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C. M. TORRE
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A
2
ricevere una somma in denaro periodicamente da chi eserciterà l’uso del bene. Tale somma
corrisponde ad una rendita lorda periodica.
- beni pubblici, collettivi e beni comuni. Un bene pubblico è di proprietà di un insieme di
soggetti, che hanno tutti contemporaneamente diritti su di esso, ma non possono trasmetterli
secondo la loro volontà. Non vale il principio di esclusività.
La costa ad esempio è un bene demaniale, utilizzabile da una parte della collettività (i
bagnanti, i pescatori, ecc) secondo regole imposte dalla legge. Un bene comune, un
“common”, è un bene di uso della collettività la cui proprietà non è attribuibile in maniera
certa.
I beni economici possono quindi essere classificati in beni materiali e immateriali. Il diritto di uso
non è attribuibile sono a categorie di oggetti materiali, ma anche a prodotti immateriali, quali
progetti, opere d’arte musica (opere letterarie, musicali), programmi informatici, brevetti ecc. L’uso
di tali beni può comportare un guadagno per chi li ha realizzati e li ha diffusi, quindi l’economia si
occupa anche di essi.
Una classificazione ulteriore riguarda i beni materiali, in funzione della loro modalità d’uso:
- Beni diretti
- Beni strumentali
- Beni diretti (o di consumo). Soddisfano un bisogno diretto, esplicabile attraverso la loro
acquisizione (cibo, abbigliamento, alloggi, etc)
- Beni strumentali (o capitali). Sono strumentali alla produzione di beni diretti (ad esempio, i
materiali da costruzione)
Il loro uso si può esplicare una sola volta (come per il cibo) o più volte (come per un capo
d’abbigliamento), e quindi i beni possono essere di uso singolo o di uso ripetuto.
I beni materiali di uso ripetuto possono subire una obsolescenza, perché lo sviluppo tecnologico può
condurre alla produzione di nuovi beni che svolgno la stessa funzione di quelli già esistenti, ma con
modalità migliori, o possono degradarsi in funzione della ripetibilità del loro uso, subendo un
deprezzamento. Essi avranno un ciclo di vita utile in funzione del numero di cicli di uso che possno
sopportare.
Una ulteriore caratteristica dei beni materiali è in funzione della loro possibilità di essere spostati:
- Beni mobili, possno essere spostati
- Beni immobili, non possono essere spostati
I beni che interessano prevalentemente l’estimo sono ovviamente gli edifici, i beni architettonici,
industriali, i terreni e i fondi agricoli.
In funzione della “somiglianza” due beni possono essere uno rispetto all’altro:
- Identici, se tutte le loro caratteristiche sono uguali
- Simili, se i due beni differiscono per una sola caratteristica
- Dissimili, se i due beni hanno una solo caratteristica uguale e tutte le altre differenti.
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Ad esempio, a proposito della distinzione tra beni diretti e strumentali, alcuni beni possno essere
strumentali o diretti perché possno svolgere una funzione diretta o una strumentale. Una pietra può
essere usata come fermacarte o può essere usata insieme ad altre per costruire una parete “a sacco”.
La similarità di due beni invece dipende dal significato che viene attribuito alla “caratteristica”.
Estremizzando il concetto potremmo dire che non esistono beni identici o simili, se consideriamo
anche caratteristiche microscopiche.
E’ quindi ovvio che ci riferiamo ad una categoria di caratteristiche che possno diversificare da un
punto di vista economico due beni. Possiamo dire in maniera non molto rigorosa che si considerano
le caratteristiche come quegli elementi che possono fare emergere in un individuo differenze di
scelta tra un bene ed un altro.
La distinzione tra beni pubblici e privati dipende dalle leggi che regolano l’uso. Un edificio storico
adibito a museo può essere considerato un bene privato, se è di proprietà di un individuo, ma può
essere considerato pubblico per il suo valore culturale, che magari induce la collettività a utilizzare
fondi pubblici per supportare il proprietario nella sua conservazione.
L’utilità è la misura del rapporto tra un bene ed un soggetto che ha per obiettivo la massimizzazione
del utilità erogabile dal bene stesso attraverso il suo uso o il suo possesso (Jewons).
In funzione dell’utilità che gli individui attribuiscono ai beni, essi sono stati indotti ad acquisirne
l’uso o il possesso attraverso inizialmente attraverso scambi con altri beni (il baratto), e dopo
l’istituzione della moneta, attraverso compravendite, affitti, noleggi ecc., manifestando la volontà di
cedere risorse monetarie aquivalenti alla misura di tale utilità
Considerando le principali azioni che gli individui compiono per acquisire il possesso o l’uso di un
bene esistono l’economia ha considerato due principali categorie di valori legate:
al costo di produzione di un bene
al prezzo che esso ha in un mercato.
Il valore d’uso di un bene è quindi funzione nell’economia classica dell’Utilità che esso esplica.
V = f (u)
L’utilità di bene secondo gli economisti classici deve essere almeno pari al costo della produzione
di quel bene, secondo gli economisti neoclassici deve essere almeno pari al prezzo erogato per
acquisire l’uso o il possesso del bene.
U = f (c) e U=f(p)
Infatti razionalmente l’utilità di un bene deve almeno corrispondere alle risorse spese per produrlo,
e/o alle risorse scambiate per ottenerne l’uso o il possesso.
Questa seconda affermazione porterebbe al paradosso che beni prodotti con lo stesso costo
dovrebbero avere tutti lo stesso prezzo. Così non è.
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Se lo scopo economico perseguito è quello dell’acquisizione di una utilità attraverso l’acquisto di un
bene, l’aspetto economico che definisce il comportamento è il valore di mercato. Ciascun individuo
riconosce ad un bene un valore d’uso corrispondente al corrispettivo che è disponibile a pagere per
acquisire il diritto d’uso. Ciò significa in maniera estremamente riduttiva, come si vedrà in seguito,
che l’economia è mossa fondamentalmente dai bisogni individuali che si ricompongono in un
mercato. Vanno quindi analizzati i comportamenti dei produttori e dei consumatori nel mercato.
Utilità
relativa
Utilità
relativa
Bisogni secondari
Bisogni primari
Piramide di Maslow
- utilità marginale: l’individuo può avere già una certa quantità di un bene x e quindi sentirà una
minore esigenza ad aumentare la quantità di quel bene in suo possesso.
L’utilità generata per un individuo dal possesso o dall’uso di beni incrementa all’aumentare dei beni
usati o posseduti dall’individuo stesso, e cambia da individuo a individuo. Per ogni individuo, però
l’incremento di utilità generato all’aumentare della quantità del bene di cui si dispone va
decrescendo man mano che il numero di beni aumenta, per il principio di sazietà.
L’Utilità totale U aumenta sempre più lentamente, mentre l’Utilità marginale Um: Utilità fornita
dall’ultima porzione di bene acquisito, (corrispondente alla derivata di U rispetto alla quantità X)
diminuisce.
Um = dU/dX
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U Utilità totale
L’ultimo principio tratta la generazione di utilità ottenuta dalla combinazione di beni: secondo il
concetto di indifferenza: sono indifferenti tutte le combinazioni di quantità di beni che inducono la
stessa utilità per un individuo. Sulla curva del grafico la somma delle quantità di A e B fornisce
sempre la stessa utilità
U(A1+B1)=U(A2+B2)
A 1 C u rv a
A 2 d i in d iffe re n z a
B 1 B 2
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Rapporto tra produzione e curva di offerta. Formazione dei prezzi
L’offerta di un bene dipende dalla convenienza a produrlo in una data quantità. Questa conveneinza
dipende, tra l’altro, dalle caratteristiche dei fattori della produzione del bene.
Sono fattori della produzione le imprese, la tecnologia, la manodopera e i beni strumentali(materie
prime)
Ogni produzione ha dei costi che possono essere fissi, cioè indipendenti dalla quantità di prodotto, e
variabili, cioè dipendenti dalla quantità di prodotto. A seconda delle caratteristiche del ciclo
produttivo, ci sono intervalli di produzione delle quantità di beni all’interno dei quali è conveniente
la produzione stessa.
P(x) = f(CtX)
CT = Cf + Cv
Ct(x)
Cv(x)
Cf(x)
Q(x)
Ogni produzione ha dei costi fissi, CF, cioè indipendenti dalla quantità di prodotto, e variabili, CV,
cioè dipendenti dalla quantità di prodotto.
A seconda delle caratteristiche del ciclo produttivo, ci sono intervalli di produzione delle quantità di
beni all’interno dei quali è conveniente la produzione stessa.
Si definiscono:
Costo totale CT: Costo di tutte le unità prodotte
Costo medio CM= CT/X rapporto tra costo totale e unità prodotte
Costo marginale Cm = C’= dC/dx costo dell’ultima unità prodotta
La determinazione grafica del Costo medio per ciascun punto della curva di costo totale si ottiene
tracciando la congiungente tra origine e punto stesso, mentre la determinazione grafica del Costo
marginale per ciascun punto della curva di costo totale si ottiene tracciando la tangente alla curva
nel punto stesso.
Le leggi di variazione degli angoli formati dall’orizzontale con le due rette (congiungente e
tangente) individueranno le leggi di variazione di costo medio e costo marginale.
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Per cambiare la produzione bisogna cambiarne
almeno uno dei fattori: la tecnologia, la manodopera.
Nelle curve ingegneristiche di costo cambia un
fattore di produzione alla volta, di natura processuale.
Cambia cioè l’organizzazione del lavoro, ma non CT
l’impianto.
La curva di costo totale è un insieme di tratti lineari.
C’è flessibilità d’uso dell’impianto
La curva di costo medio è “a piatto”. L’inizio del
tratto orizzontale coincide con il regime ottimale.
Il limite destro del tratto orizzontale della curva di
costo medio coincide con il massimo utilizzo a regime CM
del processo produttivo; quando il costo medio
ricomincia a salire, significa che non si è adeguato
l’impianto, ma si sta sovrautilizzando, ad esempio con
straordinari.
La curva di costo marginale è “a gradini” ogni gradino
coincide con un cambio di pendenza
Cm
Nel lungo periodo le curve tendono a diventare a L. Se invece di variare un fattore ne variano
numerosi, allora la curva dei costi marginali tende a non essere più a gradini, ma a diventare
continua
CM
CT
Cm
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23/01/2005 Lezione 1. Corso B di Estimo Ing. 34
Il mercato
I comportamenti dei consumatori generano la domanda di un bene nel mercato. Il mercato è il luogo
dove i beni prodotti vengono offerti ad un prezzo P.
La curva di domanda è la sintesi dei comportamenti di tutti gli individui che identificano una utilità
in un bene attraverso la domanda del bene stesso.
La formazione del prezzo avviene all’incrocio tra la curva di domanda D(x) e la curva di offerta
O(x). La curva di domanda rappresenta la variazione del valore del bene x in funzione della sua
richiesta sul mercato. Allo stesso modo la curva di offerta rappresenta la disponibilità del bene x sul
mercato. A maggiore quantità richiesta il valore del bene offerto aumenta; L’incremento dell’offerta
però permette ai produttori di ripartire il profitto su più beni prodotti, riducendo il prezzo di
ciascuno, e il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare diminuisce all’aumentare della
disponibilità di x.
Cosa è l’equilibrio di un mercato?
Legge di Jewons: “Nel mercato uno scambio crea necessariamente un vantaggio per entrambi i
soggetti che lo attuano…..” In conseguenza di ciò “Beni identici hanno identico prezzo in tutti i
luoghi di uno stesso mercato (1870).”
Il punto P, dove si incontrano curva di domanda e di offerta è il punto di equilibrio di mercato.Il
fatto che vi siano più consumatori ad esprimere la domanda per uno stesso bene quindi induce ad
un’abbassamento del punto di incrocio tra domanda e offerta.
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P(x)
D(x) O(x)
Q(x)
Il “risparmio” rappresentato dal fatto che all’aumentare della domanda si acquista ad un prezzo più
basso viene definito surplus (il triangolo grigio nella figura che rappresenta curva di domanda e
prezzo di compravendita)
P(x)
D(x)
Surplus
Q(x)
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competizioni interne agli organi direttivi dei soggetti produttori (le grandi società) che da questioni
di equilibrio di mercato.
Morgenstein verificava nella realtà la fallibilità della intepretazione delle dinamiche dei mercto reali
attraverso la teoria dell’equilibrio.
F ' ( X ) + ∂P / P∂T = S
con P(t)= Po(1+t)s
Il prezzo di consumo di una risorsa al tempo t è pari al prezzo attuale moltiplicato per un fattore di
accumulazione. Il saggio s è pari alla somma del tasso di crescita e del tasso di rigenerazione della
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risorsa. Un bosco, ad esempio, è una risorsa rinnovabile nella misura in cui la sua distruzione può
essere compensata dalla nascita di nuovi alberi.
Se una risorsa non è rinnovabile non esiste tasso di crescita, ma solo di rigenerazione. Un deposito
di gas naturale, contrariamente al bosco non cresce stagionalmente, si può solo ricreare in tempi
geologici.
Il benessere espresso solo in termini di occupazione che produce reddito e permette il
soddisfacimento di bisogni materiali diviene la causa principale di consumi eccessivi di suoli,
degrado sociale, distruzione di confini naturali e storici, inquinamento paesistico-ambientale, spreco
di risorse naturali, rottura dei cicli e morte di ecosistemi.
Pearce(1989) critica l’equivalenza risorse – beni a partire da alcune considerazioni:
a) Molte risorse non hanno sostituti
b) La natura è caratterizzata da irreversibilità dei processi (una specie che si estingue non può
essere rigenerata)
Da questi limiti fondamentali derivano i limiti dello sviluppo economico così come interpretato
dall’economia neoclassica:
L’imperfezione dei meccanismi autoregolatori.
L’inganno causato dall’ottimismo tecnologico.
Il benessere derivato dalla produzione di un bene crea vantaggi per il produttore che riceve un
profitto e per il consumatore che acquisisce un vantaggio dall’acquisizione del bene.
L’inquinamento è invece distribuito in maniera indistinta.
Barry Commoner (1973) considera anche la possibilità di un adeguamento della tecnologia a nuovi
modelli di sviluppo.
Secondo Commoner esiste la “capacità di sopportazione” (CS) degli ecosistemi funzione del carico
demografico e del modello economico dominante si esprime oltre che attraverso la quantità di merci
prodotte (A) anche attraverso gli stili di vita indotti e l’adeguamento tecnologico (T):
I = P x A x T ≤ CS
I è un indicatore dell’inquinamento;
P rappresenta la dimensione della popolazione;
A rappresenta la quantità di merci e servizi per individui;
T è un fattore dipendente dallo sviluppo della tecnologia e dal suo (buono o cattivo) uso, che
determina l’inquinamento associato all’unità di merce o servizio prodotto.
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I fattori che rappresentano i processi di produzione da considerare non sono quindi:
Input: natura, lavoro, tecnologie => output: beni economici
Ma più precisamente:
Input: natura, lavoro, tecnologie => output: beni economici, rifutie inquinamento
La teoria dello stato stazionario è definibile come condizione di “sviluppo senza crescita”,inteso
come miglioramento qualitativo e non quantitativo delle condizioni di vita, senza andare oltre la
capacità dell’ambiente di rigenerare materia prima e di assorbire rifiuti (Daly e Cobb; 1991).
L’utilizzazione delle risorse combustibili fossili (petrolio e carbone), per le quali vale solo
parzialmente la legge di Hotelling può ad esempio ritenersi sostenibile nella misura in cui parte dei
profitti possa essere investita in fonti di produzione di energie alternative, in grado di sostituire il
combustibile una volta che lo stesso si sia esaurito.
La sostenibilità consiste dunque nel rispetto dei seguenti limiti:
- per una risorsa rinnovabile (suolo, acqua, foresta, pesce) il tasso sostenibile di impiego non può
essere maggiore del tasso di rigenerazione;
- per una risorsa non rinnovabile (combustibile fossile, giacimenti minerari) il tasso sostenibile di
impiego non può essere maggiore di quello al quale è possibile rimpiazzarla con una risorsa
rinnovabile, utilizzata in modo sostenibile;
- per un inquinante, il tasso sostenibile di emissione non può essere maggiore di quello al quale
l’agente stesso può essere riciclato, assorbito o reso inoffensivo dall’ambiente.
Il consumo delle risorse deve essere sostenibile, attuato secondo il ripsetto di un equilibrio
dinamico. Daly cita l’esempio della pesca: essa è sostenibile fino a quando consente la riproduzione
del pescato. Il modello preda predatore rappresentato dai pesci e dai pescatori rappresenterà in
questo caso una situazione di equilibrio dinamico.
Popolazione preda
Popolazione predatore
Soglia di estinzione
Tempo
Modello preda-
predatore (la popolazione dei pesci e qualla dei pescatori hanno fasi demografiche alterne e
simmetriche)
I costi della riduzione dell’inquinamento, che aumentano all’aumentare della produzione, salvo
regolamentazioni, sono della comunità. Ciò rappresenta una esternalità negativa, cioè un costo che
si manifesta all’esterno del mercato nell’ambito del quale è collocato il ciclo produttivo che lo
genera.
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Benefici e costi
Tale ragionamento però non può applicarsi a beni che oltre ad essere non sostituibili
quantitativamente, lo sono anche qualitativamente, come monumenti naturali e storici, insediamenti
storici, paesaggi ecc; essi non sono semplicemente non rinnovabili, ma unici, per i loro valori
sociali naturali o culturali
Limitatezza della dimensione monetaria per i beni pubblici e ambientali – Valori di Uso e di
non Uso
Le considerazioni precedenti conducono ad ipotizzare la limitatezza della dimensione economica
applicata semplicemente alla produzione e al mercato per categorizzare i valori riferibili a beni
pubblici o culturali o ambientali.
Bisogna considerare un valore che derivi dall’utilità sociale espressa anche come utilità per
l’ecosistema o per l’arricchimento culturale che beni pubblici, o beni privati ma interesse pubblico,
o di uso pubblico, esplicano.
Questa utilità può giustificarsi attraverso l’uso di un bene pubblico o anche attraverso l’azione di
conservazione della sua semplice esistenza.
Ad esempio, la costa, intesa come luogo di ricreazione, esplica una utilità derivante dall’uso (per cui
possiamo parlare di valore d’uso sociale) ma è anche una risorsa ambientale la cui esistenza, anche
senza un uso diretto è necessaria alla nostra vita. La funzione ecologica che svolge, è garanzia di
futura esistenza di un ecosistema compatibile con la vita umana (valore economico totale), e non
solo (valore sociale complesso). Per i beni pubblici si parla quindi di
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- Valore d’uso Sociale (Forte, 1977, Fusco Girard, 1987, Grillenzoni e Grittani, 1990)
- Valore Economico Totale (Pearce e Barbier, 1990)
- Valore Sociale Complesso (Fusco Girard, 1987)
Da un punto di vista privatistico, il proprietario di una foresta possiede un bene che può essere
utilizzato come fonte di produzione di legno. Se la legge di Hotelling è rispettata, e il suo tasso di
crescita è superiore al consumo di risorse dovuto al lignaggio, la foresta garantirà attraverso la sua
capacità di crescere la fornitura di un bene (il legname) che può essere collocato in un mercato.
Questa è la dimensione del valore d’uso diretto, per scopi privatistici (il profitto derivante dal
legno) della foresta.
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Il valore d’uso sociale è corrispondente alla somma dei valori di uso pubblico di un bene, misura
del servizio che esso rende alla comunità. E’ quindi legato al valore della fruizione collettiva del
bene stesso.
