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CORSO DI LAUREA

IN INGEGNERIA EDILE ARCHITETTURA

APPUNTI DEL CORSO DI ESTIMO


PER ING. EDILE N.O. E ING. EDILE ARCHITETTURA

C. M. TORRE
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DII E
ECCO
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OMMIIA
A

L’economia si basa fondamentalemente su una lettura delle motivazioni che guidano i


comportamenti umani e sul loro rapporto con risorse che per loro caratteristiche possono essere
definite “beni economici”.

Classificazione dei beni economici.


Gli individui assegnano alle risorse valori d’uso e concordano attraverso la produzione di leggi, di
regole e attraverso le consuetudini, l’attribuzione ai soggetti (individui, associazioni di individui e la
collettività) i diritti di uso dei beni.
Da questi presupposti deriva la natura economica delle discipline che si occupano della valutazione
di beni economici, tra le quali si colloca l’Estimo.
Perchè un bene possa essere definito economico deve essere scarso, deve cioè essere limitata la sua
accessibilità e la sua possibilità di uso in funzione della domanda si uso del bene stesso, e su di esso
deve essere possibile definire un diritto d’uso di uno o più individui, o di tutta la collettività.
Per rarità si intende la scarsità del bene, in rapporto alla sua utilità. Se una popolazione di n
individui beneficia di una utilità esplicata da un bene x, l’impossibilità di soddisfare la domanda di
uso o di possesso di tutti gli n individui è misura della scarsità del bene.
Il tema della scarsità delle risorse trova ampia accoglienza nelle idee e nelle teorie dei padri delle
scienze economiche . Secondo Adam Smith (1723-1790) la ricchezza delle nazioni si fonda sulla
costruzione di un equilibrio tra produzione e domanda, nel quale ciascun individuo è in grado di
trovare il propriop benessere. Ma questo equilibrio è basato sulla disponibilità di risorse da
trasformare in beni economici. D. Ricardo 1770-1823 individua i seguenti elementi fondamentali
della produzione:
· Terra (risorse naturali)
· Lavoro (tecnologia e risorse umane)
· Capitale
Su cui si fonda la microeconomia.
Il diritto di uso di un bene può coincidere con la proprietà, l’usufrutto, l’affitto, una servitù e così
via. In funzione della natura individuale o collettiva di chi esercita il diritto di proprietà i beni
possono essere distinti in
- beni privati, liberi o di mercato. La loro proprietà è divisibile tra un numero discreto di
soggetti, che possono trasmettere attraverso una espressione di volonta o un contratto la
stessa. Vale cioè il principio di esclusività: ciò che è tuo non è mio e viceversa.
In tale caso il diritto d’uso può essere trasferito attraverso una compravendita per un tempo
indeterminato, attraverso un contratto di fitto per un tempo limitato. Il trasferimento
attraverso la compravendita prevede che chi cede il bene trasferendone il diritto di proprietà
ad un altro possa ricevere una somma in denaro. Tale somma rappresenta il prezzo della
compravendita. Se il trasferimento è parziale , limitato nel tempo e l’uso è regolato
attraverso un contratto, il proprietario che rinuncia per tale tempo all’uso del bene potrebbe

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ricevere una somma in denaro periodicamente da chi eserciterà l’uso del bene. Tale somma
corrisponde ad una rendita lorda periodica.
- beni pubblici, collettivi e beni comuni. Un bene pubblico è di proprietà di un insieme di
soggetti, che hanno tutti contemporaneamente diritti su di esso, ma non possono trasmetterli
secondo la loro volontà. Non vale il principio di esclusività.
La costa ad esempio è un bene demaniale, utilizzabile da una parte della collettività (i
bagnanti, i pescatori, ecc) secondo regole imposte dalla legge. Un bene comune, un
“common”, è un bene di uso della collettività la cui proprietà non è attribuibile in maniera
certa.
I beni economici possono quindi essere classificati in beni materiali e immateriali. Il diritto di uso
non è attribuibile sono a categorie di oggetti materiali, ma anche a prodotti immateriali, quali
progetti, opere d’arte musica (opere letterarie, musicali), programmi informatici, brevetti ecc. L’uso
di tali beni può comportare un guadagno per chi li ha realizzati e li ha diffusi, quindi l’economia si
occupa anche di essi.
Una classificazione ulteriore riguarda i beni materiali, in funzione della loro modalità d’uso:
- Beni diretti
- Beni strumentali
- Beni diretti (o di consumo). Soddisfano un bisogno diretto, esplicabile attraverso la loro
acquisizione (cibo, abbigliamento, alloggi, etc)
- Beni strumentali (o capitali). Sono strumentali alla produzione di beni diretti (ad esempio, i
materiali da costruzione)
Il loro uso si può esplicare una sola volta (come per il cibo) o più volte (come per un capo
d’abbigliamento), e quindi i beni possono essere di uso singolo o di uso ripetuto.
I beni materiali di uso ripetuto possono subire una obsolescenza, perché lo sviluppo tecnologico può
condurre alla produzione di nuovi beni che svolgno la stessa funzione di quelli già esistenti, ma con
modalità migliori, o possono degradarsi in funzione della ripetibilità del loro uso, subendo un
deprezzamento. Essi avranno un ciclo di vita utile in funzione del numero di cicli di uso che possno
sopportare.

Una ulteriore caratteristica dei beni materiali è in funzione della loro possibilità di essere spostati:
- Beni mobili, possno essere spostati
- Beni immobili, non possono essere spostati
I beni che interessano prevalentemente l’estimo sono ovviamente gli edifici, i beni architettonici,
industriali, i terreni e i fondi agricoli.

In funzione della “somiglianza” due beni possono essere uno rispetto all’altro:
- Identici, se tutte le loro caratteristiche sono uguali
- Simili, se i due beni differiscono per una sola caratteristica
- Dissimili, se i due beni hanno una solo caratteristica uguale e tutte le altre differenti.

Le classificazioni elencate sono solo apparentemente oggettive.

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Ad esempio, a proposito della distinzione tra beni diretti e strumentali, alcuni beni possno essere
strumentali o diretti perché possno svolgere una funzione diretta o una strumentale. Una pietra può
essere usata come fermacarte o può essere usata insieme ad altre per costruire una parete “a sacco”.
La similarità di due beni invece dipende dal significato che viene attribuito alla “caratteristica”.
Estremizzando il concetto potremmo dire che non esistono beni identici o simili, se consideriamo
anche caratteristiche microscopiche.
E’ quindi ovvio che ci riferiamo ad una categoria di caratteristiche che possno diversificare da un
punto di vista economico due beni. Possiamo dire in maniera non molto rigorosa che si considerano
le caratteristiche come quegli elementi che possono fare emergere in un individuo differenze di
scelta tra un bene ed un altro.
La distinzione tra beni pubblici e privati dipende dalle leggi che regolano l’uso. Un edificio storico
adibito a museo può essere considerato un bene privato, se è di proprietà di un individuo, ma può
essere considerato pubblico per il suo valore culturale, che magari induce la collettività a utilizzare
fondi pubblici per supportare il proprietario nella sua conservazione.

Valore d’uso dei beni privati - Teoria dell’Utilità

L’utilità è la misura del rapporto tra un bene ed un soggetto che ha per obiettivo la massimizzazione
del utilità erogabile dal bene stesso attraverso il suo uso o il suo possesso (Jewons).
In funzione dell’utilità che gli individui attribuiscono ai beni, essi sono stati indotti ad acquisirne
l’uso o il possesso attraverso inizialmente attraverso scambi con altri beni (il baratto), e dopo
l’istituzione della moneta, attraverso compravendite, affitti, noleggi ecc., manifestando la volontà di
cedere risorse monetarie aquivalenti alla misura di tale utilità
Considerando le principali azioni che gli individui compiono per acquisire il possesso o l’uso di un
bene esistono l’economia ha considerato due principali categorie di valori legate:
al costo di produzione di un bene
al prezzo che esso ha in un mercato.

Il valore d’uso di un bene è quindi funzione nell’economia classica dell’Utilità che esso esplica.

V = f (u)
L’utilità di bene secondo gli economisti classici deve essere almeno pari al costo della produzione
di quel bene, secondo gli economisti neoclassici deve essere almeno pari al prezzo erogato per
acquisire l’uso o il possesso del bene.

U = f (c) e U=f(p)

Infatti razionalmente l’utilità di un bene deve almeno corrispondere alle risorse spese per produrlo,
e/o alle risorse scambiate per ottenerne l’uso o il possesso.
Questa seconda affermazione porterebbe al paradosso che beni prodotti con lo stesso costo
dovrebbero avere tutti lo stesso prezzo. Così non è.

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Se lo scopo economico perseguito è quello dell’acquisizione di una utilità attraverso l’acquisto di un
bene, l’aspetto economico che definisce il comportamento è il valore di mercato. Ciascun individuo
riconosce ad un bene un valore d’uso corrispondente al corrispettivo che è disponibile a pagere per
acquisire il diritto d’uso. Ciò significa in maniera estremamente riduttiva, come si vedrà in seguito,
che l’economia è mossa fondamentalmente dai bisogni individuali che si ricompongono in un
mercato. Vanno quindi analizzati i comportamenti dei produttori e dei consumatori nel mercato.

Comportamento dei consumatori


Il comportamento economico di un individuo è funzione del perseguimento dell’utilità, che
ciascuno aluta secondo le proprie necessià. Però ogni individuo agisce secondo tre principi di
razionalità economica.
Il primo principio è il Principio edonistico: ciascun individuo si dota di una quantità di beni tale da
massimizzare il suo vantaggio spendendo razionalmente le sue risorse finalizzate all’acquisizione
dei beni, massimizzando l’utilità generata dall’acquisizione di beni con il minimo dispendio.
L’utilità che un bene esplica non è un fatto assoluto. Ogni individuo ha una sua utilità a godere di
un bene, e ogni individuo soddisfa le sue esigenze attraverso l’uso o il possesso di più beni. Quindi
ogni individuo attribuirà un valore diverso al bene, in funzione di una serie di fattori:
- utilità relativa: esistono beni primari, beni voluttuari e beni intermedi, chi ha soddisfatto i suoi
bisogni primari tenterà di perseguire quelli secondari ecc (Maslow).

Utilità
relativa

Utilità
relativa

Bisogni secondari

Bisogni primari

Piramide di Maslow

- utilità marginale: l’individuo può avere già una certa quantità di un bene x e quindi sentirà una
minore esigenza ad aumentare la quantità di quel bene in suo possesso.
L’utilità generata per un individuo dal possesso o dall’uso di beni incrementa all’aumentare dei beni
usati o posseduti dall’individuo stesso, e cambia da individuo a individuo. Per ogni individuo, però
l’incremento di utilità generato all’aumentare della quantità del bene di cui si dispone va
decrescendo man mano che il numero di beni aumenta, per il principio di sazietà.
L’Utilità totale U aumenta sempre più lentamente, mentre l’Utilità marginale Um: Utilità fornita
dall’ultima porzione di bene acquisito, (corrispondente alla derivata di U rispetto alla quantità X)
diminuisce.
Um = dU/dX

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U Utilità totale

X=quantità di beni usati o posseduti

Um=dU/dX Utilità marginale

X=quantità di beni usati o posseduti

L’ultimo principio tratta la generazione di utilità ottenuta dalla combinazione di beni: secondo il
concetto di indifferenza: sono indifferenti tutte le combinazioni di quantità di beni che inducono la
stessa utilità per un individuo. Sulla curva del grafico la somma delle quantità di A e B fornisce
sempre la stessa utilità
U(A1+B1)=U(A2+B2)

A 1 C u rv a
A 2 d i in d iffe re n z a

B 1 B 2

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Rapporto tra produzione e curva di offerta. Formazione dei prezzi
L’offerta di un bene dipende dalla convenienza a produrlo in una data quantità. Questa conveneinza
dipende, tra l’altro, dalle caratteristiche dei fattori della produzione del bene.
Sono fattori della produzione le imprese, la tecnologia, la manodopera e i beni strumentali(materie
prime)
Ogni produzione ha dei costi che possono essere fissi, cioè indipendenti dalla quantità di prodotto, e
variabili, cioè dipendenti dalla quantità di prodotto. A seconda delle caratteristiche del ciclo
produttivo, ci sono intervalli di produzione delle quantità di beni all’interno dei quali è conveniente
la produzione stessa.

P(x) = f(CtX)

CT = Cf + Cv
Ct(x)

Cv(x)

Cf(x)

Q(x)

Ogni produzione ha dei costi fissi, CF, cioè indipendenti dalla quantità di prodotto, e variabili, CV,
cioè dipendenti dalla quantità di prodotto.
A seconda delle caratteristiche del ciclo produttivo, ci sono intervalli di produzione delle quantità di
beni all’interno dei quali è conveniente la produzione stessa.
Si definiscono:
Costo totale CT: Costo di tutte le unità prodotte
Costo medio CM= CT/X rapporto tra costo totale e unità prodotte
Costo marginale Cm = C’= dC/dx costo dell’ultima unità prodotta

La determinazione grafica del Costo medio per ciascun punto della curva di costo totale si ottiene
tracciando la congiungente tra origine e punto stesso, mentre la determinazione grafica del Costo
marginale per ciascun punto della curva di costo totale si ottiene tracciando la tangente alla curva
nel punto stesso.

Le leggi di variazione degli angoli formati dall’orizzontale con le due rette (congiungente e
tangente) individueranno le leggi di variazione di costo medio e costo marginale.

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Per cambiare la produzione bisogna cambiarne
almeno uno dei fattori: la tecnologia, la manodopera.
Nelle curve ingegneristiche di costo cambia un
fattore di produzione alla volta, di natura processuale.
Cambia cioè l’organizzazione del lavoro, ma non CT
l’impianto.
La curva di costo totale è un insieme di tratti lineari.
C’è flessibilità d’uso dell’impianto
La curva di costo medio è “a piatto”. L’inizio del
tratto orizzontale coincide con il regime ottimale.
Il limite destro del tratto orizzontale della curva di
costo medio coincide con il massimo utilizzo a regime CM
del processo produttivo; quando il costo medio
ricomincia a salire, significa che non si è adeguato
l’impianto, ma si sta sovrautilizzando, ad esempio con
straordinari.
La curva di costo marginale è “a gradini” ogni gradino
coincide con un cambio di pendenza

Cm

Nel lungo periodo le curve tendono a diventare a L. Se invece di variare un fattore ne variano
numerosi, allora la curva dei costi marginali tende a non essere più a gradini, ma a diventare
continua

CM

CT

Cm

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23/01/2005 Lezione 1. Corso B di Estimo Ing. 34

Il mercato
I comportamenti dei consumatori generano la domanda di un bene nel mercato. Il mercato è il luogo
dove i beni prodotti vengono offerti ad un prezzo P.
La curva di domanda è la sintesi dei comportamenti di tutti gli individui che identificano una utilità
in un bene attraverso la domanda del bene stesso.
La formazione del prezzo avviene all’incrocio tra la curva di domanda D(x) e la curva di offerta
O(x). La curva di domanda rappresenta la variazione del valore del bene x in funzione della sua
richiesta sul mercato. Allo stesso modo la curva di offerta rappresenta la disponibilità del bene x sul
mercato. A maggiore quantità richiesta il valore del bene offerto aumenta; L’incremento dell’offerta
però permette ai produttori di ripartire il profitto su più beni prodotti, riducendo il prezzo di
ciascuno, e il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare diminuisce all’aumentare della
disponibilità di x.
Cosa è l’equilibrio di un mercato?
Legge di Jewons: “Nel mercato uno scambio crea necessariamente un vantaggio per entrambi i
soggetti che lo attuano…..” In conseguenza di ciò “Beni identici hanno identico prezzo in tutti i
luoghi di uno stesso mercato (1870).”
Il punto P, dove si incontrano curva di domanda e di offerta è il punto di equilibrio di mercato.Il
fatto che vi siano più consumatori ad esprimere la domanda per uno stesso bene quindi induce ad
un’abbassamento del punto di incrocio tra domanda e offerta.

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P(x)
D(x) O(x)

Q(x)

Il “risparmio” rappresentato dal fatto che all’aumentare della domanda si acquista ad un prezzo più
basso viene definito surplus (il triangolo grigio nella figura che rappresenta curva di domanda e
prezzo di compravendita)
P(x)
D(x)

Surplus

Q(x)

I mercati possono essere, in una rappresentazione teorica:


di perfetta concorrenza: la domanda è rappresentata da un numero infinito di consumatori, e
l’offerta da un numero infinito di produttori
di monopolio: la domanda è rappresentata da un numero infinito di consumatori, e l’offerta da un
solo produttore
di monopsonio: la domanda è rappresentata da un consumatore, e l’offerta da infiniti produttori.
Esiste infine l’oligopolio, nel quale la domanda è rappresentata da un numero infinito di
consumatori, e l’offerta da un numero limitato di produttori.

Il modello di domanda e offerta rappresentato è stato ampiamente criticato. Il cosiddetto fallimento


del mercato, è imputabile principalmente
- alla assenza di disponibilità immediata di informazione, alla impossibilità di adeguare
istantaneamente l’offerta alla domanda,
- alla limitata razionalità del consumatore (definizione dovuta al premio Nobel Simon, 1965)
Il premio Nobel Galbraith faceva notare che i mercati sono generalmente oligopolistici, quindi
controllati da pochi produttori, e in tali modelli il prezzo è deciso più da politiche derivanti dalle

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competizioni interne agli organi direttivi dei soggetti produttori (le grandi società) che da questioni
di equilibrio di mercato.
Morgenstein verificava nella realtà la fallibilità della intepretazione delle dinamiche dei mercto reali
attraverso la teoria dell’equilibrio.

I limiti dei modelli di sviluppo economico fondati su produzione e mercato.


Alle tradizionali critiche del modello economico neoclassico incentrate sul rapporto tra produzione,
domanda, forma di mercato e informazione, con la nascita della cultura ambientale si sono aggiunte
ulteriori considerazioni derivante dalla esistenza di un rapporto tra gli aspetti tipici dell’economia
del mercato e il “mondo esterno”, inteso come portatore di risorse, come quelle ambientali, la cui
esistenza è sicuramente influenzata, e spesso compromessa, dallo sviluppo del mercato stesso.
Le prime critiche da questo punto di vista precedono addirittura la nascita dell’economia
neoclassica. T.R. Malthus mette a punto agli inizi dell’Ottocentola cosidetta teoria delle catastrofi
denunciando per primo il problema della esauribilità delle risorse.
Sulla base delle teorie di Malthus e Ricardo si elabora una concezione dinamica dell’economia
basata su due assunti principali:
- l’inevitabilità del conflitto tra crescita della popolazione e limitatezza delle risorse,
- l’incapacità sostanziale del progresso tecnologico di compensare le perdite di produttività
dovute allesaurimento delle risorse.
Secondo altri (come Stuart Mill) il mercato può far fronte al problema della esauribilità delle
risorse, perchè la sua dinamica è basata sul meccanismo della crescita dei prezzi che si innesca
spontaneamente in presenza di sintomi di esauribilità delle risorse. Più un bene è raro più elevato
sarà il suo prezzo, più limitato sarà l’accesso e quindi l’uso e il consumo delle risorse.

Il limite dell’economia neoclassica e la nascita dell’economia ambientale


Da questo punto di vista i modelli dell’economia neoclassica e classica fondano la loro visione di
sviluppo sul rapporto tra mercato produzione e domanda, sono risultati drammaticamente limitati
alla luce della storia recente del nostro pianeta.

Le risorse ambientali non sono sostituibili.


Il benessere individuale è garantito dai processi produttivi che trasformano le risorse naturali in beni
strumentali all’uomo. L’ideologia della crescita illimitata si è trasferita nel processo di crescita
urbana e territoriale producendo megalopoli e immense periferie. Questo processo non può
prescindere dall’uso e dal consumo di risorse naturali.
L’economia neoclassica considera le risorse naturali disponibili in quantità costante nel tempo. A
questo proposito va fatta una precisazione: le risorse naturali sono esauribili, nel momento in cui il
loro tasso di trasformazione supera la loro eventuale possibilità di rigenerazione.
A questo proposito vale la Legge di Hotelling (1931)

F ' ( X ) + ∂P / P∂T = S
con P(t)= Po(1+t)s

Il prezzo di consumo di una risorsa al tempo t è pari al prezzo attuale moltiplicato per un fattore di
accumulazione. Il saggio s è pari alla somma del tasso di crescita e del tasso di rigenerazione della

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risorsa. Un bosco, ad esempio, è una risorsa rinnovabile nella misura in cui la sua distruzione può
essere compensata dalla nascita di nuovi alberi.
Se una risorsa non è rinnovabile non esiste tasso di crescita, ma solo di rigenerazione. Un deposito
di gas naturale, contrariamente al bosco non cresce stagionalmente, si può solo ricreare in tempi
geologici.
Il benessere espresso solo in termini di occupazione che produce reddito e permette il
soddisfacimento di bisogni materiali diviene la causa principale di consumi eccessivi di suoli,
degrado sociale, distruzione di confini naturali e storici, inquinamento paesistico-ambientale, spreco
di risorse naturali, rottura dei cicli e morte di ecosistemi.
Pearce(1989) critica l’equivalenza risorse – beni a partire da alcune considerazioni:
a) Molte risorse non hanno sostituti
b) La natura è caratterizzata da irreversibilità dei processi (una specie che si estingue non può
essere rigenerata)
Da questi limiti fondamentali derivano i limiti dello sviluppo economico così come interpretato
dall’economia neoclassica:
L’imperfezione dei meccanismi autoregolatori.
L’inganno causato dall’ottimismo tecnologico.

Imperfezione dei meccanismi autoregolatori del mercato.


I meccanismi autoregolatori del mercato non possono evitare con la legge dei prezzi crescenti
l’esaurimento delle risorse. Ciò e fondamentalmente dovuto all’impossibilità di internalizzare
completamente le esternalità ambientali

Il benessere derivato dalla produzione di un bene crea vantaggi per il produttore che riceve un
profitto e per il consumatore che acquisisce un vantaggio dall’acquisizione del bene.
L’inquinamento è invece distribuito in maniera indistinta.

L’inganno causato dall’ottimismo tecnologico.


La tecnologia supporterà la sostituzione di risorse esauribili con nuove risorse. In realtà non viene
tenuto in considerazione lo scarto dei processi di produzione. Ogni processo crea rifiuti, che solo
entro certe soglie possono essere riutilizzati in un sistema complesso come l’ambiente.

Barry Commoner (1973) considera anche la possibilità di un adeguamento della tecnologia a nuovi
modelli di sviluppo.
Secondo Commoner esiste la “capacità di sopportazione” (CS) degli ecosistemi funzione del carico
demografico e del modello economico dominante si esprime oltre che attraverso la quantità di merci
prodotte (A) anche attraverso gli stili di vita indotti e l’adeguamento tecnologico (T):

I = P x A x T ≤ CS

I è un indicatore dell’inquinamento;
P rappresenta la dimensione della popolazione;
A rappresenta la quantità di merci e servizi per individui;
T è un fattore dipendente dallo sviluppo della tecnologia e dal suo (buono o cattivo) uso, che
determina l’inquinamento associato all’unità di merce o servizio prodotto.

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I fattori che rappresentano i processi di produzione da considerare non sono quindi:
Input: natura, lavoro, tecnologie => output: beni economici
Ma più precisamente:
Input: natura, lavoro, tecnologie => output: beni economici, rifutie inquinamento
La teoria dello stato stazionario è definibile come condizione di “sviluppo senza crescita”,inteso
come miglioramento qualitativo e non quantitativo delle condizioni di vita, senza andare oltre la
capacità dell’ambiente di rigenerare materia prima e di assorbire rifiuti (Daly e Cobb; 1991).
L’utilizzazione delle risorse combustibili fossili (petrolio e carbone), per le quali vale solo
parzialmente la legge di Hotelling può ad esempio ritenersi sostenibile nella misura in cui parte dei
profitti possa essere investita in fonti di produzione di energie alternative, in grado di sostituire il
combustibile una volta che lo stesso si sia esaurito.
La sostenibilità consiste dunque nel rispetto dei seguenti limiti:
- per una risorsa rinnovabile (suolo, acqua, foresta, pesce) il tasso sostenibile di impiego non può
essere maggiore del tasso di rigenerazione;
- per una risorsa non rinnovabile (combustibile fossile, giacimenti minerari) il tasso sostenibile di
impiego non può essere maggiore di quello al quale è possibile rimpiazzarla con una risorsa
rinnovabile, utilizzata in modo sostenibile;
- per un inquinante, il tasso sostenibile di emissione non può essere maggiore di quello al quale
l’agente stesso può essere riciclato, assorbito o reso inoffensivo dall’ambiente.
Il consumo delle risorse deve essere sostenibile, attuato secondo il ripsetto di un equilibrio
dinamico. Daly cita l’esempio della pesca: essa è sostenibile fino a quando consente la riproduzione
del pescato. Il modello preda predatore rappresentato dai pesci e dai pescatori rappresenterà in
questo caso una situazione di equilibrio dinamico.
Popolazione preda

Popolazione predatore

Soglia di estinzione

Tempo
Modello preda-
predatore (la popolazione dei pesci e qualla dei pescatori hanno fasi demografiche alterne e
simmetriche)

I costi della riduzione dell’inquinamento, che aumentano all’aumentare della produzione, salvo
regolamentazioni, sono della comunità. Ciò rappresenta una esternalità negativa, cioè un costo che
si manifesta all’esterno del mercato nell’ambito del quale è collocato il ciclo produttivo che lo
genera.

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Benefici e costi

Beneficio massimo netto per


l’inquinatore
Costo esterno totale

Livello dell’attività (e dell’inquinamento)

Tale ragionamento però non può applicarsi a beni che oltre ad essere non sostituibili
quantitativamente, lo sono anche qualitativamente, come monumenti naturali e storici, insediamenti
storici, paesaggi ecc; essi non sono semplicemente non rinnovabili, ma unici, per i loro valori
sociali naturali o culturali

L’internalizzazione dell’inquinamento, che si ottiene facendo pagare i costi del contenimento


dell’inquinamento in forma di tasse imposte ai soggetti inquinatori che operano nel mercato (cioè ai
produttori) non è possibile in maniera completa.
Se infatti anche i costi di riduzione dell’inquinamento fossero pagati da chi lo produce, essi
rappresenterebbero solo un risarcimento parziale dei danni provocati da esso, l’incremento del costo
di produzione causato dalle tasse sull’inquinamento, non rappresenterebbe un danno per il
produttore, che semplicemente tenderebe ad alzare il prezzo della produzione. Se il bene prodotto
fosse primario, quindi necessario, tale incremento di prezzo indurrebbe i consumatori non a ridurre
la domanda di tale bene, ma a ridurre la domanda di altri beni meno necessari, non riducendo così
l’inquinamento.

Limitatezza della dimensione monetaria per i beni pubblici e ambientali – Valori di Uso e di
non Uso
Le considerazioni precedenti conducono ad ipotizzare la limitatezza della dimensione economica
applicata semplicemente alla produzione e al mercato per categorizzare i valori riferibili a beni
pubblici o culturali o ambientali.
Bisogna considerare un valore che derivi dall’utilità sociale espressa anche come utilità per
l’ecosistema o per l’arricchimento culturale che beni pubblici, o beni privati ma interesse pubblico,
o di uso pubblico, esplicano.
Questa utilità può giustificarsi attraverso l’uso di un bene pubblico o anche attraverso l’azione di
conservazione della sua semplice esistenza.
Ad esempio, la costa, intesa come luogo di ricreazione, esplica una utilità derivante dall’uso (per cui
possiamo parlare di valore d’uso sociale) ma è anche una risorsa ambientale la cui esistenza, anche
senza un uso diretto è necessaria alla nostra vita. La funzione ecologica che svolge, è garanzia di
futura esistenza di un ecosistema compatibile con la vita umana (valore economico totale), e non
solo (valore sociale complesso). Per i beni pubblici si parla quindi di

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- Valore d’uso Sociale (Forte, 1977, Fusco Girard, 1987, Grillenzoni e Grittani, 1990)
- Valore Economico Totale (Pearce e Barbier, 1990)
- Valore Sociale Complesso (Fusco Girard, 1987)

Da un punto di vista privatistico, il proprietario di una foresta possiede un bene che può essere
utilizzato come fonte di produzione di legno. Se la legge di Hotelling è rispettata, e il suo tasso di
crescita è superiore al consumo di risorse dovuto al lignaggio, la foresta garantirà attraverso la sua
capacità di crescere la fornitura di un bene (il legname) che può essere collocato in un mercato.

Valore d’uso diretto derivante dal legno della foresta.

Questa è la dimensione del valore d’uso diretto, per scopi privatistici (il profitto derivante dal
legno) della foresta.

Valore d’uso sociale di una foresta (Pearce e Barbier, 1990)

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Il valore d’uso sociale è corrispondente alla somma dei valori di uso pubblico di un bene, misura
del servizio che esso rende alla comunità. E’ quindi legato al valore della fruizione collettiva del
bene stesso.
Nel caso della foresta può essere rappresentato dal suo uso per scopi ricreativi. Tale uso è diretto, e
presuppone un costo di conservazione sopportato dalla collettività, che diventa la misura del valore
d’uso sociale.

Il valore economico totale, caratteristico soprattutto dei beni ambientali, è pari alla somma dei
valori d’uso e di non uso di un bene pubblico. La foresta potrebbe essere conservata ad esempio per
garantire anche a utenti di generazioni future la stessa capacità di utilizzo delle generazioni attuali.
Questo valore d’uso posticipato viene definito valore di lascito. Ad esso si aggiunge il valore di
opzione, che ivce è riferito a coloro che vorrebbero preservare la possibilità di accesso alla foresta,
anche se non ne beneficieranno.

Valore Economico Totale di una foresta (Pearce e Barbier, 1990)


La foresta può però essere conservata anche per scopi di ricerca scientifica, o per la conservazione
di specie animali, ha quindi un valore di esistenza. Il costo di tali azioni di conservazione, misura di
valori di lascito, opzione, esistenza, associate ai valori di uso privato e collettivo rappresentano il
valore economico totale, ancora misurabile in dimensione monetaria.

