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IL «CORPUS» DELLA DUAT

Maathor

“Non sai, oh Asclepio, che l’Egitto è l’immagine del Cielo,


proiezione, qui nel profondo,
di tutto l’ordinamento cosmico?”
Ermete Trismegisto

“Che io viva o muoia, io sono Osiride.


Io entro dentro e riappaio attraverso te,
mi decompongo in te, cresco in te.
(...).
Io sono entrato in Maat,
confido in Maat, divengo padrone di Maat,
emergo in Maat rendendo distinta la mia forma...”
Testo dei Sarcofagi, 330

“Ink is maa hereu tep ta”,


(Io fui veramente giustificato sulla terra)
da una stele funeraria

Quando nel 1842 Karl Richard Lepsius chiamò la sua prima edizione geroglifica “Il
Libro dei morti” (Todtenbuch) - dizione che fu poi frettolosamente adottata dall’egittologia
accademica - egli commise una notevole inesattezza: questo titolo gli derivava da Kitab el-
Mayytun, letteralmente “Libro del Morto”, designazione araba impiegata dai violatori delle
necropoli faraoniche per qualsiasi rotolo di papiro rinvenuto nelle tombe. Al contrario, questi
libri hanno contenuti e finalità tali che il loro titolo avrebbe potuto ben essere “Il Libro dei
Vivi” oppure “Il Libro che Insegna a come Sopravvivere alla Morte” e dunque il titolo con cui lo
conosciamo è fuorviante.
Infatti la traduzione esatta di “Per-hem-hru” è (Dell’) Uscire verso (la Luce del) Giorno,
in riferimento alla virtù rigeneratrice di Osiride che viene attivata, mediante la recitazione
delle Formule Incantatorie, dal sacerdote lettore (Kheri-Heb) che evoca un perfetto percorso
iniziatico. Conseguentemente si deve attribuire al testo il valore di istruzioni per agevolare il
passaggio dalla vita breve alla morte eterna dei milioni di anni e l’insediamento dell’Entità
spirituale del defunto in un nuovo stato di libertà simile a quella degli dèi (si deve confrontare,
qui, quanto la Scuola di Pitagora dichiara nelle ultime righe dei Versi Aurei). Come Evola ha