Nel caso della foresta può essere rappresentato dal suo uso per scopi ricreativi. Tale uso è diretto, e
presuppone un costo di conservazione sopportato dalla collettività, che diventa la misura del valore
d’uso sociale.
Il valore economico totale, caratteristico soprattutto dei beni ambientali, è pari alla somma dei
valori d’uso e di non uso di un bene pubblico. La foresta potrebbe essere conservata ad esempio per
garantire anche a utenti di generazioni future la stessa capacità di utilizzo delle generazioni attuali.
Questo valore d’uso posticipato viene definito valore di lascito. Ad esso si aggiunge il valore di
opzione, che ivce è riferito a coloro che vorrebbero preservare la possibilità di accesso alla foresta,
anche se non ne beneficieranno.
Gli approcci dell’economia non riescono a “catturare” tutto il valore di alcuni beni pubblici. Infatti,
dovendo questi valori nell’economia classica essere ricondotti ad una misura monetaria (il prezzo o
il costo), con gli approcci tradizionali un aspetto qualitativo (ad esempio in un bene monumentale),
a volte anche rilevante, del bene da stimare, non riesce ad essere determinata.
Esistono opportuni approcci per la determinazione di questi aspetti qualitativi, che concorrono a
determinare il valore sociale complesso di un bene pubblico.
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Valore sociale complesso di una foresta
Secondo Fusco Girard (1987), esistono dei valori intrinseci, non misurabili attraverso azioni che
hanno effetti economici rappresentabili in una dimensione monetaria, i quali, associati al valore
economico totale condizionano scelte ecomportamenti, manifestando il loro valore sociale
complesso.
Ad esempio, la presenza della foresta potrà condizionare la scelta di localizzazione di insediamenti,
potrà rappresentare un simbolo identitario che o scoiale, potrà essere un riferimento per la
costruzione del territorio insediato nell’ambito in cui si trova.
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Questa affermazione è introduttoria del principio di comparazione della stima che ci permette di
stimare il valore di un bene utilizzando lo strumento della comparazione con altri episodi nel
quale al bene attraverso un prezzo è stato attribuito un valore d’uso.
Indubbiamente obbiettivo dell’estimo è quello di fornire un quadro metodologico alla produzione di
giudizi di stima di alcuni aspetti di un bene, legati al suo uso, alle sue caratteristiche, alla sua
scarsità, ai bisogni che soddisfa ecc.
Secondo Grillenzoni e Grittani (1990) l’ “Estimo insegna una metodologia atta a determinare
giudizi di valore relativi a beni singoli e collettivi”.
Secondo Carlo Forte (1975) l’Estimo è un “momento positivo” dell’economia. Esso è cioè una fase
attiva, operativa dell’economia, nella quale vengono prodotte stime di valori dipendenti dagli
aspetti economici ceh caratterizzano i beni.
Storicamente Serpieri, autore del primo trattato di estimo moderno (1917) affermava che l’Estimo è
la “ricerca di una misura”, e si occupa della valutazione dei beni economici materiali, dei redditi che
da essa possono trarsi e di alcuni diritti che riguardano gli stessi beni.
La stima deve tenere generalmente conto della non esistenza di unanimità di tutti i soggetti
interessati ad un bene nell’attribuire ad esso un valore. Ciascun soggetto attribuisce valori diversi ad
un bene perché ha rispetto ad esso obiettivi diversi.
L’estimo quindi opera generalmente in un contesto di giudizi conflittuali, rispettando i seguenti
principi:
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Oggettività del giudizio di stima. Una stima deve essere oggettiva il più possibile, riferita
all’attualità, non influenzata dall’opinione di chi la effettua.
Conseguentemente una stima viene effettuata in condizioni di ordinarietà.
Il riferimento per determinare il valore d’uso di un bene è dato dai prezzi (che sono dati storici,
cioè dati riferiti ad eventi già avvenuti) di compravendita di beni simili.
La stima è una previsione. Facendo riferimento a dati storici, cioè a dati rilevati nel passato,
costruisce una ipotesi su un valore da determinare. Il suo carattere è limitato nel tempo e nello
spazio. La stima cioè è immanente
Dipendenza della stima dallo scopo. Individuato lo scopo di una stima, si determinerà la corretta
procedura di determinazione del valore che stiamo ricercando. La procedura cambia solo se lo
scopo cambia.
Unicità del metodo di stima. Esistono numerose procedure di stima, ma si basano tutte
sull’effettuazione di confronti. Si potrebbe quindi affermare che tutte le procedure di stima
applicano una sola metodologia, che è quella del confronto. Si possono confrontare facilmente solo
beni simili.
Teoria dell’ordinarietà
Le stime per comparazione, o dirette, si effettuano in condizioni di ordinarietà. Come definire una
condizione ordinaria? Osservando la realtà.
Ad esempio, in relazione ad un bene la distribuzione dei prezzi in un mercato segue una certa
distribuzione di frequenza.
Infatti, in regime di mercato perfetto, e di perfetta razionalità del consumatore, un bene dovrebbe
avere una solo prezzo in un mercato, e quindi il valore di frequenza sarebbe pari al 100% per quel
prezzo e pari a 0 per glia altri possibili prezzi.
Si può ipotizzare che i prezzi di compravendita di un bene si distribuiscano invece più o meno
simmetricamente intorno ad un valore intermedio Pm.
La distribuzione intorno al valore Pm si assimila ad una distribuzione di tipo gaussiano.
Caratteristica di questa distribuzione è la coincidenza del valore più frequente (moda) con la media
aritmetica e pesata (mediana)
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f Pm
m
P
Questa assunzione rappresenta l’estensione alla realtà dei modelli economici derivanti dalla teoria
dell’utilità, e ci consentono di effettuare alcuni ragionamenti sul significato della comparazione.
L’applicazione imperfetta del principio di indifferenza di Jewons , si traduce nell’assunto che tutti i
prezzi di immobili simili, allocati in una stessa area e compravenduti nello stesso periodo, debbano
pscillare in un intervallo limitato rappresentato dalla distribuzione Gaussiana.
Per poter effettuare una stima, si potrebbe effettuare una comparazione monoparametrica. In una
relazione monoparametrica la legge che lega il parametro dimensionale al prezzo di un immobile è
del tipo:
P= f (x)
Basterebbe cioè avere un solo prezzo di riferimento Pj relativo ad un immobile J, che varia rispetto
a quello da stimare (il cui prezzo incognito è P), di un solo parametro (ad es. la superficie Sj), e
applicare la proporzione, nota la superficie S dell’immobile da stimare:
P: S = Pj: Sj P = Pj x S/Sj
In realtà la distribuzione dei prezzi è molto più ampia di quella teorica, perché nel mercato non tutti
assumono l’atteggiamento razionale descritto teoricamente, le informazioni sono distorte e non
disponibili, le compravendite sono differite nel tempo, etc.
Per poter applicare il principio di comparazione correttamente sarà quindi necessario avere un
campione significativo di dati
P = (Σ i=1….n Pi / Σ i=1….n Si ) x S = Ps x S
Maggiore è il numero di dati a nostra disposizione, maggiore sarà l’affidabilità della stima. Ps
rappresenta il coefficiente che esprime il prezzo unitario medio (in questo caso riferito all’unità di
superficie) del campione utilizzato.
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Determinare l’affidabilità statistica di una stima così eseguita equivale a costruire un ipotesi su
quanto il campione stimato sia rappresentativo della realtà, e quindi quanto sia rappresentativo
dell’insieme di tutte le compravendite effettuate a quel prezzo unitario in un dato mercato in un dato
periodo. Esistono alcuni indicatori di questa affidabilità.
La comparazione pluriparametrica parte dal presupposto che la variazione del prezzo dipenda da
numerosi aspetti. Quando si applica rigorosamente il principio di comparazione a beni simili, si
pone il problema di dover confrontare beni che differiscono per un solo aspetto, e si fa variare il
solo parametro che definisce questo aspetto (ad esempio la superficie di un alloggio).
Una stima pluriparametrica fa dipendere il prezzo dalla variazione di più parametri. Si deve quindi
utilizzare una metodologia che possa evidenziare la relazione esistente tra i parametri e il prezzo:
P= f (x1,x2,x3…xn)
L’unica scelta ovvia è che è preferibile avere 1000 euro oggi invece che domani, ma la scelta di
avere 1000 euro oggi invece che 1200 euro domani risulta non scontata. Per la teoria della
razionalità scegliere 1200 euro domani invece che 1000 oggi significa attribuire maggiore
convenienza alla posticipazione del possesso di mille euro, se questa posticipazione è remunerata di
200 euro. Se le due scelte fossero indifferenti potremmo dire che:
1000 euro oggi = 1200 euro tra un anno
Posto r = 0,2 = (1200-1000) / 1000
R rappresenta il tasso di interesse, o saggio, èd è una misura della preferenza temporale che esprime
la differenza espressa come valore monetario della disponibilità a rinunciare ad avere una somma
in denaro oggi per averne di più domani.
Se il valore del denaro attuale è Vo = 1000 e il valore equivalente alla fine del primo anno è
V1=1200
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Vo = V1/ (1+r) = 1200/1,2 = 1000
r rappresenta quindi il prezzo di uso del denaro nel corso di un anno. Non utilizzare il denaro
significa quindi accumulare interesse.
Vo = V1/ (1+r) = 1200/1,2 = 1000 1000 euro oggi
1200 euro tra un anno
r = (1200/1000) -1=0,2
V1 = Vo x (1+r)
Vo = V1/ (1+r)
0 1 t
t
La somma maturata Mt si definisce montante al tempo t. Gli incrementi Vo tr e Vor rappresentano
l’interesse It maturato nel tempo t . La relazione esistente tra r e r’ è la seguente:
r =12 x r’
Il saggio di interesse è anche la misura dello svantaggio che si subisce nel non usufruire di una
risorsa oggi, ma in un tempo futuro (un beneficio diretto, un reddito), o del vantaggio che si ha nel
doversi privare di una risorsa (un costo) nel futuro invece che oggi.
Quindi dato un saggio di interesse r, espresso come frazione di 1, se il valore di una risorsa di cui
possiamo disporre è B, e questa risorsa è disponibile al tempo n (espresso come numero di anni), il
suo valore attuale B0 è dato da
B0 = B/(1+r)n
Analogamente dato un saggio di interesse r, se il valore (quantitativo) di una risorsa di cui
dobbiamo privarci è C, e questa risorsa verrà ceduta al tempo m (espresso come numero di anni), il
suo valore attuale C0 è dato da
M = V 0(1 + r )n
Fattore di posticipazione dall’anno 1 all’anno n: r prende il nome di saggio di interesse
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(1 + r )n = q n
Fattore di anticipazione dall’anno 1 all’anno n: r prende il nome di saggio di sconto
1 1
= n
(1 + r ) n
q
Accumulazione finale di rate periodiche:
Una rata periodica R è un effetto finanziario ripetuto periodicamente nel tempo. Se la rata è
posticipata viene erogata a partire dalla fine del primo periodo m.
Il valore finale è la somma delle attualizzazioni di tuttte le rate e prende il nome di accumulazione
finale.
Posto
q = 1+ r
n = numero di rate corrisposte
m = intervallo in anni tra due rate
Essendo R = R0 = R1 = R2 = .......... = Rn −1 = Rn
Se il periodo di ripetizione dell’erogazione della rate è annuale si ha m = 1
la formula di accumulazione all’anno n diventa:
n
Vn = An = R (1 + r ) + R (1 + r )
n n −1
+ R (1 + r ) n−2
+ .......... + R (1 + r ) n − ( n −1)
+ R = R ∑ (1 + r ) n −i
i =0
24
L’accumulazione iniziale e quella finale differiscono per il fattore di anticipazione 1/qnm. Quindi
nm
R q − 1 m
−
=
An q 1
V0 = A0 =
q nm q nm
E se la frequenza delle rate è annuale si ha:m=1:
qn −1 qn −1
R R
An q − 1 r (q n − 1)
V0 = A0 = = = =R
qn qn qn rq n
Le rate possono essere erogate a inizio periodo, già dall’istante 0. In questo caso sono anticipate, e
accumulano un interesse annuale in più nell’accumulazione finale, perché anche la rata erogata
all’anno n matura un interesse, cioè viene moltiplicata per 1+r
25
n (q n − 1)
Rq (q − 1) R
An q ( q − 1) r (q n − 1)
V0 = A0 = = = =R
qn qn q n−1 rq n−1
26
SST
TIIM
MEED
DEEL
LVVA
ALLO
ORRE
EDDII M
MEER
RCCA
ATTO
ODDII B
BEEN
NII IIM
MMMO
OBBIIL
LII
Valore di mercato
Il valore di mercato è l’aspetto economico di un bene che esprime la sua capacità di esplicare una
utilità diretta per qualcuno, e si determina in previsione di uno scambio espresso da una quantità di
moneta funzione della domanda e dell’offerta del bene in un mercato.
V
Stima comparativa diretta
del valore di mercato Vx di un alloggio.
Distribuzione gaussiana del rapporto Prezzo/unità di superficie
Si i=1…n Superfici di n Alloggi
Pi i=1…n prezzi di n Alloggi
Sx Superficie alloggio da stimare
27
Vx: Sx = ΣPi: ΣSi => Vx = Sx (ΣPi: ΣSi)
Pi/Si
(m€/m2) 2 1,9 2,1 2,1 1,82 1,78 1,83 2,05 2,01 1,98 2
Σpi/Σsi=1,95
28
V
c
A
B f1(p)
V= f(p)=c+f1(p)= c - axS
Immaginando che il parametro p sia la superficie, è plausibile che il prezzo a metro quadro di un
alloggio diminuisca all’aumentare della superficie. Questa legge non può valere in assoluto, perché
condurrebbe al paradosso che per superfici pari a 0 mq si ha il massimo valore di mercato, pari a c.
La linearizzazione vale solo per il tratto tra A e B, che ad esempio, può rappresentare il tratto nel
quale si identificano alloggi destinati a residenza principale di dimensioni ordinarie (60-120 mq).
Ipotizzare che la legge non si modifichi per valori superiori, significa comparare alloggi di categoria
superiore (oltre il tratto B), ad alloggi di categoria ordinaria, che è plausibile abbiano andamenti di
mercato differenti.
Tecniche di stima pluriparametrica per punti di merito, valori tipici e superfici ragguagliate
Esempio
29
Si stimi il valore di mercato di una palazzina avente mq 200 ad alloggio, mq 250 a studio, un box
auto di 50 mq, un giardino di 600 mq e un patio di 60 mq
TOTALE = 817500 €
La metodologia di stima per valori tipici presenta alcuni limiti, pur essendo di fatto molto utilizzata
nella pratica:
- per ciascuna delle variabili a,b, m, s, la distribuzione dei dati sarà diversa, e quindi
aggregare semplicemente i valori medi non permette di costruire una relazione di tipo
lineare avente caratteri di rigorosa ordinarietà;
- Si perdono i rapporti di complementarità, non si valuta cioè il possibile valore aggiunto
dovuto alla compresenza di più funzioni.
30
Esempi di punti di merito C aratteri am b ientali Età
5 anni 1,00
O ttim i 1 ,0 5
Tra 6 e 20 anni 0,90
B u o ni 1 ,0 0
Tra 20 e 50 anni 0,80
M ed io cri 0 ,9 5
Oltre 50 anni 0,70
S ca den ti 0 ,9 0
Esempio
Stimare il valore Vx di un alloggio di 100 mq sito in posizione centrale, in un fabbricato civile di 25
anni, in buone condizioni per quanto riguarda caratteri ambientali (zona ben servita), tecnologici, di
orientamento, ben conservato, avendo a disposizione i risultati di una stima del valore medio a mq
degli alloggi economici di un quartiere semiperiferico, di recente realizzazione, con pochi servizi,
ottimo orientamento, ottimi caratteri tecnologici, ben conservato
Alloggio Vx Ki Tipologia di riferimento ki
Zona centrale 1,40 Zona semiperiferica 1,20
Età 25 anni 0,80 Età 5 anni 1,00
Buoni car. ambientali 1,00 Medi car. ambientali 0,95
Buoni car. Tecnologici 0,90 ottimi car. Tecnologici 1,00
Buon orientamento 0,95 ottimo orientamento 0,95
Ben conservato 1,00 Ben conservato 1,00
Edilizia civile 1,25 Edilizia economica 1,05
31
Stima per superfici ragguagliate
Si utilizza quando è noto il prezzo unitario medio per mq di superficie commerciale e si distinguono
le superfici dell’immobile per differente destinazione d’uso. Dati:
Vunitario prezzo medio unitario della superficie commerciale
Si superficie con i-esima destinazione d’uso
Ki coefficiente di ragguaglio relativo all’i-esima destinazione d’uso
Coefficienti di ragguaglio:
Il valore di mercato Vx si determinerà come prodotto del valore medio di riferimento per la
superficie convenzionale dell’alloggio ottenuta come somma delle differenti tipologie di superfici
moltiplicate per opportuni coefficienti di omogeneizzazione:
n
Vx = Vunitario × Sconv = Vunitario × ∑ Ki Si
i =1
Tipologia di Destinazione d’uso Coeff. Sup convenzionale
superficie
Alloggio Interrato 0,7
Piano terra e piano primo 1
Pareti interne 1
Muri perimetrali 0,5
Cantine – Mansarde 0,25-0,33
Terrazze - Balconi 0,15-0,25
Servizi Patio 0,5
Esterni Verde 0,10
Autorimesse 0,4-0,7
Esempio
Stima del valore di un villino, le cui superfici sono destinate come descritto in tabella. Conoscendo
il prezzo medio unitario della superficie commerciale pari a 1250 € / mq nel mercato di riferimento.
32
Stima per valori tipici e punti di merito
E’ un insieme delle stime precedenti, nella quale si utilizzano coefficienti correttivi (come per i
punti di merito) e valori unitari di mercato differenti per tipologia di superficie.
Si applica quindi quando per le componenti caratteristiche dell’immobile si conosce la dimensione,
e il valore medio unitario, che va corretto con opportuni coefficienti
m n m n
Vx = ∑ ∏ KijVj = ∑ ∏ KijPjD j
J =1 i =1 J =1 i =1
Esempio
Stima di un villino di 100 mq + giardino + garage interrato, avendo a disposizione coefficienti di
merito e valori unitari
33
Stima dei valori tipici, dei punti di merito e dei coefficienti di ragguaglio attraverso la
Regressione Lineare
I valori tipici, i punti di merito, e i coefficienti di ragguaglio possono essere determinati come
coefficienti di parametri in una regressione lineare.
Nella regressione lineare si ipotizza che la funzione che lega le variabili x1,x2, …xn sia di tipo
lineare.
la regressione serve a stabilire i valori dei coefficienti della combinazione lineare: a1 a2 a3... an e b.
I parametri potrebbero essere superfici destinate a differenti funzioni, o superfici convenzionali, o
caratteristiche intrinseche ed estrinseche qualidi età, obsolescenza, degrado, localizzazione ecc.
Di fatto i coefficienti della combinazione lineare rappresenteranno quindi i valori tipici unitari delle
superfici, i coefficienti di ragguaglio delle superfici convenzionali, o i punti di merito delle
differenti caratteristiche.