Gli approcci dell’economia non riescono a “catturare” tutto il valore di alcuni beni pubblici. Infatti,
dovendo questi valori nell’economia classica essere ricondotti ad una misura monetaria (il prezzo o
il costo), con gli approcci tradizionali un aspetto qualitativo (ad esempio in un bene monumentale),
a volte anche rilevante, del bene da stimare, non riesce ad essere determinata.
Esistono opportuni approcci per la determinazione di questi aspetti qualitativi, che concorrono a
determinare il valore sociale complesso di un bene pubblico.

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Valore sociale complesso di una foresta

Secondo Fusco Girard (1987), esistono dei valori intrinseci, non misurabili attraverso azioni che
hanno effetti economici rappresentabili in una dimensione monetaria, i quali, associati al valore
economico totale condizionano scelte ecomportamenti, manifestando il loro valore sociale
complesso.
Ad esempio, la presenza della foresta potrà condizionare la scelta di localizzazione di insediamenti,
potrà rappresentare un simbolo identitario che o scoiale, potrà essere un riferimento per la
costruzione del territorio insediato nell’ambito in cui si trova.

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MOO..

La comparazione come metodo estimativo


E’ stata precedentemente trattata la teoria dell’equilibrio di mercato, che assegna ai beni un prezzo,
in funzione dell’incrocio tra curva di domanda e curva di offerta.
Nella realtà il prezzo non si forma mai in corrispondenza del punto di equilibrio tra domanda e
offerta, perché esistono effetti distorcenti nel mercato, che si ricorda sono,
- la mancanza di perfetta concorrenzialità,
- la mancanza di trasparenza, di disponibilità assoluta e immediata di informazione,
- e la conseguente limitazione della razionalità del consumatore.
Quindi il comportamento reale dei consumatori su un mercato, nell’ipotesi che i prezzi dei beni
siano condizionati solo dalla disponibilità governata dalla domanda e dall’offerta non si identificano
in un solo prezzo, ma in un insieme di prezzi oscillanti intorno ad un valore definibile come
ordinario. Inoltre i beni immobili non sono mai identici, perché almeno le caratteristiche
posizionali, per ovvi motivi non possono essere identiche. Adattando a tali considerazioni la legge
di Jewons si può afermare che
Beni simili hanno prezzi simili in tutti i luoghi di uno stesso mercato.”

Questa affermazione è introduttoria del principio di comparazione della stima che ci permette di
stimare il valore di un bene utilizzando lo strumento della comparazione con altri episodi nel
quale al bene attraverso un prezzo è stato attribuito un valore d’uso.
Indubbiamente obbiettivo dell’estimo è quello di fornire un quadro metodologico alla produzione di
giudizi di stima di alcuni aspetti di un bene, legati al suo uso, alle sue caratteristiche, alla sua
scarsità, ai bisogni che soddisfa ecc.
Secondo Grillenzoni e Grittani (1990) l’ “Estimo insegna una metodologia atta a determinare
giudizi di valore relativi a beni singoli e collettivi”.
Secondo Carlo Forte (1975) l’Estimo è un “momento positivo” dell’economia. Esso è cioè una fase
attiva, operativa dell’economia, nella quale vengono prodotte stime di valori dipendenti dagli
aspetti economici ceh caratterizzano i beni.
Storicamente Serpieri, autore del primo trattato di estimo moderno (1917) affermava che l’Estimo è
la “ricerca di una misura”, e si occupa della valutazione dei beni economici materiali, dei redditi che
da essa possono trarsi e di alcuni diritti che riguardano gli stessi beni.
La stima deve tenere generalmente conto della non esistenza di unanimità di tutti i soggetti
interessati ad un bene nell’attribuire ad esso un valore. Ciascun soggetto attribuisce valori diversi ad
un bene perché ha rispetto ad esso obiettivi diversi.
L’estimo quindi opera generalmente in un contesto di giudizi conflittuali, rispettando i seguenti
principi:

19
Oggettività del giudizio di stima. Una stima deve essere oggettiva il più possibile, riferita
all’attualità, non influenzata dall’opinione di chi la effettua.
Conseguentemente una stima viene effettuata in condizioni di ordinarietà.

Il riferimento per determinare il valore d’uso di un bene è dato dai prezzi (che sono dati storici,
cioè dati riferiti ad eventi già avvenuti) di compravendita di beni simili.

La stima è una previsione. Facendo riferimento a dati storici, cioè a dati rilevati nel passato,
costruisce una ipotesi su un valore da determinare. Il suo carattere è limitato nel tempo e nello
spazio. La stima cioè è immanente

Dipendenza della stima dallo scopo. Individuato lo scopo di una stima, si determinerà la corretta
procedura di determinazione del valore che stiamo ricercando. La procedura cambia solo se lo
scopo cambia.

Unicità del metodo di stima. Esistono numerose procedure di stima, ma si basano tutte
sull’effettuazione di confronti. Si potrebbe quindi affermare che tutte le procedure di stima
applicano una sola metodologia, che è quella del confronto. Si possono confrontare facilmente solo
beni simili.

Teoria dell’ordinarietà
Le stime per comparazione, o dirette, si effettuano in condizioni di ordinarietà. Come definire una
condizione ordinaria? Osservando la realtà.
Ad esempio, in relazione ad un bene la distribuzione dei prezzi in un mercato segue una certa
distribuzione di frequenza.
Infatti, in regime di mercato perfetto, e di perfetta razionalità del consumatore, un bene dovrebbe
avere una solo prezzo in un mercato, e quindi il valore di frequenza sarebbe pari al 100% per quel
prezzo e pari a 0 per glia altri possibili prezzi.
Si può ipotizzare che i prezzi di compravendita di un bene si distribuiscano invece più o meno
simmetricamente intorno ad un valore intermedio Pm.
La distribuzione intorno al valore Pm si assimila ad una distribuzione di tipo gaussiano.
Caratteristica di questa distribuzione è la coincidenza del valore più frequente (moda) con la media
aritmetica e pesata (mediana)

20
f Pm
m

P
Questa assunzione rappresenta l’estensione alla realtà dei modelli economici derivanti dalla teoria
dell’utilità, e ci consentono di effettuare alcuni ragionamenti sul significato della comparazione.

L’applicazione imperfetta del principio di indifferenza di Jewons , si traduce nell’assunto che tutti i
prezzi di immobili simili, allocati in una stessa area e compravenduti nello stesso periodo, debbano
pscillare in un intervallo limitato rappresentato dalla distribuzione Gaussiana.
Per poter effettuare una stima, si potrebbe effettuare una comparazione monoparametrica. In una
relazione monoparametrica la legge che lega il parametro dimensionale al prezzo di un immobile è
del tipo:
P= f (x)

Basterebbe cioè avere un solo prezzo di riferimento Pj relativo ad un immobile J, che varia rispetto
a quello da stimare (il cui prezzo incognito è P), di un solo parametro (ad es. la superficie Sj), e
applicare la proporzione, nota la superficie S dell’immobile da stimare:

P: S = Pj: Sj P = Pj x S/Sj
In realtà la distribuzione dei prezzi è molto più ampia di quella teorica, perché nel mercato non tutti
assumono l’atteggiamento razionale descritto teoricamente, le informazioni sono distorte e non
disponibili, le compravendite sono differite nel tempo, etc.
Per poter applicare il principio di comparazione correttamente sarà quindi necessario avere un
campione significativo di dati

P = (Σ i=1….n Pi / Σ i=1….n Si ) x S = Ps x S

Maggiore è il numero di dati a nostra disposizione, maggiore sarà l’affidabilità della stima. Ps
rappresenta il coefficiente che esprime il prezzo unitario medio (in questo caso riferito all’unità di
superficie) del campione utilizzato.

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Determinare l’affidabilità statistica di una stima così eseguita equivale a costruire un ipotesi su
quanto il campione stimato sia rappresentativo della realtà, e quindi quanto sia rappresentativo
dell’insieme di tutte le compravendite effettuate a quel prezzo unitario in un dato mercato in un dato
periodo. Esistono alcuni indicatori di questa affidabilità.

La comparazione pluriparametrica parte dal presupposto che la variazione del prezzo dipenda da
numerosi aspetti. Quando si applica rigorosamente il principio di comparazione a beni simili, si
pone il problema di dover confrontare beni che differiscono per un solo aspetto, e si fa variare il
solo parametro che definisce questo aspetto (ad esempio la superficie di un alloggio).

Una stima pluriparametrica fa dipendere il prezzo dalla variazione di più parametri. Si deve quindi
utilizzare una metodologia che possa evidenziare la relazione esistente tra i parametri e il prezzo:
P= f (x1,x2,x3…xn)

Sima diretta e Capitalizzazione


Le stime per capitalizzazione si effettuano invece, in via diretta, cumulando gli effetti economici
negativi o positivi (rispettivamente detti costi o benefici) generati dagli usi periodici di un bene, in
un dato intervallo di tempo (che può essere limitato o infinito).
La capitalizzazione è per l’appunto la stima dell’accumulazione di valore ad oggi di una serie di
costi e benefici distribuiti nel tempo. Per poter determinare il valore di questi effetti ad oggi è
necessario determinare una regola che ci permette di valutare il significato economico
dell’anticipare effetti posticipati nel tempo.
Vanno introdotti elementi di matematica finanziaria.

Immaginando di dover scegliere se avere:


1000 euro oggi
1000 euro domani
1200 euro domani

L’unica scelta ovvia è che è preferibile avere 1000 euro oggi invece che domani, ma la scelta di
avere 1000 euro oggi invece che 1200 euro domani risulta non scontata. Per la teoria della
razionalità scegliere 1200 euro domani invece che 1000 oggi significa attribuire maggiore
convenienza alla posticipazione del possesso di mille euro, se questa posticipazione è remunerata di
200 euro. Se le due scelte fossero indifferenti potremmo dire che:
1000 euro oggi = 1200 euro tra un anno
Posto r = 0,2 = (1200-1000) / 1000
R rappresenta il tasso di interesse, o saggio, èd è una misura della preferenza temporale che esprime
la differenza espressa come valore monetario della disponibilità a rinunciare ad avere una somma
in denaro oggi per averne di più domani.
Se il valore del denaro attuale è Vo = 1000 e il valore equivalente alla fine del primo anno è
V1=1200

22
Vo = V1/ (1+r) = 1200/1,2 = 1000
r rappresenta quindi il prezzo di uso del denaro nel corso di un anno. Non utilizzare il denaro
significa quindi accumulare interesse.
Vo = V1/ (1+r) = 1200/1,2 = 1000 1000 euro oggi
1200 euro tra un anno
r = (1200/1000) -1=0,2

V1 = Vo x (1+r)
Vo = V1/ (1+r)

0 1 t

L’interesse r può essere semplice o composto:

Mt = Vo + It = Vo (1+ t r’) se t è inferiore a un anno (interesse semplice) ed è espresso in mesi


t
Mt = Vo + It = Vo (1+ r) se t è è espresso in anni (interesse composto)

t
La somma maturata Mt si definisce montante al tempo t. Gli incrementi Vo tr e Vor rappresentano
l’interesse It maturato nel tempo t . La relazione esistente tra r e r’ è la seguente:
r =12 x r’
Il saggio di interesse è anche la misura dello svantaggio che si subisce nel non usufruire di una
risorsa oggi, ma in un tempo futuro (un beneficio diretto, un reddito), o del vantaggio che si ha nel
doversi privare di una risorsa (un costo) nel futuro invece che oggi.
Quindi dato un saggio di interesse r, espresso come frazione di 1, se il valore di una risorsa di cui
possiamo disporre è B, e questa risorsa è disponibile al tempo n (espresso come numero di anni), il
suo valore attuale B0 è dato da

B0 = B/(1+r)n
Analogamente dato un saggio di interesse r, se il valore (quantitativo) di una risorsa di cui
dobbiamo privarci è C, e questa risorsa verrà ceduta al tempo m (espresso come numero di anni), il
suo valore attuale C0 è dato da

C0 = B/(1+r)m1/(1+r)n rappresenta quindi il coefficiente correttivo, che si applica a B e C per


considerare che il loro effetto oggi è “attutito” rispetto al futuro.
Montante maturato dall’interesse composto di Vo dall’anno 1 all’anno n

M = V 0(1 + r )n
Fattore di posticipazione dall’anno 1 all’anno n: r prende il nome di saggio di interesse

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(1 + r )n = q n
Fattore di anticipazione dall’anno 1 all’anno n: r prende il nome di saggio di sconto
1 1
= n
(1 + r ) n
q
Accumulazione finale di rate periodiche:
Una rata periodica R è un effetto finanziario ripetuto periodicamente nel tempo. Se la rata è
posticipata viene erogata a partire dalla fine del primo periodo m.

Il valore finale è la somma delle attualizzazioni di tuttte le rate e prende il nome di accumulazione
finale.
Posto
q = 1+ r
n = numero di rate corrisposte
m = intervallo in anni tra due rate

Vn = An = R0 (1 + r ) nm + R1 (1 + r ) ( n −1) + R2 (1 + r ) ( n − 2) + .......... + Rn −1 (1 + r ) ( n −( n −1)) m + Rn (1 + r ) 0

Essendo R = R0 = R1 = R2 = .......... = Rn −1 = Rn
Se il periodo di ripetizione dell’erogazione della rate è annuale si ha m = 1
la formula di accumulazione all’anno n diventa:
n
Vn = An = R (1 + r ) + R (1 + r )
n n −1
+ R (1 + r ) n−2
+ .......... + R (1 + r ) n − ( n −1)
+ R = R ∑ (1 + r ) n −i
i =0

cioè, ricordando che 1+r = q e r = q-1


n n
 q n −1  qn −1
Vn = An = R∑ (1 + r ) n−i = R ∑ q n −i = R  = R 
i =0 i =0  q −1   r 

L’Accumulazione iniziale di rate periodiche posticipate è pari all’accumulazione finale riportata


all’attualità

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L’accumulazione iniziale e quella finale differiscono per il fattore di anticipazione 1/qnm. Quindi
 nm 
R q − 1 m 

=  
An q 1
V0 = A0 =
q nm q nm
E se la frequenza delle rate è annuale si ha:m=1:
 qn −1  qn −1
R  R 
An  q − 1   r  (q n − 1)
V0 = A0 = = = =R
qn qn qn rq n

Accumulazione finale di rate periodiche anticipate

Le rate possono essere erogate a inizio periodo, già dall’istante 0. In questo caso sono anticipate, e
accumulano un interesse annuale in più nell’accumulazione finale, perché anche la rata erogata
all’anno n matura un interesse, cioè viene moltiplicata per 1+r

Vn = An = R0 (1 + r ) nm + R1 (1 + r ) ( n −1) + R2 (1 + r ) ( n −2) + .......... + Rn −1 (1 + r ) ( n −( n−1)) m + Rn (1 + r ) m

La formula precedente sarà allora moltiplicata per un termine q in più


 q nm − 1   q nm − 1 
q m R m  R m 
 −  −
=  
An q 1 q 1
V0 = A0 = q m =
q nm q n−m q n−m
Se la rata è annuale ancora una volta avremo m=1, l’accumulazione finale diventa:
 n   (q n − 1) 
Vn = An q = Rq (q − 1) =
(q − 1)   r 
Rq
 

e l’accumulazione iniziale corrispondente diventa

25
 n   (q n − 1) 
Rq (q − 1)  R 
An q  ( q − 1)   r  (q n − 1)
V0 = A0 = = = =R
qn qn q n−1 rq n−1

26
SST
TIIM
MEED
DEEL
LVVA
ALLO
ORRE
EDDII M
MEER
RCCA
ATTO
ODDII B
BEEN
NII IIM
MMMO
OBBIIL
LII

Valore di mercato
Il valore di mercato è l’aspetto economico di un bene che esprime la sua capacità di esplicare una
utilità diretta per qualcuno, e si determina in previsione di uno scambio espresso da una quantità di
moneta funzione della domanda e dell’offerta del bene in un mercato.

La sua determinazione avviene attraverso:


- metodi diretti/sintetici: ordinarietà, parametrico, per valori tipici
- metodi indiretti/analitici: Capitalizzazione della rendita
In funzione del valore d’uso il valore di mercato può essere stimato attraverso la comparazione con
beni simili a quello dastimare, per i quali è noto un valore di compravendita, e quindi una
ofnormazione direttamente derivabile dal mercato. IL valore ottenuto rappresentera il valore che più
probabilmente un consumatore è disposto a corrispondere per ottenere il possesso definitivo (cioè
per un tempo infinito) di un bene in un mercato
a) si effettua la stima collazionando dati storici, cioè dati statistici relativi a compravendite
recenti.
b) Si considerano dati relativi a immobili simili.
c) Si studia la distribuzione di frequenza dei dati collazionati.
Se la distribuzione è gaussiana (schema in figura), vale il principio dell’ordinarietà, e il valore più
probabile è uguale al valore medio della distribuzione

V
Stima comparativa diretta
del valore di mercato Vx di un alloggio.
Distribuzione gaussiana del rapporto Prezzo/unità di superficie
Si i=1…n Superfici di n Alloggi
Pi i=1…n prezzi di n Alloggi
Sx Superficie alloggio da stimare

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Vx: Sx = ΣPi: ΣSi => Vx = Sx (ΣPi: ΣSi)

Si (m2) 105 104 100 98 110 112 108 95 97 101 100


Σsi= 1130
Pi (m€) 210 200 205 203 200 200 198 195 195 200 200
Σpi= 2206

Pi/Si
(m€/m2) 2 1,9 2,1 2,1 1,82 1,78 1,83 2,05 2,01 1,98 2
Σpi/Σsi=1,95

1. Diretta comparativa monoparametrica


2. per Valori tipici
3. per Punti di merito
4. per Superfici ragguagliate
5. per Valori tipici e punti di merito

Stima diretta comparativa parametrica


In una relazione monoparametrica la legge che lega il parametro dimensionale al prezzo di un
immobile è del tipo:
P= f (x)
Una stima pluriparametrica fa dipendere il prezzo dalla variazione di più parametri. Si deve quindi
utilizzare una metodologia che possa evidenziare la relazione esistente tra i parametri e il prezzo:
P= f (x1,x2,x3…xn)
Stima monoparametrica
La stima monoparametrica parte dal presupposto che la variazione del prezzo dipenda
sostanzialmente da un aspetto. Si confrontano beni che differiscono per un solo aspetto, e si fa
variare il solo parametro che definisce questo aspetto (ad esempio la superficie di un alloggio).
Si utilizza quando:
a) i dati a disposizione sono:
-un parametro dimensionale relativo a immobili compravenduti (usualmente la superficie)
-i prezzi relativi alle compravendite
b) i dati si riferiscono a beni simili
Se esiste un fattore costante, che rappresenta il contributo di una serie di aspetti alla formazione del
prezzo, e variasse il solo fattore legato alla superficie, il contributo al prezzo stesso dato dalla
superficie rappresenterebbe una parte del contributo totale a meno di una somma costante.
Può esistere una funzione che definisce il rapporto tra il valore di mercato e un parametro.

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V

c
A
B f1(p)

p La funzione che generalmente descrive la


variazione del prezzo in funzione della dimensione è lineare. Tale ipotesi è plausibile per brevi
tratti, almeno per due motivi: il primo è che immobili con valori parametrici estremamente diversi
non possono essere considerati simili, e quindi viene meno il principio della comparazione. La
seconda è che l’ipotesi di linearità della legge è più plausibile per brevi tratti. Si osservi la legge
rappresentata in figura e qui di seguito riportata:

V= f(p)=c+f1(p)= c - axS

Immaginando che il parametro p sia la superficie, è plausibile che il prezzo a metro quadro di un
alloggio diminuisca all’aumentare della superficie. Questa legge non può valere in assoluto, perché
condurrebbe al paradosso che per superfici pari a 0 mq si ha il massimo valore di mercato, pari a c.
La linearizzazione vale solo per il tratto tra A e B, che ad esempio, può rappresentare il tratto nel
quale si identificano alloggi destinati a residenza principale di dimensioni ordinarie (60-120 mq).
Ipotizzare che la legge non si modifichi per valori superiori, significa comparare alloggi di categoria
superiore (oltre il tratto B), ad alloggi di categoria ordinaria, che è plausibile abbiano andamenti di
mercato differenti.

Tecniche di stima pluriparametrica per punti di merito, valori tipici e superfici ragguagliate

Stima per Valori tipici


E’ utile per la determinazione del valore di mercato di un immobile nel quale sono riconoscibili più
funzioni, ciascuna con un proprio valore unitario desumibile da indagini sul mercato, senza rapporti
di complementarità
V = ΣPj Dj
V: valore di mercato del fabbricato stimato
I: singola destinazione funzionale i presente nel fabbricato
Pj: prezzo unitario delle porzioni di immobile aventi stessa funzione i
Dj: dimensioni delle porzioni di immobile aventi stessa funzione i

Esempio

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Si stimi il valore di mercato di una palazzina avente mq 200 ad alloggio, mq 250 a studio, un box
auto di 50 mq, un giardino di 600 mq e un patio di 60 mq

Di Pi da stime sintetiche DixPi


D1 = 200 mq (alloggio) Prezzo medio/mq Alloggi =1250 250000 €

D2 = 250 (uffici) Prezzo medio mq uffici = 1500 375000 €


D3 = 50 mq (box) Prezzo medio mq box = 250 12500 €
D4 = 600 mq (giardino) Costo medio mq verde attr = 100 60000 €
D5 = 60 mq (patio) Costo medio mq patio = 200 120000 €

TOTALE = 817500 €

La metodologia di stima per valori tipici presenta alcuni limiti, pur essendo di fatto molto utilizzata
nella pratica:
- per ciascuna delle variabili a,b, m, s, la distribuzione dei dati sarà diversa, e quindi
aggregare semplicemente i valori medi non permette di costruire una relazione di tipo
lineare avente caratteri di rigorosa ordinarietà;
- Si perdono i rapporti di complementarità, non si valuta cioè il possibile valore aggiunto
dovuto alla compresenza di più funzioni.

Stima per punti di merito


Si utilizza quando:
Gli immobili differiscono per alcune caratteristiche significative e non è possibile esprimere
attraverso parametri di prezzo unitario (come per la stima per valori tipici) queste caratteristiche. Si
possono determinare dei coefficienti correttivi detti punti di merito del prezzo/mq medio in
funzione delle caratteristiche suddette. Il valore di mercato Vx si determinerà come prodotto del
valore medio di riferimento per i punti di merito Ki:

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Esempi di punti di merito C aratteri am b ientali Età
5 anni 1,00
O ttim i 1 ,0 5
Tra 6 e 20 anni 0,90
B u o ni 1 ,0 0
Tra 20 e 50 anni 0,80
M ed io cri 0 ,9 5
Oltre 50 anni 0,70
S ca den ti 0 ,9 0

Panoramicità, orientamento Caratteri tecnologici


n
Ottima
Media
1,00
0,95
Ottimi
Buoni
1,00
0,90
Vx = Vmedio × ∏ Ki
Scadente 0,90 Mediocri 0,80 i =1
Tipologia
Scadenti 0,70
Villa 2,00

Fabbricato civile 1,25 Posizione


Obsolescenza fisica
Fabbricato economico 1,05 Periferia 1,00
Normale 1,00 Fabbricato popolare 0,80 Semiperifieria 1,20
Mediocre 0,80 Fabbricato rurale 0,70 Centro 1,40
Scadente 0,60 Villino 1,40 Zona Degradata 0,90

Esempio
Stimare il valore Vx di un alloggio di 100 mq sito in posizione centrale, in un fabbricato civile di 25
anni, in buone condizioni per quanto riguarda caratteri ambientali (zona ben servita), tecnologici, di
orientamento, ben conservato, avendo a disposizione i risultati di una stima del valore medio a mq
degli alloggi economici di un quartiere semiperiferico, di recente realizzazione, con pochi servizi,
ottimo orientamento, ottimi caratteri tecnologici, ben conservato
Alloggio Vx Ki Tipologia di riferimento ki
Zona centrale 1,40 Zona semiperiferica 1,20
Età 25 anni 0,80 Età 5 anni 1,00
Buoni car. ambientali 1,00 Medi car. ambientali 0,95
Buoni car. Tecnologici 0,90 ottimi car. Tecnologici 1,00
Buon orientamento 0,95 ottimo orientamento 0,95
Ben conservato 1,00 Ben conservato 1,00
Edilizia civile 1,25 Edilizia economica 1,05

Valore medio a mq = ? Valore medio = 1250 € / mq

Effettuando il confronto tra i coefficienti di merito della tipologia di riferimento e dell’alloggio da


stimare:
Alloggio Vx Tipologia di riferimento Ki/ki
Zona centrale Zona semiperiferica 1,40/1,20=1,17
Età 25 anni Età 5 anni 0,80/1=0,80
Buoni car. ambientali Medi car. ambientali 1,00/0,95=1,05
Buoni car. Tecnologici ottimi car. Tecnologici 0,90/1=0,90
Buon orientamento ottimo orientamento 0,95/0,95=1,00
Ben conservato Ben conservato 1,00/1,00=1,00
Edilizia civile Edilizia economica 1,25/1,05=1,19
Vx/mq = 1250 €/mq x (1,17 x 0,80 x 1,05 x 0,90 x 1.00 x 1,00 x 1,19) =
1250 €/mq x 1,05= 1312,5 => Vx = 1312,5 €/mq x 100mq = 131250 €

31
Stima per superfici ragguagliate
Si utilizza quando è noto il prezzo unitario medio per mq di superficie commerciale e si distinguono
le superfici dell’immobile per differente destinazione d’uso. Dati:
Vunitario prezzo medio unitario della superficie commerciale
Si superficie con i-esima destinazione d’uso
Ki coefficiente di ragguaglio relativo all’i-esima destinazione d’uso

Coefficienti di ragguaglio:
Il valore di mercato Vx si determinerà come prodotto del valore medio di riferimento per la
superficie convenzionale dell’alloggio ottenuta come somma delle differenti tipologie di superfici
moltiplicate per opportuni coefficienti di omogeneizzazione:

n
Vx = Vunitario × Sconv = Vunitario × ∑ Ki Si
i =1
Tipologia di Destinazione d’uso Coeff. Sup convenzionale
superficie
Alloggio Interrato 0,7
Piano terra e piano primo 1
Pareti interne 1
Muri perimetrali 0,5
Cantine – Mansarde 0,25-0,33
Terrazze - Balconi 0,15-0,25
Servizi Patio 0,5
Esterni Verde 0,10
Autorimesse 0,4-0,7

Esempio
Stima del valore di un villino, le cui superfici sono destinate come descritto in tabella. Conoscendo
il prezzo medio unitario della superficie commerciale pari a 1250 € / mq nel mercato di riferimento.

Tipologie di superficie Sup Utile Coeff. di Superficie convenzionale


Si (mq) ragguaglio mq
Ki
Alloggio A 48,30 1
Alloggio B 48,30 1
Totale superficie utile (A+B) 96,9 1 I) 96,6
Scale e terrazzo primo piano 33,00 0,25 II) 8,25
Area esterna attrezzata piano terra 220,00 0,20 III) 44,00
Lastrico solare 70,00 0,15 IV) 10,50
Totale (I+II+III+IV) 159,35

32
Stima per valori tipici e punti di merito
E’ un insieme delle stime precedenti, nella quale si utilizzano coefficienti correttivi (come per i
punti di merito) e valori unitari di mercato differenti per tipologia di superficie.
Si applica quindi quando per le componenti caratteristiche dell’immobile si conosce la dimensione,
e il valore medio unitario, che va corretto con opportuni coefficienti

m n m n
Vx = ∑ ∏ KijVj = ∑ ∏ KijPjD j
J =1 i =1 J =1 i =1

Esempio
Stima di un villino di 100 mq + giardino + garage interrato, avendo a disposizione coefficienti di
merito e valori unitari

Tipologie di Superficie Dj Prezzo medio Pj Coeff. di Coeff. di Coeff. di


superficie merito K1 merito K2 merito K3
(panoramicità) (conservazione) (livello interrato)

Alloggio D1= 60 mq P1 =1500 €/mq 1,05 1 1


Giardino D2 = 100 mq P2 = 100 €/mq 1 1 1
Box D3 = 30 mq P3 = 250 €/mq 1 1 0,9

Valore Vx = K1 D1 P1+ K2 D2 P2+ K3 D3 P3= 94500 + 10000 + 6750

33
Stima dei valori tipici, dei punti di merito e dei coefficienti di ragguaglio attraverso la
Regressione Lineare

I valori tipici, i punti di merito, e i coefficienti di ragguaglio possono essere determinati come
coefficienti di parametri in una regressione lineare.
Nella regressione lineare si ipotizza che la funzione che lega le variabili x1,x2, …xn sia di tipo
lineare.

P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

la regressione serve a stabilire i valori dei coefficienti della combinazione lineare: a1 a2 a3... an e b.
I parametri potrebbero essere superfici destinate a differenti funzioni, o superfici convenzionali, o
caratteristiche intrinseche ed estrinseche qualidi età, obsolescenza, degrado, localizzazione ecc.
Di fatto i coefficienti della combinazione lineare rappresenteranno quindi i valori tipici unitari delle
superfici, i coefficienti di ragguaglio delle superfici convenzionali, o i punti di merito delle
differenti caratteristiche.

Stima per regressione monoparametrica


Se la stima è di tipo monoparametrico si può costruire una regressione lineare semplice:
P = ax + b
dove a rappresenta il prezzo marginale di P al variare del parametro x, e b un termine noto, pari al
prezzo minimo che non varia al variare di x.
Ad esempio, l’incremento del prezzo a metro quadro al variare del numero di metri quadri sarebbe
rappresentato da una relazione del tipo:
P = -ax + b
P (€ /mq)

S (mq)

La regressione serve quindi a stabilire l’andamento della retta:


P = -ax + b
a partire da un certo numero m di dati osservati.

