditional seat of the second most
important figure in the Republic of Venice
after the Doge, the Procurator.
It is one of the most celebrated and
admired in the city, with its one hundred
windows and fifty arches, and in May it
was opened to the public for the first time
by Generali - the owner of the complex
since 1832 -, which in 2017 entrusted
the ambitious requalification project to
David Chipperfield. Five years of works
managed by Generali Real Estate for what
is now, among other things,
the home of The Human Safety Net
(thehumansafetynet.org), a foundation that
aims to unleash the potential of people
living in vulnerable situations so that they
can improve their own living conditions,
those of their families, and those of the
community as a whole. The requalification
project concerned not only the third floor,
where the offices of The Human Safety
Net is located but also the first two floors,
which currently play host to representative
offices and extremely elegant and
functional exhibition spaces. A skilful
combination of frescoes and decorated
wooden ceilings and smart technology,
fostering environmental comfort, operative
efficiency and sustainable consumption.
Overall, the three-floor building has in accordance with use and number of
an area of over 12 thousand square people present. Drawing exclusively on
metres, enriched with marmorino plaster, renewable energy, the Procuratie are
Veneziano floors, and exposed marble carbon neutral, fully in line with the net-zero
and stone, all in shades of white and carbon goals that Generali RE has set for
beige, and housing representative offices its entire portfolio.
as well as other spaces for private and Furthermore, extensive attention was
institutional activities, an auditorium and paid to circularity, with the use of recycled
two panoramic terraces. The building materials and the preservation of original
has achieved LEED Silver certification, elements, such as large sections in wood
which is a significant achievement for and the terracotta tiles making up the
a period building of this size, where the paving on the terrace, as well as to the
main requirement was to safeguard such application of traditional building and
a unique artistic setting. With this goal decorating techniques.
in mind, the heating and air conditioning The project is part of the requalification
systems were redesigned in order to of the area of Saint Mark’s carried forward
eliminate the consumption of fossil fuel, by Generali, which in 2019 recovered the
thus guaranteeing more efficient energy Royal Gardens in collaboration with the
management that could be regulated Venice Gardens Foundation. (MVG)
LVIII
Un gruppo globale con visioni
e competenze locali /
A global group with local
visions and skills
La sostenibilità delle operazioni
di Generali RE nasce dalla declinazione
puntuale della strategia complessiva /
The sustainable nature of Generali RE
operations is the result of the precise
implementation of overall strategy
In questa pagina: Palazzo Bonaparte
in piazza Venezia a Roma. Restaurato
nel 2019, ospita Generali Valore Cultura,
progetto nato per rendere accessibili arte
e cultura, in partnership con Arthemisia.
Il restauro, gestito da GRE, ha previsto
pavimenti sopraelevati in vetro sugli
originali. Pagina a fronte: Bassi Business
Park, centro direzionale in zona Garibaldi
a Milano, oggi in corso di riqualificazione
(in basso, gli uffici Sisal)
• This page: Palazzo Bonaparte
in Piazza Venezia, Rome. Restored
in 2019 is home to Generali Valore Cultura,
a project aiming to make art and culture
accessibile, in partnership with Arthemisia.
The restoration, managed by GRE, saw the
positioning of raised glass flooring over
the original floors. Opposite page: Bassi
Business Park, executive offices in the
Garibaldi district, in Milan, currently being
refurbished (bottom, the Sisal offices)
“La sostenibilità la fai se ci credi”. Molto più
che uno slogan – piuttosto un credo – se
a pronunciarlo è Olivier Terrenoire, Head
of Asset management & Sustainable
activities di Generali Real Estate. Uno che
la sostenibilità la fa e, dunque, ci crede.
La fa non da solo, s’intende, bensì all’interno
di una compagnia, di un sistema per
meglio dire, nel quale la parola chiave degli
ultimi anni, e dei prossimi, ha assunto una
concretezza, e quindi un valore, tangibili.
“L’approccio di GRE alla sostenibilità deriva
dalla strategia globale dettata dal CEO
Philippe Donnet ormai sei anni fa”, spiega
Terrenoire. “Quello che facciamo noi
responsabili di settore è declinarla lungo
gli assi fondamentali della compliance
normativa e delle logiche di mercato
legate al patrimonio che gestiamo”.
