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ABESH: "corno di sabbia", nome di un coccodrillo che compare nel rituale dell'Amduat.

Questo
coccodrillo è raffigurato sul tumulo ove sarebbe sepolto Osiri per proteggerlo; quando passa la barca di Ra,
l'occhio e poi la testa di Osiri escono dal tumulo sentendo la voce proveniente dalla barca del sole.
AHET o IHET: . Il termine ahet che si presenta con diverse varianti grafiche e
anche come ihet, è in realtà un nome comune che significa "vacca, bovina". Sotto
questo nome, la dea è sempre rappresentata come una vacca vivente che a volte porta
sulla testa il giovane dio sole. È anche un nome della dea Hathor e della Vacca
celeste.

AKER: il dio-terra, antica personificazione della terra e di conseguenza dell'Oltretomba. Aveva forma
di leone o di due protomi di sfinge con corpo di leone e testa umana.

AMENTIT: Era la dea dell'Occidente, a carattere spiccatamente funerario. Questa


divinità astratta non ebbe centri particolari di culto, ma ad essa si rivolgeva il sacerdote nelle
invocazioni che venivano compiute sul corpo del defunto. Amentit figura nel Nuovo
Regno sulla maggior parte dei sarcofagi lignei; la dea, distesa sul fondo
della bara, tende le sue braccia sovente fornite di ali avviluppanti per
ricevere il corpo del defunto, che viene pertanto deposto sulla sua immagine. N ella
parte sottostante il coperchio dei medesimi sarcofagi è spesso raffigurata la dea Nut.
Amentit assiste alla pesatura del cuore con la dea Maat, e conduce il defunto tenendolo
per mano verso Osiri, dopo averlo accolto sul limitare della catena libica e, come Nut, gli
offre gli alimenti della seconda vita.

AMMIT: Divinità mostruosa preposta alla distruzione


del defunto, se ritenuto colpevole da Osiri, secondo il rituale denominato
Libro dei Morti. Ammit è detta la "Divoratrice", "colei che annienta i
colpevoli"; veniva raffigurata come animale ibrido, con muso di
coccodrillo, zampe anteriori e tronco di leonessa, zampe posteriori di
ippopotamo.
Nelle fauci di Ammit finiva il defunto nel caso di un verdetto
sfavorevole del tribunale di Osiri, composto da 42 giudici, preposti ai
peccati degli uomini. Tale fine terribile era un modo per indicare
simbolicamente la caduta del defunto nel caos.

AMON: variante dio di Tebe, capitale dello Stato egizio dalla XI


alla XII dinastia e poi dalla XVIII alla XXI. Questo dio guerriero, il cui nome significa "il
nascosto, il misterioso", all'origine era un dio primordiale la cui esistenza era appena conosciuta
da una ristretta cerchia di teologi. Durante il Primo Periodo Intermedio fu adottato per ragioni
politiche dai principi tebani come divinità principale della città di Tebe, e sotto la XI dinastia, con
l'Egitto nuovamente unificato, il santuario di Amon a Karnak divenne il tempio dinastico. I
teologi del Medio Regno donarono alla loro espressione del divino un concetto universale: Amon
significa "ciò che è nascosto, ciò che è inconoscibile", cioè dio. Il potere regale di Amon sugli dèi
definiva la molteplicità infinita delle sue manifestazioni.
Amon, la cui funzione per molti secoli fu quasi esclusivamente politica, fu considerato il dio
principale dell'intera regione e prese posto come dio del re nel pantheon egizio. Fu in seguito
assimilato al dio Ra dal clero tebano, d'accordo con i sacerdoti di Eliopoli, per conferire ad Amon
il titolo di divinità cosmica, onde il nuovo nome "Amon-Ra", che non era la sintesi di Amon e di
Ra, ma una nuova figura, una nuova unità che si aggiungeva ai due dèi; il sincretismo non
significa "identità" o "fusione delle divinità", ma unione tra gli dèi.
Amon-Ra era il re di tutti gli dèi, sposo di Mut a Tebe e padre di Khonsu, ma sulla riva
occidentale a volte Amon era sposo di Hathor e padre di Harmachis, "Horo nell'orizzonte". Era
rappresentato sotto forma umana, suo emblema era un casco cilindrico sormontato da due lunghe
piume verticali.
L'Egitto, durante la XVIII dinastia, per merito dell'energica politica di conquista di alcuni sovrani
come Thutmosi I e soprattutto Thutmosi III, era riuscito a conquistare molti territori nel Levante
ed in Nubia, diventando così una delle più grandi potenze dell'antico Oriente. Il grande
beneficiario di queste vittorie fu Amon, che ricevette non solo la gloria dei trionfi, ma anche una
parte importante del bottino di guerra e dei tributi annuali dei popoli sottomessi, e così il clero di
Amon divenne un potentissimo proprietario terriero, elemento di primo piano della politica
interna egizia. Il "Primo Sacerdote di Amon" divenne il personaggio più importante del regno,
dopo il sovrano, con influenze non solo religiose ma anche politiche. Amon-Ra era ormai una
divinità cosmica e gli inni a lui diretti erano esclusivamente solari; il dio era il Demiurgo
universale, il creatore di tutto ciò che esisteva, patrono di una vera e propria teocrazia. Il clero
tebano lo pose alla testa di una corporazione di 15 dèi: la "Grande Corporazione" (Montu, Atum,
Shu, Tefnet, Geb, Nut, Osiri, Iside, Seth, Nephti, Horo, Hathor, Sobek, Tatenen, Iunit); vi era
anche una "Piccola Corporazione", anch'essa di 15 membri.
Amon era anche il "Signore dell'Occidente", il che esprimeva la sovranità del dio sull'Oltretomba;
il culto che Amon riceveva nell'oasi di Siwa, ancora all'epoca di Alessandro Magno, era
probabilmente la sopravvivenza di un'antichissima tradizione.

AMONET: Controparte femminile o divinità associata ad Amon a Tebe, il suo nome


significa "colei che è nascosta". La coppia Amon - Amonet compare a volte nell'Ogdoade di
Ermopoli, al posto dell'ultima coppia Nau e Nauet o Gereh e Gerehet, dalla natura
particolarmente misteriosa.

ANTI: dio falco di Anteopoli; una forma di Horo, chiamato "quello degli
artigli", o anche ''l'Unghiuto'' per il vigore dei suoi artigli. Ha unghioni invece di
alluci perché, secondo la leggenda, durante il giudizio di Horo e Seth, l'Enneade,
per punirlo di aver traghettato Iside per bramosia di oro, gli tagliò le punte dei
piedi. In realtà si trattava di un dio falco ...

Ha per compagna "colei della montagna della vipera", Giufit o Djufyt.

ANUBI: Questo dio è raffigurato dapprima come sciacallo o canide dal pelo
rossiccio, con grandi orecchie ed una lunga coda, e poi come uomo con nera testa di sciacallo.
Anubi compare spesso dipinto sulle pareti di tombe
nella necropoli tebana, con corpo umano e testa di
sciacallo, mentre si china sul corpo del defunto con lo
strumento rituale, per restituire al morto l'uso dei sensi e
delle altre facoltà vitali. "Signore dell'Occidente, figlio
del dio, potente nell'Alto Egitto, signore della Duat
(l'aldilà), che è davanti alla
necropoli", accompagnava i defunti,
cioè i loro ba, davanti al tribunale
supremo durante il Nuovo Regno.
Per questo motivo in epoca greca Hermes Psychopompos venne assimilato ad
Anubi.
Durante il giudizio divino sorvegliava, insieme ad Osiri, l'evoluzione della
bilancia ove veniva posato il cuore del defunto. Era considerato
l'imbalsamatore per eccellenza ed il "signore della terra sacra", cioè la
necropoli.
Alcuni studiosi ritengono che si possa considerare Anubi uno
stadio dell'evoluzione tra Osiri ed Horo, cioè il momento di
transizione tra la morte e la vita; pertanto Anubi poteva
identificarsi con il defunto per aiutarlo nella sua trasformazione in
quel difficile momento.
Anubi compare nella tomba di Nakhtamon, nel cimitero operaio di
Deir el Medina, con corpo umano e testa di ariete, e con un
serpente sulle corna. Questa testa di ariete intende raffigurare il dio, l'entità unica che si forma
ogni notte quando Ra si unisce ad Osiri e viceversa, e Ra diventa il sole della notte. Ra
rappresenta il dinamismo della creazione mentre, al contrario, in essa Osiri è il lato statico. Ra si
unisce nella notte ad Osiri così strettamente che entrambi sono un sol corpo e possono parlare con
una sola bocca: "Ra riposa in Osiri e Osiri riposa in Ra". Tuttavia il legame è breve, all'alba Ra
non è più Osiri, ma nella Duat rimane l'immagine del dio che fu insieme Ra ed Osiri.
I teologi tebani con questa raffigurazione volevano sostenere che Ra, dio supremo che durante il
giorno percorreva il cielo in tutto il suo splendore, era anche il Signore dell'Oltretomba, poiché di
notte nella Duat si univa sia pure temporaneamente ad Osiri. Anubi, con testa di ariete,
raffigurava pertanto Ra, il sole della notte, e aiutava i defunti nella rigenerazione.
Un sacerdote con nera maschera di sciacallo rappresentava Anubi nei riti funebri e durante il
Nuovo Regno la divinità era ritratta nell'atto di sollevare e porre in senso verticale il corpo
mummificato del defunto su un monticello di sabbia vicino alla tomba, nel rito dell'Apertura della
bocca.
Secondo alcuni, Anubi era fratello di Osiri, per altri figlio adulterino di Osiri e Nephti, sorella di
Iside, o figlio di Seth e Nephti (secondo Plutarco) o ancora figlio di Osiri e della dea-bovina
Hesat. I testi più antichi non nominano i genitori di Anubi e non gli attribuiscono una compagna.

APEDEMEK: Dio-leone nubiano venerato a Meroe,


Mussawarat es-Sufra e Naga. Il suo muso poderoso appare in numerosi templi e
rilievi. I più sorprendenti sono a Naga nel tempio del Leone, eretto dalla coppia
reale Natakamani e Amanitera (o Amanitore). Al centro della parete esterna, sul
retro del tempio, il dio Apedemek riceve 1'omaggio della famiglia reale; egli è
raffigurato con triplice testa di leone E quattro braccia.
Nel tempio del Leone di Mussawarat es-Sufra, è rappresentato con un corno di ariete alla tempia,
il che potrebbe suggerire una connessione con Amon di Tebe; inoltre, essendo un dio guerriero,
tiene un prigioniero legato ad una corda ed è armato con arco e frecce.

APESH: epiteto della tartaruga, un animale di Seth, nemico del sole e


simbolo del male e delle tenebre, spesso confuso con il serpente malefico Apopi. Nel
British Museum si conserva una statuetta lignea, mutilata, di un uomo seduto con la
testa formata dal corpo intero di una tartaruga.

API: Api era il toro sacro venerato a Menfi; la sua adorazione è sicuramente la più antica
testimonianza di un culto reso ad un animale.
La sepoltura dei tori Api fu scoperta nel 1851 dal francese Mariette nei dintorni di Saqqara, ed è
conosciuta come il "Serapeum": una lunga teoria di corridoi sotterranei, nei quali sono disposte
grandi nicchie che servivano a contenere sarcofagi enormi, e che venivano murate dopo la
sepoltura. Si fissavano al muro numerose stele, ufficiali e private, che ci hanno fornito date
preziose, ma scarse informazioni sul culto vero e proprio.
Queste poche notizie, aggiunte ad un frammento del rituale funerario dell'Api e alle descrizioni di
autori classici, ci permettono di seguire la storia del toro sacro
di Menfi nel suo insieme. Essa non iniziava dalla sua nascita,
ma dalle feste per la sua consacrazione, che avevano luogo a
Menfi ed erano presiedute dal sommo sacerdote di Ptah. Api
per prima cosa faceva visita ad un santuario nell'isola di Roda,
e poi si imbarcava per Menfi nel momento in cui la luna
iniziava a crescere; le feste si celebravano a Menfi durante il
plenilunio: era il simbolo della nuova era, iniziata con il regno
del nuovo Api. Dopo le cerimonie il toro usciva dalla porta
orientale del tempio per mostrarsi al popolo; veniva poi
condotto nel suo santuario, l'Apieion, donde usciva solo per
partecipare alle processioni; nel suo tempio Api riceveva il
tributo dei fedeli e pronunciava i suoi oracoli.
Quando il toro Api moriva, il cadavere dell'animale era trasportato in una sala apposita, che era
vicino al tempio di Ptah a Menfi. I sacerdoti in 70 giorni mummificavano l'animale divino e
facevano veglie notturne, praticando un doppio digiuno (4 giorni di astinenza totale e per altri 70
giorni solo pane, legumi ed acqua). Il corpo di Api era seppellito secondo i riti osiriaci: prima le
bende, poi le unzioni e le fumigazioni con incenso. Il sarcofago, inizialmente in legno, fu scolpito
in granito a partire dal regno di Amasi, XXVI dinastia. Poi, il toro Api, passando dalla porta
d'occidente, era condotlo fino al lago del re accompagnato da due prefiche che avevano il ruolo
delle dee Iside e Nephti, e dai sacerdoti di Ptah. Completati i riti funebri, che duravano circa 70
giorni, l'enorme sarcofago in granito, che pesava circa 700 chilogrammi, veniva deposto nella sua
grande nicchia; l'Api defunto aveva diritto, come ogni morto sottoposto ai riti osiriaci, ai suoi vasi
canopi e ai suoi ushabti (rispondenti), spesso taurocefali.
Ogni Api aveva una mandria di vacche sacre e la sua discendenza riceveva onori particolari; era
raro però che l'Api stesso discendesse da un altro Api, sovente non era nemmeno di origine
menfita. L'Api era raffigurato portante fra le corna un disco solare sormontato da un ureo. I segni
che identificano il toro come Api erano sempre visibili: un triangolo bianco in mezzo alla fronte,
una macchia bianca a forma di mezzaluna sul fianco e un'aquila sul collo; si trattava dunque di un
toro nero con macchie bianche, che in seguito furono interpretate come i simboli del dio
incarnatosi nell'Api.
Sul piano teologico Api appariva in origine come il dio della forza generatrice, un dio della
fecondità. Questo carattere primitivo si è mantenuto nel corso dei secoli: gli stessi stretti rapporti
che legano Api all'inondazione da un lato e ad Osiri, dio della vegetazione, dall'altro, ne sono la
prova. In verità, un'altra ragione avvicinava Api ad Osiri; infatti il toro sacro, come gli uomini,
era soggetto alla morte e come loro era seppellito; e questo bastava perché esso fosse considerato
un Osiri.

APOPI: è il drago malefico, simbolo delle tenebre e del male, che contrasta
quotidianamente il passo al dio sole Ra. Per agevolare la vittoria di Ra, i sacerdoti egizi
pronunciavano, nel momento in cui il sole stava per sorgere all'orizzonte, formule
particolari di esecrazione, bruciando nel contempo un simulacro di cera di Apopi. La
cerimonia veniva ripetuta in varie ore del giorno nel tempio di Amon-Ra a Karnak e ci è
tramandata in una versione dell'epoca tarda, Il Libro del serpente Apopi. Nel rituale, lo
scontro tra Ra e Apopi avveniva nella settima ora del viaggio notturno che il dio sole
compiva nelle regioni della Duat ed erano necessarie le arti magiche della dea Iside,
salita sulla barca di Ra, per evitare che Apopi avesse il sopravvento.
Apopi è raffigurato pittograficamente nell'aspetto di un serpente gibboso da cui spuntano coltelli.
Lungo 120 cubiti, fu creato a Esna dalla saliva (lo sputo) della dea
Neith nelle acque primordiali. Apopi, eterno nemico di Ra e degli
dèi, non apparteneva al mondo esistente, era il potere del Caos,
1'oceano primigenio, del "non-esistente", ed era con-
temporaneamente senza inizio e senza fine. Apopi, già presente al
momento della creazione essendo nel "non-esistente", doveva
essere stato scacciato dal mondo ordinato dell'esistenza per volere del Demiurgo e dei trenta dèi
primigeni; da allora egli appariva di continuo e in modo ostile sulla via del dio sole Ra,
minacciando anche i defunti nella Duat.
Il serpente malvagio Apopi veniva ridotto all'impotenza e immobilizzato perché non lo si poteva
sopprimere: essendo infatti potere del Caos, nella sua "durata immobile estatica", sussisteva
indistruttibile, eterno; anche se il suo tentativo di capovolgere la barca del sole Ra falliva, egli,
imperturbabile, la sera dopo riprendeva il suo attacco, simboleggiando l'eterna lotta tra il bene e il
male.