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I NOVE COSTITUENTI incontra e con quest’atto integra in sè la loro natura divina.
“Horo mi ha donato il suo Ba” equivale a dire “mi sono inve-
Gli antichi Egizi, collegate all’essere vivente, con- stito delle sue divine qualità” e dunque ora io stesso, Unas,
cepivano diverse entità spirituali, nel mistero costituito dal 9 sono Horo. Il Ba è, insomma, colui che dà vita alla capacità
(cifra di Toth), come 9 sono i rivestimenti che fasciano la di metamorfosi e di rinascere (l’uccello Bennu, la Fenice egi-
mummia. Mai rigidamente separate le une dalle altre, esse zia, è il Ba di Ra mentre Ra stesso, in quanto grande anima
sono energie diverse che perseguono uno scopo comune. cosmica, è il Ba di tutto l’universo).
L’uomo le vive contemporaneamente e nella sua esistenza 6 - L’Ab è colui che veglia, testimonia e designa il
deve portarle a uno o più gradi superiori. (N.B. Per le spiega- cuore. È un testimone-memoria rivolto al passato e un testi-
zioni che seguono ho elaborato informazioni attinte dal vo- mone-immaginazione che guarda al futuro. Il cuore è la co-
lume di Lachaud, Magia ed Iniziazione nell’Antico Egitto). sciente forza morale e perciò il defunto, davanti ad Osiride,
può dire: “Io ho la conoscenza del mio cuore”, cioè sono puro. Il
1 - La morte (o nascita) ha come primo involucro cuore è la sede dell’intelligenza profonda che sorveglia tutto
il Khat, il cadavere putrescibile, mentre il Get è il corpo ma- e dunque presiede all’attività creatrice nel segreto delle cose.
teriale vivo. Il Khat è minerale inerte, supporto di ogni me- Nelle danze rituali si comincia sempre spostandosi a sinistra,
tamorfosi. La sua dimora è la tomba-crogiolo dove si attuano dalla parte del cuore. Con la gamba sinistra si entra nel Tempio.
tutte le fasi di quella che è a tutti gli effetti la Grande Opera. 7 - Il segno geroglifico del Ka, il più noto dei nove
2 - Il Sekhem è la capacità aggregante di elementi Corpi costituenti l’uomo, si scrive con un unico segno: due
diversi, ognuno con una funzione specifica, che garantiscono braccia tese, che abbracciano e che sorreggono. Energia vitale
la coesione della forma. Il Sekhem assicura la comunicazione universale, il Ka protegge i vivi e continua a farlo anche dopo
tra questi fattori eterogenei. La forma femminile di Sekhem è la morte, poichè la morte altro non è che “raggiungere il pro-
Sekhmet, la dea feroce contro le forze ostili all’unità. prio Ka”, il doppio energetico di ciascun essere vivente, ener-
3 - Il Ren (RN) è il nome di quell’essere, la sua iden- gia imperitura nascosta e più rossa della fiamma, riflesso
tità, la sua particolare vibrazione che concentra l’energia di- immateriale del corpo, forza motrice che alimenta il fuoco
vina e permette all’uomo di animarsi. È il Verbo-Logos, tanto vitale. I suoi colori sono il nero (energia latente) ed il rosso
che il suo geroglifico è una bocca posta sopra la linea ondulata (energia attiva). È il corpo sottile, o Corpo Astrale, raccontato
dell’acqua (è il Ren che fa nascere sulla superficie informe del sempre da quelle due braccia levate che captano l’energia
Nun la prima vibrazione vitale). Il Nome viene perciò asse- del cosmo.“Aton ha milioni di Kau”, è il Ka dei Kau, cioè pos-
gnato (consacrato) con un rito analogo al battesimo e infine siede tutti gli elementi suscettibili di contenere la vita: ogni
posto nel cartiglio e la corda solare che lo circonda è l’aureola creatura recupererà una scheggia del Grande Ka, particella
che proclama un’esistenza sacerdotale. Una parte fonda- che l’animerà per tutta la vita e che dovrà restituire con la
mentale della Magia risiede nella potenza intrinseca ai Nomi morte al Ka dell’Universo. Con le parole di Guilmot:“Nascere
poichè il Nome è Potere. Dunque, conoscere il“Nome Nasco- è ricevere l’Energia. Morire è restituirla all’universo. Vivo, l’uomo
sto” di qualcuno significa possedere la sua essenza più in- partecipa; morto, è in comunione tornando all’Oceano in cui tur-
tima, il suo segreto e pronunciare il“Nome”equivale a creare, bina l’Energia” restituendo, però, un ka aumentato, capitale
per mezzo della voce uscita dalle labbra, la sua immagine fatto fruttare. La Sfinge è il Ka dell’Egitto e Maat, quale Ka
materiale. Perciò il defunto (o l’Iniziato) deve dimostrare di di Ra, stabilisce il suo destino.
conoscere il Nome di ogni Entità che può incontrare nel suo 8 - L’ Akh è una forza spirituale di carattere sovran-
Viaggio attraverso la morte, garantendosi così una sorta di naturale, rappresentato dall’ibis con ciuffo e non è connatu-
dominio sulla Entità stessa (“Io conosco i vostri Nomi, le vostre rato, ma deve essere acquisito attraverso un duro lavoro.
caverne, i vostri segreti” dice, e supera l’ostacolo). Per questo Quando Amenhotep IV, il faraone mistico, decise di cam-
quando si vuole distruggere e far sparire per sempre un in- biare nome, scelse questo Stato per aprire il suo patronimico:
degno si scalpella via il suo Nome, mentre al contrario pro- Akh-N-Aton (brillante grazie ad Aton, cioè capace di irradiare
nunciarne il Nome significa far vivere quell’entità. Nei riti la Luce di Aton) perchè Akh è la forma dell’esistenza perfetta
iniziatici la frase “ricordarsi il proprio nome” equivale a “rico- e trascendente, connotazione degli esseri risvegliati, capace
noscere l’esatta natura della propria anima che è fuoco”. di trasfigurarli, illuminati. Il segno geroglifico indica l’“essere
4 - Sul Kahaibit, o Ombra (con funzione di prote- benefico, efficace, glorioso”. Opposto al cadavere Khat che ap-
zione: “L’Ombra del dio è su di me” equivale a dichiararsi san- partiene alla terra, l’Akh appartiene al cielo. Quando gli egizi
tificato) il Libro dei Morti definisce che “È la prima forma parlano di “raggiungere il proprio Akh” per esprimere il con-
dell’anima all’uscita dal corpo, immagine nera, alta e tenebrosa” cetto di“morire”, intendono che tale principio non è interiore
prima di diventare luminosa. In stato latente da vivi (ma all’uomo ma che corrisponde, piuttosto, al suo“io”spirituale
pieno di coscienza istintiva accumulata durante la vita), il situato in un mondo divino e che si raggiunge solo dopo la
Kahbit inizia silenziosamente ad operare a partire dalla di- morte. Tutti i neter sono considerati Akhu, superpotenze ce-
sgregazione della morte, libero di “passeggiare sulla terra”. È lesti. L’Akh cosmico è la luce che si genera dalle tenebre;
la parte animica, il Corpo Eterico normalmente invisibile, che l’Akh naturale è la luce che si incarna in un corpo materiale
permetterà durante la morte il passaggio dal visibile all’in- per attivarne il fuoco interno; l’Akh superpotenza rappre-
visibile, quello in cui l’uccello Ba spiccherà il volo. senta la Luce dello Spirito, il mezzo per l’umano di ritornare
5 - La forza rappresentata dal Ba (che si può tra- all’Unità. Nella tradizione cristiana corrisponde al Corpo glo-
durre come essere presente) è l’involucro che potrebbe di più rioso di Resurrezione.
avvicinarsi all’attuale concezione dell’anima. A volte simbo- 9 - Il Sa-Hu è il nono involucro, il cui geroglifico è
lizzato dall’ariete sacro, di solito il Ba è rappresentata da una un nodo per fissare nell’uomo la natura divina. È il fluido vi-
cicogna con volto umano, quello del defunto. È una forza tale che circola liberamente attraverso il tempo e lo spazio.
magica nutriente che permette al defunto di muoversi in Il Sa è la conoscenza di tutte le cose, l’intelligenza suprema
qualsiasi spazio (uccello=movimento) e di assumere qual- che crea attraverso il Verbo: Horo. Hu è il principio nutritivo,
siasi forma egli desideri penetrando senza sforzo la materia. l’essenza, la potenza divina del Verbo: Toth. Adorare Sa e Hu
A livello individuale corrisponde alla potenza interiore del- significa accedere all’intelligenza suprema, essere iniziati alla
l’Essere che permette all’energia di esteriorizzarsi libera- conoscenza che coronerà la saggezza. Insieme permettono
mente. Unas mangia i Bau (plurale di Ba) degli dei che di praticare la magia creatrice.
ben evidenziato, iniziaticamente “uscire al
giorno” significa penetrare nella Luce Immor-
tale e questo è esattamente lo scopo segreto di
ogni alchimia spirituale.
Il “Libro per uscire al Giorno”, nei con-
fronti della civiltà che lo ha generato, pare non
costituisca, come generalmente si crede, il
“Libro sacro” degli antichi Egizi, paragonabile
ai Veda, alla Bibbia o al Corano. Tuttavia lo è nel
senso della definizione criptata (decodificabile,
cioè, dai soli iniziati) delle tecniche che realiz-
zano l’Identificazione in Osiride: dunque,
come tale, può essere qualificato sacro. Questo
non-libro rappresenta perfettamente la Tradi-
Il Ba spicca il volo
zione Primordiale, Unica, Perenne ed Univer-
sale: questa miscellanea raccolta di formule iniziatiche è un grimoire magico che suggerisce
come risolvere la massima aspirazione dell’uomo. Il Regno dei Morti era un luogo tenebroso,
pieno di insidie e di pericoli, in cui un defunto - se sprovvisto degli accorgimenti magici ne-
cessari - si sarebbe trovato come un naufrago in balia della tempesta, succube di ogni abitante
mostruoso e malvagio, senza possibilità di visione, senza poter camminare o muoversi se-
condo il proprio cuore o la propria volontà... In questo stato di tramortimento spirituale egli
avrebbe poi subìto il giudizio davanti al Tribu-
nale di Osiride. Ecco allora l’importanza fonda-
mentale del Libro: le sue tappe mistiche sono
un cammino di potenza, mentre il susseguirsi
delle Formule costituiscono uno specialissimo
ipertesto per immagini che inquadra le giuste
sequenze del cammino iniziatico dell’Osiride.
Ma non dobbiamo ingannarci, solo la magia
delle formule nel loro esatto utilizzo possono
far aprire le Porte del Cielo, solo la magia ope-
rativa riesce a far uscire verso la Luce Suprema.
Il “Libro per uscire al Giorno” è anche
un testo dove è celata una scienza antichissima
che andava sotto il nome di «dottrina dell’an-
data e del ritorno». Questa dottrina presentava L’anima è pesata nella Grande Sala delle due Maat
due aspetti: il primo era l’itinerario creativo-ri- per essere dichiarata Maat-Kheru, o “Giusto di Voce”.
velativo, quando è la divinità che scende nel-
l’uomo; il secondo era il mistero della seconda nascita, dove è l’uomo che nasce nella divinità:
“Và affinchè tu torni! Dormi affinchè tu vegli! Muori affinchè tu viva!” troviamo inciso nei Testi
delle Piramidi della V Dinastia.