S (mq)
34
Deve essere m > n +1 (se il numero di parametri n è 1: m > 2
P (€ /mq)
B(Pb,Xb)
A(Pa,Xa)
M(Pm, Xm)
S (mq)
La regressione per costruire la retta P = -ax + b utilizza il principio dei minimi quadrati. La retta
che simula meglio l’andamento lineare è quella che minimizza la somma delle distanze dei punti
rilevati dalla retta stessa, rispondendo alla condizione
∂ ∑i =1 xi i + y i
m 2 2
∑
m
d i = min ⇒ =0
i =1
∂x∂y
in entrambi i casi è possibile costruire una retta di regressione, ma nel secondo essa rappresenta
poco efficacemente la legge di variazione di y in funzione di x, perché i punti sono più lontani dalla
retta e non sono allineati.
Bisogna in questo caso valutare il coefficiente di determinazione R2. R2 varia tra 0 e 1.
Più R2 è vicino a 1, più la regressione è valida.
Per quanto riguarda il numero di osservazioni, quanto più m (numero di rilevamenti) è maggiore di
n+1 (numero di parametri più 1), tanto più la regressione è valida. Esiste un coefficiente F (di
Fisher) che lega la affidabilità della stima al rapporto tra numero di osservazioni m e numero di
parametri n.
Stima pluriparametrica
Nella regressione lineare, si ipotizza che la funzione che lega le variabili x1,x2, …xn che
contribuiscono a determinare il prezzo P dell’immobile da stimare sia di tipo lineare.
35
P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b
ai (i=1…n) rappresenta il prezzo unitario di P al variare del parametro xi (i=1…n), a parità di tutti
gli altri valori, e xi rappresenta l’unità di misura della i-sima caratteristica (adces. vani, mq, numero
di posti auto etc)
la regressione serve a stabilire i valori dei coefficienti della combinazione lineare: a1 a2 a3... an e il
termine noto b.
con l’uso di Excel si imposta come segue la operazione necessaria a determinare I coefficienti e il
termine noto dell’equazione:
36
P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b
37
P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b
La funzione Tendenza
X nuova è l’insieme dei restituisce direttamente il
valori delle variabili valore stimato secondo la
caratteristiche relative regressione lineare
all’immobile da stimare derivante dalle y e x note
38
Metodo indiretto o analitico
Si determina il Valore di mercato per capitalizzazione dei redditi. In questo caso il valore di
mercato corrisponderà alla accumulazione a oggi di tante somme conferite anno per anno al fine di
poter esercitare il diritto d’uso del bene.
Se gli anni d’uso sono riferiti ad un periodo limitato (di n anni) la formula coincide con
l’accumulazione iniziale di rendite che determin un valore V:
R (q n − 1)
V = .
rq n
Ma il valore di mercato presuppone possesso, quindi uso per un numero infinito di anni. La
formula di accumulazione precedente, se riferita ad un periodo illimitato (n = infinito) diventa
lim R (q n − 1) R
V = ⇒ V =
n → ∞ rq n r
L’eventuale presenza di valori in entrata o in uscita, non ripetuti annualmente si cumula nelle
aggiunte A e nelle detrazioni D:
R
V= + A− D
r
R rendita annua
r= q-1 saggio di interesse
A aggiunte
D detrazioni
Aggiunte e detrazioni
Aggiunte A (o poste attive)
Dotazioni particolari di accessori, redditi transitori pregio di alcuni elementi, servitù attive
Secondo Forte-De Rossi (1977) il saggio oscilla intorno al 4%, con un range compreso tra il 2% e il
6%.
39
Il saggio assume differenti significati.
E’ un premio al rischio, se si considera l’aspetto dell’impiego di risorse monetarie per generare
redditi futuri, quindi incerti.
E’ il prezzo d’uso del denaro, se si considera l’aspetto della retribuzione per chi presta denaro, per
un periodo di tempo privandosi dell’uso di esso, da parte di chi riceve denaro, e ha la possibilità di
generare redditi con esso.
E’ la misura della capacità del mercato di generare redditi, attraverso l’uso di denaro, se si
considera la capitalizzazione, come potenziale espresso dall’impiego di risorse monetarie.
n
∑ Ri
r = i =1
n
∑ Pi
i =1
Esempio: Fattore Discendente del saggio per Condizioni di mercato: i fitti sono variati più
lentamente dei prezzi di vendita. In queste condizioni il saggio diminuisce all’aumento dei prezzi
con fitti costanti, come nell’esempio in tabella, per un alloggio di 100 mq, con fitto mensile netto di
512 euro, e con variazione del valore di mercato dal 2000 al 2004:
A nno R e n d ita P re z z o € S a g g io
annua € r= R /P
2004 6192 150000 2 ,1 %
40
IIL
LCCO
OSST
TOOD
DII PPR
ROOD
DUUZ
ZIIO
ONNE
E
Il valore di costo è il valore d’insieme delle risorse utilizzate per la produzione di un bene.
In via diretta può essere determinato stimando per confronto con il valore della produzione di beni
simili a quello da stimare, realizzati nello stesso mercato.
In via analitica può essere determinato a partire dalla somma del valore d’uso di tutti gli elementi
che hanno concorso alla produzione del beneda stimare.
Determinazione
metodo diretto (sintetico): parametrico,
metodo indiretto (analitico): computo metrico
Metodo misto (semianalitico): elementi funzionali
Il metodo diretto (a “scatola chiusa”: black box approach) si basa sulla ricerca di riferimenti per la
determinazione di valori unitari di costo (riferiti ad elementi funzionali dell’edificio, o all’edificio
stesso).
41
n, g, P = eventuali variabili esterne: economie di scala, organizzazione cantieristica, progresso
tecnologico.
Si osservi che rispetto a questa formulazione, aspetti generalmente stabili nel mercato delle nuove
costruzioni diventano molto più variabili nella riabilitazione e nella riqualificazione architettonica e
urbana. In particolare le variabili A (caratteristiche morfologico-ambientali), n (economie di scala),
g (cantieristica) e p (tecnologia) sono caratterizzate da maggiore variabilità in interventi di restauro
e recupero rispetto a interventi di nuova progettazione.
Vale il medesimo approccio utilizzato per il valore di mercato: Per la stima monoparametrica:
Alcune indicazioni per l’applicazione di metodi pluriparametrici per la stima sintetica dei costi
Il costo unitario per piano( e per superifcie) diminuisce all’aumentare del numero di piani (perché
incidono meno fondazioni e copertura)
Il costo unitario a mq diminuisce all’aumentare della superficie abitabile
All’aumentare della superficie abitabile diminuisce l’incidenza degli impianti sul costo a mq
Le strutture orizzontali incidono più delle verticali sul costo di costruzione
ai (i=1…n) rappresenta il prezzo unitario di C al variare del parametro xi (i=1…n), a parità di tutti
gli altri valori, e xi rappresenta l’unità di misura della i-sima caratteristica
la regressione serve a stabilire i valori dei coefficienti della combinazione lineare: a1 a2 a3... an e il
termine noto b.
Tra i metodi di regressione nella stima dei costi è noto il metodo ARC (Appreciacion rapide du
coste), nel quale i parametri sono soprattutto di natura geometrica:
- numero di piani,
42
- rapporto tra superficie e sviluppo verticale delle pareti,
- rapporto tra perimetro e superfici verticali, ecc.
L’ARC si applica soprattutto nelle stime relative al costo delle nuove costruzioni, mentre per il
recupero è stato in passato frequentemente utilizzato il MER (di cui si fa cenno più avanti).
Singolarità
del progetto
Progetto Progetto
preliminare esecutivo
43
- spese generali d’impresa e messa in sicurezza, utile dell’impresa
Una volta determinate le quantità delle singole categorie di lavori espresse nel progetto e il loro
prezzo unitario, il valore globale viene determinato attraverso la combinazione lineare dei prezzi
unitari pi delle singole categorie di lavori moltiplicata per le quantità qi:
∑ i =1 qi pi
n
Totale =…….€
44
Macro Categoria Unità di Prezzo Quantità A riportare
Fondazione misura Unitario
Scavo per fondazione Mc €/ Mc
Ferri Kg €/Kg
n n m
C = ∑ Ei Ci =(1+ k 1 + k 2)∑∑ qij p j
i=1 i=1 j=1
45
Evidenzia la relazione tra costo totale determinato come somma dei costi delle categorie di opere
(Ei Ci) dal punto di vista del prodotto, o come somma dei costi di ciascun fattore di produzione dal
punto di vista del processo (qijpij), per ogni elemento funzionale Ei, di costo unitario Ci:
m
Ei Ci = (1+ k 1 + k 2)∑ qij p j
j=1
Tali approcci, attraverso l’attribuzione di una serie di punteggi ai fattori di degrado consentono di
determinare una misura complessiva del rapporto costo/degrado. Il punteggio complessivo P è
somma di m punteggi parziali f determinati come funzione di n punteggi relativi ai singoli elementi
di degrado rilevabili.
46
m
P = ∑ f j ( p ij ) i =1....n
j =1
Dapprima viene compilata una scheda su cui si riportano i dati ottenuti attraverso la stima a vista”
di una serie di elementi relativi alle parti comuni dell'edificio e ad alcuni alloggi presi a campione. I
dati raccolti costituiscono la base per la determinazione di un punteggio P.
Per la determinazione dei punteggi Pi vengono considerati: il numero degli alloggi (L), il perimetro
delle facciate libere (P), la superficie lorda e complessiva calpestabile (SLP, ΣSLP) degli alloggi e
delle parti comuni (SPC e ΣSPC), e la superficie netta abitabile (SHAB e ΣSHAB):
Nella seconda fase viene effettuata una stima, mediante punteggi corretti con specifici coefficienti e
applicati ad un prezzo per incremento unitario di punto, che permette l’elaborazione dei risultati del
rilievo in situ ai fini della determinazione del costo.
I coefficienti di correzione utilizzati nel metodo sono definiti attraverso espressioni che si
riferiscono a parametri relativi alla morfologia e alla tipologia dell’edificio:
47
a si determina in riferimento all’incidenza degli elementi orizzontali non ripetitivi (come le
fondazioni, il piano terra, il tetto con la sua struttura e copertura, l’isolamento del piano terra e del
tetto) che hanno un’incidenza per m2 abitabile, in funzione del numero dei piani;
Nonostante le aspettative di alcuni autori sulla diffusione di questo metodo, in Italia esso non ha
avuto molta fortuna ed è svanita la speranza che la sua utilizzazione possa divenire ordinaria. In
concreto, a venir meno sono proprio gli studi che permettono di determinare i coefficienti finali (Di
48
Cosmo, 2004). Infatti, dopo una prima attribuzione in via teorica avvenuta nel 1980 per il comune
di Bologna (Vicari et al., 1981), la loro determinazione su base reale non è più stata ripresa.
Qui di seguito si riportano due schede usate nel metodo MER: la prima serve per il rilievo del
degrado, la seconda per l’attribuzione dei punteggi e il calcolo dei costi (in lire, evidenziato nel
terzo particolare)
49
Costi di urbanizzazione.
€/ab
Migliaia di abitanti
Urbanizzazioni primarie
Urbanizzazioni secondarie
3 scuole
50
SST
TIIM
MAAD
DEEII FFO
ONND
DII A
AGGR
RIIC
COOL
LII
I fondi agricoli sono beni complessi, composti da caratteristiche di differente natura.Gli aspetti
economici da considerare per una stima del valore di fondi agricoli sono:
Dimensione dell’appezzamento,
Ordinamento produttivo,
Capitali immobilizzati
La dimensione dell’appezzamento è varia. Si va da terreni così piccoli da non poter essere definiti
unità produttive a terreni più grandi che possono essere ritenuti unità autonome. L’Unione Europea
distingue 5 classi di Superficie Agricola Utilizzata:
- Fino a 5 Ha
- da 5 Ha a 10 Ha
- da 10 Ha a 20 Ha
- da 20 Ha a 50 Ha
- oltre 50 Ha
Ordinamento produttivo
Viene valutato attraverso una serie di parametri economici: Reddito Lordo, prodotto netto, Ore di
manodopera a Ha per anno, ecc. L’Unione Europea distingue tre differenti tipologie di ordinamento
produttivo:
- Erbaceo
- Arboreo
- Foraggiero-Zootecnico
Esiste infine una classificazione che tiene conto della tipologia di impresa (capitalistica o
coltivatrice, a conduzione familiare, di proprietà, affittuaria ecc.)
51
Procedure di stima
Si illustrano qui di seguito tre differenti procedure di stima del valore di un fondo agricolo, che in
generale possono essere applicate con lievi modificazioni differenti categorie di attività produttive
anche di carattere industriale.
Stima comparativa del Valore di mercato
Stima analitica del Valore di rendimento (ricercato attraverso il tasso di capitalizzazione)
Stima per valori tipici del Valore patrimoniale (determinazione analitica del valore di tutti i beni
dell’azienda)
Milioni di £/Ha
30
Valore 20
24 mil. 1981
10
Superficie 15 Ha
00
00 5 10 40 100 Ha
Vaz= Bf/r
Il Beneficio fondiario è l’utile maturato dal fondo Agricolo, e deriva dalla produzione epurata di
tutte le spese.
La produzione Lorda Vendibile Plv, è una caratteristica di ogni coltura. E’ pari alla produzione
totale Pt meno quella reimpiegata Pr. La produzione reimpiegata è quella parte della produzione che
non può essere venduta perché viene riutilizzata in cicli produttivi successivi
Plv = Pt − Pr
Una azienda che ha più ordinamenti colturali ha più produzioni lorde vendibili, a prezzi differenti
per ciascuna produzione (ad es. Un fondo coltivato a Uliveto, mandorleto e agrumeto avrà tre
prodotti lordi vendibili, misurati in quintali/ettaro all’anno.
52
Il ricavo lordo aziendale Rl è dato dalla somma delle produzioni lorde vendibili moltiplicate per i
rispettivi prezzi.
n
Rl = ∑ Plvi × pi
i =1
Il ricavo netto aziendale Rn, derivato dalla monetizzazione della produzione netta Pn è pari al
ricavo lordo epurato dei costi Q e delle imposte Imp.
Rn = Rl − Q − SV − Imp
I costi Q sono pari alla somma delle quote di reintegro, (spese di manutenzione del fondo, degli
edifici, dei macchinari agricoli e la perdita di valore del bestiame per l’invecchiamento), le spese
varie Sv sono variabili anno per anno (i concimi, l’energia, i carburanti etc), e le imposte sono Imp
Il ricavo netto aziendale Rn, derivato dalla monetizzazione della produzione netta Pn deve essere
anche pari alla somma degli utili, cioè deve remunerare tutti i soggetti operanti nell’azienda:
- il proprietario del fondo attraverso il Beneficio fondiario Bf
- l’imprenditore agricolo attraverso il Beneficio dell’imprenditore agricolo Bi (detto Beneficio
Industriale),
- gli impiegati attraverso gli stipendi (che rappresentano la quota di costo fisso delle spese di
manodopera) Sst
- e la manodopera attraverso il salario delle ore di lavoro Ssa.
L’eventuale differenza rappresenta il Tornaconto T, un capitale da reinvestire nell’azienda, se
positivo, o da recuperare se negativo.
Rn = B f + Bi + Sa + St ± T
B f = Rl − (Q + Sv + Imp) − ( Bi + Sa + St ) ± T
53
Di fatto è una stima per valori tipici, nella quale vengono stimati gli elementi del suolo (terreno e
frutti pendenti, cioè ordinamento colturale), e del soprassuolo (fabbricati, macchianri e impianti,
bestiame)
Ordinamento colturale Si stima il valore venale di tutti gli appezzamenti, per ordinamento colturale.
Descrizione Superficie Valore stimato
Ha Unitari Totale
(migliaia di €)
Boschi, tare e incolti 9 4000€
Seminativi
pendio 10 8800€
pianura 21 9700€
Arborati 2,5 15500€
Vigneti 4 14700€
Pescheti 3,5 15700€
Totale
Fabbricati Si stima il costo di costruzione per tutti i fabbricati, supposti a servizio del fondo, e
quindi non com beni compravendibili indipendentemente dal fondo stesso.
54
Descrizione Consistenza Valore
stimato
n. capi Unitari Totale
(migliaia di €)
Vacche 62 1000€
Manze 18 850€
Vitelle 23 900€
Torelli 1 700€
Totale
Per poter stimare il deprezzamento si considera generalmente un decremento del valore variabile
linearmente nel tempo.
55
Noto il valore di mercato a nuovo del macchinario Vm, il valore di rottamazione del macchinario (o
scrap value) Vr, e il numero di anni n che caratterizzano il ciclo di vita produttiva del macchinario,
il valore deprezzato dopo x anni Vx si ottiene dalla seguente formula:
n−x
V x = Vr + (Vm − Vr )
n
56
V
VAAL
LOOR
REEC
COOM
MPPL
LEEM
MEEN
NTTA
ARRE
E
Vt ≠ ∑ i =1Vi
n
Se un bene è composto da n elementi, e la somma degli n valori dei singoli elementi è minore del
valore complessivo del bene, il rapporto di complementarità è positivo
Vt > ∑ i =1Vi
n
In particolare, nel caso in cui il valore del bene complesso sia maggiore della somma dei valori
delle sue parti, la perdita di una parte produce un danno superiore al valore della parte stessa.
Il valore complessivo VTot di un bene diminuisce nel momento in cui esso viene privato di una sua
caratteristica, in misura maggiore di quanto sia il valore rappresentato dalla funzione svolta dalla
caratteristica stessa:
n −1
VTot − Vn > ∑ i =1 Vi
Ciò permette di stimare il danno D complementare al valore Vn, che il bene subisce con la perdita
di questa caratteristica. Il danno complessivo sarà dato da D= Dcompl+Vn:
n −1 n −1
VTot − Vn = Dcompl + ∑ i =1 Vi ⇔ D = Vn + Dcompl = VTot − ∑ i =1 Vi
57
La complementarità può essere tra beni posseduti tutti dal medesimo soggetto (la complementarità è
interna alla proprietà), o posseduti tra più soggetti (la complementarità è esterna alla proprietà).
In questo secondo caso un proprietario può subire un danno per modificazioni della proprietà altrui.
Determinazione del danno per diminuzione delle influenze delle singole caratteristiche
Si potrebbe costruire una tabella che, tenendo conto delle influenze di una serie di caratteristiche
dell’edificio, rappresentino l’incidenza percentuale della diminuzione del valore dovuta al
peggioramento delle condizioni delle caratteristiche stesse, ad es. a causa di costruzioni abusive
edificate in prossimità del fabbricato da stimare.
In condizioni di ottimo il coefficiente relativo all’influenza delle caratteristiche è pari a 1. Esso
diminuisce allorquando peggiorano le condizioni.
Un fabbricato ha subito un danno per la costruzione di un edificio su lotto confinante in termini di:
- luminosità (diminuita del 50% dalla condizione ottimale precedente)
- panoramicità (diminuita al 60% dalla condizione ottimale precedente)
Il valore del fabbricato prima della realizzazione della costruzione abusiva è di 200.000 €.
58
abusiva
Considerata la variabilità dell’incidenza della luminosità tra 1 e 0.90, una perdita della caratteristica
al 50% comporta l’attribuzione di un indice di 0.95
Considerata la variabilità dell’incidenza della panoramicità tra 1 e 0.80, una perdita della
caratteristica al 60% comporta l’attribuzione di un indice di 0.88
30 m
20 m
20 m
59
In questa situazione, l’esproprio porta a una riduzione dell’area utile edificabile, tenendo conto del
distacco dai confini da 200 a 100 metri quadrati. Infatti nella situazione precedente all’esproprio la
possibile area di sedime su cui “appoggiare” l’edificazione si otteneva dall’area rettangolare di
dimensione (30 x 20)= 600 mq, considerando i distacchi dai confini; si determinava così una
superficie di (20 x 10)=200 mq.
