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LITURGY SAULT THE DINING ROOMS LANKUM THE PROMISE RING BURIAL
THEO PARRISH PALE SAINTS CALIBRO 35 ALGIERS KAZU MAKINO KIM DEAL
40 ANNI DI
R.E.M.
POSTE ITALIANE SPA - SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMM A 1, NO / TORINO - ISSN 1591-4062 - N.1 ANNO 2020
IL NUOVO ALBUM DEL FONDATORE DEGLI AIR
dominomusic.com
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11 NUMERI L’ANNO PIÙ LE GUIDE PRATICHE
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DI ROSSANO LO MELE
La storia comincia così: “Ero timido e la musica di Automatic For The People e di una serie di servizi
rappresentava tutto per me. Un giorno spunta fuori fotografici del periodo, da cui arrivano alcuni degli
un concerto, musica locale, niente di che. Avevo 16 scatti usati questo mese. Intimo di Michael Stipe – “è
anni e mi ero appena trasferito in città. Eravamo du- sempre un amico”, ha dichiarato – proprio perché
rante le vacanze, non c’era scuola e nella mia nuova condivide con lui la famosa timidezza di cui sopra,
zona non avevo amici. Decisi di andarci da solo e sic- Corbijn fu chiamato all’opera pure dai Nirvana. Da
come era giorno ed ero timido cercai un diversivo: mi storiografia rock l’aneddoto legato al videoclip di Pen-
portai appresso la macchina fotografica di mio padre, nyroyal Tea, girato proprio da lui: “Ero al telefono
in modo da scattare delle foto durante il concerto. con Kurt e continuavo a spiegargli che c’erano delle
Quando sei timido pensi che la gente passi tutto il cose che andavano fatte diversamente. Dovremmo
tempo a parlare di te, del tipo: ‘Ma cosa ci fa quel tizio fare in questo modo e in quest’altro. Ma dall’altro lato
lì con una macchina fotografica?’ Insomma, fare delle non sentivo alcun feedback da parte sua. Dopo 20
foto pensavo mi desse una buona ragione per essere minuti di telefonata pensai che si fosse offeso e quindi
lì. Portai poi il rullino a sviluppare al negozio dietro avesse deciso di non replicare. Solo il giorno dopo ho
l’angolo di casa e mandai le foto a un giornale. Che scoperto che si era addormentato al telefono”.
le pubblicò! Pensai allora: ‘Wow, questo mi avvicina
alla musica’. E siccome la musica era la mia più gran- Chi ci legge da tempo non avrà certo dimenticato che
de passione ritenni automatico che dovesse diventare Anton si è seduto dietro la cinepresa di Control, il
anche il soggetto principale delle fotografie. Soltanto film del 2007 che raccontava la vita di Ian Curtis dei
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molto tempo dopo, cominciando a considerare la Joy Division. Bianco e nero vecchia Gran Bretagna,
fotografia come una forma d’arte, ho imparato ad come al solito: asciutto, disturbante, doloroso.
allargare i miei orizzonti”. Così parlò Anton Corbijn Se parliamo di Corbijn oggi è però soprattutto per
(l’intervista completa sta sul magazine on line heyu- un’altra ragione. Questo nordico allampanato che a
guys.com) poco più di un anno fa, in occasione di una breve compirà 65 anni è il regista di Spirits In The
mostra italiana (a Lucca) dedicata alla sua opera. Forest, il film dedicato all’ultimo tour dei Depeche
Mode. Entrando in sala per la visione ho pregato che
La storia della cultura pop e rock è stata spesso edi- non si trattasse del consueto documento live agio-
ficata da non musicisti tout court. Peter Grant, Vi- grafico. Ma Anton è evidentemente molto oltre. E ha
vienne Westwood, Malcolm McLaren, Gianni Sassi, ideato una pellicola che, se parliamo di racconti per
Richard Branson e via dicendo. Persone che hanno immagini, casca dritta dentro i capolavori del rock.
tuttavia costruito e nominato mondi. Fra questi c’è il Partendo da sei storie di vite estreme – estreme pro-
timido olandese Anton. Di lui potremmo banalmente prio nel senso letterale: malattia, geografia, isolamen-
dire che ha inventato un’iconografia, un logotipo del to fisico e mentale, oblio e rinascita – Corbijn raccon-
rock in bianco e nero. Nasce fotografo, cresce come ta una cosa semplice e forse per molti ormai obsoleta:
designer e si sviluppa dapprima come regista di cosa può fare la musica. Sulle vite umane. Non è
videoclip e in seguito di film. Di sé dice: “Non sono retorica e, se avete perso il film, da poche settimane
un designer ufficiale, infatti molti se la prendono lo trovate in vendita. Un uomo che ha saputo creare
con me per come creo le mie copertine, perché non valore dove il consumo divora l’arte. “Non diamo alle
faccio le cose nel modo giusto, ma per me questo è immagini il tempo di svilupparsi nel nostro subcon-
un segno di personalità”. Anton è la mente dietro scio. Una volta i giornali stavano in edicola un mese
le cover di The Joshua Tree degli U2, di Violator e e nel soggiorno dei genitori. Se dentro c’era una bella
molto altro dei Depeche Mode. Entrambi i gruppi foto la memorizzavi, mentre ora si scrolla subito. È
hanno beneficiato della sua cura e – nella delicata un bene che ognuno possa scattare foto e mandarle
fase di passaggio da band di culto a gruppi da arena in giro per il mondo, ma allo stesso tempo questo ha
rock – quel suo stile chiaroscurale (che pure a tratti reso la fotografia un’arte talvolta senza significato.
li ha resi così simili se non sovrapponibili) ha fornito Ciò premesso, va detto che oggi un sacco di musei
un nuovo taglio alle due formazioni. Il gruppo che mostrano fotografie. Quando sono cresciuto sarebbe
si affaccia sulla prima pagina di “Rumore” questo stato impensabile. Oggi invece le grandi fotografie
mese, poi: i R.E.M. Corbijn è autore della copertina diventano tali anche in termine di valore”.
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336CO N T E N U T I
92
COV E R S TO R Y
R.E .M .
32
DI LETIZIA BOGNANNI,
Dentro e fuori i social: la Repubblica degli Invisibili N I C H O L A S D AV I D A LT E A ;
M AU R O F E N O G L I O
E G I O R G I O VA L L E T TA
48 Liturgy A C U R A D I A N D R E A VA L E N T I N I
D I C A R LO B O R D O N E ,
14 Privé 100 Che fine hai fatto? Autorizzazione del tribunale di Torino n. 21
del 25/07/2013
18 My Tunes 101 Identità di genere ISCRIZIONE AL ROC N° 23733
20 Futura 102 Visioni
Questo periodico è associato
CONTEN ITOR I 59 Recensioni 106 Letture all’Unione Stampa Periodica Italiana
60 Disco Del Mese 108 Fumetti Finito di stampare nel mese di Dicembre 2019
GLI ORB E LA
CORONA BRITANNICA
8 | RUMOREMAG.COM
profilo Instagram, di essere
al lavoro su un nuovo album.
FACCIAMO I CONTI Le registrazioni stanno
avendo luogo presso gli studi
parigini Motorbass fondati
da Philippe Zdar dei Cassius,
9
storico collaboratore del
ORE DI SONNO PER NOT TE: L A QUANTITÀ gruppo tragicamente scom-
DI RIPOSO NECESSARIA A ROBERT parso lo scorso anno.
FORSTER DEI GO-BETWEENS
GRACE JONES
VS. JAMES BOND
21
al debutto attoriale nella
MILLIGRAMMI: L A QUANTITÀ DI NICOTINA saga con 007 Bersaglio Mo-
DEL PRIMO CEROTTO MESSO DA BRIAN bile del 1985, nel franchise
WILSON PER SMETTERE DI FUMARE cinematografico. L'avvicina-
mento è avvenuto in occa-
sione delle riprese del film,
la scorsa estate in Giamaica,
ma a quanto pare l'accordo
: ANNO E TOUR DI RIFERIMENTO PER
1986
è sfumato nel momento in
I SUNN O))), CHE SI RIFANNO ALLA cui i rappresentanti della
RUMOROSA INTENSITÀ LIVE DEGLI SWANS cantante hanno capito che la
DI QUEL PERIODO sua apparizione nel film si
sarebbe risolta in poco più di
un cameo.
250
MIL A DOLL ARI: UN ASSEGNO DI QUESTO IM- LA CONSOLE HYPERDUB
P O R TO F U D I M E N T I C ATO D A S C OT T A S H E TO N
NEL FURGONE DEGLI STOOGES PER SEI MESI.
IGGY POP DIXIT... Per le celebrazioni dei suoi
15 anni di attività, tra le altre
cose la Hyperdub ha realiz-
zato, in partnership con Ana-
10%
logue, azienda statunitense
: L A PERCENTUALE DI SUCCESSO LEGATA
che si occupa di hardware per
ALLE IDEE DI PARTENZA, SECONDO DEBBIE
videogame, una edizione li-
HARRY. IL RESTANTE 90% È DURO L AVORO
mitata del Mega Sg, versione
aftermarket della Sega Mega
Drive. La versione “Hyper-
dub” della console si chiama
50
Konsolation e ha comprende
ANNI ABBONDANTI CON LO STESSO LOOK: una compilation – in formato
QUESTO IL SEGRETO DEL SUCCESSO PER cartuccia - di tracce esclusive
RONNIE SPECTOR DELLE RONETTES incise da artisti dell'etichetta
londinese come Burial, Iko-
nika, Jessy Lanza, Jeremy
Greenspan e Kode 9. Il rema-
13
ke targato Hyperdub è stato
ORE DI BUS: SE LE SONO FAT TE I CRAZY prodotto in un migliaio di
HORSE PER RAGGIUNGERE DI RECENTE esemplari, di cui 150 destina-
NEIL YOUNG PER UN PAIO DI CONCERTI, ti al mercato.
DAL SOUTH DAKOTA A WINNIPEG
NUOVO SITO/ARCHIVIO
STORICO PER FELA KUTI
RUMOREMAG.COM | 9
N E W S! D I C E M B R E 2 0 19
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I TALKING HEADS
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L'ESPERIENZA
I FONTAINES D.C. HANNO GIÀ PRONTO DI RUMORE
UN NUOVO ALBUM SI AMPLIFICA
OGNI MESE UNA NUOVA
PLAYLIST DEDICATA
esordio dei dublinesi, dichiarato: “Non so come siamo riusciti a AL NUMERO IN USCITA
Dogrel, è stato uno degli trovare il tempo per farlo, ma ce l'abbiamo
L' album rivelazione dello fatta. Lo abbiamo registrato a L.A., visto che PER VIVERE IL MAGAZINE
scorso anno (piazzatosi rispetto al precedente è molto più influenzato IN MANIERA TUTTA NUOVA
piuttosto in alto pure nella dai Beach Boys. Queste nuove canzoni sono
nostra playlist), ma la band molto più meditate per quanto concerne
ha già fatto sapere di avere pronto il seguito, dettagli e arrangiamenti”. Il chitarrista
registrato lo scorso ottobre a Los Angeles. ha parlato di un disco differente sia nelle
Il chitarrista Carlos O'Connell ne ha parlato musiche che nei testi, aggiungendo: “È come
in una intervista al magazine “Long Live un sogno che a volte si fa incubo e a volte
Vinyl”, spiegando che registrare le nuove fiaba. È stato un anno di alti e bassi, a tratti
canzoni è stato il momento più bello del suo è stato folle, e ci siamo sentiti perduti. Ma è
2019. Nel corso dell'intervista O'Connell ha stato anche magico” ru m o re m a ga z ine
RUMOREMAG.COM | 11
N E W S! D I C E M B R E 2 0 19
LLOYD WATSON
una reunion ci sarebbe voluto
“un buon numero di passi
indietro” da parte di tutti i
componenti. Tra i follower Lloyd Watson appartiene alla schiera di eroi minori
del nuovo profilo Instagram è che hanno dato un contributo defilato ma signifi-
apparso anche quello di Jerry cativo al rock inglese degli anni 70, muovendosi sul
Harrison, che quest'anno si confine tra folk, rock, blues e art rock. Figlio di padre
esibirà, insieme ad Adrian giamaicano e madre britannica, il chitarrista del Cam-
Belew e alla band funk Tur-
bridgeshire aveva fondato la sua prima band, Lloyd
kuaz, in una serie di concerti
Watson And The Soul Mates, sul finire dei '60. Nel
per il quarantennale di Re-
main In Light. Contempora- 1972 era stato nominato miglior chitarrista solista
neamente Chris Frantz ha an- nella competition annuale del “Melody Maker”, ca-
nunciato la prossima uscita di tegoria “folk e rock”, esibendosi in TV all'Old Gray
un suo libro, Remain In Love, Whistle Test; in seguito aveva aperto tour per David
che racconta gli anni con i Bowie e King Crimson, prendendo parte, nel 1973, alle
Talking Heads, la relazione session dell'esordio solista di Brian Eno, Here Comes
con la moglie Tina Weymouth The Warm Jets, e a quelle di In Search Of Eddie Riff
e la band fondata dai due al di Andy Mackay dei Roxy Music. Queste esperienze
di fuori dei TH, i Tom Tom
gli valevano la convocazione di Phil Manzanera negli
Club.
801, effimero supergruppo in cui lui e Eno riunivano
ERRATA CORRIGE N. 335 i rispettivi repertori solisti: in 801 Live, registrato
dal vivo nel 1976, il contributo di Lloyd è essenziale.
Proprio quell'anno un incidente sul palco – rimaneva
Nell'editoriale si fa riferimen- folgorato, con gravi ustioni alle mani – lo aveva quasi
to al 2018: si parla ovviamen- (19 49 -201 9) costretto ad abbandonare l'attività, continuata poi in
te del 2019. Nello speciale seguito al di fuori dei grandi circuiti.
dedicato ai dischi del 2019,
l'intervista ai Big Thief è stata
erroneamente attribuita a
Mauro Fenoglio: l'autrice,
con la quale ci scusiamo, è in
realtà Stefania Ianne.
DOUG LUBAHN
Bassista in tre album dei Doors (Strange Days, Wai-
IN USCITA ting For The Sun e – in misura minore - The Soft Pa-
rade), Doug Lubahn per un attimo era quasi entrato a
far parte della band - la cui particolarità dal vivo era
Isobel Campbell There Is
No Other (31 gennaio) Squa- proprio l'assenza di un bassista, ruolo ricoperto dai
repusher Be Up A Hello (31 bass pedals dell'organo Vox di Ray Manzarek – rifiu-
gennaio) Ásgeir Bury The tando l'offerta fattagli durante le session di Strange
Moon (7 febbraio) Makaya Days, non volendo abbandonare i suoi Clear Light,
McCraven Gil Scott-He- che tuttavia si sarebbero sciolti poco dopo. In seguito
ron, We're New Again. A si sarebbe unito alla band jazz rock Dreams, fondan-
Reimagining From Makaya do poi Riff Raff e Pierce Arrow e collaborando, tra gli
McCraven (7 febbraio) Nada (19 47 -201 9) altri, con Ted Nugent.
Surf Never Not Together (7
febbraio) Tame Impala The
Slow Rush (14 febbraio) Greg
Dulli Random Desire (21
febbraio) Grimes Miss_An-
thropOcene (21 febbraio) Lee ROY LONEY
Ranaldo And Raül Refree
Names Of North End Women Fondatore nel 1965 dei Flamin' Groovies con il compa-
(21 febbraio) Gigi Masin gno di scuola Tim Lynch, il bassista George Alexander,
Calypso (28 febbraio). il batterista Ron Greco (ingresso che segnò il passag-
gio dal folk a un rock stonesiano) e il chitarrista Cyril
Jordan, Roy Loney abbandonava la band dopo il terzo
album, Teenage Head (1971). Nella seconda metà dei
'70 i FG raggiungevano una inattesa popolarità con la
loro svolta power pop, mentre Loney fondava i Phan-
tom Movers con altri ex Groovies. Lo scorso anno era
stato ospite delle date americane del “Teenage Head
(19 46 -2019) Tour” dei FG, ma una caduta gli aveva impedito di par-
tecipare al tour europeo.
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A B B O N A T I
SPECIALE HESTETIKA 2020: 4 NUMERI 38 EURO
14 | RUMOREMAG.COM
TESTO DI
PRIVÈ / BLOG'N'ROLL C E L E B R AT I O N DAY S CARLO B O RD ON E
Celebration days
BLOG'N'ROLL
RUMOREMAG.COM | 15
TESTO DI
PRIVÈ / ZIGZAG PER GUARDARLI NEGLI OCCHI LU CA F RAZ Z I
Roxy nel '77, salvo poi viaggiare momento in cui mi hanno fatto
a infiltrazioni e acqua minerale stare molto bene. Fine. All'uscita
come ogni anziano che si rispetti. invece sento pronunciare frasi
inquietanti come “Il giro di
Ho visto copertine di riviste con basso di With A Hip è ancora
Neil Young oggi, David Thomas attualissimo”, e mi incazzo.
oggi, Van Morrison oggi: le Ian McCulloch e Will Sergeant
fanno per spaventare i bambini, sul palco interpretano (male)
andrebbero vietate per legge, se stessi, fanno il compitino e
su questo spero saremo tutti intanto pensano al check-in o
d'accordo. Bene. Il discorso è un alla prossima di campionato del
altro, più angoscioso: possibile Liverpool, gli altri sono come
che qualcuno oggi vada a vedere Bonini nella Juve di Trapattoni:
i Bunnymen o gli Stranglers per operai che timbrano il cartellino e
Di recente ho visto dal vivo Echo poi dare un giudizio sul concerto tengono in piedi la baracca.
& The Bunnymen, Stranglers, come se fosse normale andare a
Ruts DC e Cabaret Voltaire. uno show di “rock alternativo” Se nel rock cerco qualcosa (e io,
Gerontofilo? Non direi: ho visto suonato da gente che ha più di stupido, mi ostino a farlo) lo cerco
anche Education, Cavemen, 35 anni? Da una parte mi sento altrove, nelle band di ragazzi dalle
Pscience, Buck Biloxi, Proto Idiot, dire “Si sono riuniti gli Skids strategie che non vanno più in
e li ho apprezzati molto di più. O e vengono in tour, tu non puoi là di fine mese. Istinto, urgenza,
meglio, ho assistito a eventi che mancare..” (posso, invece, eccome talento: gente che suona, e basta.
non hanno più nulla in comune, se posso) e dall'altra “Mica andrai E mi meraviglio che ci sia chi non
realtà lontane (qualche veterano a vedere quei pensionati, vero? lo capisce, chi si chiede perché
come me che va a vedere band Dai, sono patetici...”. Pensate non una persona dotata di raziocinio
di ventenni c'è, e – assai più lo sappia, che certe band della mia e un minimo di competenza nel
preoccupante – qualche ventenne adolescenza al terzo o quarto “last 2019 possa andare a un concerto
al concerto dei Bunnymen pure, tour” hanno rinunciato da tempo degli Stranglers. Per l'ennesima
ma si tratta di eccezioni) che agli ultimi scampoli di dignità? volta, l'ultima: per guardarli negli
convivono sotto il cappello del occhi.
termine più vuoto che esista: A 15 anni ero un ultrà di Echo & Il problema non sono gli
“rock alternativo”. Sappiamo tutti The Bunnymen. Oggi, alla soglia Stranglers, ma chi ancora si sforza
che di alternativo nei Bunnymen dei 54, lo sono ancora. Ma di quei di giudicarli. L'underground è
non c'è più nulla e che il loro è Bunnymen, sino a Ocean Rain un'altra cosa, basta saperlo.
solo mestiere, per non parlare compreso: parliamo del 1984,
dell'imbarazzo che si prova sette lustri fa, di quello che hanno
davanti a un Jean Jacques Burnel fatto dopo mi interessa zero. Se
quasi settantenne che zompa oggi vado a un loro concerto è
e brandisce il basso come una solo per guardarli negli occhi e
sega elettrica, manco fossimo al ringraziarli perché c'è stato un
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TESTO DI
PRIVÈ / GLOBO SE FAMO DU' SPAGHI AN D REA PO M I N I
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MY TUNES
MAKE ME A MIXTAPE
THE PROMISE RING
ull’arte sopraffina goduria assoluta, non passava gior- quasi spariti con il tempo. Non un bel
del mixtape ab- no in cui non pensassi alla sequenza segnale, mi è sembrato che fosse passa-
S biamo già scritto
e detto molto, è
dei brani, all’uso degli strumentali, a
come sfruttare il jolly delle versioni
ta una gomma su parte del mio codice
genetico. Così ho faticato a riconoscere
vero. Ma è talmen- acustiche. Invecchiando, i consuntivi The Difficult Choice Between Califor-
te divertente che, diventano più numerosi e, pochi giorni nian Orange And English Teal, straor-
come dire, vi tocca fa, mi ha attanagliato una voglia im- dinario mistone giocato back to back
di nuovo. Pur avendo buttato durante provvisa di imbarcarmi in una sorta tra solarità chitarristiche West Coast e
l’ultimo trasloco qualcosa come 4000 di operazione alla Redford/Streisand pop songs britanniche uggiose (in real-
cassette, ordinatamente stipate dentro The Way We Were, stile “mi riascolto tà dettato da un derby decisionale sulla
le scatole delle camicie che mio padre dall’inizio”. Quindi ho messo mano ai tinteggiatura di una camera del vecchio
comprava per andare in ufficio, ne ho mixtape. appartamento. Per la cronaca vinse ai
ancora una scorta praticamente ugua- rigori l’ottanio inglese). Ma alla fine
le nascosta in un luogo segreto. Ho Avevo iniziato la primissima casset- sono partito con il mio programmone
tenuto tutte le miste, le compilation ta con una di Costello, Pump It Up, e, devo dire, me la sto godendo alla
prodotte personalmente e ricevute. Di- giusto? E quando mi ero laureato grande perché in fatto di compilation,
ciamo che la percentuale è sostanzial- l’apertura era Mrs. Robinson versione scusate, mi definirei un motherfucker
mente questa: per ognuna regalatami, Lemonheads, e il titolo I Would Have assoluto. Negli anni sono passato dal
ne ho 37 fatte da me. Drammaticamen- Chosen Anne Bancroft For Sure, no? E nastro al CD e, parallelamente al sup-
te, per me. Per poco più di 30 anni ho poi sì, il mese del matrimonio di sicuro porto, si è evoluta anche la mia mista
regolarmente fatto un mixtape al quale la prima era Wedding Bell Blues di più storica, il Festivalblat, 42 anni di
abbinavo un titolo inerente a quello Laura Nyro, questa me la ricordo bene. selezioni pre estive con alcune conces-
che mi stava succedendo. Diaristica in Sono un secchione della matita, ma sioni pop, regalata verso fine luglio in
note, forse soppiantata ormai proprio gli ultimi titoli li avevo scritti con un un numero di esemplari buono per il
da questa rubrica. È sempre stata una tratto clip verde. Scelta avventata, sono disco di platino. Saltuariamente elabo-
18 | RUMOREMAG.COM
TESTO DI
MY TUNES MAKE ME A MIXTAPE THE PROMISE RING MAU RIZIO B L AT TO
“TU N O N M O L L I MAI…”
(ROBERT REDFORD, T HE WAY WE WE R E , SYD NE Y P O L L AC K, 1 97 3)
ro anche l’Alternative Festivalblat, con sullo stereo con le gocce di sudore sulla un’abboffata di hip hop nero e divette
scelte più rigorose e incompromissorie, fronte e la mano stretta alla manopola, pop. Tra quattro dischi di Solange e
giusto per prendere le distanze da me pronto a sfumare se “non ci stesse tutta Kanye West, e uno di Sky Ferreira,
stesso. A pochi intimi elargisco invece alla fine del lato A”? I tre minuti della ho inquadrato meglio lo 0.7 di allora.
il Pacco Sorpresa (sempre gente foto- canzone sono puro Hüsker Dü ultimo Probabilmente la musica indipendente
grafata in spiaggia con il pacco bene in periodo, con un po’ di sana solarità non aveva davvero più nulla da offrire
evidenza in copertina, da Paolo Bonolis emo degli esordi, di cui i Promise Ring a loro, sin dal 2000 dell’EP rosa.
a Gian Piero Ventura), caratterizza- sono stati una delle migliori espressio-
ta da scelte al limite della denuncia ni in assoluto. I tempi cambiamo, le categorie si im-
(Pompo Nelle Casse o Numero Uno pongono, ognuno preserva ciò ritiene
[Luca Toni] di Matze Knop…) e la cui Tutta la gente che ha mimato Bob sia più opportuno, ma gli attacchi delle
tracklist corretta viene comunicata via Mould con in cuffia un disco della Jade canzoni dei Promise Ring scintillano
mail a ferragosto. Sono quel genere di Tree avrebbe dovuto vederlo quest’e- ancora e io credo sia un bene essere
idiota lì, ma i miei amici mi vogliono state insieme a me. Proprio lui, Bob, rimasto closer a quello piuttosto che
bene lo stesso e ascoltano con entusia- con barba e la sola elettrica in mano, al tempo perso dietro alla decifrazione
smo i miei mixtape a tema. Quelle sexy sorridente e senza pause tra una can- degli abiti di Lady Gaga. Ma non smet-
(La Segretaria Nell’Ufficio Del Diret- zone e l’altra. Tutto tirato allo spasmo, tete di fare i vostri mixtape, ovunque
tore), le dolcemente tristi (Una Lieve come un ventenne nella sua cameretta e di qualsiasi tipo. Se sono fisici, come
Pettinata) o le chill out estive (Passami che ascolta le canzoni che lo rappre- mi auguro, dedicatevi alle copertine,
Il Doposole). Ne produco un’infinità, è sentano e gli danno le extrasistole. Le disegnate, attaccate cose, infilate stra-
una meraviglia infilarsi là dentro. Per- ha sparate una dietro l’altra e aveva il nezze. Riscoprirle un domani, fidatevi,
ché è questo che abbiamo sempre fatto, sole in faccia, primo della prima serata sarà un tuffo carpiato al cuore. L’altra
no? Definirci attraverso le nostre scelte di un festival, rilassato e pronto a mon- sera ho fatto girare The Crossed Me-
musicali. Ho messo quella perché tare e smontare quanto gli fosse neces- taphysical Circus 72 e non riuscivo
pensavo che tu. L’ultima è esattamente sario sul palco. Che uomo, che attitudi- a capire cosa fosse il brusio costante
piazzata lì così quando la ascolteremo ne. Make me a mixtape, don’t leave out che partiva immediatamente dopo una
insieme noi. Il gioco è dichiarato. Hüsker Dü. Quando uscì Electric Pink, pregiata sequela di scelte flower pop
l’EP che conteneva l’elegia dei mixtape, psych. Poi mi sono ricordato che ero
Quindi, nel 2000, ho colto con una l’eminente “Pitchfork” gli diede 0.7. La stato 60 minuti con un microfono fuori
sciarpata da curva il primo ascolto di recensione diceva che qualsiasi cosa, dalla finestra di casa mia a registrare il
Make Me A Mixtape dei Promise Ring. qualsiasi, era più importante di que- traffico e che il crossed 72 del titolo era
Attacco secco per ricordarci all’istante sto disco. Si domandava se fosse tutto un tributo all’autobus 72 sbarrato, niti-
che siamo tutti figli di Bob Mould e il qui quello che la musica indipendente damente distinguibile con una frenata
cantante, Davey Von Bohlen, che dice aveva da offrire e sottolineava il fatto al termine di Comin’ Back To Me dei
a qualcuno di scrivergli una lettera, di che, ironia della sorte, Make Me A Jefferson Airplane. Piccole capsule del
dirgli dov’è, di fargli un bel mixtape Mixtape non sarebbe entrata nei mix- tempo. Allora ero Young And Stupid,
con qualcosa di vecchio e qualcosa di tape di nessuno. Errore. Mi presi una per dirla alla Josef K. O, siccome non
nuovo. Scelte che abbiano un legame rivincita immediata ed elaborai una ho ancora smesso l’arte del mixtape,
con qualcosa che ha detto o che abbia- scintillante compilation che terminava forse ero molto più anziano allora e
no fatto insieme. Che li ricordi. Fammi con la seguente sequenza: Standing In sono molto più giovane adesso. È My
una bella cassetta e non dimenticarti di The Rain ( Hüsker Dü), Let’s Go (The Back Pages di Dylan, chiaro. Tutto
metterci dentro gli Hüsker Dü, qualco- Cars, ok, è del 1979, ma hanno fatto sommato potrei cominciare una mista
sa che hanno fatto i Cars nel 1982 e poi davvero qualcosa nel 1982?), Rejoice con la versione dei Byrds, per prose-
(con abile gioco di parole sulla ripeti- (U2) e, ovviamente, gran finale proprio guire sul sottile filo jingle jangle con
zione di ‘round ‘round) Duran Duran con Make Me A Mixtape dei Promise Sunflower degli adorabili Springfields,
e U2. La canzone finisce dicendo, Ring. I Duran Duran erano rimasti di cui ho appena comprato la raccolta
con la giusta enfasi del caso, make a fuori, sono cresciuto negli anni 80 e pubblicata dalla Slumberland. Può
mixtape that brings me closer to you. ho ancora alcune rigidità legate all’e- funzionare, mi sembra. Il titolo? Direi
Puoi non volere bene a una band che poca, i Duran Duran: no. Un’ulteriore It’s Kinda Funny, visto che abbiamo
canta una cosa simile? Che si dimostra precisazione è arrivata qualche mese fa citato i Josef K. È (ancora) piuttosto
tanto dalla tua parte, esattamente al quando sempre l’eminente “Pitchfork” divertente. Altroché.
tuo fianco mentre eri inginocchiato ha pubblicato la lista Best of 2010, con
I Promise Ring nascono a Milwaukee nel 1995, a lato dei Cap’n’Jazz (mitologia emo). Quattro album e cinque EP,
tra cui Electric Pink (Jade Tree, 2000). Si sono sciolti e riformati diverse volte, ma per me sono sempre rimasti lì.