In una sede come questa diventa impossibile una analisi sistematica di questo Corpus
ed inevitabilmente, talvolta, si incorre in ripetizioni. Per quanto riguarda l’eredità generale
dello spirito egizio mi limiterò a dire che la sua grande sintesi costituisce le fondamenta alla
Tradizione Occidentale almeno su questi punti:
- una teologia della resurrezione sorretta dal mito iniziatico di Osiride;
- una pratica delle scienze sacre ed occulte che hanno lo scopo di assicurarsi la padro-
nanza delle energie di potenza, le sole capaci di permettere la comunicazione tra mondi di-

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versi, quello sensibile ed il corrispettivo sovrasensibile fino al divino, basandosi sulla Legge
delle Corrispondenze;
- l’idea del Verbo Creatore;
- una vita universale che ha nel Tempio il suo centro.

Il “Libro per uscire al Giorno” è, a tutti gli effetti, la prima vera “guida” per il viaggio del
defunto: ne indica il percorso, si concentra sulle varie fasi, offre quasi una mappa delle Regioni
degli Inferi che si dovranno attraversare, indicandone le entità demoniache e definendo le
prescrizioni utili (formule) per sventare i pericoli relativi. Tuttavia anche il termine “libro” (e
la divisione in Capitoli) suscita un’impressione deviata sulla reale natura di questo testo, sug-
gerendo una organicità concettuale, cronologica e stilistica che è invece del tutto assente. I
testi non formano affatto un’opera unitaria e non appartengono a un unico periodo. Le for-
mule sono eterogenee e di disparata origine, indipendenti tra loro e poste alla rinfusa senza
alcun ordine di successione. In realtà sono una raccolta, una miscellanea, una compilazione
di istruzioni magicamente utili al defunto per orientarsi nel Regno dell’Amenti, inni, avverti-
menti per evitare la guida cattiva, il Doppio nero, e riconoscere quella buona, il Doppio bianco,
e regole per risolversi davanti al giudice che attende i morti ... ma anche per la preparazione
“da vivo” in funzione di questo scopo, a ben guardare. È proprio in questo senso che si deve
leggere quanto il Re Unas, ultimo faraone della V dinastia (2510-2350), ha fatto incidere sul
muro meridionale della sua camera del sarcofago, nel complesso piramidale di Djoser vicino
a Saqqara: «Il faraone non se ne è andato da morto, se ne è andato da vivo».

All’inizio appannaggio dei soli faraoni, verso la IX Dinastia (2.000 a.C.) avvenne che
questo aristocraticissimo Corpus Funerario fosse tradito attraverso una sorta di rivoluzione
“democratica”, per la quale il defunto comune venne elevato alla condizione di potersi iden-
tificare con Osiride (il papiro di Leida descrive ampiamente questa forzatura delle Porte dei
Misteri). Quindi tutti ebbero libero accesso ai beni dell’Al di là e dunque un semplice mortale,

Riconosciuto virtuoso, la parrucca del defunto è diventata bianca. Egli si inginocchia davanti ad
Osiride alle spalle del quale vigilano Iside e Neftis; davanti a lui, su un fiore di loto, i quattro figli di
Horo e, sopra, la testa di falco emblema di Sokaris, dio funebre di Menfi, è contornata dai cobra.