L’area post esproprio ha una dimensione di (20 x 20)= 400 mq, e la possibile area di sedime
dell’edificato, considerando i distacchi minimi, passa a (10 x 10)= 100 mq.
Quindi la riduzione della superficie totale del fondo è del 33% (siamo passati da 600 a 400 mq),
mentre la riduzione dell’area di sedime dell’edificato è del 50% (siamo passati da 200 a 100 mq).
Il volume edificabile pre-esproprio è pari a
60
V
VAAL
LOOR
REED
DII U
UNNA
ATTR
RAASSFFO
ORRM
MAAZ
ZIIO
ONNE
EEED
DIIL
LIIZ
ZIIA
A//U
URRB
BAAN
NIISST
TIIC
CAA
Il valore di trasformazione Vt è pari alla differenza tra il valore di mercato Vmt che un immobile
assume dopo un intervento di trasformazione, che avviene in n anni, riportato all’attualità al tasso di
capitalizzazione r, relativo a fabbricati simili, meno il costo di costruzione K (compreso di oneri e
interessi passivi). Determinato il valore di trasformazione è possibile esprimere un giudizio di
convenienza economica a trasformare se Vt è maggiore del valore di mercato attuale del fabbricato
da trasformare Vmo.
Applicazioni:
• Riuso di edifici
• Aree edificabili
• Cambiamento di destinazioni di uso
Vt>Vmo
Vt = Vmt n−
K
(1 + r ) (1 + r ) m
Vmt n−
K
m − Vmo ≥ 0
(1 + r ) (1 + r )
-n dipende dalle dinamiche del mercato. Va analizzato il numero di alloggi venduti in un dato
intervallo di tempo nel mercato al quale ci riferiamo.
61
-m è un “tempo tecnico”, dipende dalle risorse umane e tecnologiche impiegate. Va analizzata la
capacità produttiva dell’impresa che realizza
Esempio:
Stima della convenienza della Ricostruzione di un edificio e cambiamento di destinazione d’uso. E’
possibile una ricostruzione di volumetria pari a quella preesistente.
Dati a disposizione
Superficie 1.660 mq
Volume edilizio 12.635 mc
Destinazione d’uso: Albergo
Si ipotizza un rendimento dell’attività alberghiera pari all’8%
Si ipotizzano 2 anni per la realizzazione e l’inizio della produttività dell’albergo
Dati da individuare:
Probabile valore di mercato del fabbricato per uso albergo Vmt
Costo di costruzione + oneri + interessi
Da un indagine sui dati storici risulta che il valore a mq commerciale di un albergo è nell’area pari a
2000 €/mq di superficie commerciale
Essendo il volume edilizio pari 12.635 mc, ipotizzando un altezza di piano di 3 m dopo l’intervento,
il probabile valore di mercato del fabbricato per uso albergo
Si noti che non utilizziamo la superficie attuale, perché l’edificio ha un altezza di piano attualmente
diversa da tre metri, come invece sarà a seguito della ricostruzione
Ipotizzando che la trasformazione avvenga in due anni e il costo sia erogato dopo un anno
dall’inizio dell’attività (per semplicità)
62
Vmt − K
(1 + r )n (1 + r ) m
Vt = 8424000 2−
4212000
(1 + 0,08) (1 + 0,08)1
Ipotizziamo che il valore attuale Vmo dell’edificio sia quello di un edificio per civile abitazione, al
quale applicare un deprezzamento per obsolescenza:
Se il valore a mq degli edifici per civile abitazione nuovi è stato stimato in 500 euro, essendo la
superficie attuale pari a 12660 mq, si ha
1860mq x 500 €/mq = 830000 €
A causa dell’obsolescenza il valore viene surrogato con deprezzamento. Ipotizziamo che l’analisi
statistica ci dia per un edificio di 40 anni un deprezzamento del 25%
Dato il valore del nuovo di 830000 il nostro Vmo sarà pari a a 830000 x 0,75 = 622500
Vt −Vmo = 8424000 − 4212000 − 622500 > 0
(1+ 0,08)2 (1+ 0,08)1
63
SST
TIIM
MAAD
DII U
UNN’’ A
ARRE
EAAE
EDDIIFFIIC
CAAB
BIIL
LEE
( K + utile)
Vmt n− m = Vaed
(1 + r ) (1 + r )
Esempio: Si calcoli “a valore di trasformazione” il valore venale della seguente area residenziale
edificabile:
A = 3000 mq
Iff = 2 mc/mq
64
Costo di costruzione a mc k = 300 euro
Utile imprenditore sul costo di costruzione 20%
Valore di mercato medio di un alloggio Vmq = 1200 euro/mq
m = n =0 (tempo di collocamento e di realizzazione trascurabili)
Il volume edificabile è:
Vol = 3000 mq x 2 mc/mq = 6000 mc
Con una superficie lorda (con h = 3 m) pari a
6000 mc/3m = 2000 mq
Di valore pari a
Ved = 2000 mq x 1200 euro/mq = 2.400.000 euro
Essendo il costo di costruzione a mc k = 300 euro +Utile
e l’utile dell’imprenditore 10%
il costo di costruzione sarà:
(300 + 10%) x 6000 mc = 330 x 6000 = 1980000 euro
Essendo m ed n trascurabili:
realizzando un utile del 10% sul costo di costruzione pari a 30.000 euro.
Il valore a mq dell’area sarà: 420000/3000= 120euro/mq
65
il valore dopo la trasformazione, in questo caso dopo l’edificazione, Vmt è dato dalla superficie
calpestabile lorda Vol/h per il valore medio unitario a mq Vumq:
Essendo Vagr il valore agricolo dell’area edificabile, che perdendo le sue caratteristiche rdi
produzione agricola a vantaggio dell’edificabilità appresenta un mancato reddito, quindi un costo.
se supponiamo l’altezza h costante, e Vmq e Vagr costanti, condizione possibile nello stesso segmento
di mercato,
VAed / Aed = Iff x Cost + Vagr
Quindi il valore unitario a metro quadro di un area edificabile, ottenuto dividendo il valore dell’area
Vaed per la superficie dell’area Aed è proporzionale all’indice di fabbricabilità fondiaria Iff. E’
quindi possibile effettuare la stima per comparazione tenendo conto della proporzionalità tra indici
e valore di aree edificabili:
Data un area A, noti gli indici di edificabilità Iff(x) di un area X, e Iff(b) di un area B, oltre al valore
a mq dell’area B, pari a Vmq(B)=VAed(B)/AB,
66
la stima del valore a mq dell’area A, pari a Vmq(X) = VAed(X)/AX a partire dalla legge di
proporzionalità:
(Vmq(X)- Vagr)/(Vmq(B)-Vagr)= Iff(x)/ Iff(b)
Se Iff (a) = 0 il valore Vmq(A) =Vagr, corrispondente al valore del suolo non edificabile.
Iff ( x)
Vmq ( X ) = Vmq ( B ) + Vagr
Iff (b)
Se il valore agricolo non è noto, bisonga poter effettuare il confronto con due aree di indice Iff(a) e
Iff(b) di valori a mq noti Vmq(A) e Vmq(B). Applicando la legge di proporzionalità alle coppie di
suoli (A, X) e (A, B) si ottiene
( x) − Iff (a )
[
Vmq ( X ) = Vmq ( A) + Vmq ( B) − Vmq ( A) ] Iff
Iff (b) − Iff (a )
Vmq
Vmq(b)
Vmq(a)
Vagr
67
IIL
LVVA
ALLO
ORRE
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TIIM
MAAT
TOO PPE
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URRR
ROOG
GAAZ
ZIIO
ONNE
E
Il valore di surrogazione si riferisce a beni che non hanno un mercato di riferimento, o non hanno
un loro valore di mercato (ad es. beni pubblic), per i quali è possibile individuare un altro bene che
ha analoghe caratteristiche di uso e funzionalità, che abbia un suo valore di mercato.
Casi particolari:
- Deprezzamento
- Stima del valore d’uso di beni pubblici/ambientali
La legge 392 del 1978 (legge sull’equocanone) impone, ai fini della stima del canone locativo di un
alloggio un deprezzamento che varia tra 0 (immobili con meno di 5 anni) e 15% fino a 20 anni
(incrementando dell’1% il deprezzamento per ogni anno a partire dal sesto), e dal 15% fino al 30%
dai 21 anni fino ai 50 anni (incrementando dello 0,5% il deprezzamento per ogni anno a partire dal
sesto)
Esempio:
valore di mercato di un alloggio in fabbricato storico:
4 vani, superficie lorda 100 mq, età 40 anni;
probabile costo tecnico di costruzione di un edificio recente di 4 vani, 100 mq (altezza 3 ml):
200 €/mc = 600 €/mq (da stima sintetica)
costo totale: 600 x 100 = 60000 €
deprezzamento: 25%
68
valore di mercato surrogato dell’alloggio in fabbricato storico:
(1-0,25) x 60000 = 45000 €
69
Stima del valore d’uso sociale dei beni ambientali
Esistono beni che pur se sprovvisti di mercato, erogano un servizio per la collettività: litorali
balneabili, servizi ricreativi nelle aree protette, aree di valore paesaggistico etc.
Il valore d’uso sociale come già anticipato, corrisponde alla surrogazione del solo valore del
servizio che essi erogano.
Viene quindi considerato un valore economico diverso da quello ecologico, che invece si riferisce
alla funzione più ampia che i beni ambientali svolgono nei cicli energetici e produttivi naturali.
Per questi beni, i metodi di stima monetari tendono a “simulare” un mercato, o a leggere
comportamenti economici, basandosi spesso sulla determinazione di una disponibilità a pagare, cioè
individuando attraverso differenti metodi comportamenti che determinano flussi monetari (reali o
ipotizzati) influenzati o derivanti dalla presenza del bene. Su queste ipotesi si costruiscono curve di
domanda. Le preferenze possono essere “rivelate” indirettamente da comportamenti, o “espresse”
attraverso una indagine diretta condotta tramite questionario.
Curve di Domanda
Esprimono la domanda del bene ambientale inteso come servizio
Disponibilità a pagare Disponibilità a rinunciare Metodo dello stipendio Metodo del fitto
incremento decremento di valore degli stipendi incremento/decremento di valore dei fitti
Mercati surrogati:
I beni producono effetti esterni al loro contesto (non si può parlare di mercato), che si misurano
sulle variazioni dei regimi di altri mercati. Questi effetti vengono definiti “esternalità”. Si tratta
quindi di variazioni di valori di mercato attribuibili alla presenza di un fattore ambientale, in
positivo o in negativo.
70
Prezzi edonici
Questa tecnica è utilizzata spesso per il settore immobiliare. Essa parte dalla constatazione che la
diversità dei valori ambientali fa variare i prezzi degli immobili e cerca di stabilire quindi la parte da
attribuirsi all'ambiente nelle differenze di prezzo degli immobili. Di solito si usa la tecnica della
regressione multipla su una serie di valori immobiliari situati in località aventi caratteristiche
ambientali differenziate.
Il modello degli Haedonic Prices sviluppato da Rosen (1979) è stato applicato inizialmente ad un
campione di 20 città metropolitane americane ; In seguito Berger, Blomquist e Hoehn , e Stover e
Leven , estendono lo studio ad un campione più ampio di 253 città americane. Il modello è
rappresentato con una equazione differenziale, che leghi la variazione infinitesima del prezzo alla
variazione infinitesima della qualità ambientale dovuta alla presenza della risorsa.
Sono valutate Amentities sociali e ambientali (l’esposizione climatica, il livello di servizi sociali, la
presenza di aree verdi, il livello dei redditi, la criminalità, la presenza di elementi paesaggistici).
Ricerche empiriche condotte negli Stati Uniti, con questo metodo, hanno stimato un deprezzamento
dei valori immobiliari per ogni punto percentuale in più di inquinamento atmosferico di percentuali
variabili fra lo 0,06-0,15%, quota che aumenta fino allo 0,5% quando si considerano più agenti
inquinanti. Le percentuali di deprezzamento sono più elevate per il rumore (0,15-0,88% per ogni
punto in più di rumore negli USA e fino a 1,26% in Svizzera). Questo deprezzamento rappresenta la
misura monetaria di una Esternalità. Cioè di un effetto esterno al mercato nel quale si produce la
variazione di un bene (in questo caso gli immobili)
dr = + kr dve
Nord Virginia 0,15 (dollari/ decibel)
“L'uso dei prezzi edonici solleva numerosi problemi teorici e pratici, dovuti alla difficoltà di isolare le
variabili ambientali da altre che hanno influenza sui prezzi.
Lo si è visto nelle rilevazioni effettuate per stimare la perdita di valore degli immobili situati in
vicinanza degli aeroporti: spesso essi aumentano di prezzo, malgrado il forte danno da rumore, perché
cambiano destinazione, ad esempio vengono utilizzati come uffici, o semplicemente perché per alcuni
individui la prossimità all'aeroporto vale di più del danno prodotto dal rumore (Bresso, 1992)”.
Individuazione del costo erogato dagli utenti per accedere al bene (costo del trasporto o metodo di
Clawson)
Come per i prezzi edonici, Il metodo si basa sulla interpretazione di un comportamento economico
reale dei membri di una collettività. Per l’accesso al bene, i suoi utilizzatori si impegnano nel sostenere
71
una serie di spese. L’ipotesi è che il valore d’uso sociale del bene ambientale sia commisurato al costo
sostenuto dai suoi utilizzatori.
Si determina una rendita fittizia R, commisurata alle spese sostenute dagli utenti per usufruire di un
bene (ad esempio un bosco)
Esempio.
Valutazione monetaria di un litorale di 5,7 km in prossimità di Bari. (Grillenzoni, Grittani, 1990)
Fascia A
Fascia B
Fascia C
72
La legge urbanistica regionale pugliese 56/80 fissa un indice per determinare il numero di utenti
delle fasce costiere.
1 utente per ml di costa di profondità 30 m (incrementato ogni 10 metri di profondità di una unità)
(1 + 0, 0375) ∞ − 1 1
Vt = 393000 × = 393000 ×
∞
0, 0375(1 + 0, 0375) 0, 0375
Valutazione di Contingenza
La valutazione di Contingenza si basa sulla determinazione della “Disponibilità a Pagare” (Wtp o
Willingness to Pay).
Il principio cardine è quello dell’interrogazione diretta basata sulla richiesta di una disponibilità a
pagare individualmente una somma in denaro per la conservazione di un bene ambientale o
culturale.
L’interrogazione avviene in varie forme. Ciascuna di esse presenta vantaggi e svantaggi.
Qui di seguito è riportata la metodologica di costruzione che esprime la disponibilità a pagare con la
stessa modalità con la quale si costruisce una curva di domanda rispetto al prezzo (follow up).
Per Napoli musei aperti è stata chiesta la disponibilità a pagare per mantenere apere 24 ore al giorno
i musei, affrontando quindi spese superiori a quelle attulemente sostenute con gli orari ordinari.
73
Per ogni cifra (prima colonna) è indicato il numero di intervistati (seconda colonna), il numero di
intervistati che ha detto di essere disponibile a pagare una data cifra (terza colonna) e l’incidenza
degli intervistati ai quali è stata chiesta la disponibilità a pagare per ciascuna cifra (quarta colonna)
E’ ovvio che chi esprime la disponibilità a pagare di valore pari a Pi, è disponibile a pagare anche
ogni valore P < Pi.
Questo permette di costruire una frequenza cumulata. Se le disponibilità a pagare sono n, e sono
ordinate per valori crescenti, se Pi è la esima disponibilità a pagare, espressa da un numero ni di
intervistati, per follow up, il numero totale di intervistati disponibili a pagare Pi sarà pari a
i
∑ n dove no
0
i rappresenta il numero di persone indisponibili a pagare alcuna cifra, determinate
sommando il numero di risposte negative di ogni campione. Si determina così la seguente frequenza
cumulata di risposte, dove, ad esempio, il numero di pesone disponibili a pagare 30 euro, è pari alla
somma del numero di persone intervistae che si sono dichiarate disponibili a pagare 100, 75, 50 e
i
30 euro, cioè fi= ∑ ni .
0
Si ottine quindi la seguente curva di fequenza, analoga a quella di domanda in funzione del prezzo
di un bene (in questo caso ipotetico):
120
100
80
60
40
20
0
14 114 214 314 414
74
La cui frequenza media è pari a 117, corrispondente ad un valore medio di disponibilità a pagare di
11,01 euro (corrispondente alla linea che divide l’area sottesa dalla curva in due parti di area
uguale).
120
100
80
60
40
20 (117,11)
0
14 114 214 314 414
75
A
ANNA
ALLIISSII R
RIIC
CAAV
VII C
COOSST
TII
R2 R3 Rn
C0 C1 C2 C3 Cn
I costi e i ricavi sono le tipologie di effetti economici che costituiscono il flusso di cassa. Nel
valutare la convenienza economica dell’operatore singolo, in condizioni di ricerca di una redditività
dell’intervento l’analisi costi-ricavi costruisce un bilancio tra i benefici e i costi definiti come:
costi diretti primari o uscite: valore monetario di beni e servizi impiegati per la realizzazione, la
manutenzione e l’esercizio delle opere progettuali (costi di sviluppo e gestione)
benefici diretti primari o ricavi, o entrate: incremento di valore aggiunto da rendite associate
all’attività che si va a realizzare.
Sulla base di queste determinazioni si costruisce una cash flow analysis (analisi del flusso di cassa),
cioè una analisi della sequenza di costi e benefici ordinati cronologicamente nel periodo di
76
osservazione, che porta all’individuazione del valore attuale netto, del saggio di rendimento interno
e del rapporto benefici-costi attualizzato. Le condizioni di convenienza sono le seguenti:
SRImin e VAN min sono valori che definiscono le condizioni di convenienza fissate per ragioni che
dipendono dal momento e da altre contingenze. Al limite SRImin e VAN min saranno pari a 0. Le
condizioni diventano allora:
Secondo la formulazione proposta dal Marglin (1971) il valore attuale netto è pari alla differenza tra
la somma dei costi e la somma dei ricavi dispiegati dall’inizio della realizzazione alla fine del
periodo di produttività del progetto, attualizzati:
n
VAN = ( B0 − C0 ) + ∑ Bi − Ci > VAN min
i =1
(1 + r)i
n
B0 + ∑ Bi
(1 + r)i
R BCA = i =1
n
≥ 1+ S
C0 + ∑ Ci
i =1
(1 + r)i
77
n
( B0 − C0 ) + ∑ Bi − Ci − VAN min = 0
i =1 (1 + r )i
Esempio
Si determinino Valore attuale netto e Saggio di rendimento interno in 10 anni della seguente
ristrutturazione di un edificio:
Costo di acquisizione (iniziale) è 70000 euro.
N. Alloggi 10 di 85 (utili), 92 (lordi) mq ciascuno
Costo di ristrutturazione a mc : 150 euro/ mc da sostenere nel primo anno
Costi di gestione 8% del costo di ristrutturazione a partire dal secondo anno
Saggio di attualizzazione 4%
Fitto esigibile per gli alloggi ristrutturati (stimato) 1100 euro/mese
Per questi beni si surroga il valore d’uso da quello di analoghi beni che sono simili per funzione ai
beni oggetto di stima
In altre parole, l’aspetto che guida la stima non è più la caratteristica materiale del bene, ma la sua
funzione di uso.
Aspetto del foglio di Excel per l’impostazione di una analisi costi ricavi. Nelle celle sono visibili le
formule
Potremmo dire che il saggio di rendimento interno rappresenta la misura tra le infinite possibilità
dell’incidenza delle situazioni di convenienza assoluta (VAN > 0) dell’intervento rispetto a quelle
di mancata convenienza (VAN < 0).