Certe volte hai bisogno di una bella botta, ma non di essere picchiato. Quindi è tempo di mettere un loro disco.
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RUMOREMAGAZINE G EN N AI O 2 02 0
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DOVE: QUANDO:
Dublino,
Irlanda LANKUM dal 2014
COSA:
IL DISCO: ONLINE:
RUMOREMAG.COM | 21
DOVE: QUANDO:
Manchester,
UK LEECHED dal 2017
COSA:
Extreme grind/hardcore/noise
IL DISCO: ONLINE:
Pare che la scena estrema di aggiunto Judd alla chitarra. che stiamo creando, senza
Manchester sia sempre molto In realtà volevamo smettere fare caso a quello che stiamo
movimentata. “Sì, la scena come duo, ma Judd ci ha fatto suonando”. I Leeched hanno
heavy di Manchester è in grande capire che, provenendo tutti inciso un primo album, You
salute”, conferma Laurie, “con noi da band nelle quali non Took The Sun When You Left
show regolari e nuove band che eravamo riusciti ad esprimere (2018), accolto benissimo
si affacciano costantemente”. quello che veramente volevamo dalla critica, e ora cercano di
Laurie suona in una di fare, dovevamo andare avanti. rilanciare con il sophomore To
queste, che sta letteralmente Ora ci stiamo riuscendo con i Dull The Blades Of Your Abuse,
bruciando le tappe, i Leeched. Leeched. I temi che trattiamo ancora più viscerale, estremo ed
Un trio che non fa prigionieri, sono depravazione e miseria: le evoluto. Tom: “Il nostro scopo
uno streetcleaner dallo condizioni della vita intorno a è vedere fin quanto lontano
stile nevrotico, compulsivo. noi”. riusciamo a portare la nostra
Totalmente catartico. “Tom influenza nella musica dark e
(batteria) e io (basso) ci Tom: “Musicalmente, vogliano heavy. Vogliamo fare musica
conoscevano da tempo per essere i più pesanti possibile. orribile e farla ascoltare al
via telematica. A Manchester La gente che ci vede suonare mondo. Se non ti piace questa
tutti sono connessi. Abbiamo si immerge nella nostra roba, vogliamo comunque che tu
cominciato noi due e poi si è performance, sente l’atmosfera la sperimenti”.
22 | RUMOREMAG.COM
DOVE: QUANDO:
Minsk,
Bielorussia MOLCHAT DOMA dal 2017
COSA:
IL DISCO: ONLINE:
ETAZHI molchatdoma.com
DETRITI, 2018
Provengono da un paese post caduta del Muro. Affascinati hipster di livello, tutt'altro.
sovietico, e questo influenza il dall'architettura brutalista di Sono calati nel proprio mondo,
loro modo di fare musica. “In regime e suonano un techno sanno scrivere, e la loro musica
tour in Europa abbiamo visitato pop dai toni cupi con richiami trasmette disagio. “Non possiamo
paesi come Francia e Spagna, e ai primi New Order, nell'uso parlare di nostalgia, negli anni
ci siamo chiesti come si potesse monocorde della voce e in quello 80 non eravamo nati. Chiunque
scrivere qualcosa di cupo in del basso, palesemente Hook sia cresciuto in una scatola di
posti così, erano semplicemente oriented. cemento di una qualsiasi città
troppo belli e luminosi. Per post sovietica sa cos'è la luce di
noi invece è naturale”. Il loro “Ascoltiamo i classici, New un inverno nevoso visto dalla
secondo album Etazhi, uscito a Order, Cure, Human League, finestra, ed è lì che ha lasciato
fine 2018 per la berlinese Detriti, ma anche cose contemporanee una parte del proprio cuore, in
è alla quinta ristampa ed è già un come Buzz Kull, She Past Away, quel grande, freddo e alto grigio
piccolo caso. I Molchat Doma (“le Viagra Boys, Xarah Dion, Qual, edificio di cemento”. Riempiono
case in silenzio”) non puntano Ploho. Durante l'ultimo tour già i club del nord Europa, a
certo sull'immagine: Egor abbiamo ascoltato Doors, xx e febbraio saranno in Italia per tre
Shkutko, Roman Komogortsev God Is An Astronaut”. I Molchat date.
e Pavel Kozlov sono il prototipo Doma però non sono solo una
dei pusher d'oltrecortina pre band esotica buona per aperitivi
RUMOREMAG.COM | 23
AOIFE NESSA HUGE MOLASSES
FRANCES TANK EXPLODES
DOVE: QUANDO: DOVE: QUANDO:
Dublino, Irlanda dal 2019 Milano, Italia dal 2013
ONLINE: aoifenessafrances.bandcamp.com ONLINE: hmte.bandcamp.com
COSA: COSA:
Chitarre e archi, fra sogno Attitudine punk applicata al
e realtà krautrock e alla psichedelia
IL DISCO: IL DISCO:
LAND OF NO JUNCTION II
BASIN ROCK, 2020 RETRO VOX, 2020
Un’infanzia spesa a guardare l’infinità del mare, La scena milanese non è solo trap e hip hop, ci sono
dalla costa sud dell’Irlanda. La madre (attrice) e il ancora tantissime band che suonano negli scantinati e
padre (liutaio) la spingono da piccola alla musica. A 11 sui palchi più sudati della città. Gli Huge Molasses Tank
anni imbraccia la prima chitarra, iniziando a prendere Explodes sono una di queste, e se vi state chiedendo
impegnative lezioni di flamenco. Subito abbandonate cosa cavolo voglia dire quel nome, è il titolo apparso in
dopo un’incidente alla mano: “Mi ha spezzato il prima pagina sul “Boston Post” nel gennaio del 1919,
cuore non poter più esercitarmi, ma la limitazione dopo un incidente assurdo. Ma la band milanese è
ha plasmato il mio modo di suonare. E cosi mi sono tutto fuorché melassa, il loro secondo album in uscita
applicata al fingerpicking”. a gennaio per Retro Vox, intitolato semplicemente II, è
un morbido monolite krautrock, foderato da uno spesso
Anni a scrivere ballate alla chitarra, per poi ricamarle strato di riverberi e avvolto da fumi psichedelici.
con archi, percussioni e tastiere, fra ricordi liquidi,
accenni sperimentali e un’oscurità dolce, quasi Me ne parlano proprio fuori da uno dei suddetti locali,
accarezzata, che riporta tanto ad Aldous Harding il Ligera, dopo un live a supporto degli Gnoomes: “Il
quanto al fantasma di Nico. “Quando scrivo non voglio primo album era frutto di una band formata da poco e
portare la canzone in nessuna direzione. La melodia con la necessità di arrivare a registrare un LP in poco
cresce istintivamente e poi viene fuori la struttura”. tempo (anche se poi è uscito dopo 4 anni). Per questo
Composizioni che vivono in una dimensione fra invece ci siamo presi i nostri tempi, volevamo creare
sogno e realtà, alimentata dagli studi cinematografici un disco che fosse omogeneo e che ci soddisfacesse
universitari di Aoife. Una sensibilità che, ancora una pienamente, tanto da prenderci la libertà di scartare
volta, scopre la delicatezza come arma. “Blow Up e Less alcuni pezzi”. È esattamente la sensazione che si ha
Is More sono state composte prima che il referendum ascoltandolo: un disco omogeneo, convincente, senza
sull’aborto passasse in Irlanda, nel 2018. Parlano di punti deboli e con quell’attitudine (post) punk che non
come le donne possano trovare la forza, in un mondo guasta mai.
che cambia di continuo”.
24 | RUMOREMAG.COM
PUFULETI SAM FENDER
DOVE: QUANDO: DOVE: QUANDO:
COSA: COSA:
Rap sospeso nel tempo Heartland pop rock
IL DISCO: IL DISCO:
Quante volte gli artisti, magari per posa o Dal suo sito costellato di reinterpretazioni di loghi di
provocazione, dichiarano di non ascoltare i colleghi, birra Newcastle, capiamo che il ragazzo arriva da quelle
specie se connazionali? Pufuleti, vero nome Giuseppe zone: North Shields, nella contea di Tyne And Wear, non
Licata, nato in Sicilia ma cresciuto in Germania e lontano dalla città bianconera. Dopo essere stato notato
scoperto qui da noi pochi mesi fa, quasi non conosce la dal manager di Ben Howard alla Lowlights Tavern, la sua
scena rap italiana. Eppure, dopo tre album in tedesco vita è cambiata, racconta all’“Independent”: “Devo avere
con l’alias Joe Space, ha provato a usare la madrelingua un po’ di sicurezza, perché non c'è niente di peggio di
e sembra godere dell'influenza inconscia, quasi magica, non averla. Non voglio mai più sentire questa sensazione.
di due colossi del rap italiano: Joe Cassano e Lou X. Il Non voglio mai essere in un posto dove io e mia mamma
fatto che, invece, dichiari di ispirarsi a Piero Ciampi dà lottiamo per pagare l'affitto come facevamo una volta”.
l’idea della sua indipendenza artistica. Prima ancora ha sofferto di una malattia che non vuole
rivelare: “La paura della morte ti fa fare molte cose”.
Anche perché, allora, spiazzano ancora di più la foga
con cui tira fuori i versi - spesso oscuri, anche se non Nel 2019, davanti a Lewis Capaldi e Mahalia, vince
mancano frecciate a razzismi e leghismi – e le varie il un Critics Choice ai Brit Awards. Sarà un po’ meno
citazioni pop (“sparo come Jigen”, "incazzato come fortunato quando, dopo un tour lungo due anni,
Aron Winter", “Bergoglio extravergine”). A completare il nel momento decisivo, ossia la presenza sul palco
quadro ci si mette il suono sporco, lo-fi, delle produzioni di Glastonbury, salta tutto. Causa? Emorragia alle
musicali di Wun Two, che non sfigurerebbero nei corde vocali e data ovviamente cancellata. Si rifarà
cataloghi di etichette come Mo’ Wax e Jazz Fudge. Tanti sicuramente. Nel suo suono scorrono i muscoli di
riferimenti al passato, insomma, soprattutto agli anni Bruce Springsteen, nemmeno troppo nascosti (in Rete
90. Musica datata? No, sospesa nel tempo e arrivata, del gira la cover di Dancing In the Dark), e i ritmi più
tutto inaspettatamente, su un mercato italiano sempre contemporanei dei War On Drugs, passando per Tom
più allineato. Petty. Ci auguriamo un futuro dorato per Sam.
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LUCIO
CORSI
NEMMENO DA
VECCHI SI SA COSA
FAREMO DA GRANDI
TESTO DI BARBAR A SANTI
F O T O D I TO M M A S O OT TO M A N O
L
Saggezza e follia. Dopo il video della traccia che intitola
l’album, che farà parte di un cortometraggio, ora tocca a
lui raccontarsi. Signore e signori, Lucio Corsi.
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LUCIO CORSI TESTO DI BARBAR A SANTI
mi impegnavo a fare le cose con metodo e passione, mi Tu cosa farai da grande? Pensi che farai altro o
ha sempre appoggiato”. ti vedi sempre nel ruolo di cantautore?
“Come dice la canzone, alla domanda non c'è risposta”.
E tu che rapporto hai con la pittura? Il tuo
primo video, che poi so essere la prima parte di E qual è il “mistero in ogni giorno che comincia,
un cortometraggio, sembra un quadro per certi dopo una notte che finisce”? Credi esista
versi. qualcosa che regola l’Universo e la vita delle
“La pittura in genere mi affascina e influenza la mia creature che lo abitano? Credi in Dio?
scrittura. Amo anche i cantautori paesaggistici, come “È un discorso complesso. Magari poi un giorno ci
Paolo Conte. Ci si sente sempre dire che nella canzone crederò, per ora no, e penso che dipenda tutto da noi,
l’ascoltatore ci si deve rivedere e la si associa a uno dalle nostre scelte”.
specchio, ma io credo che, se proprio dobbiamo
appenderla al muro, può e deve essere un quadro, non Declini la realtà attraverso le favole che scrivi.
uno specchio. Qualcosa da guardare e in cui perdersi, Penso a Cosa Faremo Da Grandi e al video, in
non ritrovarsi”. cui siamo tra un episodio di Pippi Calzelunghe,
il Pinocchio di Comencini e Le Avventure Del
Hai un forte legame con la natura e la tua Barone Di Munchausen. E focalizzandosi sui
Maremma. Nel penultimo lavoro, Bestiario testi non capita di rado che la memoria vada
Musicale, declinavi la vita e la società a Calvino, a Rodari. Che rapporto hai con le
attraverso il bosco e gli animali di Val Di Campo favole? Ne leggi? Romanzi di fantasia? Chi
Di Vetulonia. Questa volta racconti la nostra leggi?
società attraverso il tuo mare e le sue creature? “Sì, ne ho lette di favole e quegli scrittori mi
“La verità è che non volevo ripetere la formula che sono arrivati dai miei. Comunque vado a periodi,
ho usato in quel disco. È vero che il mare è al centro, approfondisco ciò di cui poi parlo nelle canzoni.
ma questo nuovo lavoro non nasce come concept, è Ultimamente sto leggendo libri sul brigantaggio in
una procedura di scrittura diversa. Alcune canzoni Maremma. E mi sto appassionando alle poesie di Emily
sono più recenti, altre più vecchie, e si sono trovate a Dickinson, che trovo molto vicina a Nick Drake, come
vivere insieme. Mentre ritrovo il concept nella forma tipo di scrittura”.
narrativa, in effetti: molte canzoni del disco raccontano
la storia di qualcuno. Ci sono vari personaggi, che In tema di letteratura, so che una cosa che
possono essere il vento, le onde, il treno, quello spirito accomuna te e Francesco Bianconi, che ha
indiano che risale la penisola. Storie ambientate in prodotto quest’album: l’amore per il tuo
un’Italia un po’ surreale”. conterraneo Luciano Bianciardi.
“Sì, ma non solo. Bianciardi è di Grosseto, quindi
Il pezzo che intitola l’album ne è un po’ il riguarda anche il luogo in cui sono cresciuto. In ogni
manifesto, e in questa frase trovo ci sia tutto: caso mi affascina, mi incuriosisce”.
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Hai solo 26 anni ma sei in pista “Questo è un disco che necessita di un certo tipo di
discograficamente dal 2014, scrivi da quando eri suono, a differenza del Bestiario. Ci sono riferimenti
bambino e hai sempre fatto tutto da te. Ora ti sei al glam rock, con quel tipo di chitarra distorta,
affidato a Bianconi, con cui avevi già collaborato arrangiamenti di archi; è più complesso e articolato, sì”.
con e senza Baustelle. Lo avete inciso tra
gennaio e giugno, ma prima avete fatto un Glam sì, ma proprio per le chitarre distorte di
lavoro di preproduzione? Bianconi lo ha “solo” cui parli, e per la complessità e la coralità di
prodotto o ti ha accompagnato durante l’intera alcuni brani, per certe orchestrazioni e per la
gestazione? struttura, mi vengono in mente i musical. Ti
“Io ho realizzato i provini l’anno precedente in piacciono? Ne hai visti?
Maremma, poi, avendo già una linea di arrangiamento, “Il musical è una forma di espressione che amo. Non
con Francesco abbiamo cominciato a lavorarci nella ne ho visti molti ma mi intrigano per la libertà che si
sua casa di Milano. Con lui abbiamo curato soprattutto portano dietro. Mi piace pensare ai dischi non solo
gli archi, ha sistemato le linee che poi ha suonato come a una somma di canzoni, ma anche considerando
il quartetto. E poi gli ho chiesto consigli su testi, tutto ciò che le circonda. Dalla copertina al modo in cui
arrangiamento, composizione. Ho scelto lui anche le porterò sul palco, a cosa dirò prima di ciascuna. Il
perché ci accomunano una serie di ascolti e il gusto in musical è interessante per questo: è un arricchimento,
genere, siamo sulla stessa lunghezza d’onda”. proprio perché di una canzone è importante anche ciò
che la circonda”.
In termini musicali è un disco molto più
eterogeneo del precedente. Il pianoforte e “Sentirsi soli in una grande città è più dura
le chitarre acustiche hanno ancora un ruolo che nella mia terra. Ci sono troppe pareti
centrale, ma c’è spazio anche per le elettriche, troppi muri dove sbattere la testa…”, dici in
per l’orchestra d’archi e per una ricercatezza di Freccia Bianca. Racconti di te, di come vivi
suono che è maturata. una metropoli come Milano, in cui abiti per
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questioni lavorative, confrontandola con il tuo
piccolo paese, o in generale della solitudine che
generano le città?
“Parlo di me, del mio modo di vivere la città in genere.
È anche questione di abitudine: essendo nato e
cresciuto in un podere in mezzo ai campi in Maremma
ho imparato ad apprezzare alcune cose, tipo non avere
pareti dove sbattere la testa. Preferisco il nulla che
circonda la mia casa alle mille cose che ci sono da fare a
Milano. È più concreta”.
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LUCIO CORSI TESTO DI BARBAR A SANTI
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DENTRO
E FUORI I
SOCIAL. LA
REPUBBLI-
CA DEGLI
INV ISIBILI
TESTO DI LE TIZIA BOGNANNI,
N I C H O L A S D AV I D A LT E A ,
M AU R O F E N O G L I O
E G I O R G I O VA L L E T TA
LA DIALETTICA PRESENZA/ASSENZA AI TEMPI DEI SOCIAL: CAMPO DA GIOCO RELATIVA-
MENTE NUOVO, CON NUOVI TERMINI DI PARAGONE E PARAMETRI, CHE ABBIAMO MES-
SO AL CENTRO DELLA NOSTRA INCHIESTA, RACCOGLIENDO PARERI AD AMPIO RAGGIO,
ANALIZZANDO, TRA LE ALTRE COSE, L'ESEMPIO DELLA COMUNITÀ SOCIAL DEI FAN DEGLI
CON CHI, IN UN PASSATO ANCHE LONTANO, HA FATTO DELLA FUGA DALLA VISIBILITÀ
SCORSO, BURIAL, IN USCITA CON UNA RACCOLTA CHE ANTOLOGIZZA I SUOI ANNI 10 AL
DI FUORI DEI PRIMI DUE EPOCALI ALBUM. UNO CHE, PUR SENZA ESSERCI, QUESTI TEMPI
LI HA SEGNATI IN MANIERA DECISIVA.
L A RE PU B B LI C A DEGLI I N V ISI B I LI
L'(UN-POSTED
“Il potere è sempre stato definito come l'abilità film e spettatori, televisione e pubblico, musicisti e
di influenzare gli altri, di plasmare le menti, fan”, non stupisce che molti dei musicisti non nativi
influenzare le culture, orientare le mode. Ma i digitali non facciano un grande uso dei social per
social media hanno democratizzato questo potere, condividere la propria intimità: se ci si fa un giro tra
perché il fatto di avere uno smartphone e poter le pagine di quelle che possiamo ancora chiamare
accedere ai social media significa che le persone rockstar, ci si rende conto che probabilmente l'unico
che in passato non avevano voce ora ce l'hanno, e che ne fa un uso moderno, quasi da influencer, è
avere una cassa di risonanza significa poter avere Iggy Pop, mentre finanche Ozzy Osbourne, che pure
un impatto globale ed essere l'ago della bilancia era stato un precursore nel far entrare i fan in casa
in campo economico o industriale in un modo che con l'indimenticato reality The Osbournes, si limita
prima non era ipotizzabile. Attraverso i social media a un uso promozionale. Nel frattempo, i fratelli
hai la possibilità di far parte della vita di qualcuno Gallagher hanno solo trasferito le loro risse dal palco
in maniera molto intima”. Se proviamo a riportare a Twitter, e per farsi un po' gli affari di famiglia di
al campo della musica quello che dice Moira Forbes, Eddie Vedder, Damon Albarn o Nick Cave – che
vice presidente esecutivo di Forbes, nel documentario pure è uno che della condivisione ha fatto un'arte
Chiara Ferragni Unposted, possiamo interpretarlo – tocca seguire i profili di mogli e figli. Non che sia
in due modi: uno fa pensare quasi al punk, un “puoi così per tutti, e lungi da noi l'intenzione di giudicare
farlo anche tu” portato all'estremo, ossia chi ha la realtà – perché è questo che sono oggi i social:
bisogno della gavetta quando puoi diventare una star la realtà, quella in cui viviamo e che non possiamo
con un video home made su Tik Tok? Dall'altro lato semplicemente stare a guardare tirandocene fuori
la democraticizzazione estrema del mondo dei social – e le sue implicazioni sul panorama musicale
network può togliere sacralità alla figura dell'artista: senza interpellare chi da tutto questo è toccato più
se, come spiega ancora nel film David Craig, docente direttamente. Abbiamo quindi chiesto ad alcuni
di social media e comunicazione presso la University artisti non nativi digitali di spiegarci perché hanno
Of Southern California, “non c'è più distinzione tra deciso di essere o non essere presenti sui social, e
com'è cambiato il rapporto col pubblico nell'era della
“non distinzione tra musicisti e fan”.
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IL SACRO E L'UN-POSTED TESTO DI LE TIZIA BOGNANNI
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IL SACRO E L'UN-POSTED TESTO DI LE TIZIA BOGNANNI
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IL SACRO E L'UN-POSTED TESTO DI LE TIZIA BOGNANNI
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IL SACRO E L'UN-POSTED TESTO DI LE TIZIA BOGNANNI
è diventata un problema di enorme importanza: che mi sento davvero parte del mondo dei Depeche
le forze maligne si sono impossessate della Rete, Mode, della loro vita, nel bene o nel male, e della
e sovranismi e populismi si stanno facendo largo vita di molti fan che vivono questa passione
a suon di aggressività programmatica e letale, come me e si rivedono nella mia storia. Internet
fomentando la gente. Personalmente ne sono e i social network hanno annullato le distanze e
atterrito, perché guerre e regimi non sono così questo mi ha permesso di conoscere moltissime
lontani o impossibili come ci piacerebbe credere, e persone, alcune delle quali sono tra i miei migliori
a poco serve vantarmi di aver prefigurato anni fa amici. Internet mi ha permesso di lavorare con
questa deriva penosa”. Alan Wilder e il suo progetto Recoil, per il quale
collaboro tuttora, e conoscere più da vicino la band
Con Godano siamo tornati alla parola “sacralità”, e i suoi collaboratori. Mi sento davvero fortunata in
e con questa chiudiamo il cerchio tornando questo. In generale il takeover ha mostrato chi sono
all'avvicinamento fra artisti e fan da cui siamo i 'devoti' dei Depeche Mode, persone normali ma
partiti: una delle band storiche che conserva più allo stesso tempo con le loro storie legate alla band,
intatte la propria aura di sacro – i fan si definiscono che solo un fan riesce a comprendere. Sono riusciti a
“devoti” - e una certa dose di mistero, i Depeche mostrare al mondo quanto siano speciali i loro fan
Mode, sono stati di contro gli ideatori di un e quanto siano amati, quanto loro abbiano influito
esperimento social che ha messo i fan al centro sulla nostra vita e quanto ci abbiano dato in termini
della scena: per un anno, ogni giorno, un differente di esperienze, passione e amicizie. Indra Amarjagal
“devoto” ha potuto gestire le pagine social del (Mongolia), Daniel Cassús (Brasile, residente a
gruppo. Persone “normali” (a parte qualche fan Berlino), Liz Dwyer (USA), Christian Flueraru
d'eccezione come Trent Reznor, i Linkin Park o Tony (Romania), Carine Puzenat (Francia) e Dicken
Hawk) a cui è stata data la possibilità di partecipare Schrader (Colombia) sono i sei fan scelti da Anton
ufficialmente a quel “processo di co-creazione Corbijn per la realizzazione di Spirits In The Forest,
culturale” di cui parla David Craig. Ci siamo fatti proiettato nei cinema mondiali poche settimane
raccontare l'esperienza da una di loro, Angela fa. Le loro storie sono davvero commoventi e
Spadola in arte DJ Freeangel: “Il takeover DM rappresentative di tutti noi fan e questa scelta
aveva lo scopo di coinvolgere un fan al giorno per da parte di Anton e della band è come un enorme
365 giorni raccontando in quattro o cinque parti la ‘GRAZIE’ che la band ha voluto rivolgere a tutti
propria esperienza con la band. I fan son stati scelti noi, che da una vita li supportiamo”. Chiediamo
in base a una certa storicità o storie che potessero ad Angela cosa pensa delle lamentele di alcuni fan
risultare interessanti. Sono stata contattata sulla scarsa (nulla nel caso dei singoli componenti)
dai webmaster del sito ufficiale americano, mi presenza della band sui social: “Apprezzo molto il
conoscono dal 2003 per il mio sito e per il supporto loro modo di essere e il loro modo di proteggere
promozionale che ho dato in Italia attraverso la vita privata in una società dove il gossip sugli
il mio sito freeangel.it. Sotto data, mi contatta artisti è alla mercé di tutti i social network. Sono
l’agenzia di comunicazione americana che gestiva felice che i membri della band non diano in pasto ai
la pubblicazione dei post su Facebook. Non è stato media i fatti loro. Non hanno mai amato il gossip
facile far coincidere il fuso orario californiano col e hanno sempre lottato per l’ufficialità delle news.
mio, mi son ritrovata a chattare alle 3 di notte per Questo li rende ‘sacri’ e rispettosi nei confronti di
mandare loro gli aggiornamenti richiesti. chi li segue per la loro musica e non certo perché
indossano una giacca di D-Squared”.