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dopo la sua morte, poteva divenire «re» e «dio» alla sola condizione di possedere le formule,
le «parole di Potenza», appunto.
Da quell’epoca in poi le iscrizioni magiche si diffusero talmente che a tutt’oggi ne sono
sopravissute molte migliaia. La più completa per estensione di queste raccolte - spesso sele-
zionate dal vivente per la propria morte e poi trascritte dagli scribi - è conservata al Museo di
Torino e consta di 160 frammenti (o Capitoli). Normalmente, comunque, il testo scelto si li-
mitava a uno o più papiri della lunghezza molto limitata, anche se se ne conoscono di di-
mensioni decisamente più ragguardevoli, fino a raggiungere i trentasette metri nel Papiro
Greenfield conservato a Londra, l’esemplare più lungo al mondo.

La vasta raccolta di testi funerari del “Libro per uscire al Giorno” - la più antica dei
quali risale al 2400 a.C. e fu scoperta nella piramide di Re Unas - ci è pervenuta in tre differenti
versioni: l’eliopolitana, compilata dai sacerdoti del Collegio di Anu e contenente testi in uso
tra la V e la XII dinastia; la versione tebana, in uso dalla XVIII alla XXII dinastia, e la versione
saita, in uso a partire dalla XXVI dinastia, intorno al 600 a.C., sino alla fine delle dinastie datata
31 a.C. Come ho detto, si tratta generalmente di inni, preghiere, formule e di racconti incen-
trati sul viaggio notturno del Dio Sole nelle sue diverse manifestazioni (era anche chiamato
dagli antichi egizi “Il Libro del ritorno nel Giorno”) e della sua lotta con le forze del male che
tentano di fermarlo per non farlo risorgere al mattino. La conoscenza di questi testi permet-
teva all’anima di scacciare i demoni che le ostacolavano il cammino e di superare le prove
poste dai 42 giudici seduti in una lunga fila nel tribunale di Osiride, dio del Regno dei
Morti: ognuno di essi doveva essere chiamato per Nome e si doveva negare il Peccato
su cui egli presiedeva. Se essi decidevano che il defunto era stato un peccatore, il ka era
condannato alla fame e alla sete o a essere fatto a pezzi da orribili carnefici; se invece
la decisione era favorevole, il ka migrava nel Regno celeste dei Campi di Yaru, dove il
grano cresceva altissimo e l’esistenza era una versione festosa della vita sulla Terra.
Come pagamento per la sua benevola protezione Osiride chiedeva che i morti svol-
gessero mansioni per lui, ad esempio lavorare i campi di grano. Questo compito,
tuttavia, poteva essere evitato ponendo alcune particolari statuette, gli ushabti,
nella tomba affinché fungessero da sostituti per il defunto (“Oh tu, Figurina magica,
ascoltami! Se io sono convocato, se io sono condannato ad eseguire dei lavori di ogni sorta che si

Gli Ushabti (“quelli che rispondono”)


erano piccole statue che costituivano elemento
integrante ed indispensabile del corredo funebre.
Rappresentando forze costruttive positive face-
vano parte della pratica magica e servivano da
sostituti ai defunti giustificati. Ogni tomba aveva
centinaia di esemplari perché la tradizione pre-
vedeva un ushabti per ogni giorno dell’anno. In
questo caso, ogni dieci statuette vi era anche un
ushabti caposquadra.
Sopra, due cofanetti loro contenitori.

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fanno compiere agli Spiriti dei morti nell’Al di là, sappi dunque, o Figurina magica: in quanto tu
possiedi attualmente degli utensili, obbedisci all’uomo nel suo bisogno! Sostituiscimi al cospetto dei
sorveglianti del Duat: alla semina dei campi, all’irrigazione dei canali, al trasporto della sabbia.
Dall’Est all’Ovest...
La Figurina risponde: - Eccomi... Io attendo i tuoi ordini...”).
Tra gli ushabti troviamo anche le cosiddette “statue del Ka” (come quella del sovrano
Auibra-Hor posto sulla copertina di questo numero della rivista) destinate anch’esse al cor-
redo funebre e che servivano da sostituto del corpo per ospitare il Ka del defunto, quando ri-
tornava per assimilare, per loro tramite, l'essenza dei cibi lasciati dai vivi sulla tavola delle
offerte. Ecco il motivo per cui tutti gli oggetti necessari per la vita nell’Amenti venivano posti
ordinatamente nella tomba.

La parola «Occulto» deriva dal latino occultus (nascosto) e normalmente, oggi, si riferisce
alla conoscenza di ciò che è nascosto, o anche conoscenza del sovrannaturale in antitesi alla
conoscenza del visibile, ovvero alla scienza. Tuttavia questo significato moderno del termine è
tradotto in modo improprio quando lo si intende come sapere nascosto, conoscenza riservata a
pochi o sapere che deve rimanere nascosto. In realtà si tratta invece dello studio di una realtà spi-
rituale tanto profonda da non poter essere compresa usando puramente la ragione o la scienza
materiale. In questo senso sono scritte le parole antichissime del “Libro per uscire al giorno”.
Il termine «Mistero» ci proviene dal latino «mysterium», traduzione del greco «télos»
che significa «compimento» ed è analogo a «teleuté», che significa «morte». In ogni linguaggio
iniziatico, dunque, i Misteri sono l’insieme dei riti, delle Parole, degli atti, delle prove fisiche
e morali, delle cerimonie e delle istruzioni occulte. Attraverso tutto questo processo dinamico
e progressivo vengono suggerite al neofita le chiavi (anche oggi quasi sempre simboliche)
della sua morte e della sua resurrezione. Toccherà a lui, poi, non comprenderle come intelletto
ma viverle come verità: solo così potrà tentare di realizzare il passaggio di Stato dal mortale
all’immortale.

Capitoli delle Porte.


Si chiede al defunto di dire i Nomi dei 7 Arit, o “Castelli” e delle 12 Porte degli Inferi.