AQEN: È colui che nell'aldilà (la Duat) traghetta i defunti


con la sua barca, e quando il defunto si rivolge a lui, Aqen lo
sottopone ad un lungo interrogatorio, perché deve dimostrare di
conoscere anche i nomi di tutte le parti del battello.

ARPOCRATE: Horo, figlio di Iside, all'origine (IV dinastia) non


era raffigurato come un falco, ma come un piccolo fanciullo. Arpocrate, così
popolare nella Bassa Epoca, non è dunque una invenzione tardiva.
Il dio è generalmente raffigurato con un leone alla sua sinistra ed una
gazzella alla destra, e con due serpenti in ciascuna mano, oppure due serpenti
ed uno scorpione. Egli cammina su coccodrilli affrontati ed incrociati, che
girano la testa (cosa impossibile per questi animali). Il numero dei coccodrilli varia da due a sei.

ASBET: dea serpente che risale all'epoca delle Piramidi, considerata dea
delle fiamme, "colei che brucia".

ASH: antichissimo dio del deserto occidentale, "signore della Libia". Appare
con figura umana o testa di falco, raramente con testa del dio Seth.
ASSUR: dio al vertice del pantheon assiro, aveva soppiantato Enlil, dio
del vento e della terra, signore delle città di Nippur e di Assur. È
probabile che il suo culto sia giunto nel Delta al seguito di genti straniere,
forse assiri.

ASTART: Sotto il nome di Astart si nasconde Anat come sposa di Astar, col
quale forma talora una sola figura, per nulla in contrasto con la natura originariamente androgina
della Signora della natura. Essa era infatti non solo dea dell'amore e della vita, ma anche della
guerra e della morte. Entrambe le dee cananee sono in genere molto popolari in Egitto all'epoca
del Nuovo Regno; tutte e due sono bellicose: una raffigurazione ci mostra una di esse a cavallo
mentre brandisce l'ascia di guerra e lo scudo. In seguito, quando Anat riuscì ad entrare nel
pantheon egizio, Astart dovette rinunciare alla sua natura bellicosa, e molti secoli dopo la
ritroveremo, nel tempio di Filae, nella forma di Iside con il figlio Horo, a ricevere in dono due
specchi da parte di Augusto. Nel Nuovo Regno però non sono rimaste molte tracce della natura
pacifica delle due dee: esse sono, in battaglia, lo scudo del re, e sono attaccate al suo carro da
combattimento. Quando il sovrano Thutmosi IV (XVIII dinastia, Nuovo Regno) si lancia sul
nemico sul suo carro, egli "guida i cavalli in modo esperto come Astart". Nella leggenda di Horo
e Seth, alla morte di Osiri i due dèi aspirano alla sua successione: uno come figlio e l'altro come
fratello. Gli altri dèi sono incerti, perché pur riconoscendo i diritti del piccolo Horo, temono la
violenza del terribile Seth. Il mito termina, dopo incidenti di ogni sorta, con il trionfo di Horo
grazie all'intervento di Osiri, che gli dèi si decidono a consultare. Le dee Anat e Astart vengono
entrambe attribuite a Seth come "compenso", avendo egli perso il giudizio con Horo. Nella
leggenda riportata dal papiro Harris esse sono certamente le spose di Seth, poiché il suo
avversario Horo impedisce loro di partorire figli; in un altro racconto si legge che gli dèi avevano
portato Astart dalla Siria in Egitto, la misero solennemente fra di loro e le donarono una sedia su
cui sedersi, "i grandi si levarono dinanzi a lei e i piccoli si
distesero a terra".
L'adozione di divinità straniere in Egitto fu una conseguenza
diretta della politica di conquista che aveva favorito
l'immigrazione di asiatici. Questi dèi, esclusivamente onorati in
origine dagli stranieri, furono rapidamente adottati dagli egizi che
li assimilarono talvolta a certe loro divinità. Queste divinità straniere non erano venerate solo
dalla gente comune, ma anche dai sovrani, che per ragioni politiche adottarono gli dèi dei popoli
che essi avevano vinto. I sovrani egizi desideravano dimostrare che gli dèi stranieri erano costretti
a servire la loro gloria. È interessante osservare che le divinità straniere avevano spesso
l'attrattiva della novità, e non erano rivestite, come gli dèi locali, di quel carattere maestoso che
poteva tenere distante la povera gente.
ATEN o ATON: Aten vivente. La dottrina dell'Aten è esposta nel grande inno

che lo stesso re Amenhotep IV - Akhenaten aveva composto: quale sia il senso di questo inno è
assai chiaro a prima vista: Aten, il disco solare, era il demiurgo universale, il dio primordiale che
tutto creava e a tutto provvedeva. Aten era "partorito ogni giorno dal cielo". La sua presenza in
cielo era garanzia di vita per tutto il mondo e per tutti gli esseri, che in questa unione con la
provvidenza divina ritrovavano una loro intima parentela ed una dignità che non poteva mai
essere annullata.
L'iconografia dell'Aten lo raffigurava come disco solare dal quale partivano raggi terminanti con

piccole mani, alcune delle quali recavano il segno ankh , simbolo della vita eterna. Aten, il
creatore, era il padre della dea Maat, e questa divinità personificava più che la verità e la
giustizia, la sincerità intesa anche come un senso di libertà, cioè di un'armonia tra le tendenze
individuali e l'azione. La libertà era una delle grandi idee della nuova religione; da essa
scaturivano la spontaneità e l'individualismo che appaiono nel periodo amarniano (din. XVIII,
circa 1352-1336 a.C.) in tutte le manifestazioni della vita. L'altra grande idea della dottrina
elaborata da Akhenaten era l'amore per la natura: essendo il sole la sua forza prodigiosa, era
logico supporre che in tutte le creature, uomini, animali e piante, esistesse una particella della sua
sostanza divina, e la gloria dell'Aten risplendeva nella creazione.
L'enoteismo, cioè un atteggiamento religioso che tende ad
escludere ogni divinità diversa da quella invocata,
interpretato come preliminare al monoteismo, era un
elemento antichissimo nell'esperienza religiosa egizia, come
l'idea del dio creatore. L'unicità del dio, già affermata dalla
teologia tebana, non aveva impedito che si accettasse la
pluralità degli dèi; Akhenaten invece ne aveva eliminato i
culti, eccetto quello solare del dio Ra di Eliopoli, e la
conseguenza prima di questa soppressione degli dèi era stata la scomparsa della mitologia. Aten
non aveva miti, e neanche un passato eccelso; la sua attività e la sua autorità erano direttamente e
semplicemente legate al suo "essere". Il sovrano era il supremo sacerdote del culto dell'Aten; egli
era anche e soprattutto il suo profeta. Egli solo conosceva la dottrina, l'interpretava e la
trasmetteva ai suoi fedeli. Questo elemento della nuova dottrina era quello più strettamente
politico, che intendeva riportare in auge la concezione più antica della monarchia divina: quella
che nell'Egitto arcaico aveva dato al sovrano il potere di costituire il diritto con la sua volontà, ed
allontanandolo dal mondo degli uomini, l'aveva posto tra gli dèi.
Il culto di Aten non fu creato da Amenhotep IV - Akhenaten: la divinità era già apparsa durante il
regno di Thutmosi IV ed in quello di Amenhotep III, cioè nel periodo in cui l'influenza asiatica, a
seguito delle conquiste militari nel Levante, si era fatta sentire più direttamente in Egitto.
Naturalmente questo culto non aveva nulla di esclusivo ed Aten, il disco solare, coesisteva con gli
altri dèi. La brusca evoluzione del culto dell'Aten nei primi anni di regno di Amenhotep IV fu
causata senza dubbio dalla volontà del re, connessa anche a ragioni politiche, nel tentativo di
eliminare il grande potere del clero di Amon a Tebe, piuttosto intrigante e assolutamente
insofferente nel ruolo strettamente religioso. Il faraone per questi motivi decise di troncare
qualunque rapporto con la religione tradizionale, cambiò il suo nome in quello di Akhenaten

e fondò una nuova città, Akhetaten, a metà strada fra Menfi e Tebe, sulla riva

orientale del Nilo, nella località ora chiamata Tell el Amarna, o semplicemente Amarna, per
consacrarsi interamente al culto dell'Aten.

ATUM: Era il più antico dio creatore, elaborato dai teologi ad Eliopoli
per stabilire un punto di contatto tra la religione locale e quella cosmica. Sempre
raffigurato come uomo, aveva sul capo la doppia corona dell'Alto e Basso Egitto; i
suoi occhi erano verdi perché in origine era un serpente. Suo animale sacro era il
leone e a volte anche il serpente. Fu identificato dai sacerdoti eliopolitani con il dio
sole Ra ed adorato come Ra-Atum, manifestazione del sole che tramonta o sole
della sera. La sua popolarità non eguagliò mai quella di Ra che, per gli egizi di
tutte le epoche, era la personificazione del sole. La controparte femminile di Atum

era Temet madre, una forma di Hathor o un suo appellativo. Secondo i Testi

delle Piramidi una compagna di Atum era Iusaas, una forma di Hathor nel Basso Egitto. La mano
di Atum, personificata e divinizzata, compare più volte nei testi di alcuni sarcofagi di Assiut, con
evidente allusione all'atto di Atum, demiurgo solitario, anche chiamato "l'onanista", che senza
cooperazione femminile, per masturbazione, genera la prima coppia di divinità Shu e Tefnet,
secondo la teologia di Eliopoli.
BAAL: Baal è una divinità straniera, forse cananea, dio della

tempesta e della bufera, dimora sulle montagne ed urla in cielo; in


battaglia si paragona il re a Baal nel momento in cui si scatena. Era un dio
terribile ed in Egitto veniva identificato a Seth; era così popolare tra la
gente, che talvolta era preceduto dall'articolo: "il Baal" come se si trattasse
di un nome comune che significava "il dio".
Nelle tavolette di Amarna il suo nome in caratteri cuneiformi era "Baalu
ina šame", che significa "il Signore che è nei cieli". Baal fu posto a capo di
tutti gli dèi dallo scrittore greco Filone di Biblo, nato in Fenicia verso il 42
d.C., e nel pantheon cananeo precedeva lo stesso dio El che di norma manteneva il primato. A
Menfi vi era pure un tempio di Baal, dove un sacerdote era al servizio di Baal e di Astart.
BAALAT: dea cananea, era la controparte femminile di Baal, "signora di Biblos"; venne
associata ad Hathor. In un piccolo tempio dedicato ad Hathor a Serabit el-Khadim, nel Sinai, una
sfinge in arenaria reca il nome di Hathor in geroglifici e quello di Baalat scritto con alfabeto
semitico. Nel tempio di Dendera, in un testo Hathor è descritta come "residente a Biblos".

BÂH: L'ibis non è il solo uccello che sia stato oggetto di


venerazione da parte degli abitanti primitivi del distretto di Ermopoli: il nome
della capitale Bâh è assai suggestivo al riguardo. Il segno geroglifico
raffigura un trampoliere ben riconoscibile dalle due lunghe penne, l'airone
cinerino, in tutto simile al benu, l'airone sacro di Eliopoli. Vi è tuttavia una
differenza nella posizione dei due volatili: invece di essere ritto sulle zampe,
il Bâh tiene un arto ripiegato (come fanno tutti i trampolieri), e l'altro è rappresentato soltanto da
un sostegno verticale che simula un trespolo.
BANEBGIED: il dio ariete signore di Mendes. Si tratta di

un dio davvero singolare, perché viene adorato un ariete vivo. Il culto di questo
dio, "Signore della creazione", secondo Manetone, sarebbe stato creato dal
primo re della II dinastia, ma è probabile, dato il suo carattere arcaico, che risalga ad epoca
anteriore.
BASTET: la dea gatta di Bubasti, in origine forse una leonessa: patrona

della gioia, divinità dell'amore, della danza e della musica. Nelle raffigurazioni
appare con corpo di donna e testa di gatta, sovente con un sistro in mano ed un
cestino pendente dall'altra; veste alla straniera con abiti di lana a ricami.
Il centro del suo culto fu Bubasti, versione greca di Per-Bastet,
l'odierna Tell Basta, ove si trovava il suo santuario, ora quasi del tutto scomparso.
La dea aveva un carattere spiccatamente solare, simboleggiando il calore benefico
del sole.

BAT: La sua forma con testa di bovina la pone in stretta relazione con la dea Hathor. Bat
figura sulla tavolozza votiva che rappresenta la vittoria di un re Narmer nel Delta (circa 3100 a.
C.). Il sovrano è raffigurato su un lato con la corona bianca dell'Alto Egitto e sull'altro con quella
rossa del Basso Egitto; è possibile che egli si identifichi con il re Menes, il capostipite
leggendario delle dinastie egizie.

BES: dio nano con funzioni apotropaiche, era molto popolare a Tebe nel
Nuovo Regno; dio della danza e di ogni occupazione gioiosa. Considerato
"patrono del sonno", poiché teneva lontani gli incubi dagli uomini, fu usato
come ornamento di molti letti; era anche protettore dei bambini e delle donne
incinte.
Il suo culto si sviluppò in seguito nella Bassa Epoca; secondo alcuni studiosi Bes
era originario del centro Africa e forse era un pigmeo.
Il suo aspetto grottesco, il corpo deforme, con piume fra i capelli, eterna smorfia, larga lingua che
ricadeva su una barba a ventaglio, tutto in lui faceva sorridere coloro che lo veneravano, ma tale
aspetto aveva il compito di incutere terrore in tutti gli esseri nocivi che circondavano le sfortunate
creature umane. Talvolta Bes brandiva una clava ed uno scudo per far paura ai malvagi.
Gli astucci per cosmetici erano sovente scolpiti in forma di Bes, che era anche il dio della toilette.
Nei testi di Dendera appaiono nel corteo della dea Hathor molti Bes, a volte con nomi diversi, che
danzano o fanno musica. Raffigurato nei mammisi, sull'abaco delle colonne del peristilio,
vegliava sul parto della dea perché si svolgesse senza incidenti; Bes aveva anche il ruolo di
guaritore. Ricordiamo che, a partire dalla XVIII dinastia, a volte Bes è raffigurato alato; questa
sua caratteristica, un paio o due di ali di falco, era forse in relazione col mito solare. In epoca
romana il dio viene recepito come guerriero, dotato di corazza, scudo e spada; in questa tipologia
egli viene associato, per misteriosi motivi, al toro Api. Bes è una di quelle divinità egizie che per
qualche tempo resiste al cristianesimo e poi si trasforma, sotto l'influenza della nuova religione,
in un demone che provoca la paura negli uomini; Bes diventa così "discepolo" del primo patriarca
copto Shenuda, nemico implacabile dei pagani e grande distruttore di templi.