Gli argomenti scelti furono questi:
'1) Me, DM and my website L'impressione, dopo aver “studiato” i profili
2) Meet the band and anecdotes (including pic with più diversi e ascoltato vari punti di vista, è
the band, Anton Corbjin included) che il mondo della musica non abbia ancora
3) My friends and trips I shared with them (incl. pics codificato una modalità con cui partecipare alla
+ Youtube video ) rivoluzione social, come è successo nell'ambito
4) More about me: my passion for music, my DM della moda col fenomeno degli influencer, e che la
collection and djing at DM party Milano (incl. pics democraticizzazione non abbia ancora portato alla
and videos) “non distinzione” totale. Se e quando succederà,
5) DM music to run to NYC marathon 2016 (incl. se e quando il “sacro” non esisterà più, forse allora
pics)'. potremo dare ragione alle cassandre che parlano
di morte della musica. O forse no, e invece staremo
Questa esperienza mi ha messa di fronte al fatto sul prossimo social a difendere i Ferragnez di turno
dall'accusa di aver ucciso l'arte.
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L A RE PU B B LI C A DEGLI I N V ISI B I LI
SOCI AL T E S T O D I N I C H O L A S D AV I D A LT E A
DISTO RTION
LINGUAGGI, FORMATI, GENERI, COMPETENZE E CONTINUI CAMBIAMENTI RIDISEGNANO I
CONFINI DI UNO SCENARIO PER NULLA FACILE DA DEFINIRE NÉ TANTO MENO DA GESTIRE,
TANTO PER LE BAND QUANTO PER I MUSICISTI.
In fin dei conti è tutta (o quasi) una questione meno fatica, ma i codici cambiano, le tempistiche
di capacità di adattamento e di volontà. Parliamo sfuggono e il pubblico(?) è mutevole. Per i social
di social network, di nuovi modi di comunicare si parla sempre di engagment social (interazioni
e interagire. Condividi, posta, tagga, menziona, e coinvolgimento in una rete sociale), e il primo
ricondividi. E poi scrolla o muori, “scroll or die”, ragionamento che ha senso fare parte da più lontano,
parafrasando lo “skate or die” degli skater hardcore ma ha sempre a che fare con l’interazione e il
anni 80 scritta e tatuata ovunque. Insomma, non puoi coinvolgimento. Si inizia da qualcosa di “analogico”,
fermati, devi scrollare. Andando avanti fino a quando di vivo: un palco, un concerto, un luogo di scambio
la timeline della piattaforma non diventa la scansione tra artisti e pubblico. C’è chi a malapena saluta o è
temporale della vita e della carriera artistica. Con la totalmente concentrato su se stesso, vedi Bob Dylan;
FOMO (“Fear Of Missing Out”, la paura di restare c'è chi non si lascia andare troppo ma in qualche
fuori, di essere esclusi da un certo ambito sociale)
che fiata sul collo. “Ci sei su Tik Tok?”, presto
qualcuno ve lo chiederà. Ma Tik Tok, per ora, lo
lasciamo fuori. Jaron Lanier, pioniere della realtà
IN FIN DEI CONTI È TUT TA (O QUASI)
virtuale nella Silicon Valley, vi snocciolerebbe Dieci
Ragioni Per Cancellare Subito I Tuoi Account Social UNA QUESTIONE DI CAPACITÀ DI ADAT-
(questo il titolo del suo libro pubblicato in Italia da TAMENTO E DI VOLONTÀ. PARLIAMO DI
Il Saggiatore), ma a questo punto ormai non siamo
SOCIAL NETWORK, DI NUOVI MODI DI
più qui per capire se sia giusto esserci o no. Ci siamo
dentro fino al collo e cerchiamo di non affogare. COMUNICARE E INTERAGIRE. CONDIVIDI,
POSTA, TAGGA, MENZIONA, RICONDIVI-
DI. E POI SCROLL A O MUORI, “SCROLL
RUMOREMAG.COM | 39
SOCIAL DISTORTION T E S T O D I N I C H O L A S D AV I D A LT E A
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SOCIAL DISTORTION T E S T O D I N I C H O L A S D AV I D A LT E A
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L A RE PU B B LI C A DEGLI I N V ISI B I LI
ALL IS LOVE
AF GANG IL MIGLIORE
DEI GRUPPI POSSIBILI
IDLES T E S T O D I N I C H O L A S D AV I D A LT E A
Sei i codici e dei metodi di comunicazione social “Lindsay, Louise e io abbiamo tutti e tre partecipato
tra artista e pubblico si sono modificati, chi ha subito al nostro primo concerto degli Idles al Moth Club di
questo cambiamento sono stati senza dubbio i fan. Vi Londra, il 10 marzo 2017, il giorno della pubblicazione
ricordate i vecchi fanclub, i forum, i siti dedicati alle di Brutalism. Non ci conoscevamo al momento. Alcune
band, e via dicendo? Esistono ancora, certo, ma si sono settimane dopo, alla Rough Trade di Londra, Lindsay
ridimensionati e hanno traslocato digitalmente (magari ha riconosciuto Louise e le ha detto che avrebbe voluto
anche solo in parte) su Facebook. È tutto molto più facile creare un gruppo Facebook, dato che sembrava ci fossero
lì. Ci si ritrova, si aggiunge un amico, si condividono più o meno sempre le stesse facce a tutti i loro show.
pensieri o articoli sulla band in questione. Esistono tre L'hanno chiamato ALL IS LOVE (Idles Community). Io
tipologie di gruppo: pubblico, chiuso e segreto. Il primo è mi sono iscritto circa tre giorni dopo, penso di essere
visibile a tutti e i contenuti sono pubblici, di quello chiuso stato il dodicesimo, e le prime discussioni erano solo
è necessario fare parte per vedere i post, quello privato sugli incontri. Condividevamo le prime, strane interviste
(o segreto) non è rintracciabile dal motore di ricerca di della band on line”.
Facebook e non sono visibili all’esterno nomi, membri,
post e documenti. Tra i gruppi dedicati alla musica ce n’è E il termine AF Gang quando è stato aggiunto?
uno che, più di altri, sembra essere una terra promessa “Dopo che Joe Talbot (cantante della band, nda) aveva
in cui le persone si rispettano, si aiutano, si confidano, ribattezzato così alcuni fan spostatisi dal Regno Unito a
raccontano storie personali. Nonostante l'aria che tira
sui social, esiste un gruppo Facebook dedicato a una
band che sembra aver generato una fanbase eticamente
perfetta, rispettosa, umana, i cui componenti si vogliono
bene davvero. Parliamo degli Idles, da Bristol, portatori
sani dell’heavy post punk più nervoso in circolazione.
I quali, con il loro ultimo album, Joy As An Act Of
Resistance del 2018, hanno di fatto rilanciato un modo
di fare musica all'interno del quale trovano spazio temi
come immigrazione e maschilismo tossico.
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ALL IS LOVE/AF GANG (IDLES) T E S T O D I N I C H O L A S D AV I D A LT E A
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L A RE PU B B LI C A DEGLI I N V ISI B I LI
UN GIORNO
IO VERRO'’ STRATEGIA DELL'INVISIBILITÀ,
DA DYLAN A BURIAL
RILASCIATO T E S T O D I M AU R O F E N O G L I O
Che poi, alla fine, forse inizia tutto all’imbocco di di George Harrison), e il 1967 diventerà il suo anno
una curva, controsole, in una strada qualsiasi delle più prolifico. Quello delle Basement Tapes, scritte e
Catskill Mountains vicino a Woodstock, nell’estate suonate con gli amici della Band, al riparo da tutto
del 1966. Bob Dylan è all’apice del successo. Pochi e da tutti, nel rifugio di Big Pink. Il sole in faccia,
mesi prima ha mandato in soffitta il menestrello forse una macchia d’olio sull’asfalto e la conseguente
folk e svoltato elettrico con Highway 61 Revisited. caduta, una come tante, che diventa scatto epocale. Ed
Ha appena pubblicato Blonde On Blonde e finito un è Dylan stesso a svelare il senso dell’accaduto, nella
mastodontico tour fra Stati Uniti, Australia ed Europa. sua autobiografia Chronicles: “Ho avuto un incidente
Una sorta di “viaggio della morte”, condito da stress in moto, mi sono fatto male e sono guarito. Il fatto è
presenzialista e lenito da droghe di sostegno. Al che volevo tirarmi fuori dalla corsa dei topi. Diventare
suo agognato ritorno a casa, a Woodstock appunto, padre mi ha segregato da tutto quanto girava intorno
sale in sella alla sua motocicletta Triumph, cadendo a me. Al di fuori della mia famiglia, nulla suscitava più
all’imbocco di una curva, incrinandosi una vertebra. interesse per me”. Tutto molto semplice, ordinario,
Non esistono rapporti ufficiali della polizia, né troppi prevedibile. Ma anche affascinante per chi vive quel
testimoni che assistano all’accaduto. Tanto che momento: uscire dalla porta di servizio, da una vita
l’incidente diventa presto leggenda. Dylan è in fin di diventata una corsa a perdifiato, sotto riflettori che
vita, Dylan si è inventato tutto per uscire di scena, non si spengono mai. Quasi una richiesta di rilascio,
Dylan si sta riprendendo dalla tossicodipendenza. lanciata come invocazione, al mondo dorato del rock,
Fioccano le interpretazioni, crescono le storie, spesso da un’anonima strada vicino a Woodstock, mentre
bellamente inventate. Sta di fatto che quel tranquillo il sole acceca e la moto striscia sull’asfalto. “Un
giorno di luglio diventa lo spartiacque della carriera giorno verrò rilasciato”, come canta lui stesso in I
del bardo del rock. Da allora ci sarà sempre un Dylan Shall Be Released, uno dei brani iconici composti in
pre e post incidente. Lui se ne starà per otto anni quell’indimenticabile 1967. Questo il vero desiderio
lontano dai palchi (salvo le storiche apparizioni al d’invisibilità, nell’era dorata del rock corporativo. Un
festival dell’Isola di Wight e al Concert For Bangladesh riprendersi frammenti del proprio tempo privato e di
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U N G I O R N O I O V E R R O ’ R I L A S C I ATO T E S T O D I M AU R O F E N O G L I O
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territorio di personaggi feticcio, veicoli dietro i
quali si celano persone vere, che non conosceremo
mai. Comunque, la necessità di sentirsi rilasciati,
qualsiasi essa sia, ritorna, inesorabile. Il produttore
e compositore tedesco Nils Frahm, che ha da poco
annunciato la rinuncia definitiva ai social network.
Mitski che decide di scendere dal palco per sempre,
per ritrovare un barlume di normalità. O ancora, il
fenomeno trap, Tha Supreme, che esce di scena
nel 2018 (con un’intervista a “Vice”), per tagliare
qualsiasi ponte comunicativo con chiunque, etichetta
discografica compresa, ed esprimersi solo con video
e musica. Nonostante tutto, il suo recente esordio
discografico, 23 6451, alla sua uscita è l’album più
ascoltato in Italia. Allora l’invisibilità è solo necessità
privata o può essere strategia commerciale? Chissà.
Non tutti hanno la resilienza di Grimes, che prova ad
aprire un interessante dibattito sulla sparizione del
concetto di live come futuro strumento d’espressione,
prendendosi della “fascista privilegiata” dalla collega
BURIAL Zola Jesus. In un mondo che si autoillude con le sue
moltitudini di possibilità e le sue infinità di scelte, ma
diventa spietato a colpi di tastiera, non tutti sono cosi
audaci e sgamati, per continuare a partecipare al gioco
24 ore al giorno senza bruciarsi. Persino uno come
TUNES 2011 TO 2019 Michael Stipe ha gettato la spugna. Dalla sua recente
HYPERDUB
conferenza stampa: “Un mio amico dice che stare su
Instagram è un lavoro a tempo pieno, e io mi sono
A coronare il quindicesimo licenziato. Non mi piace stare sui social e non mi piace
compleanno di casa il modo in cui vengo fuori sui social”. Rappresentazione
Hyperdub, proprio sul
finire del 2019 è arrivata contro verità.
questa preziosa collezione,
che racchiude quasi tutto il E se si parla d’invisibilità recente, il campione rimane
materiale pubblicato negli
ultimi anni sotto forma di William Emmanuel Bevan, in arte Burial. Uno che
EP o singoli da Will Bevan della non partecipazione ha fatto una ragione di vita
(oltre alle collaborazioni (artistica), senza mai renderla orgoglioso vessillo
con Four Tet, Thom Yorke
e Zomby qui mancano i politico. Figlio della stessa generazione britannica che
singoli estemporaneamente ha generato un altro alfiere invisibile (più situazionista,
pubblicati su Keysound in questo caso), Banksy. Burial, magnifico evocatore
e Nonplus, e stranamente l'ottima Rodent). Nonostante si
parli di un artista piuttosto celebrato, forse non si dice mai di memorie recenti (il rave, l’estetica sci fi, ecc.), reo
abbastanza quanto la cifra principale di Burial resti quella confesso (senza rimorso) di non avervi mai preso
di saper emozionare, al di là delle sorprendenti variazioni attivamente parte. Burial che costruisce il proprio
stilistiche con le quali la sua musica dell'ultimo decennio ci ha
deliziati. Anche per questo motivo la sequenza della scaletta percorso sulla rinuncia pratica, a tutto quello che non
risulta particolarmente indovinata, con gli episodi più rarefatti sia l’oggetto della sua capacità artistica. A un’identità
(Beachfires, Subtemple) in apertura. Tocca agli evocativi synth (solo svelata attraverso una fotografia nel 2008),
di Nightmarket aprire il primo spiraglio di luce dopo una
mezz'ora abbondante di umori riflessivi e plumbei. ai live, al concetto di album. Senza mai rivendicare
Una costante pioggia digitale prosegue a punteggiare le significati eroici, anzi. Basti la sua risposta a Mark
lievi melodie di Come Down To Us, prima di svelare il Fisher in una intervista per “Wire” nel 2007, ai tempi
cuore euforico, altrettanto londinese e stranito, di questo
viaggio, con la sublime elaborazione UK garage di Claustro e del suo secondo album Untrue: “Sono una persona
l'esplosione rave in Rival Dealer. Dopo gli 11 minuti cangianti ordinaria. Voglio rimanere sconosciuto, perché
di Ashtray Wasp - letteralmente tre brani in uno - il mood preferisco stare con gli amici e la famiglia. Ma non
torna a essere profondamente malinconico nello stop-and-
go di Rough Sleeper, tra fuochi d'artificio ormai sullo sfondo c’è troppo bisogno di focalizzarsi. Preferisco essere
e avvolgenti melodie d'organo in primo piano. Mentre la dentro ad una traccia, nel titolo di una canzone.
medesima modalità narrativa fa del laconico garage dub di Non è una cosa nuova. È una delle vecchie strade
Truant qualcosa che sette anni dopo suona ancora struggente
e straordinario. 150 minuti che sottolineano l'unicità creativa dell’underground ed è più facile”. Semplice, ordinario,
di un percorso tutt'altro che compiuto, per un artista già prevedibile. Quasi come cadere in motocicletta,
entrato nella storia della musica di questi anni. abbagliati dal sole.
GIORGIO VALLETTA
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IL BLACK METAL TRASCENDENTALE, L’AMERICAN WAY AL METALLO NERO, MA ANCHE
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IL RUOLO DELLA CULTURA NELLA SOCIETÀ ATTUALE. E LA FILOSOFIA. CONFUSI? È
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GIUSTO ESSERLO. BENVENUTI NEL MONDO DEI LITURGY.
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attiva sia l’interdisciplinarità. La libertà richiede
un uso simultaneo di volontà, immaginazione e
intelletto, e gli strumenti per sviluppare queste «IL POTERE EMOTIVO DELL A MUSICA
facoltà sono la musica, il teatro e la filosofia. Penso P U Ò E S S E R E S F R U T TAT O P E R R I S V E G L I A-
anche che sia importante riunire insieme diverse
R E L E C O S C I E N Z E E R I S O LV E R E I P R O-
modalità espressive predominanti in differenti
epoche storiche, e in parte questo è il motivo per B L E M I. L’ O B I E T T I V O, P E R Ò, N O N D E V E
cui mi interessa contaminare il sound dei Liturgy ESSERE CREARE SEMPLICEMENTE UNA
con la musica sacra e quella classica, così come
C O N T R O C U LT U R A , B E N S Ì D A R E V I TA A
voglio trovare un ponte fra la filosofia europea
contemporanea e la teologia medievale”. U N A N U O VA C U LT U R A »
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cui io abbia mai fatto parte durante i miei anni
alle superiori o al college. Mark Fisher definisce
tutto ciò pre corporazionismo: a partire dagli anni
90, le energie apparentemente trasgressive sono
state informate e plasmate dal Capitale in modo
da divenire prodotti ed essere consumate. Tutto è
stato inglobato. È una visione disperata, ma credo
anche che sia un’opportunità per concepire progetti
selvaggi e consapevoli, che tengano conto dello stato
delle cose e tentino di superarlo. Il mio contributo
personale è cercare di essere molto interdisciplinare
e, in particolare, combinare la critica e la
costruzione filosofica con un certo tipo di creatività
e di messaggio musicale, perché il potere emotivo
della musica può essere sfruttato per risvegliare
le coscienze e risolvere i problemi. L’obiettivo,
però, non deve essere creare semplicemente una
controcultura, bensì dare vita a una nuova cultura”.
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LITURGY T E S T O D I A N D R E A VA L E N T I N I
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P L A
Y L I
S T 2
0 1 9
LE CL ASSIFICHE
DELL A REDAZIONE
2019 LE CLASSIFICHE DELLA REDAZIONE @ ru m o re m agaz i ne
1 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN 1 · C'MON TIGRE RACINES 1 · KATE TEMPEST THE BOOK OF TRAPS...
2 · THE NATIONAL I AM EASY TO FIND 2 · NILÜFER YANYA MISS UNIVERSE 2 · WEYES BLOOD TITANIC RISING
3 · THE MURDER CAPITAL WHEN I HAVE FEARS 3 · THESE NEW PURITANS INSIDE THE ROSE 3 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS
4 · FONTAINES D.C. DOGREL 4 · VAMPIRE WEEKEND FATHER OF THE BRIDE 4 · TROPICAL FUCK STORM BRAINDROPS
5 · DIIV DECEIVER 5 · COMA_COSE HYPE AURA 5 · MOURNING [A] BLKSTAR RECKONING
6 · BIG THIEF TWO HANDS 6 · PIXIES BENEATH THE EYRIE 6 · BRITTANY HOWARD JAIME
7 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS 7 · LA BATTERIA LA BATTERIA II 7 · BILL CALLAHAN SHEPHERD IN A SHEEPSKIN...
8 · ANGEL OLSEN ALL MIRRORS 8 · APPARAT LP5 8 · MEGA BOG DOLPHINE
9 · BON IVER I,I 9 · SLEAFORD MODS ETON ALIVE 9 · ANGEL BAT DAWID - THE ORACLE
10 · CHELSEA WOLFE BIRTH OF VIOLENCE 10 · ALDOUS HARDING DESIGNER 10 · BCUC – THE HEALING
1 · COMET GAIN FIRERAISERS FOREVER! 1 · THE MURDER CAPITAL WHEN I HAVE FEARS 1 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN
2 · ORVILLE PECK PONY 2 · THOM YORKE ANIMA 2 · LINGUA IGNOTA CALIGULA
3 · FONTAINES D.C. DOGREL 3 · THE NATIONAL I AM EASY TO FIND 3 · ALEXANDER TUCKER GUILD OF...
4 · MASSIMO VOLUME IL NUOTATORE 4 · BON IVER I,I 4 · TORCHE ADMISSION
5 · SLEATER-KINNEY THE CENTER WON'T HOLD 5 · THE CINEMATIC ORCHESTRA TO BELIEVE 5 · CHELSEA WOLFE BIRTH OF VIOLENCE
6 · STROPPIES WHOOSH 6 · FONTAINES D.C. DOGREL 6 · FULL OF HELL WEEPING CHOIR
7 · JULIE'S HAIRCUT IN THE SILENCE ELECTRIC 7 · FLYING LOTUS FLAMAGRA 7 · NIVHEK AFTER ITS OWN DEATH...
8 · ROYAL TRUX WHITE STUFF 8 · LIBERATO LIBERATO 8 · OOZING WOUND HIGH ANXIETY
9 · FERRO SOLO ALMOST MINE... 9 · CHEMICAL BROTHERS NO GEOGRAPHY 9 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS
10 · BIG THIEF TWO HANDS 10 · JAMES BLAKE ASSUME FORM 10 · KING GIZZARD... INFEST THE RATS' NEST
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2019 LE CLASSIFICHE DELLA REDAZIONE @ ru m o re m a ga z ine
1 · BIG THIEF U.F.O.F. 1 · J.P. BIMENI & THE BLACK BELTS FREE ME 1 · ZONAL WRECKED
2 · SOLANGE WHEN I GET HOME 2 · KOKOKO! FONGOLA 2 · GNOOMES MU!
3 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN 3 · BURNA BOY AFRICAN GIANT 3 · DTHED HYPERBEATZ VOL.1
4 · TYLER, THE CREATOR IGOR 4 · COMBO CHINGUITA AHOMALE 4 · JOEY LABEIJA TEARS IN MY HENNESSY
5 · DIIV DECEIVER 5 · COMA_COSE HYPE AURA 5 · CONSUMER ELECTRONICS AIRLESS SPACE
6 · THE CARETAKER EVERYWHERE AT THE END... 6 · SOLANGE WHEN I GET HOME 6 · FIRE-TOOLZ FIELD WHISPERS (INTO THE
7 · PAOLO SPACCAMONTI VOLUME QUATTRO 7 · JOE ARMON-JONES TURN TO CLEAR VIEW CRYSTAL PALACE)
8 · CHROMATICS CLOSER TO GREY 8 · THE GOOD ONES RWANDA, YOU SHALL BE... 7 · LAFAWNDAH ANCESTOR BOY
9 · KATE TEMPEST THE BOOK OF TRAPS... 9 · PAOLO SPACCAMONTI - VOLUME QUATTRO 8 · SLIKBACK TOMO
10 · LIBERATO LIBERATO 10 · RAPHAEL SAADIQ - JIMMY LEE 9 · MOA PILLAR WELL-BALANCED ROLLBACK
10 · KABLAM CONFUSÍA
1 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS 1 · MOLCHAT DOMA ETAZHI 1 · PIST IDIOTS TICKER
2 · THE AUSTERITY PROGRAM BIBLE SONGS I 2 · PROTO IDIOT FIND OUT FOR THEMSELVES 2 · AMYL AND THE SNIFFERS AMYL AND THE...
3 · ANGIE MCMAHON SALT 3 · ALLAH-LAS LAHS 3 · TROPICAL FUCK STORM BRAINDROPS
4 · ANGEL OLSEN ALL MIRRORS 4 · MOOON SAFARI 4 · URANIUM CLUB THE COSMO CLEANERS
5 · USA NAILS LIFE CINEMA 5 · PSCIENCE PSCIENCE 5 · DOTS WEEKEND OFFENDER
6 · CLEVER SQUARE CLEVER SQUARE 6 · BACKDOOR SOCIETY THE BACKDOOR... 6 · WIVES SO REMOVED
7 · BLACK MIDI SCHLAGENHEIM 7 · TOY SONGS OF CONSUMPTION 7 · THE STROPPIES WHOOSH!
8 · LINGUA IGNOTA CALIGULA 8 · MAURIZIO CURADI PHONORAMA 8 · ET EXPLORE ME SHINE
9 · TRIGGER CUT BUSTER 9 · THE WINSTONS SMITH 9 · JEREMY TUPLIN PINK MIRROR
10 · FIRE! ORCHESTRA ARRIVAL 10 · ZAC ZAC 10 · WOLFMANHATTAN PROJECT BLUE GENE...
1 · SOLANGE WHEN I GET HOME 1 · MICHELE BITOSSI A NOI DUE 1 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN
2 · FLYING LOTUS FLAMAGRA 2 · UNLOVED HEARTBREAK 2 · BON IVER I,I
3 · FONTAINES D.C. DOGREL 3 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN 3 · PAOLO SPACCAMONTI VOLUME QUATTRO
4 · BLU & OH NO A LONG RED HOT LOS ANGE- 4 · LANA DEL REY NORMAN FUCKING... 4 · TORCHE ADMISSION
LES SUMMER NIGHT 5 · THESE NEW PURITANS INSIDE THE ROSE 5 · SUNN O))) LIFE METAL
5 · PHOET BROKEN SYMMETRY 6 · BIG THIEF U.F.O.F. 6 · CHELSEA WOLFE BIRTH OF VIOLENCE
6 · GREYHAT TENS 7 · THE NATIONAL I AM EASY TO FIND 7 · RACONTEURS HELP US STRANGER
7 · SHUNGU A BLACK MARKET ALBUM 8 · EX HEX IT'S REAL 8 · ZU TERMINALIA AMAZONIA
8 · LENZMAN BOBBY 9 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS 9 · APPARAT LP5
9 · FREDDIE GIBBS & MADLIB BANDANA 10 · COMA_COSE HYPE AURA 10 · SWANS LEAVING MEANING
10 · JAMILA WOODS LEGACY! LEGACY!