34
Deve essere m > n +1 (se il numero di parametri n è 1: m > 2

P (€ /mq)
B(Pb,Xb)
A(Pa,Xa)

M(Pm, Xm)

S (mq)
La regressione per costruire la retta P = -ax + b utilizza il principio dei minimi quadrati. La retta
che simula meglio l’andamento lineare è quella che minimizza la somma delle distanze dei punti
rilevati dalla retta stessa, rispondendo alla condizione

∂ ∑i =1 xi i + y i
m 2 2


m
d i = min ⇒ =0
i =1
∂x∂y

Osserviamo le due situazioni:

in entrambi i casi è possibile costruire una retta di regressione, ma nel secondo essa rappresenta
poco efficacemente la legge di variazione di y in funzione di x, perché i punti sono più lontani dalla
retta e non sono allineati.
Bisogna in questo caso valutare il coefficiente di determinazione R2. R2 varia tra 0 e 1.
Più R2 è vicino a 1, più la regressione è valida.
Per quanto riguarda il numero di osservazioni, quanto più m (numero di rilevamenti) è maggiore di
n+1 (numero di parametri più 1), tanto più la regressione è valida. Esiste un coefficiente F (di
Fisher) che lega la affidabilità della stima al rapporto tra numero di osservazioni m e numero di
parametri n.

Stima pluriparametrica
Nella regressione lineare, si ipotizza che la funzione che lega le variabili x1,x2, …xn che
contribuiscono a determinare il prezzo P dell’immobile da stimare sia di tipo lineare.

35
P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

ai (i=1…n) rappresenta il prezzo unitario di P al variare del parametro xi (i=1…n), a parità di tutti
gli altri valori, e xi rappresenta l’unità di misura della i-sima caratteristica (adces. vani, mq, numero
di posti auto etc)
la regressione serve a stabilire i valori dei coefficienti della combinazione lineare: a1 a2 a3... an e il
termine noto b.

Funzione regressione lineare di excel


Dati i prezzi
P1,P2,…Pm,

e i valori dimensionali delle caratteristiche


xi1, xi2, xi3…. xin , i=1….m,

con l’uso di Excel si imposta come segue la operazione necessaria a determinare I coefficienti e il
termine noto dell’equazione:

P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

Y nota è l’insieme dei X nota è l’insieme dei


prezzi a mq rilevati dalle valori delle variabili
compravendite caratteristiche rilevati
dalle compravendite
23/01/2005 Lezione 4. Corso B di Estimo Ing. 30 23/01/2005 Lezione 4. Corso B di Estimo Ing. 31

36
P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

Funzione tendenza di excel

Serve a determinare il prezzo P di un immobile determinato secondo una regressione lineare


del tipo

P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

Noto un numero m di osservazioni xi

P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

Y nota è l’insieme dei X nota è l’insieme dei


prezzi a mq rilevati dalle valori delle variabili
compravendite caratteristiche rilevati
dalle compravendite

37
P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b P = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

La funzione Tendenza
X nuova è l’insieme dei restituisce direttamente il
valori delle variabili valore stimato secondo la
caratteristiche relative regressione lineare
all’immobile da stimare derivante dalle y e x note

38
Metodo indiretto o analitico

Si determina il Valore di mercato per capitalizzazione dei redditi. In questo caso il valore di
mercato corrisponderà alla accumulazione a oggi di tante somme conferite anno per anno al fine di
poter esercitare il diritto d’uso del bene.
Se gli anni d’uso sono riferiti ad un periodo limitato (di n anni) la formula coincide con
l’accumulazione iniziale di rendite che determin un valore V:
R (q n − 1)
V = .
rq n
Ma il valore di mercato presuppone possesso, quindi uso per un numero infinito di anni. La
formula di accumulazione precedente, se riferita ad un periodo illimitato (n = infinito) diventa
lim R (q n − 1) R
V = ⇒ V =
n → ∞ rq n r
L’eventuale presenza di valori in entrata o in uscita, non ripetuti annualmente si cumula nelle
aggiunte A e nelle detrazioni D:

R
V= + A− D
r

R rendita annua
r= q-1 saggio di interesse
A aggiunte
D detrazioni

Aggiunte e detrazioni
Aggiunte A (o poste attive)
Dotazioni particolari di accessori, redditi transitori pregio di alcuni elementi, servitù attive

Detrazioni D (o poste passive)


Mancanza di accessori significativi, spese straordinarie, degrado di alcuni elementi, servitù passive,
ipoteche, mutui o altri oneri

Determinazione del saggio r.

Secondo Forte-De Rossi (1977) il saggio oscilla intorno al 4%, con un range compreso tra il 2% e il
6%.
39
Il saggio assume differenti significati.
E’ un premio al rischio, se si considera l’aspetto dell’impiego di risorse monetarie per generare
redditi futuri, quindi incerti.
E’ il prezzo d’uso del denaro, se si considera l’aspetto della retribuzione per chi presta denaro, per
un periodo di tempo privandosi dell’uso di esso, da parte di chi riceve denaro, e ha la possibilità di
generare redditi con esso.
E’ la misura della capacità del mercato di generare redditi, attraverso l’uso di denaro, se si
considera la capitalizzazione, come potenziale espresso dall’impiego di risorse monetarie.

Fattori Ascendenti del saggio r


Condizioni di mercato favorevoli, caratteri intrinseci ed estrinseci dell’alloggio, incremento del
prezzo d’uso del denaro, decremento della disponibilità di mutui

Fattori discendenti del saggio r


Condizioni di mercato, caratteri intrinseci ed estrinseci dell’alloggio, riduzione del prezzo d’uso del
denaro, incremento della disponibilità di mutui

Date n compravendite e n rendite corrispondenti, applicando la formula inversa della


capitalizzazione dei redditi, si determina il saggio medio

n
∑ Ri
r = i =1
n
∑ Pi
i =1

Esempio: Fattore Discendente del saggio per Condizioni di mercato: i fitti sono variati più
lentamente dei prezzi di vendita. In queste condizioni il saggio diminuisce all’aumento dei prezzi
con fitti costanti, come nell’esempio in tabella, per un alloggio di 100 mq, con fitto mensile netto di
512 euro, e con variazione del valore di mercato dal 2000 al 2004:

A nno R e n d ita P re z z o € S a g g io
annua € r= R /P
2004 6192 150000 2 ,1 %

2003 6192 140000 3 ,0 %

2002 6192 130000 3 ,9 %

2001 6192 120000 4 ,8 %

2000 6192 110000 5 ,6 %

40
IIL
LCCO
OSST
TOOD
DII PPR
ROOD
DUUZ
ZIIO
ONNE
E

Il valore di costo è il valore d’insieme delle risorse utilizzate per la produzione di un bene.
In via diretta può essere determinato stimando per confronto con il valore della produzione di beni
simili a quello da stimare, realizzati nello stesso mercato.
In via analitica può essere determinato a partire dalla somma del valore d’uso di tutti gli elementi
che hanno concorso alla produzione del beneda stimare.

Obiettivi della determinazione del valore di costo :


- costo di produzione edilizia
- stime di danni (costo di ricostruzione),
- Stime “a valore di costo” del valore di mercato
- stime assicurative
- confronto con valori di altro genere

Determinazione
metodo diretto (sintetico): parametrico,
metodo indiretto (analitico): computo metrico
Metodo misto (semianalitico): elementi funzionali
Il metodo diretto (a “scatola chiusa”: black box approach) si basa sulla ricerca di riferimenti per la
determinazione di valori unitari di costo (riferiti ad elementi funzionali dell’edificio, o all’edificio
stesso).

Metodo parametrico per la determinazione del valore di costo

Variabili delle funzioni di costo


Una generica funzione di costo unitario si riferisce a variabili individuate generalmente secondo una
relazione del tipo (Simonotti, 1994):
C= f (M, L, K, A, P(M) P(L) P(K) P(A) , n, g, P)
con
M= materiali
L= manodopera
K= risorse tecnologiche/progettuali
A= caratteri del sito e morfologia dell’organismo architettonico (in riferimento a nuove
edificazioni, A rappresenta l’area edificabile, e non c’è un organismo architettonico)
P(M) P(L) P(K) P(A) = prezzi unitari delle variabili precedenti

41
n, g, P = eventuali variabili esterne: economie di scala, organizzazione cantieristica, progresso
tecnologico.
Si osservi che rispetto a questa formulazione, aspetti generalmente stabili nel mercato delle nuove
costruzioni diventano molto più variabili nella riabilitazione e nella riqualificazione architettonica e
urbana. In particolare le variabili A (caratteristiche morfologico-ambientali), n (economie di scala),
g (cantieristica) e p (tecnologia) sono caratterizzate da maggiore variabilità in interventi di restauro
e recupero rispetto a interventi di nuova progettazione.

Vale il medesimo approccio utilizzato per il valore di mercato: Per la stima monoparametrica:

Vx: px = Σ Vi: Σ pi => Vx = px (Σ Vi: Σ pi)

Vx valore (di costo) del fabbricato da stimare


Px parametro di consistenza del fabbricato da stimare (ad es. volume espresso in mc)
Vi valore noto (di costo) dell’i-mo fabbricato di confronto
Px parametro noto di consistenza dell’i-mo fabbricato di confronto

Alcune indicazioni per l’applicazione di metodi pluriparametrici per la stima sintetica dei costi
Il costo unitario per piano( e per superifcie) diminuisce all’aumentare del numero di piani (perché
incidono meno fondazioni e copertura)
Il costo unitario a mq diminuisce all’aumentare della superficie abitabile
All’aumentare della superficie abitabile diminuisce l’incidenza degli impianti sul costo a mq
Le strutture orizzontali incidono più delle verticali sul costo di costruzione

Stime per regressione


Come per il valore di mercato, nella regressione lineare, si ipotizza che la funzione che lega le
variabili x1,x2, …xn che contribuiscono a determinare il costo C dell’immobile da stimare sia di
tipo lineare.

C = a1x1 + a2x2 + a3x3 +…..an xn + b

ai (i=1…n) rappresenta il prezzo unitario di C al variare del parametro xi (i=1…n), a parità di tutti
gli altri valori, e xi rappresenta l’unità di misura della i-sima caratteristica
la regressione serve a stabilire i valori dei coefficienti della combinazione lineare: a1 a2 a3... an e il
termine noto b.

Tra i metodi di regressione nella stima dei costi è noto il metodo ARC (Appreciacion rapide du
coste), nel quale i parametri sono soprattutto di natura geometrica:
- numero di piani,

42
- rapporto tra superficie e sviluppo verticale delle pareti,
- rapporto tra perimetro e superfici verticali, ecc.
L’ARC si applica soprattutto nelle stime relative al costo delle nuove costruzioni, mentre per il
recupero è stato in passato frequentemente utilizzato il MER (di cui si fa cenno più avanti).

Stime analitiche dei costi


Si basano sulla scomposizione del progetto in elementi. Il livello di dettaglio varia dall’elemento
funzionale (metodi semianalitici) al fattore di produzione (metodi analitici)La stima analitica dei
costi presuppone l’analisi dettagliata della qualità e della quantità delle categorie di lavoro
necessarie alla costruzione.
Il metodo analitico (a scatola aperta: white box approach) è fortemente legato alla dimensione
progettuale dell’intervento, perché si applica attraverso una scomposizione degli elementi che
costituiscono il processo realizzativo, e che descritti nel progetto ne forniscono una
rappresentazione activity-based (Pilcher, 1997), cioè descritta per categorie di lavoro e per
tecnologie applicate, per ciascuna delle quali si determina la corrispondente voce di costo.
La stima analitica dei costi di costruzione è basata sulla determinazione del computo metrico
estimativo. Da un punto di vista matematico/formale il computo può essere visto dal punto di vista
del processo come il risultato di una combinazione lineare di costi unitari di singoli fattori di
produzione moltiplicata per le quantità di questi stessi elementi previste dall’intervento progettuale,
mentre dal punto di vista del prodotto come la somma dei costi di produzione di una serie di
elementi funzionali, sui quali sono stati operati specifici interventi. La metodologia di
scomposizione del progetto per elementi dei quali viene computato il prezzo unitario è basata sulla
individuazione dei costi di categorie riconoscibili e omogenee di fattori di produzione.

Singolarità
del progetto

Edifici storici Computo metrico


atipici estimativo
del progetto
Dettaglio

Progetto Progetto
preliminare esecutivo

Sistemi Edifici recenti


estimativi di ripetitivi
massa

Stima per fattori di produzione


Alla determinazione del costo delle categorie di lavori concorrono voci relative ai fattori di
produzione classificabili in generale come segue:
- manodopera
- materiali
- spese per l’esercizio di mezzi d’opera e di servizi (noli, trasporti)

43
- spese generali d’impresa e messa in sicurezza, utile dell’impresa
Una volta determinate le quantità delle singole categorie di lavori espresse nel progetto e il loro
prezzo unitario, il valore globale viene determinato attraverso la combinazione lineare dei prezzi
unitari pi delle singole categorie di lavori moltiplicata per le quantità qi:

∑ i =1 qi pi
n

qi = quantità relative alle categorie pi


pi = f (manodopera, materiali), rappresentato l’impiego di risorse relative alla realizzazione
dell’intervento.
Ad esse si aggiungono le incidenze percentuali delle spese generali dell’impresa da remunerare
sullo specifico progetto k1 (spese per l’esercizio di mezzi d’opera e di servizi, messa in sicurezza) e
l’utile k2.

Esempio di stima analitica di un prezzo unitario di solaio


Si individuano i prezzi unitari di ogni fattore di produzione che interviene nella realizzazione
dell’elemento:Le fasi sono:
Analisi del progetto e Determinazione delle quantità:

Dimensioni, peso, per i materiali


Ore di lavoro, per la manodopera
Incidenza dei mezzi di produzione per i fattori tecnologici (noli e trasporti)
Incidenza di oneri vari (sicurezza etc)

Costo unitario di Solaio Laterocemento h=18cm, travetti (b=38 cm)


soletta in c.a. (h=4cm) luce 4.50m e sovraccarico 32N/mq
Impalcatura mq1.00xEuro…=

Manodopera Garzone Ore 1.20xEuro…=


Muratore Ore 0.20xEuro…=
Ferraiolo Ore 0.21xEuro…=
Cementista Ore 0.15xEuro…=
In uno =…….€
Laterizi + 5%sfrido mq0.83xEuro…=
Materiali mc0.08xEuro…=
Calcestruzzo
Ferro kg4.00xEuro…=
In uno =…….€

Totale =…….€

Esempio di Computo per elementi di cui siano noti i prezzi da tariffario

44
Macro Categoria Unità di Prezzo Quantità A riportare
Fondazione misura Unitario
Scavo per fondazione Mc €/ Mc

CLS per sottofondazione Mc €/ Mc

CLS per fondazione Mc €/Mc

Ferri Kg €/Kg

Vespaio in pietra Mc €Mc

Macro Categoria Unità di Prezzo Quantità A riportare


strutture verticali misura Unitario
CLS per pilastri e travi Mc
Ferri Kg
Macro Categoria Unità di Prezzo Quantità A riportare
Chiusure verticali misura Unitario
Muratura di mattoni spess Mq
30cm
Pareti in mattoni per Mq
divisioni
Intonaco civile per interni Mq
Intonaco civile per esterni Mq

Stima per elementi funzionali


L’intervento globale può essere scomposto dal punto di vista del prodotto in una serie di
macrocategorie di lavori (Forte e De Rossi, 1977, Fusco Girard, 1987) che nel nostro caso sono
corrispondenti ad interventi di rifunzionalizzazione e recupero di elementi funzionali.
Un elemento funzionale è identificabile per la funzione che svolge (ad es. fondazioni,
orizzontamenti, impianti tecnologici), indipendentemente dall’edificio di appartenenza.
La determinazione del costo di costruzione quindi può avvenire
a) oltre che per stima analitica della somma dei prezzi riferiti a voci di tipologie di costo di
fattori (manodopera, materiali, noli, trasporti, ecc) concorrenti alla realizzazione di ciascuno
dei singoli elementi funzionali
b) anche per somma dei costi unitari riferiti direttamente agli elementi funzionali (costo per
mc di fondazione, per mc delle strutture di base, per mq elementi di chiusura verticali e
orizzontali, ecc).

La formulazione riportata qui di seguito:

n n m
C = ∑ Ei Ci =(1+ k 1 + k 2)∑∑ qij p j
i=1 i=1 j=1

45
Evidenzia la relazione tra costo totale determinato come somma dei costi delle categorie di opere
(Ei Ci) dal punto di vista del prodotto, o come somma dei costi di ciascun fattore di produzione dal
punto di vista del processo (qijpij), per ogni elemento funzionale Ei, di costo unitario Ci:

m
Ei Ci = (1+ k 1 + k 2)∑ qij p j
j=1

Esempio di stima per elementi funzionali


Si ricavano i prezzi medi unitari per elemento funzionale, avendo a disposizione stime derivate da
computi di opere realizzate, dividendo i costi di ogni elemento funzionale per le quantità rilevate.
L’operazione è ripetuta per ogni progetto di cui si possiedono informazioni, per determinare infine
la media. Nella tabella il costo unitario è riferito non alle singole quantità di mano d’opera, di
materiali, che determinano il costo della fondazione, delle strutture verticali ecc, ma direttamente
alla fondazione, alle strutture verticali ecc

Elemento funzionale Computo … Computo Prezzo medio


Progetto1 Progetto n
Quantità Costo … Quantità Costo pi = Σ Qi/Ci
Q1 C1 Qn Cn
fondazioni … €/mc
strutture verticali … €/mc
Chiusure verticali … €/mq
Solai … €/mq
…….. …
Impianti … €/ml
Tetti … €/mq

Stime basate sulla relazione costo-degrado


Alcune funzioni di costo, specifiche del recupero, si riconducono alla valutazione del livello di
degrado di un edificio come variabile dal quale far dipendere, secondo una relazione
matematica/statistica, il costo del suo recupero. L’analisi del degrado è una delle prime operazioni
che il progettista effettua già in fase di indagine preliminare. Da essa infatti deriva la ipotesi di
intervento di consolidamento e di restauro. L’utilità di metodi estimativi basati sulla determinazione
del livello di degrado è quindi anche data dalla possibilità di costruire stime più precise di quelle
puramente sintetiche già in fase di progetto preliminare.

Tali approcci, attraverso l’attribuzione di una serie di punteggi ai fattori di degrado consentono di
determinare una misura complessiva del rapporto costo/degrado. Il punteggio complessivo P è
somma di m punteggi parziali f determinati come funzione di n punteggi relativi ai singoli elementi
di degrado rilevabili.

46
m
P = ∑ f j ( p ij ) i =1....n
j =1

Il degrado è rappresentato per intervalli di punteggio che individuano differenti livelli di


recuperabilità e un livello di irreversibilità.

I punteggi si assegnano in funzione degli aspetti di processo e di progetto precedentemente elencati,


vale a dire cantierabilità, vincoli di contesto, elementi tecnologici e strutturali, aspetti tipologici,
morfologici, esteriori e interiori dell’edificio, a partire dai quali viene attribuito il punteggio,
secondo parametri decodificati in formule empiriche costruite su osservazioni statistiche. A ciascun
punto viene infine associato un costo unitario di recupero, dal quale deriva il costo totale
C = f’ (P)
Tra questi metodi quello che ha conosciuto maggior fama è il MER (Metodo di stima rapida). Il
MER si applica a edifici storici non monumentali, di tipologia frequentemente ripetitiva, che non
presentano problematiche particolari (quali la presenza di elementi architettonici di valenza
artistica, o di opere d’arte particolari). La sua applicazione è possibile in tutti quei casi in cui, su
manufatti realizzati con tecnologia tradizionale, siano eseguite interventi di manutenzione ordinaria,
straordinaria interventi di restauro e risanamento conservativo. Esso è’ stato elaborato nella
Università di Ginevra (presso il CETAH), a seguito di una sperimentazione curata per conto del
Ministero Francese dell’Edilizia. Il metodo si compone di due fasi di lavoro, corrispondenti alla
redazione di schede di analisi e stima.

Dapprima viene compilata una scheda su cui si riportano i dati ottenuti attraverso la stima a vista”
di una serie di elementi relativi alle parti comuni dell'edificio e ad alcuni alloggi presi a campione. I
dati raccolti costituiscono la base per la determinazione di un punteggio P.

Per la determinazione dei punteggi Pi vengono considerati: il numero degli alloggi (L), il perimetro
delle facciate libere (P), la superficie lorda e complessiva calpestabile (SLP, ΣSLP) degli alloggi e
delle parti comuni (SPC e ΣSPC), e la superficie netta abitabile (SHAB e ΣSHAB):

Pi = f (Li , Pi ,SLPi , S PCi ,SHABi )i =1....n

Nella seconda fase viene effettuata una stima, mediante punteggi corretti con specifici coefficienti e
applicati ad un prezzo per incremento unitario di punto, che permette l’elaborazione dei risultati del
rilievo in situ ai fini della determinazione del costo.

CiTOT = a(r) b(r) c(r) Pi

I coefficienti di correzione utilizzati nel metodo sono definiti attraverso espressioni che si
riferiscono a parametri relativi alla morfologia e alla tipologia dell’edificio:

47
a si determina in riferimento all’incidenza degli elementi orizzontali non ripetitivi (come le
fondazioni, il piano terra, il tetto con la sua struttura e copertura, l’isolamento del piano terra e del
tetto) che hanno un’incidenza per m2 abitabile, in funzione del numero dei piani;

b si determina in riferimento all’incidenza degli elementi verticali (strutture verticali, rivestimenti di


facciata, isolamento termico di pareti) a contatto con l’esterno in funzione della forma dell’edificio
in esame e di quelli confinanti;

c si determina rispetto all’incidenza degli impianti e dei sevizi;

r corregge i punteggi in funzione delle variabili di processo: accesso, stoccaggio, scarico e


spostamento di materiali , dimensioni del cantiere.

I livelli di degrado corrispondono ad altrettanti regimi di intervento:

- recupero leggero (manutenzione ordinaria) con Pi < 75;

- recupero medio (manutenzione straordinaria) con 75 < Pi < 150;

- recupero pesante (risanamento conservativo) con Pi > 150.

Nonostante le aspettative di alcuni autori sulla diffusione di questo metodo, in Italia esso non ha
avuto molta fortuna ed è svanita la speranza che la sua utilizzazione possa divenire ordinaria. In
concreto, a venir meno sono proprio gli studi che permettono di determinare i coefficienti finali (Di

48
Cosmo, 2004). Infatti, dopo una prima attribuzione in via teorica avvenuta nel 1980 per il comune
di Bologna (Vicari et al., 1981), la loro determinazione su base reale non è più stata ripresa.

Qui di seguito si riportano due schede usate nel metodo MER: la prima serve per il rilievo del
degrado, la seconda per l’attribuzione dei punteggi e il calcolo dei costi (in lire, evidenziato nel
terzo particolare)

49
Costi di urbanizzazione.

Si determinano come costi di costruzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.


Variano in funzione della dimensione demografica degli insediamenti urbani.

€/ab

Migliaia di abitanti

Urbanizzazioni primarie

La curva per i soli impianti a rete è più €/ab


dolce rispetto a quella per il complesso
delle opere di urbanizzazione primaria,
che comprende anche la viabilità.
La viabilità per abitante varia in
funzione delle tipologie edilizie, Migliaia di abitanti
passando da 14-15 mq / ab per case
monofamiliari a 6-7 per torri e linee.

Urbanizzazioni secondarie

I costi unitari delle urbanizzazioni


€/alunno

secondarie hanno andamenti


sinusoidali. Ad esempio, se abbiamo
una scuola il costo ad alunno decresce
fino al massimo numero di alunni che
possono occupare la scuola, poi
aumenta nel momento in cui si edifica
una seconda scuola, per poi discendere
nuovamente, e così via
2 scuole
1 scuola

3 scuole

Le unità di misura sono funzione


dell’utenza: (€/ab), oppure delle
caratteristiche dell’opera (ad es. per gli
ospedali €/posto letto; per le scuole
€/alunno alunni

50
SST
TIIM
MAAD
DEEII FFO
ONND
DII A
AGGR
RIIC
COOL
LII

I fondi agricoli sono beni complessi, composti da caratteristiche di differente natura.Gli aspetti
economici da considerare per una stima del valore di fondi agricoli sono:
Dimensione dell’appezzamento,
Ordinamento produttivo,
Capitali immobilizzati

La dimensione dell’appezzamento è varia. Si va da terreni così piccoli da non poter essere definiti
unità produttive a terreni più grandi che possono essere ritenuti unità autonome. L’Unione Europea
distingue 5 classi di Superficie Agricola Utilizzata:
- Fino a 5 Ha
- da 5 Ha a 10 Ha
- da 10 Ha a 20 Ha
- da 20 Ha a 50 Ha
- oltre 50 Ha

Ordinamento produttivo
Viene valutato attraverso una serie di parametri economici: Reddito Lordo, prodotto netto, Ore di
manodopera a Ha per anno, ecc. L’Unione Europea distingue tre differenti tipologie di ordinamento
produttivo:
- Erbaceo
- Arboreo
- Foraggiero-Zootecnico
Esiste infine una classificazione che tiene conto della tipologia di impresa (capitalistica o
coltivatrice, a conduzione familiare, di proprietà, affittuaria ecc.)

Elementi che influenzano il valore dei beni agricoli


Interni, dipendenti dal fondo: - caratteri intrinseci (naturali e antropici) dei beni fondiari
- condizioni d’uso e redditività
Esterni, dipendenti dalle politiche economiche che regolano il mercato agricolo
- regime fiscale
- politiche agricole internazionali

51
Procedure di stima
Si illustrano qui di seguito tre differenti procedure di stima del valore di un fondo agricolo, che in
generale possono essere applicate con lievi modificazioni differenti categorie di attività produttive
anche di carattere industriale.
Stima comparativa del Valore di mercato
Stima analitica del Valore di rendimento (ricercato attraverso il tasso di capitalizzazione)
Stima per valori tipici del Valore patrimoniale (determinazione analitica del valore di tutti i beni
dell’azienda)

Stima sintetica del Valore di mercato (attraverso metodologie di analisi comparativa).


Esempio di stima monoparametrica di un seminativo, 15 Ha. Su regressione logaritmica. Il
parametro considerato è la dimensione dell’appezzamento

Milioni di £/Ha

40 Aziende a seminativo di pianura a conduzione diretta

30

Valore 20

24 mil. 1981

10
Superficie 15 Ha
00
00 5 10 40 100 Ha

Stima del Valore di rendimento


Si ottiene per capitalizzazione del beneficio fondiario Bf

Vaz= Bf/r
Il Beneficio fondiario è l’utile maturato dal fondo Agricolo, e deriva dalla produzione epurata di
tutte le spese.
La produzione Lorda Vendibile Plv, è una caratteristica di ogni coltura. E’ pari alla produzione
totale Pt meno quella reimpiegata Pr. La produzione reimpiegata è quella parte della produzione che
non può essere venduta perché viene riutilizzata in cicli produttivi successivi
Plv = Pt − Pr

Una azienda che ha più ordinamenti colturali ha più produzioni lorde vendibili, a prezzi differenti
per ciascuna produzione (ad es. Un fondo coltivato a Uliveto, mandorleto e agrumeto avrà tre
prodotti lordi vendibili, misurati in quintali/ettaro all’anno.

52
Il ricavo lordo aziendale Rl è dato dalla somma delle produzioni lorde vendibili moltiplicate per i
rispettivi prezzi.

n
Rl = ∑ Plvi × pi
i =1

Il ricavo netto aziendale Rn, derivato dalla monetizzazione della produzione netta Pn è pari al
ricavo lordo epurato dei costi Q e delle imposte Imp.
Rn = Rl − Q − SV − Imp
I costi Q sono pari alla somma delle quote di reintegro, (spese di manutenzione del fondo, degli
edifici, dei macchinari agricoli e la perdita di valore del bestiame per l’invecchiamento), le spese
varie Sv sono variabili anno per anno (i concimi, l’energia, i carburanti etc), e le imposte sono Imp

Il ricavo netto aziendale Rn, derivato dalla monetizzazione della produzione netta Pn deve essere
anche pari alla somma degli utili, cioè deve remunerare tutti i soggetti operanti nell’azienda:
- il proprietario del fondo attraverso il Beneficio fondiario Bf
- l’imprenditore agricolo attraverso il Beneficio dell’imprenditore agricolo Bi (detto Beneficio
Industriale),
- gli impiegati attraverso gli stipendi (che rappresentano la quota di costo fisso delle spese di
manodopera) Sst
- e la manodopera attraverso il salario delle ore di lavoro Ssa.
L’eventuale differenza rappresenta il Tornaconto T, un capitale da reinvestire nell’azienda, se
positivo, o da recuperare se negativo.

Rn = B f + Bi + Sa + St ± T

Eguagliando le due espressioni della Rendita netta Rn si ha:


Rn = Rl − Q − SV − Imp = B f + Bi + Sa + St ± T
si può determinare il Beneficio fondiario Bf isolandolo al primo membro

B f = Rl − (Q + Sv + Imp) − ( Bi + Sa + St ) ± T

Stima del valore patrimoniale


La stima consiste in questo caso nella somma del valore di tutti gli elementi presenti nel fondo
agricolo.
Il valore è di mercato per ciò che concorre a produrre reddito agrario, e di costo per ciò che è
prodotto o comprato per la produzione del reddito agrario.

53
Di fatto è una stima per valori tipici, nella quale vengono stimati gli elementi del suolo (terreno e
frutti pendenti, cioè ordinamento colturale), e del soprassuolo (fabbricati, macchianri e impianti,
bestiame)

Ordinamento colturale Si stima il valore venale di tutti gli appezzamenti, per ordinamento colturale.
Descrizione Superficie Valore stimato
Ha Unitari Totale
(migliaia di €)
Boschi, tare e incolti 9 4000€
Seminativi
pendio 10 8800€
pianura 21 9700€
Arborati 2,5 15500€
Vigneti 4 14700€
Pescheti 3,5 15700€

Totale

Fabbricati Si stima il costo di costruzione per tutti i fabbricati, supposti a servizio del fondo, e
quindi non com beni compravendibili indipendentemente dal fondo stesso.