BUKHIS: Ermonti, la città del dio Montu,


venerava in tempi molto antichi un toro sacro, che i
Greci hanno poi chiamato Bukhis; il significato di
questo nome non è chiaro.
Questo toro non aveva nulla a che fare con Montu, dio
falco di origine astrale, ma fu assorbito dalla potente
personalità del vicino. Il culto di Montu, e
parallelamente quello di Bukhis, si spostò in alcune località della regione tebana, Tôd, Medamud,
Kamak e Medinet-Habu. Il culto di Bukhis si svolse a Tebe, a partire dal regno di Tolomeo VII,
ma il toro risiedette sempre ad Ermonti, da dove si allontanava solo per visitare periodicamente i
suoi santuari.
Dopo la morte il toro sacro era sepolto nella necropoli dei tori di Ermonti, il "Bucheum", anche
chiamato "il castello di Atum" per sottolineare l'influenza del culto di Eliopoli su quello di
Ermonti. Il carattere teologico del toro Bukhis è complesso: questo toro sacro di Ermonti, essendo
strettamente collegato con Montu, venne a subire l'influenza di Amon e quella di Ra. Montu
infatti si era ben presto assimilato a Ra ed era venerato come una nuova divinità con il nome di
Montu-Ra. Bukhis stesso ebbe il titolo eliopolitano "ba di Ra"; in seguito fu introdotto nel ciclo
di Amon, date le relazioni di buon vicinato che esistevano fra Montu e Amon di Tebe.
DIONISO: è, come Osiri, il dio dei morti che rinasce. Gli attributi di Iside, il cui culto si è
diffuso nel mondo mediterraneo, sono diventati attributi di Dioniso, come: la "cista mistica"
(paniere o recipiente cilindrico contenente il liquido sacro, con il serpente attorcigliato); pampini
e motivi di vigne (che suggeriscono l'identità fra Osiri; dio della vegetazione, e Dioniso); il tirso
(bastone di Dioniso, nodoso e contorto, sormontato da un viluppo d'edera).
Dioniso, proveniente forse dalla Tracia, era una delle più importanti divinità ctonie della Grecia
antica: era il dio che rappresentava e riassumeva in sé tutta la vita vegetale della natura nelle sue
molteplici manifestazioni, e aveva donato agli uomini con la vite la gioia e l'oblio dell'ebbrezza;
Dioniso appare come un dio perseguitato, tormentato e poi ucciso, che rinasce e risorge a nuova
vita.
Fu Tolomeo IV, fervente adoratore di Dioniso, ad introdurre ufficialmente il culto delle Baccanti,
ma esso, destinato a sostituire il culto antico e austero di Iside e Osiri, non poteva essere
ammesso ad Ermopoli se non in una forma più serena e calma, spogliata di tutta la parte
orgiastica.
Nel dromos del Serapeum, a Saqqara, un Dioniso giovanile che cavalcava un leone, ora purtroppo
molto rovinato, precedeva le statue dei saggi greci, Omero, Platone, Pindaro e altri.

DUAU: il dio ritenuto patrono degli oculisti, venerato nel Delta occidentale. La
sua compagna era Mut.
È una divinità che compare nei Testi delle Piramidi, ed è menzionata in occasione della
glorificazione del re, con cui viene identificata allorquando egli si insedia sul trono celeste
accanto agli dèi, dopo essere asceso al cielo.
DUAUR: dio della rasatura o della barba, legato al rasoio. Altro nome di

Duaur è Duanecier anche appellativo di Osiri.

ERMANUBI: figura sincretica elaborata dall'unione del dio greco Hermes e del dio egizio a testa
di canide Anubi. Questa scelta è dovuta al fatto che si riteneva che entrambi gli dèi
accompagnassero le anime dei morti nell'Aldilà, caratteristica questa che va un po' stretta ad
Anubi, la cui figura era nell'Egitto dinastico di ben altro spessore, mentre uno degli epiteti di
Hermes era proprio "psicopompo" (guida delle anime).
Appartenente al periodo ellenistico e romano dell 'Egitto, questo dio è attestato per la prima volta
nel II secolo a.C., in un'iscrizione dove viene chiamato Ermete-Anubi. Dal II secolo d.C. sarà
invece designato con il nome di Ermanubi.
Pur essendo una combinazione fraAnubi ed Hermes, sarà sempre rappresentato dagli artisti in
forma totalmente umana.
GEB: Il dio-terra, con caratteristiche superiori a quelle di Aker. Era

denominato "figlio di Shu" o "grande figlio di Shu, il suo primogenito". Sposa di


Geb è Nut, la dea-cielo. Geb, dio ctonio, non è mai rappresentato sotto forma di
toro, invece Nut è spesso confusa con la vacca celeste. È naturale quindi che il suo compagno
Geb sia nominato per assimilazione: "il toro di Nut", identificandolo con un animale del quale gli
egizi ammiravano il vigore sessuale e la combattività. Geb è senza dubbio 1'antico nome comune
che designava la terra; ben presto la terra fu divinizzata e adorata sotto l'aspetto di un uomo, che
conserva il nome Geb. Si è supposto che forse Geb sia da identificare con un antico dio locale
rappresentato sotto forma di oca, che sovente Geb porta sul capo.
GEBKA: uccello nero, ricco di veleno, anche chiamato Gebga. Coppiere dei

morti, vive su monticelli di detriti; per respingere questo uccello, il defunto nella Duat dovrà
spezzare i suoi vasi e strappare i suoi libri. Compare nei Testi dei Sarcofagi.

HAPI: Gli abitanti del Nilo divinizzarono ben presto il loro fiume con il
nome del dio Hapi, nel duplice aspetto del nord e del sud: due esseri obesi a
carattere ermafrodito con barba maschile e petto femmineo, a simbolo della
fecondità e della fertilità, coronati rispettivamente con fiori di loto per l'Alto Egitto
e fiori di papiro per il Basso Egitto. Le due entità sono spesso raffigurate in atto di
congiungere gli steli dei propri fiori a simbolo dell'unione fra le due terre.

HARMACHIS: La sfinge, l'imponente leone disteso con il volto umano che domina la

piana sabbiosa di Giza, era denominata Harmachis: "Horo nell'orizzonte", nel quale complesso si
riconosceva Horo, cioè il re.
Il dio Harmachis preconizzò il regno al futuro Thutmosi IV qualora avesse eliminato la sabbia
che ricopriva la grande statua leonina; fra le zampe della sfinge si trova tuttora la stele che
Thutmosi, una volta salito al trono, vi fece porre a ricordo della vicenda. Si tratta di un testo di
grande significato storico: sotto l'aspetto di un ex-voto che commemora insieme la potenza del
dio e la pietà del sovrano, si ha qui il primo documento del tentativo della monarchia di sottrarsi
alla pesante protezione del clero del dio Amon di Tebe.
HATHOR: Il suo nome, la dimora di Horo, venne certamente composto dai

teologi per indicare la madre del divino falco Horo. Divinità quindi anonima ed
antichissima, la "vacca celeste" della mitologia egizia era citata già nei Testi delle
Piramidi, e secondo alcuni studiosi non si trattava della bovina domestica, ma
dell'animale allo stato selvaggio, vivente nelle paludi. Divinità universale, cosmica,
dall'epoca della IV dinastia essa è raffigurata come una giovane donna che porta sul capo due
lunghe corna ed il disco solare. Hathor diventa uno dei personaggi più popolari del pantheon
egizio, protettrice della monarchia e in particolare associata alle regine; divinità nazionale,
presiede alle occupazioni femminili. Il suo culto è gaio: gli intermezzi musicali e le danze al
suono stridulo dei sistri giocano un grande ruolo nelle cerimonie mimate, all'interno dei templi.
Per questi motivi, già durante il Medio Regno, sotto la denominazione di Nub, Hathor venne
considerata dea della musica, della danza, dell'allegria e della gioia. Questa impronta affabile,
legata all'espressione di sentimenti vitali, non deve far dimenticare che essa aveva anche carattere
funerario ed era venerata sulla riva occidentale di Tebe, nella zona delle necropoli. Hathor era la
dea che inghiottiva il sole al tramonto e lo restituiva alla vita al mattino seguente.
Signora dei venti del nord, ridonava la vita con tutti i suoi godimenti
terreni ed amorosi, e veniva anche considerata dea della felicità e
dell'amore.
Identificata più tardi con Astarte, essa donò la sua acconciatura ed
alcuni dei suoi attributi alle divinità cananee o siriane che le
assomigliano, come ad esempio la dea Qadesh. All'inizio del Nuovo
Regno Hathor aveva ceduto la sua acconciatura con le lunghe corna
alla dea Iside.
Nel tempio di Hathor a Dendera esistono dodici cripte che forse
servivano come scrigno per gli oggetti e gli strumenti di culto più
preziosi, comprese statuette e piccoli tabernacoli. Secondo i testi della cripta, il naos dove era
riposta la statua del ba della dea aveva uno zoccolo d'oro con quattro colonnette sormontate da un
tetto d'oro; all'interno si trovava la statuetta d'oro che raffigurava un uccello a testa femminile,
con corna liriformi e disco solare. La statua veniva portata in processione sul tetto del tempio in
una apposita cappella a cielo aperto, in occasione della festa del Nuovo Anno, per la cerimonia
dell'irradiazione.

HEDEDET: dea scorpione, che compare per la prima volta nei Testi dei Sarcofagi e
poi nel Libro dei Morti. In tali rituali essa non è ancora assimilata ad Iside come accadrà più
tardi; i testi insistono soprattutto sull'aspetto nodoso della coda dell'animale che viene di volta in
volta identificato ad un ricciolo della capigliatura della dea o ad alcune funi della barca celeste, o
ai lacci che immobilizzano il serpente malefico Apopi.
HEDI-HOTEP: Questo dio è il corrispondente maschile di Taït, dea della tessitura e delle
stoffe; esso appare nel Medio Regno e secondo i Testi dei Sarcofagi è associato ad essa. Secondo
l'inno al Nilo, Hedihotep era alle dipendenze di Hapi che l'aveva creato per il suo servizio.
HEPET-HOR: La dea Hepet-Hoè forse nata per un gioco di scrittura con il nome di

(Ptah) oppure e il suo nome significa "colei che abbraccia Horo"; è spesso

raffigurata come donna con testa di serpente, acconciata con una piuma ed armata di due coltelli.
La dea è assimilata a Mer Sekhent ed anche a Mertseger, per la testa di serpente ed il suo compito
di abbracciare.

HEQET: , varianti ,I Dea-rana venerata ad Abido. A volte raffigurata


con corpo femminile e testa di rana, era considerata sposa del dio ariete Khnum ad
Antinoe, 16° distretto dell'Alto Egitto, e protettrice delle nascite. Era anche associata al
dio Thot.

HERSHEF: greco Arsaphes o Harsaphes. Uno degli aspetti di


Osiri venerato ad Herakleopolis Magna, nel 20° distretto dell'Alto Egitto, ove
esisteva un suo santuario. La coppia divina che presiedeva Herakleopolis era formata
dal dio ieracocefalo Hershef e dalla dea Mer Sekhent. Il dio è talvolta raffigurato con
quattro teste di ariete, oppure con una testa di ariete, una di toro e due di falco, il che
lo assimila a Ra-Atum o Harmachis ad Eliopoli, oppure ad Amon-Ra a Tebe.

HESAT: Il dio sole Ra a volte, secondo i Testi delle Piramidi,


assumeva le sembianze di un bue o di vitello d'oro; in tal caso la madre era
Hesat, la vacca bianca di Aphroditopolis, cioè una forma di Hathor. La dea
Nut e la vacca Hesat erano tributarie delle medesime idee cosmiche e nel
Nuovo Regno si confondevano tra loro. Sempre nel Nuovo Regno la vacca
Hesat assume una diversa grafia e si chiama Heseret; essa personificava la necropoli di Ermopoli,
l'attuale Tuna el Gebel.

HETEMIT: Una dea, "l'Annientatrice", in piedi su una piccola testa, riceve fra le
braccia levate in alto il disco solare, adorato da due piccoli dèi, "l'occidentale" e "l'orientale",
collocati sulle mani unite alle grandi braccia che escono dalla terra. I tre dèi stanti, disposti ai lati
delle grandi braccia, sono i "guardiani delle tenebre". Questa scena surreale riassume in una sola
immagine la discesa del disco solare nella Duat. Essa compare nel rituale chiamato Creazione del
Disco Solare.

HORET: controparte femminile di Horo, un aspetto di Hathor e di Iside, si identifica con


la dea Nebethetepet di Eliopoli, compagna dell'antico dio solare Atum, ed anche con "la mano"
del dio Atum-Ra che genera il mondo.

HORO: variante Il dio falco Horo era adorato in

moltissime località dell'Alto e del Basso Egitto.


Horo era figlio di Osiri e Iside, ma ad Edfu era nello stesso tempo
dio-padre e dio-figlio nella triade Horo, Hathor e Horo-semataui
(che ha unito le Due Terre); nelle leggende solari era a volte figlio
di Ra o in altri casi fratello di Osiri e di Seth. Per la bellezza delle
sue piume, l'eleganza delle forme, la potenza del volo, il falcone
pellegrino d'Africa fu l'essere alato il cui prestigio s'impose più di
ogni altro agli abitanti dell'Egitto primitivo. Nel nord come nel sud,
egli fu venerato con il nome di Horo.
In origine gli dèi-falco erano indipendenti tra loro, ma quando, verso la fine della preistoria, uno
di essi divenne dio dinastico, essi si fusero in uno solo personaggio. Tuttavia questo processo di
unificazione non ha abolito il ricordo delle antiche distinzioni, che seguitarono a perpetuarsi nei
culti locali; prima di Horo, ciascun dio locale era considerato il dio di stato nel proprio distretto.
Horo realizzò l'unificazione del paese. Tutti riconoscevano gli stretti rapporti che univano il re al
dio falco: ad un certo momento il sovrano ebbe l'idea di proclamarsi l'incarnazione del dio Horo:
questa nuova dignità fu espressa dal titolo che è il più antico del protocollo reale, il "nome di
Horo". Si sa che gli egizi dell'epoca storica designavano il periodo che precedette l'unificazione
del paese compiuta dal re Menes, l'epoca dei "Seguaci di Horo".
Il dio Horo, in qualità di vendicatore di Osiri, proteggeva le tombe dove riposavano i pezzi del
corpo di suo padre, ed era protagonista delle celebrazioni rituali che si associavano a questi
luoghi.
HORO (i quattro figli): Duamutef; Hapi; Imseti;

Qebehsenuf. I quattro figli del dio Horo, che collaborarono con Anubi nell'opera di
mummificazione del corpo di Osiri, e che divennero patroni dei vasi canopi sono:
Duamutef, raffigurato con testa di sciacallo, addetto alla conservazione dello stomaco del
defunto; Hapi, cinocefalo -con testa di cane-, che conserva i polmoni; Imseti, a testa umana, che
provvede alla conservazione del fegato; Qebehsenuf, ieracocefalo -con testa di falco-, che è

preposto alla conservazione degli intestini. Per la precisione, i quattro figli di Horo proteggevano
i coperchi dei vasi canopi; i vasi veri e propri erano protetti da altrettante dee: Iside (legata ad
Imseti), Nephti (in coppia con Hapi), Neith (insieme a Duamutef) e Serket (con Qebehsenuf).
Esse erano anche incaricate della custodia dei quattro angoli del sarcofago reale: Iside a sud,
Nephti a nord, Neith ad est e Serket ad ovest. Nei vasi canopi non sempre erano rispettate le
regole e così Hapi spesso conservava gli intestini e Imseti lo stomaco ... In alcuni casi
(Tutankhamon, Ay, Horemheb) le dee funerarie raffigurate come donne aprono le braccia alate ai
quattro angoli del sarcofago.
HOTEP: è un dio che presiede nella Duat i campi delle offerte o campi

Hotep, situati ad ovest nel cielo, ove "il sole si riposa nell'orizzonte occidentale",
cioè tramonta.
Il dio Hotep, potente ed in forma di akh, percorre tali campi come Horo ed il
defunto, assimilato ad Hotep, ritrova in quei luoghi tutte le gioie della vita terrena.
Hotep compare nel capitolo 110 del Libro dei Morti.

HURUNA: Verso la fine della XVIII dinastia, quando era di moda tutto
ciò che arrivava dall'Asia, la sfinge cambiò il suo nome ufficiale di Harmachis-Khepri-Ra-Atum,

sotto il quale era venerata dall'epoca di Thutmosi IV, con il patronimico popolare . La
sfinge, guardiano dell'orizzonte occidentale, non era soltanto Harmachis, ma anche il leone Shu,
uno dei due leoni di Atum. L'identificazione di Hu con la sfinge di Giza, cioè di Shu con
Hannachis, è assai antica.
IHI: Il giovane figlio della dea Hathor, suonatore di sistro; compare a Dendera
nei riquadri con le offerte che ricoprono le pareti del santuario della dea Hathor, l'antica madre
degli dèi, la vacca celeste delle paludi, la signora della gioia e dell'amore. Creazione teologica
recente, va considerata come una personificazione del sistro, in modo da utilizzare,
modernizzandolo, l'antico strumento.

