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series maior 12
ESTRATTO
L’organizzazione del convegno e la pubblicazione di questo volume sono state possibili grazie al contributo della Sezione Beni
Culturali del Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo dell’Università di Macerata.
I testi contenuti in questo volume sono stati sottoposti ad un procedimento di peer review.
Ante Quem
Via Senzanome 10, 40123 Bologna
tel. / fax 051 4211109
www.antequem.it
Presentazioni
Francesco Adornato, Lorella Giannandrea, Federico Valacchi 5
Il convegno 8
Sul futuro dell’archeologia cristiana e medievale nelle Marche (analisi, pianificazione e proposte
per una operatività congiumta tra enti), Daniele Sacco 21
Archeologia urbana a Tolentino (MC): le fasi medievali nell’area del Teatro Nicola Vaccaj
Alessandra D’Ulizia, Francesco Melia, Sonia Virgili 43
Marano (Cupra Marittima - AP). Lo sviluppo del borgo medievale, Margherita Ferri, Alvise Merelli,
Alessandro Alessio Rucco 59
La monumentalizzazione dello spazio ecclesiale nelle città del Piceno tardoantico, Yuri A. Marano 83
Indagini archeologiche all’interno della rocca di Urbisaglia: dalla città romana a quella medievale
Roberto Perna, Matteo Tadolti 97
Ostra Vetere (AN). Lo scavo dei butti di Piazza Beata Maria Crocefissa Satellico e le analisi
archeometriche sui materiali raccolti, Ilaria Venanzoni, Mirco Pasquini, Roberta Vico 139
IL TERRITORIO
Novana e il suo territorio fra età tardoantica e Medioevo, Simonetta Menchelli, Eleonora Iacopini 153
The “impact factor” of medieval archaeology studies in the northern Marche region (Italy) and a general
perspective on the area transformation between the roman age and late antiquity, Daniele Sacco 181
I Longobardi a Castel Trosino: un presidio bizantino nell’area Ascoli-Teramo fra fine VI e primi
decenni del VII secolo, Andrea R. Staffa 195
L’abbaziale dei Ss. Ruffino e Vitale ad Amandola, Federico Marazzi, Nicodemo Abate, Alessia Frisetti,
Marianna Cuomo 223
Archeologia degli edifici di culto nel nord delle Marche: il reticolo plebano, Siegfried Vona 235
L’area cimiteriale altomedioevale di Marino del Tronto (AP). Nota preliminare
Marco Antognozzi, Michele Massoni, Debora Mazzarelli, Luca Speranza 249
La necropoli di Montecosaro (MC), contrada Cavallino: rituali funerari tra tarda romanità
ed alto Medioevo, Viviana Antongirolami, Isabella Marchetta 257
PRODUZIONI E NUMISMATICA
Nuove considerazioni sui bacini ceramici tardomedievali del Maceratese, Luigi Di Cosmo 275
La ceramica del castello di Monte Copiolo. Una sintesi, Anna Lia Ermeti 289
Archeologia della produzione a Camerino (MC): complessi di produzione ceramica dagli scavi
d’emergenza, Viviana Antongirolami, Sonia Virgili 301
Moneta “straniera” a Monte Copiolo tra Medioevo ed età moderna, Michele Asolati 315
Urbs Salvia allo scorcio del VI secolo d.C.: lo scavo della villa di Villamagna e i modelli di gestione
del territorio, Roberto Perna, Riccardo Carmenati, Marzia Giuliodori, Valeria Tubaldi, Girolamo Fiorentino 351
Insediamenti altomedievali e medievali nell’alto bacino dell’Esino e del Potenza lungo tracciati stradali
di età preromana e romana, Tommaso Casci Ceccacci, Viviana Antongirolami, Giuseppe Cilla, Giuseppe Bartocci 359
Il paiolo a cestello nella cucina di età medievale dell’alto maceratese: dati archeometrici
Giorgia Peci, Irene Luconi, Eleonora Paris 369
Ceramiche medievali e postmedievali nel Museo Civico di Pollenza, Umberto Moscatelli, Elisa Ravaschieri 377
Dalla chiesa della S. Trinità alla chiesa di San Giuseppe di Cagli (PU), Agata Aguzzi 381
Il castello di Drogo Cagli (PU). Storia della distruzione di un castello, Agata Aguzzi 385
Le ceramiche delle “segrete” del Palazzo Comunale di Cagli (PU), Agata Aguzzi 387
Archeologia medievale nelle Marche. Alcune note conclusive per un convegno di fondazione
Francesca Sogliani 391
INTRODUZIONE
Presentiamo in questa sede i primi risultati di una ricerca, tuttora in corso, focalizzata sul borgo medievale
di Marano (Cupra Marittima-AP). Il progetto, curato dall’Insegnamento di Archeologia Medievale dell’Uni-
versità Ca’ Foscari Venezia, mira a indagare le dinamiche di popolamento della zona durante la transizione tra
età romana e Medioevo, periodo in cui il quadro insediativo sembra subire profonde modificazioni.