1 · JAZ COLEMAN MAGNA INVOCATIO 1 · LINGUA IGNOTA CALIGULA 1 · THE COMET IS COMING TRUST IN THE
2 · TOOL FEAR INOCULUM 2 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN LIFEFORCE OF THE DEEP MYSTERY
3 · LINGUA IGNOTA CALIGULA 3 · HOUSEWIVES TWILIGHT SPLENDOUR 2 · BRITTANY HOWARD JAIME
4 · VINCENZO ZITELLO ARCANA–ANIMA MUNDI 4 · HELADO NEGRO THIS IS HOW YOU SMILE 3 · SOLANGE WHEN I GET HOME
5 · PENCEY SLOE DON'T BELIEVE, WATCH OUT 5 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS 4 · TYLER, THE CREATOR IGOR
6 · AMBER ASYLUM/VOLUR BREAKER OF RINGS... 6 · TIM PRESLEY'S WHITE FENCE I HAVE TO... 5 · THOM YORKE ANIMA
7 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN 7 · KYLE BOBBY DUNN FROM HERE... 6 · WEYES BLOOD TITANIC RISING
8 · STALINGRAD VALKYRIE MARTYRIUM... 8 · CATERINA BARBIERI ECSTATIC... 7 · BLACK MIDI SCHLAGENHEIM
9 · JAMBINAI ONDA 9 · BIG THIEF TWO HANDS 8 · LIBERATO LIBERATO
10 · SWANS LEAVING MEANING 10 · DEERHUNTER WHY HASN'T EVERYTHING... 9 · RACHID TAHA JE SUIS AFRICAIN
10 · VAMPIRE WEEKEND FATHER OF THE...
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2019 LE CLASSIFICHE DELLA REDAZIONE @ ru m o re m agaz i ne
1 · PAOLO SPACCAMONTI VOLUME QUATTRO 1 · JAIMIE BRANCH FLY OR DIE II... 1 · SAINT ABDULLAH MECHANICAL FLIRTATIONS
2 · DJ CEFFO BRUTTI CEFFI MIXTAPE 2 · DAMON LOCKS BLACK MONUMENT 2 · KUKANGENDAI PALM
3 · YONIC SOUTH WILD COBS ENSEMBLE WHERE FUTURE UNFOLDS 3 · DTHED HYPERBEATZ VOL.1
4 · MURUBUTU TENEBRA È LA NOTTE 3 · BCUC THE HEALING 4 · KIM GORDON NO HOME RECORD
5 · ADRIANO ZANNI RICORDO QUASI TUTTO 4 · SARATHY KORWAR MORE ARRIVING 5 · BIG STICK LP
6 · LA BATTERIA LA BATTERIA II 5 · THE COMET IS COMING TRUST IN THE... 6 · CHARLES HAYWARD BEGIN ANYWHERE
7) MAI MAI MAI NEL SUD 6 · LIBERATO LIBERATO 7 · ZONAL WRECKED
8) ZU TERMINALIA AMAZONIA 7 · MASSIMO VOLUME IL NUOTATORE 8 · PHARMAKON DEVOUR
9) JULINKO NÉKTAR 8 · MAURICE LOUCA ELEPHANTINE 9 · AA.VV. BC 35 VOLUME TWO
10) LIBERATO LIBERATO 9 · THE ART ENSEMBLE OF CHICAGO WE ARE... 10 · BLACK TO COMM SEVEN HORSES...
10 · TRIBE OF COLIN AGE OF AQUARIUS
1 · FOALS EVERYTHING NOT ... 1 · CLUTCH BOOK OF BAD DECISIONS 1 · GIOVANNI TRUPPI POESIA E CIVILTÀ
2 · ANGEL OLSEN ALL MIRRORS 2 · SPIDERGAWD V 2 · MASSIMO VOLUME IL NUOTATORE
3 · FONTAINES D.C. DOGREL 3 · DEAFKIDS METAPROGRAMAÇÃO 3 · SUCCI CARNE CRUDA A COLAZIONE
4 · THE NATIONAL I AM EASY TO FIND 4 · THE PILGRIM WALKING INTO THE FOREST 4 · COMA_COSE HYPE AURA
5 · NICK CAVE AND THE BAD SEEDS GHOSTEEN 5 · CAVE IN FINAL TRANSMISSION 5 · MICHELE BITOSSI A NOI DUE
6 · JAMES BLAKE ASSUME FORM 6 · OPETH IN CAUDA VENENUM 6 · UMBERTO MARIA GIARDINI FORMA MENTIS
7 · KATE TEMPEST THE BOOK OF TRAPS... 7 · AIRBOURNE BONESHAKER 7 · EDDA FRU FRU
8 · DAVE PSYCHODRAMA 8 · TOOL FEAR INOCULUM 8 · CESARE BASILE CUMMEDDIA
9 · SLOWTHAI NOTHING GREAT ABOUT BRITAIN 9 · GREEN LUNG WOODLAND RITES 9 · NADA È UN MOMENTO DIFFICILE, TESORO
10 · THOM YORKE ANIMA 10 · VENOM PRISON SAMSARA 10 · PARANOIA GODARD CONCEZIONE
1 · SOLANGE WHEN I GET HOME 1 · VAMPIRE WEEKEND FATHER OF THE BRIDE 1 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS
2 · THE COMET IS COMING TRUST IN THE... 2 · BIG THIEF U.F.O.F. 2 · THE COMET IS COMING TRUST IN THE...
3 · TYLER, THE CREATOR IGOR 3 · DIIV DECEIVER 3 · BIG THIEF TWO HANDS
4 · JPEGMAFIA ALL MY HEROES ARE CORNBALLS 4 · WILCO ODE TO JOY 4 · VAMPIRE WEEKEND FATHER OF THE BRIDE
5 · MOODYMANN SINNER 5 · ANGEL OLSEN ALL MIRRORS 5 · JAMES BLAKE ASSUME FORM
6 · RAPHAEL SAADIQ JIMMY LEE 6 · ALDOUS HARDING DESIGNER 6 · WEYES BLOOD TITANIC RISING
7 · BRITTANY HOWARD JAIME 7 · PALACE LIFE AFTER 7 · SLOWTHAI NOTHING GREAT ABOUT BRITAIN
8 · FKA TWIGS MAGDALENE 8 · PURPLE MOUNTAINS PURPLE MOUNTAINS 8 · KOKOKO! FONGOLA
9 · SLOWTHAI NOTHING GREAT ABOUT BRITAIN 9 · VIRGINIANA MILLER THE UNREAL MCCOY 9 · THE MOUNTAIN GOATS IN LEAGUE...
10 · LIBERATO LIBERATO 10 · THE NATIONAL I AM EASY TO FIND 10 · SANDRO PERRI SOFT LANDING
RUMOREMAG.COM | 57
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T HE O R WELLS BE N WAT T
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SAULT
IL NUMERO PERFETTO
DI GIORGIO VALLETTA
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RECENSIONI GLI ALBUM GENNAIO 2020
AA.VV. AA.VV.
DJ-KICKS: KAMAAL WILLIAMS KINSHASA 1978
!K7 MUSIC CRAMMED
BEN WATT
mento antitradizionalista. Come Ray tropicale, i 28’10” di Min-
testimoniano anche i tre pezzi giedi e soci si stagliano sul resto
che firma con il suo altro nome (Sankayi, Orchestre Bambala,
Henry Wu, Williams è uno dei Orchestre Bana Luya), molto
portavoce di un fermento artisti- bello ma inevitabilmente più
co aperto a ogni contaminazione normale. Non solo: per le quat-
culturale e di genere. Così, si tro reconstructions in chiave
ha l’impressione che dietro i 29 dance torna in pista addirittura STORM DAMAGE
brani di questo mix ci sia sempre un produttore e DJ storico come UNMADE ROAD/CAROLINE
un artista con una visione aperta Martin Meissonnier, in gran
della musica. forma, e la festa è completa.
LUCA GRICINELLA ANDREA POMINI A completare idealmente
75/100 83/100 la trilogia aperta nel 2014
da Hendra e proseguita
un paio d’anni dopo con
Fever Dream, suona
particolarmente ispirato
il nuovo lavoro solista del
56enne musicista londinese,
tuttora soprattutto noto
per esser stato metà degli
Everything But The Girl.
ACID MAMMOTH ANIMAL COLLECTIVE A precederlo e in qualche
UNDER ACID HOOF BALLET SLIPPERS modo influenzarlo sono stati
HEAVY PSYCH SOUNDS DOMINO
un lutto personale (la morte
improvvisa del fratellastro) e i recenti eventi britannici che
Cosa ci può essere di nuovo an- Una band fotografata all’apice
Watt stesso descrive come fonte della sua “rabbia politica”.
cora in un gruppo che si ispira ai del suo gioco. Per i dieci anni
I due aspetti sembrano mescolarsi nei toni dolenti e
Black Sabbath? Be’, dipende. Nel del classico Merriwheater Post
profondamente malinconici di Summer Ghosts, mentre Retreat
caso dei greci Acid Mammoth - Pavilion, Panda Bear ripropone
To Find si rifà egregiamente a certo folk rock britannico. Non
nei quali militano padre e figlio, quell’epopea nella sua forma più
è un mistero che John Martyn sia una delle sue influenze
Chris Babalis Jr. e Chris Babalis esaltante. È lui che cura perso- dichiarate, e il corposo, nuovo suono che veste queste canzoni
Sr. - ci sono una freschezza e nalmente la ricostruzione di un pare a tratti reminiscente - nonostante la sottile combinazione
una potenza inusitate, e tutto, concerto, con brani catturati da fra suoni acustici ed elettronici - degli arrangiamenti di alcuni
badate, fatto nella massima (mo- varie date del tour americano di dei più celebrati lavori di quest’ultimo. Ma in queste dieci
numentale) semplicità di ispi- quell’indimenticabile 2009. Tre canzoni non c’è soltanto la descrizione del travaglio emotivo
razione. In questo loro secondo postazioni per macchine, oscil- affrontato per superare i danni causati dalla tempesta a cui
album ogni canzone pare stare latori e tastierine, come totem di allude il titolo. Pubblicata come anticipazione verso la fine del
incredibilmente dentro i due ac- un’esperienza mistica e lisergica. 2019, Irene è una vera gemma dall’atmosfera unica e carica
cordi che inaugurarono un‘epo- In cui estratti dal periodo d’oro di magia, complici la chitarra e le armonie vocali di Alan
ca: quelli di Black Sabbath. Ov- (dagli album Sung Tongs, Straw- Sparhawk (dei Low). Una canzone sulla forza della nostalgia
viamente lo stile è riconoscibile berry Jam, Feels, oltre a MPP), e sul rapporto fra artista e pubblico, oltre a rappresentare
come Acid Mammoth sound: diventano passaggi rituali di una fotografia della brutalità del cambiamento sociale,
Chris Jr. canta con tagliente e un’esperienza iniziatica. Un blob anche nel modo in cui investe le scene musicali. La segue
monotono livore, mentre le due tecnoancestrale, che si alimenta opportunamente in scaletta la liberatoria e altrettanto toccante
mammoth guitars di Chris Jr. e di glitch, voci rubate alla foresta Sunlight Follows The Night. Mentre in chiusura ci sono solo
Sr. inanellano cupi e bombastici e basse frequenze. I 20 minuti di il pianoforte e un violoncello ad accompagnare la voce di Ben
riff sull’orlo di un precipizio go- Lablakely Dress / Fireworks, la quando canta dell’eterno potere taumaturgico della musica
tico. Tutto ti avvolge in una lenta monumentale apoteosi di un’av- nella splendida e commovente Festival Songs.
spira mega fuzzdoom, tra spazi ventura avant, che non ha ancora GIORGIO VALLETTA
di silenzi e tenebre. trovato eredi plausibili. 87/100
CLAUDIO SORGE MAURO FENOGLIO
79/100 80/100
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APOCALYPTICA A WINGED VICTORY
CELL-0 FOR THE SULLEN
SILVER LINING THE UNDIVIDED FIVE
NINJA TUNE
Il quartetto finlandese non
manca di ammaliare anche in L’accoppiata Dustin O’Halloran e
quest’occasione. Difatti, l’ele- Adam Wiltzie si ripresenta dopo
ganza in cui convergono stilemi cinque anni con un disco dove
neo classici e metal rintraccia il numero dispari ha una certa
una singolare definizione came- importanza. Il titolo riprende la
ristico/cinematica. Cell-0 espri- “quinta giusta”, ossia l’intervallo
me addirittura un’urgenza più esistente tra due note, ovvero
ampia, che ben si traduce nella sette semitoni. Il risultato è la
scelta di omettere il contributo consonanza perfetta, che è un po’
vocale lasciando così libero spa- il fil rouge che unisce da sempre
zio al solo registro strumentale. i due artisti classici americani. E
Come in un classico quadro sin- poi c’è l’astrattismo non solo so-
fonico o neo progressivo, a ben noro ma anche di riferimenti pit-
vedere. Troviamo soprattutto torici e spiritualisti che conver-
ALGIERS
la volontà di tratteggiare, su di gono in Hilma Af Klint, pittrice
un piano simbolico espressivo, svedese, pioniera per l’appunto
un orizzonte che è avvisaglia della scuola spiritualista scandi-
rispetto al decadimento attuale nava. A Minor Fifth Is Made Of
e incita verso armonizzazioni Phantoms ne diviene l’esempio
“fortissime”, in termini di li- lampante. Intrecci tra classica
rismo e potenza formale (da moderna e ambient, che sfrutta-
THERE IS NO YEAR Ashes To The Modern World a no le influenze impressioniste di
MATADOR Fire & Ice, passando per Rise e Debussy palesate con Our Lord
Catharsis). Debussy. Gli AWVFTS son sem-
STEFANO MORELLI pre più vicini al divino.
Di pessimismo ce n’è quanto 90/100 NICHOLAS DAVID ALTEA
basta in giro, ma ascoltando 75/100
gli Algiers sale l’ottimismo:
affrontare la musica e vivere
senza troppi eccessi, perché
poi alla fine è il messaggio
che conta. L’attacco
martellante della title track
riposiziona al centro di
tutto un beat addensato di
drum machine, contornato
da atmosfere primordiali BEAT CITY TUBEWORKS BIG SCENIC NOWHERE
rafforzate da un rigoglioso I JUST CANNOT BELIEVE VISION BEYOND HORIZON
gospel contemporaneo. Il IT’S THE INCREDIBLE HEAVY PSYCH SOUNDS
THE SIGN
lavoro maggiore è stato fatto proprio su quel fronte, la parte Gary Arce degli Yawning Man e
umana e gospel/soul, che dondola sulle note di Dispossession, La prima impressione è di tro- Bob Balch dei Fu Manchu sono i
mettendo in contatto Sud degli Stati Uniti e frantumazioni
varci di fronte a un clone degli due chitarristi che hanno messo
gotiche con l’ospitata di Mourning [A] BLKstar, band di
Hellacopters. Ma continuando in piedi questo bel progetto. Il
Cleveland. Si abbassano i giri ma senza perdere il groove con
ad ascoltare questi sciamannati loro scorrazzare in lungo e in
Hour Of The Furnaces, che si erge a manifesto globale citando
svedesi mi accorgo che c’è qual- largo per i luoghi degli anni 90
nel titolo uno storico film di puro attivismo sudamericano.
cosa di più. Che mi piace. Una stoner grunge psichedelici tra-
L’ex Bloc Party Matt Tong, alla batteria, ripensa lo strumento
in maniera intelligente, un percorso, il suo, che già si iniziava revisione totale, straordinaria- sforma questa loro ricognizione
a intuire in The Underside Of Power (2017). Losing Is Ours mente ben fatta di certo boogie in un racconto avvincente. Dai
mette in campo tutta l’accresciuta sensibilità compositiva r’n’r marcato anni 70. Dove tutto QOTSA agli Screamin Trees, dai
della band. Un rito di iniziazione che vola alto: sulla lunga parte dai riff di Chuck Berry (il Kyuss, ai Fu Manchu e ai Sound-
distanza le qualità di una band con le idee chiarissime già in primo brano Gravy Days ne è un garden. La libertà e la creatività
partenza appaiono ancor più palesi, ci si sfida su nuovi terreni. indiscutibile omaggio) e si evolve nell’esplorare un suono che
Unoccupied riprende il suono più classico della band, per e passa per gli Stones, il Max’s diventa inafferrabile: ellittica-
così dire, correndo su una base ritmica distorta. Con Chaka Kansas City di NY, la Sonic’s mente psichedelico, eterogenea-
entra in gioco il soul funk e Michael Jackson è vicino, prima Rendezvous Band di Detroit e mente heavy. E poi i BSN sanno
dell’incursione di fiati tutt’altro che gentili. Gli Algiers non ha una forza e uno swing tra- scrivere canzoni intriganti. The
strizzano mai l’occhio a chi vorrebbe che rendessero meno volgenti e arriva ad esser questa Glim è la bellissima apertura
destrutturato il loro suono. Un mezzo requiem/confessione nuova autonoma proposta: i (un incontro tra Mark Lanegan
(Nothing Bloomed) e l’hardcore di Void chiudono il tutto. Gli Beat City Tubeworks, ennesimi e i QOTSA), ma pure seducono
Algiers sono andati molto oltre, anche se probabilmente ci svedesi sulla strada infinita del l’acida visione pinkfloydiana ap-
vorrà del tempo per accorgersene. rock’n’roll. Alla fine si può dire pannata da vapori desertici di En
NICHOLAS DAVID ALTEA che non di cloni si tratti, ma sì, Las Sombres e la crepuscolare
83/100 dei veri eredi degli Hellacopters. eterea War Years. Sto già aspet-
Beat (City Tubeworks) goes on. tando il loro prossimo album.
CLAUDIO SORGE CLAUDIO SORGE
78/100 80/100
62 | RUMOREMAG.COM
RECENSIONI GLI ALBUM GENNAIO 2020
PSYCH
PSYCH
HIP HOP
Al terzo album nel corso del Il ritorno di Bill Fay, otto anni Il problema con i fratelli David e La circolarità quasi psichedelica
solo 2019, il produttore parigino fa, ha rappresentato una sorta Peter Brewis è sempre lo stesso. degli arpeggi di Geranium è l’ac-
completa con Kingdom Era di simbolica rivincita per tutti i La loro musica avrebbe tutti i cesso al mondo dei sogni della
una trilogia di debutto tanto Nick Drake vittime in vita di un presupposti per essere perfetta. cantautrice irlandese. Un esordio
imperfetta e caotica quanto crudele oblio. A volte il tempo L’angolarità pop degli XTC che dove le coordinate si perdono
intrigante. Il suono è esuberante, è galantuomo, lo è stato pure incontra l’essenzialità sintetica nell’abbraccio fra la sei corde, la
volutamente senza punti di rife- con l’empatica musa pervasa di del primo Peter Gabriel. Insom- voce ipnotica dell’autrice, archi
rimento, riconducibile tanto alla cosmica gentilezza del Nostro, e ma, ingredienti ottimi, a cui e tastiere, che entrano a sotto-
techno più astratta e trasfigurata qui, nel terzo capitolo della sua manca sempre il tocco d’autore, lineare intensità solo quando
quanto a certa IDM sognante. Le seconda vita, che esce a 50 anni che li leghi in una ricetta memo- necessita. Canzoni scritte lungo
11 brevi tracce, quasi tutte intor- dall’esordio, lo ritroviamo nelle rabile. Il primo concept del duo gli anni. L’irrequietezza di certo
no ai tre minuti di durata, com- vesti più essenziali e spoglie di non fa la differenza. Il progetto cantautorato contemporaneo
binano atmosfere tese e cupezze sempre. Pochi strumenti oltre al è ambizioso: la descrizione re- (Aldous Harding e Cate Le Bon).
industriali, melodie sognanti e piano (produce ancora Joshua trofuturistica degli effetti della La rugiada delle settimane astra-
schemi ritmici intricati, ora spez- Henry, alla chitarra il fidato Prima Guerra Mondiale sulla so- li, che bagna il mistero vintage
zati (la sospesa e quasi calorosa Matt Deighton), e una voce che cietà novecentesca, attraverso le dei Broadcast. Come la delicata
Bidon) ora frenetici e martellanti si è fatta più fragile ma continua innovazioni tecnologiche che la e aerea Blow Up, inno all’auto
(Miguel Destroy, Riding Moby a risplendere regalando ac- seguirono. Dalle prime chirurgie determinazione femminile, ispi-
In Brisbi), distorsione (Montser- querelli stupefatti (Filled With per il cambio di sesso, all’inven- rata dal film di Antonioni. O la
rat Hospitalities) e morbidezze Wonder Once Again) e dialoghi zione degli assorbenti. Compo- dolcemente crepuscolare Here In
sintetiche (Harmonica Steel, col silenzio (In Human Hands). sizioni più algide e marziali che The Dark, che rivela il lavoro d’e-
Zoos Chord). Con spazio anche C’è anche una edizione deluxe in passato, per tematiche anche quilibrio di Brendan Jenkinson
per momenti quasi ballabili nel con versioni alternative e ripe- affascinanti, che però, ancora alle tastiere. Less Is More. Più
funk alieno di Moonrise Cépage, scaggi live in studio. Love will una volta, privilegiano la forma che un titolo per una canzone,
e nello shuffle più dritto e incal- remain when knowledge has alla sostanza (musicale). una dichiarazione d’intenti.
zante di Surf Dog. passed away. MAURO FENOGLIO MAURO FENOGLIO
ANDREA POMINI ALESSANDRO BESSELVA AVERAME 64/100 73/100
75/100 85/100
“I’ve played for thousands I’ve paid for thousands/And look at nemmeno i blogger di quartiere. Si è assistito soltanto a una
me now/Same face you trusted/The same face you spit on/That selvaggia polarizzazione nei commenti. “Merde e stupratori” da una
brought you around… Don’t talk to me/My song is playing/I parte, “Grandi… bentornati!” dall’altra. Non essendo io un giudice,
fucked up and I can’t fake it”, canta Mario Cuomo in No Apologies. mi limito a dire che si tratta di un bell’album sotto l’aspetto
Parole che pesano come piombo, alla luce della valanga che ha musicale e che i testi fanno davvero riflettere, fossero anche
travolto il gruppo di Chicago a fine estate 2018: Cuomo e i fratelli un’ammissione di colpevolezza. La melodia dolente di Nightclub,
Henry e Grant Brinner (rispettivamente batterista e bassista) il delicato doo-wop esotico di Last Days In August, la tastiera a
sono stati accusati da alcune fan di abusi sessuali. A nulla è metronomo dell’anima di All Cleaned Up, gli arpeggi trasognati
valso rigettare le terribili accuse, che peraltro ad oggi non hanno di Parade Of Legs segnano un netto distacco dai tempi del r’n’r
avuto alcuno sviluppo legale. Appena 48 ore dopo è arrivato il ormonale e degli eccessi. E questo è un fatto. A fine ottobre Mario
laconico messaggio sui canali social del gruppo: “Gli Orwells si Cuomo ha annunciato il suo progetto solista, Villan., e l’uscita
sono sciolti”. Fine della corsa e silenzio totale per poco meno di imminente dell’album Dark Days For Rock & Roll di cui è possibile
un anno. Nell’estate del 2019, senza preavviso, gli Orwells si sono ascoltare tre pezzi sulla sua pagina di YouTube.
autoprodotti il nuovo album pubblicandolo su Reddit e YouTube. A MANUEL GRAZIANI
sei mesi di distanza, del suo contenuto non ne ha scritto nessuno, 77/100
RUMOREMAG.COM | 65
GOTICA
GOTICA
Dopo l’ambizioso Lubbock (On Everything), pubblicato quattro Newman meno cinico e spietato, che racconta Houdini scettico
decenni fa, il settantasettenne Terry Allen si è concentrato sulla oppositore dello spiritualismo con nel cuore la speranza di una
carriera di pittore e artista concettuale, ma non ha mai smesso di vita post mortem, e la solitudine disperata e mortale – mitigata
pubblicare dischi. E tuttavia la ristampa in anni recenti di quel dall’empatico narratore - di The Last Stripper In Town. Ma ci sono
suo perduto classico outlaw country (definizione comunque pure circhi infestati da vampiri (City Of The Vampires), appendici
limitante e vaga, rifiuto dell’istituzionalizzazione del country a apocrife al canzoniere Brecht-Weill (Pirate Jenny) e suite tripartite
parte) deve aver spinto il musicista texano a rispolverare quel sulla democrazia esportata con le bombe (American Childhood).
bisogno di raccontare il mondo attraverso personaggi memorabili, Ci si muove tra forme classiche (All That’s Left Is Fare-Thee-Well,
romanzeschi nel senso più ampio del termine. Just Like Moby ospite Joe Ely, che sfiora la grazia di una Wichita Lineman, la
Dick, titolo che ha a che fare più con l’elusività della Balena Bianca meraviglia à la Tin Pan Alley di Harmony Two) e incursioni più
che con Melville, possiede quel taglio, e Allen veste ancora una movimentate (il già citato trittico di American Childhood, che
volta i panni di un Van Dyke Parks meno erudito a capo di una strizza l’occhio a vaudeville e novelty songs), e il risultato finale è il
orchestra low budget (la Panhandle Mystery Band, che include maturo capolavoro démodé di un songwriter atipico.
figli, esperti professionisti come Charlie Sexton e Glenn Fukunaga ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
e la folksinger Shannon McNally). Oppure quelli di un Randy 80/100
RUMOREMAG.COM | 67
RECENSIONI GLI ALBUM GENNAIO 2020
OUTERCORE
OUTERCORE
“Monêtre” è l’album d’esordio dell’omo- “Miraggi” è il disco d’esordio de LATLETA, “WHOLE.” è il primo disco della alternative
nima band ligure, registrato e mixato da Claudio Cosimato, già noto come Vittorio rock band torinese Alephant, in uscita il 17
Nicola Sannino al Tabasco Studio di Sori Cane, “il poeta delle cose semplici”. Registra- dicembre 2019 per Libellula. Registrato e
(GE) e in uscita il 6 dicembre 2019 per Li- to e mixato da LATLETA e masterizzato da mixato da Andrea De Carlo, con il master
bellula Music/OuZeL/Marsiglia, distribuito Gianluca Patrito al G-effectstudio di Torino, di Giovanni Versari, l’album è un percorso,
da Believe/Audioglobe. I Monêtre si ispira- uscirà il 12 dicembre per Labellascheggia, un viaggio spirituale scritto a distanza, tra la
no all’alt-rock degli anni Novanta e Duemila etichetta che ha pubblicato il primo disco in Francia e la California: i primi brani raccon-
e al contempo, grazie alla magnetica voce vinile di Cosmo e prodotto artisti come Effe tano l’insoddisfazione nei confronti di una
di Federica, strizzano l’occhio all’indie-pop Punto, Camillas e Bonetti. La copertina è condizione esistenziale monotona, la relativa
più moderno, per una resa finale omogenea stata curata da Labellascheggia in collabo- presa di coscienza, la volontà e il coraggio di
ed equilibrata, seppur influenzata da diver- razione con Emiliano Ponzi, uno dei più im- fuggire. Verso la metà del disco, il viaggio co-
se esperienze e gusti musicali. Un disco portanti disegnatori mondiali contemporanei. mincia ad essere visto come atto liberatorio,
nostalgico e riflessivo, talvolta energico, “Miraggi” ha dentro una drum machine, un ar- a tratti doloroso e crudele, ma fondamentale
altre volte drammatico o rabbioso. Monêtre peggiatore, diversi sintetizzatori, qualche chi- in un percorso di vita autentico. Sul finale
suona in modo volutamente simile a come tarra elettrica e tante cose da dire, cose che tutto si fa più leggero e rarefatto, sia musical-
sarebbe dal vivo: in studio, infatti, si è lavo- camminano sulle nostre vite in punta di piedi mente che nei contenuti, a simboleggiare un
rato proprio cercando un bilanciamento tra e le guardano dall’alto col sorriso. Si inizia ad punto d’arrivo che consiste nel compimento
il restare fedeli al sound naturale della band, aver bisogno di dischi così: sussurrati, sinceri, stesso del cambiamento: la metamorfosi è
e l’esplorare le possibilità concesse dalla scritti vivendo il momento e non pensando al completa e diventa il significato del “tutto”:
registrazione in studio. dopo, alle strategie per venderli meglio. WHOLE, il tutto, intatto, pieno e mutevole.
