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E' naturale chiedersi come si legga l'antica scrittura egizia e quale suono avesse.
Invece dei 26 caratteri usati da noi, quelli più impiegati dagli Egizi erano circa 800 e avevano
significati diversi.
C'erano quelli monoconsonatici ( che indicano una sola consonante, come le nostre lettere
alfabetiche), quelli bi e triconsonatici, altri che fornivano il il suoni di parole intere (fonogrammi)
o indicavano idee (ideogrammi) e infine segni impiegati come determinativi (determinato la
parola di cui si parla) e rafforzativi.
Osserviamo il nome della regina Nefertari i cui segni sono compresi dentro un "cartiglio", che
circonda i nomi di re e regine.
Per capirlo dobbiamo osservare il senso in cui guardano quelli raffiguranti esseri viventi (anche
animali)
"a").
Viene quindi un gruppo formato dal simbolo di
Iniziamo, sottoforma di discussione, a prendere confidenza con l'antica lingua degli egizi.
Questo non vuole essere un vero e proprio corso, o una grammatica, tanto più che è difficile, su
un sito, riprodurre i simboli geroglifici ai quali far riferimento.
Tuttavia, comprendere il significato delle formule più usate nei papiri e nelle stupende
decorazioni di tombe e templi, così come saper leggere il nome di faraoni e di importanti
funzionari di corte, è senz'altro un affascinante complemento alla conoscenza di questa non più
misteriosa Civiltà.
Iniziamo proprio da Iside, la divinità alla quale è dedicato questo sito.
Ovviamente, il nome Iside, così come noi lo pronunciamo, è il risultato della corruzione
linguistica che il passare dei secoli ha operato sulla dizione originale.
Il nome della Dea era rappresentato da due segni geroglifici: la sedia (AS) e il pane (T).
Quest'ultimo segno, che si presenta come una pagnotta tagliata, altro non è che la desinenza
femminile, usata ogni volta che si tratta di una donna o di un oggetto di genere femminile.
Il nome Iside, in antico egiziano si pronunciava verosimilmente "AST".
Purtroppo non è noto come gli antichi egizi pronunciassero effettivamente i suoni; per
convenzione (derivata dalla conoscenza della lingua copta) si è stabilito di utilizzare la lettera
"E" per vocalizzare parole di cui è sconosciuta la pronuncia originale.
Quindi il trilittero AST si pronuncia convenzionalmente ASET.
Greci e, soprattutto, romani, attinsero molto dall'Egitto antico; a Roma, poi, si sviluppò una vera
e propria moda al punto che Iside venne "adottata" e venerata al pari delle altre divinità, a lei
furono dedicati addirittura dei templi.
Uno di essi è ancora visibile nei pressi del Teatro di Marcello.
Il termine egizio "AST", alle orecchie di un romano, doveva suonare pressappoco come "ISI",
subito latinizzato in "ISIS".
La forma italianizzata ISIDE, altro non è che il vocativo latino di ISIS.
Quindi, se durante le vostre visite in Egitto, vi imbattete nei simboli della sedia e del pane,
osservate un minuto di silenzio perché siete di fronte al nome di una delle divinità più venerate
nell'antichità.
Alcuni studiosi, e condivido appieno la loro teoria, sono convinti che la nostra Madonna, altro
non sia che ISIDE.
La teoria è fondata: celebre è l'immagine di ISIDE che allatta suo figlio HORUS - il parallelo
con la Madonna e Gesù bambino è evidente almeno quanto quello tra il "Grande inno ad Aton"
(di Akhenaton) e il "Libro dei re" della Bibbia.
I geroglifici che rappresentano il nome di Iside
Chiunque abbia visitato l'Egitto non ha saputo resistere alla tentazione di acquistare o farsi
incidere un "cartiglio", simile a una specie di cappio, con il proprio nome scritto in geroglifici.
Forse non tutti sanno che il nome contenuto in un "cartiglio" (dal francese "cartouce" =
cartoccio, involucro) era un altissimo onore concesso solo al faraone o a membri strettissimi
della sua famiglia. Un onore tanto elevato che neanche agli dei era concesso questo privilegio.
Dunque, avete tutto il diritto di "atteggiarvi" un po' quando sfoggiate, appesa al collo, quella
medaglietta oblunga con sopra inciso il vostro nome...(!)
Su papiri, iscrizioni tombali, bassorilievi parietali, insomma, ovunque troviate impressi dei
geroglifici, sempre individuerete uno o più cartigli. Essi sono riconoscibili dalla forma oblunga,
con alla base una specie di nodo, con all'interno il "nomen" del faraone.
Al cospetto di un cartiglio potrete affermare con certezza di esservi imbattuti nel nome di un re o
una regina... si, ma quale?
Cominciamo con il più celebre di tutti, il re-bambino TUT-ANKH-AMON.
Il giovane "TUT", come familiarmente lo chiamano gli egittologi, in verità ha meritato la sua
fama solo perché è l'unico re di cui si sia ritrovata la tomba pressoché intatta.