Il Saggio di rendimento Interno rappresenta il limite superiore dell’intervallo che a partire da 0
include tutti i saggi di rendimento per i quali il VAN è positivo. E’ quindi ovvio che più elevato è
SRI più ampia è la gamma di possibilità che il VAN sia positivo, e che quindi si verifichi una
convenienza a intervenire.
78
Nella determinazione del Valore Attuale Netto le voci che risentono di più del riporto all’attualità e
quindi del valore del saggio sono i ricavi, perché nella sequenza del flusso si hanno prima i più
rilevanti effetti negativi (il costo di intervento) e successivamente i più rilevanti effetti positivi
(l’avvio delle attività economiche dopo l’intervento).
Quindi una volta riportati all’attualità con l’uso del dividendo (1+r)n risentono maggiormente della
riduzione rispetto al costo di costruzione che viene diviso per un dividendo con esponente più
piccolo.
VAN > 0
Se il saggio di rendimento interno è Sri significa che nell’intervallo (0, Sri) il VAN è positivo, oltre
no. Nel diagramma si vede l’andamento del VAN in funzione del tempo. Man mano che si
aggiungono i ricavi il VAN cresce, passando da negativo a positivo. La posizione del punto di
inversione dipende dal saggio adottato: il punto di inversione è anticipato con saggi compresi tra 0 e
Sri e più bassi. Non esiste punto di inversione se r > Sri.
Quindi se il saggio di rendimento interno r è elevato significa che il VAN ha maggiore possibilità di
essere positivo anche utilizzando un saggio r che porta a far pesare molto meno i ricavi rispetto ai
costi.
Se il saggio di rendimento interno è Sri significa che nell’intervallo (0, Sri) il VAN è positivo, oltre
no.
Nel diagramma si vede l’andamento di VAN determinati con differenti saggi in funzione del saggio
di rendimento interno sulla scala dei tempi
VAN
VAN (r1)
VAN (r2)
VAN (r3)
0 n Tempo
VAN (SRI)
79
Nel diagramma si vede l’andamento del VAN in funzione del saggio di rendimento interno
ampiezza intervallo
0-SRI
VAN > 0
0 r
VAN < 0
SRI = Punto di Inversione
80
L
LAAV
VAAL
LUUT
TAAZ
ZOON
NEED
DEEL
LLLA
ACCO
ONNV
VEEN
NIIE
ENNZ
ZAAC
COOL
LLLE
ETTT
TIIV
VAA
L’analisi costi benefici si fonda sulla stessa struttura dell’analisi costi-ricavi, della quale di fatto
costituisce una estensione metodologica a processi per i quali sono rilevanti lo sviluppo nel tempo e
la dimensione economica-monetaria degli effetti generati dalla realizzazione di un progetto sul
capitale sociale e sul capitale naturale.
L’analisi costi-benefici valuta, per ogni alternativa i costi iniziali e futuri, nonché i benefici che ne
scaturiscono, stimando entrambi dal punto di vista dell’intera collettività urbana, metropolitana o
regionale (Fusco Girard, 1974).
L’analisi costi benefici quindi deriva da un concetto di utilità collettiva, diverso da quello di utilità
individuale attraverso l’estensione della valutazione economica finanziaria (analisi costi ricavi) a
problemi nei quali è necessario stimare oltre agli effetti sul capitale economico finanziario anche gli
effetti sul capitale sociale e sul capitale naturale dovuti ad una scelta di piano o ad un progetto.
L’obiettivo però è quello di minimizzare i costi della collettività e massimizzare i benefici
misurandoli nell’ottica dell’efficacia della spesa pubblica.
La monetizzazione di un effetto sociale e ambientale di un progetto quindi rappresenta la
dimensione finanziaria dell’uso di una risorsa o del vantaggio di cui gode la comunità, o la
dimensione finanziaria dello svantaggio o la privazione della risorsa che subisce la comunità, in
seguito alla realizzazione di un progetto.
La rappresentazione degli effetti è parziale, essendo limitata alla sua dimensione monetaria, e
riveste una certa utilità esclusivamente nel momento decisionale legato alla allocazione delle risorse
pubbliche per gli interventi.
Per questo motivo, e per la rilevanza dell’aspetto monetaristico delle decisioni collettive, l’analisi
costi benefici continua ad essere utilizzata nella valutazione dei progetti, e risulta di particolare
rilievo per la valutazione di progetti di recupero del patrimonio culturale, evidenziando i ritorni
economico-finanziari ”allargati” derivanti dalla loro realizzazione.
L’articolazione delle voci di costo e di beneficio è più complessa, tenendo essa conto dei seguenti
aspetti (Grillenzoni e Grittani, 1992):
costi primari: valore di beni e servizi impiegati per la realizzazione, la manutenzione e l’esercizio
delle opere progettuali (costi di sviluppo e gestione)
costi secondari: valore di beni e servizi utilizzati per la trasformazione e la commercializzazione
delle maggiori produzioni conseguenti all’investimento
costi indiretti: valore di beni e servizi impiegati per altri investimenti resi possibili o necessari dalla
realizzazione del progetto
benefici principali: incremento di valore aggiunto e riduzione di costi derivanti dalla realizzazione
del progetto.
benefici secondari: incremento di valore aggiunto e riduzione di costi collegati alle attività
direttamente interessate dalla realizzazione del progetto.
81
benefici indiretti: incremento di reddito dovuto a effetti moltiplicativi generati dalla realizzazione
del progetto.
Una classificazione più appropriata rispetto all’obiettivo del recupero e della conservazione di beni
culturali e ambientali è quella che determina le tipologie di benefici in funzione degli utenti secondo
il modello del valore sociale complesso (Fusco Girard, 1987):
Benefici e costi sostenuti relativi ai produttori e agli utenti diretti. Sono coloro che usufruiscono
direttamente dell’intervento: gestori e utenti delle attività economiche insediate nel riuso, proprietari
dell’immobile etc.
Benefici e costi sostenuti relativi agli utenti indiretti. Sono coloro che usufruiscono dei servizi,
delle attività valorizzate o svalutate dall’intervento di recupero.
Benefici e costi sostenuti relativi agli utenti potenziali e futuri. Sono coloro che usufruiscono del
valore di opzione e di esistenza relativo al bene recuperato e al contesto urbano-ambientale
interessato dall’intervento.
Sulla base di queste determinazioni si costruisce una sequenza di costi e benefici ordinati
cronologicamente nel periodo di osservazione, che porta all’individuazione del valore attuale netto,
del saggio di rendimento interno e del rapporto benefici-costi attualizzato.
Come per l’analisi costi ricavi, le condizioni di convenienza sono legate alla determinazione di
valore attuale netto e Saggio di rendimento interno.
E f f et t o T ip o lo g ia d i c o s t o T ip o lo g ia d i B e n e ficio E f f et ti in d o tt i
In cr e m e n to d ella R id u zio n e R e d d iti d e lle nu ove a ttiv ità N u o v e o cca s io n i d i s o cia lità
q u a lità u rb a n a d e ll ’a cce s s ib ilità al e co n o m ich e
In cr e m e n to m e r ca to i m m o b ilia re
R id u z io n e di ris c h i di
d e ll’a ttra tti v ità del
in v e s tim e n to n e ll ’a r ea
co n te s to
Alcuni effetti economici, costi e benefici ricorrenti nel recupero del patrimonio architettonico.
82
Esempio di costo diretto principale: il costo di intervento per la realizzazione della strada.
Esempio di costo diretto secondario: la spesa sostenuta per la realizzazione di un impianto di
erogazione di carburante lungo la nuova strada.
Esempio di costo indiretto: opere di mitigazione dell’inquinamento acustico, dell’impatto
paesaggistico, sostenute dai residenti in prossimità della strada, spese sanitarie per incremento di
malattie da inquinamento etc.
Esempio di beneficio diretto: il ticket di accesso alla strada.
Esempio di beneficio diretto secondario: l’utile del gestore dell’impianto carburante
Esempio di beneficio indiretto: La riduzione di spesa per gli spostamenti dovuta alla realizzazione
del nuovo tratto stradale.
La riduzione delle spese sanitarie e previdenziali dovute alla riduzione di incidenti d’auto.
individuo A
Stato iniziale
10
Trasformazione
Individuo N Individuo B
83
Tale assunzione ha un limite di modello evidente: si possono avere non una ma n trasformazioni
consecutive che avvantaggiano sempre lo stesso soggetto (l’individuo b nell’immagine), e le n
trasformazioni possono tendere a infinito. In questo caso l’utilità collettiva corrisponderebbe
all’utilità dell’individuo avvantaggiato dalle infinite trasformazioni, portando ad un paradosso in
termini di equità: non può essere equa una serie di trasformazioni che pur non svantaggiando nessun
individuo ne avvantaggia solo uno, ne può essere considerata più una serie di trasformazioni di
utilità collettiva, se n va a infinito, rendendo trascurabili, quindi nulle le utilità “di dimensioni
finite” di tutti gli individui non avvantaggiati.
L’imporsi dei principi di sviluppo sostenibile e la necessità di valutare gli effetti di lungo periodo
delle politiche di piano ha reso ancora più rilevanti i limiti di questa approccio (Munda, 1997) che si
traducono nelle seguenti difficoltà operative:
Difficoltà di valutazione degli effetti di lungo termine. L’anticipazione degli effetti attraverso le
formule esponenziali inverse perde di significato quando il termine n contenuto nella espressione
1/(1+r)n assume valori elevati.
I costi sociali, generalmente riferibili a orizzonti temporali di lungo periodo, a differenza dei costi
finanziari di intervento riferiti al breve periodo, conseguentemente incidono maniera minima nel
bilancio costi benefici, perché ridimensionati fortemente dall’elevato sconto che subiscono
nell’attualizzazione.
I costi ambientali, ad esempio, si manifestano in periodi dell’ordine del secolo.
Se un costo ambientale rilevante si manifesterà tra un secolo, una volta diviso per (1+r)100 o (1+r)200
conterà in maniera estremamente limitata nel bilancio, rispetto ad un beneficio economico che si
avrà invece nel futuro più prossimo ad esempio tra 10 anni:
Per r=5%
1/(1+r)10 =1,05 –10= 0,61 => l’effetto ambientale è ridimensionato al 61,3%
100 - 100
1/(1+r) =1,05 => l’effetto ambientale è ridimensionato allo 0,7%
200 – 200
1/(1+r) =1,05 => l’effetto ambientale è ridimensionato allo 0,006%
Difficoltà di monetizzazione degli effetti. Non è facile monetizzare il danno subito da un bene che ha
valori non d’uso fortemente caratterizzanti, come un monumento.
Ad esempio, il danno alla salute causato dall’inquinamento non si misura in numero di morti o di
patologie gravi, ma in termini di incremento di spesa sanitaria o assicurativa, che è sicuramente
riduttivo rispetto alla globalità degli effetti del danno.
84
Dalla valutazione costi benefici alle valutazione di sostenibilità
La definizione di Sviluppo sostenibile (dal rapporto Bruntland, 1987) più conosciuta è la seguente:
lo sviluppo sostenibile presuppone di garantire per le generazioni future la stessa disponibilità di
risorse garantita alle generazioni presenti (principio dell’equità intergenerazionale).
Le tappe fondamentali sono il Rapporto MIT-Club di Roma del 1970, nel quale si denunciano i
limiti della crescita monetaria senza l’uso di politiche finalizzate alla conservazione delle risorse
non esauribili, la Conferenza di Stoccolma del 1972, nell’ambito della quale si introduce il concetto
di Ecosviluppo che conduce alla definizione di sostenibilità e alla Conferenza di Rio del 1992.
Nel Word Summit di Rio (1992) si enunciano i principi base dello sviluppo sostenibile: Equità
intergenerazionale, partecipazione, sussidiarietà, tutela ambientale.
In economia viene rivalutato il concetto di “Capitale naturale” e quello di “Capitale sociale”.
Esistono quattro forme di capitale: un capitale economico monetario privato, finalizzato a produrre
ricchezza individuale, un capitale economico monetario pubblico, finalizzato a produrre benessere
attraverso l’erogazione di servizi collettivi, ma essi non possono prescindere dalla conservazione
del capitale sociale e del capitale naturale. Questi ultimi non trovano espressione strettamente
monetaria. Ad essi si associa il concetto di Valore sociale complesso (Fusco Girard, 1987).
Secondo Wilfredo Pareto, come già richiamato, una trasformazione economica crea benessere
collettivo in maniera efficiente se riesce a creare un vantaggio per almeno un soggetto senza creare
svantaggi per altri, cioè senza creare trade offs negativi.
E’ stato descritto nei paragrafi precedenti il limte di tale assunzione. Una trasformazione può essere
efficiente da un punto di vista collettivo se la compensabilità avviene in riferimento non solo alla
dimensione monetaria, ma anche alla dimensione ambientale e sociale. Questo ci conduce dal
concetto di efficienza a quello di sostenibilità.
Capitale Sociale
10
Stato iniziale
Trasformazione 1
0 Trasformazione 2
Trasformazione 3
Capitale Finanziario Capitale Naturale
85
inter-generazionale, e quello della equa distribuzione sociale dei benefici della trasformazione,
garantendo equità intra-generazionale.
La stima del valore conservato o prodotto da una trasformazione per le generazioni future ci
riconduce dalla sostenibilità al valore sociale complesso.
86
V
VAAL
LUUT
TAAZ
ZIIO
ONNII A
ACCR
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TEER
RII M
MUUL
LTTIIPPL
LII
L’analisi multicriteri rappresenta una metodologia di scelta tra alternative di soluzione ad un
problema che in alcuni casi riveste una utilità pratica nella valutazione di sostenibilità dei piani e
progetti.
Tradizionalmente la valutazione di piani e progetti rappresenta un problema che prelude al
confronto tra differenti soluzioni progettuali rispetto ai quali si formula un giudizio di convenienza
economica generalizzato, rispetto al quale comprendere quale soluzione produca maggiore valore
sociale complesso.
Nell’ambito dei giudizi di convenienza economica sono frequenti casi di costruzione del giudizio
stesso che possono essere più generalmente ricondotti a problemi di teoria della decisione
rappresentati da una scelta tra differenti soluzioni alternative.
Nel caso della valutazione di piani e progetti queste soluzioni rappresentano frequentemente ipotesi
progettuali alternative (ad es. soluzioni di riuso di un edificio, soluzioni di uso di un area, soluzioni
localizzative diverse di una attività, ecc) e i criteri sono in generale di convenienza, fattibilità ecc
(possono essere quello del minor costo, o quello della fattibilità economica, o quello della qualità
del progetto ecc).
Problemi di localizzazione: problemi relativi a differenti ipotesi di localizzazione di una data opera
di urbanizzazione secondaria, a fronte di più possibili alternative fornite, ad es. dalle destinazioni
d’uso previste nello strumento urbanistico vigente, che individua più zone all’interno delle quali è
possibile insediare l’opera stessa.
Problemi di scelta di infrastrutturazione: problemi relativi alla scelta di tracciati per opere di
urbanizzazione primaria, o per grandi nodi infrastrutturali (ad es. porti, aeroporti).
87
Il concetto generalizzato di preferenza
Il primo passo teorico della valutazione a criteri multipli sta nel costruire un modello logico che
esprima un concetto generalizzato di preferenza
Per preferenza si intende una relazione tra due o più soluzioni alternative di un problema capace di
esprimere un ordine di priorità tra esse. Questa relazione esprime un criterio di scelta.
Tale modellizzazione si basa sulla esistenza di una relazione binaria fra tutte le coppie del tipo
(ai,aj) non-ordinate secondo una graduatoria, di un insieme {A} di soluzioni alternative ammissibili.
Nella formulazione classica il modello è così presentato: Date le soluzioni a1, a2 Є all’insieme delle
alternative {A} si ha:
1) a1 P a2 (preferenza) è possibile confrontare a1 e a2, ed è possibile affermare che a1 è preferibile a
a2 in maniera assoluta, perché a1 è preferibile a a2, e non si può affermare il contrario
2) a1 I a2; a2 I a1 (indifferenza) è possibile confrontare a1 e a2, ma non è possibile affermare che a1 è
preferibile a a2, o che a2 è preferibile ad a1
3) a1 N a2 (incomparabilità) non è possibile confrontare a1 e a2
Richiamandosi alla teoria economica, viene adattato il concetto di utilità alla modellizzazione della
ricerca operativa
Se a è una soluzione possibile di un problema in un insieme di soluzioni {A}, una funzione di utilità
u(ai) è in una formulazione generale l’espressione numerica non necessariamente monetaria del
vantaggio che il soggetto che esprime la preferenza ottiene in corrispondenza della scelta della
soluzione ai.
Il confronto tra due soluzioni a1 e a2 si effettuerà conseguentemente confrontando i valori di u(a1) e
u(a2).
Effettuare il confronto tra due soluzioni a1 e a2 confrontando i valori di u(a1) e u(a2) significa che
perché a1 e a2 siano confrontabili, la funzione di utilità deve assumere un valore in corrispondenza
di a1 e in corrispondenza di a2.
Perché si possa esprimere una preferibilità di a1 su a2 la funzione u(a1) deve poter essere confrontata
con u(a2) attraverso la relazione d’ordine ( >,=,<)
La regola di confronto è quindi una regola algebrica, perché u(a1) e u(a2) vengono trattate come
funzioni definite in insiemi numerici.
Su questa base avremo per ogni soluzione alternativa aiЄ {A}
a1 è indifferente a a2 quando l’utilità generata dalla applicazione della soluzione a1 è uguale a quella
generata dalla applicazione della soluzione a2
88
Soglia di indifferenza
Ai fini della scelta, i valori di u (a1) e u (a2) possono essere differenti, senza che ciò comporti una
preferenza di a1 o di a2.
Ad esempio, la scelta tra due progetti a1 e a2 che costano 2 milioni di euro, e 2,02 milioni di euro
possono essere ritenuti indifferenti rispetto al criterio del costo, se 20.000 euro è una cifra
considerata “trascurabile” ai fini della scelta.
Si introduce allora il concetto di soglia di indifferenza:
a1 P a2 ⇔ u (a1) ≥ u (a2) + d
uk(a2)>uk(a1)
uk(a2) Rispetto al criterio Ck, il
vantaggio maggiore si
uk(a1)
ottiene con il massimo
valore di Ck(ai)
Ck(a1) Ck(a2)
uh(a2) uh(a1)>uh(a2)
Rispetto al criterio Ch, il
vantaggio maggiore si
uh(a1)
ottiene con il minimo
valore di Ch(ai)
Ck(a1) Ck(a2)
89
espressa tra due alternative ai e aj in funzione della minimizzazione di un costo o della
massimizzazione di un beneficio monetario, ha una funzione di utilità della quale si conosce solo il
verso, e quindi la relazione d’ordine: si sa solo che se U è crescente, all’affermazione che ai è
preferibile a aj consegue implicitamente che U(ai) > U(aj)
Se la nostra scelta è legata a n criteri di valutazione, ciascuno di essi potrà condurre ad una
preferenza differente.
Esisteranno cioè n confronti tra ai e aj, basati su n funzioni di utilità differente. L’Utilità totale dovrà
rappresentare una sintesi delle utilità parziali uk, con k= 1….n
Questi modelli di valutazione si basano quindi sul presupposto che sia possibile esplicitare una
funzione di utilità totale U, composizione delle utilità parziali (u1 , u2... un ), tale che:
la funzione U(ai) determina l’utilità totale derivante dalla scelta della soluzione ai;
la funzione U(aj) determina l’utilità totale derivante dalla scelta della soluzione aj;
la funzione uk(ai) determina la k-ma utilità parziale derivante dalla scelta della soluzione ai;
la funzione uk(aj) determina la k-ma utilità parziale derivante dalla scelta della soluzione aj;
Se la regola generale di confronto è
è chiaro che il problema si affronta stabilendo la relazione tra regola di confronto generale e la
combinazione delle utilità parziali uk rispetto a quella totale U.