IPET: ,dea ippopotamo, stante sulle zampe posteriori, come la dea Tueret, madre
universale divina, presiedeva alle nascite ed aveva un santuario a Karnak, ad ovest del tempio di
Khonsu; nel suddetto santuario il dio Amon-Ra, assimilato ad Osiri, era generato, nasceva,
moriva ed era sepolto in attesa del risveglio ad una nuova vita. Osiri,
la terra primigenia, si trasformava in Ra, 1'astro vivificatore, di cui
Amon era l'energia creatrice, il motore di ogni essere vivente. Nelle
cripte del tempio era commemorata la nascita celeste della luce
primordiale, e la dea Ipet, assimilata a Nut, dea-cielo, diveniva "la
madre della luce". Ipet compare già nei "Testi delle Piramidi" ove,
senza essere una dea ippopotamo, ha il ruolo di nutrice che allatta il
re. I luoghi di culto sono Eliopoli e Tebe (XVIII dinastia); nel tempio
di Luxor essa si confonde con l'omonima Ipet, signora dell'harem o
gineceo di Amon, dea della fecondità. Il tempio di Ipet esisteva già all'epoca di Thutmosi III,
XVIII dinastia; in esso Osiri veniva ricomposto e rigenerato dalla madre Nut-Ipet. In un più vasto
schema d'ordine cosmico, era Amon-Ra ad essere ricomposto e seppellito nel tempio di Ipet;
dunque Nut, madre universale che era anche Iside, metteva al mondo un Arpocrate-Amon, che
generava la luce.
Ipet doveva inoltre impedire che Mesketiu, "l'Orsa Maggiore", una costellazione del

nord, sethiana, potesse danneggiare Osiri nella Duat.


ISHTAR: Ishtar, dea babilonese e siriana, era adorata in

Anatolia e poi nelle regioni dell'Eufrate; era venerata anche a Menfi. Data
la sua natura primitiva, era dea delle battaglie e della distruzione, e
contemporaneamente dea dell'amore. Non aveva nulla in comune con
Astart; una volta è ritratta insieme alla dea Qadesh, mentre entrambe
ridonano la salute ad un servo del sommo sacerdote di Ptah.
È probabile che il culto della dea sia penetrato in Egitto durante la XVIII
dinastia, quando il re Amenhotep III, essendo malato, pregò Tushratta re dei Mitanni di prestargli
la statua della dea Ishtar di Ninive, che già una volta aveva svolto la sua opera benefica in Egitto
in una simile circostanza. Tushratta acconsentì al desiderio del sovrano, legato alla casa reale di
Mitanni avendone sposato una figlia, Tadukhepa, e spedì la statua, ricordando i molti onori che
aveva ricevuto un tempo. Pur auspicando che Amenhotep III volesse rendere altrettanti onori alla
dea per ricevere salute e lunga vita, pregò però il "fratello egizio" affinché restituisse la statua al
più presto, e gentilmente aggiunse: "Ishtar è la mia dea e non già quella di mio fratello". Tushratta
temeva evidentemente che in Egitto non si considerasse tale immagine miracolosa ...
Ishtar, assimilata alla dea hurrita Shauskha, fu accolta e venerata anche dagli ittiti (tempio di
Yazilikaya).

ISIDE: , Sposa di Osiri e madre di Horo, era la figura

più popolare e commovente del pantheon egizio, e pertanto venerata in


tutte le case dell'Egitto, ove spesso un piccolo altare le era dedicato,
essendo la dea del focolare. Era la dea multiforme per eccellenza: la sua
unione con Osiri, per il suo carattere mistico, testimonia la sua origine
astratta. Il suo nome significa "sede", e sembra che in origine sia stata
la personificazione del trono reale. Entrata a far parte del ciclo di Osiri,
fu considerata come la sposa modello e l'incarnazione stessa della
fedeltà coniugale, la madre del dio Horo, figlio postumo di Osiri, che
essa protegge con amorosa sollecitudine. L'importanza e la diffusione del culto di Iside derivano
proprio dal ruolo di sposa e poi di madre che la dea svolse nel mito di Osiri; venne
pertanto considerata "Madre di tutti gli dèi". Dai capelli neri e dalla pelle color
rame, era invocata con epiteti diversi: "Grande Madre divina, Sovrana di tutte le
terre, Signora del cielo, colei che si lamenta, la Grande maga". Iside è una delle
dee spesso indicate come "madri" ed anche chiamate "signore del cielo", i cui
caratteri originari si sono perduti, e così la loro primitiva natura celeste. Fu anche
considerata patrona delle arti magiche ed ebbe il titolo di "Grande Maga"; in questo ruolo le si
attribuivano sette scorpioni come guardie del corpo. In seguito gli attributi essenziali di Iside
furono esclusivamente funerari: associata alla sorella Nephti, essa è una delle due lamentatrici
che prestano la loro assistenza a tutti i defunti e che intervengono ai funerali; nelle tombe tebane
del Nuovo Regno le due dee sono spesso raffigurate piangenti da una parte e dall'altra del
sarcofago.

ISIDE-HEDEDYT o HEDEDET: una dea scorpione particolarmente


venerata in Nubia, ad Amada, Ellesiya, Dakka, su una stele di Buhen e in Egitto a Gebel Silsila;
era raffigurata con il simbolo dello scorpione sul capo che sembra scendere verso la fronte (nelle
raffigurazioni della dea Serqet invece lo scorpione è posato di piatto, fermo, sul capo della dea),
ed era chiamata "Iside la Grande", a volte "Signora del cielo" o "madre del
dio". A partire dall'età saitica è documentata a Edfu l'esistenza di un clero di
Iside-Hededyt; nella scelta di questo luogo si intravede la continuazione di una
tradizione ormai consolidata nella parte meridionale dell'Egitto e in Nubia. Un
calendario liturgico a Edfu segnala che la festa di Iside-Hededyt, "madre del
dio, residente a Edfu" era celebrata nel tempio il secondo giorno del quarto
mese di shemu (estate). Il ruolo principale della dea era di proteggere in primo luogo il dio Horo
di cui essa, in quanto Iside, era la madre, e di conseguenza il sovrano che era l'incarnazione di
Horo sulla terra, ed il suo sposo Osiri.
IUNIT: era una dea venerata nella città di Ermonti; essa era sposa o paredra di Montu,

dio guerriero a testa di falco. Le attestazioni di Iunit e del suo culto giunte fine a noi erano assai
limitate fino al 1989, quando il 22 gennaio una statua della dea in granito grigio
è stata ritrovata con altre della XVIII e XXV dinastia a Luxor, nel tempio di
Amenhotep III, nel "cortile del nascondiglio". La figura della dea,
perfettamente scolpita, è assisa in tutta la sua divina maestà su un trono dallo
schienale basso. La statua di Iunit è tra le più alte espressioni artistiche della
XVIII dinastia, regno di Amenhotep III; la dea è stata rappresentata come una
donna di grande bellezza non solo per l'intensità del viso ma anche per le sensuali forme del
corpo, evidenziate da una veste accollata e lunga fino ai piedi, nudi. Le braccia, nella consueta

positura classica, sono appoggiate alle cosce e la mano destra stringe l'amuleto della vita ;

nessun ornamento, a parte una normale parrucca tripartita, è raffigurato sulla statua, nessun segno
distintivo della divinità. La dea Iunit figurava tra le 15 divinità dell'Enneade di Karnak; essa era
considerata come una manifestazione della dea universale Hathor ed in epoca tolemaica fu
identificata con Hathor e Iside.
IUSAAS: "essa va, essa (è) grande". Dea di Eliopoli, era una forma di Hathor nel

Basso Egitto; sposa o sorella di Atum, anche intesa come la "mano divinizzata di Atum"

con cui per masturbazione venne creata la prima coppia di dèi, Shu e Tefnet. La dea aveva un
santuario nel recinto sacro di Eliopoli. il dio Khepri era forse, in origine, il marito di Iusaas e, in
suo onore, la dea era raffigurata spesso come donna con scarabeo sul capo.
KAMUTEF: "il toro di sua madre", era un epiteto comune

nella XVIII dinastia ed era riservato al dio Min di Coptos e al dio


Amon di Tebe. Secondo i Testi delle Piramidi il sole poteva essere un
vitello d'oro, generato dalla vacca celeste, che durante il giorno
cresceva e diventava un toro, chiamato Kamutef poiché fecondava la
stessa madre, la vacca celeste, per permetterle di generare un nuovo sole il giorno seguente. Esso
raffigura la caratteristica di essere allo stesso tempo padre divino e figlio divino, tipica anche del
dio sole e del sovrano di volta in volta regnante, e ne rappresenta l'unità nel discendere dalla
stirpe reale come dio da una lato, e come sovrano regnante in grado di generare l'erede dall'altro.

KEMATEF: Era un dio-serpente, il cui nome significa "colui che ha finito il


suo tempo"; era una forma di Amon, il dio di Karnak. Kematef alla sua scomparsa lasciò un

figlio, Irta , assimilato al dio itifallico Amon di Luxor, che generò otto dèi primordiali, i

quali, benché nati a Tebe, si sarebbero poi trasferiti ad Ermopoli dando vita all'Ogdoade
ermopolitana.
KHAITAU: era un nome del dio della città di Biblo in Oriente, cioè, per gli egizi,

il paese degli alberi. Nei Testi delle Piramidi il defunto era identificato con tale divinità, il che
dimostra che l'azione si svolgeva ad oriente del cielo, e più esattamente che il defunto sorgeva ad
oriente.

KHEDED: dio dell'uccellagione, anche dio della pesca (Nuovo Regno). Aveva il corpo
costituito da piccole teste di anatra, come il dio-grano Nepri, con il corpo formato da semi di
grano.
KHENTIKHETY: dio di Athribis che rappresenta il sole diurno, il sole che si leva

ad est; era anche un epiteto di Horo:


KHENTIMENTIU: dio-sciacallo nella necropoli di Abido; il suo nome significa
"colui che è a capo degli Occidentali" o "il primo degli Occidentali" (coloro che si trovano ad
Occidente, cioè dove tramonta il sole, nell'aldilà, sono i defunti). In seguito nel Medio Regno fu
identificato con Osiri, ed il suo nome divenne un epiteto del dio dei morti.
KHEPRI: il dio sole scarabeo ( keper, scarabeo), considerato il sole del mattino,
o sole "che diviene", "il sole che viene ad esistenza", la manifestazione del
dio-sole del mattino, dotato di tutta la forza ed energia dell'astro nascente, era
raffigurato di solito come scarabeo, in altri casi in forma umana con uno
scarabeo al posto della testa. Gli egizi avevano accostato al disco solare la
rotonda pallottola di sterco che lo "scarabaeus sacer" faceva rotolare di solito
in pieno giorno sulla sabbia. Lo scarabeo stercorario quindi spingeva il sole
del mattino dinanzi a sé, quando sorgeva provenendo dall'oltretomba (la
duat). Questa nascita al mattino era la costante rinascita della madre Nut, dea-
cielo; Khepri, simbolo di rinascita, stava ad indicare tutte le trasformazioni
dell'uomo dalla vita alla morte e alla successiva rinascita.
I teologi tebani, nel rituale chiamato Libro dell'Amduat, volevano dimostrare
che durante la notte l'energia solare riacquistava efficacia di ora in ora e che il dio-sole morto, a
testa di ariete (If-Ra: carne di Ra) si trasformava al termine della notte diventando uno scarabeo
che rappresentava "il venire ad esistenza" del sole del mattino.

KHERTI: variante , divinità funeraria antichissima, poco conosciuta, raffigurata


come un ariete ricoperto di una guaina. Il culto degli animali sacri aveva già un ruolo importante
nella II dinastia thinita, e tra altri animali come Sobek, Bastet, Anubi, è ricordato anche Kherti.
KHNUM: Il suo nome significa "colui che unisce". Dio ariete o con

corpo umano e testa di ariete (avis langipes), era considerato un Demiurgo, un dio-
creatore, simile al dio Ptah di Menfi. Ogni uomo che nasceva era opera delle sue
mani e veniva modellato con il fango sulla sua ruota di
vasaio: ogni uomo era seguito dal suo ka, dal suo doppio,
simile in tutto all'uomo appena creato, quindi le figure formate da
Khnum erano sempre due. Khnum era difensore dei Nubiani, il dio
tutelare di coloro che risiedevano nella regione delle cateratte, "il
guardiano delle sorgenti del Nilo". Ad Esna Khnum formava una triade con la sposa Satet e la
figlia Neith, invece ad Elefantina aveva la stessa sposa, ma la figlia era Anuqet. Ad Antinoe, 16°
distretto dell'Alto Egitto, un'altra sua sposa era la dea-rana Heqet.
KHONSU: Il dio-luna, adorato a Tebe, era considerato figlio di Amon

e Mut e faceva parte della triade tebana. Aveva carattere lunare ed eccezionalmente
solare, ed il suo nome: "colui che attraversa (il cielo)" forse deriva dal verbo

"attraversare". La sua associazione con Shu, dio dell'atmosfera, gli


conferisce un aspetto più universale di quello del dio lunare Thot. Era raffigurato
come uomo con la treccia dell'infanzia e recava sul capo il crescente lunare, come il dio Thot; a
volte era ieracocefalo ed assimilato al dio Ptah-Sokar.
MAAT: varianti , Concezione divina astratta, simboleggia

l'equilibrio, l'ordine cosmico che emana da Ra, suo padre. Considerata dea della
verità, della giustizia, del diritto, la Maat è il concetto spirituale per eccellenza,
elaborato nell'Antico Regno. TI suo culto era però fermamente calato nella realtà:
essa ebbe dalla V dinastia un proprio sacerdozio e
possedeva nel Nuovo Regno templi in diversi
luoghi del paese. Il primo giudice, il Visir, si dichiarava "sacerdote
di Maat", e recava la sua immagine sul petto come insegna delle
sue alte funzioni. Maat collaborava con Thot, patrono delle scienze
esatte; anzi il dio era considerato suo sposo, o più precisamente il
suo "fecondatore". Nel tempio, spesso nel sacrario, è sempre
riprodotta "l'offerta di Maat", cioè la scena dove il sovrano offre al
dio una piccola coppa con una figura femminile che reca una
piuma di struzzo, simbolo di purezza: Maat, figlia del dio sole Ra. La parola maat aveva pertanto
anche il significato di "offerta", e "l'offerta di Maat" che il re faceva al dio sintetizzava in una
immagine profondamente sentita, tutto ciò che rappresentavano culto, offerta e risposta agli dèi. Il
sovrano dava loro un segno del fatto che il mondo degli uomini, con tutte le sue connessioni e
relazioni, era in ordine. Maat è lo stato "giusto" della natura e della società, quale è stato fissato
nell'atto della creazione, per cui può significare, a seconda dei casi, ciò che è conforme a
giustizia, oppure il diritto, l'ordine, l'equilibrio, la giustizia stessa, la verità. La Maat, presentata
anzitutto come l'ordine giusto, diviene anche norma e compito dell'attività umana; essa si
identifica con la volontà del re.
Maat, dunque dea della verità, occhio di Ra e simbolo dell'offerta, era una dea dell'Occidente e

portava sul capo la piuma della giustificazione, che costituisce il segno geroglifico

dell'Occidente, o della Libia, di cui era originaria. All'inizio essa ebbe un carattere semplice, e fu
il concetto concreto, definito nello spazio, di ciò che è "diritto" e "piano". Il geroglifico
rappresenta forse lo zoccolo del trono egizio, che a sua volta potrebbe essere la raffigurazione
stilizzata della "Collina Primordiale". Simbolo geometrico di queste
idee di ordine era il rettangolo dal cui vertice sorgeva la testa di Maat.
Maat è figlia di Ra e il padre non può sopravvivere senza questa figlia.
Ra creatore e le leggi matematiche che reggono l'universo manifestato
sono strettamente uniti, e i limiti dell'onnipotenza demiurgica sono stabiliti da tali leggi. Dèi e

uomini insieme devono stare attenti che il disordine ( ) non venga a sopraffare
completamente il diritto e l'ordine; questo è il significato del loro comune impegno nei confronti
della Maat, il perfetto stato di cose verso cui si tende, e che corrisponde alle intenzioni del dio
Creatore. Questa perfezione è continuamente disturbata, ed è necessario uno sforzo instancabile
per ripristinarla nella sua ampiezza originaria. La Maat è considerata dagli egizi come una
sostanza, come un elemento materiale di cui tutto il mondo vive, come il nutrimento dei vivi e dei
morti, degli dèi e degli uomini. Secondo gli egizi "gli dèi vivono di Maat" e ciò significa che le
forze immanenti della natura agiscono in armonia con l'ordine del mondo.
MAFDET: "colei che corre veloce", dea lince, o genetta, o comunque felino capace di

arrampicarsi; era una dea "violenta", dotata di artigli, originaria del Delta; era tra le dee protettrici
del sovrano. Citata nei Testi delle Piramidi, ove era scritto che essa abitava nella "Casa della Vita"
che era a Sais.
MAHES: dio con corpo umano e testa di leone, raffigurato con la corona atef;

generalmente è munito di arpa. Era considerato una forma di Shu, e venerato nell'11° distretto del
Basso Egitto.