Il plurale utilizzato dal capo delle attività
sostenibili non è soltanto professione di
modestia, ma anche una considerazione
che nasce dal fatto che il rispetto del
paradigma dell’equità ambientale e sociale
permea il gruppo Generali in tutte le sue
espressioni, in particolare in ambito real
estate. Che si tratti di un’acquisizione
oppure di una riqualificazione di un asset
in portafoglio, niente viene messo in moto
senza che prima ci sia un approfondito
studio preliminare sulla sostenibilità,
non solo ambientale ma anche sociale
e di governance, condotto da una
squadra dedicata e utilizzando strumenti
avanzatissimi come l’intelligenza artificiale.
Una politica che trova un riscontro non
solo nell’applicazione di metodologie
interne ‘proprietarie’, ma anche tramite
assessment per i quali la parola d’ordine
è certificazione. “Far valutare e garantire
da organi terzi e indipendenti ogni asset
immobiliare è il nostro modo di praticare
la trasparenza verso clienti, stakeholder e
istituzioni”, spiega Terrenoire. “Valutazioni
come BREEAM o LEED attestano al di
là di ogni dubbio che per Generali Real
Estate non esiste greenwashing. Abbiamo
già 16 miliardi di euro di asset immobiliari
certificati (su un totale di circa 36) e
procediamo spediti in quella direzione”.
Guardando il quadro d’insieme, sono
sostanzialmente due i grandi temi su cui
lavora Terrenoire, due sfide strettamente
collegate tra loro: decarbonizzazione ed
efficientamento.
In particolare, i recenti obiettivi sul clima
annunciati da Generali includono la
progressiva decarbonizzazione del
portafoglio di investimenti diretti per
renderlo neutrale per il clima entro il 2050,
in linea con gli impegni assunti come
membro della Net-Zero Asset Owner
Alliance. L’obiettivo intermedio prevede
di ridurre, entro il 2025, le emissioni di
anidride carbonica del portafoglio di
azioni e obbligazioni societarie del 25
per cento rispetto al 2019 e di allineare
gli investimenti immobiliari alle direttive
internazionali intese a contenere entro
1,5 °C l’innalzamento della temperatura
rispetto all’era preindustriale.
Inoltre, il Gruppo prevede di realizzare tra
il 2021 e il 2025 ulteriori investimenti in
obbligazioni verdi e sostenibili per un valore
compreso tra 8,5 e 9,5 miliardi di euro, e
ridurrà gradualmente gli investimenti nel
settore del carbone termico con criteri
via via più stringenti per arrivare al loro
completo azzeramento.
Obiettivi ambiziosi ma raggiungibili,
soprattutto per gli investitori che su
questi temi lavorano già da tempo.
“Tecnicamente, nell’immobiliare tutto
è possibile. Il tema è semmai legato ai
tempi e alle risorse da allocare. Poi c’è
il complesso risvolto della compliance
al quadro, in continua evoluzione, di
normative nazionali e internazionali”.
Uno dei Paesi più impegnativi da questo
punto di vista è la Francia, dove oltre alle
normative continentali (EU Taxonomy
e politiche net zero) è in vigore anche il
Decret tertiaire che prevede una riduzione
dei consumi degli edifici del 40 per cento
entro il 2030, del 50 per cento entro il
2040 e del 60 per cento entro il 2050.
Paletti che, oltre a essere una costrizione,
rappresentano, per le aziende dotate
di visione, un’opportunità. “Il patrimonio
immobiliare di un gruppo come il nostro
deve necessariamente essere resiliente
nei confronti del cambiamento climatico
e saper interpretare le nuove dinamiche
sociali, le moderne necessità e le
sensibilità delle giovani generazioni. Oltre
a essere giusto, è anche conveniente per
tutti gli attori coinvolti: proprietari, affittuari,
comunità, amministrazioni. Non essere al
passo con i tempi significherebbe perdere
valore di mercato con susseguente
impoverimento di ogni stakeholder”.
E com’è, dunque, il dialogo con questi
stakeholder? Le parole d’ordine in questo
caso sono due: awareness e partnership.
“Abbiamo circa 3.000 grandi inquilini e circa
7.000 in totale. Con loro la collaborazione
è molto stretta e parte dalla comune
consapevolezza degli obiettivi e degli
strumenti necessari per raggiungerli.