Descrizione Consistenza Valore


stimato
Unitari Totale
(migliaia di €)
Abitazione 200 mq 85000€
Stalle 650 mq 14500€
Tettoie di ricovero 900 mq 5000€
Capannoni 500 mq 12500€
Silos 450 mq 60700€
Garage 260 mq 30000€
Magazzini 70 mq 90500€
Totale

Bestiame Si stima il valore di mercato di tutti I capi di bestiame

54
Descrizione Consistenza Valore
stimato
n. capi Unitari Totale
(migliaia di €)
Vacche 62 1000€
Manze 18 850€
Vitelle 23 900€
Torelli 1 700€

Totale

Macchinari Si stima il prezzo dei macchinari deprezzato in funzione dell’obsolescenza

Descrizione Valore stimato


Valore Totale
deprezzato
Macchine motrici Ruspa 5000€
Minitauro 4500€
Pala 5000€
Macchine operatrici Falciatrici 500€
Frese 700€
Impianti Motopompa 1500 €
Tubazione ml 600 1500 €
Attrezzi vari Aratri 1400 €
Carretti 2500 €
Cisterne 1000 €
Totale

Per poter stimare il deprezzamento si considera generalmente un decremento del valore variabile
linearmente nel tempo.

55
Noto il valore di mercato a nuovo del macchinario Vm, il valore di rottamazione del macchinario (o
scrap value) Vr, e il numero di anni n che caratterizzano il ciclo di vita produttiva del macchinario,
il valore deprezzato dopo x anni Vx si ottiene dalla seguente formula:

n−x
V x = Vr + (Vm − Vr )
n

56
V
VAAL
LOOR
REEC
COOM
MPPL
LEEM
MEEN
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ARRE
E

Definizione di rapporto di complementarità


La determinazione del valore complementare di un bene dipende dalla possibilità di far derivare la
stima del valore del bene stesso dall’esistenza di una relazione di complementarità tra esso ed altri
beni.
C’è complementarità quando il valore di un bene complesso (composto cioè da più elementi che
hanno ciascuno un proprio valore) differisce dalla somma dei valori dei suoi singoli elementi presi
uno alla volta.

Vt ≠ ∑ i =1Vi
n

Se un bene è composto da n elementi, e la somma degli n valori dei singoli elementi è minore del
valore complessivo del bene, il rapporto di complementarità è positivo

Vt > ∑ i =1Vi
n

Vt rappresenta il valore complessivo del bene


Vi rappresenta il valore parziali dell’i-mo elemento costitutivo del bene considerato

In particolare, nel caso in cui il valore del bene complesso sia maggiore della somma dei valori
delle sue parti, la perdita di una parte produce un danno superiore al valore della parte stessa.
Il valore complessivo VTot di un bene diminuisce nel momento in cui esso viene privato di una sua
caratteristica, in misura maggiore di quanto sia il valore rappresentato dalla funzione svolta dalla
caratteristica stessa:

n −1
VTot − Vn > ∑ i =1 Vi

Ciò permette di stimare il danno D complementare al valore Vn, che il bene subisce con la perdita
di questa caratteristica. Il danno complessivo sarà dato da D= Dcompl+Vn:

n −1 n −1
VTot − Vn = Dcompl + ∑ i =1 Vi ⇔ D = Vn + Dcompl = VTot − ∑ i =1 Vi

57
La complementarità può essere tra beni posseduti tutti dal medesimo soggetto (la complementarità è
interna alla proprietà), o posseduti tra più soggetti (la complementarità è esterna alla proprietà).
In questo secondo caso un proprietario può subire un danno per modificazioni della proprietà altrui.

Determinazione del Valore Complementare nelle stime


I casi di applicazione della stima a valore complementare più frequenti sono:
1. Stima dell’indennità derivante da vincoli o servitù che diminuiscono l’edificabilità ordinaria
di un lotto (complementarità esterna alla proprietà)
2. Stima dei danni derivanti ad un fabbricato per la realizzazione di un edificio abusivo su lotto
confinante, che diminuisce il valore di alcune sue caratteristiche (complementarità esterna
alla proprietà).
3. Stima generica dei danni derivanti dalla perdita di una parte costitutiva di un edificio
(complementarità interna alla proprietà).
4. Stima dell’indennità di esproprio relativa alla espropriazione di una quota parziale di
proprietà (complementarità interna alla proprietà).

Determinazione del danno per diminuzione delle influenze delle singole caratteristiche
Si potrebbe costruire una tabella che, tenendo conto delle influenze di una serie di caratteristiche
dell’edificio, rappresentino l’incidenza percentuale della diminuzione del valore dovuta al
peggioramento delle condizioni delle caratteristiche stesse, ad es. a causa di costruzioni abusive
edificate in prossimità del fabbricato da stimare.
In condizioni di ottimo il coefficiente relativo all’influenza delle caratteristiche è pari a 1. Esso
diminuisce allorquando peggiorano le condizioni.

CARATTERISTICHE Max Min Influenza


percentuale
Utilizzazione e prospicienza 1 0.80 20%
Ubicazione 1 0.75 25%
Orientamento 1 0.95 5%
Quota 1 0.96 4%
Grado di finimento e funzionalità 1 0.88 12%
Luminosità 1 0.90 10%
Panoramicità 1 0.80 20%
Soleggiamento 1 0.96 4%
100%

Un fabbricato ha subito un danno per la costruzione di un edificio su lotto confinante in termini di:
- luminosità (diminuita del 50% dalla condizione ottimale precedente)
- panoramicità (diminuita al 60% dalla condizione ottimale precedente)
Il valore del fabbricato prima della realizzazione della costruzione abusiva è di 200.000 €.

58
abusiva

Considerata la variabilità dell’incidenza della luminosità tra 1 e 0.90, una perdita della caratteristica
al 50% comporta l’attribuzione di un indice di 0.95

Considerata la variabilità dell’incidenza della panoramicità tra 1 e 0.80, una perdita della
caratteristica al 60% comporta l’attribuzione di un indice di 0.88

Il valore del fabbricato è quindi pari a:

€ (200.000 x 0.95 x 0.88) = € 167.200

Esempio di stima di un area soggetta a provvedimento di esproprio parziale per pubblica


utilità

L’area consiste in un lotto rettangolare di dimensioni 30 x 20 mq. Il provvedimento espropriativo


riguarda una striscia di terreno di 10 m di larghezza, estesa per tutto il lato corto del lotto.

Le Informazioni disponibili sono le seguenti:

30 m
20 m
20 m

Le prescrizioni urbanistiche sono le seguenti:


L’area è inquadrata in zona di espansione, edificabile previa redazione di piano di lottizzazione. I
parametri urbanistici prescritti per la zona sono i seguenti:
Indice di edificabilità fondiaria Iff = 2,2 mc/mq
Altezza massima Hmax= 6,5 m
Distacco minimo dai confini Dmin = 5m

59
In questa situazione, l’esproprio porta a una riduzione dell’area utile edificabile, tenendo conto del
distacco dai confini da 200 a 100 metri quadrati. Infatti nella situazione precedente all’esproprio la
possibile area di sedime su cui “appoggiare” l’edificazione si otteneva dall’area rettangolare di
dimensione (30 x 20)= 600 mq, considerando i distacchi dai confini; si determinava così una
superficie di (20 x 10)=200 mq.

L’area post esproprio ha una dimensione di (20 x 20)= 400 mq, e la possibile area di sedime
dell’edificato, considerando i distacchi minimi, passa a (10 x 10)= 100 mq.
Quindi la riduzione della superficie totale del fondo è del 33% (siamo passati da 600 a 400 mq),
mentre la riduzione dell’area di sedime dell’edificato è del 50% (siamo passati da 200 a 100 mq).
Il volume edificabile pre-esproprio è pari a

(2,2 mc/mq x 600mq) = 1320 mc.

Il volume edificabile post-esproprio è pari a


(2,2 mc/mq x 400mq) = 880 mc

La situazione pre-esproprio però permetteva di edificare 1300 mc (equivalenti a circa 400 mq di


superficie lorda), mentre la conformazione dell’area post eproprio non consente di edificare più di
650 mc (per rispettare distanze e altezze massime).
In questo caso è evidente che l’area residua subirà una perdita di valore non proporzionale ma
superiore alla perdita percentuale di superficie.
Nella situazione post esproprio i metri quadri di superficie lorda saranno al più 200 (100 per ogni
piano). Nella sitazone pre esproprio, su un piano di sedime di 200 mq si possono edificare 400 mq
(200 per ogni piano)
Quindi come per l’area di sedime, anche per la superficie lorda la riduzione è del 50% (siamo
passati da 200 a 100 mq)sempre a fronte di una riduzione della superficie totale del fondo è del 33%
(siamo passati da 600 a 400 mq).
Essendo la superficie lorda edificata proporzionale al valore di mercato di quanto verà realizzato, si
ha un danno complementare derivante dall’esproprio pari alla differenza tra il 50% e il 33%
dell’area iniziale.

60
V
VAAL
LOOR
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Valore aggiunto da una trasformazione edilizia

Il valore di trasformazione Vt è pari alla differenza tra il valore di mercato Vmt che un immobile
assume dopo un intervento di trasformazione, che avviene in n anni, riportato all’attualità al tasso di
capitalizzazione r, relativo a fabbricati simili, meno il costo di costruzione K (compreso di oneri e
interessi passivi). Determinato il valore di trasformazione è possibile esprimere un giudizio di
convenienza economica a trasformare se Vt è maggiore del valore di mercato attuale del fabbricato
da trasformare Vmo.

Applicazioni:
• Riuso di edifici
• Aree edificabili
• Cambiamento di destinazioni di uso

La convenienza è data dal verificarsi della relazione:

Vt>Vmo

Essendo il valore di trasformazione:

 
Vt = Vmt n−
K 
 (1 + r ) (1 + r ) m 

la convenienza si ha se il valore aggiunto dalla trasformazione è positivo:

 
Vmt n−
K
m  − Vmo ≥ 0
 (1 + r ) (1 + r ) 

Determinazione del tempo di collocamento n e dell’intervallo di realizzazione m

-n dipende dalle dinamiche del mercato. Va analizzato il numero di alloggi venduti in un dato
intervallo di tempo nel mercato al quale ci riferiamo.

61
-m è un “tempo tecnico”, dipende dalle risorse umane e tecnologiche impiegate. Va analizzata la
capacità produttiva dell’impresa che realizza

Esempio:
Stima della convenienza della Ricostruzione di un edificio e cambiamento di destinazione d’uso. E’
possibile una ricostruzione di volumetria pari a quella preesistente.

Dati a disposizione
Superficie 1.660 mq
Volume edilizio 12.635 mc
Destinazione d’uso: Albergo
Si ipotizza un rendimento dell’attività alberghiera pari all’8%
Si ipotizzano 2 anni per la realizzazione e l’inizio della produttività dell’albergo

Dati da individuare:
Probabile valore di mercato del fabbricato per uso albergo Vmt
Costo di costruzione + oneri + interessi

Da un indagine sui dati storici risulta che il valore a mq commerciale di un albergo è nell’area pari a
2000 €/mq di superficie commerciale

Il costo è pari a 1000 €/mq vuoto per pieno

Essendo il volume edilizio pari 12.635 mc, ipotizzando un altezza di piano di 3 m dopo l’intervento,
il probabile valore di mercato del fabbricato per uso albergo

Vmt sarà 2000 €/mq x (12635/3)mq = 8424000 €


K sarà 1000 €/mq x (12635/3)mq = 4212000 €

Si noti che non utilizziamo la superficie attuale, perché l’edificio ha un altezza di piano attualmente
diversa da tre metri, come invece sarà a seguito della ricostruzione

Ipotizzando che la trasformazione avvenga in due anni e il costo sia erogato dopo un anno
dall’inizio dell’attività (per semplicità)

Essendo Vmt = 8424000 €, K = 4212000 €, n= 2, m=1 diventa:

Sostituendo nella formula:

62
 
Vmt − K 
 (1 + r )n (1 + r ) m 

 
Vt =  8424000 2−
4212000 
 (1 + 0,08) (1 + 0,08)1

Ipotizziamo che il valore attuale Vmo dell’edificio sia quello di un edificio per civile abitazione, al
quale applicare un deprezzamento per obsolescenza:
Se il valore a mq degli edifici per civile abitazione nuovi è stato stimato in 500 euro, essendo la
superficie attuale pari a 12660 mq, si ha
1860mq x 500 €/mq = 830000 €
A causa dell’obsolescenza il valore viene surrogato con deprezzamento. Ipotizziamo che l’analisi
statistica ci dia per un edificio di 40 anni un deprezzamento del 25%

Dato il valore del nuovo di 830000 il nostro Vmo sarà pari a a 830000 x 0,75 = 622500

Perché ci sia convenienza deve risultare Vt > Vmo

 
Vt −Vmo = 8424000 − 4212000  − 622500 > 0
 (1+ 0,08)2 (1+ 0,08)1

63
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Il valore di mercato delle aree edificabili dipende dai seguenti fattori:


• Disponibilità di aree e richiesta di suoli (domanda)
• Parametri urbanistici che definiscono il grado di edificabilità (offerta)
• Disponibilità e caratteri del mercato della riqualificazione urbana (stock esistente)
Le metodologie di stima sono:
Stima a valore di trasformazione: si basa sulla determinazione del valore di trasformazione di un
area
Stima per comparazione: si basa sulla possibilità di determinare il valore di mercato di un area
conoscendo i parametri urbanistici e il valore di mercato di altre aree edificabili

Stima a valore di trasformazione


Il massimo prezzo accordabile da un compratore ad un area edificabile è quello che permette allo
stesso di edificare e perseguire un utile al netto dei costi attraverso la vendita degli immobili
edificati.
Quindi, in assenza della possibilità di stimare il valore di un area attraverso una stima sintetica, si
può determinare analiticamente a “vlore di trasformazione” il valore di mercato dell’area.
Il valore attribuibile all’area edificabile è pari alla differenza tra valore dopo la trasformazione e i
costi di realizzazione (aumentate dell’utile imprenditoriale). Si ottiene risolvendo rispetto al valore
iniziale (pari al valore dell’area) la relazione
Vt=0

per Vt= 0 se il valore iniziale è quello dell’area: Vmo = Vaed

 ( K + utile) 
Vmt n− m  = Vaed
 (1 + r ) (1 + r ) 

Se l’intervento avviene in tempi brevi (mesi) la formula si semplifica in:

Vaed= Vmt – (K+utile)

Esempio: Si calcoli “a valore di trasformazione” il valore venale della seguente area residenziale
edificabile:
A = 3000 mq
Iff = 2 mc/mq
64
Costo di costruzione a mc k = 300 euro
Utile imprenditore sul costo di costruzione 20%
Valore di mercato medio di un alloggio Vmq = 1200 euro/mq
m = n =0 (tempo di collocamento e di realizzazione trascurabili)

Il volume edificabile è:
Vol = 3000 mq x 2 mc/mq = 6000 mc
Con una superficie lorda (con h = 3 m) pari a
6000 mc/3m = 2000 mq
Di valore pari a
Ved = 2000 mq x 1200 euro/mq = 2.400.000 euro
Essendo il costo di costruzione a mc k = 300 euro +Utile
e l’utile dell’imprenditore 10%
il costo di costruzione sarà:
(300 + 10%) x 6000 mc = 330 x 6000 = 1980000 euro

Essendo m ed n trascurabili:

(K+utile)/qm = 2160000/q°= 1980000 euro

e Vmt/ qn = 2.400.000/q°= 2.400.000euro

un imprenditore sarà disposto ad acquistare l’area per:


2.400.000-1.980.000 = 420.000 euro

realizzando un utile del 10% sul costo di costruzione pari a 30.000 euro.
Il valore a mq dell’area sarà: 420000/3000= 120euro/mq

Stima per comparazione


E’ possibile ricondurre la stima dei valori delle aree edificabili all’indice di edificabilità, in una
comparazione monoparametrica. Essendo il volume edificabile Vol pari al prodotto dell’indice di
edificabilità per l’area edificabile Iff x Aed, il valore dopo la trasformazione, cioè dopo
l’edificazione Vmt è dato dalla superficie calpestabile lorda Vol/h per il valore medio a mq Vmq:
Vol = Iff x Aed, Volume edificabile
Iff indice di edificabilità fondiaria
Aed area edificabile (superficie fondiaria)
VAe d valore dell’area edificabile

65
il valore dopo la trasformazione, in questo caso dopo l’edificazione, Vmt è dato dalla superficie
calpestabile lorda Vol/h per il valore medio unitario a mq Vumq:

Vmt= Vumq x Vol/h = Vumq x (Iff x Aed)/h

e il costo K proporzionale al volume Ved in funzione di k (costo medio a metro cubo)

K = k x Vol + Vagr = (k x Iff x Aed)+ Vagr

Essendo Vagr il valore agricolo dell’area edificabile, che perdendo le sue caratteristiche rdi
produzione agricola a vantaggio dell’edificabilità appresenta un mancato reddito, quindi un costo.

La relazione Vmt ( K + utile)  diventa (trascurando i tempi m ed n):


 n− m  = Vaed
 (1 + r ) (1 + r ) 
VAed = Vmt –K

essendo k il costo unitario a metro cubo (comprensivo dell’utile dell’imprenditore), e h l’altezza di


piano (3 o 3,5 per piani terra), si ha

VAed = Vmt –K = (Vumq x Vol /h)– (k x Vol)+ Vagr


Ponendo in evidenza Vol
VAed = Vol (Vumq/h – k) + Vagr
Essendo Vol =Iff x Aed
VAed = Vol (Vumq/h – k) + Vagr = Iff x Aed (Vumq/h – k) + Vagr

VAed / Aed = Iff (Vumq/h – k) = Iff x Cost

se supponiamo l’altezza h costante, e Vmq e Vagr costanti, condizione possibile nello stesso segmento
di mercato,
VAed / Aed = Iff x Cost + Vagr

Quindi il valore unitario a metro quadro di un area edificabile, ottenuto dividendo il valore dell’area
Vaed per la superficie dell’area Aed è proporzionale all’indice di fabbricabilità fondiaria Iff. E’
quindi possibile effettuare la stima per comparazione tenendo conto della proporzionalità tra indici
e valore di aree edificabili:
Data un area A, noti gli indici di edificabilità Iff(x) di un area X, e Iff(b) di un area B, oltre al valore
a mq dell’area B, pari a Vmq(B)=VAed(B)/AB,

66
la stima del valore a mq dell’area A, pari a Vmq(X) = VAed(X)/AX a partire dalla legge di
proporzionalità:
(Vmq(X)- Vagr)/(Vmq(B)-Vagr)= Iff(x)/ Iff(b)

Vmq(X)- Vagr = (Vmq(B)-Vagr) x Iff(x)/ Iff(b)

Se Iff (a) = 0 il valore Vmq(A) =Vagr, corrispondente al valore del suolo non edificabile.

Iff ( x)
Vmq ( X ) = Vmq ( B ) + Vagr
Iff (b)

Se il valore agricolo non è noto, bisonga poter effettuare il confronto con due aree di indice Iff(a) e
Iff(b) di valori a mq noti Vmq(A) e Vmq(B). Applicando la legge di proporzionalità alle coppie di
suoli (A, X) e (A, B) si ottiene

[Vmq(X)- Vmq(A)] : [Vmq(B)- Vmq(A)]= [(Iff(x) - Iff(a))] : [Iff(b) - Iff(a)]

Vmq(X)- Vmq(A) = [Vmq(B)- Vmq(A)] x [Iff(x) - Iff(a)] / [Iff(b) - Iff(a)]

( x) − Iff (a )
[
Vmq ( X ) = Vmq ( A) + Vmq ( B) − Vmq ( A) ] Iff
Iff (b) − Iff (a )

Vmq
Vmq(b)
Vmq(a)

Vagr

Iff(a) Iff(b) Iff

67
IIL
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TIIM
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E

Il valore di surrogazione si riferisce a beni che non hanno un mercato di riferimento, o non hanno
un loro valore di mercato (ad es. beni pubblic), per i quali è possibile individuare un altro bene che
ha analoghe caratteristiche di uso e funzionalità, che abbia un suo valore di mercato.

Casi particolari:
- Deprezzamento
- Stima del valore d’uso di beni pubblici/ambientali

Valore di mercato surrogato per deprezzamento


Il valore di un edificio antico, che non abbia particolari caratteri storici o architettonici, può essere
stimato
a) per surrogazione del valore di mercato di un edificio nuovo di pari consistenza, quando per
edifici nuovi esiste un mercato di riferimento
b) per surrogazione del costo di costruzione di un edificio nuovo di pari consistenza,
incrementato dell’utile dell’imprenditore, se l’edificio ha caratteristiche singolari non
riscontrabili in mercati di riferimento
Il valore così determinato viene deprezzato secondo un coefficiente che considera l’obsolescenza
dell’edificio soggetto a stima:

Vc= Vr – DVr = Vr (1 – D) = K Vr D variabile dal 25% al 5%

La legge 392 del 1978 (legge sull’equocanone) impone, ai fini della stima del canone locativo di un
alloggio un deprezzamento che varia tra 0 (immobili con meno di 5 anni) e 15% fino a 20 anni
(incrementando dell’1% il deprezzamento per ogni anno a partire dal sesto), e dal 15% fino al 30%
dai 21 anni fino ai 50 anni (incrementando dello 0,5% il deprezzamento per ogni anno a partire dal
sesto)

Esempio:
valore di mercato di un alloggio in fabbricato storico:
4 vani, superficie lorda 100 mq, età 40 anni;
probabile costo tecnico di costruzione di un edificio recente di 4 vani, 100 mq (altezza 3 ml):
200 €/mc = 600 €/mq (da stima sintetica)
costo totale: 600 x 100 = 60000 €
deprezzamento: 25%

68
valore di mercato surrogato dell’alloggio in fabbricato storico:
(1-0,25) x 60000 = 45000 €

69
Stima del valore d’uso sociale dei beni ambientali
Esistono beni che pur se sprovvisti di mercato, erogano un servizio per la collettività: litorali
balneabili, servizi ricreativi nelle aree protette, aree di valore paesaggistico etc.
Il valore d’uso sociale come già anticipato, corrisponde alla surrogazione del solo valore del
servizio che essi erogano.
Viene quindi considerato un valore economico diverso da quello ecologico, che invece si riferisce
alla funzione più ampia che i beni ambientali svolgono nei cicli energetici e produttivi naturali.

Per questi beni, i metodi di stima monetari tendono a “simulare” un mercato, o a leggere
comportamenti economici, basandosi spesso sulla determinazione di una disponibilità a pagare, cioè
individuando attraverso differenti metodi comportamenti che determinano flussi monetari (reali o
ipotizzati) influenzati o derivanti dalla presenza del bene. Su queste ipotesi si costruiscono curve di
domanda. Le preferenze possono essere “rivelate” indirettamente da comportamenti, o “espresse”
attraverso una indagine diretta condotta tramite questionario.

Curve di Domanda
Esprimono la domanda del bene ambientale inteso come servizio

Preferenze espresse Preferenze Rivelate


Si basano sull'indagine diretta Si basano su analisi di comportamenti economici generati dall'uso di un bene

Valutazione di Contingenza Metodo di Clawson Prezzi edonici


Stima il costo di accesso ai beni sostenuto dagli utenti diretti Stima l'incremento/decremento di valore
di alcuni beni indirettamente influenzabile dal bene ambientale

Disponibilità a pagare Disponibilità a rinunciare Metodo dello stipendio Metodo del fitto
incremento decremento di valore degli stipendi incremento/decremento di valore dei fitti

I metodi di stima più frequenti si basano su:


- prezzi edonici e individuazione di mercati surrogati
- individuazione del costo erogato dagli utenti per accedere al bene (costo del trasporto o metodo di
Clawson)
- individuazione della “disponibilità a pagare” (valutazione di contingenza)
- metodi basati sulla disponibilità a rinunciare ad altri beni o servizi (monetizzabili) in favore del
bene ambientale stimato (costo - opportunità)

Mercati surrogati:

I beni producono effetti esterni al loro contesto (non si può parlare di mercato), che si misurano
sulle variazioni dei regimi di altri mercati. Questi effetti vengono definiti “esternalità”. Si tratta
quindi di variazioni di valori di mercato attribuibili alla presenza di un fattore ambientale, in
positivo o in negativo.

70
Prezzi edonici
Questa tecnica è utilizzata spesso per il settore immobiliare. Essa parte dalla constatazione che la
diversità dei valori ambientali fa variare i prezzi degli immobili e cerca di stabilire quindi la parte da
attribuirsi all'ambiente nelle differenze di prezzo degli immobili. Di solito si usa la tecnica della
regressione multipla su una serie di valori immobiliari situati in località aventi caratteristiche
ambientali differenziate.
Il modello degli Haedonic Prices sviluppato da Rosen (1979) è stato applicato inizialmente ad un
campione di 20 città metropolitane americane ; In seguito Berger, Blomquist e Hoehn , e Stover e
Leven , estendono lo studio ad un campione più ampio di 253 città americane. Il modello è
rappresentato con una equazione differenziale, che leghi la variazione infinitesima del prezzo alla
variazione infinitesima della qualità ambientale dovuta alla presenza della risorsa.
Sono valutate Amentities sociali e ambientali (l’esposizione climatica, il livello di servizi sociali, la
presenza di aree verdi, il livello dei redditi, la criminalità, la presenza di elementi paesaggistici).
Ricerche empiriche condotte negli Stati Uniti, con questo metodo, hanno stimato un deprezzamento
dei valori immobiliari per ogni punto percentuale in più di inquinamento atmosferico di percentuali
variabili fra lo 0,06-0,15%, quota che aumenta fino allo 0,5% quando si considerano più agenti
inquinanti. Le percentuali di deprezzamento sono più elevate per il rumore (0,15-0,88% per ogni
punto in più di rumore negli USA e fino a 1,26% in Svizzera). Questo deprezzamento rappresenta la
misura monetaria di una Esternalità. Cioè di un effetto esterno al mercato nel quale si produce la
variazione di un bene (in questo caso gli immobili)

Area Diminuzione del prezzo delle abitazioni per l’inquinamento acustico

dr = + kr dve
Nord Virginia 0,15 (dollari/ decibel)

Nord Springfield 0,50 (dollari/ decibel)

Washington 0,88 (dollari/ decibel)

Chicago 0,65 (dollari/ decibel)

Esempio di esternalità negativa misurabile in funzione dell’hedonic pricing.

“L'uso dei prezzi edonici solleva numerosi problemi teorici e pratici, dovuti alla difficoltà di isolare le
variabili ambientali da altre che hanno influenza sui prezzi.
Lo si è visto nelle rilevazioni effettuate per stimare la perdita di valore degli immobili situati in
vicinanza degli aeroporti: spesso essi aumentano di prezzo, malgrado il forte danno da rumore, perché
cambiano destinazione, ad esempio vengono utilizzati come uffici, o semplicemente perché per alcuni
individui la prossimità all'aeroporto vale di più del danno prodotto dal rumore (Bresso, 1992)”.

Individuazione del costo erogato dagli utenti per accedere al bene (costo del trasporto o metodo di
Clawson)
Come per i prezzi edonici, Il metodo si basa sulla interpretazione di un comportamento economico
reale dei membri di una collettività. Per l’accesso al bene, i suoi utilizzatori si impegnano nel sostenere

71
una serie di spese. L’ipotesi è che il valore d’uso sociale del bene ambientale sia commisurato al costo
sostenuto dai suoi utilizzatori.
Si determina una rendita fittizia R, commisurata alle spese sostenute dagli utenti per usufruire di un
bene (ad esempio un bosco)

Se gli utenti provengono da luoghi definiti:


n dn
R = ∑ vi × d i c d1
i =1 d2
n: numero dei centri
di: distanza da ciascuno degli n centri
c: costo kilometrico medio del viaggio
vi: numero di viaggi da ciascuno degli n centri

Se gli utenti non provengono da luoghi definiti:


n
R = ∑ fidic
i =1
f1 f2 fn
dn
d2
d1
n: numero delle fasce di ugual distanza
di: distanza media di ciascuna delle n fasce
c: costo kilometrico medio del viaggio
fi: frequenza dei viaggi da ciascuna fascia

Esempio.
Valutazione monetaria di un litorale di 5,7 km in prossimità di Bari. (Grillenzoni, Grittani, 1990)

Dati del problema: costo kilometrico


numero utenti
luoghi di provenienza dell’utenza

Fascia A

Fascia B

Fascia C

72
La legge urbanistica regionale pugliese 56/80 fissa un indice per determinare il numero di utenti
delle fasce costiere.
1 utente per ml di costa di profondità 30 m (incrementato ogni 10 metri di profondità di una unità)

70000 utenti/anno fascia A distanza dal litorale 10 km


30000 utenti/anno fascia B distanza dal litorale 7 km
50000 utenti/anno fascia C distanza dal litorale 8 km
Se il costo stimato è di 30 Eurocent/km

Si ha: Totale annuo costo


(70000 x 10 x 0,3) + (30000 x 7 x 0,3) + (50000 x 8 x 0,3)
Pari a 393000 euro
Con un valore del saggio sociale di 3,75 per un tempo infinito

(1 + 0, 0375) ∞ − 1 1
Vt = 393000 × = 393000 ×

0, 0375(1 + 0, 0375) 0, 0375

Valutazione di Contingenza
La valutazione di Contingenza si basa sulla determinazione della “Disponibilità a Pagare” (Wtp o
Willingness to Pay).
Il principio cardine è quello dell’interrogazione diretta basata sulla richiesta di una disponibilità a
pagare individualmente una somma in denaro per la conservazione di un bene ambientale o
culturale.
L’interrogazione avviene in varie forme. Ciascuna di esse presenta vantaggi e svantaggi.
Qui di seguito è riportata la metodologica di costruzione che esprime la disponibilità a pagare con la
stessa modalità con la quale si costruisce una curva di domanda rispetto al prezzo (follow up).
Per Napoli musei aperti è stata chiesta la disponibilità a pagare per mantenere apere 24 ore al giorno
i musei, affrontando quindi spese superiori a quelle attulemente sostenute con gli orari ordinari.