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Il mistero della morte, infatti, è stato sempre il mistero cardine dell’uomo. Al contrario
di ciò che avviene in questi nostri sciagurati tempi, gli antichi egizi dalla loro origine fecero di
questo mistero non solo il fulcro della loro religione, ma anche la ragione fondante di ogni
scelta politica e sociale. L’Egitto divenne la sede naturale della Scienza Sacra, teologia occulta
e laboratorio delle più nobili tradizioni dell’umanità. Questo scopo totalizzante fece nascere
innumerevoli centri esoterico-iniziatici dedicati alla sconfitta della morte. Il risultato fu l’ela-
borazione di tutto un universo di tecniche che permettessero al defunto di non essere defini-
tivamente escluso dalla Vita.
La morte fisica, per il defunto, non è altro che il primo anello di una catena di fatti d’or-
dine metafisico e per questo è d’importanza capitale (“vitale”, sarebbe più esatto dire) iniziare
assolutamente da questa Prima Porta se si vuole modellare il corso della propria evoluzione
post-mortem. La morte è, in realtà, la vera nascita: nella lingua geroglifica la morte ha nome
MUT, la dea avvoltoio del Sud, ed è una parola che significa nello stesso tempo sia madre che
morte.
Passata quella Prima Soglia il defunto procede ad abbattere le successive diventando
egli stesso ogni aspetto delle varie manifestazioni divine (falco, disco solare... e così via), fino
a raggiungere la piena metamorfosi universale.
Per far questo la realtà fenomenica dev’essere frantumata insieme alla logica del
tempo, dello spazio e della dualità così presente negli egizi. Si vive allora nell’impossibile (“Io
sono la Madre di mio Padre e la Figlia di suo Figlio”dichiara Hator in un papiro). Tutto finalmente

Papiro di Anhaï (1100 a.C.). Dichiarazione di “innocenza” (o “non colpevolezza”).


Sulla parte destra Toth registra sulla tavoletta da scriba, quindi una entità dalla testa di falco
verifica la precisione della bilancia ed infine, sotto, la dea Maat.

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si può amalgamare in un Tutto che non è solo Uno, ma Uno in ogni mondo visibile ed invisi-
bile... e perciò egli può contemporaneamente sia implorare la protezione degli dei che con-
cedere loro il suo stesso soccorso. Ha raggiunto la libertà svincolata dalla necessità e quindi
può creare con la Parola, volontà magica che conduce all’onnipotenza.
Non essendoci più logicità consequenziale, cioè una architettura lineare di causa-ef-
fetto, il defunto percorre le vie segnalate dal Libro secondo
una serie di quadri-visioni caotiche. Ma poi, quando è di
fronte all’immobile dio verde, sente una tale potenza di re-
denzione e di luce che non può che esclamare: “In lui è salute
e pegno di vita eterna” e pronuncia allora le formule sacre fino
a realizzare l’unione mistica per identificazione.
Questo ricorda curiosamente che, se in Egitto si muore
in Osiride, i cristiani muoiono in Cristo (“in Christo morimur”).

La Duat indica l’oltretomba. Gli Dei della Duat sono


Amon (l’Unico, il Solitario, il dio supremo del pantheon egizio
e sposo di Mut), Osiride (dio dell’Oltretomba), Iside (sposa di
Osiride dal quale ebbe Horus i cui figli sono Imset, Damutef,
Hapi e Qebehsenuf), Anubi (padre di Kebechet e dio dell’im-
balsamazione e del passaggio), Anput (moglie di Anubi), Thot
(dio della luna e della scrittura), Ra (dio del sole e padre di
Maat), Maat (figlia di Ra e dea della perfetta giustizia), Khepra
(che presiede il divenire cosmico), Nun (è l’Oceano primor-
diale che contiene i semi di tutti i mondi possibili), Ptah (il
dio demiurgo), e Mehen (il benefico dio-serpente guardiano
della barca solare di Ra).
Gli antichi egiziani credevano che il “Libro per uscire al
Giorno”fosse stato ispirato, o anche scritto, da Thot medesimo
che si esprimeva tramite la bocca del defunto rivelando la vo-
lontà degli dei. L’Iniziato egizio partiva dal presupposto che la
morte fisica non fosse altro che una metamorfosi della co-
scienza. Per lui l’anima, dopo aver varcato la Soglia, percorreva
le successive tappe di una normale evoluzione. Per dirla con
maggior chiarezza, per mezzo della Magia gli Iniziati volevano
modificare la normale evoluzione dell’anima nella sua esi-
stenza postuma e farle percorrere un tragitto conforme alla sua
Metamorfosi: fasi delle trasformazioni. missione spirituale (“Che io compia tutte le possibili Metamorfosi
ed in tutte le Regioni dell’Al di là, secondo il beneplacito del mio Cuore”).
E proprio in forma di manuale iniziatico il Libro tratta dell’animazione di forze, da
parte del dio Osiride, esplicata durante l’esperienza magica nell’attraversamento di dodici
ore; forze dislocate in sedi apposite, sorvegliate da guardiani alloggiati in Torri di residenza
dette «Arrit», sin dalla Prima Ora: «Il dio passa nell’aspetto di Ariete e compie le sue trasformazioni.
(...) Chiunque avrà fatto ciò a similitudine di quello che è nella “Occulta dimora”, chiunque avrà co-
noscenza di queste similitudini, che sono questo stesso grande dio, avrà grande giovamento sulla
terra». Dunque è nel campo operativo del proprio vissuto che si attua la trasformazione e il
mutamento dell’esperienza, come specifica un papiro attinente al precedente: «Tu hai potere
sui poteri che sono in te».
Ne consegue che la similitudine fondamentale dei testi funerari, oltre ad essere quella
della resurrezione di Osiride, è anche quella dell’assunzione di un percorso virtuale all’interno

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delle forze preesistenti in ogni individuo, che vengono trainate nella nuova forma dal potere
di dislocazione dato dagli dèi del cielo. Le forze vengono in tal modo trasformate in archetipi
operativi visualizzati da specifici geni che animano le ipostasi magiche.