I differenti metodi derivano dalla costruzione di differenti ipotesi rispetto a queste regole
combinatorie.
90
L’Analisi di concordanza o Metodo ELECTRE
Non sempre tutti i criteri di valutazione rivestono la stessa importanza. E’ allora possibile attribuire
un importanza diversa ai singoli criteri con l’introduzione di pesi quantitativi.
L’analisi di concordanza si effettua quando la valutazione delle alternative secondo i diversi criteri è
espressa da parametri quantitativi e l’importanza dei criteri è individuata dall’assegnazione di un
peso (Roy, 1985). In questo caso è possibile effettuare una misura della prevalenza di ciascuna
alternativa su tutte le altre, criterio per criterio.
Si costruirà quindi una matrice che riassumerà i risultati dei confronti effettuati tra coppie di
alternative per ciascun criterio. Ogni criterio rappresenta un parametro attraverso cui misurare una
utilità parziale ui, espresso da un indicatore.
Dato un insieme A = {a1, a2, …an} di n soluzioni alternative ad un problema, valutato secondo m
criteri. Sia {P}≡ (w1, w2, w3,…wm ) l’insieme di pesi che esprimono l’importanza dei criteri
misurati dai giudizi (c1,c2,…cm), e di utilità parziale (u1,u2,…um).
u1 u2 uJ-1 uJ uJ+1 um
w1 w2 wJ-1 wJ wJ+1 wm
a1 u11 u12 ...... u1J ....... u1m
a2 ....... ....... ...... ...... ....... ....
..... ..... ...... ...... ....... ....... ....
ai-1 .... .... ...... ....... ....... ....
ai ui1 ....... ...... uiJ ...... uim
ai+1 .... ....... ...... ....... ....... ....
..... ....... .... ...... ....... ...... ....
an un1 ...... ...... umJ ....... unm
Per ogni coppia di alternative ai, aj ∈ {A}, con i e j variabili tra 1 ed n (numero di soluzioni
alternative) si può definire un rapporto tra gli indici di concordanza di ai, aj, per esprimere la
preferibilità globale di ai, su aj e viceversa. L’indice di concordanza di ai sarà:
m
C ( ai , a j ) = ∑ wk ∂ k ,ij con (∂ ij ) k = 1 se uk(ai) > uk(aj), e (∂ ij ) k = 0 se uk(ai) ≤ uk(aj)
k =1
91
In ogni casella ij è riportato l’indice di concordanza Cij. La concordanza totale dell’ i-esima
alternativa sarà data dalla media degli indici di concordanza Cij, pari alla somma degli indici Cij
che esprimono il confronto tra ciascuna alternativa i-esima con le altre, diviso il numero di confronti
totali, pari al numero di alternative meno 1 (Ogni alternativa è confrontata con ututte le altre n-1). In
funzione del valore dell’indice di concordanza sarà quindi possibile determinare una graduatoria di
preferibilità. L’indice di concordanza di aj sarà:
m
C ( a j , ai ) = ∑ wk ∂ k , ji con (∂ ji ) k = 1 se uk(ai) < uk(aj), e (∂ ji ) k = 0 se uk(ai) ≥ uk(aj)
k =1
C ( ai , a j )
∑ wk (∂ij )k
= k =1 m >1
C ( a j , ai )
∑ wk (∂ ji )k
k =1
cioè se la somma dei pesi dei criteri per i quali le utilità parziali uk (ai) (cioè l’indice di dominanza
di ai su aj, cij, cioè il numeratore del rapporto precedente) superano le corrispondenti uk(aj) è
maggiore della somma dei pesi dei criteri per i quali le utilità parziali uk(aj) (cioè l’indice di
dominanza di aj su ai, cji, cioè il denominatore del rapporto precedente) superano le corrispondenti
uk(ai).
L’indice di concordanza Ii della alternativa ai sarà espresso dalla media degli indici di concordanza
cij. Gli lementi cij della matrice di concordanza saranno allora esplicitabili nelle seguenti formule
∑ik==11......nm wk (∂ji)
L’indice di concordanza viene espresso dalla formula:
k
Ij indice di concordanza della j-esima alternativa,
Ij =
n numero di alternative,
n −1
m numero di criteri,
wk peso quantitativo del k-esimo criterio e
δ ji) k
(δ = 1 se l’alternativa j-esima è preferibile all’alternativa i-esima per il k-mo criterio
δ ji) k = 0
= 0 se l’alternativa j-esima non è preferibile all’ alternativa i-esima per il k-mo criterio. Ovviamente se i=j (δ
92
Se una alternativa fosse dominante per tutti i criteri (fosse cioè la migliore per tutti i criteri),
vincendo ogni confronto avrebbe un indice di concordanza medio pari a 1. Ogni confronto parziale
determinerebbe un indice di concordanza (e una somma di pesi) pari a 1 (vittoria di un alternativa
su un'altra per tutti i criteri) e conseguentemente si avrebbe una somma di confronti parziali pari a
n-1, divisa per n-1 per determinare il valore medio di concordanza.
Soglia di discordanza
Dal confronto a coppie che porta alla costruzione degli indici di concordanza Ii deriva la
graduatoria delle alternative. Perché le alternative siano comparabili però si ritiene necessario che la
“distanza” tra le utilità da esse generate per ogni criterio non sia eccessiva, per cui, posta
La differenza tra le utilità generate rispetto all’iesimo criterio dalle alternative ni e nj, non deve mai
superare una soglia prefissata Dc:
la massima differenza riscontrata deve essere al di sotto della soglia di discordanza prefissata. In
caso contrario si può porre un problema di incomparabilità delle alternative.
I metodi dei regimi si utilizzano quando i giudizi di valore e le importanze dei criteri sono attribuiti
semplicemente per scala ordinale (Nijkamp, Rietweld, Voogd, 1989; Voogd H.;1983).
i) poichè lo scopo dell’analisi è quello di ottenere una graduatoria “corretta” di alternative, pur
avendo a nostra disposizione criteri di valutazione qualitativi, possiamo immaginare che esista una
serie di attribuzioni quantitativa di valori che esprimono la graduatoria che cerchiamo; in realtà
esistono infinite valutazioni quantitative (e infinite graduatorie numeriche) che collocano nella
stessa posizione le differenti alternative (principio della razionalità limitata).
ii) Se fosse conosciuta la corretta graduatoria quantitativa, potremmo avviare la procedura
ELECTRE.
iii) partendo dall’assunto precedente, se si potessero “contare” le infinite combinazioni di pesi e
le infinite graduatorie quantitative che determinano una priorità, si determinerebbe per la legge dei
grandi numeri, la probabilità che quella priorità sia corretta. L’espressione quantitativa della
graduatoria più probabile di alternative è quindi incognita.
iv) quindi si può intendere il metodo dei regimi come la ricerca della più probabile priorità
derivante da una “matrice degli effetti quantitativa” associata al problema trattato.
Riassumendo: la probabilità di un evento coincide con la frequenza con cui quell’evento accade in
un numero infinito di casi (per la legge dei grandi numeri). Essendo in presenza di infinite
graduatorie bisognerà trovare la probabilità che una valutazione quantitativa porti ad un certa
graduatoria, cioè l’incidenza percentuale tra le infinite graduatorie quantitative possibili di quelle
che mettono nello stesso ordine le alternative. A questo punto sarà possibile individuare la
graduatoria più probabile.
Hinloopen-Nijkamp e Rietweld (1988) costruiscono il metodo affermando che si può determinare
la graduatoria più probabile delle soluzioni alternative, ipotizzando che si possa costruire una legge
di distribuzione delle probabilità ben determinata, per cui, stabilita una priorità dei criteri, sia
93
possibile determinare quanto sia probabile che la graduatoria finale sia simile a quelle determinate
dai vari criteri ordinati in ordine decrescente di importanza.
Supponiamo di avere due alternative e quattro criteri, ordinati per importanza decrescente: i criteri
sono I, II, III, IV; le alternative sono a e b.
Supponiamo che le prevalenze seguano il seguente regime:
I II III IV
a a b b
b b a A
I II III IV
a + +
b + +
dove il simbolo + indica la prevalenza di una alternativa sull’altra secondo ciascun criterio. E’
chiaro che, quale che siano i valori incogniti dei pesi, prevalendo a su b per i due criteri più
importanti, la graduatoria finale vedrà a prevalere su b. Potremo assegnare una probabilità che a
prevalga su b Pab pari a 1, e una probabilità che b prevalga su a Pba pari a 0:
Pab = 1; Pba = 0
I II III IV
a b b a
b a a b
I II III IV
a + +
b + +
.
.
in questo caso sarà più difficile comprendere se a prevale su b o se b prevale su a, poichè a prevale
su b per il criterio più importante e per il meno importante, e b prevale su a per i due criteri
intermedi. La graduatoria finale vedrebbe prevalere a, ad esempio, se il primo criterio fosse molto
più importante degli altri, e/o se l’ultimo fosse poco meno importante degli altri. Se invece
l’importanza dei criteri decrescesse linearmente, a e b sarebbero considerate paritarie. Potremmo
assegnare quindi il 50% di probabilità di prevalenza totale ad a e a b:
94
Uno studio speditivo come quello illustrato, applicato a più alternative ci porta ad una distribuzione
approssimativa nei valori, ma corretta dal punto di vista delle posizioni di graduatoria.
Per una maggiore comprensione supponiamo di avere la seguente serie di gratuatorie tra tre
alternative ordinate per criteri di importanza decrescente:
I II III IV
a b c a
b c b c
c a a b
Pab = 0.5; Pba = 0.5; Pac = 0.5; Pca= 0.5; Pbc=1; Pcb=0.
Nel caso in esame ovviamente la possibilità di assegnare una probabilità di vittoria di una
alternativa rispetto ad una altra nei confronti è intuitiva, ma è molto più complesso farlo per
situazioni con alternative più numerose e con situazioni non così chiare come quelle rappresentate
nei confronti precedenti..
∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > .... > wm−1 > wm
95
I vettori di m pesi che soddisfano la precedente relazione sono infinite, ma esistono dei vettori
notevoli, corrispondenti a situazioni limite, quindi non appartenenti all’insieme di soluzioni ma
rappresentanti estremi vincolati. Tali situazioni limite sono determinate da un certo numero di pesi
di valore non nullo, tutti uguali, e un certo numero di pesi di valore nullo. Essi soddisfano le
condizioni
∑w
k =1
k = 1 e w1 ≥ w2 ≥ .... ≥ wm−1 ≥ wm
che differiscono dalle precedenti perché la relazione d’ordine non è più di stretta superiorità,
essendo la relazione > sostituita da ≥ .
Le situazioni limite che soddisfano le condizioni precedenti sono m, tante quanti sono i criteri, e
sono qui di seguito elencate:
w1 = 1 / m − ( m − 1) = 1 e w2 = w3 = w4 ......... = wm−1 = wm = 0
w1 = w2 = 1 /[m − ( m − 2)] = 1 / 2 e w3 = w4 ... = wm−1 = wm = 0
w1 = w2 = w3 = 1 /[m − ( m − 3)] = 1 / 3 e w4 .... = wm−1 = wm = 0
.......
w1 = w2 = wm−1 = 1 / m − 1 e wm = 0
w1 = w2 = wm−1 = wm = 1 / m
Si può notare che essendo i criteri ordinati per importanza il primo peso non assumerà mai valore
pari a zero, il secondo peso assumerà m-1 volte valori diversi da zero, il terzo peso assumerà m-3
volte valori diversi da 0 e così via.
Nella prima situazione di valori estremi l’unico peso diverso da 0 sarà quindi il primo, nella
seconda situazione limite i pesi differenti da zero saranno 2, e assumeranno ciascuno valore pari a
1/2 e così via.
Tenendo conto del fatto che le combinazioni di pesi che soddisfano le precondizioni iniziali (somma
pari a 1 e relazione ordinale di importanza tradotta in relazione d’ordine matematica tra pesi)
variano nei limiti imposti dalle situazioni estreme, la probabilità che una generica alternativa sia la
prima della graduatoria, a questo punto deriverà dalla probabilità che per ciascuna ripartizione di
pesi estremi essa assuma la prima posizione in graduatoria.
Ad esempio se abbiamo ordinato secondo priorità discendenti tre criteri (I, II, III), questa priorità è
rispettata dalle seguenti terne di pesi estremi:
Ciascuna di queste distribuzioni estreme infatti soddisfa la condizione che w1 sia maggiore o uguale
di w2 e w2 sia maggiore o uguale di w3.
96
Se abbiamo tre alternative a e b, e a domina b nel primo e nel secondo criterio, e b domina a nel
terzo criterio (vedi tabella):
criteri Set pesi n.1 Set pesi n.2 Set pesi n.3
criteri I II III I II III I II III
1 1 1
pesi estremi 1 0 0 1/2 1/2 0 /3 /3 /3
A X X X X X X
B X X X
a domina b al a domina b al a domina b al
100% 100% 66,6%
a domina b tre volte su tre nelle situazioni limite, quindi il 50% di pesi che vedono oscillare
il valore di w1 da 1 a ½
il valore di w2 da 0 a ½
il valore di w3 da 0 a 0
tra il primo set di pesi estremi 1, 0, 0 e il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0
vedrà sempre prevalere a su b
Infatti nel grafico viene mostrata la variabilità degli indici di dominanza di a e b, al variare degli
3
infiniti pesi che soddisfano i vincoli ∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 dalla situazione limite n. 1 (1,0,0)
alla situazione limite n. 2 (½,½,0), e dalla situazione limite n. 2 (½,½,0) fino alla situazione limite n.
3 (⅓,⅓,⅓)-
100%
80%
60% a
40% b
20%
0%
1 2 3
97
localizzazione di un centro sociale polivate, per incrementare la dotazione di servizi del quartiere
nell’ambito di un Piano di Riqualificazione Urbana.
Caratteri del problema. Il soggetto decisore è un ente pubblico. Ne consegue che la finalità
dell’analisi è quella di determinare il maggior vantaggio possibile per la collettività derivante dalla
scelta localizzativa. La convenienza che viene ricercata è quindi pubblica.
La definizione di questa convenienza deriva in parte dagli obiettivi individuati a monte dal piano di
riqualificazione, che devono essere perseguiti dalle singole azioni di piano, e da considerazioni
aggiuntive che possono derivare da una analisi sociologica e dal giudizio di esperti che portano alla
formulazione di obiettivi di natura sociale e di natura tecnica che rendono più espliciti alcuni
obiettivi generali del piano di riqualificazione.
98
3. Costruzione della matrice degli effetti.
Standardizzazione dei criteri (tuti i valori sono espressi in scale variabili da 0 a 1 con 1 = max
valore)
Ambito A 1 0.71 0 0
Ambito B 0.4 0 1 0.8
Ambito C 0 1 0.7 1
Obiettivo Minimizzare (l’utilità a Massimizzare (l’utilità a Massimizzare (l’utilità a Minimizzare (l’utilità a
intervenire decresce al intervenire cresce al crescere intervenire cresce al crescere intervenire decresce al
crescere dell’indicatore) dell’indicatore) dell’indicatore) crescere dell’indicatore)
Confronti
I criterio (peso w1=0,4) U1(A) > U1(B) > U1(C)
II criterio (peso w2=0,3) U2(C) > U2(A) > U2(B)
III criterio (peso w3=0,2) U3(B) > U3(C) > U3(A)
IV criterio (peso w4=0,1) U4(C) > U4(B) > U4(A)
Matrice di Concordanza
99
La soluzione che prevale (secondo i criteri dati e l’importanza attribuita attraverso i pesi) è la A,
anche se la differenza minima tra A, B e C indica un certo grado di incertezza.
L’ambito A prevale per le prime tre distribuzioni di pesi, mentre per l’ultima A e B pareggiano. ,
quindi il 33% di pesi che vedono variare
il valore di w1 da 1 a ½
il valore di w2 da 0 a ½
il valore di w3 da 0 a 0
il valore di w4 da 0 a 0
100
vedrà sempre prevalere a su b
Nel grafico di confronto tra A e B viene mostrata la variabilità degli indici di dominanza di A e B,
4
al variare degli infiniti pesi che soddisfano i vincoli ∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 > w4 dalla
situazione limite n. 1 (1,0,0,0) alla situazione limite n. 2 (½,½,0), poi dalla situazione limite n. 2
(½,½,0,0) fino alla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0), e infine dalla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0)
alla situazione limite n. 4 (¼,¼,¼,¼)
100%
80%
60% A
40% B
20%
0%
1 2 3 4
Anche in questo caso nel grafico di confronto tra B e C viene mostrata la variabilità degli indici di
dominanza di B e C, al variare degli infiniti pesi che soddisfano i vincoli
4
∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 > w4 dalla situazione limite n. 1 (1,0,0,0) alla situazione limite n. 2
(½,½,0), poi dalla situazione limite n. 2 (½,½,0,0) fino alla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0), e infine
dalla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0) alla situazione limite n. 4 (¼,¼,¼,¼)
101
100%
80%
60% B
40% C
20%
0%
1 2 3 4
L’ambito B prevale per la prima e la terza distribuzione di pesi limite, mentre per la seconda e
l’ultima B e C pareggiano.
Infine confrontando A e C
102
Infine, nel grafico di confronto tra A e Cviene mostrata la variabilità degli indici di dominanza di A
4
e C, al variare degli infiniti pesi che soddisfano i vincoli ∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 > w4 dalla
situazione limite n. 1 (1,0,0,0) alla situazione limite n. 2 (½,½,0), poi dalla situazione limite n. 2
(½,½,0,0) fino alla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0), e infine dalla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0)
alla situazione limite n. 4 (¼,¼,¼,¼)
100%
80%
60% A
40% C
20%
0%
1 2 3 4
L’ambito A prevale per la prima distribuzione di pesi limite, per la seconda A e C pareggiano, e
infine C prevale per la terza e la quarta.
A questo punto si potrà costruire la matrice che riassume i confronti tra le probabilità di prevalenza
nel confronto tra le coppie di alternative
103
La matrice finale sarà quindi la seguente:
A B C Media
A 0 100% 33,3% 133,3% /3 = 44,43%
B 0 0 0 0%
C 66% 100% 0 166,7% /3 = 55,57%
La graduatoria è quindi C, A, B.
104
PPR
ROOC
CEED
DUUR
REED
DII SST
TIIM
MAAD
DEEII D
DIIR
RIIT
TTTII R
REEA
ALLII
Tipologie di diritti reali:
Proprietà
•Usufrutto
•Nuda Proprietà
•Servitù di veduta
•Servitù di elettrodotto
•Servitù di acquedotto
•Servitus non tollendi
Usufrutto. Corrisponde al valore derivante dalla rendita di un immobile soggetto ad usufrutto, per la
durata dell’usufrutto. Va quindi stimata la rendita e la durata dell’usufrutto.
Nuda proprietà. Valore dell’immobile privato del corrispondente valore di usufrutto.