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LEECHED LINA AND RAÜL REFREE
TO DULL THE BLADES LINA_ RAÜL REFREE
OF YOUR ABUSE GLITTERBEAT
ANDY STOTT PROSTHETIC
IT SHOULD BE US Raül Refree deve essersi ormai
MODERN LOVE Attenuare le lame dei vostri convinto che le intuizioni più
abusi vuol dire per i Leeched semplici sono spesso le migliori.
Ufficialmente un doppio EP, ma composto da nove
esprimere esecrazione e dispe- Tra i responsabili del successo
brani per 46 minuti complessivi. Tracce apparente-
mente destinate ai club sebbene si muovano spesso razione, catarticamente. In una della superstar Rosalía (di cui
su ritmi bassi e comunichino atmosfere catacomba- maniera che va al di là della produceva l’esordio Los Ángel-
li. Qui più che mai, il produttore mancuniano si ci- sopportazione fisica. Al limite del es), recentemente al lavoro con
menta nel destrutturare la techno di carattere dub, puro abrasivo, schizzato rumore. Lee Ranaldo, lo spagnolo ha
rallentando il tempo fino allo spasmo (vedi Promises) e disvelando Per la totale revulsione grindco- scelto di sottoporre il fado a un
nel dettaglio le imperfezioni sonore, l’errore nella macchina, come re e per l’uso di un vocabolario processo di rinnovamento simile
nella title track di qualità pari a un mp3 in bassissima definizione. anatomico/chirurgico e di descri- a quello riservato al flamenco:
Alludendo dunque alla disfatta dell’utopia tecnologica, in una sca- zioni crude e desolate, mi hanno da un lato la voce di Lina, super-
letta che fa a meno dei momenti di umanità trasmessi dalla voce ricordato una (sorta di) versione ba interprete del repertorio di
Alison Skidmore in Luxury Problems e Faith In Strangers. Pre- noise dei Carcass. I primi Car- Amalia Rodrigues, che ha dato
messe interessanti per l’album già previsto nei prossimi mesi. cass. Un suono che è totale obnu- la spinta iniziale al progetto,
83/100 bilamento. Una frenetica marcia dall’altra gli strumenti – piano,
dark death scandita da disso- synth analogici sottoposti a
nanze, feedback e urla da pelle trattamenti sonori più o meno
A CURA DI GIORGIO VALLETTA scuoiata, paura, disgusto e anti- radicali ma mai invasivi - a
chi rifiuti triturati carcassiani. fornire un contrappunto che de-
Sentite la stratosferica The Grey finire minimale è un eufemismo.
BELLA BOO GIANT SWAN Tide, schiacciata su varie fasi di Tanto che in Destino è sufficien-
ONCE UPON A PASSION GIANT SWAN indicibile ferocia: non avrebbero te un ronzio di fondo scosso da
STUDIO BARNHUS KECK potuto, i primi Swans, suonare lievi pulsazioni ad alimentare
Nel suo primo Attraverso una una roba del genere se fossero il potente contrasto che rende
album, la DJ/ serie di EP, stati un gruppo grindcore? questo disco così avvincente.
producer i bristoliani CLAUDIO SORGE ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
svedese si di- Robin Stewart 80/100 80/100
mostra a suo e Harry Wright
perfetto agio hanno messo
nel giostrarsi con competenza a punto una
fra house obliqua, elettronica forma techno innovativa,
pop, momenti soul e ambient. spigolosa e dall’irruenza punk,
Dall’estatica e magnifica Stars che in quest’album raggiunge
al liquido e mutevole flusso un equilibrio sonoro capace
sonoro della pulsante Hotel di esaltarne le peculiarità.
Europa fino alle peculiari Spesso industriali, talvolta
movenze dub in quattro quarti di vulnerabile tenebrosità LINDEMANN OOIOO
di Do The Right Thing, è evi- (‘I’ As Proof), quasi sempre F&M NIJIMUSI
dente come Gabriella Borbély di durezza sufficiente ad UNIVERSAL THRILL JOCKEY
abbia personalità ed eleganza. alimentare le energie di futuri
81/100 e distopici rave. L’approdo metal industriale di Sei anni dopo la loro ultima
80/100 Lindemann non si distanzia più prova in studio gli OOIOO di
di tanto dal progetto madre, YoshimiO (storica componente
contiene sì la coloritura metal- dei maestri dell’oblio rumoroso
lica e sperimentale mutuata da giapponese Boredoms) tornano
GRANT BLINKY
FANTASY BLUES SYNCRO
Tätgtgren ma nella consapevo- con un album dritto al punto,
LOBSTER THEREMIN BLINKY lezza di un necessario e familiare ben distante dalle suggestioni
accento stilistico. Si alternano del sudest asiatico di Gamel
Da almeno Quattro brani
non a caso momenti ben modu- (2014). In Nijimusi – origina-
cinque anni, nel biglietto da
lati sul fronte dell’impatto rit- riamente pubblicato pochi mesi
chi cerca deep visita per il duo
mico e crossoveristico, la stessa fa in tiratura limitato dall’eti-
house calda sa formato dai mi-
di non poter lanesi Andrea Steh Auf o Allesfresser, così chetta del gruppo, Shochy – il
essere deluso Bernardi (voce come nelle rifiniture melodiche quartetto torna all’assetto rock
dal produttore recentemente e drum machine) e Francesco neo gotiche (le risonanze acu- (doppia chitarra, basso, batteria
svelatosi come Anthony Chiamulera (chitarra e synth). stiche di Blut, che sanno nuo- ed electronics) e mette in scena
Collins, la cui impronta è A metà strada fra house in vamente di Umbra Et Imago, con grande maestria quello che
immediatamente riconoscibile bassa fedeltà e visioni psi- o l’intenzionale spinta folk di sa meglio fare: cacofonie japa-
anche qui. Si aggiungono chedeliche in Lies Overdose, Knebel). A rendere più suggesti- noizu (la traccia di apertura che
escursioni fluo rave nella mentre I Can’t Get Lost spinge vo l’album sono senza dubbio gli dà il titolo all’album), boutade
suggestiva Amaranthine sulla techno ed Enjoy This accenti atipici, come il tango di psichedeliche (Walk For 345
Profundity e in una Blurred Trip inserisce dell’electro Ach So Gern o la coloritura sin- Minutes…), follie progressive
Harmony degna dei migliori kraftwerkiana nel suo ener- fonica di Schlaf Ein. I seguaci di (una sorta di zeuhl giapponese
808 State, oltre alla voce soul getico miscuglio. Sufficiente- Rammstein e KMFDM avranno in Jibun), no wave nevrotica (la
di Jenifa Mayanja nell’acida mente imprevedibili. di che gioirne. prima parte di Tisou). La più
The Road In Front Of Me. 76/100 STEFANO MORELLI credibile reincarnazione moder-
78/100 87/100 na dei Taj Mahal Travellers.
ANDREA PREVIGNANO
75/100
70 | RUMOREMAG.COM
RECENSIONI GLI ALBUM GENNAIO 2020
INDIE
INDIE
LEE “SCRATCH” PERRY PET SHOP BOYS
HEAVY RAIN HOTSPOT
ON-U SOUND X2
EDDY CURRENT SUPPRESSION RING
Cioè il gemello dub di Rainford, Era il 1985 quando West End ALL IN GOOD TIMES
il riuscito album che nel 2019 ha Girls scalava le classifiche, nel CASTLE FACE
riportato al centro dell’attenzio- pieno dell’era thatcheriana. Aveva fatto perdere le proprie tracce da quasi un
ne l’ottuagenario e instancabile L’inossidabile sarcasmo del duo decennio la famiglia Current. Tre album in area
guru del suono giamaicano. Ol- londinese è certamente adatto a Goner nel fazzoletto temporale di fine anni zero e
tre a contenere due inediti, He- commentare anche questi tempi, una raccolta di singoli e facezie assortite a sigillare
avy Rain è più di una versione come prova l’ottimo singolo il tutto, prima di cominciare a distrarsi con una
rimissata di un album già uscito, Dreamland, firmato con il trio serie di altre idee (Total Control la più nota alle
anche in virtù della lista dei Years & Years e biglietto da visita cronache) che hanno portato la band dei fratelli Young a silen-
collaboratori. Se il tocco sui na- per questo loro quattordicesimo ziare il progetto principale fino ai nostri giorni. Il loro garage di
stri del sempre prezioso Adrian album, registrato fra Los Angeles matrice prettamente australiana sbarca oggi in casa Dwyer, dopo
Sherwood è proverbialmente e gli Hansa Studios di Berlino. aver subito una sostanziale opera di assestamento: alle ormai
magico, in scaletta compare il Messo a lucido come da recente tradizionali sgroppate di stampo rock’n’roll si affiancano distra-
nome prestigioso di Brian Eno. abitudine con il contributo del zioni slacker e vaghe allusioni wave (Our Quiet Whisper pare un
Nelle sue mani, Makumba Rock produttore Stuart Price, il loro omaggio ai Magazine di Howard Devoto). Dieci anni spesi bene,
si trasforma in una psichedelica electro pop ad alta energia dance stando al risultato.
Here Come The Warm Dreads sembra ormai esser divenuto 80/100
i cui filtri e frequenze alterate una forma classica e senza
ben si accompagnano all’autoi- tempo, nelle loro mani. Per A CURA DI ARTURO COMPAGNONI
ronia del titolo. Altrove appare altri versi, restano convincenti
il trombone di Kim Gordon -già le loro intense ballate: ad
con i Wailers negli anni 70 - e esempio Hoping For A Miracle EN ATTENDANT ANA WOOLEN MEN
in quattro brani si aggiunge e soprattutto una Burning The JUILLET HUMAN TO HUMAN
il competente contributo del Heather con Bernard Butler alla TROUBLE IN MIND DOG’S TABLE
nostro Gaudi. chitarra acustica. Hanno lavorato Al ritmo metro-
GIORGIO VALLETTA GIORGIO VALLETTA di cutter e ce- nomico di un
77/100 72/100 sello i parigini disco all’anno
En Attendant è ormai da un
Ana per dare decennio che
un seguito familiarizziamo
all’ottimo Lost And Found, con il pop sghembo e minima-
disco con cui la sempre valida le dei ragazzi di Portland. Il
TIM ce li aveva presentati 18 loro nuovo album segue la scia
mesi addietro. A metà strada dei precedenti: canzoni brevi
tra i compatrioti Limiñanas e i (difficilmente si scavallano i
primi Stereolab i nostri hanno tre minuti) col nocciolo sco-
affinato la scrittura e lavorato perto da subito, che sia la rei-
POLIÇA GAVILÁN di buona lena in studio uscen- terazione circolare di matrice
WHEN WE STAY ALIVE RAYNA RUSSOM done con dieci canzoni che cosmica o il contro tempo in-
MEMPHIS INDUSTRIES THE ENVOY non perdendo irruenza accen- calzante di stampo post punk.
ECSTATIC
Presentato come l’album più tuano la loro vena pop. 64/100
intimista del gruppo, When We Ha sempre fatto musica interes- 79/100
Stay Alive prende ispirazione sante, Gavin Russom. Da solo
da un serio incidente occorso (anche come Black Meteoric
alla cantante Channy Leaneagh
SCOTT & CHARLENE’S
Star) o in compagnia (Delia WEDDING THE WHIFFS
e dal percorso di riabilitazione Gonzales, Crystal Ark, LCD WHEN IN ROME, CARPE DIEM ANOTHER WHIFF
che ne è seguito. Dal punto di Soundsystem). Ma è come se il BEDROOM SUCK DIG! RECORDS
vista squisitamente musicale il suo coming out del 2017, oggi è Volevano suo- Arriva da
contesto non pare avere influen- una donna transgender, avesse nare come i Kansas City il
zato significativamente il suono sbloccato il livello successivo, power pop mi-
Go-Betweens
della band di Minneapolis. Si liberandola anche come artista gliore del mese.
ma hanno finito
tratta di synth pop rotondo, ben e portandola al suo lavoro più con l’assomi- Il rimando ai
prodotto, incline al groove quel compiuto e maturo. Un album gliare ai Pave- ‘70 giunge già
tanto che basta a non inficiarne ispirato da La Mano Sinistra ment, questo potrebbe essere dalla grafica di copertina, cui
la malinconia generale che ne fa Delle Tenebre di Ursula K. Le l’epitaffio scritto sulla tomba va dietro un suono che sale e
da sfondo, dove la voce di Chan- Guin, e dai suoi discorsi sul ge- degli autraliani S&CW. Che scende ai 1000 all’ora tra diva-
ny ha buon gioco a disegnare nere in un contesto fantascien- morti non sono affatto stan- gazioni surf degne dei Barra-
armonie soul. Il risultato è asso- tifico. Tre quarti d’ora senza do all’ascolto di questo loro cudas e attacchi rock’n’roll che
lutamente godibile, ben scritto, beat, lirici e fisici insieme, in cui nuovo mini LP che mischia paiono usciti da qualche vec-
a tratti ispirato, ma tutto som- si conferma la sua eccellenza ai amabilmente ritmi e attitudi- chio disco dei Replacements.
mato innocuo nel suo scorrere sintetizzatori e anni di esperien- ne della sempre benemerita Tutto datato, ci mancherebbe,
senza lasciare traccia durevole za fra club e avanguardia danno Flying Nun con decelerazioni ma sempre gradevolissimo,
(eccezion fatta per l’ottimo sin- frutti saporitissimi. Graditi ospi- totalmente velvetiane guidate anzi a tratti irresistibile.
golo Forget Me Now), ed è ine- ti, Cosey Fanni Tutti (voce in da una voce che omaggia aper- 68/100
vitabile rimpianger la capacità di Kemmer) e Peter Zummo (fiati tamente Lou Reed.
graffiare dei loro esordi. in Discipline Of Presence). 71/100
LUIGI MUTARELLI ANDREA POMINI
62/100 83/100
RUMOREMAG.COM | 71
WEIRD RNR
WEIRD RNR
AVA N T
AVA N T
WIKI WIRE
OOFIE MIND HIVE
WIKSET PINK FLAG
DEISON + KK NULL
Antwon, Lil Ugly Mane e Wiki Il titolo del nuovo disco degli YUGEN
formavano fino al 2018 il Wire, il diciassettesimo in studio ST.AN.DA
gruppo rap The Secret Circle. e il sesto di un decennio che li ha Cristiano Deison (titolare della label Silentes, già
Poi la fine tumultuosa a colpi visti più produttivi che mai, si nei Meathead e collaboratore di artisti come Sshe
di tweet e post su Instagram, può forse tradurre come “alveare Retina Stimulants, Scanner e Lasse Marhaug, per
aveva rivelato la rottura: da mentale” e trasmette bene l’idea dirne solo alcuni) e KK Null (Kazuyuki Kishino, lea-
una parte Lil Ugly Mane e Wiki, di un trust di cervelli brulicante der degli Zeni Geva) si riincontrano. Era già succes-
dall’altra Antwon con accuse di di idee. Quello che sono sempre so nel 2009 per Into, un album fatto della materia
violenza nei confronti di alcune stati. Qui basta poco più di dei quasar, tessuto di un’elettronica nero pece, come nella tradizio-
donne. Il rapper newyorkese aka mezz’ora per piazzare l’ennesima ne dei coinvolti. Dieci anni dopo, quel discorso riprende ancora più
Wiki, torna dopo aver lasciato zampata di post punk (non usate pulsante e misterioso: e non è un caso che il titolo, Yugen, chiami il
la XL per pubblicare con la sua mai il termine davanti a loro, termine giapponese per “ineffabile”. “Un’esplorazione dell’oscurità
etichetta indipendente. Oofie è è solo per capirci) cerebrale e e del caos controllato”, recitano le note a commento. Vero, c’è tutto
un flusso contratto, che mostra opprimente ma anche qua e là questo, e anche un eccezionale interplay che sottolinea le affinità
il flow agilissimo. Le collabora- morbosamente melodico, come della tavolozza sonora dei due.
zioni sono di qualità, da Grim nel singolo Cactused o in Off 85/100
con Lil Ugly Mane e Denzel The Beach. Il tono è simile a
Curry, fino a Dame Aquí con quello degli ultimi due lavori, e
Princess Nokia. Tra i singoli curiosamente richiama le prove A CURA DI ANDREA PREVIGNANO
che più avevano convinto, c’era electro pop noir a cavallo tra
sicuramente Pesto, non proprio anni 80 e 90. Pezzi come Be Like
un’ode alla salsa genovese, forse Them e Unrepentant sono pietre JUNKIE FLAMINGOS ADAM BASANTA
solo un riferimento ai “verdoni” preziose e oscure da aggiungere LEMEGETON PARTY CIRCULAR ARGUMENTS
o a un mix di headies (parte al forziere di una delle più grandi HELEN SCARSDALE 901 EDITIONS
nobile di cannabis sativa) e olio band degli ultimi 40 anni. La dimensio- La fragile tes-
di marijuana. Verdissimo. CARLO BORDONE ne romantica situra di fee-
NICHOLAS DAVID ALTEA 79/100 dell’Iperione dback alla base
77/100 di Hölderlin e della ricerca
quella esoterica del composi-
del testo magi- tore israeliano
co secentesco Lemegeton ispi- Adam Basanta ha un proprio
rano il debutto dei Junkie Fla- fascino in ambito acusmatico.
mingos: Alice Kundalini (She Lo stesso Basanta si interroga
Spread Sorrow), Luca Sigurtà sulla cristallizzazione di questi
(Luminance Ratio) e Daniele suoni su supporto. La risposta
Delogu (Barbarian Pipe Band). sta nella capacità dell’ascol-
Lemegeton Party offre un ver- tatore di cedere al fascino del
WOLF PARADE YORKSTON/THORNE/ tiginoso nonché irresistibile suono puro, delle sinusoidi
THIN MIND KHAN compendio per cultori di mu- che lo rappresentano. E qui
SUB POP NAVARASA: NINE EMOTIONS sica rituale, dark electronics, e il fascino delle ur-frequenze
DOMINO
Non che Thin Mind sia un disco synth wave anni 80. rimane intatto.
prevedibile, anzi. Semplicemen- Il terzo album del trio composto 80/100 80/100
te è il disco che ci si attendeva da James Yorkston, Jon Thorne
dai canadesi dopo una reunion e Suhail Yusuf Khan è un viaggio
a tratti sotto le attese. Vale ov- ipnotico dentro le profondità ECKER & MEULYZER MAGDA DROZD
viamente ancora la regola dei abissali delle emozioni che la CARBON SONGS FOR PLANTS
due autori separati, con Dan musica può provocare nel corpo SUBTEXT RECORDINGS PRÄSENS EDITIONEN
Boeckner a continuare a imma- umano attraverso le vibrazioni. Koenraad Ecker Da tempo la
ginare possibile uno Springsteen Il titolo del disco fa esplicita- e Frederik scienza delle
depurato dalla retorica in brani mente riferimento all’antico fonti sonore
Meulyzer (Stray
come The Static Age. E Spencer principio indiano del Nava è al corrente
Dogs) debutta-
Krug a rimarcare la statura di (nove) Rasa (emozioni), con cui no su Subtext della possibilità
autore più complesso, di quelli i diversi stati emotivi generati con Carbon. La di captare va-
in grado di portare al pettine dalla musica vengono organiz- mente va a Cabaret Voltaire riazioni elettriche dell’attività
nodi spessissimi come i bolli zati per suscitare specifici senti- e Clock DVA, arricchiti da vitale dei vegetali e di trasfor-
wave di Julia Take Your Name o menti in chi ascolta. Così i nove field recordings ripresi allo marne i segnali digitalmente.
i ribaltamenti di ballate come As brani di questo disco ci traspor- Svalbard Global Seed Vault, La compositrice polacca
Kind As You Can. Comune a en- tano dall’amore all’allegria, dalla deposito per la conservazione Magda Drozd, rilocata in Sviz-
trambi è semmai questa volta un rabbia al dolore, dal ribrezzo al di semi ideato per fronteggiare zera, sfrutta questa tecnologia
nervosismo strano, penzolante terrore, fino al coraggio e alla crisi alimentari su larga scala. e l’accompagna con synth,
fra l’ansia della pagina vuota e il meraviglia per giungere infine Il “carbone” è quello delle vici- field recordings, chitarra, vio-
non saper dire basta in deflagra- alla pace. Un viaggio anche emo- ne miniere in disuso. Convita- lino e voce, fondendo elettro-
zioni troppo spesso sclerotiche zionale tra i suoni dell’India e il to incomodo, lo scioglimento nica e natura in uno spazioso
e ampollose: umanissime ansie folk scozzese, tra oscure ballate del permafrost. affresco ambientale.
per un gruppo persino in questo e lisergici strumentali. 70/100 65/100
di un’altra categoria. DORIANA TOZZI
FRANCESCO VIGNANI
75/100
72/100
RUMOREMAG.COM | 73
3TM AA.VV. BASK THE BIG MOON
LAKE FORM IS VISION III WALKING LIKE WE DO
WE JAZZ GIFTED CULTURE AUTOPRODUZIONE FICTION
DI MAURO FENOGLIO
76 | RUMOREMAG.COM
TREECOLORE GLI ALBUM GENNAIO 2020
Daniele Raguso fa un passo Musicista friulana di base a Il trombettista torinese Fabrizio Buzzy Lao è un cantautore to-
deciso verso il mondo synth pop Berlino, Martina Bertoni è stata Bosso festeggia i dieci anni di rinese nato col blues e il folk
e wave. E se nel mondo più sin- per molti anni collaboratrice di iperattiva carriera con il terzo sottopelle, contraddistinto da
tetico non è la “nuova via”, poco fiducia di Teho Teardo prima disco, di uno dei suoi progetti una scrittura carica di empatia,
importa. Abbandonati i mondi di trasferirsi in Germania e in- più affascinanti, insieme ad grinta e spiritualità. Per il suo
chill wave ne esce uno tutt’altro traprendere la carriera solista. Alberto Marsico (organo) e secondo disco si ritrova a sonda-
che immaginario. L’iperdefini- Dopo due EP giunge finalmente Alessandro Minetto (batteria). Il re le possibilità di in un universo
zione dell’obiettivo del produ- all’esordio di lunga durata per mood di Someday è un omaggio parallelo, in cui mescolare al
cer è chiara, definita, oseremmo l’etichetta islandese con un alla musica black dei gospel proprio dna d’oltremanica per-
dire cristallina. Fine insieme album che parte dal suo stru- di Harlem, interpretata con cussioni e melodie tribali, che
alle Lilies On Mars ci fa riassa- mento d’elezione, il violoncello, maestria e pathos, attraverso profumano d’Africa e d’oriente e
porare la commistione che esal- per esplorare territori sonori una visione moderna e jazzistica suoni sintetici e carichi di effetti
ta entrambi, mentre su Polaroid all’insegna di un’elettronica al- dello spiritual. Un approccio provenienti dal futuro. Un gioco
con Happy Skeleton gli echi di gida e scintillante. Un po’ sulla capace di valorizzare il vir- sottile di equilibri tra acustico ed
Dave Gahan risuonano ampi e scia della recente tradizione tuosismo e l’espressività della elettrico, tra suggestioni antiche
invadenti. La marziale apertura di violoncellisti come Oliver carismatica tromba di Bosso, e melodie moderne, che danno
80’s di This Is Not A Blue Mon- Coates e Hildur Guðnadóttir, in un incontro tra repertorio vita a un intenso e struggente
day con The Hand gioca sul anche Martina approccia il pro- classico e brani inediti. Lo stile dialogo tra il mondo interiore e
citazionismo spinto del classico prio strumento per indagarne legato all’improvvisazione, la quello esteriore. Un disco denso
dei New Order. I caleidoscopi tutte le potenzialità in senso personalità swing e la fluida di idee e di qualità, sia nella re-
sonori di Metamorphosis e She compositivo più ampio e libe- energia vitale, che intercorre tra alizzazione che nelle intenzioni.