A completare il “Libro per uscire al Giorno” c’erano anche tutta una serie di testi di
grande importanza come il Libro dell'Amduat, le Litanie di Ra, il Libro delle Porte, il Libro delle
Caverne, il Libro del Cielo ed il Libro della Terra.
Il Libro dedicato all’Am-Tuat (letteralmente“colui che è nell’Al di là”) è forse il principale
trattato egizio del Nuovo Regno sulla vita oltre la Porta della Morte. Chiamato dagli antichi “Il
libro della Camera Nascosta”, è il più antico dei testi in qualche modo connessi alla sepoltura ed
è quello maggiormente rappresentato nelle tombe della Valle dei Re. Tratta, fondamentalmente,
del viaggio del Dio Sole (nelle sue manifestazioni di Khepri, Ra ed Aton) nelle 12 divisioni del
Duat, corrispondenti alle 12 ore della notte.
Nella prima ora il Dio Sole entra nell’orizzonte occidentale (Akhet, che è anche una
stagione dell’Antico Egitto), un passaggio tra giorno e notte. Nella seconda e terza ora si at-
traversa un mondo ricco d’acqua chiamato Acque di Osiride. Nella quarta ora si arriva all’im-
pervio regno di sabbia di Sokar (o Seker), il Dio Falco degli Inferi, su un’imbarcazione-serpente
con una testa ad entrambe le estremità accompagnato, tra gli altri dei, da Hù (Parola Autorevole)
e Saa (Pensiero) mentre il dio Upuaut (Colui che apre le Strade) sta ritto al timone. Nella quinta
ora il Dio scopre la tomba di Osiride, che è un recinto sotto il quale si nasconde il terrificante
Lago di Fuoco; la tomba è coperta da un tumulo
piramidale su cui sono scese Iside e Nefti sotto
forma di due rapaci. Nella sesta ora si verifica
l’evento più significativo nel mondo sotterraneo:
il Ba (o anima) di Ra si unisce con il proprio corpo
(o, in altri papiri, con il Ba di Osiride all’interno
del cerchio formato dal serpente Mehen). Questo
evento è il punto in cui il Sole comincia la sua ri-
generazione. È un momento di grande significato
ma anche di estremo pericolo, visto che nella set-
tima ora l’avversario Aapep (Apophis) sta in ag- Il defunto identifica ciascuna parte
guato e deve essere soggiogato dalla magia di del suo corpo con quelle
Iside e dalla forza di Seth assistito da Serqeth. delle diverse divinità.
Una volta che questo è stato fatto il Dio Sole apre le porte della tomba nell’ottava ora e poi
lascia l’isola di sabbia di Sokar remando vigorosamente in acqua nella nona ora. Nella decima
ora il processo di rigenerazione continua attraverso l’immersione nelle acque fino a che nel-
l’undicesima ora gli occhi del Dio (un simbolo indice della sua salute e del suo benessere)
sono completamente rigenerati. Nella dodicesima ora egli entra nell’orizzonte orientale
pronto a risorgere ancora come il Sole di un nuovo giorno.

Accennavo più sopra che nel “Libro per uscire al Giorno” viene descritta la Pesatura
del Cuore, certamente il passaggio più conosciuto di questo Corpus. Il defunto entra nella Sala
delle Due Maat (tutto è duale nel pensiero simbolico egizio: due regni, due santuari per ogni
neter...). In questa Sala delle Due Verità si gioca il suo futuro e dunque egli cercherà di armo-
nizzarsi proprio con Maat. Alla sua sinistra il defunto ha le sue braccia nella posizione del Ka,
il suo doppio responsabile delle azioni da lui compiute: non saranno gli dèi a giudicarlo, ma
lui stesso farà il bilancio della propria vita e stabilirà la sentenza. La bilancia è l’elemento cen-
trale dell’azione: sul suo piatto sinistro viene posto Ib, il cuore sede dell’intelligenza, e su
quello destro la leggerissima piuma di Maat. Il cuore... tutte le azioni e le parole del defunto

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passano attraverso esso, perchè il cuore non può ingannare, è proprio lui il vero giudice severo
ed amorevole. Per questo, quando il defunto si rivolge a lui, lo chiama “madre mia”.
Toth, il Signore del Tempo Ciclico, siede sul perno della bilancia mentre sui bracci della
stessa si trovano Anubi (la Luce Intermedia) ed Horo (La Luce senza Ombre) che regolano la
bilancia verificando che tutto si svolga secondo la Legge-Maat. Osiride - la più pura essenza
della morte - se ne sta maestoso, dritto, immobile e muto, soggetto vivente di una giustizia
divina immutabile.
Il defunto dunque rivolge una“dichiarazione di innocenza”ad Osiride-Maat e la ripete
successivamente ad un tribunale rappresentato da 42 giudici, i 42 nòmi dell’Egitto visibile,

Papiro di Ani (redatto tra il 1300 ed il 1250 Avanti l’Era Volgare.).


Dichiarazione di “non-colpevolezza”.