Un primo inquadramento dei temi portanti della ricerca è stato già oggetto di discussione1. Il pre-
sente contributo vuole invece porre l’attenzione sullo sviluppo del borgo medievale focalizzandosi su due
aspetti: il primo, di carattere storico-topografico, presenta l’evoluzione della cinta difensiva dell’abitato e
le conseguenti trasformazioni del borgo; il secondo, di natura più strettamente stratigrafica, illustra i ri-
sultati della prima campagna di scavo svoltasi lungo il versante sud-est del colle di Marano. Si forniscono
in tal modo i primi dati utili a una caratterizzazione archeologica del borgo dal pieno Medioevo all’età
moderna e contemporanea.
La ricerca ha previsto il censimento e l’analisi autoptica delle evidenze dell’abitato e del sistema difen-
sivo di Marano ancora presenti in elevato. Tale studio si è avvalso del maggior numero di fonti disponibili
per il sito, dalle seppur scarse fonti documentarie, iconografiche e cartografiche, sino a dati di carattere
urbanistico e geomorfologico. Attraverso l’interazione di queste informazioni e un raffronto tipologico
con il territorio, è stato dunque possibile proporre una lettura diacronica dell’insediamento fortificato,
delineandone sequenza cronologica e principali trasformazioni architettoniche2.
I dati attualmente disponibili disegnano un quadro ancora poco preciso del primo periodo di sviluppo
di Marano. La più antica attestazione della località viene fatta generalmente risalire al 9673, sulla base di
un placito presieduto da Pandolfo, duca e marchese di Spoleto e Urbino, in «willa Mariani, campo iuris
propietatis sancte Firmane ecclesie»4. Il termine villa, ben documentato nelle fonti delle Marche meridionali
del X secolo, sarebbe, in quest’area, assimilabile a vicus5 e identificherebbe un insediamento non fortifica-
to, caratterizzato da una struttura a maglie larghe6. L’atto appena descritto non consente, tuttavia, un’in-
terpretazione univoca di questa definizione toponimica, mancando di più precisi riferimenti geografici.
1
FERRI, RUCCO 2018.
2
I dati di seguito esposti rappresentano una sintesi di MERELLI 2017-2018.
3
Il punto sulle principali fonti edite disponibili sino al XIII secolo per Marano è in BORRI 2010, p. 48.
4
MANARESI 1957, n. 154, pp. 47-50.
5
Sull’associazione dei due termini a realtà insediative simili si veda VIRGILI 2014, p. 66.
6
BERNACCHIA 2002, p. 157.
59
Atti del I Convegno Internazionale di Archeologia Medievale nelle Marche
La prima testimonianza ritenuta certa circa la presenza del castello de Mariano è invece rintracciabile
all’interno di un documento dell’ottobre 10307, che ne sancisce le pertinenze in un’area compresa tra i
fiumi Tesino e Menocchia. Il fatto che pochi mesi prima (febbraio 1030)8, e forse già nel 9679, Marano
fosse qualificato dalle fonti come villa o fundus si inserisce, in ogni caso, perfettamente all’interno di un
“modello” ben attestato nel quadro di maggior sviluppo dell’incastellamento marchigiano10, che vede,
proprio tra il X e l’inizio dell’XI secolo, il mutamento di assetto di molti di questi centri in castella11.
L’iniziativa dell’incastellamento di Marano, nello specifico, appare imputabile alla volontà di stabilire
un maggior controllo sul territorio da parte della signoria dei Tasselgardi, primi detentori del castello.