Disponibilità a Campione Risposte Incidenza sul


Pagare in euro (intervistati) positive campione
0 284
5 56 29 51.8%
7 46 24 52.2%
10 40 18 45.0%
15 44 30 68.2%
20 43 20 46.5%
25 41 13 31.7%
30 49 11 22.4%
50 54 14 25.9%
75 46 8 17.4%
100 46 14 30.4%

73
Per ogni cifra (prima colonna) è indicato il numero di intervistati (seconda colonna), il numero di
intervistati che ha detto di essere disponibile a pagare una data cifra (terza colonna) e l’incidenza
degli intervistati ai quali è stata chiesta la disponibilità a pagare per ciascuna cifra (quarta colonna)
E’ ovvio che chi esprime la disponibilità a pagare di valore pari a Pi, è disponibile a pagare anche
ogni valore P < Pi.
Questo permette di costruire una frequenza cumulata. Se le disponibilità a pagare sono n, e sono
ordinate per valori crescenti, se Pi è la esima disponibilità a pagare, espressa da un numero ni di
intervistati, per follow up, il numero totale di intervistati disponibili a pagare Pi sarà pari a
i

∑ n dove no
0
i rappresenta il numero di persone indisponibili a pagare alcuna cifra, determinate

sommando il numero di risposte negative di ogni campione. Si determina così la seguente frequenza
cumulata di risposte, dove, ad esempio, il numero di pesone disponibili a pagare 30 euro, è pari alla
somma del numero di persone intervistae che si sono dichiarate disponibili a pagare 100, 75, 50 e
i
30 euro, cioè fi= ∑ ni .
0

Intervistati Campione Frequenza cumulata DAP Valore


parziale i
fi= ∑ ni
0
n0 284 f0 465 P0 0
n1 29 f1 181 P1 5
n2 24 f2 152 P2 7
n3 18 f3 128 P3 10
n4 30 f4 110 P4 15
n5 20 f5 80 P5 20
n6 13 f6 60 P6 25
n7 11 f7 47 P7 30
n8 14 f8 36 P8 50
n9 8 f9 22 P9 75
n10 14 f10 14 P10 100

Si ottine quindi la seguente curva di fequenza, analoga a quella di domanda in funzione del prezzo
di un bene (in questo caso ipotetico):

120

100

80

60

40

20

0
14 114 214 314 414

74
La cui frequenza media è pari a 117, corrispondente ad un valore medio di disponibilità a pagare di
11,01 euro (corrispondente alla linea che divide l’area sottesa dalla curva in due parti di area
uguale).

120

100

80

60

40

20 (117,11)

0
14 114 214 314 414

75
A
ANNA
ALLIISSII R
RIIC
CAAV
VII C
COOSST
TII

Determinazione della convenienza alla trasformazione con l’analisi costi-ricavi.


Nella realtà molte trasformazioni vengono valutate per la convenienza che esplicano in un periodo
limitato ad un certo numero di anni. Il privato che realizza la trasformazione per fini di lucro
ovviamente avrà bisogno di godere di un profitto in un tempo ragionevole in funzione delle sue
esigenze. Queste esigenze cambiano da soggetto a soggetto.
In questo caso si considererà l’attività che determina un reddito nell’arco di tempo nel quale si
pensa si debba determinare la convenienza economica (ad es. 10 anni), e si determinano le voci di
spesa e le voci di ricavo relative all’attività stessa.

Flusso di cassa: sequenza di costi e ricavi ordinati nel tempo


1/q2 1/q3 1/q4

R2 R3 Rn

C0 C1 C2 C3 Cn

1/q1 1/q2 1/q3 1/q4

I costi e i ricavi sono le tipologie di effetti economici che costituiscono il flusso di cassa. Nel
valutare la convenienza economica dell’operatore singolo, in condizioni di ricerca di una redditività
dell’intervento l’analisi costi-ricavi costruisce un bilancio tra i benefici e i costi definiti come:

costi diretti primari o uscite: valore monetario di beni e servizi impiegati per la realizzazione, la
manutenzione e l’esercizio delle opere progettuali (costi di sviluppo e gestione)

benefici diretti primari o ricavi, o entrate: incremento di valore aggiunto da rendite associate
all’attività che si va a realizzare.

Sulla base di queste determinazioni si costruisce una cash flow analysis (analisi del flusso di cassa),
cioè una analisi della sequenza di costi e benefici ordinati cronologicamente nel periodo di

76
osservazione, che porta all’individuazione del valore attuale netto, del saggio di rendimento interno
e del rapporto benefici-costi attualizzato. Le condizioni di convenienza sono le seguenti:

VAN > VANmin RBCA > 1+s SRI > SRImin

SRImin e VAN min sono valori che definiscono le condizioni di convenienza fissate per ragioni che
dipendono dal momento e da altre contingenze. Al limite SRImin e VAN min saranno pari a 0. Le
condizioni diventano allora:

VAN > 0 RBCA > 1 ∃ SRI e SRI > 0

Secondo la formulazione proposta dal Marglin (1971) il valore attuale netto è pari alla differenza tra
la somma dei costi e la somma dei ricavi dispiegati dall’inizio della realizzazione alla fine del
periodo di produttività del progetto, attualizzati:

n
VAN = ( B0 − C0 ) + ∑ Bi − Ci > VAN min
i =1
(1 + r)i

L’orizzonte temporale va dall’anno 1 all’anno n, Bi è la somma dei ricavi conseguiti all’anno


iesimo, Ci è la somma dei costi sostenuti all’anno iesimo. Con questa formula costi e ricavi si
intendono posticipati, cioè erogati alla fine di ogni anno.

n
B0 + ∑ Bi
(1 + r)i
R BCA = i =1
n
≥ 1+ S
C0 + ∑ Ci
i =1
(1 + r)i

Infine per quanto riguarda il rapporto costi benefici attualizzato:


Il rapporto tra i ricavi e i costi derivanti da un progetto deve essere maggiore di 1+S perché il
progetto sia giudicato conveniente.
L’orizzonte temporale va dall’anno 1 all’anno n,
Bi è la somma dei benefici conseguiti all’anno iesimo,
Ci è la somma dei costi sostenuti all’anno iesimo.
S è un margine minimo ritenuto accettabile, espresso come frazione di 1 (al minimo corrispondente
al tasso di capitalizzazione r)
Il saggio di rendimento interno è il valore del saggio di attualizzazione r per il quale il VAN è pari
a zero.
Quindi è il valore di r che corrisponde alla soluzione dell’equazione:

77
n
( B0 − C0 ) + ∑ Bi − Ci − VAN min = 0
i =1 (1 + r )i

Esempio
Si determinino Valore attuale netto e Saggio di rendimento interno in 10 anni della seguente
ristrutturazione di un edificio:
Costo di acquisizione (iniziale) è 70000 euro.
N. Alloggi 10 di 85 (utili), 92 (lordi) mq ciascuno
Costo di ristrutturazione a mc : 150 euro/ mc da sostenere nel primo anno
Costi di gestione 8% del costo di ristrutturazione a partire dal secondo anno
Saggio di attualizzazione 4%
Fitto esigibile per gli alloggi ristrutturati (stimato) 1100 euro/mese

VALORE PER SURROGAZIONE

Il valore ottenuto èer surrogazione si riferisce a:


a) beni privati il cui valore di mercato non è desumibile da un mercato di riferimento, perché hanno
caratteristiche particolari, come ad esempio immobili di vecchia costruzione, per i quali non
esistono riferimenti di mercato.
b) beni pubblici che non hanno un mercato, e conseguentemente un loro valore di mercato, ma
hanno un valore d’uso sociale,

Per questi beni si surroga il valore d’uso da quello di analoghi beni che sono simili per funzione ai
beni oggetto di stima
In altre parole, l’aspetto che guida la stima non è più la caratteristica materiale del bene, ma la sua
funzione di uso.

Aspetto del foglio di Excel per l’impostazione di una analisi costi ricavi. Nelle celle sono visibili le
formule

Potremmo dire che il saggio di rendimento interno rappresenta la misura tra le infinite possibilità
dell’incidenza delle situazioni di convenienza assoluta (VAN > 0) dell’intervento rispetto a quelle
di mancata convenienza (VAN < 0).
Il Saggio di rendimento Interno rappresenta il limite superiore dell’intervallo che a partire da 0
include tutti i saggi di rendimento per i quali il VAN è positivo. E’ quindi ovvio che più elevato è
SRI più ampia è la gamma di possibilità che il VAN sia positivo, e che quindi si verifichi una
convenienza a intervenire.

78
Nella determinazione del Valore Attuale Netto le voci che risentono di più del riporto all’attualità e
quindi del valore del saggio sono i ricavi, perché nella sequenza del flusso si hanno prima i più
rilevanti effetti negativi (il costo di intervento) e successivamente i più rilevanti effetti positivi
(l’avvio delle attività economiche dopo l’intervento).
Quindi una volta riportati all’attualità con l’uso del dividendo (1+r)n risentono maggiormente della
riduzione rispetto al costo di costruzione che viene diviso per un dividendo con esponente più
piccolo.

VAN > 0

0 VAN < 0 Punto di Inversione n Tempo

Se il saggio di rendimento interno è Sri significa che nell’intervallo (0, Sri) il VAN è positivo, oltre
no. Nel diagramma si vede l’andamento del VAN in funzione del tempo. Man mano che si
aggiungono i ricavi il VAN cresce, passando da negativo a positivo. La posizione del punto di
inversione dipende dal saggio adottato: il punto di inversione è anticipato con saggi compresi tra 0 e
Sri e più bassi. Non esiste punto di inversione se r > Sri.
Quindi se il saggio di rendimento interno r è elevato significa che il VAN ha maggiore possibilità di
essere positivo anche utilizzando un saggio r che porta a far pesare molto meno i ricavi rispetto ai
costi.
Se il saggio di rendimento interno è Sri significa che nell’intervallo (0, Sri) il VAN è positivo, oltre
no.
Nel diagramma si vede l’andamento di VAN determinati con differenti saggi in funzione del saggio
di rendimento interno sulla scala dei tempi

VAN
VAN (r1)

VAN (r2)

VAN (r3)

0 n Tempo
VAN (SRI)

79
Nel diagramma si vede l’andamento del VAN in funzione del saggio di rendimento interno

ampiezza intervallo
0-SRI

VAN > 0
0 r
VAN < 0
SRI = Punto di Inversione

80
L
LAAV
VAAL
LUUT
TAAZ
ZOON
NEED
DEEL
LLLA
ACCO
ONNV
VEEN
NIIE
ENNZ
ZAAC
COOL
LLLE
ETTT
TIIV
VAA

L’analisi costi benefici

L’analisi costi benefici si fonda sulla stessa struttura dell’analisi costi-ricavi, della quale di fatto
costituisce una estensione metodologica a processi per i quali sono rilevanti lo sviluppo nel tempo e
la dimensione economica-monetaria degli effetti generati dalla realizzazione di un progetto sul
capitale sociale e sul capitale naturale.
L’analisi costi-benefici valuta, per ogni alternativa i costi iniziali e futuri, nonché i benefici che ne
scaturiscono, stimando entrambi dal punto di vista dell’intera collettività urbana, metropolitana o
regionale (Fusco Girard, 1974).
L’analisi costi benefici quindi deriva da un concetto di utilità collettiva, diverso da quello di utilità
individuale attraverso l’estensione della valutazione economica finanziaria (analisi costi ricavi) a
problemi nei quali è necessario stimare oltre agli effetti sul capitale economico finanziario anche gli
effetti sul capitale sociale e sul capitale naturale dovuti ad una scelta di piano o ad un progetto.
L’obiettivo però è quello di minimizzare i costi della collettività e massimizzare i benefici
misurandoli nell’ottica dell’efficacia della spesa pubblica.
La monetizzazione di un effetto sociale e ambientale di un progetto quindi rappresenta la
dimensione finanziaria dell’uso di una risorsa o del vantaggio di cui gode la comunità, o la
dimensione finanziaria dello svantaggio o la privazione della risorsa che subisce la comunità, in
seguito alla realizzazione di un progetto.
La rappresentazione degli effetti è parziale, essendo limitata alla sua dimensione monetaria, e
riveste una certa utilità esclusivamente nel momento decisionale legato alla allocazione delle risorse
pubbliche per gli interventi.
Per questo motivo, e per la rilevanza dell’aspetto monetaristico delle decisioni collettive, l’analisi
costi benefici continua ad essere utilizzata nella valutazione dei progetti, e risulta di particolare
rilievo per la valutazione di progetti di recupero del patrimonio culturale, evidenziando i ritorni
economico-finanziari ”allargati” derivanti dalla loro realizzazione.
L’articolazione delle voci di costo e di beneficio è più complessa, tenendo essa conto dei seguenti
aspetti (Grillenzoni e Grittani, 1992):
costi primari: valore di beni e servizi impiegati per la realizzazione, la manutenzione e l’esercizio
delle opere progettuali (costi di sviluppo e gestione)
costi secondari: valore di beni e servizi utilizzati per la trasformazione e la commercializzazione
delle maggiori produzioni conseguenti all’investimento
costi indiretti: valore di beni e servizi impiegati per altri investimenti resi possibili o necessari dalla
realizzazione del progetto
benefici principali: incremento di valore aggiunto e riduzione di costi derivanti dalla realizzazione
del progetto.
benefici secondari: incremento di valore aggiunto e riduzione di costi collegati alle attività
direttamente interessate dalla realizzazione del progetto.

81
benefici indiretti: incremento di reddito dovuto a effetti moltiplicativi generati dalla realizzazione
del progetto.
Una classificazione più appropriata rispetto all’obiettivo del recupero e della conservazione di beni
culturali e ambientali è quella che determina le tipologie di benefici in funzione degli utenti secondo
il modello del valore sociale complesso (Fusco Girard, 1987):
Benefici e costi sostenuti relativi ai produttori e agli utenti diretti. Sono coloro che usufruiscono
direttamente dell’intervento: gestori e utenti delle attività economiche insediate nel riuso, proprietari
dell’immobile etc.
Benefici e costi sostenuti relativi agli utenti indiretti. Sono coloro che usufruiscono dei servizi,
delle attività valorizzate o svalutate dall’intervento di recupero.
Benefici e costi sostenuti relativi agli utenti potenziali e futuri. Sono coloro che usufruiscono del
valore di opzione e di esistenza relativo al bene recuperato e al contesto urbano-ambientale
interessato dall’intervento.
Sulla base di queste determinazioni si costruisce una sequenza di costi e benefici ordinati
cronologicamente nel periodo di osservazione, che porta all’individuazione del valore attuale netto,
del saggio di rendimento interno e del rapporto benefici-costi attualizzato.
Come per l’analisi costi ricavi, le condizioni di convenienza sono legate alla determinazione di
valore attuale netto e Saggio di rendimento interno.

E f f et t o T ip o lo g ia d i c o s t o T ip o lo g ia d i B e n e ficio E f f et ti in d o tt i

R iq u alifica zio n e fisica C o s to d i i n ter v e n to R iv a l u ta zio n e d e ll’ im m o b ile R e cu p e r o d e ll’id en ti tà s to rica


d e ll’i m m o b ile
M a n cati r ed d iti per
a tti v ità p r o ss im e
a ll’ ed ifici o d a r e cu p e r ar e

N u ove a ttiv ità C o s ti d i g e s ti o n e e di In cr e m e n to o ccu p a zio n a le M a g g io r e b en e ss er e


e co n o m ich e in s e d iate e s e r cizio

N u o v i s e r v izi in s e d iati C o s ti d i g e s ti o n e e di M a g g io r e a cce s s ib il ità ai E q u ità


e s e r cizio s e r v iz i

E v e n tu ali flu ss i fis ca li a R id u z io n e d e i co s ti d i a cce s s o


r e m u n e r a zio n e d e lle a i s er v izi
u r b an izza zio n i

G e n tr ificat io n R id u zio n e M a g g io r valore d e g li R id u zio n e d el d is a g i o s o ci a le


d e ll ’a cce s s ib ilità al im m o b ili p e r i p r o p r ie ta ri
m e r ca to i m m o b ilia re

In cr e m e n to d ella R id u zio n e R e d d iti d e lle nu ove a ttiv ità N u o v e o cca s io n i d i s o cia lità
q u a lità u rb a n a d e ll ’a cce s s ib ilità al e co n o m ich e
In cr e m e n to m e r ca to i m m o b ilia re
R id u z io n e di ris c h i di
d e ll’a ttra tti v ità del
in v e s tim e n to n e ll ’a r ea
co n te s to

Alcuni effetti economici, costi e benefici ricorrenti nel recupero del patrimonio architettonico.

Esempio di Analisi costi benefici relativa alla realizzazione di una strda


Una analisi costi ricavi si baserebbe solo voci di costo e di beneficio diretti, invece una analisi costi
benefici può avere le seguenti voci:

82
Esempio di costo diretto principale: il costo di intervento per la realizzazione della strada.
Esempio di costo diretto secondario: la spesa sostenuta per la realizzazione di un impianto di
erogazione di carburante lungo la nuova strada.
Esempio di costo indiretto: opere di mitigazione dell’inquinamento acustico, dell’impatto
paesaggistico, sostenute dai residenti in prossimità della strada, spese sanitarie per incremento di
malattie da inquinamento etc.
Esempio di beneficio diretto: il ticket di accesso alla strada.
Esempio di beneficio diretto secondario: l’utile del gestore dell’impianto carburante
Esempio di beneficio indiretto: La riduzione di spesa per gli spostamenti dovuta alla realizzazione
del nuovo tratto stradale.
La riduzione delle spese sanitarie e previdenziali dovute alla riduzione di incidenti d’auto.

Limiti dell’analisi costi benefici


L’analisi costi benefici ha costituito il supporto per la valutazione delle grandi opere pubbliche per
decenni. L’imporsi dei principi di sviluppo sostenibile e la necessità di valutare gli effetti di lungo
periodo delle politiche di piano ha reso ancora più rilevanti i limiti di questa metodologia dovuti alla
non perfetta applicabilità dei seguenti principi:
Principio di compensabilità. Se la somma dei benefici supera la somma dei costi i soggetti che
godono di un beneficio, possono compensare (attraverso la monetizzazione degli effetti) quelli che
subiscono dei costi (Hicks).
Principio di sostituibilità. Ogni risorsa persa è sostituibile attrverso la riproduzione di una nuova
risorsa.
Tali principi sono alla base della definizione di efficienza data da Wilfredo Pareto in funzione delle
politiche che perseguono l’utilità collettiva:
Una trasformazione è efficiente se incrementa il benessere di almeno un individuo senza
decrementare quello degli gli altri

individuo A
Stato iniziale
10

Trasformazione

Individuo N Individuo B

Individuo N-1 Individuo C

La trasformazione che interessa B è Pareto-efficiente solo se vale la compensabilità perfetta. In


tal caso eventuali danni ai soggetti A, C, D, E potranno essere compensati da B. Inoltre si
presuppone che le risorse utilizzate per la trasformazione siano rigenerabili, quindi si presuppone la
sostituibilità perfetta delle risorse stesse.

83
Tale assunzione ha un limite di modello evidente: si possono avere non una ma n trasformazioni
consecutive che avvantaggiano sempre lo stesso soggetto (l’individuo b nell’immagine), e le n
trasformazioni possono tendere a infinito. In questo caso l’utilità collettiva corrisponderebbe
all’utilità dell’individuo avvantaggiato dalle infinite trasformazioni, portando ad un paradosso in
termini di equità: non può essere equa una serie di trasformazioni che pur non svantaggiando nessun
individuo ne avvantaggia solo uno, ne può essere considerata più una serie di trasformazioni di
utilità collettiva, se n va a infinito, rendendo trascurabili, quindi nulle le utilità “di dimensioni
finite” di tutti gli individui non avvantaggiati.
L’imporsi dei principi di sviluppo sostenibile e la necessità di valutare gli effetti di lungo periodo
delle politiche di piano ha reso ancora più rilevanti i limiti di questa approccio (Munda, 1997) che si
traducono nelle seguenti difficoltà operative:

Assenza di valutazione degli effetti distributivi. La valutazione costi-benefici non è equitaria. I


benefici potrebbero essere distribuiti in una parte della comunità e i costi in un'altra, del tutto
distinta dalla prima, determinando un squilibrio non accettabile, anche quando la valutazione
individua un bilancio globale positivo.
Ad esempio l’inquinamento prodotto da una fabbrica fornisce vantaggi a imprenditori e lavoratori
(utili e salari) e svantaggi ai residenti (inquinamento e perdita del valore immobiliare delle
proprietà)

Difficoltà di valutazione degli effetti di lungo termine. L’anticipazione degli effetti attraverso le
formule esponenziali inverse perde di significato quando il termine n contenuto nella espressione
1/(1+r)n assume valori elevati.
I costi sociali, generalmente riferibili a orizzonti temporali di lungo periodo, a differenza dei costi
finanziari di intervento riferiti al breve periodo, conseguentemente incidono maniera minima nel
bilancio costi benefici, perché ridimensionati fortemente dall’elevato sconto che subiscono
nell’attualizzazione.
I costi ambientali, ad esempio, si manifestano in periodi dell’ordine del secolo.
Se un costo ambientale rilevante si manifesterà tra un secolo, una volta diviso per (1+r)100 o (1+r)200
conterà in maniera estremamente limitata nel bilancio, rispetto ad un beneficio economico che si
avrà invece nel futuro più prossimo ad esempio tra 10 anni:
Per r=5%
1/(1+r)10 =1,05 –10= 0,61 => l’effetto ambientale è ridimensionato al 61,3%
100 - 100
1/(1+r) =1,05 => l’effetto ambientale è ridimensionato allo 0,7%
200 – 200
1/(1+r) =1,05 => l’effetto ambientale è ridimensionato allo 0,006%

Difficoltà di monetizzazione degli effetti. Non è facile monetizzare il danno subito da un bene che ha
valori non d’uso fortemente caratterizzanti, come un monumento.
Ad esempio, il danno alla salute causato dall’inquinamento non si misura in numero di morti o di
patologie gravi, ma in termini di incremento di spesa sanitaria o assicurativa, che è sicuramente
riduttivo rispetto alla globalità degli effetti del danno.

84
Dalla valutazione costi benefici alle valutazione di sostenibilità

La definizione di Sviluppo sostenibile (dal rapporto Bruntland, 1987) più conosciuta è la seguente:
lo sviluppo sostenibile presuppone di garantire per le generazioni future la stessa disponibilità di
risorse garantita alle generazioni presenti (principio dell’equità intergenerazionale).
Le tappe fondamentali sono il Rapporto MIT-Club di Roma del 1970, nel quale si denunciano i
limiti della crescita monetaria senza l’uso di politiche finalizzate alla conservazione delle risorse
non esauribili, la Conferenza di Stoccolma del 1972, nell’ambito della quale si introduce il concetto
di Ecosviluppo che conduce alla definizione di sostenibilità e alla Conferenza di Rio del 1992.
Nel Word Summit di Rio (1992) si enunciano i principi base dello sviluppo sostenibile: Equità
intergenerazionale, partecipazione, sussidiarietà, tutela ambientale.
In economia viene rivalutato il concetto di “Capitale naturale” e quello di “Capitale sociale”.

Esistono quattro forme di capitale: un capitale economico monetario privato, finalizzato a produrre
ricchezza individuale, un capitale economico monetario pubblico, finalizzato a produrre benessere
attraverso l’erogazione di servizi collettivi, ma essi non possono prescindere dalla conservazione
del capitale sociale e del capitale naturale. Questi ultimi non trovano espressione strettamente
monetaria. Ad essi si associa il concetto di Valore sociale complesso (Fusco Girard, 1987).

Secondo Wilfredo Pareto, come già richiamato, una trasformazione economica crea benessere
collettivo in maniera efficiente se riesce a creare un vantaggio per almeno un soggetto senza creare
svantaggi per altri, cioè senza creare trade offs negativi.
E’ stato descritto nei paragrafi precedenti il limte di tale assunzione. Una trasformazione può essere
efficiente da un punto di vista collettivo se la compensabilità avviene in riferimento non solo alla
dimensione monetaria, ma anche alla dimensione ambientale e sociale. Questo ci conduce dal
concetto di efficienza a quello di sostenibilità.

Capitale Sociale
10
Stato iniziale

Trasformazione 1

0 Trasformazione 2

Trasformazione 3
Capitale Finanziario Capitale Naturale

Triangolo di Serageldin (1996). La trasformazione 2 è sostenibile

Una trasformazione è sostenibile se incrementa almeno una forma di capitale (economico


finanziario, sociale, naturale) senza decrementare gli altri.

Esse vautamo il perseguimento dell’obiettivo della tutela ambientale a parità di benessere


economico, e quindi del mantenimento delle risorse per le generazioni future, garantendo equità

85
inter-generazionale, e quello della equa distribuzione sociale dei benefici della trasformazione,
garantendo equità intra-generazionale.
La stima del valore conservato o prodotto da una trasformazione per le generazioni future ci
riconduce dalla sostenibilità al valore sociale complesso.

La Trasformazione 2 in figura è sostenibile, perché aumenta il capitale naturale senza decremento


del capitale sociale ed economico.
Se avvenisse la perdita di risorse naturali esse dovrebbero essere perfettamente sostituibili.

86
V
VAAL
LUUT
TAAZ
ZIIO
ONNII A
ACCR
RIIT
TEER
RII M
MUUL
LTTIIPPL
LII
L’analisi multicriteri rappresenta una metodologia di scelta tra alternative di soluzione ad un
problema che in alcuni casi riveste una utilità pratica nella valutazione di sostenibilità dei piani e
progetti.
Tradizionalmente la valutazione di piani e progetti rappresenta un problema che prelude al
confronto tra differenti soluzioni progettuali rispetto ai quali si formula un giudizio di convenienza
economica generalizzato, rispetto al quale comprendere quale soluzione produca maggiore valore
sociale complesso.

La stima del valore sociale complesso è necessariamente multidimensionale, e quindi si inquadra in


metodologie che tengono conto di differenti punti di vista, che possono riferirsi a obiettivi di equità,
di tutela ambientale e di incremento del benessere economico.

Nell’ambito dei giudizi di convenienza economica sono frequenti casi di costruzione del giudizio
stesso che possono essere più generalmente ricondotti a problemi di teoria della decisione
rappresentati da una scelta tra differenti soluzioni alternative.

Nel caso della valutazione di piani e progetti queste soluzioni rappresentano frequentemente ipotesi
progettuali alternative (ad es. soluzioni di riuso di un edificio, soluzioni di uso di un area, soluzioni
localizzative diverse di una attività, ecc) e i criteri sono in generale di convenienza, fattibilità ecc
(possono essere quello del minor costo, o quello della fattibilità economica, o quello della qualità
del progetto ecc).

Problemi per i quali è considerabile l’utilizzo di un approccio a criteri multipli:

Problemi di localizzazione: problemi relativi a differenti ipotesi di localizzazione di una data opera
di urbanizzazione secondaria, a fronte di più possibili alternative fornite, ad es. dalle destinazioni
d’uso previste nello strumento urbanistico vigente, che individua più zone all’interno delle quali è
possibile insediare l’opera stessa.

Problemi di destinazione d’uso:problemi relativi alla attribuzione di una destinazione d’uso ad un


area, ad es. relativi all’insediamento di zone edificabili o produttive proporzionate a seguito della
previsione di piano, per le quali sono possibili differenti localizzazioni all’interno di un territorio
comunale.

Problemi di riuso: problemi relativi al restauro di un edificio di interesse storico-architettonico per


il quale sono possibili differenti ipotesi di riuso per attività di interesse collettivo.

Problemi di riqualificazione:problemi relativi alla scelta di opere di interesse collettivo da insediare


in un’area urbanizzata nell’ambito di un piano di riqualificazione urbana.

Problemi di scelta di infrastrutturazione: problemi relativi alla scelta di tracciati per opere di
urbanizzazione primaria, o per grandi nodi infrastrutturali (ad es. porti, aeroporti).

87
Il concetto generalizzato di preferenza

Il primo passo teorico della valutazione a criteri multipli sta nel costruire un modello logico che
esprima un concetto generalizzato di preferenza

Per preferenza si intende una relazione tra due o più soluzioni alternative di un problema capace di
esprimere un ordine di priorità tra esse. Questa relazione esprime un criterio di scelta.

Tale modellizzazione si basa sulla esistenza di una relazione binaria fra tutte le coppie del tipo
(ai,aj) non-ordinate secondo una graduatoria, di un insieme {A} di soluzioni alternative ammissibili.

Nella formulazione classica il modello è così presentato: Date le soluzioni a1, a2 Є all’insieme delle
alternative {A} si ha:
1) a1 P a2 (preferenza) è possibile confrontare a1 e a2, ed è possibile affermare che a1 è preferibile a
a2 in maniera assoluta, perché a1 è preferibile a a2, e non si può affermare il contrario
2) a1 I a2; a2 I a1 (indifferenza) è possibile confrontare a1 e a2, ma non è possibile affermare che a1 è
preferibile a a2, o che a2 è preferibile ad a1
3) a1 N a2 (incomparabilità) non è possibile confrontare a1 e a2

Richiamandosi alla teoria economica, viene adattato il concetto di utilità alla modellizzazione della
ricerca operativa
Se a è una soluzione possibile di un problema in un insieme di soluzioni {A}, una funzione di utilità
u(ai) è in una formulazione generale l’espressione numerica non necessariamente monetaria del
vantaggio che il soggetto che esprime la preferenza ottiene in corrispondenza della scelta della
soluzione ai.
Il confronto tra due soluzioni a1 e a2 si effettuerà conseguentemente confrontando i valori di u(a1) e
u(a2).

Effettuare il confronto tra due soluzioni a1 e a2 confrontando i valori di u(a1) e u(a2) significa che
perché a1 e a2 siano confrontabili, la funzione di utilità deve assumere un valore in corrispondenza
di a1 e in corrispondenza di a2.