Senza questo allineamento di intenti,
ogni traguardo sarebbe impossibile.
Basti pensare all’energia: noi possiamo
efficientare ogni sistema, ma se l’inquilino
utilizza fonti non rinnovabili ogni sforzo
è vano. Per questo, ci impegniamo in un
costante confronto con i nostri tenant che,
da un lato, sono sempre informati sulle
linee guida del gruppo e sulle disposizioni
di legge e, dall’altro, ci forniscono preziosi
riscontri su consumi, necessità ed
eventuali criticità. Di più: con lo strumento
del green lease stringiamo con i locatari
un preciso accordo che prevede impegni
condivisi nella riqualificazione, gestione e
uso delle risorse, e stabilisce dei benefit
per premiare i comportamenti virtuosi.”
Altrettanto fitto è il dialogo con le
amministrazioni e con le istituzioni, attori
che riconoscono in GRE un interlocutore
fondamentale, e di lungo periodo, nel
processo di rigenerazione urbana,
collaborando all’elaborazione di una
visione coerente con la storia e con il
futuro di ciascun luogo. “Un esempio
viene da Parigi, dove nella primavera
scorsa Generali RE è entrata nel comitato
Réenchanter les Champs-Élysées che
mira alla riqualificazione della più celebre
avenue del mondo in vista, per cominciare,
delle Olimpiadi e Paralimpiadi del 2024.
Conclude Terrenoire: “Ovunque,
dialoghiamo costantemente con sindaci
e comitati, perché se è vero che regole e
normative sono spesso transnazionali i
bisogni e i desideri, quelli, appartengono
alle singole comunità. Ecco che cosa
siamo: un gruppo globale con visioni e
competenze locali”. (MVG)
PhotoSisal Photo Impresa Percassi & Gualini – Gruppo COSTIM
LIX
LX
Photo Javier Bravo
Photo Raffaele Cipolletta
In queste pagine: tre edifici completamente
riqualificati in chiave sostenibile
da Generali RE. In questa pagina, dall’alto:
Castellana 40, immobile direzionale
nel centro di Madrid; Palazzo Berlam,
costruito a Trieste ai primi del Novecento
e oggi sede dell’Academy del Gruppo
Generali, recentemente rinnovato su
progetto di Mario Bellini. Pagina a fronte:
Senatorska 18, edificio nel cuore di
Varsavia acquisito da Generali nel 2018
• These pages: three buildings completely
refurbished for sustainability
by Generali RE. This page, from the top:
Castellana 40, an executive building
in the centre of Madrid; Palazzo Berlam,
built in Trieste at the beginning
of the 1900s and now home to the Gruppo
Generali Academy, recently renovated
by Mario Bellini. Opposite page:
Senatorska 18, a building in the heart
of Warsaw acquired by Generali in 2018
• “Sustainability is a concept you need to
believe in to achieve.” This is more than
a slogan - something akin to a credo -
considering that it was spoken by Olivier
Terrenoire, Head of Asset Management
& Sustainable Activities at Generali
Real Estate. A figure who works towards
sustainability and therefore believes in it.
It is not a goal he works towards alone, of
course, but rather from within a company,
or rather within a system, in which this
key word of recent years and for the near
future has for some time assumed a
tangible solidity and therefore a value.
“GRE’s approach to sustainability is a
result of the global strategy set out by
the CEO Philppe Donnet six years ago”,
explains Terrenoire. “What we, the heads of
the various sectors, do is to interpret the
concept on the basis of the fundamental
aspects of regulatory compliance and
market logic in terms of the assets
that we manage.”vThe first-person
plural used by the head of Sustainable
Activities is not mere modesty; it is also
a consideration that originates from the
fact that respect for environmental and
social equality is an intrinsic characteristic
of all aspects of the Generali Group, and
in particular in the field of real estate.
Whether it concerns the acquisition
or the refurbishment of an asset in the
portfolio, nothing is done without first
carrying out a detailed preliminary study
of aspects related to sustainability - both
social and governance-related as well as
environmental -, conducted by a dedicated
team and with extremely advanced tools
such as artificial intelligence. This is a
policy that is applied not only to internal
methods, but also through assessments
where the key word is “certification.”