Dal documento si evince come fossero allora già presenti una chiesa, di proprietà signorile, e un porto,
sull’attività del quale i Tasselgardi vantavano i diritti di esazione delle imposte. Tale famiglia comitale di
origini germaniche12, tra il IX e l’XI secolo risultava proprietaria di estesi possedimenti lungo la costa e
l’immediato entroterra, dal torrente Menocchia al fiume Tronto13, di cui proprio l’area di Marano costi-
tuiva il nucleo amministrativo. Dall’analisi delle fonti archivistiche appare chiaro, inoltre, come molte
di queste proprietà fossero state ottenute attraverso l’appropriazione di beni pubblici o appartenenti
all’abbazia di Farfa, spesso con la connivenza dell’allora vescovo di Fermo Umberto14. Quest’ultimo, pro-
veniente a sua volta da famiglie signorili locali e configuratosi, a partire dalla fine del X secolo, come il
principale attore politico dell’area, si offrì infatti di acquisire molti di questi terreni, restituendoli poi in
enfiteusi ai precedenti usufruttuari. Tale sistema, che consentì alle élites laiche locali di porsi sotto la pro-
tezione dei vertici politici regionali contro eventuali rivendicazioni da parte di Farfa, sul lungo periodo
andò però a vantaggio dell’episcopato di Fermo, il quale riuscì progressivamente a sviluppare giurisdizio-
ni proprie su numerosi castelli. Marano non farà eccezione, e vedrà definitivamente esautorato il dominio
diretto della famiglia dei Tasselgardi nel 121115.
Corrisponderebbero, in definitiva, a questo periodo la realizzazione del castello e il conseguente accen-
tramento della popolazione proveniente da precedenti nuclei di aggregazione e unità fondiarie minori.
Come per l’insediamento di X secolo, anche per il castrum di XI secolo non sono ancora disponibili
dati archeologici che possano definirne consistenza materiale, dimensioni ed esatta posizione rispetto
all’attuale Marano. È in ogni caso possibile ipotizzare, come già proposto per altri centri marchigiani
coevi16, che esso fosse dotato di sistemi difensivi piuttosto semplici, realizzati quasi interamente in terra
e legno17, occupando l’area sommitale dell’altura e sfruttando la natura del terreno per scopi di difesa e
controllo del territorio circostante.
Le fonti disponibili, poi, tacciono sulle vicende di Marano per quasi un secolo, fino al 2 aprile 1194,
quando si redige un atto che, assieme a importanti risvolti giurisdizionali per il piccolo centro, contiene
anche alcuni dati di natura architettonica18. Dalla lettura di questo documento si apprende l’esisten-
za, almeno sino alla fine del XII secolo, di un’area racchiusa da un sistema difensivo di connotazione
7
PACINI 1996, n. 49, pp. 99-101.
8
AVARUCCI 1996, n. 334, pp. 600-601.
9
Supra.
10
BERNACCHIA 2002, p. 169.
11
ANTONGIROLAMI 2005, p. 337, per un quadro delle Marche meridionali. Per le Marche settentrionali si veda, invece, SACCO
2017, pp. 61-64; 77-88, in cui tale processo sembra interessare realtà insediative formatesi già a partire dalla fine del VI-
inizio VII secolo (SACCO 2016).
12
BALZANI, GIORGI 1879, IV, n. 747, p. 151.
13
Un tentativo di raccolta di tutte la proprietà di tale famiglia è contenuto in TOMEI 1995, p. 176, nota 30.
14
Il fenomeno nell’area è ben documentato per questo periodo storico in FIORE 2010, pp. 35-42.
15
PACINI 1996, n. 185, pp. 351-356.
16
BERNACCHIA 2002-2003, pp. 3-4; VIRGILI 2014, p. 65.
17
Ad eccezione del sito di Acquaviva Picena (GIORGI, VECCHIETTI 2014) risultano assenti per il territorio dati archeologici
utili alla ricostruzione di insediamenti fortificati anteriori all’XI secolo (MINGUZZI, MOSCATELLI, SOGLIANI 2003, p. 597).
18
ASCF, Pergamene, n. 1667, H, n.2. Il documento è edito in TOMEI 1995, Appendice, n. 7, pp. 360-362.
60
Marano (Cupra Marittima - AP). Lo sviluppo del borgo medievale
19
SETTIA 2008, p. 15.