Perché si possa esprimere una preferibilità di a1 su a2 la funzione u(a1) deve poter essere confrontata
con u(a2) attraverso la relazione d’ordine ( >,=,<)

La regola di confronto è quindi una regola algebrica, perché u(a1) e u(a2) vengono trattate come
funzioni definite in insiemi numerici.
Su questa base avremo per ogni soluzione alternativa aiЄ {A}

a1 P a2 ⇔ u (a1) > u (a2) (preferibilità)

a1 è preferibile a a2 quando l’utilità generata dalla applicazione della soluzione a1 è maggiore di


quella generata dalla applicazione della soluzione a2

a1 I a2 ⇔ u (a1) = u (a2) (indifferenza)

a1 è indifferente a a2 quando l’utilità generata dalla applicazione della soluzione a1 è uguale a quella
generata dalla applicazione della soluzione a2

88
Soglia di indifferenza
Ai fini della scelta, i valori di u (a1) e u (a2) possono essere differenti, senza che ciò comporti una
preferenza di a1 o di a2.
Ad esempio, la scelta tra due progetti a1 e a2 che costano 2 milioni di euro, e 2,02 milioni di euro
possono essere ritenuti indifferenti rispetto al criterio del costo, se 20.000 euro è una cifra
considerata “trascurabile” ai fini della scelta.
Si introduce allora il concetto di soglia di indifferenza:

a1 P a2 ⇔ u (a1) ≥ u (a2) + d

a1 è preferibile a a2 e la differenza di u (a1) meno u (a2) è maggiore della soglia di indifferenza,


determinata dal valore d cioè l’incremento di utilità minimo che u (a1) deve darci rispetto a u (a2) ,
perché si possa affermare che a1 è preferibile a a2.

Scale per la misurazione della preferenza


Per esprimere una preferenza qualitativa, basta conoscere la crescenza o la decrescenza di una
funzione di utilità, ma non necessariamente la sua variazione, e la soglia di indifferenza. La
preferenza può infatti essere espressa in differenti modi:
- preferenza espressa per ordinamento cardinale. La preferenza è rappresentata da valori numerici,
e ha un riferimento assoluto. Ad esempio una preferenza espressa tra due alternative ai e aj in
funzione della minimizzazione di un costo o della massimizzazione di un beneficio monetario, ha
una funzione di utilità della quale si conosce:
a) quantitativamente la differenza tra U(ai ) e U(aj ),
b) U(ai ) e U(aj ) rappresentano il valore dell’intensità di preferenza rispetto ad un
riferimento assoluto (corrispondente a U=0)

uk(a2)>uk(a1)
uk(a2) Rispetto al criterio Ck, il
vantaggio maggiore si
uk(a1)
ottiene con il massimo
valore di Ck(ai)
Ck(a1) Ck(a2)

uh(a2) uh(a1)>uh(a2)
Rispetto al criterio Ch, il
vantaggio maggiore si
uh(a1)
ottiene con il minimo
valore di Ch(ai)
Ck(a1) Ck(a2)

- preferenza espressa per ordine di grandezza. La preferenza non ha un riferimento assoluto ma è


rappresentata da giudizi verbali trasposti in valori numerici: ad esempio una preferenza espressa tra
due alternative ai e aj in funzione della minimizzazione di un costo o della massimizzazione di un
beneficio monetario, ha una funzione di utilità della quale si conosce la differenza in termini di
ordini di grandezza: si conosce il rapporto tra U(ai) e U(aj), espresso in ennesimi: U(ai)/U(aj)=1/n,
con n>1 significa che ai non è preferibile ad aj. “Una utilità 3 volte più grande di un'altra (Saaty,
1981)”

- preferenza espressa in scala puramente ordinale. La preferenza non ha un riferimento assoluto ma


è rappresentata da giudizi verbali non trasponibili in valori numerici: ad esempio una preferenza

89
espressa tra due alternative ai e aj in funzione della minimizzazione di un costo o della
massimizzazione di un beneficio monetario, ha una funzione di utilità della quale si conosce solo il
verso, e quindi la relazione d’ordine: si sa solo che se U è crescente, all’affermazione che ai è
preferibile a aj consegue implicitamente che U(ai) > U(aj)

Modellizzazione delle preferenze per valutazioni multicriteriali

Se la nostra scelta è legata a n criteri di valutazione, ciascuno di essi potrà condurre ad una
preferenza differente.
Esisteranno cioè n confronti tra ai e aj, basati su n funzioni di utilità differente. L’Utilità totale dovrà
rappresentare una sintesi delle utilità parziali uk, con k= 1….n
Questi modelli di valutazione si basano quindi sul presupposto che sia possibile esplicitare una
funzione di utilità totale U, composizione delle utilità parziali (u1 , u2... un ), tale che:

U [(uk (ai)] > U [(uk (aj)] ⇔ ai P aj

la funzione U(ai) determina l’utilità totale derivante dalla scelta della soluzione ai;
la funzione U(aj) determina l’utilità totale derivante dalla scelta della soluzione aj;
la funzione uk(ai) determina la k-ma utilità parziale derivante dalla scelta della soluzione ai;
la funzione uk(aj) determina la k-ma utilità parziale derivante dalla scelta della soluzione aj;
Se la regola generale di confronto è

U [ai] > U [aj] ⇔ ai P aj


Con U = f(u1 , u2... un ),

è chiaro che il problema si affronta stabilendo la relazione tra regola di confronto generale e la
combinazione delle utilità parziali uk rispetto a quella totale U.
I differenti metodi derivano dalla costruzione di differenti ipotesi rispetto a queste regole
combinatorie.

90
L’Analisi di concordanza o Metodo ELECTRE

Non sempre tutti i criteri di valutazione rivestono la stessa importanza. E’ allora possibile attribuire
un importanza diversa ai singoli criteri con l’introduzione di pesi quantitativi.
L’analisi di concordanza si effettua quando la valutazione delle alternative secondo i diversi criteri è
espressa da parametri quantitativi e l’importanza dei criteri è individuata dall’assegnazione di un
peso (Roy, 1985). In questo caso è possibile effettuare una misura della prevalenza di ciascuna
alternativa su tutte le altre, criterio per criterio.
Si costruirà quindi una matrice che riassumerà i risultati dei confronti effettuati tra coppie di
alternative per ciascun criterio. Ogni criterio rappresenta un parametro attraverso cui misurare una
utilità parziale ui, espresso da un indicatore.
Dato un insieme A = {a1, a2, …an} di n soluzioni alternative ad un problema, valutato secondo m
criteri. Sia {P}≡ (w1, w2, w3,…wm ) l’insieme di pesi che esprimono l’importanza dei criteri
misurati dai giudizi (c1,c2,…cm), e di utilità parziale (u1,u2,…um).

u1 u2 uJ-1 uJ uJ+1 um
w1 w2 wJ-1 wJ wJ+1 wm
a1 u11 u12 ...... u1J ....... u1m
a2 ....... ....... ...... ...... ....... ....
..... ..... ...... ...... ....... ....... ....
ai-1 .... .... ...... ....... ....... ....
ai ui1 ....... ...... uiJ ...... uim
ai+1 .... ....... ...... ....... ....... ....
..... ....... .... ...... ....... ...... ....
an un1 ...... ...... umJ ....... unm

Per ogni coppia di alternative ai, aj ∈ {A}, con i e j variabili tra 1 ed n (numero di soluzioni
alternative) si può definire un rapporto tra gli indici di concordanza di ai, aj, per esprimere la
preferibilità globale di ai, su aj e viceversa. L’indice di concordanza di ai sarà:

m
C ( ai , a j ) = ∑ wk ∂ k ,ij con (∂ ij ) k = 1 se uk(ai) > uk(aj), e (∂ ij ) k = 0 se uk(ai) ≤ uk(aj)
k =1

La matrice di concordanza è la seguente:

[c] a1 a2 a J-1 aJ a J+1 an indici di


concordanza
totale
a1 c11 c12 ...... c1 J ....... c1n ∑1 nc1i
a2 ....... ....... ...... ...... ....... ....
..... ..... ...... ...... ....... ....... ....
a J-1 .... .... ...... ....... ....... ....
aJ ci1 ....... ...... ciJ ...... cin ∑1 ncJi
a J+1 .... ....... ...... ....... ....... ....
..... ....... .... ...... ....... ...... ....
an cn1 ...... ...... cmJ ....... cnn ∑ 1ncni

91
In ogni casella ij è riportato l’indice di concordanza Cij. La concordanza totale dell’ i-esima
alternativa sarà data dalla media degli indici di concordanza Cij, pari alla somma degli indici Cij
che esprimono il confronto tra ciascuna alternativa i-esima con le altre, diviso il numero di confronti
totali, pari al numero di alternative meno 1 (Ogni alternativa è confrontata con ututte le altre n-1). In
funzione del valore dell’indice di concordanza sarà quindi possibile determinare una graduatoria di
preferibilità. L’indice di concordanza di aj sarà:

m
C ( a j , ai ) = ∑ wk ∂ k , ji con (∂ ji ) k = 1 se uk(ai) < uk(aj), e (∂ ji ) k = 0 se uk(ai) ≥ uk(aj)
k =1

ai sarà preferibile a aj se:


m

C ( ai , a j )
∑ wk (∂ij )k
= k =1 m >1
C ( a j , ai )
∑ wk (∂ ji )k
k =1

cioè se la somma dei pesi dei criteri per i quali le utilità parziali uk (ai) (cioè l’indice di dominanza
di ai su aj, cij, cioè il numeratore del rapporto precedente) superano le corrispondenti uk(aj) è
maggiore della somma dei pesi dei criteri per i quali le utilità parziali uk(aj) (cioè l’indice di
dominanza di aj su ai, cji, cioè il denominatore del rapporto precedente) superano le corrispondenti
uk(ai).
L’indice di concordanza Ii della alternativa ai sarà espresso dalla media degli indici di concordanza
cij. Gli lementi cij della matrice di concordanza saranno allora esplicitabili nelle seguenti formule

A1 …………… An Indici di concordanza

∑ k =1...m wk (∂11) k ∑ k =1...m wk (∂1n) k ∑ik==11......nm wk (∂1i ) k


A1
n −1
…………….
n −1 I1 =
n −1
…. ……………. ……………..….
…. ……………. …………………

∑k =1...m wk (∂j1)k ∑k =1...m wk (∂j1) k ∑ik==11......nm wk (∂ji) k


Aj
n −1
…………….
n −1 Ij =
n −1
…. ……………. …………………
…. ……………. …………………

∑k =1...m wk (∂n1) k ∑ k =1... m wk (∂nn )k ∑ik==11......nm wk (∂ni) k


an n −1 ……………. n −1 In =
n −1

∑ik==11......nm wk (∂ji)
L’indice di concordanza viene espresso dalla formula:
k
Ij indice di concordanza della j-esima alternativa,
Ij =
n numero di alternative,
n −1
m numero di criteri,
wk peso quantitativo del k-esimo criterio e
δ ji) k
(δ = 1 se l’alternativa j-esima è preferibile all’alternativa i-esima per il k-mo criterio
δ ji) k = 0
= 0 se l’alternativa j-esima non è preferibile all’ alternativa i-esima per il k-mo criterio. Ovviamente se i=j (δ

92
Se una alternativa fosse dominante per tutti i criteri (fosse cioè la migliore per tutti i criteri),
vincendo ogni confronto avrebbe un indice di concordanza medio pari a 1. Ogni confronto parziale
determinerebbe un indice di concordanza (e una somma di pesi) pari a 1 (vittoria di un alternativa
su un'altra per tutti i criteri) e conseguentemente si avrebbe una somma di confronti parziali pari a
n-1, divisa per n-1 per determinare il valore medio di concordanza.

Soglia di discordanza
Dal confronto a coppie che porta alla costruzione degli indici di concordanza Ii deriva la
graduatoria delle alternative. Perché le alternative siano comparabili però si ritiene necessario che la
“distanza” tra le utilità da esse generate per ogni criterio non sia eccessiva, per cui, posta

dgi (i,j) = ui(ni)-ui(nj)

La differenza tra le utilità generate rispetto all’iesimo criterio dalle alternative ni e nj, non deve mai
superare una soglia prefissata Dc:

max dgi (i,j) = Dc

la massima differenza riscontrata deve essere al di sotto della soglia di discordanza prefissata. In
caso contrario si può porre un problema di incomparabilità delle alternative.

Il Metodo dei Regimi o analisi delle Frequenze

I metodi dei regimi si utilizzano quando i giudizi di valore e le importanze dei criteri sono attribuiti
semplicemente per scala ordinale (Nijkamp, Rietweld, Voogd, 1989; Voogd H.;1983).

i) poichè lo scopo dell’analisi è quello di ottenere una graduatoria “corretta” di alternative, pur
avendo a nostra disposizione criteri di valutazione qualitativi, possiamo immaginare che esista una
serie di attribuzioni quantitativa di valori che esprimono la graduatoria che cerchiamo; in realtà
esistono infinite valutazioni quantitative (e infinite graduatorie numeriche) che collocano nella
stessa posizione le differenti alternative (principio della razionalità limitata).
ii) Se fosse conosciuta la corretta graduatoria quantitativa, potremmo avviare la procedura
ELECTRE.
iii) partendo dall’assunto precedente, se si potessero “contare” le infinite combinazioni di pesi e
le infinite graduatorie quantitative che determinano una priorità, si determinerebbe per la legge dei
grandi numeri, la probabilità che quella priorità sia corretta. L’espressione quantitativa della
graduatoria più probabile di alternative è quindi incognita.
iv) quindi si può intendere il metodo dei regimi come la ricerca della più probabile priorità
derivante da una “matrice degli effetti quantitativa” associata al problema trattato.

Riassumendo: la probabilità di un evento coincide con la frequenza con cui quell’evento accade in
un numero infinito di casi (per la legge dei grandi numeri). Essendo in presenza di infinite
graduatorie bisognerà trovare la probabilità che una valutazione quantitativa porti ad un certa
graduatoria, cioè l’incidenza percentuale tra le infinite graduatorie quantitative possibili di quelle
che mettono nello stesso ordine le alternative. A questo punto sarà possibile individuare la
graduatoria più probabile.
Hinloopen-Nijkamp e Rietweld (1988) costruiscono il metodo affermando che si può determinare
la graduatoria più probabile delle soluzioni alternative, ipotizzando che si possa costruire una legge
di distribuzione delle probabilità ben determinata, per cui, stabilita una priorità dei criteri, sia

93
possibile determinare quanto sia probabile che la graduatoria finale sia simile a quelle determinate
dai vari criteri ordinati in ordine decrescente di importanza.

Supponiamo di avere due alternative e quattro criteri, ordinati per importanza decrescente: i criteri
sono I, II, III, IV; le alternative sono a e b.
Supponiamo che le prevalenze seguano il seguente regime:

I II III IV
a a b b
b b a A

con a che prevale su b per il I e il II criterio, e b prevale su a per il III e il IV criterio

I II III IV
a + +
b + +

dove il simbolo + indica la prevalenza di una alternativa sull’altra secondo ciascun criterio. E’
chiaro che, quale che siano i valori incogniti dei pesi, prevalendo a su b per i due criteri più
importanti, la graduatoria finale vedrà a prevalere su b. Potremo assegnare una probabilità che a
prevalga su b Pab pari a 1, e una probabilità che b prevalga su a Pba pari a 0:

Pab = 1; Pba = 0

Se la situazione fosse invece la seguente:

I II III IV
a b b a
b a a b

e quindi le prevalenze fossero le seguenti:

I II III IV
a + +
b + +
.
.
in questo caso sarà più difficile comprendere se a prevale su b o se b prevale su a, poichè a prevale
su b per il criterio più importante e per il meno importante, e b prevale su a per i due criteri
intermedi. La graduatoria finale vedrebbe prevalere a, ad esempio, se il primo criterio fosse molto
più importante degli altri, e/o se l’ultimo fosse poco meno importante degli altri. Se invece
l’importanza dei criteri decrescesse linearmente, a e b sarebbero considerate paritarie. Potremmo
assegnare quindi il 50% di probabilità di prevalenza totale ad a e a b:

Pab = 0.5; Pba = 0.5

94
Uno studio speditivo come quello illustrato, applicato a più alternative ci porta ad una distribuzione
approssimativa nei valori, ma corretta dal punto di vista delle posizioni di graduatoria.
Per una maggiore comprensione supponiamo di avere la seguente serie di gratuatorie tra tre
alternative ordinate per criteri di importanza decrescente:

I II III IV
a b c a
b c b c
c a a b

secondo il primo criterio quindi a prevale su b e c, b prevale su c; secondo il secondo criterio b


prevale su c e su a, c prevale su a; secondo il terzo criterio c prevale su b e su a, b prevale su a;
secondo il quarto criterio, infine, a prevale su c e su b, c prevale su b. I singoli regimi saranno:

I II III IV I II III IV I II III IV


a + + a + + b + +
b + + c + + c + +

Le probabilità che le alternative prevalgano sono le seguenti:

Pab = 0.5; Pba = 0.5; Pac = 0.5; Pca= 0.5; Pbc=1; Pcb=0.

la probabilità media di prevalenza sulle altre per ciascuna alternativa è:

Pb = media(Pbc, Pba) =0.75; Pa = media(Pab, Pac) =0.5; Pc = media(Pac, Pca) =0.25

quindi la graduatoria finale sarà: (I) b, (II) a (III) c.

Nel caso in esame ovviamente la possibilità di assegnare una probabilità di vittoria di una
alternativa rispetto ad una altra nei confronti è intuitiva, ma è molto più complesso farlo per
situazioni con alternative più numerose e con situazioni non così chiare come quelle rappresentate
nei confronti precedenti..

Il metodo dei valori estremi (Israels-Keller) permette di determinare speditivamente le probabili


graduatorie di alternative valutando alcune distribuzioni notevoli di pesi. L’assunzione di base del
metodo è che sia possibile individuare i pesi incogniti dei criteri come combinazioni lineari di set di
pesi detti estremi, perchè rappresentanti situazioni estreme di priorità. La probabilità di avere una
data distribuzione di pesi viene quindi associata alla probabilità di avere una data combinazione
lineare di pesi estremi.
Questa ricerca è possibile a partire dai vincoli legati all’importanza assegnata ai criteri, e al fatto
che si ipotizza che infiniti vettori di pesi quantitativi possano rappresentarla.
Se il vincolo è quello dell’ordine dell’importanza dei criteri, quale che sia la distribuzione dei pesi
relativi ai criteri, la relazione ordinale di importanza tra i criteri deve essere rispettata anche dagli
infiniti vettori peso quantitativi che la rappresentano.
Quindi, dati m criteri, in ordine decrescente di importanza da 1 a m, sono possibili solo graduatorie
derivanti da distribuzioni di pesi che soddisfano la seguente relazione:

∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > .... > wm−1 > wm

95
I vettori di m pesi che soddisfano la precedente relazione sono infinite, ma esistono dei vettori
notevoli, corrispondenti a situazioni limite, quindi non appartenenti all’insieme di soluzioni ma
rappresentanti estremi vincolati. Tali situazioni limite sono determinate da un certo numero di pesi
di valore non nullo, tutti uguali, e un certo numero di pesi di valore nullo. Essi soddisfano le
condizioni

∑w
k =1
k = 1 e w1 ≥ w2 ≥ .... ≥ wm−1 ≥ wm

che differiscono dalle precedenti perché la relazione d’ordine non è più di stretta superiorità,
essendo la relazione > sostituita da ≥ .
Le situazioni limite che soddisfano le condizioni precedenti sono m, tante quanti sono i criteri, e
sono qui di seguito elencate:

w1 = 1 / m − ( m − 1) = 1 e w2 = w3 = w4 ......... = wm−1 = wm = 0
w1 = w2 = 1 /[m − ( m − 2)] = 1 / 2 e w3 = w4 ... = wm−1 = wm = 0
w1 = w2 = w3 = 1 /[m − ( m − 3)] = 1 / 3 e w4 .... = wm−1 = wm = 0
.......
w1 = w2 = wm−1 = 1 / m − 1 e wm = 0
w1 = w2 = wm−1 = wm = 1 / m

Si può notare che essendo i criteri ordinati per importanza il primo peso non assumerà mai valore
pari a zero, il secondo peso assumerà m-1 volte valori diversi da zero, il terzo peso assumerà m-3
volte valori diversi da 0 e così via.
Nella prima situazione di valori estremi l’unico peso diverso da 0 sarà quindi il primo, nella
seconda situazione limite i pesi differenti da zero saranno 2, e assumeranno ciascuno valore pari a
1/2 e così via.
Tenendo conto del fatto che le combinazioni di pesi che soddisfano le precondizioni iniziali (somma
pari a 1 e relazione ordinale di importanza tradotta in relazione d’ordine matematica tra pesi)
variano nei limiti imposti dalle situazioni estreme, la probabilità che una generica alternativa sia la
prima della graduatoria, a questo punto deriverà dalla probabilità che per ciascuna ripartizione di
pesi estremi essa assuma la prima posizione in graduatoria.

Ad esempio se abbiamo ordinato secondo priorità discendenti tre criteri (I, II, III), questa priorità è
rispettata dalle seguenti terne di pesi estremi:

W1 ≥ W2 ≥ W3 criteri in ordine decrescente di importanza


1 ≥ 0 ≥ 0 un criterio più importante degli altri due
½ ≥ ½ ≥ 0 due criteri più importanti del terzo
1 1 1
/3 ≥ /3 ≥ /3 criteri paritari

Ciascuna di queste distribuzioni estreme infatti soddisfa la condizione che w1 sia maggiore o uguale
di w2 e w2 sia maggiore o uguale di w3.

96
Se abbiamo tre alternative a e b, e a domina b nel primo e nel secondo criterio, e b domina a nel
terzo criterio (vedi tabella):

criteri Set pesi n.1 Set pesi n.2 Set pesi n.3
criteri I II III I II III I II III
1 1 1
pesi estremi 1 0 0 1/2 1/2 0 /3 /3 /3
A X X X X X X
B X X X
a domina b al a domina b al a domina b al
100% 100% 66,6%

a domina b tre volte su tre nelle situazioni limite, quindi il 50% di pesi che vedono oscillare
il valore di w1 da 1 a ½
il valore di w2 da 0 a ½
il valore di w3 da 0 a 0
tra il primo set di pesi estremi 1, 0, 0 e il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0
vedrà sempre prevalere a su b

e il 50% di pesi che vedono oscillare


il valore di w1 da ½ a ⅓
il valore di w2 da ½ a ⅓
il valore di w3 da 0 a ⅓
tra il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0 e il terzo set di pesi estremi ⅓, ⅓, ⅓,
vedrà sempre prevalere a su b

Infatti nel grafico viene mostrata la variabilità degli indici di dominanza di a e b, al variare degli
3
infiniti pesi che soddisfano i vincoli ∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 dalla situazione limite n. 1 (1,0,0)

alla situazione limite n. 2 (½,½,0), e dalla situazione limite n. 2 (½,½,0) fino alla situazione limite n.
3 (⅓,⅓,⅓)-

100%

80%

60% a
40% b

20%

0%
1 2 3

Quindi P U(a)>U(b) = 100 %, PU(b)>U(a)= 0

Esempio. Scelta dell’area per l’insediamento di opere di urbanizzazione secondaria in un


quartiere interessato da un piano di riqualificazione urbana.

S.Girolamo-Fesca è uno dei quartieri periferici di Bari. Il nucleo insediativo è costituito


principalmente da case unifamiliari private e pubbliche che si sviluppano in maniera alquanto
disomogenea e senza alcun disegno urbano regolatore. La valutazione è relativa alla più opportuna

97
localizzazione di un centro sociale polivate, per incrementare la dotazione di servizi del quartiere
nell’ambito di un Piano di Riqualificazione Urbana.
Caratteri del problema. Il soggetto decisore è un ente pubblico. Ne consegue che la finalità
dell’analisi è quella di determinare il maggior vantaggio possibile per la collettività derivante dalla
scelta localizzativa. La convenienza che viene ricercata è quindi pubblica.
La definizione di questa convenienza deriva in parte dagli obiettivi individuati a monte dal piano di
riqualificazione, che devono essere perseguiti dalle singole azioni di piano, e da considerazioni
aggiuntive che possono derivare da una analisi sociologica e dal giudizio di esperti che portano alla
formulazione di obiettivi di natura sociale e di natura tecnica che rendono più espliciti alcuni
obiettivi generali del piano di riqualificazione.

La sequenza delle operazioni da svolgere è la seguente

1. Individuazione dei criteri di valutazione.


2. Individuazione delle possibili alternative.
3. Costruzione della matrice degli effetti.
4. Confronto delle alternative secondo ciascun criterio e ndividuazione delle prevalenze.
5. Attribuzione degli indici di concordanza parziale di una alternativa sull’altra e costruzione degli
indici di concordanza per ciascuna alternativa.

1. Individuazione dei criteri di valutazione.


Costi pro capite. Considerati costi di esproprio, infrastrutturazione e costruzione vengono calcolati i
dividendo le somme necessarie agli interventi per il numero di abitanti del quartiere.
Impatti sociali. L’utenza individuata è costituita da giovani (< 15 anni) e anziani (> 65 anni),
misurata in percentuale sulla popolazione totale.
Domanda di standards. Misurata come numero di mq/abitante necessari per soddisfare il
fabbisogno totale previsto dal PRG, di 20 mq ad abitante.
Centralità rispetto al quartiere. Misurata come distanza in tempo (minuti) della localizzazione del
polivalente nei tre ambiti dal baricentro del quartiere.

2. Individuazione delle alternative


Sono stati selezionati tre ambiti, all’interno dei quali esistono ancora spazi tali da consentire
l’edificazione del polivalente.

98
3. Costruzione della matrice degli effetti.

Criteri Costi pro capite Utenza Domanda di Centralità


standards
Pesi 0,4 0,3 0,2 0,1
Indicatori Euro/ab utenti Mq/abitante Minuti
Ambito A 100 2000 2 15
Ambito B 85 1500 6,5 7
Ambito C 110 2200 5 5
Obiettivo Minimizzare (l’utilità a Massimizzare (l’utilità a Massimizzare (l’utilità a Minimizzare (l’utilità a
intervenire decresce al intervenire cresce al crescere intervenire cresce al crescere intervenire decresce al
crescere dell’indicatore) dell’indicatore) dell’indicatore) crescere dell’indicatore)

Standardizzazione dei criteri (tuti i valori sono espressi in scale variabili da 0 a 1 con 1 = max
valore)

Criteri Costi pro capite Utenza Domanda di Centralità


standards
Pesi 0,4 0,3 0,2 0,1

Ambito A 1 0.71 0 0
Ambito B 0.4 0 1 0.8
Ambito C 0 1 0.7 1
Obiettivo Minimizzare (l’utilità a Massimizzare (l’utilità a Massimizzare (l’utilità a Minimizzare (l’utilità a
intervenire decresce al intervenire cresce al crescere intervenire cresce al crescere intervenire decresce al
crescere dell’indicatore) dell’indicatore) dell’indicatore) crescere dell’indicatore)

4. Confronto delle alternative secondo ciascun criterio e individuazione delle prevalenze.


Fissata una soglia di indifferenza pari a 0,2 per ogni criterio, non vi sono alternative indifferenti una
all’altra. Se la soglia di discordanza, cioè la max differenza standardizzata ammissibile è pari a 0,9
(equivalente a dire che tra una alternativa e un'altra non c’è un salto di ordine di grandezza di 1 a
10) le alternative sono comparabili una all’altra.

Confronti
I criterio (peso w1=0,4) U1(A) > U1(B) > U1(C)
II criterio (peso w2=0,3) U2(C) > U2(A) > U2(B)
III criterio (peso w3=0,2) U3(B) > U3(C) > U3(A)
IV criterio (peso w4=0,1) U4(C) > U4(B) > U4(A)

5. Attribuzione degli indici di concordanza.


Questa fase prelude alla costruzione della matrice di concordanza, qui di seguito riportata. In ogni
casella la somma determina l’indice di concordanza relativo al singolo confronto a coppie, e
nell’ultima colonna è riportata la concordanza media.

Matrice di Concordanza

Ambito A Ambito B Ambito C Media


Ambito A 0 0,4+0,3+0+0 0,4+0+0+0 1,1/(3-1)=0,55
Ambito B 0+0+0,2+0,1 0 0,4+0+0,2+0 0,9/(3-1)=0,45
Ambito C 0+0,3+0,2+0,1 0+0,3+0+0,1 0 1,0/(3-1)=0,5

99
La soluzione che prevale (secondo i criteri dati e l’importanza attribuita attraverso i pesi) è la A,
anche se la differenza minima tra A, B e C indica un certo grado di incertezza.

Applicazione del Metodo dei regimi


Se le importanze assegnate ai criteri, e le preferenze delle alternative rispetto ai singoli criteri
fossero espresse qualitativamente, la valutazione potrebbe essere svolta con il metodo dei regimi:

Criteri Costi pro capite Utenza Domanda di Centralità


standards
Ordine di I II III IV
importanza
preferenza preferenza preferenza preferenza
Ambito A 1° 2° 3° 3°
Ambito B 2° 3° 1° 2°
Ambito C 3° 1° 2° 1°

Rimane sempre valida la relazione:


I criterio U1(A) > U1(B) > U1(C)
II criterio U2(C) > U2(A) > U2(B)
III criterio U3(B) > U3(C) > U3(A)
IV criterio U4(C) > U4(B) > U4(A)
Alla quale si aggiunge la relazione d’ordine di importanza: I > II > III >IV. Operando con l’uso dei
confronti a coppie operati assegnando pesi estremi:

criteri I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV


pesi estremi 1 0 0 0 1/2 1/2 0 0 1/3 1/3 1/3 0 1/4 1/4 1/4 1/4
A X X X X X X X X
B X X X X X X X X
Domina A su B Domina A su B Domina A su B Parità con A e B
al 100% al 100% al 66,6 % al 50%

L’ambito A prevale per le prime tre distribuzioni di pesi, mentre per l’ultima A e B pareggiano. ,
quindi il 33% di pesi che vedono variare
il valore di w1 da 1 a ½
il valore di w2 da 0 a ½
il valore di w3 da 0 a 0
il valore di w4 da 0 a 0

tra il primo set di pesi estremi 1, 0, 0, 0 e il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0, 0


vedrà sempre prevalere a su b

il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da ½ a ⅓
il valore di w2 da ½ a ⅓
il valore di w3 da 0 a ⅓
il valore di w4 da 0 a 0
tra il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0, 0 e il terzo set di pesi estremi ⅓, ⅓, ⅓, 0

100
vedrà sempre prevalere a su b

il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da ⅓ a ¼
il valore di w2 da ⅓ a ¼
il valore di w3 da ⅓ a ¼
il valore di w4 da 0 a ¼
tra il terzo set di pesi estremi ⅓, ⅓, ⅓, 0 e il quarto set di pesi estremi ¼, ¼, ¼, ¼
vedrà sempre prevalere a su b, che si “toccano” solo nell’ultima situazione limite.