MATIT o MATYT: Dea leonessa. Un suo epiteto era: "quella con gli occhi acuti e gli
artigli appuntiti, che di notte scorge e ghermisce la preda" . Ad Esna la leonessa si identifica con
Hathor, "la sovrana dello sbocco della valle desertica".
MEGIED: Nel Libro dei Morti, durante la XVIII dinastia appare una figura curiosa,

si direbbe un vaso canopo montato su due gambette umane; sulla pancia del vaso si aprono due
occhi umani o occhi ugiat, e un nastro lo circonda come un diadema frontale al di sopra degli
occhi, forse per chiudere un eventuale coperchio. Questo strano personaggio assume talvolta la
forma di fallo. Esso non ha più il nastro, e i suoi piedi sono visti di profilo oppure affrontati con
le punte rivolte verso l'esterno come quelli del dio nano Bes, e può assumere due aspetti, a volte
con i bordi rigorosamente verticali, oppure con i bordi svasati a forma di campana.
Si dice che egli sia un dio invisibile nella dimora di Osiri, a volte con testa di toro o di leone,
oppure assume l'aspetto di falco e lancia senza essere visto raggi cocenti dai suoi occhi per
colpire i nemici di Osiri, inoltre egli vola nel cielo sputando fuoco, annunciando la piena del Nilo.
Si ritiene pertanto che fosse una forma di Horo Soped, messaggero annunciatore del nuovo Nilo e
dell'inizio dell'anno, che portava con sé il calore estivo che eliminava le forze ostili della natura.
Megied è forse un Horo che non è ancora uscito all'orizzonte, essendo ancora rinchiuso nel
tumulo o nella giara funeraria di Osiri, e nello stesso tempo è una manifestazione della vita rurale,
del risveglio della natura.

MEHEN: "colui che avvolge", enorme serpente mitologico,


protettore del dio sole Ra o If-Ra nel suo viaggio nella Duat durante
le 12 ore della notte. Mehen potrebbe corrispondere all'Uroboros,
manifestazione nascosta quale immagine circolare del mondo, cioè

del serpente, per gli egizi era: " coda in bocca". In epoca romana Uroboros era

"colui che si divora la coda", il serpente-tempo, simbolo della non esistenza, che si
autorigenerava e circondava il mondo completamente, da tutte le parti. Il serpente Mehen si
sostituiva alla cabina della barca di Ra, e ricoprendo con le sue spire il dio lo proteggeva dagli
eventuali attacchi di Apopi, il serpente malefico.

MEHET-UERET: antica dea-cielo raffigurata come una bovina dal pelame


macchiettato, coperta da un drappo rosso con perline considerato il
"sudario di Osiri", aveva al collo una grande collana menat Il suo nome
significa letteralmente "la grande piena", cioè il cielo, visto come
un'enorme distesa d'acqua. La dea era generalmente raffigurata coricata
su un piedistallo a forma di zoccolo, oppure accanto ad un bacino rettangolare d'acqua; il falco

che emergeva ogni giorno dall'acqua fra le zampe anteriori della dea era il falco Soped

"signore dell'oriente", cioè era Ra stesso, e questo sole si identificava con il defunto.
MEHIT: dea che personificava il vento del Nord, ed anche l'ureo

del Nord. Raffigurata come donna a testa di leone, era adorata a This nell'Alto
Egitto ed era considerata la compagna del dio Onuris (Shu), e si confondeva con
Tefnet. Secondo alcuni studiosi, la dea era
originaria di Sais nel Delta, ed era 1'aspetto serpentiforme della dea Neith.
MENHIT: dea a testa di leonessa che si identifica ad Esna con

Neith, venerata anche ad Ermonti; era anche una forma di Mut, Sekhmet o Bastet.
Un suo epiteto era "signora dei confini della terra". Conosciuta anche come "colei
che uccide" e "la trucidatrice", nei Testi dei Sarcofagi era associata alla dea Uagit
di Buto. Menhit ad Esna era anche compagna di Khnum e madre del dio Heka. In epoca greca il

suo era un nome di Rathor, e di una dea protettrice di Osiri ( ).

MENKERET: var. , dea a testa di leonessa; in seguito, nome di Hathor.

MERIT: Varianti , Incarnazione della

cantatrice-chironoma antica, officiante divenuta dea, vivifica attraverso la potenza


musicale della sua voce i testi sacri. Metronoma rituale dei cori e più tardi
strumentista, suonatrice di arpa e di sistro. Si vede spesso raffigurata nelle scene di
consacrazione dei templi, in connessione con la corsa cerimoniale del re che
prelude alla riunione delle Due Terre, ed anche nelle grandi cerimonie d'offerta.
Merit era una dea della musica, e cantava lodi in onore del dio sole Ra.
Sovente rappresentata con l'acconciatura khat sul capo o con le piante araldiche o
le corone invece dell'acconciatura tradizionale, essa tende sempre le braccia in avanti per ricevere
l'acqua del fiume Hapi (il Nilo) che la deve fecondare.

MER SEKHENT: Mersekhenet in epoca greca.


La dea Mer Sekhent era originaria di Eracleopoli. Lei e Mertseger erano verosimilmente la stessa
dea, ed i loro nomi ed epiteti sono di conseguenza i medesimi; il nome le deriva dal vocabolo
"stringere, abbracciare".

MERTSEGER (o MERSEGER): Era la divinità tutelare di tutte le necropoli

di Tebe, quelle reali e quelle private, e proteggeva gli operai e tutti


coloro che abitavano a Deir el Medina, il villaggio degli artigiani che
lavoravano alla costruzione delle tombe reali della Valle dei Re. Il
nome della dea viene interpretato come "colei che ama il silenzio" o
"arnica del silenzio" o "della tranquillità", significato che aderiva
perfettamente ad una divinità che personificava la necropoli, luogo di
silenzio e di pace.
Il titolo di "Sovrana dell'Occidente" attribuiva alla dea la supremazia
su tutta la riva occidentale, da nord a sud la regione delle necropoli; in virtù di questo epiteto, la
dea si affermò come divinità funeraria affiancandosi alle dee Amentit, Hathor e Maat. In qualità
di "Sovrana di tutti gli dèi" o "di tutti gli eletti", estendeva il suo potere su
tutti i defunti ammessi nel suo dominio d'Occidente. La dea Mertseger
appare nelle preghiere che le sono rivolte come una divinità pietosa, che si
muove facilmente a compassione: essa fu considerata la protettrice degli
umili, dei poveri, degli ammalati, che configuravano ogni peccato come un
castigo degli dèi. L'emozione religiosa a Deir el Medina si manifesta con
implorazioni di perdono alla divinità, ed anche con preghiere patetiche da
cui emergono la sincerità del sentimento e la schietta gratitudine. Per la popolazione laboriosa del
villaggio-operaio, Mertseger era la dea che si preoccupava della vita di ciascuno, che il singolo
invocava "vicino" a sé nel momento del bisogno, come protettrice personale. Le stele e gli ostraca
ricordano le preoccupazioni di ogni giorno degli operai e rivelano il senso umano della loro
devozione ad una dea, sensibile alle loro preghiere e attenta alloro vivere quotidiano.

MERUTY: In relazione alla figura di Ra, nei Testi dei Sarcofagi compaiono le due

"Amiche di Ra", Meruty; queste due dee, Tebteb e Cieciet o Tjetjet ( , ),


favorite di Ra, dal terribile potere di seduzione, inseguivano i defunti nel regno dei morti, per
sottrarre loro tutte le energie spirituali, i poteri magici, la saggezza ed anche il ba. Il defunto
doveva difendersi dai tentativi di seduzione amorosa delle due Amiche, altrimenti se avesse
ceduto sarebbe caduto per sempre nella fossa della distruzione. Le due Amiche agivano in questo
modo per rinvigorire il dio Ra in potenza, in energie spirituali e magiche ed anche in saggezza;
erano solo un'illusione creata artificialmente dallo stesso Ra per impadronirsi con scaltrezza del
potenziale magico dei defunti. Ra agendo come i maghi del tempo aveva dato vita fittizia alle due
figure con i materiali usati per tali pratiche: cera o escrementi. Il defunto tuttavia era un akh ed
era magicamente dotato dell'energia hekau; poteva quindi difendersi e respingere le due Amate da
Ra, ricorrendo all'aiuto delle formule contenute nei Testi dei Sarcofagi.
MESKETIU: costellazione del nord, legata al dio Seth (costellazione dell'Orsa

Maggiore); la dea Ipet doveva impedire che Mesketiu danneggiasse Osiri.


MESKHENET: Divinità preposta alle nascite, simboleggiava la sedia, il mattone o

letto del parto; era anche una dea-destino e assistendo al parto determinava, fin dalla nascita, la
vita futura e a volte anche il mestiere del neonato. Essa personificava anche la necropoli ed il
deserto di Abido, nel quale erano scavate le tombe.
Meskhenet assumeva talvolta la forma di animale, di bovina, ippopotamo o più spesso di leone. Il

simbolo grafico posto sul suo capo voleva raffigurare l'utero di una bovina.

MIN: , varianti , Dio di Coptos e di Panopolis, era considerato una divinità della

riproduzione e della fertilità, e personificava la forza riproduttrice della natura e il


potere procreatore degli uomini, degli animali e delle piante. Il dio Min era sempre
raffigurato come uomo itifallico, con due piume sul capo ed il flagello nella mano
distesa.
Sembra che nei tempi antichi della preistoria Min abbia avuto il
ruolo di dio dello stato; in effetti parecchi passi dei Testi delle
Piramidi provano l'esistenza di un reame di Min che si dovrebbe
collocare cronologicamente tra la preistoria e l'Antico Regno, tra il
periodo eliopolitano e la creazione del reame dell'Alto Egitto con capitale
Hierakonpolis. Questo antichissimo primato di Min sarebbe dimostrato
dall'onomastica dei principi reali dell'Antico Regno, IV e V dinastia: i nomi teofori
dei principi di quell'epoca erano formati solamente con i nomi di Ra, Horo e Min.
Inoltre l'iconografia del dio, che porta sempre il flagellum, simbolo essenzialmente
regale, insieme ad alcuni epiteti ed al significato di alcune feste celebrate in suo
onore, testimoniano che nella preistoria Min era già un dio dello stato. Divinità della pioggia,
essendo denominato: "colui che apre le nubi", Min era anche designato come "colui che ha creato
la vegetazione, permettendo la vita degli armenti", pertanto era legato alle credenze africane
relative al bestiame; era anche associato ad un toro bianco ornato con il disco solare, che era a lui
consacrato. Durante la festa annuale per il raccolto il sovrano faceva una processione solenne e
con gran pompa si dirigeva verso il santuario del dio per esaltare la bellezza di suo padre Min e
per fare offerte al suo ka. La statua del dio era portata a spalle da ventidue sacerdoti, preceduta da
piccole statue del re e seguita da un lunghissimo corteo di sacerdoti, da portatori delle insegne
divine e di statue di antichi sovrani, dalla regina e da altri sommi sacerdoti; prima della statua di
Min camminavano il re ed il toro bianco sacro al dio, preceduti dal capo dei sacerdoti-lettori che
cantava inni, spargendo incenso sul re, sul toro e sulla statua di Min.

MNEVIS: Il toro nero sacro ad Eliopoli aveva carattere spiccatamente solare; come
Api era un antico dio della vegetazione, ruolo che ha sempre mantenuto nel corso della storia
egizia, nella presentazione delle offerte. Il suo nome compare per la prima volta all'epoca
amarniana, ma doveva essere molto antico; gli autori classici lo cambiarono nel greco Mnevis.
Il suo culto, quasi del tutto sconosciuto, doveva essere analogo a quello di Api. Mnevis aveva una
mandria sacra e le sue bovine ed i suoi vitelli erano sotterrati con lui. La necropoli di questi tori
non è molto conosciuta, soltanto due tombe del periodo ramesside sono state scavate; esse
provano tuttavia che il rituale funerario presentava, come quello di Api, un carattere nettamente
osiriaco.

MONTU: Dio della città di Ermonti, era adorato nel 4° distretto


dell'Alto Egitto, cioè quello tebano, prima di essere spodestato dal dio Amon; in
seguito rimase come patrono principale delle fortezze avanzate di Tebe, Medamud e
Tod. Montu era un dio guerriero, armato di arco e ascia, rappresentato con figura
umana a testa di falco o, nella Bassa Epoca, a testa di toro a causa della popolarità
del culto del suo animale sacro, il toro Bukhis.
Sua sposa era Cienenet o Tjenenet, dea di Ermonti, signora del cielo,
che spesso nella XVIII dinastia usa come epiteto Rattaui, cioè Rat delle Due Terre.
Dopo l'epoca ramesside Cienenet fu adorata come sposa di Montu a sud di Tebe,
mentre Rattaui era sua sposa a nord. Figlio di Montu era una forma secondaria di
Horo, Harpara (Horo il Ra).
All'origine Montu era considerato divinità astrale appartenente al ciclo solare; del
resto più tardi venne assimilato al dio-sole Ra e adorato sotto il nome di Montu-Ra e
rappresentato con l'aspetto di un dio ieracocefalo con il disco solare e alte piume sul capo.
"Signore di Tebe, dio grande, colui che è alla testa dell'Enneade", fu scelto come dio supremo
durante il Primo Periodo Intermedio dai principi tebani e sovrani della XI dinastia, gli Antef e i
Montuhotep, che gli attribuirono la vittoria da essi riportata verso l'anno 2060 a.c., che permise
l'unificazione dell'Egitto.

MUT: divinità adorata in una località detta Isheru a sud di Karnak, ove

sorgeva un suo santuario. Era la sposa del dio Amon e la seconda persona della
divina triade di Tebe, il figlio era Khonsu. Mut, il cui nome significa: "madre", era
raffigurata come donna che porta sul capo un'acconciatura a forma di avvoltoio e
la doppia corona dell'Alto e Basso Egitto. Come sposa di Amon aveva anche il
nome di Amonet; talvolta era raffigurata come donna a testa di leone.

NEBETHETEPET: dea di Eliopoli, compagna del dio sole, assimilata


in seguito con la dea Hathor e con la "mano" del dio che con essa genera il mondo.
Politicamente era una dea settentrionale, spesso contrapposta a Satet, dea
meridionale. "La graziosa, signora della bellezza, colei il cui amore è grande, bella
di viso, la signora dell'offerta, quella il cui aspetto è perfetto, colei che brilla in
cielo" compare nella necropoli operaia a Deir el Medina. La "Signora di Hetepet"
era compagna di Atum.
NEFERTEM: dio dell'immortalità associato al fior di loto, simbolo di

rinascita e di rigenerazione, figlio di Ptah e Sekhmet, faceva parte della triade di


Menfi ed era raffigurato come uomo che portava un fiore di loto sull'acconciatura.
Probabilmente era il dio di un santuario nella regione di Menfi. Dio della natura,
era simbolo del calore del sole che sorge.
All'origine Nefertem era senza dubbio la personificazione del primo fiore di loto
che emerge dal caos iniziale.