Dreams aumentano al livello ro. Ne risultano brani dall’alto gli strumenti, rendono il soul Buzzy Lao riesce a distinguersi
successivo la dinamicità. La tasso cinematico, costruiti su jazz del trio accessibile anche ai con piacevolezza in un mare
voglia nostalgica di quel suono strati di suono spesso ma non neofiti del genere, per un ascolto magnum cantautorale che gioca
e di quelle pulsazioni supera privo di raffinatezza nella felice denso di calde emozioni e legge- troppo spesso al ribasso.
l’idea di esercizio di stile. alternanza tra pieni e vuoti. ro divertimento. SIMONA VENTRELLA
NICHOLAS DAVID ALTEA Evocativo. SIMONA VENTRELLA 75/100
67/100 LUIGI MUTARELLI 80/100
75/100
10 CANZONI PER
KAZU MAKINO
Bella sorpresa, il suo esordio solista scritto in ritiro all’Elba. “Ho trascorso alcune estati
lì anni fa e ho collezionato solo bei ricordi, così in un momento in cui mi sentivo stanca
e stressata volli tornarci. Ma di recente sull’isola ho vissuto anche delle esperienze
dolorose, quindi vedremo come la vivrò adesso”. L’album si intitola Adult Baby e ci
hanno lavorato grandi musicisti e produttori: Sam Griffin Owens, Ryūichi Sakamoto,
Mauro Refosco, Ian Chang. “Spero di potermi considerare amica di tutti loro. Persone
che entrano nella vita per diversi motivi, e quelle speciali si ha la sensazione di
conoscerle da tempo”. Intanto i Blonde Redhead sono al lavoro. “Siamo al 70% del
disco. Ho nuove canzoni, ma da quando sono concentrata su Adult Baby Amedeo
ha assunto più peso, ed è un bene. Non vedo l’ora di sentire che cosa combinerà”. E
aggiunge: “Dear Barbara, I just got back from tour and my brain is ‘quasi morto’. …
Let me know if I need to elaborate more. Kazu x”.
C’è qualcosa di forte in che mi è sembrato è l’unico suo pezzo che bene insieme”. qualcosa di mio”.
questa canzone, la di capire davvero. metterei in lista”. DA KING PUSH - DARKEST
adoro. È pura”. DA LA FINE DA SACCO E VANZETTI BEFORE DAWN: THE PRE-
DA OFERTÒRIO DEI VENT’ANNI DA ELEPHANTISM (OST) LUDE
“Non so procedere dopo “Me l’ha fatto ascoltare “Non elogio mai aperta-
questo brano. Il testo, Sam Evian, il mio nuovo “Mi si chiude la gola e “Amo molti suoi brani, mente il suo lavoro, né i
l’arpeggio, la voce e il bandmate, che li cono- gli occhi si riempiono di la sua musica mi eleva. Radiohead, perché pen-
basso sono così fichi, sce bene. Il suo canto lacrime. Canzone cata- Quando ami un artista so abbia già abbastanza
missati da un incredi- è così bello e sembra strofica. Musica troppo devi riconoscerlo, anche fan. Ma amo molto
bile artista giapponese francese, ma è una band bella da gestire. C’ero se il suo atteggiamento questa canzone, devo
(Miki Tsutsumi). Sono americanissima. A volte quando uscì il disco e per te è eccessivo. Alcuni ammetterlo. Ha fatto
stata felice di incon- mi sento distante da lui suonò per due notti mostrano le negatività di così bene da solo. Il
trarlo, è una persona certo rock americano, a N.Y.: era in mezzo alla questo mondo, ma è la modo in cui si è lasciato
gentile, umile, e lavora però con loro mi sba- sala, con gli altoparlanti loro musica la cosa più andare a un nuovo
a un isolato da casa mia. gliavo. Sono dei grandi”. dietro. Intenso. Mi ha potente, al di là delle po- inizio è bellissimo. Ben
Questa è N.Y.”. cambiata per sempre”. sizioni personali”. fatto!”
78 | RUMOREMAG.COM
TREECOLORE GLI ALBUM GENNAIO 2020
KING OF THE OPERA THE LU SILVER LUCA MADONIA MAI STATO ALTROVE
NOWHERE BLUES STRING BAND LA PIRAMIDE RAGAZZI STUPENDI
A BUZZ SUPREME ROCK’N’ROLL IS HERE TO STAY VICEVERSA BRAVO DISCHI
GO DOWN
Alberto Mariotti è uno di quegli Decimo disco di inediti per Un passato come turnista dei
artisti in grado di reinventarsi Mettersi sulle tracce dei Lu il cantautore catanese Luca Thegiornalisti e un presente
e mutare forma più volte pur Silver String è come ritrova- Madonia, che in questa nuova come cantautore itpop; l’enne-
rimanendo sempre se stesso nel re la vecchia strada di casa. avventura decide di avvalersi simo direte voi, eppure la cifra
profondo. La sua prima anima Quella che porta al più classico della collaborazione degli amici stilistica di Gabriele Blanda-
musicale, Samuel Katarro, si e immarcescibile dei rock’n’roll. di sempre come Mario Venuti, mura diverge in maniera so-
può dire non l’abbia mai abban- E del resto loro lo dicono fin Enrico Ruggeri, Carmen Consoli stanziale da quella di molti dei
donato, tornando ad affacciarsi da subito, titolando in questo e l’immancabile maestro Franco suoi colleghi. Gli otto brani di
in modi diversi tra le nuove modo il loro album. Una bella Battiato. Lo stile beatlesiano Ragazzi Stupendi confermano
produzioni che comunque pro- collezione di canzoni dallo stile dell’ex Denovo ci riporta quanto di buono avevamo già
cedevano per la loro strada. Nel crudo e affilato, che avrebbe indietro nel tempo, partorendo ascoltato nel precedente Hip
caso di questo disco, l’artista ha potuto scrivere gente come nove duetti classicamente Hop, giovandosi di una capacità
rivelato che l’idea da cui sono i Count Bishops, una delle pop, pieni di melodie rotonde, di scrittura interessante, intima
nati i brani era quella di tornare dimenticate band dei fine ‘70 sostenute da morbide orchestra- ma non tediosa e scontata (I Di-
a frugare nel vuoto cosmico la- che facevano un pub rock pre zioni che avvolgono i brani schi, Dentro Un Ricordo), ben
sciato dalla dipartita di Katarro punk iper trascinante. I Lu Siver indietro nel tempo. Lo stile assecondata da un minimalismo
per rivisitare quel “non luogo”, String hanno quella vena che li raffinato e sofisticato di Luca che non scade mai nel sempli-
un po’ come quando si torna in fa assomigliare a tratti anche a si camuffa amabilmente con cismo, e che si arricchisce degli
una vecchia casa abbandonata una versione garage degli AC/ l’intelligenza e il gusto per la mi- elementi gospel e dei beat con
e piena di ricordi. Lì Mariotti DC. Ovviamente sono quelli di sura, rendendo il disco un pezzo cui Gabriele ama giocare un po’
ha trovato un posto intimo, in Chuck Berry e Stones i riff che di modernariato musicale piace- alla maniera del Damon Albarn
cui le fedeli chitarre sembrano saccheggiano. Con digressioni vole e immediato. Una prova di dei Gorillaz, a cui non nasconde
liquefarsi e la voce farsi onirica R&B southern, vedi ad esempio maturità che si prende il tempo di guardare di tanto in tanto.
nell’abbraccio dell’elettronica un brano come I Got You. E qui di riflettere sulla vita, sui biso- STEFANO D’ELIA
che proietta i brani in una di- vengono fuori i Black Crowes. gni, sul tempo e sulla musica in 65/100
mensione galattica. CLAUDIO SORGE un mondo tutto a colori.
DORIANA TOZZI 76/100 SIMONA VENTRELLA
75/100 65/100
RUMOREMAG.COM | 79
IN ITALIA
80 | RUMOREMAG.COM
TREECOLORE GLI ALBUM GENNAIO 2020
La Storia occulta italiana e il Il terzo episodio del “disco per- Non è rimasto più nulla del Un concerto giocato in bilico tra
più leggendario dei suoi grandi petuo” di Marok riflette su un punk e del post hc dei Minnie’s, i suoi due album, in cui la prima
vecchi raccontati attraverso tema di cui sembra assurdo ma siamo abituati alle loro evo- parte è perlopiù dedicata a La
musiche da ballo che vanno dal dover parlare ancora all’alba luzioni coerenti nella scrittura Fine Dei Vent’Anni e la seconda
desueto – polka, galop, liscio degli anni 20 del terzo millen- e nella visuale della band. Ci- a Vivere O Morire, eccezion fatta
- al vintage (il Brasile jazz rock nio: il tema della violenza su cale, gelida e asciutta apertura per l’inedita versione di Cambio
da universo parallelo di Pura donne e bambini. Marok me- dall’intro post punk, viaggia La Faccia dei suoi Criminal
Vida, Dittatura!), mediate da dita e descrive con il suo fedele verso “l’adorazione” degli Stone Jokers e di Dov’è L’Italia?, pezzo
uno sguardo avant e art rock basso – declinandolo in ruoli e Roses. Pop alternativo lo chia- uscito mesi dopo il secondo
genuinamente ludico, e testi sfumature spesso atipiche per meremmo senza troppi giri di album e presentato al Festival di
tra l’onirico e il surreale. Una lo strumento eppure perfetta- parole. Rifinito nei particolari, Sanremo. Motta mai come sul
operazione fuori da ogni logica mente confacenti al suo timbro levigato dove serve, una visione palco sa essere intenso, ché se
e contemporaneamente lucidis- scuro ed evocativo – e intreccia fluida di un mondo che si era c’è una cosa che gli riesce bene è
sima che poteva riuscire solo a intorno ad esso le altrettanto un po’ perso dove si è persa la calcarlo, mettersi a nudo e darsi
uno dei gruppi più sguscianti e cupe linee dei synth e le rare via di mezzo da un po’ di anni. completamente al suo pubblico.
spiazzanti dell’intero panorama voci (tra cui quella di Luca Tra Volare, Fenice e Dovunque E questo emerge anche in disco,
indie italiano post 2000, il quale Swanz Andriolo che recita i ci trovate pure Enrico Gabrielli per esempio nella versione ac-
finalizza un progetto iniziato versi di Nina, sorella di Marok). (Calibro 35, P J Harvey) e Tatè corata, acustica e notturna di
nel 2013 e, ritornando in gran L’animale simbolo di questo Nsongan (cofondatore dei Mau una Vivere O Morire suonata al
forma, spiega due o tre cose su episodio è la libellula, che Mau). Ogni brano vuol provare pianoforte. 16 canzoni ripensate
che cos’è il talento. La line-up è nasce negli stagni fangosi ma a raccontare una storia diversa, per la data conclusiva del tour,
quella storica, senza Alessandro poi vola libera nell’aria, come lavorando su vari piani, che sia poi incise all’Auditorium Parco
Fiori e con le voci già collaudate le suite The Slash e Catene e la la visione più contemporanea Della Musica di Roma, con tanto
in passato di Daniele Calandra e più breve Storia Di Loletta, che (Che Segreti Hai) o con i giusti di sezione d’archi e due ospiti: la
Serena Altavilla. Ci mancavano. nascono nel tormento cercando carichi di tensione leggera (Fe- sorella Alice Motta e Nada.
ALESSANDRO BESSELVA AVERAME redenzione. nice). Evviva i Minnie’s. BARBARA SANTI
80/100 DORIANA TOZZI NICHOLAS DAVID ALTEA 75/100
77/100 74/100
L’exploit di Playlist merita una In accordo con la bella coper- Il nostro miglior gruppo punk In dieci anni di carriera, la Squa-
festa, e il rapper sardo la cele- tina, la vita tra le parentesi festeggia 30 anni di carriera dra ci ha abituato a tutto. Tenen-
bra a modo suo. Aggiunge due quadre di Selfimperfectionist, è con il settimo album in studio. I do fissi i membri chiave Omega-
inediti al programma originale, un chiaroscuro sull’architettura padri del flower punk rock non Matt e OmegaG8, è passata con
una strenna sull’orlo del sata- moderna, sonora e strutturale. si sono mai inflazionati, tenendo naturalezza attraverso cambi di
nismo intitolata Charles Man- Un lavoro che va accolto nella sempre un livello alto: anche formazione e strumentazione,
son (Buon Natale 2) e basata sua interezza, dal pieno tech- ai tempi della svolta italiana di e ne ha tirato fuori una serie di
su suoni tribali post folk, e un noide iniziale fino alla sua quasi Vol. 4. Con Godzilla Kiss! rag- album tanto stilisticamente ete-
Salmo 23 autobiografico e clau- dissoluzione, con un carico giungono l’apice. Un mix perfet- rogenea quanto basata su temi
strofobico, che cita pure la no- digitale che si svuota progressi- to di freschezza ed esperienza, ricorrenti, l’improvvisazione
tizia di quello che sarà il primo vamente, al pari di un riflesso di Ramones da una parte e Beatles innanzitutto. Mancava ancora
concerto di un MC italiano in luce su una cattedrale urbana. I dall’altra. I primi omaggiati sin l’album di sola elettronica ana-
uno stadio. L’altro contributo primi bagliori elettronici di Pur- da The Curse Of The Ramones logica però, e Antiterra rimedia
inedito è il live, 11 tracce prese ple Wheeze si stemperano nella nel ricordo di Joey che missò con 75 minuti (in CD o doppia
in diretta su piazze importanti gravità zero di Ocean Lines, ma il loro Deluxe del ’96. I secondi cassetta) di musica fra le più
come Roma e Milano. Non un’o- in mezzo sfiorano buie rotative saccheggiati con garbo nelle belle e intense mai firmate dal
perazione qualsiasi, perché il ritmiche (Lost And Shattered fantastiche linee melodiche di collettivo veneto, nel quale rien-
tour con la band al completo ha V.0.2, quasi un requiem per la A Different Model…, Godzilla tra per l’occasione il vecchio col-
dato nuovo spessore e impatto Blackest Ever Black), Inghilterra Kiss! e Julie’s Chasing Butter- laboratore OmegaInvisible, ov-
alle già pur fortunate canzoni lucente (i mini Underworld di flies. Un suono derivativo ma vero Von Tesla. Cinque tracce in
dell’album uscito lo scorso anno. Lichen) e notturni Carpenter così riconoscibile, anche nella cui l’amore dichiarato per ogni
Da 90MIN alla ballata Il Cielo (Balance Increase). Chiude la voce di Nando, da essere un cosa kosmische incrocia droni
In Una Stanza piovono energia rifrazione di So Long George, marchio di fabbrica. Come can- e minimalismo, solennità me-
metal, ospiti e vibra hard funk, bonus track dell’edizione in cas- tano in We Never Get Played On lodiche e grumi IDM, ambient
tracima spirito punk e l’intera- setta rispetto al digitale. L’un- The Radio, un mistero che siano tropicale e poliritmi. Con i quasi
zione col pubblico, tra botta e derground è ancora vivo. rimasti solo un gruppo di culto. 17’ di Part IV come apice.
risposta e ritornelli, è continuo. MAURIZIO BLATTO ANDREA POMINI
MANUEL GRAZIANI
PAOLO FERRARI 79/100 83/100
70/100 80/100 RUMOREMAG.COM | 81
C O L O R
C L A S S I C B L U E 1 9 - 4 0 5 2
20
TREECOLORE GLI ALBUM GENNAIO 2020
CALIBRO 35
agitano sullo sfondo di una so- corrisponde una coloratissima
lida impalcatura sonica fatta di creatività musicale, forse para-
post punk e rumorismo noise: gonabile al primo Mura Masa e
più spigolosi dei Soviet Soviet, i opportunamente accompagnata
Submeet guardano a band ame- da testi ricchi di invenzioni
ricane come i Preoccupations, linguistiche, come nella con-
costruendo in questo modo tagiosa Blun7 A Swishland o
brani dalla struttura articolata,
dove tribalismi post industriali
nella vertiginosa ed esilarante
Scuol4, capaci di eclissare molti MOMENTUM
RECORD KICKS
e melodie scorticate concorrono degli ospiti in scaletta. Una boc-
a creare brani dall’impatto de- cata d’aria fresca e un ascolto
vastante. consigliatissimo.
STEFANO D’ELIA GIORGIO VALLETTA I Calibro 35 decidono di
guardare avanti. Questa è
78/100 84/100 la dichiarazione di intenti,
concentrarsi non su una
sezione sonora passata
con il preciso intento di
reinventarla, ma cogliere
al volo il sign o’times,
contribuire a edificarlo.
Cambiare le Directions,
per dirla alla Miles Davis,
TS BLUESONE VIRTUAL TIME ampliare a raggio la
‘NA SPIRANZA PICTURES prospettiva. Ed è così?
I DISCHI DEL MINOLLO/CASETTA/ GO DOWN Soltanto in parte, per
BRIGANTE/DELPHIC/TESCHIO DISCHI fortuna. Nulla contro la modernità, ma stravolgere o smarrire
Se volete cogliere l’essenza dei il bagaglio di cultura sonora limato al Calibro sarebbe stato un
Che cos’è il blues? Qual è il Virtual Time, dovete sentire errore. Il balzo in avanti è evidente soprattutto nei due brani
linguaggio del blues? La sua Pictures. L’LP. Collezione che cantati: Stan Lee e Black Moon. Il primo beneficia dell’hip hop
essenza? Ne potremmo parlare tiene assieme le canzoni scelte soul di IIla J e si avvicina curiosamente a certo acid jazz di metà
per mesi. Ma una cosa è certa: da loro tra quelle dei cinque CD anni 90, mentre nel secondo è MEI a tagliare la tensione black
il blues è un linguaggio popola- incisi che vanno a costituire il notturna (Ghostpoet?) che l’avvolge. Intorno ci sono le mille
re. E popolarmente si adatta a progetto con lo stesso nome. sfaccettature del groove, declinate con la consueta padronanza
meraviglia alle tradizioni locali. Derubricato come alternative soprattutto nel finale. Le tastiere di 4x4 (una ricorda lo Steve
Penso allo straordinario blues rock, il loro lo definirei alter- Winwood anni 80), il jazz inglese vagamente Mike Westbrook
di Pino Daniele. Voce di Napoli native hard R&B, per quella della conclusiva One Nation Under A Format e la portentosa
attraverso la radice nera. Ecco, propensione ad ariose ballate Fail It Till You Make It, gonfiata su un giro fenomenale,
Ts BluesOne un po’ la ricorda. rock influenzate dal R&B; e in moderna e profumata d’Italia lounge (quei cori sfuggenti tra
La sua voce parte da Catania, molti momenti da certo alt rock le chitarre e i fiati). Dovendo indicare un filo conduttore per
racconta la Sicilia, assorbe la folk. Molto spesso portato su bi- la prima parte, invece, affiora una certa Britannia alla John
tradizione popolare sicula (ed è nari hard. Mi vengono in mente Barry declinata al presente. Thrilling malinconico, scene finali,
qui la straordinaria permeabi- gruppi post grunge come i Blind tutti che hanno perso qualcosa. Suggestioni, sia chiaro, ma sui
lità del blues) e racconta, come Melon, in alcune cose che fanno, quei titoli di coda potrebbero sfilare elegantemente sia Death
un autentico e moderno canta- tipo un pezzo come Beyond The Of Storytelling che Tom Down. Già, ma l’odierno? Più netto
storie, la strada. La sua è la voce Sun. Molto più spesso, in brani nella lucida trama d’apertura di Glory-Fake-Nation o nei synth
degli ultimi che resistono, in come High Class Woman o The vincenti sulle incursioni jazz di Thunderstorms And Data.
una terra la cui vita sconfigge la Adventure Of Funky Boy, be’, Probabilmente il (vero) futuro pieno può attendere, di fronte a
morte sociale. Un disco molto impossibile non collegarli ai Led questa maestria del passato.
importante, e non solo per il Zeppelin. Peraltro loro lo fanno MAURIZIO BLATTO
mercato indipendente italiano. con il loro stile elegante ed ela- 78/100
MARIO RUGGERI borato. Sentiteli, ne vale la pena.
85/100 CLAUDIO SORGE
75/100
RUMOREMAG.COM | 83
TREECOLORE IN BREVE GENNAIO 2020
THEO PARRISH
cadenze a loro consone Afro Vo- no senza paracadute vomitando
odoo, e bene anche pAd e Jolly bile e verbosità elettrica in Be
Mare. Benissimo L.U.C.A., che Gone. Randellate a destra e a
vira Afro Darkness in chiave dub manca, mica no.
tribale e psichedelica. MANUEL GRAZIANI
ANDREA POMINI 77/100
80/100
THIS IS FOR YOU C.Y.M. COMA_COSE
SOUND SIGNATURE
C.Y.M. FONDAMENTA
PHANTASY ASIAN FAKE
Sono passati più di cinque anni dal suo La sigla Era ora,
più recente album American Intelli- nasconde che racco-
gence e, a pochi mesi dall’ottima What la collabo- gliessero il
You Gonna Ask For - complice il nucleo razione fra materiale
degli australiani Hiatus Kaiyote -, il più Chris Baio antecedente
recente singolo del fuoriclasse detroitia- dei Vampire ad Hype
no coincide con l’atteso annuncio di un Weekend e Aura e lo
nuovo lavoro che si intitolerà Wuddaji. Mike Gre- pubblicas-
Ad affiancarlo qui c’è di Maurissa Rose ene, DJ/produttore britannico sero. Ché già da quei pezzi se
(già protagonista di rare apparizioni per produzioni di suoi meglio conosciuto come Fort ne poteva riconoscere la forza.
colleghi concittadini come Eddie “Flashin” Fowlkes e Alton Romeau. Il tema è quello di un Perché Fausto Zanardelli non
Miller). Nell’intima This Is For You la sua voce soul aggiunge suono imbevuto di suggestioni è saltato fuori dal cilindro ieri,
ulteriore calore a uno svolgimento organico e in continua evolu- kosmische, come esemplifica ma è da anni che scrive. Lo sa
zione, dove anche i dettagli e le rifiniture percussive esprimono l’inaugurale Capra, fra chitarre fare bene, non è una novità. E
eleganza e dinamica. Un episodio esemplare di come la migliore post punk e filtri sulla voce. Alla California ha una voce capace
house possa essere ancora significativa e di estrema attualità. lieve elettricità di Super Cannes di convincere persino quando
GIORGIO VALLETTA risponde il groove balearico di canta Battisti, assurdo. Perciò,
90/100 Far Gone. Pare non sia un epi- nell’attesa di un nuovo capitolo,
sodio isolato. ecco le loro radici.
GIORGIO VALLETTA BARBARA SANTI
80/100 80/100
PALE SAINTS
OCEANO DI SUONO
parzialmente quel velo di mistero che The Presence Of God) contenevano già
avvolge la band di Ian Masters, figura di tutte le anime della band e culminavano
culto nel passaggio fra il sound degli anni nel soffuso guitar pop di Sight Of You,
80 e la psichedelia chitarristica dei primi capolavoro della prima produzione che
‘90. La magia dei Pale Saints la si deve avrebbe trovato posto anche sul primo
soprattutto al suo songwriting astratto, LP, nascosto in mezzo all’oceanico
alla voce diafana e a quel modo di gestire deliquio lisergico di Sea Of Sound e a
gli spazi servendosi della penombra delicatezze noise pop dai bordi taglienti
che fanno di The Comforts Of Madness come You Tear The World In Two. A
un capolavoro perduto dell’art pop. dispetto del supporto incondizionato di
Fra le band della 4AD quei Pale Saints John Peel, il disco faticò a capitalizzare
sono stati la più 4AD di tutte. Quella in l’interesse dei giovani inglesi per la
grado di raccogliere l’anima celtica dei nuova psichedelia chitarristica. L’album
Cocteau Twins e quella più sonica dei successivo, lo splendido In Ribbons
Pixies. Molto dipendeva dal background (’91), era un altro centro pieno che
di Masters, che nel 1987 aveva reclutato abbracciava in maniera più decisa le
il chitarrista Graeme Naysmith e il sonorità shoegaze ma perdeva per strada
PALE SAINTS batterista Chris Cooper con un annuncio le sfumature wave. Era anche il primo
THE COMFORTS OF MADNESS in cui diceva di essere alla ricerca fan di LP in cui compariva Meriel Barham, ex
4AD
Dead Can Dance, Television e 13th Floor cantante dei Lush che avrebbe svolto il
Elevators, indipendentemente da quale ruolo di voce solista nell’ultimo, incolore
Nonostante la riscoperta del dream fosse lo strumento suonato. La prima Slow Buildings (’94). A quel tempo Ian
pop abbia riportato a galla band che incarnazione dei Pale Saints era dunque Masters aveva già abbandonato il gruppo,
si credevano scomparse fra le pieghe un terzetto ancora compromesso con lamentando l’inaridimento del progetto.
della discografia indie, quello dei Pale l’estetica goth, ma dotato di un tocco Il futuro gli avrebbe riservato una serie
Saints resta un nome ancora troppo visionario ereditato dai 60’s che già lo di progetti minori, incentrati su un pop
poco celebrato. La ristampa con cui proiettava verso il futuro. Dopo appena sperimentale che poco avrebbe aggiunto
4AD festeggia il trentennale del loro due demo e un tour di supporto ai Lush, il alla straordinarie intuizioni dei Pale
esordio (due CD che alla tracklist gruppo aveva già in tasca il contratto con Saints.
originaria aggiungono demo e BBC l’etichetta di Ivo Watts-Russell. Le tre 80/100 DISCO
sessions) cercano di dissipare almeno canzoni dell’EP d’esordio (Barging Into 75/100 EXTRA
DI DIEGO BALLANI
88 | RUMOREMAG.COM
RETROPOLIS GENNAIO 2020
AA.VV.
deep house (Logic, Kerri Chand- consegna uno scrigno di nuovi
ler, eredità disco impossibili da gioielli tra i più preziosi della
bypassare (South Street Player, sua collezione di musicista. Sia
l’omaggio ad Arthur Russell di che rivisiti gli Small Faces con
Underground Solution) e cantati quel retrogusto vittoriano, in
soul (Barbara Tucker, Black Stained Rainbow, o i Pink Floyd
di See Emily Play, i Pretty Thin-
Magic), hit planetarie da rave
(Josh Wink, Armand Van Hel-
gs di S.F. Sorrow e i Tomorrow,
in Sadie’s Golden Mirror, o nella
TARANTISMO: ODISSEA DI
den, Todd Terry).