Nel grafico di confronto tra A e B viene mostrata la variabilità degli indici di dominanza di A e B,
4
al variare degli infiniti pesi che soddisfano i vincoli ∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 > w4 dalla

situazione limite n. 1 (1,0,0,0) alla situazione limite n. 2 (½,½,0), poi dalla situazione limite n. 2
(½,½,0,0) fino alla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0), e infine dalla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0)
alla situazione limite n. 4 (¼,¼,¼,¼)

100%

80%

60% A
40% B

20%

0%
1 2 3 4

Quindi P U(A)>U(B) = 100 %, PU(B)>U(A)= 0

Nel confronto tra B e C le prevalenze sono le seguenti

criteri I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV


pesi estremi 1 0 0 0 1/2 1/2 0 0 1/3 1/3 1/3 0 1/4 1/4 1/4 1/4
B X X X X X X X X
C X X X X X X X X
Domina b su c Parità tra b e c Domina b su c Parità tra b e c
al 100% al 50% al 66,7% al 50%

Anche in questo caso nel grafico di confronto tra B e C viene mostrata la variabilità degli indici di
dominanza di B e C, al variare degli infiniti pesi che soddisfano i vincoli
4

∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 > w4 dalla situazione limite n. 1 (1,0,0,0) alla situazione limite n. 2

(½,½,0), poi dalla situazione limite n. 2 (½,½,0,0) fino alla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0), e infine
dalla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0) alla situazione limite n. 4 (¼,¼,¼,¼)

101
100%

80%

60% B
40% C

20%

0%
1 2 3 4

L’ambito B prevale per la prima e la terza distribuzione di pesi limite, mentre per la seconda e
l’ultima B e C pareggiano.

Quindi il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da 1 a ½
il valore di w2 da 0 a ½
il valore di w3 da 0 a 0
il valore di w4 da 0 a 0

tra il primo set di pesi estremi 1, 0, 0, 0 e il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0, 0


vedrà sempre prevalere B su C, che si “toccano” solo nella seconda situazione limite.

il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da ½ a ⅓
il valore di w2 da ½ a ⅓
il valore di w3 da 0 a ⅓
il valore di w4 da 0 a 0
tra il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0, 0 e il terzo set di pesi estremi ⅓, ⅓, ⅓, 0
vedrà sempre prevalere B su C, che si “toccano” solo nella seconda situazione limite.

il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da ⅓ a ¼
il valore di w2 da ⅓ a ¼
il valore di w3 da ⅓ a ¼
il valore di w4 da 0 a ¼
tra il terzo set di pesi estremi ⅓, ⅓, ⅓, 0 e il quarto set di pesi estremi ¼, ¼, ¼, ¼
vedrà sempre prevalere B su C, che si “toccano” solo nell’ultima situazione limite.

PU(B)>U(C) = 100%, PU(C)>U(B)= 0

Infine confrontando A e C

Criteri I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV


pesi estremi 1 0 0 0 1/2 1/2 0 0 1/3 1/3 1/3 0 1/4 1/4 1/4 1/4
A X X X X
C X X X X X X X X X X X X
Domina A su C parità di A e C Domina C Domina C
al 100% al 50% al 66,7% al 75%

102
Infine, nel grafico di confronto tra A e Cviene mostrata la variabilità degli indici di dominanza di A
4
e C, al variare degli infiniti pesi che soddisfano i vincoli ∑w
k =1
k = 1 e w1 > w2 > w3 > w4 dalla

situazione limite n. 1 (1,0,0,0) alla situazione limite n. 2 (½,½,0), poi dalla situazione limite n. 2
(½,½,0,0) fino alla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0), e infine dalla situazione limite n. 3 (⅓,⅓,⅓,0)
alla situazione limite n. 4 (¼,¼,¼,¼)

100%

80%

60% A
40% C

20%

0%
1 2 3 4

L’ambito A prevale per la prima distribuzione di pesi limite, per la seconda A e C pareggiano, e
infine C prevale per la terza e la quarta.

Quindi il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da 1 a ½
il valore di w2 da 0 a ½
il valore di w3 da 0 a 0
il valore di w4 da 0 a 0

tra il primo set di pesi estremi 1, 0, 0, 0 e il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0, 0


vedrà sempre prevalere A su C, che si “toccano” solo nella seconda situazione limite.

il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da ½ a ⅓
il valore di w2 da ½ a ⅓
il valore di w3 da 0 a ⅓
il valore di w4 da 0 a 0
tra il secondo set di pesi estremi ½, ½, 0, 0 e il terzo set di pesi estremi ⅓, ⅓, ⅓, 0
vedrà sempre prevalere C su A, che si “toccano” solo nella seconda situazione limite.

il 33% di pesi che vedono variare


il valore di w1 da ⅓ a ¼
il valore di w2 da ⅓ a ¼
il valore di w3 da ⅓ a ¼
il valore di w4 da 0 a ¼
tra il terzo set di pesi estremi ⅓, ⅓, ⅓, 0 e il quarto set di pesi estremi ¼, ¼, ¼, ¼
vedrà sempre prevalere C su A.

PU(A)>U(C) = 33%, PU(C)>U(A)= 100%

A questo punto si potrà costruire la matrice che riassume i confronti tra le probabilità di prevalenza
nel confronto tra le coppie di alternative

103
La matrice finale sarà quindi la seguente:

A B C Media
A 0 100% 33,3% 133,3% /3 = 44,43%
B 0 0 0 0%
C 66% 100% 0 166,7% /3 = 55,57%

La graduatoria è quindi C, A, B.

104
PPR
ROOC
CEED
DUUR
REED
DII SST
TIIM
MAAD
DEEII D
DIIR
RIIT
TTTII R
REEA
ALLII
Tipologie di diritti reali:
Proprietà
•Usufrutto
•Nuda Proprietà
•Servitù di veduta
•Servitù di elettrodotto
•Servitù di acquedotto
•Servitus non tollendi
Usufrutto. Corrisponde al valore derivante dalla rendita di un immobile soggetto ad usufrutto, per la
durata dell’usufrutto. Va quindi stimata la rendita e la durata dell’usufrutto.
Nuda proprietà. Valore dell’immobile privato del corrispondente valore di usufrutto.
Per l’ Usufrutto:
Se la rendita è pari a:
Ru = Vm x r

con Vm valore di mercato dell’immobile e r saggio di capitalizzazione del reddito. Durata usufrutto
in anni:
n = Asp – E

con Asp aspettativa di vita (determinata in base alle statistiche demografiche) e E età
dell’usufruttuario
Si avrà che il valore dell’usufrutto è pari a:

Vu = Ru (qn-1)/r qn
E per sottrazione il valore della nuda proprietà

Vnp= Vm–Vu= Ru/r- Ru(qn-1)/r qn

Esempio
Valore dell’usufrutto di un alloggio con rendita annua di 6000 euro, saggio 4%. Usufruttuario:
maschio, età 79 anni. Aspettativa di vita: 82-79 = 3 anni (con 82 anni età media al momento della
morte secondo l’ISTAT per i maschi in Italia)

Vu = 6000(q3-1)/0,04q3 con q= 1,04


Servitù prediali e coattive
Determinano la diminuzione del valore di un immobile, o per danno, o per cessione di parte della
proprietà, o di parte dell’uso. Si determinano indipendentemente dalla volontà del proprietario.
Servitù di elettrodotto: obbligo di assoggettare a servitù aree sulle quali insiste il passaggio di un
elettrodotto e le aree sulle quali si poggiano gli impianti di supporto (piloni, pali, cabine ecc.).
Servitù di acquedotto: obbligo di consentire l’uso di aree in un fondo dominato per il passaggio di
acquedotti a servizio di un fondo dominante.
Servitus non tollendi: Riduzione di possibilità di edificazione dovuta alla limitazione in altezza di
un edificio (ad es. per vincolo panoramico).

Servitù prediale, acquisibile per usucapione dopo venti anni, o volontaria, per accordo tra
proprietari.

105
Servitù di veduta. Il proprietario che per venti anni non ha realizzato affacci su un fondo ha obbligo
di non poter realizzare vedute da quest’ultimo (detto fondo dominato) su corti di altri fondi (detti
fondi dominanti).
La stima di una Servitù di veduta: il proprietario soggetto a servitù è obbligato per affacciarsi ad
arretrare il fronte dell’edificio (di 3m, secondo il C.C.). Posto che i parametri urbanistici gli
consentano di edificare un volume il cui ingombro occupa la fascia di 1,5 m dal confine, fino alla
distanza d< 1,5m, il proprietario “perde” la possibilità di realizzare un volume pari a 1,5-d per h
(con h altezza dell’edificio).

h d

1,5-d

Servitus non tollendi. Il proprietario soggetto a servitù perde il valore di una parte dell’area
edificabile a causa della riduzione di altezza dovuta alla servitù. Il valore dell’indennità sarà pari
alla differenza tra il valore di mercato dell’edificio realizzato senza limitazione e il valore di
mercato dell’edificio realizzato con la servitù, se non vi è altra possibilità di edificare recuperando il
volume perso.

∆h

Nei due casi precedenti si ha una stima a valore complementare per sottrazione (o valore mancato).

106
D
DIISSC
CIIPPL
LIIN
NAAD
DEEG
GLLII E
ESSPPR
ROOPPR
RII

Il problema della rendita urbana differenziale


Nella trattazione che segue si evidenzia il fatto che la storia della disciplina degli espropri fino agli
anni ’90 del secolo scorso è stata caratterizzata da un altalenarsi di norme basate sul’applicazione di
due punti di vista differenti, legati all’esistenza della rendita urbana.
La rendita urbana è in qualche modo legata più in generale al tema della rendita fondiaria.
La rendita fondiaria è in pratica il corrispettivo del vantaggio di cui gode il proprietario di un fondo.
Nel 1800 Ricardo teorizzò per primo la dipendenza della rendita di fondi agricoli da due aspetti
fondamentali:
- il primo intrinseco e “naturalmente” legato alle caratteristiche dei terrenti, che potevano
prestarsi a coltivazioni più redditizie o meno redditizie, generando quindi rendit annue
maggiori o minori;
- il secondo di carattere localizzativo e quindi estrinseco, legato alla vicinanza o alla
lontananza dai mercati nei quali i prodotti della terra venivano commercializzati; in questo
caso la rendita subiva in deprezzamento all’allontanarsi dai mercati, a causa dei più elevati
costi di trasporto che si aggiungevano a quelli di coltivazione.
Il semplice possesso di un suolo coltivabile corrispondeva quindi ad una potenziale rendita, che
diventava misura del valore del suolo stesso.
Qualcosa di simile accade ai suoli edificabili nelle areee urbane. Come già visto nella trattazione del
valore di trasformazione, il valore di un area edificabile, a parità di tutti gli altri fattori dipende dalla
sua edificabilità, espressa dagli indici di fabbricabilità fondiaria e/o territoriale.
Altri fattori che influiscono sulla rendita dei suoli urbani edificabili sono i caratteri urbanistici e la
vicinanza a servizi, l’accessibilità ecc, o caratteri estrinseci secondo il linguaggio comune
nell’estimo.
Tali caratteristiche vengono di fatto decise dagli strumenti urbanistici, che definiscono i limiti di
edificabilità e il dimensionamento della realizzazione di servizi e reti infrastrtturali.
In conseguenza di ciò, gli strumenti urbanistici creano di fatto rendite differenziali da suolo a suolo
edificabile e da immobile a immobile.
Il primo punto di vista, in considerazione del fatto che il valore dei suoli è determinato
dall’intervento pubblico (attraverso i piani) ritiene non indennizzabile il valore dei suoli in funzione
della loro edificabilità, concepisce l’indennità di esproprio come compensazione del suolo in
funzione delle sue caratteristiche intrinseche (quelle agricole), e quindi tratta i fondi edificabili e
non edificabili nella stessa maniera.
Il secondo punto di vista, invece parte dal principio che l’indennità di espropriazione dei suoli
debba corrispondere al loro effettivo valore, indipendentemente dalla causa generatrice del suo
valore. Quindi va considerata l’edificabilità di fatto e di diritto di un suolo quando si va a
determinare l’indennità di esproprio.

La nostra Costituzione considera prioritario l’interesse pubblico sulle scelte, ma garantisce la tutela
della proprietà. Quindi l’altalenarsi delle norme ha visto solo per periodi trasitori la prevalenza del
primo punto di vista, che ha prima o poi ceduto il passo al secondo punto di vista, quello che parte

107
dal concetto di giusto ristoro, cioè di indennità come compensazione del valore reale dei beni
espropriati.

Un approccio che tenta di risolvere le questioni legate alla rendita differenziale è quello
perequativo, che prevede una forma di compensazione in suoli ceduti da chi gode della rendita
generata dall’edificabilità delle aree, che secondo Pompei (1998) deve essere pari alla differenza tra
valore agricolo e valore dell’area edificabile (che è funzione dell’indice di edificabilità Iff) ridotta di
un valore pari al profitto dell’imprenditore, pari al 10 del costo di costruzione diviso per mq di
superficie edificabile (anche esso funzione dell’indice di edificabilità Iff, come spiegato nel
paragrafo sulla stima delle aree edificabili.

Vu
VmqAed 10% K=0,1 x k x Iff xAed
10%K/Aed

Vagr

Iff

Breve storia degli espropri (da Gallerani, Zanni, Viaggi, 2004)


I fondamenti della normativa sulle espropriazioni per pubblica utilità sono stati introdotti in Italia
poco dopo la costituzione del Regno, con la legge 22 ottobre 1865 n. 2359 (Legge fondamentale).

La legge fondamentale
Questa legge stabilì la procedura espropriativa e le modalità di determinazione dell'indennità
spettante all'espropriato, fondata sull'indennizzo integrale della lesione patrimoniale e quindi sul
giusto prezzo, in caso di esproprio totale, e sul valore complementare, in caso di esproprio parziale.

I= Vm in caso di esproprio totale

I=Vmpre-esproprio - Vmresido in caso di esproprio parziale

Un ventennio più tardi, con la legge 15 gennaio 1885 n. 2892 (Legge di Napoli), varata
nell'emergenza di un'epidemia di colera, che richiese l'espropriazione nel centro della città di
numerosi edifici malsani, da abbattere per ricostruirli secondo appropriate norme igieniche, venne
introdotto un nuovo criterio di determinazione dell'indennizzo, basato sulla semisomma tra il valore
venale e il coacervo delle ultime dieci annualità di affitto (o, in mancanza di dati certi, dei redditi
catastali).

108
Infatti la applicazione della norma del 1865, avrebbe penalizzato i proprietari, perché nella
situazione napoletana il valore di mercato era molto più basso di quello reddituale derivante dai fitti,
e quindi corrispondere una indennità basato sul sul valore venale non avrebbe considerato la perdita
della redditualità elevata.
L'indennità venne fissata quindi a una media tra il valore di mercato (Vm) e il valore reddituale ( R)
dato dai fitti, basato su un prefissato saggio di capitalizzazione del 10%.

IST = 0,5 x (Vm+10 R)

Nella specifica situazione, l'alto saggio di sconto era per quanto richiamato prima, giustificato
dall'entità degli affitti, elevata rispetto ai modesti valori patrimoniali dei fabbricati, che versavano in
condizioni di rilevante degrado.
La legge emergenziale di Napoli ispirò, successivamente, una serie di provvedimenti legislativi
(ferrovie, strade, edilizia popolare) sostanzialmente finalizzati a contenere le indennità di esproprio.
La Legge di Napoli introdusse un approccio ancora oggi utilizzato per la stima delle aree
edificabili: la media tra valore reddituale e valore di mercato, ogni qual volta le stime determinate
con metodo sintetico (stima del valore di mercato) e analitico (stima per capitalizzazione del valore
reddituale derivante dai fitti o dalle rendite) conducono a stime estremamente discordanti.
Agli inizi della Repubblica, il senatore democristiano Sullo propose l’applicazione del principio
dell’esproprio generalizzato, separando il diritto di uso del suolo a fini edificatori da quello di
proprietà del suolo stesso.
Secondo tale principio la Stato è proprietario del suolo, e i privati possiedono diritti d’uso del suolo
che possono essere revocati attraverso l’esproprio per motivi di pubblica utilità. Tale principio fu
dichiarato incostituzionale, perché non rispettoso dei diritti proprietà così come sanciti nella
Costituzione, così come in varie sentenze lo furono tutte le norme che si susseguirono ispirate a tale
principio.
L’unico corrispettivo era quello del valore agricolo, perché altri valori generati dall’edificabilità
erano da attribuirsi alle decisioni di piano, e quindi le istituzioni revocavano diritti che essi avevano
precedentemente creato con i piani.
Novità di grande rilievo nella procedura e nelle modalità di stima delle indennità furono fissate con
la legge 22 ottobre 1971 n. 865 (Legge sulla casa), successivamente modificata con la legge 28
gennaio 1977 n.1O e con la legge 8 agosto 1992 n. 359 (art.5 bis).
Questo filone normativo introdusse la distinzione dei criteri di stima a seconda che l'espropriazione
riguardasse aree edificabili o non edificabili. Relativamente alle prime, si stabilì un risarcimento
parziale (approssimativamente il 50%) del valore di mercato, basato sulla determinazione
dell'indennità con il criterio a suo tempo introdotto dalla Legge di Napoli.
Con ciò si riconobbe solo parzialmente che il diritto di proprietà comprendesse anche quello di
costruzione. Di fatto il diritto di uso del suolo veniva separato da quello di proprietà del suolo.
Per le aree agricole, si sancì il passaggio da una valutazione dell'indennità caso per caso all'impiego
di valori medi per comparti territoriali omogenei e tipi di coltura (valori agricoli medi, VAM),
determinati annualmente da commissioni di esperti istituite allo scopo. Inoltre, venne affermato il
riconoscimento di un'indennità aggiuntiva anche al conduttore, proprietario e non, a risarcimento
della perdita di reddito di lavoro e d'impresa.

109
Il testo unico degli espropri

Le anzidette normative sono state abrogate e sostituite dal Testo Unico (DPR 8 giugno 2001 n. 327
e decreto legislativo del 27 dicembre 2002 n. 302), che ha tentato una semplificazione e una
sistemazione di tutta la precedente legislazione, ispirandosi ai principi di efficacia, efficienza e
decentramento delle decisioni.

Motivazioni dell’esproprio: la pubblica utilità


Pubblica utilità. E’implicita con l’approvazione del progetto dell’opera per la realizzazione della quale
si richiede l’esproprio. Ha validità di 5 anni, prorogabile per altri 2 in casi eccezionali. Per progetto non
si intende quello definitivo, che segue, non precede, la dichiarazione di pubblica utilità.
La pubblica utilità scatta inoltre in automatico con l’approvazione dei piani urbanistici esecutivi,
relativamente alle infrastrutture e ai servizi che essi prevedono.

I soggetti dell’esproprio
Il testo unico definisce chiaramente le figure che sono coinvolte in una procedura d’esproprio:
Espropriato: il soggetto pubblico o privato titolare di diritto di proprietà o di altri diritti (ad es. servitù)
sul bene da espropriare per la pubblica utilità.
Autorità espropriante: autorità amministrativa titolare del potere di esproprio che cura il procedimento o
il concessionario di un’opera pubblica a cui in base a disposizioni normative è stato attribuito il potere di
esproprio.
Il beneficiario dell’esproprio: il soggetto pubblico o privato a vantaggio del quale viene emesso il
decreto d’esproprio
Il promotore dell’esproprio: il soggetto richiedente l’esproprio

Tali figure spesso possono ridursi a due (soggetto espropriante, beneficiario e promotore dell’esproprio
possono coincidere)

110
Procedura d’esproprio da (Jovine, 2002)

Determinazione dell’indennità di esproprio con il testo unico, prima delle sentenze della Corte
Costituzionale del 2007 e della sentenza della cassazione del 2011

La legislazione attuale (Legge 359/1992, Articolo 5 bis. E ora Testo Unico) distingue tre ambiti di
esproprio. Vanno distinte tre procedure diverse per
- aree edificate,
- aree edificabili
- aree non edificabili

Determinazione dell’indennità di esproprio per aree edificate


Si basa sulla stima del Valore Venale dell’immobile da espropriare.
Per fabbricati costruiti in assenza di concessione o comunque ileggittimi, si calcola un’indennità pari al
solo valore dell’area di sedime, come se essa fosse edificabile.

Determinazione dell’indennità provvisoria di esproprio per aree edificabili


E’ pari alla semisomma del valore venale del bene e di dieci redditi dominicali rivalutati, eventualmente
ridotta del 40%
IST = 0,5 x (Vm+10 Rd) x 0,6

111
La riduzione non si applica se il proprietario acconsente volontariamente al’esproprio (cessione
volontaria)
IST = 0,5 x (Vm+10 Rd)

L’indennità di esproprio determinata deve essere confrontata con il valore dell’area in base al quale è
stabilita l’Imposta Comunale sugli Immobili (VICI)

Determinazione dell’indennità di esproprio per aree edificabili


Se tale valore VICI è superiore all’indennità stimata IST, l’indennità corrisposta I è incrementata della
differenza tra le ultime cinque annalità ICI corrisposte dall’espropriato e le corrispondenti annualità
calcolate come se il valore ICI coincidesse con l’indennità stimata (Iovine, 2001).
(IST < VICI) → I = IST + Aimp
con Aimp= 5 x [Imponibile(Ici)-Imponibile(ind)]
Se il valore ICI è invece inferiore all’indennità stimata allora l’indennità corrisposta è pari al valore ICI:
(IST > VICI) → I = VICI

L’articolo 5 bis della Legge 359/92, introduce ai fini della stima dell’indennità di esproprio i concetti di
edificabilità legale e edificabilità effettiva. Questa norma è fonte di numerosi contenziosi.
edificabilità legale. Edificabilità riscontrata in base alla strumentazione urbanistica vigente prima del
decreto espropriativo.
edificabilità effettiva. L’edificabilità effettiva è determinata in funzione dell’effettiva condizione di
mercato della zona al momento della apposizione di vincolo o di approvazione di piano. Il testo unico
rimanda ad un regolamento da emettere a carico del Ministero delle infrastrutture, non ancora
promulgato.

Determinazione dell’indennità di esproprio per aree non edificabili e aree agricole


Si considera il valore agricolo medio delle aree, tenendo conto delle qualità colturali e degli immobili.
L’indennità provvisoria è sempre corrispondente al Valore Agricolo Medio (VAM) del fondo.
Il Valore Agricolo medio è determinato dalla Commissione agraria provinciale, anno per anno, ed è
attribuito alle colture di ambiti ritenuti omogenei da un punto di vista agronomico, e denominati Regioni
agrarie. Il criterio del Valore Agricolo Medio corrisponde all’attribuire ai terreni il valore che
corrisponde alla coltura più redditizia presente per almento il 5% del territorio della corrispondente
Regione Agraria. Tale criterio si applica a suoli non coltivato o comunque coltivati.

112
un esempio di divisione in regioni agrarie

Si considera una indennità aggiuntiva pari al VAM, se l’attività agricola costituisce il reddito principale
dell’espropriato (coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale), e un’ulteriore indennità
pari al VAM per cessione volontaria.
Infine, se il proprietario non coltiva direttamente il fondo, ed esiste un affittuario o un enfiteuta o un
gestore del fondo, che dal fondo trae il reddito principale, Le due indennità vengono ripartite in funzione
del VAM incrementato del 50% per il proprietario, e un corrispettivo del VAM per l’affittuario,
enfiteuta o gestore del fondo, in caso di gestione volontaria.
L’indennità definitiva corrisponde sempre al valore agricolo del fondo realmente coltivato, incrementato
di una quota corrispondente al VAM se il fondo è direttamente condotto dal proprietario. Tale indennità
aggiuntiva va al gestore del fondo se esso non condotto direttamente dal proprietario.

113
L’indennità di esproprio prima delle sentenze della Corte Costituzionale del 2007 e della sentenza
della cassazione del 2011

Indennità Indennità in caso di Indennità definitiva in


Soggetti espropriati
provvisoria cessione volontaria assenza di cessione
volontaria
Indennità di espropriazione di aree edificate

Proprietari di costruzioni Valore di mercato Valore di mercato Valore di mercato della


legittime della costruzione e della costruzione e costruzione e
(comprensivo del (comprensivo del (comprensivo del suolo)
suolo) suolo)
Proprietari di costruzioni Valore di mercato Valore di mercato del Valore di mercato del
illegittime del suolo suolo suolo
Indennità di espropriazione di aree edificabili
60% dell’indennità
Imponibile Ici maggiore media tra dieci rendite 100% della media tra dieci
conferita in caso di
dell’indennità parziale dominicali catastali e rendite dominicali catastali
cessione volontaria
valore di mercato e valore di mercato
incrementata della incrementata della
differenza tra 5 rendite differenza tra 5 rendite
imponibili ICI e la imponibili ICI e e la media
media precedentemente definita
precedentemente
definita
60% dell’indennità
Imponibile Ici inferiore Imponibile ICI Imponibile ICI
conferita in caso di
all’indennità parziale
cessione volontaria

Indennità di espropriazione di aree non edificabili


Indennità Indennità in caso di Indennità definitiva in
Soggetti espropriati
provvisoria cessione volontaria assenza di cessione
volontaria

Proprietario diretto un corrispettivo del tre corrispettivi del Valore agricolo del fondo
coltivatore o imprenditore Valore Agricolo Valore Agricolo + un corrispettivo del
agricolo a titolo principale Medio Medio Valore Agricolo Medio
Proprietario Proprietario un corrispettivo del un corrispettivo del Valore agricolo del fondo
soggetto Valore Agricolo Valore Agricolo
distinto dal Medio Medio incrementato
gestore del del 50%
fondo
Gestore un corrispettivo del un corrispettivo del un corrispettivo del Valore
(affitto,
Valore Agricolo Valore Agricolo Agricolo Medio
enfiteusi,
Medio Medio
comodato)

Sintesi della determinazione dell’indennità d’esproprio (Gallerani, Zanni, Viaggi, 2004)

114
L’indennità di esproprio dopo le sentenze della Corte Costituzionale del 2007 e la sentenza della
cassazione del 2011
Nel 2007, dopo un ricorso alla Corte di Giustizia Europea sulla modalità di determinazione della
indennità di aree edificabili, operata da alcuni imprenditori campani, la Corte Costituzionale, chiamata
ad esprimersi attraverso la sentenza n. 348 del 2007 modifica l’indennità di Esproprio delle Aree
Edificabili, sentenziando che,
“affinché possa realizzarsi un serio ristoro «occorre far riferimento, per la determinazione
dell’indennizzo, al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatte palesi dalla
potenziale utilizzazione economica di esso, secondo legge» e che «il principio del serio ristoro è violato
quando per la determinazione non si considerino le caratteristiche del bene da espropriare ma si adotti
un diverso criterio che prescinda dal valore di esso”,
e riportando conseguentemente al centro della determinazione dell’indennità il Valore Venale del
Suolo.
L’indennità diventa quindi pari al Valore di mercato dell’area edificabile, incrementato del 10%
in caso di cessione bonaria.
L’indennità è invece commisurata al 75% del valore di mercato, quando l’esproprio è operato
per opere realizzate “in favore di interventi di riforma sociale”. Anche in questo caso vale
l’incremento del 10%, che porta l’indennità, in caso di cessione bonaria, all’ 82,5%

Nel 2011, una nuova sentenza costituzionale, riguarda l’Indennità di esproprio dei suoli non
edificabili. La sentenza è la n. 181 del 2011. Essa considera il fatto che i principi alla base della
sentenza 348 del 2007,
“ancorché enunciati da questa Corte solo con riguardo ai terreni edificabili, dovrebbero ritenersi
validi ed operanti anche in relazione ai terreni agricoli e, a maggior ragione, a quelli privi di
possibilità legali ed effettive di edificazione, ai primi equiparati dalla legge n. 359 del 1992 (la
finanziaria dell’articolo 5 bis, ndr), perché nell’attuale contesto storico ed economico l’interesse del
privato all’acquisto di tali categorie di terreni sarebbe determinato dalle possibilità di sfruttarli per fini
diversi da quello di impiantarvi una coltivazione, sicché non sarebbe più predicabile una
corrispondenza tra il loro valore agricolo medio e il loro valore di mercato.”

L’indennità diventa quindi pari al valore di mercato dell’area non edificata, non determinabile in
via automatica facendo riferimento al VAM in caso sia inedificabile, ma soggetta a stima caso per
caso. Il VAM resta comunque un riferimento, ma non certo “obbligatorio”.

115
C
CAAT
TAASST
TOO

Il catasto può essere definito come l’inventario dei beni immobiliari situati in un territorio. Il suo scopo
è di natura fiscale, essendo la classificazione finalizzata a determinare le rendite dei suddetti beni, in
funzione dell’imposizione di oneri fiscali.
In funzione della natura dei beni stessi (terreni agricoli e fabbricati urbani), in Italia esistono due catasti:
- Il Nuovo Catasto Terreni (NCT)
Il Nuovo Catasto Edilizio Urbano (NCEU), ora Catasto Fabbricati (CF)
In particolare, il Catasto Edilizio Urbano è stato costituito in base alla Legge n. 652 del 13.4.1939, ed è
stato normato fino al 2000 dal DPR 1142/49.
Recentemente è stata approvata una riforma radicale con il DPR 138/98 che lo ha trasformato in catasto
Fabbricati.