20
Termine piuttosto comune all’interno delle fonti marchigiane coeve, è stato considerato come «[…] il terreno immediata-
mente adiacente al fossato o compreso tra il fossato e le mura» (FRANCOVICH 1976, p. 56), identificabile generalmente come
un elemento difensivo in terra (VIRGILI 2014, pp. 65-66), assimilabile agli spaldum o fracta dell’Italia centro-settentrionale
dell’XI secolo (SETTIA 1984, p. 199).
21
Tale processo, legato alle dinamiche del cosiddetto secondo incastellamento, risulta ampiamente documentato in numero-
se regioni centro-meridionali proprio in questo periodo (per la Toscana si rimanda a FRANCOVICH, TRONTI, PARENTI 2004,
p. 224 e FARINELLI, GIORGI 2009; più genericamente per Umbria, Marche e Lazio a VIGUEUR 1987) e trova molti esempi
anche nella Marca meridionale (VIRGILI 2014, p. 82).
22
MAURO, PALLOTTINI 2002, p. 207, che lo data al IX secolo.
23
MAURO, TOMEI 2002.
24
PACINI 1996, n. 49, 99-101; n. 61, pp. 128-130.
25
MOSTARDI 1977, p. 190.
61
Atti del I Convegno Internazionale di Archeologia Medievale nelle Marche
26
La tipologia e la consistenza di tali muris, citati spesso nelle fonti marchigiane a partire dal XII secolo, non hanno tuttavia
ancora trovato validi riscontri nell’analisi archeologica del territorio fermano (GIORGI, VECCHIETTI 2014, p. 127), il quale
in questo secolo appare ancora caratterizzato dall’impiego di materiale ligneo.
27
Il termine domus, che sembra segnare il passaggio dall’uso di legno o terra a quello della pietra e del laterizio (BERNACCHIA
2002-2003, p. 8), appare per la prima volta a Marano in un documento del 1268, del quale si parlerà più avanti.
28
Come riscontrato, ad esempio, in Toscana (FRANCOVICH, TRONTI, VALENTI 2004, p. 218).
29
ANTONGIROLAMI 2005, p. 342.
30
CATALINO, ROMANI ADAMI, VITALI 1992, pp. 100-101.
31
GIORGI, VECCHIETTI 2014, pp. 78-80.
62
Marano (Cupra Marittima - AP). Lo sviluppo del borgo medievale
Lo sbocco sul mare e la posizione a controllo dei confini con le emergenti Ascoli e Ripatransone por-
tarono, infatti, il centro fortificato ad essere oggetto di forte interesse per l’allora giovane Stato fermano,
all’interno del quale il vescovo aveva ormai convogliato la maggior parte dei propri possedimenti32.
Alla volontà di stabilire un controllo più stabile su Marano da parte di Fermo corrispose anche una mag-
giore articolazione del sistema difensivo del castrum33, testimoniato dal 126834 al termine di un periodo che
aveva visto l’insediamento fortificato passare più volte sotto il controllo imperiale35.
In questo periodo si assistette a una migliore definizione dei principali elementi materiali interni a
Marano e alla realizzazione, attraverso l’espropriazione di numerose abitazioni private, di un ridotto for-
tificato (receptum)36, collocato verosimilmente sulla sommità della collina, in corrispondenza dell’antico
girone. A proposito di tale acquisizione, è ricordato come ancora nel XVI secolo la proprietà della zona
fosse contesa tra i comuni di Marano e Fermo37.
La spiccata funzione militare di questa zona, con la definizione di un’area distinguibile rispetto al resto
dell’abitato e simbolo del potere egemone, venne mantenuta (e potenziata) anche durante la riorganizzazione
delle fortificazioni della Marca meridionale operata dal cardinale Egidio Albornoz alla metà del XIV secolo.
La presenza di una rocca38, ricordata come casse-
rum all’inizio del XV secolo39, corrisponderebbe, in-
fatti, almeno in parte al precedente ridotto fortifica-
to cui si sovrappose o del quale reimpiegò gli spazi.
Allo stato attuale della ricerca risulta difficile
precisare l’evoluzione di questa parte del comples-
so difensivo, ormai priva di molte delle compo-
nenti che la definivano fisicamente, oltre che di
tecniche costruttive o elementi architettonici in
grado di fornire una cronologia di riferimento.