Ben lontano dalle epiche gesta di RAMSES II il Grande o di TUTMOSIS III, TUTANKHAMON
si è tuttavia conquistato la simpatia del mondo intero.
All'interno del suo cartiglio riconoscerete subito tre simboli: un "pane" (già incontrato nel nome
di Iside) che si legge "T" (in questo caso ha il valore di fonema e non di desinenza femminile);
una quaglia stilizzata che si legge "U" e ancora il "pane". Le tre lettere insieme formano la
parola "TUT" che significa "immagine o figura". A questi primi tre geroglifici segue il simbolo
della croce ansata, l' "ANKH", che significa "vita, vivente". Infine troviamo il nome del dio
tebano "AMON", composto da tre segni: il giunco fiorito che si legge "I" (per convenzione
"A"); la scacchiera vista di profilo che si legge "MEN"; la linea ondulata che si legge "N"
(nota: in questo caso l'ultimo segno ha solo la funzione di facilitare la lettura).
Dunque TUT-ANKH-AMON significa "IMMAGINE VIVENTE DI AMON".
Notare che il nome "AMON", trattandosi di un dio, è sempre scritto per primo, anche se si legge
per ultimo. Dunque l'ordine dei geroglifici è il seguente: "IMEN" "TUT" "ANKH", ma si legge
"TUT" "ANKH" "AMON".
Quasi sempre, nello stesso cartiglio o in un altro accoppiato al primo, compare anche un nome
aggiuntivo e "ufficiale" imposto al faraone all'atto dell'incoronazione. Nel nostro caso esso è
NEB KEPHERU RA che significa TUTTE LE TRASFORMAZIONI (o ASPETTI) di RA (il
sole). NEB è il geroglifico del cesto e ha il significato di "TUTTO, OGNI" o anche di
"SIGNORE, PADRONE" ecc. KEPHER è lo scarabeo che significa "TRASFORMAZIONE", i
tre trattini verticali che lo seguono indicano il plurale e si leggono "U". Infine il cerchio con un
punto al centro che si legge "RA" (il dio sole). Nota: la frase si può tradurre anche "SIGNORE
DELLE METAMORFOSI DI RA".
Per quanto appena detto, i segni sono scritti per ordine di importanza "gerarchica", quindi per
primo RA (la massima divinità egizia), poi lo scarabeo KEPHER (con i relativi segni di plurale) e
infine il cesto NEB.
Il nome di Osiride in geroglifico (Il determinativo, che indica trattasi di un nome riferito a una
persona, non va letto).
Anche nel cartiglio con il nome di famiglia del faraone compaiono simboli già noti, ad eccezione
del primo "THOT". Questo geroglifico raffigura un ibis e rappresenta THOT, il dio della
scrittura e della conoscenza. Dunque ecco la prima parte del nome: "THOT" (per convenzione si
pronuncia "THUT"). A seguire il bilittero "MS" (si legge MES e significa "GENERATO")
scritto con il segno dei tre ramoscelli disposti a forma di "M". THOT-MES, quindi, vuol dire
GENERATO DA THOT.
Sempre nello stesso cartiglio abbiamo altri due simboli. Quello che sembra uno strumento
musicale, ma è la trachea di un bovino, si legge "NEFER" ed ha il significato di bello, perfetto,
buono, compiuto..., segue poi il solito scarabeo.
Questa seconda parte del nome si legge NEFER-KHEPER e il significato è ovvio: CHE
DIVIENE PERFETTO.
Questi sono i ventisei segni uniletteri che gli Egiziani utilizzavano con maggior frequenza per
trascrivere i suoni della loro lingua.
Sotto ogni segno si trova il nome convenzionale dell'immagine e, in rosso, la sua pronuncia,
sebbene questa non corrisponda esattamente a quella italiana.
Per esempio, la W del pulcino va letta "all'inglese" come una U.
La C di avambraccio è un suono a metà fra la H aspirata e la A.
La H di cortile va pronunciata aspirata.
La H di filo ritorto è una H faringale.
La H della cesta assomiglia al tedesco "ich".
La S di chiavistello è dolce come in "isotopo".
La S di stoffa è aspra come il "sole".
La S di lago si pronuncia come la Sc di "sci".
La Q di colle è una C dura, come in "carne".
La K di cesta è una C aspirata "alla toscana".
La T di pastoie si pronuncia con un suono a metà fra la T e la C.
La D di cobra sta fra la D e la G "gente".
Gli Ideogrammi
I primi tentativi degli antichi egizi di trasporre in scrittura la loro lingua risalgono alla fine del
quarto millenio a.C. e sono perciò contemporanei alla formazione del primo regno unitario nella
valle del Nilo.
In quest' epoca la scrittura geroglifica è caratterizzata da un rapporto di tipo pittografico tra il
concetto che si desidera comunicare e il segno scelto per esprimerlo.
Vale a dire che a ogni segno corrisponde una parola. Un esempio divenuto ormai classico di
questo di comunicare è dato dalla ben conosciuta Tavolozza di Narmer.