ANDREA POMINI
retrofuturistica Julian Hades. UN RITUALE ITALIANO
CLAUDIO SORGE FLEE
80/100 DISCO
ZERO EXTRA 80/100 DISCO
ZERO EXTRA
Il progetto è parecchio
ambizioso: un libro illustrato
bilingue (italiano/inglese),
con approfonditi saggi
e testimonianze affidati
a studiosi, fotografi,
parroci (!), registi teatrali
e organizzatori culturali,
accompagnato da un doppio
EMINEM EUCLID vinile che documenta
THE SLIM SHADY LP HEAVY EQUIPMENT
il passato e lo proietta
EXPANDED VERSION MAGIC BOX
UNIVERSAL
contemporaneamente su
Una tumultuosa evoluzione presente e futuro. Due
Cosa resta dopo 20 anni di verso l’hard rock caratterizzò gli facce, quella cartacea
un cataclisma come TSSLP? Euclid, i cui membri proveniva- e quella sonora, di una
Chiazze vuote nelle foreste, no tutti da garage band dell’E- medesima spinta ideale: cercare di raccontare taranta,
visto l’infinito numero di articoli ast Coast: Massachusetts e New pizzica e manifestazioni culturali annesse al di fuori di una
circa omofobia e misoginia nei England. Garage band famose istituzionalizzazione mainstream che le ha inevitabilmente
testi o le cause legali – tuttora per il loro sound pop jangle inghiottite. Utilizzando una impostazione multidisciplinare
insuperabile quella della madre, dalle armonie vocali curatissi- da cultural studies che non teme le contaminazioni e anzi
accusata di drogarsi più di lui me. Caratteristica quest’ultima le incoraggia e le rivendica. L’esito strettamente musicale
– a seguire l’uscita. O, ad alzare che mantennero gli Euclid pur dell’operazione, quello che in questa sede ci riguarda
il tiro, un album che rimesso su nella loro potente trasformazio- maggiormente, è assai interessante. Il primo vinile recupera
ora resta un mezzo miracolo. ne hard. Il loro primo e unico estratti da registrazioni sul campo effettuate da Alan Lomax
Tuttora stordente il modo in disco del 1970 è un piccolo e Diego Carpitella negli anni 50, una musica tanto essenziale
cui il ghigno nasale del pupillo capolavoro di riff convulsi alla quanto magnetica, capace di toccare corde profonde anche –
di Dre buca i campioni G-funk Budgie e freakbeat estrogenato soprattutto? - pre culturali. Tanto raw da far inorridire all’epoca
sottostanti in questa serie di (First Time Last Time e la cover certa intellighenzia che sperava la ricerca etnomusicologica
vignette, ad esempio. Sguaiate, hard di Gimme Some Lovin’, fruttasse molto più spendibili canti di protesta. Il secondo vinile
improbabili, se non oltre? Forse, che riprende anche I’m A Man, affida il grezzo materiale di partenza a un ampio ventaglio di
e 97 Bonnie & Clyde resta affare di Spencer Davis Group). Enne- producer, tra i quali il nostro Bottin, il danese Uffe e il keniota
da brividi freddi anche adesso. sima ristampa di un disco che KMRU: il “tema” viene svolto in totale libertà, ciascuno estraendo
Ma spassosissime e sempre a continua a essere apprezzato frammenti congeniali alla propria visione e alla propria geografia
fuoco, se i pochi extra (un po’ di da nuove generazioni di fan (mentale e non). Prevale una sensibilità house, anche se in una
versioni a cappella e l’introva- dell’hard rock ed è particolare gran varietà di declinazioni. Forse da questo punto di vista si
bile Get You Mad) aumentano perché coglie il passaggio tra il poteva osare di più, con un ventaglio più ampio di approcci. E
solo la nostalgia per un Eminem 60’s freakbeat e l’hard rock in tuttavia, considerando l’oggetto in questione più una porta di
ormai lontanissimo. maniera perfetta. accesso che uno statement, ci si può ritenere più che soddisfatti.
FRANCESCO VIGNANI CLAUDIO SORGE ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
STANZE
42 MASSIMO VOLUME
Se state leggendo queste pagine, sui 38 minuti di Stanze non dei collezionisti. Non mancavano le sue canzoni, arrivate fin qui
dovrebbe esserci bisogno di dirvi molto. L’impatto alieno e grazie all’amore della gente e ai concerti del gruppo, ma mancava
devastante che il disco ebbe alla fine del 1993 pare intatto, mentre fisicamente, e ora è tornato. Rimasterizzato dai nastri originali,
a ogni ascolto proviamo ancora oggi a decifrare fino in fondo per la prima volta anche in digitale e sulle varie piattaforme di
le ragioni di quel bruciare così puro, violento, commovente. La streaming. O in versione limitata, box con un inserto fotografico
sua musica aspra e potente, declinazione personale coltivata in struggente e un album inedito, Bootleg, concerto a Rimini del 26
autonomia del grande suono post hardcore americano, già piena di febbraio 1994. Ora, cosa fosse vedere i Massimo Volume dal vivo nel
segnali che indicano ciò che verrà in seguito. Le sue parole, capaci di 1994 non è riproducibile, però aiuta: c’è praticamente tutto Stanze,
aprire squarci su mondi che paiono lontani e invece sono lì vicino a ma soprattutto ci sono quattro brani che l’anno dopo saranno su
te, flash narrativi micidiali per nitidezza e capacità evocativa. La sue Lungo I Bordi, probabilmente alle prime uscite pubbliche. Tre sono
parole, e il modo in cui vengono pronunciate in mezzo una tempesta Fuoco Fatuo, La Notte Dell’11 Ottobre e una Per Farcela ancora
di elettricità e tamburi, certo non cantate ma nemmeno esattamente strumentale e non riportata in scaletta. La quarta è Ravenna, e non
recitate, o declamate. Stanze mancava da allora, se si esclude una serve aggiungere altro.
ristampa in CD venduta brevemente dal gruppo durante il tour di ANDREA POMINI
Cattive Abitudini, e aveva raggiunto prezzi discreti sul mercato 99/100 DISCO
85/100 EXTRA
90 | RUMOREMAG.COM
SUONA ANCORA
IL MEGLIO
DEI MESI PASSATI
I norvegesi Lucifer Was scrissero L’unico album di Donna Mc- Difficile sintetizzare in poche
i brani del loro primo e mai Ghee è un piccolo culto della parole il valore musicale e sto-
uscito LP tra il 1971 e il 1972, rico del disco che per l’artista di
BEAT HAPPENING
disco newyorkese di fine anni WE ARE BEAT HAPPENING
influenzati da un prog rock 70, già ristampato una manciata Minneapolis avviò una sequen- DOMINO
europeo che prediligeva antiche di volte e ora nuovamente dispo- za di cinque album impeccabili.
leggende folk e toni “occulti”, nibile, rimasterizzato e riconfe- Inossidabili sebbene perfet- Il perfetto incrocio tra il
flauti e chitarre paniche pre hard zionato dal un marchio d’eccel- tamente datati, i 72 minuti di chitarrismo primitivo di
(Black Widow, Jethro Tull). Ma lenza come Wewantsounds. Il 1999 aggiornano le coordinate Velvet e Cramps e il post
successe che la band si sciolse giro è quello di Patrick Adams musicali di quel che si intende punk intimista britannico
senza incidere nulla e solo 25 e Greg Carmichael (menti di per funk, spostano i confini di Vaselines, Young Marble
anni dopo sarebbe ritornata in progetti quali Phreek, Universal della musica pop e anticipano Giants e Marine Girls.
uno studio per registrare quelle Robot Band, Inner Life e altri, molte successive evoluzioni
stesse canzoni. Credetemi, per i quali McGhee aveva can- della musica elettronica. La
non si coglie alcuna differenza tato e canterà), che scrivono e voluminosa riedizione Super
tra il 1972 e quello che invece producono anche queste cinque Deluxe aggiunge un concerto a
fu realizzato nel 1995. Suoni tracce con tocco inconfondibile. Detroit del novembre ‘82 (con
vintage compresi. Nel senso che Pezzi anche lunghi o lunghissimi una band, prossima a chiamarsi
Underground And Beyond pare (8’26” la title track, 10’20” la The Revolution, già perfetta-
in tutto e per tutto un disco del seguente Do As I Do), puro soul mente oliata) e una ventina di
1972. Tra tutte, si staglia Green ballabile fatto di bassi gommosi inediti. “Scarti” di alta qualità,
Pearl, occult heavy prog tra e rantoli vietati ai minori, trame fra i quali la frenetica Purple
Jethro Tull e… Blood Ceremony. funk e archi. Mai uscita su sin- Music e una visionaria ballata
Peraltro è bene precisare che i golo, la conclusiva I’m A Love come Moonbeam Levels non
Lucifer Was non erano certo i Bug è l’arma segreta per DJ di avrebbero certo sfigurato in un
Black Widow. ieri e di oggi. suo album di quell’epoca.
CLAUDIO SORGE ANDREA POMINI GIORGIO VALLETTA
72/100 DISCO 80/100 DISCO 96/100 DISCO
ZERO EXTRA ZERO EXTRA 90/100 EXTRA
MINERAL
THE POWER OF FAILING/
ENDSERENADING
ARENA ROCK
R.E.M. (E 26 DA MONSTER)
I R.E.M. NASCEVANO 40 ANNI FA. NOVE ANNI
FA SI SCIOGLIEVANO, ABBONDANTEMENTE IN
T E S T O D I C A R LO B O R D O N E , L E T I Z I A B O G N A N N I
E FR ANCESCO VIGNANI
RETROPOLIS R.E.M. T E S T O D I C A R LO B O R D O N E , L E T I Z I A B O G N A N N I E F R A N C E S C O V I G N A N I
OLD
ADVENTURES
IN HI-FI
T E S T O D I C A R LO B O R D O N E
FOTO DI JEM COHEN , KEITH C ARTER E FR ANK OCKENFEL S
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mai sospettato l’esistenza, ma che in fondo era lì da quel magma indistinto che era il cantato di Stipe (dove
sempre. Una sensazione che qualche mese dopo si accidenti si trova Pylomath? Chi o cosa è Kohoutek? E
sarebbe rafforzata all’ennesima potenza quando comprai l’Old Man Kensey?). Persino i nomi delle violiniste nei
il mio primo album dei R.E.M. in tempo reale, Fables Of credits ti portavano in un’altra dimensione narrativa, là
The Reconstruction. “The new LP from US most exciting dove il Southern Gothic incrociava la new wave: Philippa
band”, strillava uno sticker in copertina. E non era per Ibbotson e Camilla Brunt, che fine avete fatto? In quel
ingenuità adolescenziale o ignoranza degli acronimi momento non sapevo niente della storia tormentata
in inglese che quell’”US” d’istinto non lo leggessi dietro le registrazioni di quel disco, di Joe Boyd, di loro
come “United States” ma come “NOI”. Era finalmente quattro spersi nel freddo glaciale di Londra e a un passo
arrivato qualcuno che mi (ci) parlava con una musica e dallo scioglimento. Tutto ciò sarebbe poi diventato
un immaginario che non appartenevano alla realtà che parte dell’epica remiana, e tuttavia ripensandoci adesso
mi (ci) circondava e che forse, chi lo sa, poteva anche fa effetto: se davvero si fossero salutati in quel gelido
essere il futuro. Non potevo neanche lontanamente inverno londinese dell’85, cosa sarebbe stato dell’indie
immaginarmi cosa sarebbero diventati i R.E.M. , ma rock a venire? Cosa sarebbe stato dei futuri Nirvana,
sentivo che valeva la pena seguire le indicazioni di quel Radiohead, Pavement e compagnia alternative? Cosa
muezzin che cantava in modo assurdo testi di cui non si sarebbe stato della cultura pop degli anni 80 e 90? Ma
capiva niente, di quelle chitarre che suonavano strane e più che altro, cosa sarebbe stato di noi? Per quel poco
sbilenche ancorché inspiegabilmente e armoniosamente che conta, di sicuro io oggi non sarei qui a scriverne. Né
famigliari – “i Byrds mescolati ai Gang of Four” era dei R.E.M., né di nessun altro.
la definizione più gettonata all’epoca: io conoscevo
superficialmente i primi e per niente i secondi, ma ero Mi si perdoni la divagazione autobiografica e l’eccesso di
comunque d’accordo – e soprattutto di quella lingua “io, io, io”. Oltre che fastidiosamente autoreferenziale,
arcana che introduceva a una geografia straniante. Maps è anche un po’ egoistico. Se mai è esistita una band che
and legends, come diceva il titolo di una delle canzoni. ha rappresentato un bene comune per persone dall’età
Tutto era misterioso, lontano e affascinante in Fables Of diversa che li hanno scoperti (in diretta, intendo) in
The Reconstruction. I volti sfocati e il libro che bruciava momenti diversi, quella si chiama R.E.M. Non mi
in copertina, il collage di immagini sulla busta interna, vengono in mente altri esempi di gruppi rock capaci
i brandelli di frasi e i nomi che riuscivi a captare in di mettere il proprio sigillo su due decenni, per di più
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antitetici come lo sono stati gli anni 80 e 90. Di riuscire non un modello spendibile in questo inizio di millennio.
a essere rilevanti e identitari in contesti così diversi, E infatti, se ci si fa caso, non sono un’influenza per
prima dalla trincea indipendente e poi come superstar (quasi) nessuno. Nel 1986 spuntavano fuori una ventina
del mainstream, con la stessa grazia e senza flessioni di nuovi gruppi alla R.E.M. ogni settimana, oggi? E non
né in qualità (almeno fino a un certo punto) né nella c’entra la faccenda peraltro innegabile del rock diventato
fedeltà dei fan che si sono aggiunti man mano in una un paese per vecchi e delle chitarre che hanno lo stesso
progressione logaritmica che non ha praticamente fascino per la generazione Z di quello che aveva per noi
eguali e che oggi, semplicemente, non è più possibile. il mandolino (tra l’altro riportato in auge proprio dai
Ecco, ci sono arrivato. Il punto da cui partire, alla fine R.E.M.). Credo invece che tutto sia legato alla parabola
di un decennio orrendo dal quale si sono elegantemente stessa del gruppo, talmente esemplare nel suo aver
defilati, per ragionare sul ruolo storico e l’eredità della rispecchiato la parabola del rock (indie o meno, fate voi)
band di Athens forse è proprio questo. Oggi un romanzo negli ultimi 40 anni da far pensare che dell’(indie) rock i
novecentesco come è stato quello dei R.E.M. non è R.E.M. siano stati in ultima istanza gli estremi untori, o
forse neppure più pensabile, oltre che scrivibile. Non i curatori fallimentari. Oltre che, va da sé, quelli che ne
è necessariamente un bene o un male in sé, quel che è hanno scritto alcune delle canzoni migliori.
certo è che l’assenza dei R.E.M. non si limita al loro non
esserci più come band. Sta anche nel fatto che i R.E.M Il mistero. Tutto nasce da lì. La storia dei R.E.M., così
hanno lasciato dietro di loro tanti bellissimi dischi e come quella del rock e in sottordine dell’indie rock, è un
tanti ricordi con cui struggersi davanti al caminetto, ma lento, progressivo e inesorabile allontanarsi dal mistero.
FILES UNDER WATER – 10 CL ASSICI MINORI DEI R.E . M . A CUR A DI C ARLO BORDONE
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RETROPOLIS R.E.M. T E S T O D I C A R LO B O R D O N E , L E T I Z I A B O G N A N N I E F R A N C E S C O V I G N A N I
Da quel nucleo di segnali in codice, di non detto, di appoggiato cause progressiste e ecologiche, rimesso in
vaghezza, per l’appunto di arcano (o texarkano), di cui circolo nomi quasi dimenticati dello show business. Con
l’estetica R.E.M. è stata un esempio sublime. Detto in la lista dei personaggi frequentati, rivitalizzati o citati
altri termini: è stato un processo di secolarizzazione. dai R.E.M. ci si potrebbe riscrivere il testo di It’s The
Ed è ironico pensare che coloro che lo hanno incarnato End Of The World As We Know It: “River Phoenix-Kurt
sono stati quattro ragazzi che agli inizi provavano in Cobain-Vic Chesnutt-Andy Kaufman-Jimmy Dean-
una chiesa sconsacrata alla periferia di Athens, e il cui Marlon Brando-Patti Smith-William Burroughs-Thom
pezzo più universalmente famoso si chiama Losing My Yorke-LEONARD BERNSTEIN!”
Religion. Michael Azerrad nel suo Our Band Could Be
Your Life (nel quale i R.E.M. non vengono trattati nello E in tutto questo rimanevano “dei nostri”, qualunque
specifico ma sono inevitabilmente citati in molteplici cosa volesse dire. La ragione forse stava anche
occasioni) richiamando il Walden di Thoreau definiva nell’aver mantenuto, per quanto possibile ai livelli di
il rock indipendente americano degli anni 80 “una vita popolarità raggiunti, quella mistica e quel mistero che
nei boschi”. Ed è proprio da lì che sembravano arrivare li contraddistinguevano fin dagli inizi. Il problema è
i R.E.M., da qualche luogo immaginario e non urbano, o che col passare del tempo e dei primi posti in classifica
forse pre urbano, popolato da moral kiosk, harborcoat, il processo di disvelamento e di normalizzazione ha
Wendell Gee, fiumi che prendono fuoco, fratelli cinesi, accelerato sempre più, come del resto era umano che
hyenas e tutto il resto del bestiario, o della commedia accadesse. Ed è una significativa coincidenza che il
umana, che si poteva vagamente captare nel murmur declino sia cominciato davvero da un album intitolato
di Stipe. Un mugugno che con il tempo si è fatto sempre Reveal. Alla fine le ultime ambiguità, gli ultimi confini
più chiaro (grazie anche agli scazzi epocali con Don a rimanere sfumati avevano a che fare con la sessualità
Gehman, il produttore di Lifes’ Rich Pageant, che per la di Stipe, che nel suo rappresentare orgogliosamente
prima volta impose di alzare la traccia vocale nel mix), un modello fluido e refrattario alle definizioni ha
così come si sono fatte più lineari (non sempre, Stipe lasciato forse l’eredità politica più significativa. Il resto
è rimasto un virtuoso nell’indossare delle maschere) è diventato tutto perfettamente leggibile, esposto,
le storie raccontate, più espliciti, comprensibili e normale. Non c’era più niente di misterioso. E se togli il
chiaramente “liberal” i riferimenti politici, più dichiarata mistero cosa rimane? Vale per i R.E.M., ma anche per il
l’appartenenza culturale, più da arena rock i riff di Buck rock. Quella narrazione che nel 1980 si poteva costruire
e più da classifica le melodie di Mills. Il che ovviamente un pezzo alla volta oggi non è più possibile. Perché le
non ha significato svendersi. Su concetti come onestà distanze si sono annullate e le geografie immaginarie
e integrità, riguardo ai R.E.M., si è insistito persino non esistono più, perché la comunicazione è istantanea,
troppo, ma rimane il fatto che, a parte i lamenti dei perché la musica si consuma in modo diverso, perché
soliti rompicoglioni, per tutti noi sono rimasti, nella tutto è alla luce del sole, perché puoi fantasticare su
percezione, un gruppo “indipendente” nonostante i Cuyahoga, Rockville, i fiori del Guatemala, Bertis Downs
contratti ultramilionari firmati con la Warner. Forse ci IV e Philippa Ibbotson giusto il tempo di digitarne i
si è dimenticati di quanto hanno venduto i R.E.M. dagli nomi su Google. I R.E.M. adesso non avrebbero senso.
anni 90 in poi: tutti i dischi a partire da Out Of Time, Sarebbero una buona guitar band come tante altre,
con l’esclusione di Up e Collapse Into Now, sono andati a simple prop to occupy our time. E quindi no, non
al numero 1 in UK e/o negli Stati Uniti. Nei loro anni da vorrei mai che si riformassero. Anche se poi, pensando a
jet set hanno giocato il gioco delle rockstar con estrema quanto avremmo bisogno di mappe e leggende nuove di
intelligenza, assumendosi il compito di fare da ricettori e questi tempi, un po’ mi mancano. Anzi no: mi mancano
ritrasmettitori delle pulsioni pop più o meno alternative proprio. Mi mancano maledettamente. “Jefferson, I
loro contemporanee. Hanno sostenuto band e musicisti, think we’re lost…”
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RETROPOLIS R.E.M. T E S T O D I C A R LO B O R D O N E , L E T I Z I A B O G N A N N I E F R A N C E S C O V I G N A N I
OUR REBELLION
TIMES
IL MONDO SECONDO MICHAEL STIPE
TESTO DI LE TIZIA BOGNANNI
F O T O D I A N TO N C O R B I J N
C'è qualcosa di sbagliato nel chiamare le scienze che ognuno di noi è all'interno del mondo”, e lo
naturali discipline “non umanistiche”. Come se tutto cambiano: “Il libro esplora quello che è avvenuto
quello che ci circonda, la Terra, l'Universo, la natura, negli ultimi dieci anni, ossia due mondi che si
fossero altro da noi, come se l'uomo non ne facesse incontrano - il mondo dell'analogico e quello del
parte. E come se lo sguardo dell'“umanista” - l'artista, digitale – e che non sempre riescono a parlarsi, a
lo scrittore, il fotografo – osservasse qualcosa di utilizzare le parole giuste per farlo. Molte persone
diverso da ciò che studia lo scienziato. Sembra temono il cambiamento e la tecnologia, ma io sono
pensarla così anche Michael Stipe quando spiega le ottimista, sono convinto che possano entrambi
origini della sua passione per la fotografia: “Questo portare a conseguenze positive. È un incontro, quello
viaggio è cominciato nel 1974, quando ho avuto fra analogico e digitale, che ci aiuta a vedere in un
la possibilità di frequentare un corso di un anno, altro modo tutto ciò che ci circonda. Il digitale ci
il corso di scienze ambientali, in cui si parlava di avvicina alla natura, ci aiuta a comprendere più da
combustibili fossili, di ambiente, di inquinamento... vicino, e ad apprezzare, il meraviglioso mondo della
diciamo che rappresentava un momento di raccordo natura in cui siamo immersi”.
tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 80. Vi
lascio immaginare i miei insegnanti, erano tutti Per tornare alla questione scienziati vs artisti
hippie, erano giovani e non vedevano l'ora di allora, la domanda diventa: può l'artista non
insegnare ai loro studenti i valori in cui credevano, limitarsi a osservare e a descrivere il mondo, ma
e penso che quegli hippie ci siano riusciti, adesso essere a sua volta partecipe del cambiamento?
possiamo dirlo, perché tutto quello che ci hanno La risposta è, molto semplicemente, sì, e Stipe
insegnato lo ritroviamo nelle nostre vite di oggi. lo sottolinea a più riprese. Arriva accompagnato
Tutto questo è successo nello stesso anno in cui ho da un gruppo di rappresentanti di Extinction
preso la Canon e ho incominciato a scattare le mie Rebellion, l'organizzazione in prima linea nella lotta
fotografie”. al cambiamento climatico a cui verranno devoluti
per un anno tutti gli introiti derivanti dalle vendite
Our Interference Times – A Visual Record è il del libro e del singolo Your Capricious Soul, e non
secondo libro di fotografie realizzato da Michael perde occasione per ringraziarli e apprezzare il loro
Stipe (che ha scelto la casa editrice italiana Damiani impegno: “Il cambiamento che stiamo testimoniando
per pubblicarlo e il Maxxi di Roma per presentarlo), e affrontando è un cambiamento molto importante
e mentre il primo “era più un album di famiglia, se e di natura generazionale, e mette in collegamento,
così si può dire, una raccolta di scatti accumulati nel ad esempio, il mondo dei giovani e quello delle
corso degli anni, che ritraggono amici, familiari ma persone più adulte. Sono davvero orgoglioso
soprattutto persone a cui tengo molto, il nuovo libro di poter indossare qui sul cuore l'adesivo di
può essere visto invece come un'idea di famiglia Extinction Rebellion. E.R. non è un'organizzazione,
allargata, allargata nel senso che riguarda il mondo è una comunità filosofica che si muove verso il
che ci circonda”. cambiamento. Questo libro è una raccolta che
comprende decenni dedicati alla fotografia, ma è
Con sguardo scientifico, Stipe scandaglia il mondo molto di più: rappresenta la mia visione del mondo,
che lo (e ci) circonda per trovare e documentare una visione che ci accomuna tutti, e rappresenta
particolari, dettagli, interferenze, pattern nascosti anche la mia più profonda preoccupazione, pure
nelle esperienze quotidiane, che “forgiano ciò questa comune a tutti: in che modo l'umanità si
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«V I L A S C I O I M M A G I N A R E I M I E I I N S E-
GNANTI, ERANO TUT TI HIPPIE, ERANO
G I O VA N I E N O N V E D E VA N O L' O R A D I
I N S E G N A R E A I L O R O S T U D E N T I I VA -
L O R I I N C U I C R E D E VA N O , E P E N S O
CHE QUEGLI HIPPIE CI SIANO RIUSCI-
T I, A D E S S O P O S S I A M O D I R LO, P E R C H É
T U T T O Q U E L L O C H E C I H A N N O I N S E-
G N ATO LO R I T R O V I A M O N E L L E N O S T R E
V I T E D I O G G I . T U T T O Q U E S T O È S U C-
CESSO NELLO STESSO ANNO IN CUI HO
PRESO L A CANON E HO INCOMINCIA-
TO A S C AT TA R E L E M I E F OTO G R A F I E »
R.E.M.
posiziona nei confronti dei cambiamenti che stanno
avvenendo, e soprattutto nei confronti di quello che
possiamo offrire alle generazioni future. A che cosa
porterà questo cambiamento, che cosa offriremo a
MONSTER
chi verrà dopo di noi?”. (25TH ANNIVERSARY EDITION)
CRAFT RECORDINGS
RUMOREMAG.COM | 99
CHE FINE HAI FATTO? ALEX CREMONESI
ALEX CREMONESI
IERI (1993 AL 2008) OGGI (DAL 2009)
“Conosco Joe e Cesare da metà anni 80, “A quel punto mi sono preso la libertà di
frequentavamo il giro che avrebbe originato fare cose in cui potevo mettere la follia che
la Vox Pop. Un giorno proposi a Joe di derivava dalla mia formazione e curiosità
cantare un mio pezzo e venne così bene che giovanile: a 13 anni attraverso Barrett e i
continuammo. Quando chiuse lo studio dove primi Floyd avevo scoperto come con la
incidevamo finimmo in quello di Cesare musica fosse possibile fare davvero tutto. A
al Jungle SS, e cominciammo a pensare CON MAU- 16, uno spettacolo della compagnia di Merce
a scrivere in italiano, anziché in inglese. RO ERMANNO Cunningham con John Cage che mandava i
1992, 29 anni, sposato, un figlio. Priorità, GIOVANARDI E suoi nastri dal vivo mi aveva convinto che con
CESARE MALFATTI
rispetto alla musica. Non mi interessava la FONDA I LA CRUS,
la musica e la scrittura fosse lecito sfidare
vita on the road, anzi. L’apporto di Cesare ai E CONTINUA A ogni legge. Ho avuto la fortuna di incontrare
campionatori dette hype al lavoro. Quando LAVORARE AI TESTI sempre persone di spessore umano e costruire
uscì il primo album fu eccitante, piovevano E A COLLABORA- con loro esperienze in cui spendermi con
lodi e premi, io facevo il ‘Pete Sinfield’: amavo RE PER LA LORO libertà, un’anarchia creativa che poi viene
il ruolo di autore, potevo occuparmi di ciò INTERA VITA, APPA- incanalata in risultati sorprendenti. Accade
che avevo a cuore, la famiglia, mantenendo RENDO DI RADO collaborando sia con Lagash (e con il
PUBBLICAMENTE.
un legame con la creatività. E questo Collettivo OP) sia con i Masbedo. E anche il
OGGI, OLTRE A
mi ha aiutato ad avere un certo sguardo LAVORARE PER recente disco a mio nome è frutto di questo.
artistico, sobrio e lontano dal compromesso. UN’IMPORTANTE Non scrivo più canzoni nel senso canonico
Intanto ho approfondito la mia fede, sono SOCIETÀ TEDESCA, del termine, non mi corrisponde più, troppo
entrato nell’Ordine Francescano Secolare. FA INSTALLAZIONI, restrittivo. Sono più attratto dalle modalità
Nella spiritualità ho trovato il modo per PERFORMANCE, dell’arte contemporanea, dove c’è più spazio.
confrontarmi con Dio. Sul piano professionale COLLABORA CON Mi piace sviluppare i lavori su più piani. La
MASBEDO, LAGASH,
lavoro già dall’87 nella filiale italiana di Prosecuzione Della Poesia Con Altri Mezzi,
DEPRODUCERS ED
un’importante società tedesca, e sono ancora È AUTORE DI SPET-
che ha avuto modalità di costruzione affini
lì. Grazie alle mie competenze da ragioniere, TACOLI E DISCHI. a quelle dell’arte contemporanea, diventerà
seguivo pure gli aspetti burocratici e fiscali un’installazione, in mostra da febbraio
dei La Crus. Quando ci sciogliemmo ne uscii alla Galleria Costantini di Torino, e una
bene; per quanto importante, quell’esperienza performance nella stessa città, al MEF. Uscirà
non mi definiva come persona e la sua poi il vinile della performance in edizione
mancanza non mi toglieva nulla. Fu una speciale. Intanto vivo sempre nella stessa
decisione condivisa, ci lasciammo perché casa, a Milano. Ho tre figli, ormai grandi.
vedevamo il rischio di ripeterci. Restammo in Sono grato per tutto questo. I doni ricevuti
ottimi rapporti, scrissi due pezzi per l’esordio dalla vita sono di gran lunga maggiori dei
solistico di Joe e tutto quello di Cesare”. dolori e delle fatiche”.