Dai corpi di fabbrica (CF) superstiti è possibile
identificare un sistema fortificato di forma trape-
zoidale (Fig. 3), dotato di due torri quadrangola-
ri agli angoli sud-est (CF 28) e nord-est (CF 03),
oltre che di una grande torre quadrata all’estre-
mità nord-ovest (CF 01). Quest’ultima, realizzata
con una tecnica costruttiva diversa dal rimanente
complesso architettonico, doveva costituire l’ele-
mento principale del complesso, con funzione
militare e forse residenziale, in grado di ospitare
un eventuale presidio armato. L’accesso al ridotto,
posto all’estremità occidentale dell’insediamento,
era garantito da una apertura (CF 29) addossata 3. Area della rocca di Marano, con i corpi di fabbrica
alla torre sud-orientale (CF 28). divisi per possibili fasi (elaborazione Onofrio Gasparro)
32
In merito al passaggio dall’autorità vescovile a quella comunale a Fermo, si rimanda a PIRANI 2010, p. 16.
33
MAURO, TOMEI 2002, pp. 295-296.
34
Archivio di Stato di Fermo, Fondo Diplomatico, pergamena n. 1666 Hubart.
35
FIORE 2010, pp. 116, 290.
36
Il termine “ricetto”, il cui uso all’interno delle fonti disponibili per questo territorio risulta poco attestato, può infatti
indicare in questo periodo storico «[…] non solo un luogo di rifugio temporaneo, ma anche una generica fortificazione o
una parte del castello» (SETTIA 2001, p. 88).
37
MOSTARDI 1977, p. 225.
38
SARACCO PREVIDI 2000, f. 161°, 1066, p. 44.
39
DE MINICIS 1870, p. 35. Se, da una parte, il termine “cassero” può essere identificando con il girone, nella maggior parte
dei casi è assimilabile alla rocca o al dongione (SETTIA 1984, pp. 378-381).
63
Atti del I Convegno Internazionale di Archeologia Medievale nelle Marche
4. A) Il castello di Marano tra XIV e XV secolo, con la rocca e le mura del borgo. Ricostruzione elaborata attraverso
mappa storica di inizio XVIII secolo (Bologna, Biblioteca Universitaria, Fondo Marsili, 71 AC. 143). B) Assetto
urbanistico di Marano nel XIX secolo (elaborazione Onofrio Gasparro)
I volumi e le forme del complesso, nonostante le variabili planimetriche e le soluzioni edilizie insite nei siti
d’altura, trovano confronti con altre rocche afferenti a Fermo come Grottammare, San Benedetto del Tronto,
Smerillo, Montefalcone Appennino (anche Torre di Palme presenta un’area separata dal resto dell’abitato,
denominata dai catasti “Rocca”).
Nel territorio più stringenti sono gli esempi del cassero di Montefiore dell’Aso, ad oggi inglobato
da abitazioni moderne40, e la coeva rocca di Acquaviva Picena41. Con quest’ultima, Marano avrebbe in
comune anche il mantenimento di un’area di rispetto in confronto all’abitato, delimitata da una serie di
dislivelli artificiali, individuabili ancora oggi a circa 26 m a est del complesso della rocca, con una scarpa
di circa 3 m di altezza.
È sempre all’interno di questo forte impulso edilizio che si può collocare la realizzazione dell’attuale
cinta muraria a difesa del borgo di Marano, databile su base tipologica tra la fine del XIV e gli inizi del
XV secolo (Fig. 4, A).
Essa, conservata in gran parte, andò a racchiudere l’abitato sviluppatosi attorno al nucleo di XIII seco-
lo, in particolare lungo il versante nord-ovest del colle, verosimilmente per via della morfologia del sito e
dell’attrattiva rappresentata dal porto, posto in prossimità del torrente S. Egidio. In relazione all’attività por-
tuale era stata collocata, probabilmente, anche la porta settentrionale, che, oltre alla cosiddetta Porta da Sole
(CF 23), costituiva l’unico accesso all’abitato. Il lato orientale della cinta muraria, ora crollato, forse perché
naturalmente difeso dal pendio, risultava sostanzialmente privo di corpi di fabbrica eretti a scopo difensivo.
Nelle loro caratteristiche, le mura appaiono come un’opera pressoché unitaria, risultato di una precisa
pianificazione fermana tesa a regolamentare l’ampliamento di Marano, secondo un modello ben evidente
anche a Carassai42 e Acquaviva Picena. Per quest’ultimo caso, in particolare, si dispone della precisa do-
40
MAURO, TOMEI 2002.
41
GIORGI, VECCHIETTI 2014.