Per l’ Usufrutto:
Se la rendita è pari a:
Ru = Vm x r
con Vm valore di mercato dell’immobile e r saggio di capitalizzazione del reddito. Durata usufrutto
in anni:
n = Asp – E
con Asp aspettativa di vita (determinata in base alle statistiche demografiche) e E età
dell’usufruttuario
Si avrà che il valore dell’usufrutto è pari a:
Vu = Ru (qn-1)/r qn
E per sottrazione il valore della nuda proprietà
Esempio
Valore dell’usufrutto di un alloggio con rendita annua di 6000 euro, saggio 4%. Usufruttuario:
maschio, età 79 anni. Aspettativa di vita: 82-79 = 3 anni (con 82 anni età media al momento della
morte secondo l’ISTAT per i maschi in Italia)
Servitù prediale, acquisibile per usucapione dopo venti anni, o volontaria, per accordo tra
proprietari.
105
Servitù di veduta. Il proprietario che per venti anni non ha realizzato affacci su un fondo ha obbligo
di non poter realizzare vedute da quest’ultimo (detto fondo dominato) su corti di altri fondi (detti
fondi dominanti).
La stima di una Servitù di veduta: il proprietario soggetto a servitù è obbligato per affacciarsi ad
arretrare il fronte dell’edificio (di 3m, secondo il C.C.). Posto che i parametri urbanistici gli
consentano di edificare un volume il cui ingombro occupa la fascia di 1,5 m dal confine, fino alla
distanza d< 1,5m, il proprietario “perde” la possibilità di realizzare un volume pari a 1,5-d per h
(con h altezza dell’edificio).
h d
1,5-d
Servitus non tollendi. Il proprietario soggetto a servitù perde il valore di una parte dell’area
edificabile a causa della riduzione di altezza dovuta alla servitù. Il valore dell’indennità sarà pari
alla differenza tra il valore di mercato dell’edificio realizzato senza limitazione e il valore di
mercato dell’edificio realizzato con la servitù, se non vi è altra possibilità di edificare recuperando il
volume perso.
∆h
Nei due casi precedenti si ha una stima a valore complementare per sottrazione (o valore mancato).
106
D
DIISSC
CIIPPL
LIIN
NAAD
DEEG
GLLII E
ESSPPR
ROOPPR
RII
La nostra Costituzione considera prioritario l’interesse pubblico sulle scelte, ma garantisce la tutela
della proprietà. Quindi l’altalenarsi delle norme ha visto solo per periodi trasitori la prevalenza del
primo punto di vista, che ha prima o poi ceduto il passo al secondo punto di vista, quello che parte
107
dal concetto di giusto ristoro, cioè di indennità come compensazione del valore reale dei beni
espropriati.
Un approccio che tenta di risolvere le questioni legate alla rendita differenziale è quello
perequativo, che prevede una forma di compensazione in suoli ceduti da chi gode della rendita
generata dall’edificabilità delle aree, che secondo Pompei (1998) deve essere pari alla differenza tra
valore agricolo e valore dell’area edificabile (che è funzione dell’indice di edificabilità Iff) ridotta di
un valore pari al profitto dell’imprenditore, pari al 10 del costo di costruzione diviso per mq di
superficie edificabile (anche esso funzione dell’indice di edificabilità Iff, come spiegato nel
paragrafo sulla stima delle aree edificabili.
Vu
VmqAed 10% K=0,1 x k x Iff xAed
10%K/Aed
Vagr
Iff
La legge fondamentale
Questa legge stabilì la procedura espropriativa e le modalità di determinazione dell'indennità
spettante all'espropriato, fondata sull'indennizzo integrale della lesione patrimoniale e quindi sul
giusto prezzo, in caso di esproprio totale, e sul valore complementare, in caso di esproprio parziale.
Un ventennio più tardi, con la legge 15 gennaio 1885 n. 2892 (Legge di Napoli), varata
nell'emergenza di un'epidemia di colera, che richiese l'espropriazione nel centro della città di
numerosi edifici malsani, da abbattere per ricostruirli secondo appropriate norme igieniche, venne
introdotto un nuovo criterio di determinazione dell'indennizzo, basato sulla semisomma tra il valore
venale e il coacervo delle ultime dieci annualità di affitto (o, in mancanza di dati certi, dei redditi
catastali).
108
Infatti la applicazione della norma del 1865, avrebbe penalizzato i proprietari, perché nella
situazione napoletana il valore di mercato era molto più basso di quello reddituale derivante dai fitti,
e quindi corrispondere una indennità basato sul sul valore venale non avrebbe considerato la perdita
della redditualità elevata.
L'indennità venne fissata quindi a una media tra il valore di mercato (Vm) e il valore reddituale ( R)
dato dai fitti, basato su un prefissato saggio di capitalizzazione del 10%.
Nella specifica situazione, l'alto saggio di sconto era per quanto richiamato prima, giustificato
dall'entità degli affitti, elevata rispetto ai modesti valori patrimoniali dei fabbricati, che versavano in
condizioni di rilevante degrado.
La legge emergenziale di Napoli ispirò, successivamente, una serie di provvedimenti legislativi
(ferrovie, strade, edilizia popolare) sostanzialmente finalizzati a contenere le indennità di esproprio.
La Legge di Napoli introdusse un approccio ancora oggi utilizzato per la stima delle aree
edificabili: la media tra valore reddituale e valore di mercato, ogni qual volta le stime determinate
con metodo sintetico (stima del valore di mercato) e analitico (stima per capitalizzazione del valore
reddituale derivante dai fitti o dalle rendite) conducono a stime estremamente discordanti.
Agli inizi della Repubblica, il senatore democristiano Sullo propose l’applicazione del principio
dell’esproprio generalizzato, separando il diritto di uso del suolo a fini edificatori da quello di
proprietà del suolo stesso.
Secondo tale principio la Stato è proprietario del suolo, e i privati possiedono diritti d’uso del suolo
che possono essere revocati attraverso l’esproprio per motivi di pubblica utilità. Tale principio fu
dichiarato incostituzionale, perché non rispettoso dei diritti proprietà così come sanciti nella
Costituzione, così come in varie sentenze lo furono tutte le norme che si susseguirono ispirate a tale
principio.
L’unico corrispettivo era quello del valore agricolo, perché altri valori generati dall’edificabilità
erano da attribuirsi alle decisioni di piano, e quindi le istituzioni revocavano diritti che essi avevano
precedentemente creato con i piani.
Novità di grande rilievo nella procedura e nelle modalità di stima delle indennità furono fissate con
la legge 22 ottobre 1971 n. 865 (Legge sulla casa), successivamente modificata con la legge 28
gennaio 1977 n.1O e con la legge 8 agosto 1992 n. 359 (art.5 bis).
Questo filone normativo introdusse la distinzione dei criteri di stima a seconda che l'espropriazione
riguardasse aree edificabili o non edificabili. Relativamente alle prime, si stabilì un risarcimento
parziale (approssimativamente il 50%) del valore di mercato, basato sulla determinazione
dell'indennità con il criterio a suo tempo introdotto dalla Legge di Napoli.
Con ciò si riconobbe solo parzialmente che il diritto di proprietà comprendesse anche quello di
costruzione. Di fatto il diritto di uso del suolo veniva separato da quello di proprietà del suolo.
Per le aree agricole, si sancì il passaggio da una valutazione dell'indennità caso per caso all'impiego
di valori medi per comparti territoriali omogenei e tipi di coltura (valori agricoli medi, VAM),
determinati annualmente da commissioni di esperti istituite allo scopo. Inoltre, venne affermato il
riconoscimento di un'indennità aggiuntiva anche al conduttore, proprietario e non, a risarcimento
della perdita di reddito di lavoro e d'impresa.
109
Il testo unico degli espropri
Le anzidette normative sono state abrogate e sostituite dal Testo Unico (DPR 8 giugno 2001 n. 327
e decreto legislativo del 27 dicembre 2002 n. 302), che ha tentato una semplificazione e una
sistemazione di tutta la precedente legislazione, ispirandosi ai principi di efficacia, efficienza e
decentramento delle decisioni.
I soggetti dell’esproprio
Il testo unico definisce chiaramente le figure che sono coinvolte in una procedura d’esproprio:
Espropriato: il soggetto pubblico o privato titolare di diritto di proprietà o di altri diritti (ad es. servitù)
sul bene da espropriare per la pubblica utilità.
Autorità espropriante: autorità amministrativa titolare del potere di esproprio che cura il procedimento o
il concessionario di un’opera pubblica a cui in base a disposizioni normative è stato attribuito il potere di
esproprio.
Il beneficiario dell’esproprio: il soggetto pubblico o privato a vantaggio del quale viene emesso il
decreto d’esproprio
Il promotore dell’esproprio: il soggetto richiedente l’esproprio
Tali figure spesso possono ridursi a due (soggetto espropriante, beneficiario e promotore dell’esproprio
possono coincidere)
110
Procedura d’esproprio da (Jovine, 2002)
Determinazione dell’indennità di esproprio con il testo unico, prima delle sentenze della Corte
Costituzionale del 2007 e della sentenza della cassazione del 2011
La legislazione attuale (Legge 359/1992, Articolo 5 bis. E ora Testo Unico) distingue tre ambiti di
esproprio. Vanno distinte tre procedure diverse per
- aree edificate,
- aree edificabili
- aree non edificabili
111
La riduzione non si applica se il proprietario acconsente volontariamente al’esproprio (cessione
volontaria)
IST = 0,5 x (Vm+10 Rd)
L’indennità di esproprio determinata deve essere confrontata con il valore dell’area in base al quale è
stabilita l’Imposta Comunale sugli Immobili (VICI)
L’articolo 5 bis della Legge 359/92, introduce ai fini della stima dell’indennità di esproprio i concetti di
edificabilità legale e edificabilità effettiva. Questa norma è fonte di numerosi contenziosi.
edificabilità legale. Edificabilità riscontrata in base alla strumentazione urbanistica vigente prima del
decreto espropriativo.
edificabilità effettiva. L’edificabilità effettiva è determinata in funzione dell’effettiva condizione di
mercato della zona al momento della apposizione di vincolo o di approvazione di piano. Il testo unico
rimanda ad un regolamento da emettere a carico del Ministero delle infrastrutture, non ancora
promulgato.
112
un esempio di divisione in regioni agrarie
Si considera una indennità aggiuntiva pari al VAM, se l’attività agricola costituisce il reddito principale
dell’espropriato (coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale), e un’ulteriore indennità
pari al VAM per cessione volontaria.
Infine, se il proprietario non coltiva direttamente il fondo, ed esiste un affittuario o un enfiteuta o un
gestore del fondo, che dal fondo trae il reddito principale, Le due indennità vengono ripartite in funzione
del VAM incrementato del 50% per il proprietario, e un corrispettivo del VAM per l’affittuario,
enfiteuta o gestore del fondo, in caso di gestione volontaria.
L’indennità definitiva corrisponde sempre al valore agricolo del fondo realmente coltivato, incrementato
di una quota corrispondente al VAM se il fondo è direttamente condotto dal proprietario. Tale indennità
aggiuntiva va al gestore del fondo se esso non condotto direttamente dal proprietario.
113
L’indennità di esproprio prima delle sentenze della Corte Costituzionale del 2007 e della sentenza
della cassazione del 2011
Proprietario diretto un corrispettivo del tre corrispettivi del Valore agricolo del fondo
coltivatore o imprenditore Valore Agricolo Valore Agricolo + un corrispettivo del
agricolo a titolo principale Medio Medio Valore Agricolo Medio
Proprietario Proprietario un corrispettivo del un corrispettivo del Valore agricolo del fondo
soggetto Valore Agricolo Valore Agricolo
distinto dal Medio Medio incrementato
gestore del del 50%
fondo
Gestore un corrispettivo del un corrispettivo del un corrispettivo del Valore
(affitto,
Valore Agricolo Valore Agricolo Agricolo Medio
enfiteusi,
Medio Medio
comodato)
114
L’indennità di esproprio dopo le sentenze della Corte Costituzionale del 2007 e la sentenza della
cassazione del 2011
Nel 2007, dopo un ricorso alla Corte di Giustizia Europea sulla modalità di determinazione della
indennità di aree edificabili, operata da alcuni imprenditori campani, la Corte Costituzionale, chiamata
ad esprimersi attraverso la sentenza n. 348 del 2007 modifica l’indennità di Esproprio delle Aree
Edificabili, sentenziando che,
“affinché possa realizzarsi un serio ristoro «occorre far riferimento, per la determinazione
dell’indennizzo, al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatte palesi dalla
potenziale utilizzazione economica di esso, secondo legge» e che «il principio del serio ristoro è violato
quando per la determinazione non si considerino le caratteristiche del bene da espropriare ma si adotti
un diverso criterio che prescinda dal valore di esso”,
e riportando conseguentemente al centro della determinazione dell’indennità il Valore Venale del
Suolo.
L’indennità diventa quindi pari al Valore di mercato dell’area edificabile, incrementato del 10%
in caso di cessione bonaria.
L’indennità è invece commisurata al 75% del valore di mercato, quando l’esproprio è operato
per opere realizzate “in favore di interventi di riforma sociale”. Anche in questo caso vale
l’incremento del 10%, che porta l’indennità, in caso di cessione bonaria, all’ 82,5%
Nel 2011, una nuova sentenza costituzionale, riguarda l’Indennità di esproprio dei suoli non
edificabili. La sentenza è la n. 181 del 2011. Essa considera il fatto che i principi alla base della
sentenza 348 del 2007,
“ancorché enunciati da questa Corte solo con riguardo ai terreni edificabili, dovrebbero ritenersi
validi ed operanti anche in relazione ai terreni agricoli e, a maggior ragione, a quelli privi di
possibilità legali ed effettive di edificazione, ai primi equiparati dalla legge n. 359 del 1992 (la
finanziaria dell’articolo 5 bis, ndr), perché nell’attuale contesto storico ed economico l’interesse del
privato all’acquisto di tali categorie di terreni sarebbe determinato dalle possibilità di sfruttarli per fini
diversi da quello di impiantarvi una coltivazione, sicché non sarebbe più predicabile una
corrispondenza tra il loro valore agricolo medio e il loro valore di mercato.”
L’indennità diventa quindi pari al valore di mercato dell’area non edificata, non determinabile in
via automatica facendo riferimento al VAM in caso sia inedificabile, ma soggetta a stima caso per
caso. Il VAM resta comunque un riferimento, ma non certo “obbligatorio”.
115
C
CAAT
TAASST
TOO
Il catasto può essere definito come l’inventario dei beni immobiliari situati in un territorio. Il suo scopo
è di natura fiscale, essendo la classificazione finalizzata a determinare le rendite dei suddetti beni, in
funzione dell’imposizione di oneri fiscali.
In funzione della natura dei beni stessi (terreni agricoli e fabbricati urbani), in Italia esistono due catasti:
- Il Nuovo Catasto Terreni (NCT)
Il Nuovo Catasto Edilizio Urbano (NCEU), ora Catasto Fabbricati (CF)
In particolare, il Catasto Edilizio Urbano è stato costituito in base alla Legge n. 652 del 13.4.1939, ed è
stato normato fino al 2000 dal DPR 1142/49.
Recentemente è stata approvata una riforma radicale con il DPR 138/98 che lo ha trasformato in catasto
Fabbricati.
Viene denominato fondo, invece, una particella che abbia come confini di proprietà linee stabili e
precise o linee destinate a diventare confini determinate con un precedente tipo di frazionamento (fondo
potenziale).
Non sono fondi, invece, le particelle delimitate da linee dividenti di qualità e classi, per loro natura
labili.
116
Il catasto edilizio urbano, rappresenta l'inventario delle unità immobiliari urbane realizzato in
esecuzione del R.D. 13 aprile 1939, n.652, convertito nella legge 11 agosto 1939, n.1249, che reca il
titolo: "Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del
nuovo Catasto edilizio urbano" (N.C.E.U.).
Questa legge ha segnato una svolta decisiva sia nel sistema di accertamento degli immobili urbani sia
nella determinazione del loro reddito imponibile come chiaramente si evince dai seguenti criteri
fondamentali:
• l'accertamento generale degli immobili urbani è eseguito per unità immobiliare (art. 3) considerando
(art. 5) unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa
utile e atta a produrre un reddito proprio;
• per la determinazione della rendita (art. 8), le unità immobiliari di ciascun comune o porzione di
comune sono distinte, a seconda delle loro condizioni estrinseche ed intrinseche, in categoria e ciascuna
categoria in classi;
• la rendita catastale (art. 9) è la rendita media ordinariamente ritraibile al netto delle spese e perdite
eventuali e al lordo soltanto della imposta fabbricati, delle relative sovrimposte e dei contributi di ogni
specie;
In relazione a quanto previsto dalla suddetta disposizione e parallelamente ripreso dalle norme fiscali,
l'ordinamento dell'imposta non persegue il reddito individuale di ciascuna unità oggetto di accertamento
ma quello delle categorie e classi in cui le unità sono inquadrate e, sopratutto, l'imposta non viene
commisurata al reddito lordo individuale di ciascuna unità immobiliare, al netto di una detrazione fissa,
ma alla rendita media ordinaria della categoria e classe in cui essa è inquadrata, determinata con
riferimento alle unità immobiliari di quella categoria e classe e con analisi approfondite dei redditi lordi
e delle passività che si concretano nella determinazione di due elementi economici caratteristici di
ciascuna categoria e classe: la rendita catastale unitaria (cioè la tariffa) e la percentuale di detrazione.
Quello configurato dalla legge citata è dunque un catasto per classi e tariffe, cioè analogo a quello
formato per i terreni in base alla legge “Messedaglia” di perequazione fondiaria del 1° marzo 1886, n.
3682.
L'oggetto dell'accertamento, cosi come dispone l'art. 1 della legge istitutiva del N.C.E.U., è l'esecuzione
a cura dello Stato dell'accertamento generale dei fabbricati e delle altre costruzioni stabili non censite al
catasto rustico, allo scopo di:
• accertare le proprietà immobiliari urbane e determinarne la rendita;
• costituire un catasto generale dei fabbricati e degli altri immobili urbani che si
denomina, nuovo catasto edilizio urbano."
L'art. 4, successivo, precisa che "si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili
di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali", e che "sono considerati come costruzioni
stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo".
L'art. 38 del Regolamento per la formazione del nuovo Catasto edilizio urbano approvato con D.P.R. 1°
dicembre 1949, n. 1142, chiarisce infine che "sono soggetti all'accertamento tutti i fabbricati e le
costruzioni stabili definite all'ari. 4 della legge".
Sono esclusi dall'accertamento:
a) i fabbricati rurali;
b) i fabbricati di proprietà della Santa Sede di cui agli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato Lateranense
del 1° febbraio 1929.
117
Poiché le anzidette disposizioni nulla sostanzialmente hanno innovato rispetto alle disposizioni vecchie
e vigenti in materia di imposta sui fabbricati, sulla scorta della giurisprudenza formatasi
precedentemente all'entrata in vigore del nuovo catasto, agli effetti dell'imposta si deve intendere per
fabbricato ogni combinazione di materiali di qualsiasi genere assieme riuniti o saldamente connessi, in
modo da formare un tutto omogeneo di forma particolare e prestabilita, atto all'uso cui la costruzione è
destinata e l'espressione stabile costruzione altro non significhi se non la definitiva permanenza
dell'edificio nel luogo in cui è posto per sua espressa destinazione, di guisa che non possa rimuoversi,
per trasportarlo da un luogo all'altro senza scomporlo almeno in parte, rompendo o distruggendo le
aderenze che lo tengono avvinto stabilmente al suolo.
Per quanto concerne l'unità immobiliare, l'elemento minimo inventariale sul quale è basato
l'accertamento, (in precedenza è stata citata la definizione data dalla legge istitutiva a questa entità), la
definizione è stata interpretata e completata come segue dall'articolo 4 del Regolamento: "Si accerta
come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato o insieme di fabbricati
che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l'uso
locale, un cespite indipendente".