Il Nuovo Catasto Terreni


Il Nuovo Catasto Terreni (N.C.T.) è stato istituito con la “Legge Messedaglia” o”della perequazione
fiscale” (L.3682/1886). Il N.C.T. è stato definito nella Legge Messedaglia
- rustico,
- geometrico,
- particellare,
- fondato sulla misura e sulla stima,
- non probatorio
La particella catastale è una porzione di terreno
- continua,
- appartenente ad un unico Comune,
- appartenente ad un unico proprietario,
- avente un’unica destinazione produttiva
- con un unico livello di produttività.

Viene denominato fondo, invece, una particella che abbia come confini di proprietà linee stabili e
precise o linee destinate a diventare confini determinate con un precedente tipo di frazionamento (fondo
potenziale).

Non sono fondi, invece, le particelle delimitate da linee dividenti di qualità e classi, per loro natura
labili.

Il Nuovo Catasto Edilizio Urbano (Jovine, 2002)

116
Il catasto edilizio urbano, rappresenta l'inventario delle unità immobiliari urbane realizzato in
esecuzione del R.D. 13 aprile 1939, n.652, convertito nella legge 11 agosto 1939, n.1249, che reca il
titolo: "Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del
nuovo Catasto edilizio urbano" (N.C.E.U.).
Questa legge ha segnato una svolta decisiva sia nel sistema di accertamento degli immobili urbani sia
nella determinazione del loro reddito imponibile come chiaramente si evince dai seguenti criteri
fondamentali:
• l'accertamento generale degli immobili urbani è eseguito per unità immobiliare (art. 3) considerando
(art. 5) unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa
utile e atta a produrre un reddito proprio;
• per la determinazione della rendita (art. 8), le unità immobiliari di ciascun comune o porzione di
comune sono distinte, a seconda delle loro condizioni estrinseche ed intrinseche, in categoria e ciascuna
categoria in classi;
• la rendita catastale (art. 9) è la rendita media ordinariamente ritraibile al netto delle spese e perdite
eventuali e al lordo soltanto della imposta fabbricati, delle relative sovrimposte e dei contributi di ogni
specie;
In relazione a quanto previsto dalla suddetta disposizione e parallelamente ripreso dalle norme fiscali,
l'ordinamento dell'imposta non persegue il reddito individuale di ciascuna unità oggetto di accertamento
ma quello delle categorie e classi in cui le unità sono inquadrate e, sopratutto, l'imposta non viene
commisurata al reddito lordo individuale di ciascuna unità immobiliare, al netto di una detrazione fissa,
ma alla rendita media ordinaria della categoria e classe in cui essa è inquadrata, determinata con
riferimento alle unità immobiliari di quella categoria e classe e con analisi approfondite dei redditi lordi
e delle passività che si concretano nella determinazione di due elementi economici caratteristici di
ciascuna categoria e classe: la rendita catastale unitaria (cioè la tariffa) e la percentuale di detrazione.
Quello configurato dalla legge citata è dunque un catasto per classi e tariffe, cioè analogo a quello
formato per i terreni in base alla legge “Messedaglia” di perequazione fondiaria del 1° marzo 1886, n.
3682.
L'oggetto dell'accertamento, cosi come dispone l'art. 1 della legge istitutiva del N.C.E.U., è l'esecuzione
a cura dello Stato dell'accertamento generale dei fabbricati e delle altre costruzioni stabili non censite al
catasto rustico, allo scopo di:
• accertare le proprietà immobiliari urbane e determinarne la rendita;
• costituire un catasto generale dei fabbricati e degli altri immobili urbani che si
denomina, nuovo catasto edilizio urbano."
L'art. 4, successivo, precisa che "si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili
di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali", e che "sono considerati come costruzioni
stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo".
L'art. 38 del Regolamento per la formazione del nuovo Catasto edilizio urbano approvato con D.P.R. 1°
dicembre 1949, n. 1142, chiarisce infine che "sono soggetti all'accertamento tutti i fabbricati e le
costruzioni stabili definite all'ari. 4 della legge".
Sono esclusi dall'accertamento:
a) i fabbricati rurali;
b) i fabbricati di proprietà della Santa Sede di cui agli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato Lateranense
del 1° febbraio 1929.

117
Poiché le anzidette disposizioni nulla sostanzialmente hanno innovato rispetto alle disposizioni vecchie
e vigenti in materia di imposta sui fabbricati, sulla scorta della giurisprudenza formatasi
precedentemente all'entrata in vigore del nuovo catasto, agli effetti dell'imposta si deve intendere per
fabbricato ogni combinazione di materiali di qualsiasi genere assieme riuniti o saldamente connessi, in
modo da formare un tutto omogeneo di forma particolare e prestabilita, atto all'uso cui la costruzione è
destinata e l'espressione stabile costruzione altro non significhi se non la definitiva permanenza
dell'edificio nel luogo in cui è posto per sua espressa destinazione, di guisa che non possa rimuoversi,
per trasportarlo da un luogo all'altro senza scomporlo almeno in parte, rompendo o distruggendo le
aderenze che lo tengono avvinto stabilmente al suolo.
Per quanto concerne l'unità immobiliare, l'elemento minimo inventariale sul quale è basato
l'accertamento, (in precedenza è stata citata la definizione data dalla legge istitutiva a questa entità), la
definizione è stata interpretata e completata come segue dall'articolo 4 del Regolamento: "Si accerta
come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato o insieme di fabbricati
che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l'uso
locale, un cespite indipendente".
Questa definizione, pur rispettando la legge istitutiva, ha assai meglio puntualizzato il concetto stesso e,
soprattutto, lo ha completato in modo da renderlo applicabile, senza perplessità, in sede pratica.
Anzitutto la nuova formulazione, col sostituire l'espressione "ogni parte di immobile" con l'altra "ogni
fabbricato, porzione di fabbricato, insieme di fabbricati" ha esteso il concetto a tutti i casi possibili di
unità immobiliari dato che, come si è già avvertito, l'unità immobiliare può essere costituita sia da un
fabbricato intero (convitto, scuola ecc.) sia da una porzione di fabbricato (appartamento, bottega ecc.)
sia infine da un insieme di fabbricati (opifìcio, ospedale costituito da diversi padiglioni ecc.). in secondo
luogo, la nuova formulazione ha introdotto un elemento nuovo di insostituibile importanza per un
catasto, e cioè quello dell'appartenenza allo stesso proprietario. In terzo luogo, all'espressione vaga "atte
a produrre un reddito proprio" è stata sostituita l'altra assai più precisa "che rappresenta, secondo l'uso
locale, un cespite indipendente" la quale non solo chiarisce che l'unità deve dare un reddito indipen-
dente, meglio che proprio, ma inserisce il significato di unità immobiliare nell'ambito degli usi locali15,
cosa altrettanto importante per un catasto, senza peraltro inficiare il concetto originario.
In definitiva, l'unità immobiliare urbana è costituita da una porzione di fabbricato, un intero
fabbricato o gruppi di fabbricati ovvero da un'area suscettibile di autonomia funzionale e di redditività.

L’identificazione di un’UIU è costituita dalla successione di:


codice comunale,
- numero del foglio di mappa,
- numero della particella su cui è costruito il fabbricato,
- numero del subalterno, che è l’elemento identificativo vero e proprio dell’UIU.
Con le ultime disposizioni normative, inoltre, si è cercato di limitare il più possibile un eccessivo
frazionamento delle particelle in subalterni, cosa che in passato era molto comune ad esempio a
causa del metodo di assegnazione dei subalterni ai posti auto.

Enti urbani e fabbricati rurali nel passaggio dal Catasto edilizio Urbano al catasto Fabbricati
(Magni, 2004)
Fino al 1994 dovevano essere censiti al Catasto (il N.C.E.U.) tutti gli stabili urbani, cioè gli stabili
che fossero
- non rurali
- stabilmente ancorati al suolo (anche se sospesi o galleggianti).

Con il C.d.F. i fabbricati rurali sono passati al catasto fabbricati.


Secondo il C.d.F., un fabbricato è rurale se

118
- è l’abitazione delle persone (e dei famigliari e conviventi a carico) addette alla coltivazione o alla
custodia dei lavoratori, dei fondi e del bestiame;
- è un ricovero per animali;
- è una luogo di custodia di macchine e attrezzi;
- è un’opera volta alla protezione delle piante (esempio: serra) e/o alla conservazione dei prodotti
agricoli e zootecnici (esempio: silos).
Dal 1998 tutte le nuove costruzioni rurali devono essere direttamente censite nel C.d.F.; le
costruzioni rurali già censite in precedenza al N.C.T. devono passare al C.d.F. entro un periodo di
transizione: il passaggio sarà fatto se si avrà un caso d’uso, ossia variazioni oggettive o soggettive.
Nel frattempo, però, gli Uffici dell’Agenzia del Territorio dovranno acquisire tutte le informazioni
censuarie (caratteristiche
censuarie, ditte intestate), presenti nel N.C.T.

Il passaggio dei fabbricati rurali al C.d.F. ha però comportato una scissione nel modo di vedere i
fabbricati rurali: essi, infatti, sono trattati nel C.d.F. a livello catastale e nel N.C.T. a livello fiscale,
in relazione alle attività agricole a cui sono connessi.

Oltre ai fabbricati urbani e rurali, il C.d.F. deve censire anche alcuni stabili che non hanno
attribuzione di reddito e che quindi vengono solo identificati; essi sono:
- fabbricati in costruzione o in definizione,
- costruzioni altamente degradate e inabili a produrre reddito,
- aree urbane,
- lastrici solari.

Consistenza espressa in vani utili (edifici residenziali). La consistenza espressa in vani utili si
calcola come numero di vani e di frazioni di vano, tenendo conto che i vani vengono contati come
unitari se sono utilizzati normalmente. Oltre una certa soglia di superficie il vano incrementa di
frazioni di vano. Gli altri vani adibiti a differenti usi vengono classificati con un incidenza pari a una
frazione di vano (1/3,1/4 ecc, a seconda dell’uso)
Consistenza espressa in unità di volume o di superficie (edifici residenziali ad uso pubblico ed
edifici commerciali). Si parte dalla volumetria lorda o dalla superficie lorda, per poi utilizzare dei
coefficienti moltiplicatori in funzione dell’incidenza dei vari tipi di volume o superficie.
Con il nuovo catasto la consistenza è espressa per tutti gli edifici ordinari in mq di superficie
catastale.

Le fasi catastali (da Gallerani, Zanni, Viaggi, 2004)


La messa in opera del Catasto edilizio urbano e del successivo Catasto fabbricati è caratterizzata dalle
seguenti fasi:
1. formazione;
2. pubblicazione;
3. attivazione;
4. conservazione.
Formazione
Ai fini della formazione del Catasto Fabbricati, il territorio urbano è stato suddiviso in zone censuarie.
La zona censuaria è costituita da un'area (che può comprendere più comuni, un solo comune o sue
porzioni) con caratteristiche urbanistiche e socio-eco-nomiche omogenee.

119
Con il DPR 138/1998, è prevista la suddivisione di ogni zona censuaria in microzone. La microzona
rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un
intero territorio comunale, che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-
ambientali, socio-economici, nonché nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane. In ciascuna
microzona, le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e
destinazione prevalenti. La microzona individua ambiti territoriali di mercato omogenei sul piano dei
redditi e dei valori, in particolare per l'incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità
immobiliari.
Le operazioni di formazione del Catasto fabbricati sono: -
• qualificazione
• classificazione;
formazione delle tariffe;
• accertamento e classamento.
La qualificazione consiste nell'individuare in ciascuna zona le varie categorie di immobili, secondo la
destinazione:

Immobili a destinazione ordinaria - gruppo A


A/1 Abitazioni di tipo signorile
A/2 Abitazioni di tipo civile
A/3 Abitazione di tipo economico
A/4 Abitazione di tipo popolare
A/5 Abitazione di tipo ultrapopolare (in disuso)
A/6 Abitazioni di tipo rurale (in disuso)
A/7 Abitazioni in villini
A/8 Abitazioni in ville
A/9 Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici
A/10 Uffici e studi privati
A/11 Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi: Rifugi di montagna, baite, trulli, sassi, ecc.
Immobili a destinazione ordinaria - gruppo B
B/1 Collegi e convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari,caserme
B/2 Case di cura ed ospedali
B/3 Prigioni e riformatori
B/4 Uffici pubblici
B/5 Scuole, laboratori scientifici
B/6 Biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, accademie
B/7 Cappelle ed oratori non destinati all' esercizio pubblico dei culti
B/8 Magazzini sotterranei per deposito di derrate
Immobili a destinazione ordinaria - gruppo C

120
C/1 Negozi e botteghe, compresi i ristoranti, le trattorie,
C/2 Magazzini e locali di deposito
C/3 Laboratori per arti e mestieri, locali artigiani
C/4 Fabbricati e locali per esercizi sportivi
C/5 Stabilimenti balneari e di acque curative
C/6 Stalle, scuderie, rimesse, autorimesse
C/7 Tettoie chiuse od aperte
Immobili a destinazione speciale - gruppo D
D/1 Opifici, cabine elettriche e autosilos dotati di impianti di sollevamento delle autovetture
D/2 Alberghi, pensioni e villaggi turistici
D/3 Teatri, cinematografi, arene, discoteche, parchi giochi, sale per concerti e spettacoli e simili
D/4 Case di cura ed ospedali con fine di lucro
D/5 Istituti di credito, cambio ed assicurazioni
D/6 Fabbricati e locali per esercizi sportivi con fine di lucro
D/7 Fabbricati industriali discariche, campi sportivi con fine di lucro
D/8 Fabbricati commerciali parcheggi a pagamento,
campeggi, supermercati a serre, centrali del latte
D/9 Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a pedaggio
Immobili a destinazione particoaare - gruppo E
E/1 Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei
E/2 Ponti comunali provinciali soggetti a pedaggio
E/3 Costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche: Edicole per giornali e simili, chioschi per
bar, per rifornimenti di auto per sale di aspetto di tranvie, ecc., pese pubbliche, ecc.
E/4 Recinti per mercati, per posteggio bestiame, ecc.
E/5 Fortificazioni e loro dipendenze
E/6 Fari, semafori, torri d’orologio
E/7 Fabbricati destinati all' esercizio pubblico dei culti
E/8 Fabbricati cimiteriali
E/9 Edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E, comprese
le discariche per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, quando la loro gestione non configura fonte
reddituale

A partire dal 1998 (DPR n. 138/98) ai fini della creazione del Catasto urbano è stato adottato il nuovo
quadro nazionale di qualificazione, che prevede le seguenti categorie.
• Categorie di unità immobiliari ordinarie:
- residenze e autorimesse (gruppo R);

121
- categorie di unità immobiliari di tipo pubblico e culturale (scuole, uffici case di cura, collegi ecc.)
(gruppo P);
- categorie di unità immobiliari di tipo terziario e commerciale (negozi, magazzini, uffici, pensioni,
alberghi) (gruppo T).

• Categorie di unità immobiliari speciali per consistenza e caratteristiche:


- categorie di unità immobiliari speciali di tipo pubblico o di interesse collettivo (ospedali, chiese,
stazioni ecc.) (gruppo V);
- categorie di unità immobiliari speciali di tipo produttivo e terziario (opifici, grandi centri commerciali,
direzionali, per lo spettacolo ecc.) (gruppo Z).

Catasto fino all’anno 2000 Catasto dall’anno 2000?

Zone censuarie estese nell’ambito Zone censuarie estese nell’ambito


comunale. Valore medio variabile provinciale. Microzone. Valore
da zona a zona contigua del 20% medio variabile da microzona a
microzona contigua del 20%.
Valere variabile in una microzona
Categorie di edifici: dal minimo al massimo
A (residenza privata) nell’ordine dell’1 a 2

B (residenza Pubblica) Categorie di edifici:


C (Attività commerciali) Ordinarie R (residenza privata)
D, E (Edifici speciali) P (attività pubbliche)
F (immobili non soggetti a tributi) T (attività terziarie)
V, Z (Edifici speciali)
Consistenza espressa in vani (cat.
A), mc (cat. B)e mq (cat. C) Consistenza espressa in mq

La riforma del catasto (non ancora del tutto operativa)

Con la classificazione, ogni categoria di fabbricati ordinari viene divisa in tante classi quanti sono i
gradi di diversa capacità contributiva, tenendo conto dei fattori che influenzano il reddito. Lo scarto fra
il reddito di due classi successive è del 15%. Contrariamente al Catasto terreni, la classe prima
rappresenta quella con il reddito più basso e il numero di classi non è preventivamente determinato.
La formazione delle tariffe consiste nella determinazione della rendita catastale, per unità di consistenza,
da attribuire a ciascuna categoria di immobile.
La rendita catastale è la rendita lorda media ordinaria ritraibile dall'immobile, detratte le spese di
riparazione, manutenzione ed eventuali perdite.
Per le categorie a destinazione ordinaria (R, P, T), la tariffa rappresenta il reddito per metro quadrato di
superficie catastale. Per ogni zona censuaria, il reddito è differenziato per categoria e, all'interno di
queste, per classi. In base al DPR 138/1998, le tariffe sono determinate con riferimento all'epoca

122
censuaria 1996/97. La ridefinizione delle categorie non è stata ancora attuata, pertnanto le misure
di consistenza e le categoria non sono quelle previste dalla riforma ma quelle pre-riforma.
Ai fini del Catasto fabbricati, le tariffe d'estimo vengono determinate con riferimento al mercato
immobiliare e precisamente:
• ai canoni locativi medi ordinari;
• ai prezzi medi di compravendita e ai relativi saggi di fruttuosità.
Con il primo procedimento, il reddito imponibile è ricavato sottraendo dal canone ordinario di locazione
le spese e le perdite, escluse le imposte:
Rc= RPL-( Q+Sv+Am+Sf+Ines+I)
dove:
Rc = reddito imponibile catastale
RPL = reddito padronale lordo
Q = quote di ammortamento, manutenzione e assicurazione
Sv = spese varie
Am = amministrazione
Sf= sfitto
Ines = inesigibilità
I= interessi.
Con il secondo procedimento, il reddito catastale delle UIU viene calcolato applicando un saggio di
interesse al valore dell'immobile. Si ottiene così il beneficio fondiario (Bf), a cui vanno aggiunti gli
oneri relativi all'imposta e contributi vari.
Il valore dell'immobile viene stimato in base al valore di mercato della UIU; nel
caso il mercato non offra elementi di paragone si valuta in base al costo di ricostruzio
ne, compreso il costo dell'area. Il valore deve essere comunque riportato a condizioni
di media vetustà del fabbricato.

Al Beneficio fondiario così ottenuto vanno aggiunte le imposte:

Rc = Bf + a x Rc
Rc= Bf / (1-a)

Dove a rappresenta l’aliquota di imposta.


Dividendo poi Re per la relativa consistenza catastale si ottiene la tariffa o reddito catastale unitario.
Con la classificazione, ogni categoria di fabbricati ordinari viene divisa in tante classi quanti sono i
gradi di diversa capacità contributiva, tenendo conto dei fattori che influenzano il reddito. Lo scarto fra
il reddito di due classi successive è del 15%. Contrariamente al Catasto terreni, la classe prima
rappresenta quella con il reddito più basso e il numero di classi non è preventivamente determinato.
La formazione delle tariffe consiste nella determinazione della rendita catastale, per unità di consistenza,
da attribuire a ciascuna categoria di immobile.

123
La rendita catastale è la rendita lorda media ordinaria ritraibile dall'immobile, detratte le spese di
riparazione, manutenzione ed eventuali perdite.
Per le categorie a destinazione ordinaria (R, P, T), la tariffa rappresenta il reddito per metro quadrato di
superficie catastale. Per ogni zona censuaria, il reddito è differenziato per categoria e, all'interno di
queste, per classi. In base al DPR 138/1998, le tariffe sono determinate con riferimento all'epoca
censuaria 1996/97.
Ai fini del Catasto fabbricati, le tariffe d'estimo vengono determinate con riferimento al mercato
immobiliare e precisamente:
• ai canoni locativi medi ordinari;
• ai prezzi medi di compravendita e ai relativi saggi di fruttuosità.

Per ogni singola UIU la rendita catastale viene determinata moltiplicando la misura di consistenza per la
relativa tariffa.
Per le unità immobiliari urbane a destinazione speciale, la rendita catastale si determina, per ogni
singolo immobile, in base al reddito ordinario ritraibile da quell'immobile, al netto delle spese e al lordo
delle imposte.
Il classamento consiste nel collocare ogni UIU nella categoria e classe che le com-pete, confrontandola
con le unità tipo che servono come termine di paragone. Si determina prima la categoria, in base alla
destinazione ordinaria e alle caratteristiche costruttive, quindi la classe.
Il classamento viene effettuato in modo automatizzato sulla base di parametri di riferimento che
descrivono gli elementi di maggiore rilievo che influenzano la redditività di un fabbricato (classamento
parametrico). Tali elementi sono quantificati attraverso:
• il fattore posizionale
• il fattore edilizio
fattore posizionale è il parametro rappresentativo dei caratteri della microzona, nonché dello stato e
della qualità dei luoghi circostanti il fabbricato, con particolare riferimento a quelli aventi destinazione
pubblica e sempreché siano permanenti e significativi ai fini del classamento.
Il fattore edilizio rappresenta il livello qualitativo dell'unità immobiliare e del fabbricato, in relazione a:
- dimensione e tipologia;
- destinazione funzionale;
- epoca di costruzione;
- struttura e dotazione impiantistica;
- qualità e stato edilizio;
- pertinenze comuni ed esclusive;
- livello di piano.
II classamento complessivo è dato dall'aggregazione del fattore posizionale medio e del fattore edilizio.
Il reddito imponibile risulta dal prodotto della consistenza catastale dell'unità immobiliare per la tariffa
della categoria e classe in cui l'unità è collocata.

124
Es. Scheda di rilievo catastale per il classamento

Pubblicazione e attivazione
Nell'ambito della nuova revisione, le rendite catastali sono oggetto di pubblicazione per 180 giorni, con
la facoltà per i contribuenti interessati di presentare osservazioni. L'attivazione consiste nella correzione
degli atti a seguito delle osservazioni sollevate e per le variazioni avvenute durante la pubblicazione.

Conservazione
La conservazione consiste nell'aggiornamento degli atti catastali nel tempo.L'aggiornamento degli atti
catastali avviene rispetto ai seguenti tre ordini di mutazioni:
• mutazioni soggettive, cioè relative agli intestati, che avvengono attraverso la voltura catastale;
• mutazioni oggettive, relative allo stato e/o alla destinazione degli immobili;
• denunce di nuova costruzione.
I documenti e le pratiche catastali
I principali documenti del Catasto fabbricati sono:
• mappa urbana;
• elenco degli immobili (ex schedario o prontuario dei numeri di mappa);
• elenco degli intestati (ex schedario dei possessori);

125
• schedario delle partite;
• elenco stradario;
• planimetria delle unità immobiliari.

126
B
BIIB
BLLIIO
OGGR
RAAFFIIA
ADDII R
RIIFFE
ERRIIM
MEEN
NTTO
O

Bresso (1996) Per un Economia ecologica. Franco Angeli, Milano


Forte e De Rossi (1977) Elementi di Economia ed Estimo. Etas, Milano
Fusco Girard (1974) L’evoluzione della logica estimativa. Quaderni dell’Istituto di Urbanistica,
Università Federico II di Napoli.
Fusco Girard e Nijkamp (1997) Le valutazioni per lo sviluppo sostenibile della città e del territorio.
Gallerani, Zanni, Viaggi (2000) Manuale di Estimo. Mac Graw Hill, Roma.
Grillenzoni e Grittani (1992) Estimo. Calderini, Bologna.
Iovine (2002) Manuale pratico di Estimo. ESI, Roma.
Kutzoiannis (1978) Economia Politica. Etas, Roma
Magni (2003) Appunti del corso di Sistemi Catastali. Politecnico di Milano.
Munda (1995) Multicriteria Evaluation in a Fuzzy Environment. Physica–Verlag. The Hague
Simonotti (1997) La Stima Immobiliare. Utet, Torino.
Torre (2005) La valutazione nel recupero e nella conservazione del patrimonio architettonico e
urbano.

127
SSIIN
NTTE
ESSII -- 11
Contesto- Aspetto Metodo Tecnica di stima
problema di stima economico-
Criterio di stima
compravendita di un Valore di mercato Sintetico Diretto, Media Gaussiana L’immobile è semplice
immobile monoparametrico, teoria nelle sue caratteristiche, e
dell’ordinarietà si suppone che la
distribuzione dei prezzi sia
gaussiana
Sintetico, pluriparametrico, Somma della superficie L’immobile è composto da
superfici convenzionali residenziale e di superfici più parti, rispetto alle quali
convenzionali corrispondenti ad non si considerano
altre parti, moltiplicata per rapporti di
valore unitario superficie complementarità
residenziale
Sintetico, pluriparametrico, Prodotto del valore di mercato L’immobile è composto da
punti di merito corrispondente alla parte più parti, rispetto alle quali
residenziale per coefficienti non si considerano
correttivi rapporti di
complementarità
Sintetico, pluriparametrico, Somma del prodotto della L’immobile è composto da
valori tipici dimensione delle differenti parti più parti, rispetto alle quali
per i corrispondenti valori tipici non si considerano
unitari rapporti di
complementarità
Sintetico, pluriparametrico, Ricerca della retta di regressione
Regressione lineare
Analitico Capitalizzazione della rendita
netta
Valore di surrogazione Stima sintetica per Metodi di stima del valore di compravendita di un
surrogazione del valore di mercato, metodi per punti di immobile con pochi
immobili non simili, con merito riferimenti di mercato (ad
uso di coefficienti per esempio antico)
l’obsolescenza
Valore di costo Stima per determinazione Metodi di stima del valore di compravendita di un
del costo di costruzione, costo immobile con pochi
incrementato dell’utile riferimenti di mercato (ad
imprenditoriale, esempio edificio
eventualemenrte corretto singolare)
da coefficienti di
obsolescenza se
l’immobile non è recente
Realizzazione di un Valore di costo Sintetico Diretto, Media Gaussiana
opera progettuale monoparametrico, teoria
dell’ordinarietà
Sintetico, pluriparametrico, Ricerca della retta di regressione
Regressione lineare
Misto, pluriparametrico, Somma dei costi di
per elementi funzionali realizzazione di ogni elemento
funzionale
Analitico Computo metrico estimativo
Compravendita di un Valore di Analitico Il valore massimo accordabile
area edificabile trasformazione all’area è pari alla differenza tra
valore dell’area edificata, meno
costi, meno utile imprenditoriale
Valore di mercato Sintetico Metodi di stima del valore di
mercato
Danno subito da un Valore complementare Diretto Differenza tra valore di mercato Danno subito da un
immobile prima del danno e valore di immobile per perdita di
mercato parte residua una parte
Diretto Differenza tra valore di mercato Danno subito da un
prima del danno e valore di immobile per perdita di
mercato dopo il danno una caratteristica (ad es.
visuale per propsicienza di
un edificio abusivo)
Valore di costo Analitico Stima del costo necessario alla Non si considerano
ricostruzione della parte persa rapporti di
complementarità tra parte
persa e parte residua

128
SSIIN
NTTE
ESSII -- 22
Contesto-problema di Aspetto economico- Metodo Tecnica di stima
stima Criterio di stima
Convenienza economica Valore di Analitico La differenza tra valore senza riferimenti a periodi
di una trasformazione dell’immobile ristrutturato, definito
ristrutturazione/restauro, meno costi, meno il valore
dell’immobile prima della
ristrutturazione, deve essere
maggiore o uguale dell’utile
imprenditoriale
Analisi costi ricavi, Analitico Differenza tra somma di ricavi e facendo riferimento ad un
ricerca di VAN e SRI costi sostenuti nel corso degli periodo definito (ad
anni, maggiore di zero esempio 10 anni)
Valore sociale di un Valore di costo Sintetico Diretto, Media Gaussiana con valori
servizio realizzabile con monoparametrico, teoria unitari di costi di opere simili
un opera pubblica dell’ordinarietà
Sintetico, pluriparametrico, Ricerca della retta di regressione
Regressione lineare
Misto, pluriparametrico, Somma dei costi di
per elementi funzionali realizzazione di ogni elemento
funzionale
Analitico Computo metrico estimativo
Valore d’uso sociale di Valore di surrogazione Si stima la disponibilità a
un bene pagare per usufruire del
ambientale/culturale bene o per conservarlo
Si stima l’impegno di
spesa (ad esempio per il
trasoporto) affrontato per
accedere usufruire del bene
Priorità di intervento Valore sociale Si stima per confronto con Metodi di analisi multicriteri tenendo conto di tutti gli
pubblico su un bene complesso altri beni aspetti sociali, ambientali
e culturali
Van e SRI nell’analisi Si stima per confronto con Metodi di analisi multicriteri tenendo conto degli aspetti
costi benefici altri beni sociali, ambientali e
culturali monetizzabili
Stima di un fondo Valore di mercato Si stima in funzione Stima sintetica
agricolo dell’ordinamento culturale
e dell’estensione
Valore patrimoniale Si effettua la soma dei Stima per valori tipici
valori di tutti gli elelemti
che compongono il fondo
agricolo
Si stima per Si stema derivando il Stima per capitaliozzazione
capitalizzazione del beneficio fondiario dal
Beneficio fondiario reddito aziendale netto
Stima indennità di Valore di mercato Stima sintetica Aree edificate
esproprio
Valore di mercato e Semisomma valore di Aree edificabili
valore per mercato e dieci rendite
capitalizzazione annuali
Valore di mercato Stima sintetica del Valore Aree non edificabili
Agricolo Medio
Stima rendita catastale Valore di mercato Stima sintetica / analitica
Stima servitù di veduta, Valore complementare Stima del valore del bene Differenza tra il valore dl bene
di non elevazione soggetto a servitù prima dell’apposizione della
(servitus non tollendi) servitù, e dopo

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