42
MAURO, PALLOTTINI 2002, p. 206.
64
Marano (Cupra Marittima - AP). Lo sviluppo del borgo medievale
Tra XVI e XVII secolo, la perdita di valore strategico delle strutture fortificate e la realizzazione del
cd. Palazzo Sforza44 portarono alla progressiva scomparsa di una divisione materiale tra l’area della rocca e
le mura a difesa dell’abitato, le quali videro l’occupazione degli spazi difensivi da parte dell’edilizia priva-
ta e lo spostamento dell’asse viario principale verso nord, in collegamento con la nuova piazza principale.
Gli interventi operati sul complesso difensivo durante il XVIII e il XIX secolo, infine, riguardarono
prevalentemente riassetti della viabilità legati ai fenomeni di dissesto che interessarono il colle a partire
almeno dal XVII secolo45 e che furono la causa principale del progressivo abbandono di Marano, in favore
dell’area costiera, e della formazione dell’attuale cittadina di Cupra Marittima.
Alvise Merelli
Alcuni tasselli della storia post-medievale di Marano sono emersi da uno scavo avviato nell’ottobre del
2018 lungo il versante sud-orientale della dorsale su cui sorge il borgo (Fig. 5). L’indagine ha interessato
due ambienti di un caseggiato rimasto in vita fino al primo ventennio del Novecento (Fig. 5). In questa
sede ci concentreremo principalmente su quello che è stato definito ambiente 2 (Fig. 6). Al momento, la
sequenza si articola in quattro periodi, numerati, per ora, in ordine decrescente.
Al Periodo 4 (Fig. 7) si datano le prime attività funzionali alla “preparazione” del substrato del colle (US
15): i depositi sono costituiti da ghiaie eterometriche in matrice sabbiosa e legati ad ambienti sia continenta-
li che marini. La formazione di questa litofacies è datata al Siciliano, una suddivisione locale del Pleistocene46.
Nella porzione sud-orientale dell’ambiente 2, in cui lo scavo ha raggiunto profondità maggiori, è stato
individuato un taglio funzionale alla realizzazione di un terrazzo più basso e, in corrispondenza di questo
salto di quota, è stata intercettata una struttura muraria parzialmente spoliata con probabile funzione di
contenimento. Il salto di quota tra i due terrazzi supera sicuramente i 50 cm e, al di sopra del terrazzo più
basso, si conserva una successione composta da numerosi piani di frequentazione intercalati a probabili
scarichi di lavorazione (abbondanti tracce di carbone e concotto); il top deposizionale di questa successio-
ne è databile, al momento, alla fine del XVII secolo.
Il Periodo 3 (Fig. 7) si articola in 4 fasi. La Fase 4 comprende una serie di attività che interessano lo
sterile successivamente alla preparazione di piani orizzontali tramite i terrazzamenti descritti nel paragrafo
precedente. Si tratta, nel dettaglio, di 4 buche di palo (UUSSNN 56, 59, 61, 67), due delle quali con eviden-
ti tracce di spoliazione, e alcuni riporti di estensione laterale limitata (UUSS 46, 53), stesi a pareggiare la
superficie accidentata dello sterile. Durante la Fase 3 si assiste a una decisa risistemazione dell’area, che tut-
43
GIORGI, VECCHIETTI 2014, pp. 81-82.
44
MOSTARDI 1977, p. 214.
45
CIARROCCHI 2004, p. 11 riporta gli atti di numerosi eventi franosi, avvenuti dal 1633 al 1782.
46
CANTALAMESSA s.d., pp. 43-44.
65
Atti del I Convegno Internazionale di Archeologia Medievale nelle Marche
tavia sembra essere stata caratterizzata da una frequentazione molto limitata: essa si strutturava attraverso la
stesura di piani omogenei a copertura parziale dello sterile e, integrale, dei riempimenti delle buche descritte
sopra e dei livelli più alti della successione individuata a valle del taglio del terrazzo inferiore. Gli indicatori
di frequentazione non sono particolarmente evidenti, in questa fase. Tuttavia, una traccia piuttosto impor-
tante della consistenza di questa scansione cronologica è data dalla realizzazione di un focolare – o di una
piccola fornace – nell’angolo N-O dell’area di scavo. Il punto di fuoco era costituito da un perimetro ovale
di laterizi di reimpiego infissi verticalmente nel terreno (US 47). Abbondanti tracce di concotto e laterizi
sbriciolati sono state rinvenute all’interno della struttura. All’esterno, poi, essa risultava incamiciata da un
lieve riporto di argilla limosa bianca (US 73), probabilmente stesa come materiale refrattario ma comunque
priva di tracce di rubefazione. La Fase 2 è caratterizzata da una serie di spoliazioni (UUSSNN 45, 51) che
circoscrivono un ambiente quadrangolare di cui sono stati individuati tre lati; il più settentrionale di questi
risultava rafforzato da una lesena, anch’essa spoliata. La Fase 1, infine, vede stesura di un riporto omogeneo
la cui testa risulta in quota con quella dello sterile sul terrazzo più alto (US 43).