NEHAHOR: "dal volto ritorto", epiteto del serpente malefico Apopi, nella
settima ora del rituale dell'Amduat e nel Libro delle Caverne. A volte era raffigurato come
coccodrillo o ippopotamo.
NEHEMET-AUAY: In epoca tarda venne creata una nuova

dea, Nehemet-auay, attribuita come compagna o sposa di Thot nella città di


Ermopoli. Non era una antica dea rielaborata, ma una creazione artificiale che,
come indica il suo nome: "colei che protegge i diseredati", doveva essere una
personificazione della giustizia, come un doppio di Maat, ma con una sfumatura che
oggi chiameremmo "caritatevole".
Essa portava sempre un'acconciatura hathorica, quindi era una forma locale di Hathor, ed era
patrona degli arpisti.
NEITH: Dea della città di Sais, capitale del 5° distretto del Basso

Egitto. Era certamente una dea della guerra, perché il suo emblema è
costituito da due frecce o da frecce ed arco. Essa era "colei che preparava il
cammino", cioè precedeva il re in battaglia; in questo ruolo portava sul capo
la corona del Basso Egitto. Era anche la dea dell'inondazione; come la dea
Hathor, era adorata in particolare dalle donne, e denominata anche "la Madre
che ha donato la vita al Sole". Il suo culto si sviluppò soprattutto in epoca tarda, a Sais nel Delta,
ove sorgeva un suo santuario; si presumeva che fosse di origine libica. Sappiamo che ogni anno
veniva celebrato a Sais il mistero della morte di Osiri e del ritrovamento del corpo del dio da
parte di Iside, sua sposa e sorella. Uomini e donne giravano per la città recando ciascuno una
lucerna accesa per simboleggiare la partecipazione alla ricerca del corpo di Osiri. A questa
cerimonia accenna anche lo scrittore africano Minucio Felice (II secolo d.C.), pur commettendo
l'errore di porre Iside alla ricerca del figlio Horo.
Neith, "Signora del mare", era anche legata al culto dei morti, onde l'epiteto "la signora della casa
dell'imbalsamazione".

NEKHBET: Dea avvoltoio, protettrice del-l'Egitto meridionale,


adorata nella città di Nekheb. Raffigurata come avvoltoio o come donna che ha
sul capo la corona dell'Alto Egitto, Nekhbet, la "signora della corona bianca",
aveva il compito di assistere il sovrano alla nascita, all'incoronazione, durante le
feste del Giubileo e soprattutto di proteggerlo in combattimento; in seguito le si è
voluto attribuire laprerogativa di proteggere in
special modo le nascite, e per questo motivo i greci la
identificarono con Eileifuia, da cui Nekheb, e Eileifiaspolis, poi Letopolis. La dea, in forma di
avvoltoio, vola sopra le rappresentazioni del sovrano considerato come re dell'Egitto meridionale.
Ritroviamo Nekhbet, come una bella e giovane donna, con una deliziosa acconciatura copri-
parrucca a spoglia di avvoltoio con le ali abbassate, che diventerà poi l'acconciatura tipica delle
regine. In mano la dea può serrare delle frecce, a ricordo delle sue caratteristiche guerriere, ma
spesso usa come scettro un lungo stelo di papiro.
NEKHEBU-KAU: è un'entità primordiale, un serpente, il cui

nome significa "colui che tiene insieme i ka", cioè le energie. Esso infatti mantiene
la coesione della somma delle energie (kew) dell'universo. Indistruttibile, era
invulnerabile alle operazioni magiche ed immune da ogni male. Era anche un epiteto del dio-sole
Ra.

NENUN: dio-falco adorato nel 5° distretto dell'Alto Egitto, dove si


onoravano in epoca primitiva due divinità, Seth ad Ombos sulla riva sinistra del
Nilo e Nenun a Cusae sulla riva destra. Dopo la predominanza eliopolitana Nenun
fu identificato con il dio Horo.
NEPHTI: "signora del castello". Dea di Diospolis Parva nel Delta.

Considerata sorella di Iside e Osiri, sposa di Seth ed infine madre di Anubi. In una
delle versioni del mito osiriaco si narra come Seth la convinse a giacere con Osiri,
data la gran somiglianza che la legava alla sorella Iside, a cui aveva rubato la veste
profumata. Quando Osiri, sfinito dalla voluttà, si fu addormentato,
Seth colse l'occasione per ucciderlo. Nephti, pentita per tale colpa, aiutò Iside nella
ricerca delle disperse membra di Osiri, sulle quali entrambe avevano pianto così a lungo da venire
chiamate "le due lamentatrici".
Dea eminentemente funeraria, munita di ali, viene sovente raffigurata sui sarcofagi lignei in atto
di proteggere il defunto. Non ebbe all'origine un ruolo molto importante, e sembra essere stata
creata dai teologi di Eliopoli per stabilire un rigoroso parallelismo tra le due ultime coppie
dell'Enneade: Osiri e Iside, Seth e Nephti. Un suo appellativo, "sostituta senza matrice", allude
alla sterilità della dea, alla quale in seguito fu attribuito come figlio Anubi.

NUN: varianti , il dio dell'Abisso primordiale, l'oceano

inerte in cui erano contenute in embrione tutte le cose esistenti. Nun era la
personificazione dell'oceano primordiale, l'estensione del mondo prima della creazione, l'oceano
illimitato, privo di luce. In base alla teologia di Eliopoli, all'origine del mondo si aveva un caos
primordiale, immaginato come una massa liquida inerte, che non aveva avuto un ruolo attivo
nella creazione. E il sole sorgeva da Nun, ma non era creato da lui; è tramite la propria forza che
il dio-sole Atum si è creato, onde l'appellativo "colui che esiste di per se stesso". Nella teologia di

Ermopoli invece il Nun era considerato elemento attivo e creatore e con Nunet ,

l'acqua primordiale, sua corrispondente femminile, faceva parte dell'Ogdoade ermopolitana;


Nunet era raffigurata come donna con testa di serpente, o come serpente, o come giovenca. Rara è
l'immagine del Nun come uomo con testa di rana. Può darsi che in un primo tempo Nun fosse un
nome comune ed un modo di rappresentare pittograficamente l'oceano primordiale; l'analogia tra
questo nome e quello della dea-cielo Nut è sorprendente, tanto che lo si poteva considerare come
la sua controparte maschile, prima che essa fosse designata come sposa di Geb, dio-terra, dai
teologi ideatori dei grandi sistemi cosmogonici. Da allora Nun, nonostante resti il padre degli dèi,
è stato declassato a figura o genio secondario; a lui non sono dedicati santuari, e deve
accontentarsi di un ruolo di secondo piano. Il suo solo compito, secondo il rituale del Libro delle
Porte, è quello di uscire dall'acqua per metà ogni mattina per sollevare in cielo con le braccia il
nuovo sole.
NUT: var. La dea-Cielo era

raffigurata nelle tombe reali come donna


gigantesca, dal corpo incurvato e teso come un
arco al di sopra della terra; compare a volte nelle
tombe private ed in quelle degli operai come
donna alata, recante sul capo il suo nome in
caratteri geroglifici. Una delle più frequenti
illustrazioni del Libro dei Morti riproduce Nut tra
le foglie del sicomoro celeste nell'atto di porgere al defunto cibo e bevande. Nut, il cui nome in
origine doveva servire per indicare il cielo, personificava la volta celeste; come le altre divinità
cosmiche fu assimilata ad una dea locale e venerata in una città situata non lontano da Eliopoli,
Hut Shenyt.
La dea veniva ritratta nuda, ma la nudità per le dee era un attributo delle sole divinità celesti, e
non ne sottolineava il carattere erotico. Il suo corpo, in quanto cielo, era disseminato di stelle, e
come Hathor e Qadesh (dea di origine siriana), entrambe "Signore delle stelle", rievocava un
cielo notturno limpido e stellato; in questi casi la nudità si ricollegava all'idea di una nuova
nascita.

ONURIS: il suo nome significa "colui che riporta l'allontanata". Fin dall'epoca
thinita fu un dio guerriero, che annientava i nemici del sole, antico dio della caccia, il cui regno
era il deserto al limite del mondo, dio del cielo e dio funerario. Venerato a This, presso Girga, e a
Sebennytos. Raffigurato come uomo, con una lunga veste e quattro lunghe piume verticali sulla
testa che partono dalla parrucca con ureo, egli tira una corda che scende dritta dal cielo, o tiene in
alto la lancia con una o due mani.

OSIRI: varianti , , il dio dei morti, signore di Busiri e di Abido, principe

dell'eternità. Il dio era anche denominato Uennefer . Singolare era anche un

altro suo epiteto: “il suo naso vive", cioè "egli respira". Osiri esprimeva tutte le forze

cicliche dell'uomo, della società, del mondo terreno e di tutto il cosmo.


La leggenda di Osiri si può così riassumere: Osiri era un sovrano che il fratello Seth, per gelosia,
fece morire; la sposa di Osiri, Iside, ebbe un figlio
postumo, Horo, che, divenuto adulto, vendicò la morte
del padre. Osiri era dunque un sovrano defunto che si
trasformò in una divinità. L'origine dei
molteplici sviluppi della personalità di
Osiri e del suo culto si deve cercare nella storia della sua sovranità terrestre, che
purtroppo ci è quasi del tutto sconosciuta. Si sa che il suo più antico santuario si
trova a Busiri, città situata quasi al centro del Delta; Osiri visse sicuramente
prima dell'egemonia solare eliopolitana e la sua autorità si esercitò sull'intero
Egitto; infine si deduce che egli morì di morte violenta, essendo tutta la leggenda
fondata su questa circostanza.
In certi passaggi dei Testi delle Piramidi Osiri è direttamente opposto a Ra: egli è
considerato come il Signore dell'Oltretomba ed il suo destino è nettamente legato
a quello dei defunti. Gli egizi di quell'epoca consideravano l'aldilà come una
specie di contropartita del cielo, e l'avevano identificato, non ammettendo
l'esistenza di un universo invisibile, con il cielo notturno.
L'aldilà diviene così il regno delle stelle e Osiri, destinato a regnare in queste regioni, poté essere
riavvicinato al mondo celeste. Non solo le stelle gli erano sottomesse, ma anche l'universo
percorso dal dio-sole; le barche solari diventavano sua proprietà ed il traghettatore del lago
celeste era chiamato "il traghettatore di Osiri"; anche l'occhio solare si pose al suo servizio. Tale
evoluzione si può spiegare con l'ipotesi che Osiri fosse un antico sovrano defunto e divinizzato, e
come tale dovesse salire in cielo per raggiungere il dio sole Ra; infatti per il dogma eliopolitano il
destino del re morto era connesso con la sua origine divina, di conseguenza ecco l'ascesa in cielo
del re, figlio del sole, accanto al padre suo Ra. Questo privilegio fu accordato anche ad Osiri,
affiancato aRa come tutti gli altri re-morti, e quindi Osiri divenne il Signore del Cielo. È chiaro
che l'accostamento delle due divinità è puramente artificiale, esclusivamente dettato dall'esigenza
di introdurre Osiri in un sistema religioso che si desiderava universale, ma che non costituì mai,
in realtà, una credenza viva e popolare. L'accostamento di Osiri con la luna fu accolto dagli egizi
con un favore assai più unanime, perché questo nuovo aspetto della divinità poteva essere
facilmente accostato alla leggenda. Identificato con la luna, Osiri apparteneva al mondo notturno;
ed era in qualche modo giustificato il potere esercitato su Osiri da Seth, che era essenzialmente
un dio delle tenebre. D'altra parte vi era un parallelismo sorprendente tra le "sofferenze" della
luna e le "sofferenze" di Osiri, entrambe seguite da una rinascita. L'accostamento Osiri-luna risale
all'epoca delle Piramidi e probabilmente era dovuto ai sacerdoti eliopolitani che potevano così
affiancare Osiri al loro sistema teologico, accordandogli tuttavia un posto secondario; Osiri-luna
era designato con il nome di Iun. Da questo accostamento ebbe origine una leggenda: si
supponeva che il ba di Osiri, dopo la sua morte, si fosse rifugiato sulla luna e che il dio Seth, il
150 giorno del mese, sotto forma di animale, avesse raggiunto la luna e rapito il ba del dio. Horo
e Thot furono incaricati di andare alla ricerca di Seth, e dopo averlo trovato, lo costrinsero alla
restituzione.

Prototipo dell'individuo che ha vinto la morte ed è rinato a nuova vita, Osiri


divenne il simbolo dell'immortalità umana e divina che ogni defunto anelava
conquistare. L'epiteto "giusto di voce" che, secondo la leggenda, fu dato ad
Osiri quando il tribunale di Ra riconobbe il suo buon diritto, fu attribuito ai
defunti che durante la loro vita terrena avevano sempre vissuto secondo
giustizia, ed ogni defunto venne chiamato Osiri. Anche nella concezione delle offerte funerarie si
verificò una evoluzione che forse non era dovuta all'influenza di Osiri, ma che tuttavia iniziò nel
preciso momento in cui si affermò il trionfo di questo dio: invece di fare un' offerta al defunto
unitamente a questa o a quella divinità secondo l'antica usanza, il sovrano faceva le offerte a un
dio solo, Osiri, affinché costui potesse distoglierne una parte a favore del defunto.

La leggenda di Osiri, così semplice e familiare, riuscì a conqui¬stare il cuore di tutti; ogni egizio,
anche il più umile, pensava che gli sarebbe stato possibile, dopo la morte, divenire un Osiri, cioè
conoscere la gloria della rinascita. Molti egizi, senza dubbio, speravano nella sopravvivenza
nell'oltretomba, ma si trattava di un sentimento vago e inconsistente. Grazie ad Osiri questa
percezione aveva preso corpo e ciascun egizio poteva attendere con una certa calma questa morte
tanto temuta, e che ora non si presentava più come un termine, ma solo come un passaggio o
meglio l'inizio dell' eternità.

PATECO: era una divinità nana, raffigurata sotto sembianze umane alquanto
sgradevoli, essendo deforme, con ventre rigonfio, gambette storte ed un cranio
smisuratamente appiattito, generalmente ornato con uno scarabeo. Secondo gli egizi,
il suo aspetto mostruoso allontanava i geni malefici e gli animali nocivi; doveva
proteggere l'uomo, ad esempio, contro i serpenti. Era considerato come Ptah o figlio
di Ptah, onde il nome Pateco tramandatoci da Erodoto, il quale riferisce che i Patechi
erano immagini di idoletti o di pigmei che i Fenici dipingevano sulla prua delle loro
navi.

Questa forma grottesca di Ptah ebbe una grande importanza nella religione popolare e
innume¬revoli furono gli amuleti che riproducevano Ptah-Pateco, con la lunga lingua sporgente
su una barba ricciuta.

PTAH: Una delle divinità più popolari dell'Egitto, Ptah era dio di Menfi,

capitale dello distretto del Basso Egitto, nel Delta occidentale. L'iconografia
attribuisce al dio un corpo inarticolato, rappresentato antropomorficamente
racchiuso in una guaina, salvo le mani che sono libere e impugnano lo scettro uas
ed il pilastro djed; sul capo ha una calotta. Considerato "il grande dio dei tempi
primordiali", Ptah divenne il più importante degli dèi di Menfi, quando i sovrani della III dinastia
portarono la capitale del regno a Menfi a causa della sua posizione geografica; questa scelta diede
a Ptah un'importanza di primo piano. Tuttavia non era il più antico dio della zona, infatti aveva
spodestato i suoi predecessori: il dio-falco Sokar e il dio-terra Tatenen, coi quali si era anche
identificato.

Secondo i teologi di Menfi, Ptah era "il padre di tutti gli dèi", ed era uscito dal caos in virtù della
sua forza e dette vita ad una Enneade simile a quella di Eliopoli. Ptah dette vita a tutti gli dèi con
il cuore, cioè il pensiero, e con la lingua, cioè la parola. Era sposo della dea Sekhmet e aveva
come figlio Nefertem, il dio-loto, dando vita così alla triade menfita. Il dio aveva una seconda
sposa, Shesemetet, dea della "cintura reale", di cui porta il nome (cintura in metallo e pietre dure,
che doveva proteggere il sovrano); secondo altri studiosi la seconda sposa di Ptah era
semplicemente una incarnazione provinciale della dea Sekhmet.

QADESH o ASERAT: In origine era forse la dea-sole o la dea-cielo in Siria, chiamata

anche Aserat. Qadesh era sposa del dio Amurru; per la sua natura era detta regina del cielo,
epiteto che passerà poi ad Astart e quindi ad Anat. Da quest'ultima era ben distinta nel periodo più
antico; infatti Qadesh non aveva carattere agrario, il suo animale sacro era il leone e non aveva
alcun rapporto con le bovine. La sua raffigurazione con due corna come Hathor dipende dal fatto
che gli egizi trovarono logico l'accostamento a Qadesh, dea-sole o cielo, con Hathor, dea del
cielo. Essa era chiamata "sovrana di tutti gli dèi, occhio di Ra, non ce n'è una seconda (è senza
pari)"; a volte è rappresentata sulle stele nuda, vista di fronte, in piedi su un leone e con in mano
due serpenti ed un bocciolo di loto.