“Having every real estate asset assessed
and guaranteed by independent third-
party organisations is our way of fostering
transparency with clients, stakeholders
and institutions,” explains Terrenoire.
“Assessments such as BREEAM or LEED
confirm beyond any shadow of doubt for
Generali Real Estate that there is no trace
of greenwashing. We already have 16 billion
euros of real estate assets certified (out
of a total of approximately 36), and we are
continuing in this direction on a daily basis.”
Overall, there are substantially two
important themes on which Terrenoire is
working; two challenges: decarbonisation
and increasing the efficiency of real estate
assets. In particular, the recent climate
goals announced by Generali include
the progressive decarbonisation of the
portfolio of direct investments in order to
render it climate neutral by 2050 in line with
the commitments assumed as member
of the Net-Zero Asset Owner Alliance.
The intermediate goal is a 25% reduction
in emissions of the company’s portfolio
of shares and obligations in comparison
to 2019 levels by 2025, as well as the
aligning of real estate investments to
international directives aimed at capping
the temperature increase since the pre-
industrial age to 1.5°C.
In addition, the Group plans to make
additional investments in green and
sustainable bonds worth between €8.5
billion and €9.5 billion between 2021 and
2025, and to gradually reduce investments
in the thermal coal sector, with increasingly
stringent criteria. These are ambitious yet
achievable goals, above all for investors
who are not new to these themes, and
have been working in this direction for
some time. “Technically, in the real estate
sector, “everything is possible”. The
question is the allocation of time and
resources, as well as the complex matter
of compliance to the constantly evolving
framework of national and international
regulation.”
One of the most complex countries in
this sense is France, where in addition
to European regulations (EU Taxonomy
and net-zero policies), there is also the
Décret tertiaire, which provides for a
40% reduction in the energy demands of
buildings by 2030, 50% by 2040, and 60%
by 2050. These are all restrictions that, for
visionary companies, can also provide
opportunities. “The real estate assets
of a group like ours must resist climate
change, and be able to interpret new social
dynamics, modern demands and the
sensitivities of younger generations. As
well as being just, it is also beneficial for all
the stakeholders involved; owners, tenants,
communities and local administration.
Falling behind would mean losing market
value, to the consequential detriment
of all stakeholders.” So, what form does
the dialogue with these stakeholders
take? In this case, there are two key
concepts, awareness and partnership.
“We have approximately 3 thousand
large-scale tenants, out of an overall
total of 7 thousand. We work in close
collaboration with these, on the basis of
the common awareness of the goals,
as well as the tools needed to achieve
them. Without this sharing of intent, no
goal would be possible to achieve. Take
energy for example; we can increase the
efficiency of all systems, but if the tenant
uses non-renewable sources, our efforts
are in vain. This is why we are committed
to a constant process of information
and exchange with our tenants, who,
on the one hand, are constantly up to
date on the Group’s guidelines and legal
requirements and, on the other, provide us
with precious feedback on consumption,
demands and criticalities. Furthermore,
with the green lease, we create a specific
agreement with tenants that sets out
shared commitments regarding the
refurbishment, management and use of
resources, and establishes benefits to
reward virtuous behaviour.”
Of equal strength is our dialogue with
administration and institutions, entities
that recognise GRE to be a fundamental
and ongoing interlocutor for urban
regeneration, collaborating in the creation
of a shared vision in line with the past
and the future of each location. “One
example can be seen in Paris, where, last
Spring, GRE joined the Réenchanter les
Champs-Élysées committee, which aims
to requalify the most famous avenue in
the world, first and foremost with a view
to the 2024 Olympics and Paralympics.
Terrenoire concludes: “We are in constant
dialogue with mayors and committees,
because while it is true that rules and
regulations are often transnational, needs
and demands are specific to individual
communities. This is what we are; a global
group with local visions and skills.” (MVG)
Photos Bartko Dębkowski / Kreatyw! Media
LXI
 Photo Alessandra Chemollo

Inserto / Insert Testi / Texts Promosso da/Advertorial by

Nel cuore della città, per la città / Massimo Valz-Gris
In the heart of the city, for the city
Traduzioni / Translations
Domus 1072 Ottobre / October 2022 Daniel Clarke

Promosso da / Advertorial by Generalirealestate.com

Generali Real Estate

A cura di / Curated by
Massimo Valz-Gris
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