Il Periodo 2 (Fig. 7) si articola in tre fasi corrispondenti ad altrettante sistemazioni pavimentali
(UUSS 33=34, 32, 20, 19, 2=17). Le tecniche costruttive utilizzate – vespai e piani in calce – marcano
una netta differenziazione rispetto alle frequentazioni precedenti.
Il Periodo 1 (Fig. 7) raccoglie, infine, le evidenze della destrutturazione degli ambienti indagati e
l’avvio della pedogenesi attuale.
È possibile avanzare qualche precisazione sulla cronologia. I materiali ceramici rinvenuti (Fig. 8)
nella fase più antica del Periodo 3 sono qualche frammento di ceramica depurata e ceramica da fuoco. Si
segnala anche il rinvenimento di un frammento di pipa chioggiotta. Questa associazione restituisce una
cronologia ascrivibile alla fine del XVII-inizi del XVIII secolo.
66
Marano (Cupra Marittima - AP). Lo sviluppo del borgo medievale
Nella fase successiva si segnala la presenza di slip ware e ceramica smaltata (monocroma e policroma).
Nel corso del Periodo 2 compaiono ceramica invetriata a macchie nere e terraglia decorata (Transfer
Ware) che datano queste attività tra la fine del XVIII e l’inizio del XX secolo47. Nel Periodo 1, in asso-
ciazione a grandi quantità di ceramiche di produzione seriale, compaiono bottiglie e bicchieri in vetro
pressofuso, terraglia e porcellana di fattura industriale, nonché materiali plastici.
Per quanto riguarda l’archeozoologia (Fig. 8), l’analisi preliminare dei resti ossei animali rivela la pre-
senza di mammiferi domestici (bovini, caprovini, maiali) e pollame. Si tratta di scarti della preparazione
di cibi. I reperti riferibili a malacofaune marine sono da considerarsi senza dubbio degli scarti domestici.
Gran parte delle malacofaune continentali vanno ascritte, invece, a tanatocenosi naturali48.
47
TROIANO, VERROCCHIO 2002.
48
Ringraziamo la dott.ssa Silvia Garavello per gli appunti sulla macrofauna e il dott. Marco Palmieri per le note sulla
malacofauna.
67
Atti del I Convegno Internazionale di Archeologia Medievale nelle Marche
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Marano si presenta come un ottimo caso di studio, in grado di porre in evidenza i principali fenomeni
insediativi, non solo del periodo di transizione tra epoca tardoantica e Medioevo, ma anche delle dinami-
che pieno medievali e moderne del territorio delle Marche meridionali.
Molti sono i nodi ancora da sciogliere. Un primo aspetto riguarda, come anticipato in apertura, il
momento della transizione tra antichità e Medioevo: un approfondimento su questo versante potrebbe
costituire un buon punto di partenza per una migliore caratterizzazione della tarda antichità a livello
regionale. Analogo discorso può valere anche per l’alto Medioevo, cronologia per la quale disponiamo, se
possibile, di ancor meno informazioni. Il caso della vicina Acquaviva Picena, tuttavia, fa presupporre, per
analogia, che la fonte archeologica possa riuscire a documentare anche per Marano aspetti per altri versi
sfuggenti. Infine, il tema storico-archeologico del rapporto tra Marano e il territorio circostante rimane
ancora tutto da approfondire. Un punto di partenza potrebbe essere costituito dall’indagine sui posse-
dimenti della famiglia signorile dei Tasselgardi e sulle zone gravitanti attorno alla pieve di San Basso,
edificio sorto tra la città romana di Cupra Marittima e l’abitato medievale di Marano.
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Marano (Cupra Marittima - AP). Lo sviluppo del borgo medievale
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