RA: Ra potrebbe essere stato il nome comune più antico usato per indicare

il sole, come "colui che si solleva, che sale in alto". Adorato ad Eliopoli, creatore del
mondo così come era organizzato, nemico del male rappresentato dal serpente Apopi,
Ra personificava l'ordine cosmico stabilito alla creazione: egli fece nascere le altre
realtà cosmiche ed i princìpi che dovevano essere alla base della vita sulla terra. Maat, cioè la
giustizia, la verità, era il fondamento su cui si costruivano tali princìpi, e Ra era, in senso
cosmico, padre di Maat, cioè regolava l'equilibrio dell'universo.

Ra il sole era nello stesso tempo un simbolo e un principio: simbolo di luce, di calore, di vita
perenne e ciclica, ma anche principio di ordine divino; il sole Ra era il principio che generava
Maat e viveva, di conseguenza, della stessa sua sostanza.

Ra era il dio con cui il sovrano si identificava nel modo più completo. Scarsamente documentato
nelle prime tre dinastie, il dio incominciò ad acquistare importanza nella quarta. Il santuario di Ra
ad Eliopoli, come quello di Osiri a Busiri, perdettero la loro posizione preminente all'epoca del re
Cheope, durante la IV dinastia. Cheope, infatti, decise di procedere personalmente alla nomina
dei membri del clero, designando quali sacerdoti di Ra e di Osiri membri della famiglia reale o
governatori civili.

Il sovrano era la rappresentazione materiale di Ra sulla terra e il ka del sovrano era Ra stesso, col
quale dopo la morte si sarebbe identificato. Ra e il sovrano avevano la stessa manifestazione, il
medesimo ka, la medesima essenza divina. Questo ka era la forma prima dello stesso spirito del
mondo: era la forza creatrice che si era sprigionata dal caos primordiale, cioè dall'universo
considerato come un tutto, che si era realizzata in tutte le creature della natura e in tutti gli
uomini.

Nella forma più arcaica della teologia solare, Ra era assorbito ogni sera dalla vacca celeste
Hathor ed ogni mattina era da essa generato; tale concezione ricordava l'antico culto della Dea-
Madre. Il sistema solare ha reso più spirituale quella remota dottrina: la dea Hathor diventa il
cielo ove il sole viene ricreato continuamente. Egli percorreva da est a ovest sulla barca del
giorno il cielo superiore concepito come un'enorme distesa d'acqua, a sera saliva su un' altra barca
Mesketet per attraversare nella notte da ovest ad est il cielo inferiore o mondo sotterraneo.

Un'altra tradizione, sviluppata soprattutto nei "Testi delle Piramidi", non dà molta importanza al
viaggio celeste del dio-sole Ra. Essa rappresenta Ra come il sovrano di un regno assai simile a
quelli terreni, anche se occupa un angolo di cielo. Questo luogo, circondato da un grande fiume,
sulle cui rive si trova un misterioso traghettatore, è un'immensa distesa di prati, di canneti e
boschetti ricchi di vegetazione. Il soggiorno di Ra nei suoi palazzi è solo un duplicato della
residenza reale sulla terra; egli è sul trono in mezzo alla sua corte e per quanto assorbito dalle sue
occupazioni celesti, ha molta cura degli uomini e dall'alto regola la loro vita.

La sollecitudine di Ra non era rivolta solamente ai viventi; "signore dell'Universo", egli era il
"Grande Dio anonimo" che presiedeva il primo tribunale dell' aldilà, la cui competenza era estesa
a tutti i defunti. Altri dèi quali Shu, Tefnut e Maat, la giustizia, facevano parte del tribunale
assieme a Ra.

RA-HARAKHTI: L'unione di Ra con "Horo dell'Orizzonte" porta alla


creazione di una nuova figura divina: "Ra-Harakhti, manifestazione visibile e cosmica del sole".
Esso è rappresentato nelle stele funerarie e nelle pitture parietali delle tombe tebane, seduto sulla
barca solare, con testa di falco, corpo umano e disco solare con ureo sul capo, oppure sotto
l'aspetto di uomo stante, sempre ieracocefalo, con il disco solare sulla testa e corpetto piumato a
ricordare la sua forma di volatile. Il dio-sole è lo "scarabeo divenuto falco", infatti è passato dallo
stato in cui nasce come scarabeo emergendo dalle viscere della terra (una forma del dio Ra del
mattino), alla potenza piena del suo splendore allo zenit, il falco "Horo dell'Orizzonte" che
diviene Ra-Harakhti.

RENENE o RENENUTET o RERET: , varianti ,

Renenet, "colei che nutre", era una divinità di benefico influsso, a carattere agreste, "signora delle
messi", la bella "signora degli alimenti" che vigilava sul pane, sull'acqua e su tutto ciò che poteva
assicurare la vita materiale.

Raffigurata come serpente, spesso il suo nome è Renenutet, "il serpente che nutre", o
come donna a testa di rettile o a testa di leonessa, oppure come donna con
acconciatura hathorica. Compagna di Shaì, dio-destino insieme a Meskhenet, e quindi
anch'essa "dea del destino", si identifica anche con Iside, Sesheta, Renpit, Mehet-
ueret e Mertseger. Con Meskhenet essa assiste ai parti e alle "feste dell'ottavo mese", celebrate
nel villaggio operaio di Deir el Medina il primo giorno del quarto mese di peret (inverno), per
l'appunto l'ottavo mese. Nelle case del medesimo villaggio, di solito nelle cucine, sono stati
rinvenuti ostraca figurati e diverse piccole stele in calcare che la raffigurano.

RESHEP: varianti , Il dio siriano Reshep era un dio

guerriero, armato di lancia e scudo. Era detto "il Signore della forza per mezzo
dell'Enneade", "il signore dell'eternità", "dio grande, signore del cielo". Egli portava
la corona dell'Alto Egitto, ma il suo costume era una prova della sua origine
straniera: alcuni nastri erano appesi al suo vestito e un altro, molto lungo, pendeva
dalla sua corona, che nella parte anteriore era ornata da una testa di gazzella, o a volte da due
corna.

SAH (Orione): Sah, che significa "quello che si avvicina", è forse Orione,
considerato il principe delle stelle, quello che regola la loro corsa, e porta la corona bianca,
oppure è una stella della sua costellazione, Alfa di Orione, la stella più brillante del cielo del sud.
Orione, ba di Osiri, è Osiri stesso che regna sulle stelle e conosce i ba dei defunti.

Questo dio è raffigurato nella terza ora della notte, nel rituale del Nuovo Regno detto
Libro dell' Amduat.

Sah, che impugna con le due mani un lungo scettro i e indossa una lunga veste, figura

con il capo volto àl'indietro

SATET: varianti , Dea di Elefantina, raffigurata

come una donna che porta una corona dell'Alto Egitto combinata con due grandi corna
liriformi. Ad Elefantina formava una triade con lo sposo Khnum e la figlia Anuqet,
mentre a Latopoli (Esna) aveva per sposo Khnum e per figlia Neith.

Satet era identificata con Sothis, cioè la stella Sirio, e Iside. Nelle raffigurazioni funerarie Satet,
Signora di Elefantina, donava ai defunti la vitalità ribollente del fiume. La dea fu ricordata in
numerose tombe del Nuovo Regno nel cimitero operaio di Deir el Medina.

SEKHET: varianti , Era la dea che personificava i campi, appena

usciti dall' ac¬qua dell'inondazione, ancora colmi di fango, ma già pronti a ricevere le sementi.
Essa evocava soprattutto le paludi e gli acquitrini, ed era la patrona dei pescatori e dei cacciatori,
ai quali, a suo piacere, poteva accordare un copioso bottino. Gli svaghi (caccia e pesca) nella
palude erano per eccellenza le arti di Sekhet. Heb, in quanto considerato a volte figlio di Sekhet,
era associato alla dea.

SEKHMET: varianti , La dea-leonessa, "onnipotente e

dominatrice", era una divinità guerriera, adorata a Letopolis, nel Delta occidentale.
In seguito fu introdotta come sposa del demiurgo Ptah nella triade menfita, ed il
loro figlio era Nefertem, il dio-loto. Raffigurata come una leonessa o donna a testa
di leone, aveva una duplice natura, benigna e malefica; essa rappresentava il calore
mortale del sole Ra, e fu inviata dal dio, in uno degli innumerevoli miti, a
distruggere il genere umano (missione che però non portò a termine). Era
assimilata alla dea Mut, sposa di Amon a Tebe; inoltre era patrona di medici ed
infermieri. Il suo nome sembra derivare dallo scettro sekhem, "forte e potente", e si
può dunque tradurre "la possente". Sekhmet è "l'occhio di Ra" di cui il dio si serve spesso, e
pertanto la dea assume forma di serpente e si pone sulla fronte di Ra soffiando il fuoco contro i

nemici del dio, con il nome Mehenyt , dal verbo avvolgere. Essa è la signora della

fiamma vendicatrice, colei che abbraccia Ra tra le sue spire durante le ore della notte.

SERAPIS: variante nome greco Sarapis. Il culto di questo dio fu introdotto in

Egitto da Tolomeo I. Alcune fonti latine e greche recano vari cenni sulla sua creazione; la
leggenda racconta che Tolomeo I vide in sogno il dio Serapis, il quale lo invitò a traslare in Egitto
la sua immagine. Il dio era adorato in una località sconosciuta: Sinope, sulle rive del Ponto
Eusino. Favorevoli alla novità sarebbero stati due consiglieri del re: l'egizio Manetone, sacerdote
nato a Sebennytos nel Delta (che scrisse una Storia del proprio paese in greco, giuntaci solo in
epitomi e citazioni), ed il greco Timoteo. Questa la leggenda, in realtà Tolomeo I, che si
considerava il continuatore della politica espansionistica di Alessandro Magno ed aveva a
disposizione le risorse di un ricco territorio, decise di creare una divinità dinastica, della quale
servirsi anche come arma di propaganda, cercando di diffondere il culto di Serapis anche fuori del
territorio egizio. Roma guardò con diffidenza alla manovra, anche se dopo la battaglia di Azio (31
a.C.) e la successiva conquista del potere in Egitto, vi furono alcuni imperatori ferventi seguaci
del culto.

Sappiamo che gli egizi si accostarono con sospetto al dio Serapis, e non parteciparono mai al suo
culto, infatti tutti gli inni in suo onore furono scritti in greco.

SERQET: La dea-scorpione, antichissima, riassumeva in sé il concetto della

divinità femminile nel suo più alto grado. In epoca arcaica era già raffigurata nel suo
aspetto di scorpione o scorpione d'acqua, e proveniva forse da Kedem, villaggio
situato fra le città di Sais e Buto; era quindi originaria del Delta.

Conosciuta già all'epoca della I dinastia, essa appare nei Testi delle Piramidi come

oppure , che significa "colei che apre la gola", cioè da respiro

a coloro i quali, essendo stati morsicati da uno scorpione, avevano difficoltà nella respirazione.

La dea viene raffigurata come donna con la figura stilizzata di uno scorpione sul capo. Serqet
presenta un importante aspetto funerario: essa era infatti una delle quattro dee protettrici delle
viscere del defunto, conservate nei vasi canopi, insieme a Iside, Nephti e Neith; in particolare
essa si occupava del vaso in cui era riposto il fegato (e del quale Qebehsenuf sorvegliava il
coperchio; in altri casi però Serqet era associata a Duamutef o Hapi). La dea era anche preposta
alla custodia di uno degli angoli del sarcofago, quasi sempre quello occidentale (solitamente a
Iside spettava il sud, a Nephti il nord, a Neith l'ovest); custodiva inoltre un angolo del cofano che
conteneva i vasi canopi.

Leggende locali riportano che Serqet era la madre di Harakhti, cioè Horo dell'Orizzonte, oppure
la sposa di Horo. Essa era anche presente alla festa-sed, cioè al giubileo del sovrano ed assisteva
alla nascita del faraone, figlio del dio Ra, assieme alla dea Neith.

SESHAT: dea della scrittura e delle scienze; era la "Signora degli scritti, la

"Signora della casa dei libri" e "Colei che scrive". Alcuni studiosi ritengono che Seshat derivi dal

verbo scrivere.

Insieme a Thot scriveva sulle foglie dell'albero sacro di Eliopoli i nomi dei re, e registrava le loro
imprese illustri. In origine venne identificata con Nephti, ed in seguito con Iside ed Hathor.

Il simbolo che reca sul capo non è ancora stato chiarito.

SESHETA: era colei che riuniva e rinchiudeva le membra dei defunti nel suo nome

di "Signora dei recinti". Essa allattava gli Akhu ( ), e come compagna di Thot enumerava

insieme a lui i loro panegirici ed assicurava le provviste ai loro ka nella Duat. La dea era vestita
con una pelle di felino, come i sacerdoti sem. Sesheta è anche il nome di un recinto ove i defunti

sono rinchiusi nell'aldilà.

SETH: varianti , , , Una figura molto vicina alle grandi

divinità asiatiche dell'uragano: Teshub, Enlil, Ishkur e Baal, è quella di Seth, che porta il titolo
significativo di "Signore della tempesta". Venerato nell'età protostorica in tutto l'Egitto da una
parte della popolazione, forse di origine asiatica, Seth divenne più tardi il rivale
di Horo, che rappresentava quella parte della popolazione che prese il potere in
età storica. Seth e Horo erano infatti le due divinità che simboleggiavano tutto
l'Egitto, non nelle due componenti geografiche, bensì nelle due componenti
etniche.

Non a caso tutte le popolazioni asiatiche che in seguito si insediarono in Egitto, a cominciare
dagli Hyksos, ebbero in Seth la loro principale divinità. Il persistente sentimento di ostilità che gli
egizi provavano nei riguardi di questo dio "straniero" fece sì che Seth assumesse il ruolo di dio
malvagio nella leggenda di Osiri, Seth, fratello di Osiri, Iside e Nephti secondo il mito, e sposo di
Nephti, uccise per gelosia il fratello Osiri e ne fece a pezzi il cadavere. Per la sua malvagità era
ritenuto il dio della negatività e del male, la personificazione della violenza e della malafede.

Seth era considerato il dio della tempesta, del cielo nuvoloso; il tuono era la sua voce quando egli
urlava nel cielo e la terra tremava, egli dava ordini alle nubi scure e scatenava le burrasche del
vento del sud. Un suo epiteto era: "signore del cielo".

Era un dio teriomorfo, raffigurato con uno strano quadrupede


accovacciato sulle zampe, con il muso appuntito e ricurvo, con grandi
orecchie dritte al cielo e una coda verticale a guisa di freccia: forse un
formichiere, un asino selvatico, un okapi o un levriero del Caucaso;
aveva gli occhi neri per il suo rapporto con l'oscurità. Seth, secondo altri
studiosi, era raffigurato invece con gli occhi rossi, colore che gli egizi detestavano. Sempre
secondo la leggenda di Osiri, che conosciamo tramite Plutarco, Seth fu in lotta con Horo, il figlio
postumo di Osiri che riuscì a trionfare e fu riconosciuto legittimo sovrano del mondo.

Il dio Seth, grande amatore di donne, aveva nello stesso tempo abitudini inconfessabili, il gusto
per l'amore scandaloso e infecondo: tentò infatti di violentare la dea Anat sorpresa nel bagno, ed
anche Horo e Iside. In forma di toro inseguì Iside che aveva preso forma di cagna, ma lei riuscì a
respingerlo, così Seth sparse il suo seme in terra. La sua sfrenatezza sessuale non aveva limiti, ma
è da osservare che i rapporti incestuosi fra figli, genitori e parenti non hanno mai urtato la fantasia
e la sensibilità degli egizi.

SHED: Le prime manifestazioni di questo nuovo dio, il cui


nome significa "salvatore" si hanno all'inizio del Nuovo Regno, ed in
ambiente principalmente tebano. L'identificazione del piccolo dio
Shed come personalità propria restò a lungo incerta.

Nella stele rinvenuta a Deir el Medina nel 1939, dedicata a Shed dallo
scriba reale Ramose nella din. XIX, regno di Ramesse II, si scorge il dio Shed in piedi su una
linea nera, al di sotto della quale sono due coccodrilli opposti per la coda. Il dio cammina verso
destra tenendo nella mano sinistra tre scorpioni, tre serpenti, un arco e delle frecce, e nella mano
destra un leone; inoltre conduce sempre con la sinistra due gazzelle tenute al guinzaglio, la prima
delle quali sembra cibarsi delle foglie di un giglio dell'Alto Egitto. Shed porta sulla fronte una
testa di gazzella e sul capo la treccia dell'infanzia ed un nastro, mentre il suo torace è ricoperto in
parte da due nastri incrociati.