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che avevano il compito di denunciare e di punire una colpa o un peccato. Rudolf Steiner ci
svela che i 42 giudici sono, in effetti, gli antenati (i Maestri Passati, se vogliamo): l’egizio aveva
la certezza “che la vita dell’uomo fosse connessa con quella di 42 antenati e, nel mondo di là, egli
doveva rendere loro conto se aveva o no accolto davvero in sè quanto essi gli avevano offerto spiri-
tualmente.” (Rudolf Steiner, I misteri dell’Antico Egitto, Libritalia, 1997).
Colui che vive il proprio processo dimostra ai Maestri Passati che si è evoluto ha au-
mentando il suo Ka, palesa con rigore la sua conoscenza dei segreti dell’Universo ed infine
fornisce la prova di aver raggiunto in se stesso l’equilibrio dei contrari. Il suo cuore conferma
che questa è la verità, perciò viene proclamato Maakheru, cioè conforme a Maat, e Jakhu, Spi-
rito santificato. Ora è giustificato, ora è Corpo di Gloria, ora è Osiride.

Come insegnano di vivere sia i Versi Aurei che ogni serio Ordine Iniziatico fino ai nostri
giorni, anche nell’Antico Egitto esisteva l’usanza che, al termine della giornata, ogni suddito
di qualsiasi rango o ceto di appartenenza si ponesse dinanzi al simbolo del Dio Thot e facesse
approfondito esame del suo comportamento quotidiano verso se stesso, verso gli altri, e verso
la Natura. In tal modo poteva essere sempre pronto, giunto nella Duat, a superare la temibile
Pesatura del Cuore, prova che poteva avvenire in qualsiasi momento. (Su questo punto è in-
teressante l’analogia con il Testamento massonico di Iniziazione, nel quale si chiede appunto
all’Iniziando, chiuso da solo in un’apposita stanza, di riflettere sulla sua condizione e di chie-
dersi cosa egli deve a se stesso, cosa deve agli altri, cosa deve a Dio. Del resto, tutti i Riti Ini-
ziatici hanno questa caratteristica applicata alla ritualità, seppure con tempi e modalità di
esecuzione differenti, ma l’analogia permane significativa).

Per quanto riguarda i riferimenti numerologici,


troppo complessi per essere affrontati qui, penso possa es-
sere sufficiente considerare come esempio i multipli dell’ot-
tonario costitutivo (governati da Toth): alla Formula XXXII
(32ª=4 x 8) si descrivono i quattro punti cardinali posti in re-
lazione ad otto coccodrilli, cioè si definisce l’orientamento
cosmico, mentre la Formula LXIV (64ª=8 x 8) chiarisce che
la rinascita è già formata per cui l’Osiride può pronunciare
la frase: «Io sono lo Ieri e conosco il Domani». Si avvia quindi il
processo di Trasfigurazione dalla Formula LXIV alla Formula
CXXVIII (128ª=8 x 16). Purificare e pesare il cuore nella sala
sacra della Bilancia (così come calibrare correttamente l’uso
di altri organi preposti alla coscienza) equivale per il defunto
a dislocare le funzioni vitali dell’anima nelle sedi preposte
alla evoluzione del proprio destino solare. Questo processo
è figurato dal rinascere della Fenice (“Io entro come un sacro
falcone ed esco come un Bennu (Fenice) all’alba”) nell’ambito
del simbolismo cosmico che ha nella matrice ottonaria e
nella evoluzione novenaria il suo segreto.

Per concludere, vorrei citare alcuni frammenti la-


sciando poi, a chi vorrà, leggere e studiare l’intero “Libro per
uscire al Giorno”. Penso anche che risulti essere di vero aiuto
la lettura ad alta voce dei vari Capitoli ed il loro assorbimento
badando bene di non utilizzare l’intelletto, ma di lasciarsi trasportare dalla emozione incanta-
toria che queste parole antichissime possono provocare e dalla forza potente delle immagini.

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Io entro nel Cielo, simile a un Falco. Io percorro le Regioni celesti, simile a una Fenice. Gli dei
adorano Ra e gli apprestano le vie (...) Che io possa giungere
ad adorare Osiride, Signore della vita Eterna!

(...) Intraprendo, nella mia qualità di anima vivente,


dei lunghi viaggi. Dirò: Io sono il dio Tum, solitario negli in-
finiti Spazi Cosmici, io sono il dio Ra che sorge all’Alba dei
Tempi Primordiali, simile al dio Nu. Io sono la Grande Divi-
nità che si genera da se stessa. I misteriosi poteri dei miei
Nomi creano le Celesti Gerarchie. Io avanzo e gli dei non si
oppongono; poichè io sono l’Ieri e io conosco il Domani.

(...) Giunto innanzi a lui, ormeggio la mia Barca e


pronuncio queste parole: “Dio possente! Signore della Sete!
Guardami! Io sono appena nato! Io sono appena nato! Io sono
appena nato!” Egli risponde: “Io sono Ra che rende forti coloro
che egli ama. Io sono il Nodo del Destino cosmico (...) la forza
della dea Hathor risplende nei miei occhi. L’Anima di Up-
Uaut risuona nelle mie orecchie. Nel mio naso vivono le forze
del dio Khenti-Khas; le mie due labbra sono le labbra di Anu-
bis; i miei denti sono i denti della dea Serkit; il mio collo è il
collo della dea Iside, le mie mani sono le mani del possente Si-
gnore di Djedu; è Neith, Sovrana di Sais, che vive nelle mie
due braccia. La mia colonna vertebrale è quella di Seth, il mio Nella cristianità è l’arcangelo
membro virile è membro virile di Osiride; il mio fegato, è il Michele che pesa, come Maat,
fegato del signore di Kher-Aha. Il mio petto è quello del Signore le anime sulla bilancia
dei Terrori, il mio ventre ed il mio dorso sono quelli della dea Sekhmet. Le forze dell’Occhio di Horus
circolano al fondo del mio dorso. Le mie gambe, sono le gambe di Nut. I miei piedi, sono i piedi di Ptah.
Le mie dita, sono le dita del doppio Falco divino che eternamente vive. In verità non esiste un solo
membro del mio corpo in cui non risieda una divinità!”