Questa definizione, pur rispettando la legge istitutiva, ha assai meglio puntualizzato il concetto stesso e,
soprattutto, lo ha completato in modo da renderlo applicabile, senza perplessità, in sede pratica.
Anzitutto la nuova formulazione, col sostituire l'espressione "ogni parte di immobile" con l'altra "ogni
fabbricato, porzione di fabbricato, insieme di fabbricati" ha esteso il concetto a tutti i casi possibili di
unità immobiliari dato che, come si è già avvertito, l'unità immobiliare può essere costituita sia da un
fabbricato intero (convitto, scuola ecc.) sia da una porzione di fabbricato (appartamento, bottega ecc.)
sia infine da un insieme di fabbricati (opifìcio, ospedale costituito da diversi padiglioni ecc.). in secondo
luogo, la nuova formulazione ha introdotto un elemento nuovo di insostituibile importanza per un
catasto, e cioè quello dell'appartenenza allo stesso proprietario. In terzo luogo, all'espressione vaga "atte
a produrre un reddito proprio" è stata sostituita l'altra assai più precisa "che rappresenta, secondo l'uso
locale, un cespite indipendente" la quale non solo chiarisce che l'unità deve dare un reddito indipen-
dente, meglio che proprio, ma inserisce il significato di unità immobiliare nell'ambito degli usi locali15,
cosa altrettanto importante per un catasto, senza peraltro inficiare il concetto originario.
In definitiva, l'unità immobiliare urbana è costituita da una porzione di fabbricato, un intero
fabbricato o gruppi di fabbricati ovvero da un'area suscettibile di autonomia funzionale e di redditività.
Enti urbani e fabbricati rurali nel passaggio dal Catasto edilizio Urbano al catasto Fabbricati
(Magni, 2004)
Fino al 1994 dovevano essere censiti al Catasto (il N.C.E.U.) tutti gli stabili urbani, cioè gli stabili
che fossero
- non rurali
- stabilmente ancorati al suolo (anche se sospesi o galleggianti).
118
- è l’abitazione delle persone (e dei famigliari e conviventi a carico) addette alla coltivazione o alla
custodia dei lavoratori, dei fondi e del bestiame;
- è un ricovero per animali;
- è una luogo di custodia di macchine e attrezzi;
- è un’opera volta alla protezione delle piante (esempio: serra) e/o alla conservazione dei prodotti
agricoli e zootecnici (esempio: silos).
Dal 1998 tutte le nuove costruzioni rurali devono essere direttamente censite nel C.d.F.; le
costruzioni rurali già censite in precedenza al N.C.T. devono passare al C.d.F. entro un periodo di
transizione: il passaggio sarà fatto se si avrà un caso d’uso, ossia variazioni oggettive o soggettive.
Nel frattempo, però, gli Uffici dell’Agenzia del Territorio dovranno acquisire tutte le informazioni
censuarie (caratteristiche
censuarie, ditte intestate), presenti nel N.C.T.
Il passaggio dei fabbricati rurali al C.d.F. ha però comportato una scissione nel modo di vedere i
fabbricati rurali: essi, infatti, sono trattati nel C.d.F. a livello catastale e nel N.C.T. a livello fiscale,
in relazione alle attività agricole a cui sono connessi.
Oltre ai fabbricati urbani e rurali, il C.d.F. deve censire anche alcuni stabili che non hanno
attribuzione di reddito e che quindi vengono solo identificati; essi sono:
- fabbricati in costruzione o in definizione,
- costruzioni altamente degradate e inabili a produrre reddito,
- aree urbane,
- lastrici solari.
Consistenza espressa in vani utili (edifici residenziali). La consistenza espressa in vani utili si
calcola come numero di vani e di frazioni di vano, tenendo conto che i vani vengono contati come
unitari se sono utilizzati normalmente. Oltre una certa soglia di superficie il vano incrementa di
frazioni di vano. Gli altri vani adibiti a differenti usi vengono classificati con un incidenza pari a una
frazione di vano (1/3,1/4 ecc, a seconda dell’uso)
Consistenza espressa in unità di volume o di superficie (edifici residenziali ad uso pubblico ed
edifici commerciali). Si parte dalla volumetria lorda o dalla superficie lorda, per poi utilizzare dei
coefficienti moltiplicatori in funzione dell’incidenza dei vari tipi di volume o superficie.
Con il nuovo catasto la consistenza è espressa per tutti gli edifici ordinari in mq di superficie
catastale.
119
Con il DPR 138/1998, è prevista la suddivisione di ogni zona censuaria in microzone. La microzona
rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un
intero territorio comunale, che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-
ambientali, socio-economici, nonché nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane. In ciascuna
microzona, le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e
destinazione prevalenti. La microzona individua ambiti territoriali di mercato omogenei sul piano dei
redditi e dei valori, in particolare per l'incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità
immobiliari.
Le operazioni di formazione del Catasto fabbricati sono: -
• qualificazione
• classificazione;
formazione delle tariffe;
• accertamento e classamento.
La qualificazione consiste nell'individuare in ciascuna zona le varie categorie di immobili, secondo la
destinazione:
120
C/1 Negozi e botteghe, compresi i ristoranti, le trattorie,
C/2 Magazzini e locali di deposito
C/3 Laboratori per arti e mestieri, locali artigiani
C/4 Fabbricati e locali per esercizi sportivi
C/5 Stabilimenti balneari e di acque curative
C/6 Stalle, scuderie, rimesse, autorimesse
C/7 Tettoie chiuse od aperte
Immobili a destinazione speciale - gruppo D
D/1 Opifici, cabine elettriche e autosilos dotati di impianti di sollevamento delle autovetture
D/2 Alberghi, pensioni e villaggi turistici
D/3 Teatri, cinematografi, arene, discoteche, parchi giochi, sale per concerti e spettacoli e simili
D/4 Case di cura ed ospedali con fine di lucro
D/5 Istituti di credito, cambio ed assicurazioni
D/6 Fabbricati e locali per esercizi sportivi con fine di lucro
D/7 Fabbricati industriali discariche, campi sportivi con fine di lucro
D/8 Fabbricati commerciali parcheggi a pagamento,
campeggi, supermercati a serre, centrali del latte
D/9 Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a pedaggio
Immobili a destinazione particoaare - gruppo E
E/1 Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei
E/2 Ponti comunali provinciali soggetti a pedaggio
E/3 Costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche: Edicole per giornali e simili, chioschi per
bar, per rifornimenti di auto per sale di aspetto di tranvie, ecc., pese pubbliche, ecc.
E/4 Recinti per mercati, per posteggio bestiame, ecc.
E/5 Fortificazioni e loro dipendenze
E/6 Fari, semafori, torri d’orologio
E/7 Fabbricati destinati all' esercizio pubblico dei culti
E/8 Fabbricati cimiteriali
E/9 Edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E, comprese
le discariche per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, quando la loro gestione non configura fonte
reddituale
A partire dal 1998 (DPR n. 138/98) ai fini della creazione del Catasto urbano è stato adottato il nuovo
quadro nazionale di qualificazione, che prevede le seguenti categorie.
• Categorie di unità immobiliari ordinarie:
- residenze e autorimesse (gruppo R);
121
- categorie di unità immobiliari di tipo pubblico e culturale (scuole, uffici case di cura, collegi ecc.)
(gruppo P);
- categorie di unità immobiliari di tipo terziario e commerciale (negozi, magazzini, uffici, pensioni,
alberghi) (gruppo T).
Con la classificazione, ogni categoria di fabbricati ordinari viene divisa in tante classi quanti sono i
gradi di diversa capacità contributiva, tenendo conto dei fattori che influenzano il reddito. Lo scarto fra
il reddito di due classi successive è del 15%. Contrariamente al Catasto terreni, la classe prima
rappresenta quella con il reddito più basso e il numero di classi non è preventivamente determinato.
La formazione delle tariffe consiste nella determinazione della rendita catastale, per unità di consistenza,
da attribuire a ciascuna categoria di immobile.
La rendita catastale è la rendita lorda media ordinaria ritraibile dall'immobile, detratte le spese di
riparazione, manutenzione ed eventuali perdite.
Per le categorie a destinazione ordinaria (R, P, T), la tariffa rappresenta il reddito per metro quadrato di
superficie catastale. Per ogni zona censuaria, il reddito è differenziato per categoria e, all'interno di
queste, per classi. In base al DPR 138/1998, le tariffe sono determinate con riferimento all'epoca
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censuaria 1996/97. La ridefinizione delle categorie non è stata ancora attuata, pertnanto le misure
di consistenza e le categoria non sono quelle previste dalla riforma ma quelle pre-riforma.
Ai fini del Catasto fabbricati, le tariffe d'estimo vengono determinate con riferimento al mercato
immobiliare e precisamente:
• ai canoni locativi medi ordinari;
• ai prezzi medi di compravendita e ai relativi saggi di fruttuosità.
Con il primo procedimento, il reddito imponibile è ricavato sottraendo dal canone ordinario di locazione
le spese e le perdite, escluse le imposte:
Rc= RPL-( Q+Sv+Am+Sf+Ines+I)
dove:
Rc = reddito imponibile catastale
RPL = reddito padronale lordo
Q = quote di ammortamento, manutenzione e assicurazione
Sv = spese varie
Am = amministrazione
Sf= sfitto
Ines = inesigibilità
I= interessi.
Con il secondo procedimento, il reddito catastale delle UIU viene calcolato applicando un saggio di
interesse al valore dell'immobile. Si ottiene così il beneficio fondiario (Bf), a cui vanno aggiunti gli
oneri relativi all'imposta e contributi vari.
Il valore dell'immobile viene stimato in base al valore di mercato della UIU; nel
caso il mercato non offra elementi di paragone si valuta in base al costo di ricostruzio
ne, compreso il costo dell'area. Il valore deve essere comunque riportato a condizioni
di media vetustà del fabbricato.
Rc = Bf + a x Rc
Rc= Bf / (1-a)
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La rendita catastale è la rendita lorda media ordinaria ritraibile dall'immobile, detratte le spese di
riparazione, manutenzione ed eventuali perdite.
Per le categorie a destinazione ordinaria (R, P, T), la tariffa rappresenta il reddito per metro quadrato di
superficie catastale. Per ogni zona censuaria, il reddito è differenziato per categoria e, all'interno di
queste, per classi. In base al DPR 138/1998, le tariffe sono determinate con riferimento all'epoca
censuaria 1996/97.
Ai fini del Catasto fabbricati, le tariffe d'estimo vengono determinate con riferimento al mercato
immobiliare e precisamente:
• ai canoni locativi medi ordinari;
• ai prezzi medi di compravendita e ai relativi saggi di fruttuosità.
Per ogni singola UIU la rendita catastale viene determinata moltiplicando la misura di consistenza per la
relativa tariffa.
Per le unità immobiliari urbane a destinazione speciale, la rendita catastale si determina, per ogni
singolo immobile, in base al reddito ordinario ritraibile da quell'immobile, al netto delle spese e al lordo
delle imposte.
Il classamento consiste nel collocare ogni UIU nella categoria e classe che le com-pete, confrontandola
con le unità tipo che servono come termine di paragone. Si determina prima la categoria, in base alla
destinazione ordinaria e alle caratteristiche costruttive, quindi la classe.
Il classamento viene effettuato in modo automatizzato sulla base di parametri di riferimento che
descrivono gli elementi di maggiore rilievo che influenzano la redditività di un fabbricato (classamento
parametrico). Tali elementi sono quantificati attraverso:
• il fattore posizionale
• il fattore edilizio
fattore posizionale è il parametro rappresentativo dei caratteri della microzona, nonché dello stato e
della qualità dei luoghi circostanti il fabbricato, con particolare riferimento a quelli aventi destinazione
pubblica e sempreché siano permanenti e significativi ai fini del classamento.
Il fattore edilizio rappresenta il livello qualitativo dell'unità immobiliare e del fabbricato, in relazione a:
- dimensione e tipologia;
- destinazione funzionale;
- epoca di costruzione;
- struttura e dotazione impiantistica;
- qualità e stato edilizio;
- pertinenze comuni ed esclusive;
- livello di piano.
II classamento complessivo è dato dall'aggregazione del fattore posizionale medio e del fattore edilizio.
Il reddito imponibile risulta dal prodotto della consistenza catastale dell'unità immobiliare per la tariffa
della categoria e classe in cui l'unità è collocata.
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Es. Scheda di rilievo catastale per il classamento
Pubblicazione e attivazione
Nell'ambito della nuova revisione, le rendite catastali sono oggetto di pubblicazione per 180 giorni, con
la facoltà per i contribuenti interessati di presentare osservazioni. L'attivazione consiste nella correzione
degli atti a seguito delle osservazioni sollevate e per le variazioni avvenute durante la pubblicazione.
Conservazione
La conservazione consiste nell'aggiornamento degli atti catastali nel tempo.L'aggiornamento degli atti
catastali avviene rispetto ai seguenti tre ordini di mutazioni:
• mutazioni soggettive, cioè relative agli intestati, che avvengono attraverso la voltura catastale;
• mutazioni oggettive, relative allo stato e/o alla destinazione degli immobili;
• denunce di nuova costruzione.
I documenti e le pratiche catastali
I principali documenti del Catasto fabbricati sono:
• mappa urbana;
• elenco degli immobili (ex schedario o prontuario dei numeri di mappa);
• elenco degli intestati (ex schedario dei possessori);
125
• schedario delle partite;
• elenco stradario;
• planimetria delle unità immobiliari.
126
B
BIIB
BLLIIO
OGGR
RAAFFIIA
ADDII R
RIIFFE
ERRIIM
MEEN
NTTO
O
127
SSIIN
NTTE
ESSII -- 11
Contesto- Aspetto Metodo Tecnica di stima
problema di stima economico-
Criterio di stima
compravendita di un Valore di mercato Sintetico Diretto, Media Gaussiana L’immobile è semplice
immobile monoparametrico, teoria nelle sue caratteristiche, e
dell’ordinarietà si suppone che la
distribuzione dei prezzi sia
gaussiana
Sintetico, pluriparametrico, Somma della superficie L’immobile è composto da
superfici convenzionali residenziale e di superfici più parti, rispetto alle quali
convenzionali corrispondenti ad non si considerano
altre parti, moltiplicata per rapporti di
valore unitario superficie complementarità
residenziale
Sintetico, pluriparametrico, Prodotto del valore di mercato L’immobile è composto da
punti di merito corrispondente alla parte più parti, rispetto alle quali
residenziale per coefficienti non si considerano
correttivi rapporti di
complementarità
Sintetico, pluriparametrico, Somma del prodotto della L’immobile è composto da
valori tipici dimensione delle differenti parti più parti, rispetto alle quali
per i corrispondenti valori tipici non si considerano
unitari rapporti di
complementarità
Sintetico, pluriparametrico, Ricerca della retta di regressione
Regressione lineare
Analitico Capitalizzazione della rendita
netta
Valore di surrogazione Stima sintetica per Metodi di stima del valore di compravendita di un
surrogazione del valore di mercato, metodi per punti di immobile con pochi
immobili non simili, con merito riferimenti di mercato (ad
uso di coefficienti per esempio antico)
l’obsolescenza
Valore di costo Stima per determinazione Metodi di stima del valore di compravendita di un
del costo di costruzione, costo immobile con pochi
incrementato dell’utile riferimenti di mercato (ad
imprenditoriale, esempio edificio
eventualemenrte corretto singolare)
da coefficienti di
obsolescenza se
l’immobile non è recente
Realizzazione di un Valore di costo Sintetico Diretto, Media Gaussiana
opera progettuale monoparametrico, teoria
dell’ordinarietà
Sintetico, pluriparametrico, Ricerca della retta di regressione
Regressione lineare
Misto, pluriparametrico, Somma dei costi di
per elementi funzionali realizzazione di ogni elemento
funzionale
Analitico Computo metrico estimativo
Compravendita di un Valore di Analitico Il valore massimo accordabile
area edificabile trasformazione all’area è pari alla differenza tra
valore dell’area edificata, meno
costi, meno utile imprenditoriale
Valore di mercato Sintetico Metodi di stima del valore di
mercato
Danno subito da un Valore complementare Diretto Differenza tra valore di mercato Danno subito da un
immobile prima del danno e valore di immobile per perdita di
mercato parte residua una parte
Diretto Differenza tra valore di mercato Danno subito da un
prima del danno e valore di immobile per perdita di
mercato dopo il danno una caratteristica (ad es.
visuale per propsicienza di
un edificio abusivo)
Valore di costo Analitico Stima del costo necessario alla Non si considerano
ricostruzione della parte persa rapporti di
complementarità tra parte
persa e parte residua
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SSIIN
NTTE
ESSII -- 22
Contesto-problema di Aspetto economico- Metodo Tecnica di stima
stima Criterio di stima
Convenienza economica Valore di Analitico La differenza tra valore senza riferimenti a periodi
di una trasformazione dell’immobile ristrutturato, definito
ristrutturazione/restauro, meno costi, meno il valore
dell’immobile prima della
ristrutturazione, deve essere
maggiore o uguale dell’utile
imprenditoriale
Analisi costi ricavi, Analitico Differenza tra somma di ricavi e facendo riferimento ad un
ricerca di VAN e SRI costi sostenuti nel corso degli periodo definito (ad
anni, maggiore di zero esempio 10 anni)
Valore sociale di un Valore di costo Sintetico Diretto, Media Gaussiana con valori
servizio realizzabile con monoparametrico, teoria unitari di costi di opere simili
un opera pubblica dell’ordinarietà
Sintetico, pluriparametrico, Ricerca della retta di regressione
Regressione lineare
Misto, pluriparametrico, Somma dei costi di
per elementi funzionali realizzazione di ogni elemento
funzionale
Analitico Computo metrico estimativo
Valore d’uso sociale di Valore di surrogazione Si stima la disponibilità a
un bene pagare per usufruire del
ambientale/culturale bene o per conservarlo
Si stima l’impegno di
spesa (ad esempio per il
trasoporto) affrontato per
accedere usufruire del bene
Priorità di intervento Valore sociale Si stima per confronto con Metodi di analisi multicriteri tenendo conto di tutti gli
pubblico su un bene complesso altri beni aspetti sociali, ambientali
e culturali
Van e SRI nell’analisi Si stima per confronto con Metodi di analisi multicriteri tenendo conto degli aspetti
costi benefici altri beni sociali, ambientali e
culturali monetizzabili
Stima di un fondo Valore di mercato Si stima in funzione Stima sintetica
agricolo dell’ordinamento culturale
e dell’estensione
Valore patrimoniale Si effettua la soma dei Stima per valori tipici
valori di tutti gli elelemti
che compongono il fondo
agricolo
Si stima per Si stema derivando il Stima per capitaliozzazione
capitalizzazione del beneficio fondiario dal
Beneficio fondiario reddito aziendale netto
Stima indennità di Valore di mercato Stima sintetica Aree edificate
esproprio
Valore di mercato e Semisomma valore di Aree edificabili
valore per mercato e dieci rendite
capitalizzazione annuali
Valore di mercato Stima sintetica del Valore Aree non edificabili
Agricolo Medio
Stima rendita catastale Valore di mercato Stima sintetica / analitica
Stima servitù di veduta, Valore complementare Stima del valore del bene Differenza tra il valore dl bene
di non elevazione soggetto a servitù prima dell’apposizione della
(servitus non tollendi) servitù, e dopo
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