SHESMU o SHESEMU: dio del vino e dell'olio, in origine era una divinità stellare,

nativa di Menfi, che poi si mutò nel dio del vino: egli personificava il torchio (la cui immagine
serve per scrivere il suo nome); egli sovrintendeva ai prodotti ottenuti con l'aiuto di tale
strumento cioè il vino, ma anche l'olio, e quest'ultimo, frequentemente usato come unguento, nel
Nuovo Regno fece di Shesmu una divinità addetta ai profumi nei laboratori dove venivano
fabbricate le essenze più rare.

Poiché il vino, per il suo colore, evocava il sangue, forse da qui nasceva l'origine del carattere
sanguinario di Shesmu, considerato anche come divinità preposta ai sacrifici, come beccaio o
macellaio; il dio del torchio minacciava infatti i ba dei defunti.

SHU: varianti compone con Tefnet la prima coppia, i cui discendenti

Geb e Nut (la prima generazione), Osiri, Iside, Seth e Nephti (la seconda generazione)
faranno parte, insieme a loro ed al Demiurgo Atum, della Grande Enneade di Eliopoli;
le coppie saranno dunque fratelli e sorelle, ma anche mariti e mogli. Shu rappresenta il
soffio vitale, uscito dal naso del demiurgo Atum; quel soffio avrebbe fatto battere il
cuore del dio risvegliando la sua coscienza. Il vento sarebbe il ba di Shu.

SOBEK: era considerato un dio dell' acqua e raffigurato sotto l'aspetto di

coccodrillo o di uomo con testa di coccodrillo. Sobek, venerato nel l" distretto
dell'Alto Egitto, Ombos e nel Fayyum, era ritenuto ad Ombos sposo della dea
Hathor e padre di Khonsu.

Sobek aveva un santuario anche nel Delta, a Sais, e pertanto veniva appellato "figlio di Neith",
che era la dea adorata a Sais.
SOKAR: dio della necropoli di Menfi.

Raffigurato come falco mummificato ad ali spiegate o come uomo


mummificato a testa di falco, fu identificato con Ptah ed anche con Osiri. La
necropoli menfita, posta sotto la protezione di Sokar, era chiamata Rastau o

Rosetau ( ), "l'imboccatura del regno sotterraneo di Osiri" .

SOPED: dio rappresentato come falco con due alte piume sul capo. Aveva l'incarico di

proteggere le vie carovaniere che andavano verso il Levante, ed anche i nomadi orientali. Un suo
epiteto era "Signore dell'Oriente". Al dio Soped corrisponde la dea Sopedet, nota anche ai greci e
ai romani perché identificata con la stella Sothis (Sirio).

SOPEDET o SOTHIS: varianti , dea chiamata anche la "stella di Iside", era

notissima anche ai greci e ai romani, poiché era identificata con la stella Sothis o Sirius, della
costellazione del Cane Maggiore. Il sorgere eliaco di Sothis aveva grande importanza nel
calendario egizio, infatti nel ciclo di Sothis, della durata di 1460 anni, gli egizi calcolavano le
loro datazioni. Sothis era la madre del re defunto, e sua sorella; essa favoriva il viaggio del morto
nella duat, poiché lo guidava sulle strade perfette in cielo. Sothis faceva volare in cielo il re, dove
sarebbe stato in compagnia dei suoi fratelli, gli dèi.

Sothis apriva e chiudeva la serie dei decani che fissavano le ore; era anche l'araldo
dell'inondazione del Nilo. Era una manifestazione di Iside e Hathor, il che si può intravedere nella
scena di Hathor e Sothis che circondano il re Amenhotep III nel suo giubileo, nel quale esse
hanno un ruolo essenziale. Sothis faceva sorgere il sole Ra, in cui si identificava il sovrano il
primo giorno dell'anno. Ad Abu Simbel la regina Nefertari, che incarnava
il principio della femminilità divina, prendeva il posto di Sothis per
rinnovare la natura solare del suo sposo Ramesse II.

La dea era raffigurata come donna o come bovina; l'acconciatura di Sothis


era la corona solare hemhem.

TEFNET: dea dell'umidità, moglie e sorella di Shu, nell'ambito della teologia

eliopolitana. Nei Testi delle Piramidi appagava la sete dei defunti; aveva corpo di donna con testa
di leone, disco solare ed ureo. Tefnet non aveva un ruolo cosmico ben definito; essa personificava
l'umidità che precede il fuoco, ma sembra che sia stata creata unicamente per dare una
controparte al dio dell'aria.

Shu e Tefnet, dèi felini di Leontopolis nel Delta, anticamente erano forse chiamati Ruti, una
perifrasi che indicava la loro natura animale.

TESHUB: Dio della Tempesta dal Cielo", suprema divinità maschile ittita, deriva dal

dio Teshub (Tesûp) degli Hurriti (XIV - XIII sec. a.C); il "signore del cielo", dio guerriero che si
identificava con le fortune militari dello stato ittita. Egli solo poteva rappresentare il paese nelle
sue relazioni con i paesi stranieri; figurava infatti insieme al dio sole Ra, egizio, nel trattato
internazionale di pace tra il re ittita Hattusil III ed il sovrano egizio Ramesse II.

Era il dio del fulmine, del cielo e della pioggia benefica; i cananei per questo lo ritenevano rivale
di El nelle leggende ugarite; ed era anche compagno di Anat, signora della vegetazione. È lecito
vedere Teshub nel Baal amorrita o cananeo, anzi nel toro, animale sacro ad El nelle tradizioni
ugarite, essendo un "dio che si manifestava con il tuono".

Teshub, adorato dunque a Canaan, nella parte occidentale della Persia e nel paese degli Ittiti, fu
introdotto ed onorato anche in Egitto. Raffigurato in piedi, isolato, in atto di brandire un'ascia e
un simbolico fascio di fulmini, il dio compare a volte su un carro primitivo di buoi in atto di
incedere su cime di montagne personificate. Il toro era il suo animale sacro; il "dio della
Tempesta", in piedi sul toro, conosciuto ovunque anche nell'impero romano sotto il nome di
"Jupiter Dolichenus", ne fu evidentemente un successivo sviluppo. Nella mitologia ittita il dio
della tempesta era l'uccisore del drago Illujankas, nel mito dell'anno nuovo. Forse era anche
chiamato Adad, che era il dio accadico della tempesta, denominato Hadad (vocabolo aramaico) in
Siria e in Fenicia.

THOT: varianti Il dio-ibis Thot, del quale si vede


l'immagine già nelle insegne predinastiche, era probabilmente originario del
Delta, a Damanhur, cioè l'Ermopoli Parva dei greci, in cui venivano adorati
due dèi: Horo e Thot, associati nell'atto della creazione, dove Horo
rappresentava il pensiero che concepisce e Thot la parola che esegue; in un
primo erano tempo considerati come demiurghi, in seguito come semplici
agenti della rinascita.
Ma fu soprattutto ad Ermopoli Magna che Thot venne adorato, onorato ed ebbe i
suoi momenti di gloria. Raffigurato con corpo umano e testa di ibis, era una delle
più grandi divinità egizie e come tale aveva molteplici aspetti, potendo assumere
le sembianze di ibis, di cinocefalo e persino di toro. Ad Ermopoli Magna altre
divinità lo avevano preceduto: l'antichissima dea-serpente Unut e quattro
cinocefali che insieme formarono una compagnia divina di cinque membri, chiamata "il Grande
Cinque". Più tardi, secondo un documento della V dinastia, gli abitanti di Ermopoli venerarono
otto divinità elementari, otto strane creature che non facevano parte dell'universo creato, ma del
caos stesso: quattro serpenti e quattro rane, che vennero riuniti nell'Ogdoade di Ermopoli. Nel
periodo classico gli otto dèi vennero subordinati a Thot, il dio-ibis, il quale sopravanzava non
solo le creature primordiali ma anche l'astro solare di cui essi erano gli antenati. Questo
sconvolgimento nella compagnia arcaica fu opera del clero di Thot, che sostenne che l'ibis aveva
deposto su una collina primordiale vicino ad Ermopoli, detta l'isola delle fiamme, l'involucro
misterioso, forse un uovo, da cui sarebbe scaturito il sole.

Thot, celebre mago, aveva grandi poteri sugli scorpioni, ed era molto stimato per i suoi libri di
magia. Thot aveva inoltre redatto "il trattato segreto dell'arte dell'officiante", essendo esperto nei
riti funebri, ed aveva codificato le glorificazioni che permettevano di trasformare i defunti in
akhu, "spiriti illuminati" o "lumino¬si". Thot del resto aveva un ruolo molto importante nei
sistemi religiosi: a Menfi i sacerdoti lo consideravano come "la lingua di Ptah", ad Ermopoli era il
capo dell' Ogdoade che gli attribuiva la creazione del mondo. Archivista degli dèi e loro
consigliere, egli scortava il dio Ra nelle sue spedizioni militari, le guerre contro gli animali di
Seth; ad ogni successo di Horo, suo generale, il sole Ra pronunciava qualche parola e Thot le
ascoltava e le annotava per poi formare il nome di qualche località.

A Tunah el Gebel, a 12 km da Ermopoli, è stata ritrovata un' enorme necropoli di ibis sacri.

TUERET: varianti Tueret o Tauret, "la Grande", era una dea-

ippopotamo raffigurata eretta sulle zampe posteriori e gravida; era molto popolare in Egitto,
poiché proteggeva le donne incinte e i bambini. Personificava il Caos liquido dal quale si era
formata la terra. Tueret vegliava sul sonno dei vivi e dei morti, assicurando a tutti la sua

protezione magica con il segno del geroglifico , "protezione", un amuleto con il quale è sempre

raffigurata e che serviva per sostenerla, data la sua mole.


Nelle raffigurazioni funerarie, Tueret è a volte chiamata "Me-skhenet", e considerata come madre
del sole. È posta anche ac¬canto ad "Horo che è nell'orizzonte" per mettere in risalto il suo
compito, che è quello di generare il defunto per la nuova vita e farlo rinascere. È Tueret che dà la
sua forma animale ad uno dei tre letti funebri con sagoma di vacca, di leone e di ippopotamo sui
quali i defunti erano posti, di volta in volta, per compiere il cammino verso occidente, perché
questi letti non servivano per il riposo, ma erano strumenti, veicoli per la rinascita. Su di loro il
defunto rifioriva a nuova vita, poiché quando vi era coricato era considerato come posto
all'interno del corpo dell'animale, come una "nebride".

UAGIT o UADJT o UTO: varianti , Dea


venerata nel Delta orientale e nelle città gemelle di Pe e Dep, capitali del reame
federativo di Pe (Buto) nell'epoca predinastica; è dunque una dea antichissima.
Raffigurata come un cobra o come donna con testa di serpente, adorna della corona
rossa, essa era la dea protettrice del Basso Egitto. Le dee Uagit, la "Signora della corona rossa", e
Nekhbet, la "Signora della corona bianca" costituiscono le "Due Signore", che si incarnavano
nella persona del re, sovrano del Basso e dell'Alto Egitto. Essa era anche assimilata all'occhio del
sole Ra; il suo nome significava "colei che appartiene ai papiri". Uagit è anche appellata "il ka
della dea Uret-hekau", e come tale figura madre di Hu, "il verbo".

UASET: La dea Uaset, personificazione della capitale dell'antico Egitto, denominata poi
dai greci Tebe. Il suo culto risale alla XVIII dinastia, al re Thutmosi III che, al ritorno dalla sua
ottava spedizione militare nel Levante, ordinò che fosse eretta una statua a “Uaset vittoriosa:
". La dea, in forma di donna, è armata di lancia, di mazza, di arco e di frecce. Le

litanie in suo onore elencavano i nomi delle città d'Egitto in cui era signora Hathor o una delle sue
forme bellicose; era infatti una forma di Hathor, Sotto il regno di Sethi I (din. XIX) la dea Uaset
ebbe due dee concorrenti a Menfi, cioè Mennefer (la dea della città di Menfi) e Ciesemet (la dea-
bastione che personificava la cinta fortificata della città). In epoca tolemaica Uaset venne
assimilata a Rat o Rait.

UENNEFER o UNNOFRE: "colui che è sempre perfetto" o "colui che è sempre

buono", "il dio la cui durata è infinita", epiteti del dio Osiri.
UNEG: variante un dio poco conosciuto che appare nell'Antico Regno e,

secondo i Testi delle Piramidi, era un dio-fiore come Nefertum e considerato un figlio del dio sole
Ra; Uneg sosteneva il cielo come Shu, di cui era forse un doppione e simboleggiava l'ordine e la
stabilità, avendo un ruolo simile, parallelo a quello svolto dalla dea Maat. Uneg sarebbe forse il
supplente di Shu, in un sistema autonomo, ricalcato sulla più antica combinazione, la triade
eliopolitana, Atum - Shu - Tefnut da cui Atum - Uneg - Maat.

UNUT: divinità primitiva venerata ad Ermopoli, dea-serpente, detta "la veloce" o "la

svelta" (da "affrettarsi"), venne più tardi identificata con Sekhmet. Il suo culto non

scomparve completamente, ma ebbe un ruolo molto secondario. Il suo posto fu preso da Thot,
forse importato dal Delta, all'epoca eliopolitana. Nel distretto infatti fu creata, in reazione alla
teologia di Eliopoli, la celebre dottrina di Ermopoli dell'Ogdoade, nella quale ebbe la sua
importanza anche la dea Unut.

UPUAUT: variante il dio-lupo, venerato in particolare durante il Medio Regno a

Licopoli. Il suo nome significa: "colui che apre le strade". La sua immagine marciava alla testa
dei soldati, su un'insegna era spesso raffigurato nella sua forma arcaica di lupo stilizzato. In
seguito venne identificato con il dio-sciacallo Anubi.

Upuaut era personaggio centrale e principale attore nei Misteri di Osiri che si svolgevano ad
Abido, ed erano una rappresentazione drammatica del mito del dio. In questa cerimonia Upuaut
esplicava molteplici funzioni: egli era Horo figlio di Osiri, ed anche Harendotes (Horo
vendicatore di suo padre), e sacerdote sem, dovendo procedere ai riti funerari sul corpo del padre,
ed ai riti per la rinascita nella "casa dell'oro", laboratorio sacro annesso ad ogni tempio ove in
tempi remoti si praticava il rituale dell'apertura della bocca.

In queste cerimonie Upuaut appare come un canide o un lupo.

URET-HEKAU: La dea Uret-hekau, "Grande di Magia", era di origine molto antica,


essendo nominata nei Testi delle Piramidi, ed è chiamata "potere protettore dell'occhio di Horo"
sulle pareti della piramide di Unis, V dinastia, nella necropoli di Saqqara. Poteva assumere le
forme di Iside, Sekhmet, Uadjt o Hathor, ma era soprattutto Nephti, sposa di Seth. Come il suo
nome dimostra, essa aveva il potere di dominare i ka. La dea assumeva figura di leonessa o di
ureo per proteggere Horo eRa.

Spesso la dea si presenta come donna con acconciatura hathorica,


cioè con corna bovine e disco solare, oppure come Mertseger, con
corna, disco e le alte piume di Amon. Il rituale noto come il Libro
dell'apertura della bocca cita l'uso dello strumento ur-hekau (una
piccola ascia con testa

di ariete); con il suo contatto lo strumento conferiva alla statua o al corpo del defunto il potere
magico di protezione, vita eterna, utilizzo dei sensi nell'aldilà. La dea Uret-hekau, essendo una
cosa sola con lo strumento magico, era pertanto considerata colei che recava il fluido vitale.

USERET: Nome di una dea dalla testa di cobra che compare nel Medio

Regno, durante il quale riveste una certa importanza, comprovata dal fatto che tre
sovrani della XII din. la scelsero come protettrice personale; Amon e Useret erano
gli dèi tebani che in quel periodo rappresentavano le divinità ufficiali dello Stato, e
i sovrani comunemente conosciuti come Sesostri, nella versione greca, inserirono il nome della
dea nel loro nome, dandogli il significato di "uomo della dea Useret". Successivamente, il culto di
Useret perse ogni favore e quasi scomparve.
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