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Io sono l’Oggi. Io sono l’Ieri. Io sono il Domani. Attraverso le mie numerose Nascite io sussisto
giovane e vigoroso. Io sono l’Anima divina e misteriosa che, in altri tempi, creò gli dei e la cui celata
essenza nutre le divinità del Duat, dell’Amenti e del Cielo. (...) Oh voi, Spiriti dalla testa di Sparviero
dagli impassibili occhi, voi che dimorate nei luoghi altissimi, ascoltate attentamente le parole magiche
(...) Ed i quattro piloni delle quattro Regioni dello Spazio con le loro Porte ed i Chiavistelli delle loro
Porte, (siano esse collocate nel mio Mondo Interiore o Esteriore) possano essere abbandonate in potere
del mio braccio! (...)

Oh voi, sette Giudici che portate sulle vostre spalle la Bilancia! Quando nella Grande Notte
del Giudizio l’Occhio divino, al vostro ordine, mozza le teste, recide le gole, svelle, spezza i cuori e mas-
sacra i Dannati nel Lago di Fuoco, in verità io vi conosco e conosco i vostri Nomi, e come io conosco i
vostri Nomi, voi mi conoscete... Ecco che io mi dirigo verso di voi, o dei, come voi vi dirigete verso me.
Voi vivete in me, come io vivo in voi! (...) Concedetemi il Verbo magico della vostra bocca (...) Concedete
l’alito di Vita alle mie narici! Possano i miei occhi vedere nitidamente e distinguere (...)

Salve, o Signori dell’Armonia dei Mondi! Voi che, esenti dai Mali e dai Peccati, dimorate nel-
l’Eternità e nell’infinita Durata! Ecco che io inizio il cammino sulla via che mi condurrà a voi divenuto
Spirito santificato. Io percorro tutte le Forme del Divenire. Il mio magico Verbo mi dona la Potenza. Io
sono stato giudicato e santificato. Liberatemi dunque dai demoni dalla testa di coccodrillo che si celano
in queste Regioni e frequentano la Contrada della Verità e della Giustizia! Concedete alla mia bocca le
Parole della Potenza! (...) Possa, a mia volontà, compiere tutte le Metamorfosi, scendere e risalire, nella
mia Barca, i canali di Sekht-Janru!

Salve, dio grande, Signore della Verità-Giustizia, Dio possente! Eccomi giunto a te dinanzi! La-
sciami dunque contemplare la tua radiosa bellezza! Io conosco il tuo magico Nome e quello delle qua-
rantadue divinità che, nella vasta Sala della Verità-Giustizia, ti circondano (...) Io non ho inferto
sofferenze agli uomini. Io non ho usato violenza ai miei consanguinei. Io non ho sostituito l’Ingiustizia
alla Giustizia. Io non ho frequentato i malvagi. Io non ho commesso dei crimini. Io non ho imposto, per
mio vantaggio, eccessivo lavoro. Io non ho intrigato per soddisfare una smodata ambizione. Io non ho
maltrattato i miei servi. Io non ho bestemmiato il Nome degli dei. Io non ho privato l’indigente della
sua sostanza. Io non ho commesso atti esecrati dagli dei. Io non ho permesso che un servo fosse mal-
trattato da un suo superiore. Io non ho fatto soffrire il mio prossimo. Io non ho provocato delle carestie.
Io non sono stato cagione di pianto per gli uomini, che sono miei simili. Io non ho ucciso nè provocato
omicidi. Io non ho provocato delle malattie fra gli uomini. Io non ho manomesso le offerte dei templi.
Io non ho rubato i pani degli dei. Io non ho manomesse le offerte destinate agli Spiriti santificati. Io
non ho mai commesso azioni riprovevoli, nelle cinte consacrate dei templi. Io non ho arbitrariamente
diminuite le razioni delle offerte. Io non ho tentato di accrescere, mediante mezzi illeciti, i miei beni ter-
reni nè ho usurpato campi che non mi appartenevano. Io non ho falsato i pesi della bilancia, nè spostato
il suo ago. Io non ho tolto il latte dalle labbra al fanciullo. Io non mi sono mai impadronito del bestiame
altrui, mentre pascolava nelle praterie. Io non ho mai teso le reti a volatili destinati agli dei. Io non
mai pescato dei pesci con cadaveri di altri pesci. Io non ho mai ostruito le acque correnti ed i canali,
quando era necessario il loro regolare flusso. Io non ho mai aperto le dighe poste alle acque correnti. Io
non ho mai estinta la fiamma del Fuoco, quando era necessario che ardesse. Io non ho violato le regole
poste sulle offerte della carne. Io non mi sono mai impossessato del bestiame appartenente al tempio
degli dei. Io non ho mai frapposto ostacoli al manifestarsi di un dio.
Io sono puro!
Io sono puro!

Io sono puro! (...) n


Io sono puro!

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La “Falsa Porta” è un elemento architettonico in pietra o legno raffigurante una simbolica
porta che con la sua magica funzione consentiva al Ka del defunto di transitare, attraverso la via del-
l'Aldilà, dal regno dei morti a quello dei vivi e viceversa.
Se le offerte indispensabili alla vita del defunto non venivano effettuate, questi poteva utilizzare
la lista degli alimenti incisa sulla porta insieme alle varie formule. La disposizione di queste ultime era
sempre la stessa: nella parte superiore vi erano il nome e i titoli del defunto, a destra sullo stipite la for-
mula dell'offerta ad Osiride, a sinistra la formula dell'offerta ad Anubi e sulle lastre laterali del finto
varco vi erano immagini del defunto con la sua famiglia.
Tra le lastre laterali e sotto l'architrave era rappresentata una stuoia arrotolata, che in origine
era posta fuori della mastaba e sulla quale venivano poste le offerte.

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