Tenendo nella dovuta considerazione le relazioni che intercorrono fra i vari segni e leggendoli in
modo ordinato dall'alto verso il basso la frase che si voleva comunicare è evidente:
IL FARAONE CONQUISTA IL POPOLO DEL DELTA.
Da questo esempio è riscontrabile uno degli elementi caratteristici del sistema di scrittura
geroglifico, ovverosia l' esistenza di segni corrispondenti a parole. Tali segni, detti ideogrammi,
corrispondono all'oggetto di cui sono fedele rappresentazione oppure a un concetto ad esso
strettamente correlabile. Deciderne l'esatta lettura è possibile soltanto all'interno di un
determinato contesto.
Trascrizione ra (pronuncia convenzionale RA), e può significare "il sole" (oggetto
rappresentato) oppure, aggiungendovi un trattino verticale, si trascrive hrw (pronuncia
convenzionale HERU) e significa "il giorno" (concetto correlato).
Se con il trattino, si trascrive z3 (pronuncia convenzionale ZA) e significa "oca" (oggetto
rappresentato) oppure, senza trattino, si trascrive sempre z3 e significa "figlio".
La scrittura egizia a poco a poco si evolve rispetto al sistema iniziale, già formato da un metodo
misto fonetico-ideografico.
Il metodo si perfezionò sempre di più per la particolare struttura linguistica perchè in egiziano i
segni riproducono soltanto suoni consonantici e semiconsonantici (perciò gli egittologi, per poter
leggere i testi geroglifici, usano interporre una "e" fra i segni).
Quel sistema avrebbe potuto generare confusioni tra parole con radici simili.
Ecco allora che fu posto un simbolo che non si doveva leggere ma che aveva la funzione di
circoscrivere alcuni significati fra i tanti che avrebbero potuto avere i segni precedenti.
Si trascrive hrw e si legge HeRU,(la e è una convenzione degli egittologi)e significa giorno. Il
simbolo del sole non si legge ma sta appunto a significare che l'intero gruppo di segni ha
attinenza con il sole e quindi con la giornata.
Le scritture geroglifiche qui sopra hanno entrambe i simboli della bocca e della mano, si
trascrivono tutte e due rd e si leggono convenzionalmente ReD.
La prima, però, ha come segno determinativo il piede, mentre la seconda ha la scala.
Pur leggendosi quindi allo stesso modo, hanno significati diversi: appunto piede e scala.
Ecco un paio di parole egizie.
La prima qui a sinistra, mostra un pulcino di quaglia, una canna in fiore e un avvoltoio che
corrispondono ai segni w, i e 3, la cui lettura convenzionale è UIA. Il simbolo determinativo è
barca. Il significato è dunque imbarcazione.
In egiziano esistono anche simboli che hanno una lettura convenzionale formata da due o da tre
suoni; sono i cosiddetti bilitteri o trilitteri.
Possono essere utilizzati come ideogrammi oppure solamente per rendere la parte fonetica di una
parola.
Prendiamo per esempio il segno dello scarabeo.
Come ideogramma significa "scarabeo", si trascrive hpr e si legge convenzionalmente KHEPER.
Alcuni segni triletteri che possono essere usati come ideogrammi o come fonemi:
CUORE E TRACHEA: Si trascrive nfr e ha come lettura convenzionale NEFER. usato in certi
contesti significa "bello".
In questa immagine lo vediamo in un papiro su cui è trascritto il libro dei morti.
I suoni doppi
Così come ci sono, nella lingua egizia, segni che al di là del loro significato ideografico hanno
una lettura convenzionale formata da tre suoni consonantici, ve ne sono altri, chiamati appunto
bilitteri, che hanno una lettura convenzionale costituita da due consonanti o semiconsonanti.
LIVELLA PER COSTRUZIONI
Si trascrive qd e ha come
lettura convenzionale QED
FALCETTO
Si trascrive m3 e ha come
lettura convenzionale MA
TERRA
Si trascrive t3 e ha come
lettura convenzionale TA
FASCIO DI PIANTE DI LINO
Si trascrive Dr e ha come
lettura convenzionale DJER
OCA
Si trascrive z3 e ha come
lettura convenzionale zA
ZAPPA
Si trascrive mr e ha come
lettura convenzionale MER
Maschili e femminili
femminile si aggiungeva una t ( raffigurata dal simbolo del pane ) che precedeva
l'eventuale determinativo.
SIGNORE SIGNORA
Si trascrive nb e ha come lettura Si trascrive nbt e ha come lettura
convenzionale NEB convenzionale NEBET
SERVO SERVA
Si trascrive Hmw e ha come Si trascrive Hmwt e ha come
lettura convenzionale HEMU lettura convenzionale HEMUT
PICCOLO Si trascrive Srj e ha PICCOLA Si trascrive Srjt e ha
come lettura convenzionale come lettura convenzionale
SHERI
SHERIT
FIGLIO FIGLIA
Si trascrive Z3 e ha come lettura Si trascrive Z3t e ha come lettura
convenzionale ZA convenzionale ZAT