DI BARBARA SANTI - FOTO DI SIMONE CARGNONI
100 | RUMOREMAG.COM
GENTE SOL A (MA NON TROPPO) STORIA MINIMA DEI DISCHI DEFIL ATI
DI MAURIZIO BLATTO
RUMOREMAG.COM | 101
VISIONI GENNAIO 2020
Dolemite power!
DOLEMITE IS MY NAME hop. Eddie Murphy, raramente geniale e ispirato come in questo
REGIA DI CRAIG BREWER film, ritrae Moore non come un fenomeno da baraccone ma
USA, 2019 come un imprenditore che da zero s’inventa un personaggio e,
soprattutto, si ritaglia un posto nel cinema ancora (e sempre)
saldamente nelle mani dei bianchi negli anni 70. Murphy, in
Chi era Rudy Ray Moore e perché, adesso…, si parla tanto bene fondo è lui il vero regista e artefice del progetto, più che lasciarsi
di lui? Considerato unanimemente, da Snoop Dogg in giù, come andare alla celebrazione del vintage celebra in Moore, e nelle sue
il padrino del rap, Rudy Ray Moore ha esercitato un’influenza strategie pauperiste, lo spirito e la forza di chi non si fa stringere
duratura sulla musica e la cultura afroamericana mentre i in un angolo dalle condizioni truccate dai bianchi. Moore
soloni bianchi del buon gusto non gli concedevano nemmeno il inventa nuove regole del gioco e riesce a parlare a chi come lui si
beneficio del dubbio elargito a volte persino a un Ted Mikels. sente escluso. Dolemite Is My Name, che vanta anche un Wesley
Moore, nelle sue routine stand up, ha avuto l’intuizione geniale, Snipes a dir poco sublime, è un film irresistibile. Eddie Murphy
di recuperare storie degli afroamericani che risalivano al tempo non poteva vantare un ritorno più clamoroso. Ovviamente Rudy
della schiavitù tramandate oralmente, e che la le generazioni Ray Moore, dall’altra parte, se la starà ridendo alla grande: il suo
successive hanno tentato di dimenticare. L’impatto di un lascito politico e artistico in Eddie Murphy vivrà per sempre.
turpiloquio barocco e fuori dal tempo, ricontestualizzato nel GIONA A. NAZZARO
gergo degli anni 70, ha avuto il pregio di creare quella che 93/100
sarebbe poi diventata di fatto la lingua delle strade e dell’hip
102 | RUMOREMAG.COM
UN GIORNO DI PIOGGIA JOJO RABBIT
A NEW YORK REGIA DI TAIKA WAITITI
REGIA DI WOODY ALLEN USA, 2019
USA, 2018
Nazismo e commedia, due parole
Gatsby Welles, protagonista di Un che non dovrebbero nemmeno
Giorno Di Pioggia A New York stare nella medesima frase, è un
(l’ultimo film di Allen uscito lo scorso connubio possibile se ci si chiama
dicembre, a più di due anni dalla Chaplin, Lubitsch. Anche Mel
realizzazione, per via delle accuse Brooks. Tutti gli altri, invece,
di molestie sessuali nei confronti dovrebbero andarci cauti. Taika
del regista), pensa, dice e ama le Waititi è senz’altro uno dei talenti
cose che di Manhattan pensa, dice più interessanti emersi negli
e ama Woody Allen, ma non è il suo ultimi anni e, inevitabilmente,
ennesimo alter ego. In Timothée ci si attendeva molto da un film
Chalamet, che interpreta uno studente dell’alta borghesia che si basa su una premessa
newyorchese tornato in città per un weekend, Allen ha davvero interessante. Eppure, nel raccontare il rapporto
trovato un erede, un testimone del suo mondo ideale. E di un bambino della gioventù hitleriana con il suo amico
nella coppia che Gatsby forma con la fidanzata Ashleigh, immaginario Adolf che si nutre di unicorni, Waititi è come
ragazzotta dell’Arizona ammaliata dalla metropoli e dallo se lui per primo si fosse spaventato da tutte le implicazioni
show business a cui Elle Fanning si presta perfettamente, del progetto. Tutte le gag è come se fossero sempre ovattate e
ha intravisto una speranza. Non per la loro relazione, che presentate con le modalità d’uso. L’aspetto più interessante
finisce nell’arco di una perturbazione autunnale, ma per del film è senz’altro il rapporto che il piccolo protagonista
il racconto che il cinema può ancora fare di una città, dei intrattiene con la ragazza che la madre ha nascosto in casa (e
suoi spazi, della sua luce e degli amori che in essa possono che nel finale subisce numerosi rovesciamenti di posizione).
nascere. Si tratta solo di togliere il trucco alle illusioni della Eppure, nonostante gli evidenti limiti del film, Jojo Rabbit,
memoria e dei sogni, aprendosi ai colori e agli umori di se non altro, ci ricorda una verità banale ed elementare: non
una vita imprevedibile. Accadeva nei film più malinconici si può essere nazisti e pretendere di essere giusti o innocenti.
di Allen, in Hannah E Le Sue Sorelle o Un’Altra Donna, e Di questi tempi non è affatto poco.
accade nuovamente in questo inatteso capolavoro. GIONA A. NAZZARO
ROBERTO MANASSERO 67/100
95/100
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Musica
VISIONI ESPANSE
Cineobituary
M83
RUMOREMAG.COM | 105
LETTURE GENNAIO 2020
JACOPO GHILARDOTTI
RIBELLI ALL'ANGOLO. UNA STORIA DEI CLASH A CINQUE
ARCANA
ALESSIA MASINI
SIAMO NATI DA SOLI. PUNK, ROCK E POLITICA IN ITALIA
PIETRO SCARAMUZZO E IN GRAN BRETAGNA (1977-1984)
TOM ZÉ - L'ULTIMO TROPICALISTA PACINI
ADD
Tre buoni motivi per leggere questo libro: 1) perché l'ha
Incredibile ma vero: tolto un libro scritto una storica, col metodo che solo una storica sa
autobiografico uscito solo in Brasile nel 2003 applicare 2) perché è opera di una ragazza giovane che
(Tropicalista Lenta Luta), la vita e le opere di non ha vissuto in prima persona gli eventi descritti,
Tom Zé non erano mai state raccontate prima garanzia questa di rigore e obiettività 3) perché è un
su carta. Complimenti all'editore torinese tentativo tutto sommato riuscito di contestualizzare
dunque, che affida a un esperto come Pietro otto anni di storia del punk: come nasce, perché nasce,
Scaramuzzo - lucano a Lisbona, giornalista cosa sottende e perché, a conti fatti, resta l'ultima vera
specializzato in musica e cultura brasiliana, rivoluzione culturale degna di tale nome, capace di toccare ambiti anche
creatore del portale dedicato nabocadopovo. molto lontani da quello musicale (il punk è una cosa, il punk rock un'altra).
it - il compito di addentrarsi nelle vicende L'analisi delle fonti è scientifica, la passione per l'argomento a stento
di un uomo e artista come ce ne sono pochi. contenuta. Il sottotitolo non nasconde l'ambizione di “dire tanto”, non
Nato Antônio José Santana Martins a Irará, mancano i refusi (la storica prima volta dei Clash in Italia risale al primo
entroterra rurale dello stato di Bahia, Tom Zé giugno 1980, non al 2, e “Syd Viscious” è da rosso diretto) e le note a fine
è in un certo senso l'unico vero tropicalista, testo invece che a piè di pagina rendono la lettura tecnicamente faticosa, ma
quello che non ha mai dimenticato la spinta l'onestà dell'approccio, la mole del lavoro e il quadro che configura valgono
rivoluzionaria di quei giorni del '68, e anzi lo sforzo. Da questo punto di vista, un libro utilissimo.
l'ha sempre più radicalizzata, giungendo a una LUCA FRAZZI
sintesi unica di pop, tradizione e avanguardia.
75/100
È stata dura, i riflettori sono stati spenti a
lungo e c'è voluto il solito americano accorto
(David Byrne in questo caso) per riaccenderli
definitivamente (o quasi: gli ultimi album
sono pazzeschi, ma escono autoprodotti e solo CAETANO VELOSO
là...). È tutto qui, in un'esclusiva mondiale VERITÀ TROPICALE. MUSICA E RIVOLUZIONE NEL MIO BRASILE
scritta a stretto contatto con l'artista. Che SUR
ne racconta i successi e gli insuccessi, le
cadute e le rinascite, la mente sempre Già uscito a inizio millennio per Feltrinelli, il corposo
attiva e l'attitudine umile e costruttiva, mai memoir di Caetano Veloso ritorna revisionato nella
pretenziosa. Che ne documenta le intuizioni traduzione (a tratti sembra un altro libro), con una lunga
geniali (l'uso musicale di lucidatrici e introduzione in cui l'autore risponde puntualmente
smerigliatrici, l'invenzione di campionatori a critiche e osservazioni inerenti la prima edizione
ante litteram come il buzinório o l'hertzé) brasiliana del 1997. La biografia è strettamente
e l'approccio tanto iconoclasta quanto intrecciata alla vicenda tropicalista (dopo la metà
amorevole alla tradizione brasiliana, anche dei '70 tutto si fa carrellata velocissima), densa di
quella meno celebrata (sempre presente riflessioni, e Veloso utilizza la propria scrittura mai
nei suoi dischi, ma esplicito nella trilogia lineare e spesso parentetica, anarchica nell'incedere
di album Estudando...). Che ne analizza a tra aneddoti, ricordi, nomi, piani temporali, movimenti culturali e politici,
fondo la poetica con competenza e acume, razionalità ed emotività (struggente in tal senso il racconto della prigionia
mostrando come l'aspetto lirico della sua che precede l'esilio imposto dalla dittatura militare nel 1968), una prosa
opera abbia pari importanza e creatività. Una di primo acchito disorientante, per disegnare la mappa in filigrana di una
biografia forse troppo scandita dalle uscite personalità curiosa e lucidissima. Che non fa sconti alla propria vicenda e
discografiche per un personaggio del genere, neppure alla rivoluzione musicale e culturale di cui è stato fra i protagonisti,
ma preziosa comunque. soppesandone errori e utopiche ingenuità ma anche, a decenni di distanza,
ANDREA POMINI la portata autenticamente eversiva.
80/100 ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
80/100
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LETTURE EXTRA GENNAIO 2020
MARK Z. DANIELEWSKI
CASA DI FOGLIE
66THAND2ND
NELSON GEORGE
FUNK E MORTE A L.A. – UN MISTERY CON D HUNTER
JIMENEZ
WILLY VLAUTIN
THE FREE In una Los Angeles gentrificata in cui Compton è meno
JIMENEZ nera, il soul food è minacciato da cibi salutari e il gap
generazionale è attenuato solo dalla presenza del funk
Un anno fa scrivevamo dello straordinario Io nel rap, da Brooklyn arriva D Hunter, protagonista
Sarò Qualcuno. Il songwriter di Richmond per la quarta volta di un romanzo poliziesco di George.
Fontaine e Delines torna in Italia, lo ha Il richiamo all’avventura è l’omicidio di suo nonno,
fatto anche fisicamente a novembre, con e la necessità di scoprire il colpevole lo immergerà
The Free, pubblicato negli Stati Uniti nel in una vera giungla metropolitana. Lo studioso,
2014. Un altro romanzo straordinario filmmaker e scrittore newyorchese sciorina la sua
che mette sotto la lente d’ingrandimento cultura musicale: quasi in ogni pagina parla con stile di funk, rap, jazz,
esseri umani assolutamente ordinari su cui soul, trap fino, addirittura, ad ambientare una vicenda serale in un party
incombono piccole grandi tragedie personali. della Stones Throw. In un intreccio da autore cinematografico (non a caso
Tre personaggi oppressi dai sensi di colpa, cita Chinatown di Polanski), il suo eroe rincorre Dr. Funk, misteriosa
impegnati quotidianamente a non affogare star decaduta e personaggio chiave del libro, e per farlo vive situazioni di
nei propri fallimenti. Un reduce della tensione con le comunità messicana e coreana. Sullo sfondo, anche se il
guerra in Iraq ridotto allo stato vegetativo, presente è condizionato dai social network, il passato resiste: Bloods e Crips
un’infermiera dall’umanità grande quanto il sono vegeti e Koreatown di certo non è arretrata dopo essersi armata a
Canada e un uomo abbandonato dalla moglie difesa delle proprie attività commerciali durante la rivolta del ’92…
e dalle figlie, costretto dalle circostanze a LUCA GRICINELLA
fare due lavori (diciamo anche tre). Leroy,
78/100
Pauline, Freddie. Per sopravvivere ognuno di
loro mette in atto, consapevolmente o meno,
la propria strategia tra sogni, piccole illegalità
e un sano egoismo dei sentimenti. Comune
denominatore è la compassione umana: LUCA MARCHESI
nell’accezione letterale di immedesimarsi UN LINGOTTO ROSSO SANGUE
BOOKROAD
nella sofferenza altrui con il desiderio di
alleviarla. Nelle storie minime di Vlautin
È abbastanza sorprendente, il thriller del giornalista
non c’è mai lieto fine, le piccole vittorie sono
e scrittore della Bassa modenese. Sorprendente per la
frutto di sacrificio e abnegazione, come nella
capacità dell’autore di creare suspence, di descrivere
vita del resto. La sua narrazione pulita, solo
i personaggi che animano queste pagine con crudo
in apparenza distaccata, tradisce un’empatia
realismo, e anche di fantasticare. Sa lasciare col fiato
strabordante e trasuda verità - “costa
sospeso il lettore, attraverso descrizioni asciutte ma
parecchio diventare vecchi” - anche nei
esaustive, puntuali, partendo dagli antefatti, dalla vita dei
dialoghi che modellano una (in)credibile epica
personaggi. La scena si svolge proprio nella Bassa durante
del quotidiano. In proposito va detto che il
il terribile terremoto del 2012, e lo spavento e i problemi
Nostro riesce a smontare 60 anni di retorica
generati dal sisma, quella vita fatta di fatiche e paure
letteraria sugli eroinomani in una mezza
quotidiane, fanno da sfondo e si mescolano alla trama, tra colpi di scena e un
paginetta appena. Un altro grande romanzo
racconto che ha ritmo ed estro. Una giovane donna viene ritrovata assassinata
americano su coloro che sono relegati
sul ciglio di una strada, e toccherà al maresciallo dei carabinieri Salvatore
nell’ombra dove Vlautin, con una delicatezza
Milano indagare. Con passione, puntiglio e competenza cercherà il colpevole,
quasi poetica e attraverso l’espediente
finendo per scoprire gli altarini degli abitanti di zona e anche gli oscuri misteri
narrativo del sogno, per la prima volta attacca
legati a un enigmatico tesoro. Una fantasia fervida, si diceva, e una penna
la società odierna convinta che la libertà si
allenata e incisiva per un giallo da leggere d’un fiato.
conquisti a discapito dei più deboli. BARBARA SANTI
MANUEL GRAZIANI
76/100
88/100
RUMOREMAG.COM | 107
FUMETTI GENNAIO 2020
GHETTO BROTHER
UNA LEGGENDA DEL BRONX
DI JULIAN VOLOJ & CLAUDIA AHLERING
ADD EDITORE
108 | RUMOREMAG.COM
F U M E T T I P O S T E R-I D I A L E S S A N D R O B A R O N C I A N I E A L E S S A N D R O B E S S E LVA AV E R A M E
RUMOREMAG.COM | 109
DAL VIVO TRANS MUSICALES 2019
110 | RUMOREMAG.COM
le melodie maghrebine sul mélange di Convince per equilibrio tra la new wave
bassi da manicomio e cassa in quattro, si d’epoca a l’attualità indie pop il suono
aggiungono ospiti di rango, al top Sofiane degli Stats, in arrivo da Londra con
Saidi, l’erede più credibile della grande la sicurezza dei veterani. I margini di
scuola del raï algerino. crescita riguardano a questo punto
Detto della tribuna, ecco i distinti. soltanto la sfera compositiva. Frizzanti,
Settore dove prende posto Gilberto cosmopolite, cariche d’energia, le
Rodriguez con i suoi Los Intocables. giovanissime Los Bitchos si sono a loro
Il chitarrista di Los Angeles ha le vene volta formate nella capitale britannica,
piene di blues e jazz, il cuore votato alla ma sfruttano con intelligenza le radici
musica latina di famiglia e tra le mani latine (Uruguay) di due delle cinque
una terza via a quest’ultima materia. componenti. I pezzi sono strumentali,
Né elettronica né soluzioni afrocubane le chitarre garage psichedeliche giocano
acustiche, bensì un’espansione elettrica con le sensazioni stile chicha del
che viaggia a anche in direzione funk Perù la temperatura sale. Il livello di
e country. Detto così sembra un gran maturazione del frutto è molto avanzata
casino, invece funziona e ti porta se si tiene conto del fatto che fin qui le
dentro un viaggio elegante che potrebbe ragazze hanno pubblicato solo tre singoli.
però suonare più sporco. Ancora una
menzione per il jazz, cui spettano Eccoci nell’emiciclo delle delusioni.
le quote di maggioranza dello show Stravince una band russa, Shortparis.
di Cochemea Gastelum e del suo Si vestono a metà strada tra i Devo
combo. Il sassofonista e capobanda e Kraftwerk, propongono un electro
di Brooklyn ha un palmares da urlo, pop per niente originale, salvato solo
guidato dalle collaborazioni con Arche dalle qualità di intrattenitore del
Shepp, Antibalas, Quincy Jones e tastierista, performer con le stimmate
Amy Winehouse. Soluzioni valvolari, dell’animale da palco. Brucia di più non
escursioni funky, free jazz, spiritualità sentir decollare la miscela di Chouk
africana e assolo di sax sontuosi sono Bwa & The Ǻngstromers, da cui
trattati con maestria, manca però il sale ci si attendeva francamente di più.
dell’originalità. L’orchestra haitiana fa il suo dovere, ma
i due produttori belgi le ruotano intorno
Proseguiamo il giro dello stadio virtuale con turbolenze digitali; pertinenti senza
per entrare nella curva rivelazioni. mai alzare l’asticella del progetto.
RUMOREMAG.COM | 111
DAL VIVO TRANSMISSIONS FESTIVAL XII
TRANSMISSIONS
FESTIVAL XII
C’è questo luogo comune che vuole mette in scena un incontro credibile
la Romagna terra inclusiva in cui chi tra due modi di fare le cose: due serate
arriva da fuori viene trattato in un curate da Bisi con piccole incursioni
modo che lo spinge a tornare. Vale tanto di JIMH (Oren Ambarchi e Sote), la
per certi settantenni che continuano a terza tutta Jerusalem. Il contesto serve
frequentare la spiaggia in cui andavano a fare da contenitore e miscelatore,
da bambini quanto per i musicisti di annullare contrapposizioni che sulla
area avant (Martin Bisi e Jerusalem In carta si sarebbero supposte esistere,
My Heart, nel caso di specie), chiamati a uso e consumo di un pubblico di
a suonare al Transmissions e tornati affezionati che non fa discrimini. Nel
in veste di curatori l'anno successivo. complesso, un’edizione più avventurosa
Volendo si possono mettere dentro i e meno scontata del solito. La prima
rapporti di amicizia che si creano tra sera apre col furioso noise metal dei
gli ospiti che tornano sempre in riviera: Solaris e si chiude con gli ultra glam
milanesi e torinesi che per un anno White Hills. Spicca il post punk arty dei
non si sentono, ma che in quei giorni di Parlor Walls. Bisi suona con BC35 e col
agosto sono come fratelli e sorelle. RAVENNA, ARTIFICERIE suo gruppo: le chitarre disegnano un
ALMAGIÀ futuro oscuro. La sera dopo la scarica
21-23 NOVEMBRE 2019
Uno se li immagina così, Martin Bisi e psyco dei Live Skull mette sotto scacco
Radwan Ghazi Moumneh: esperienze l'Almagià, mentre Oiseaux-Tempête e
musicali diverse, sottoculture che GW Sok fanno rifiorire il post rock con
diresti impermeabili una all’altra, si un set impetuoso. Tidal Channel danno
trovano a curare insieme il bill di un il loro contributo synth poetry e RYF
festival di musica. Le basi concettuali è una parentesi sadcore. Nella terza
sono le stesse: una esperienza condivisa serata giganteggiano Nadah El Shazly,
nel passato, la capacità di ripartire da che nella sua più recente incarnazione
lì. In un mondo perfetto le musiche e le live è una specie di Patty Waters impro
culture di ogni luogo si parlano, ognuna noise, e le batterie avventurose di Jim
ha un suo spazio e un suo tempo, White che frammentano la lira cretese
passato presente e futuro. In questo di Giorgos Xylouris. Il prossimo anno
mondo, per metterle in comunicazione, Transmissions arriva all’edizione
ci si affida a episodi fortuiti. Nello numero 13, si accettano scommesse
spazio fisico dell’Almagià di Ravenna la su chi tornerà a villeggiare suonare e
dodicesima edizione di Transmissions curare.
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DAL VIVO IN ARRIVO
Per essere gennaio non c’è male sul fronte calendario concerti. Già la sola presenza di Sinéad O’Connor basta per
alzare l’asticella, ma come al solito i live si concentreranno sul prossimo mese. Così per una volta possiamo dare
spazio a un po’ di band e artisti di casa nostra che ne meriterebbero di più. Perché a volte con i soldi che spendiamo
per andare a vedere un concerto in un palazzetto ne potremmo vedere almeno tre in un piccolo club o circolo: sono i
concerti migliori, quelli che ti fanno scoprire qualcosa di nuovo. È questa la filosofia su cui si fonda questa rubrica
e il suo corrispettivo online.
13 GENNAIO 16 GENNAIO
MURCOF ZU
INNER SPACES, AUDITORIUM SAN FEDELE (MILANO) CINEMA MASSIMO (TORINO)
Questo potrebbe essere l'ultimo anno di Inner Spaces, La seconda vita degli Zu passa da Torino, per una
un rassegna che dovrebbe essere nominata patrimonio data dedicata a Terminalia Amazonia, il loro ultimo
dell'umanità. Vi conviene non perdervi neanche una serata. incredibile album. Esperienza sensoriale più che concerto.
RUMOREMAG.COM | 113
A CURA DI
BANDALARGA AMARCI MEGLIO S ERG IO MES S IN A
letto ri@sergio m essina . c om
AMARCI
MEGLIO
Su una cosa dovremmo essere immaginabili, anche se persistono di quelle tradizionali. C'è poi un
tutti d'accordo: la quantità di sacche di sottosviluppo. Quindi altro posto dove si assorbe questa
donne assassinate dai partner o la causa degli omicidi di donne oggettificazione delle donne e cioè
dagli ex in Italia è intollerabile. Poi non è la follia bensì questa idea la comunità dei maschi, inclusi voi
certo, esiste gentaccia dimenticata irreale di relazione tra sessi che in e io. E chi tace è complice. Si va dal
dall'evoluzione che dice cose soggetti sensibili scatena reazioni commento stradale evidentemente
tipo "chissà lei che aveva fatto", abnormi. Magari allora ha senso molesto all'occhiata non richiesta
ma è destinata a estinguersi. Il chiedersi dove si apprendano questi che lascia la bava sul culo della
problema invece riguarda gli altri comportamenti. Sui libri? I film? malcapitata, fino alla gomitata
maschi, inclusi tutti noi. Io non Le serie TV? Non mi pare. Anche complice tra maschi in ufficio.
credo che questi assassini siano a scuola non direi. Forse dalle Abbiamo tutti un amico così, e
pazzi o persone particolarmente canzoni, i cui testi hanno spesso qualche volta quell'amico siamo noi.
violente. Sono uomini (e qualche descritto gelosie e gesti estremi? Non c'è niente di male a capirlo e
volta anche donne) che coltivano Francamente non credo: la musica cambiare, anzi. Viceversa, c'è tutto
una visione assurda dell'amore. pop racconta sempre un sentire di male.
Assurda ma non sconosciuta, comune. Magari è la natura che
esotica o folle. Le loro dichiarazioni scalpita, il ricordo Neanderthal del Infine c'è un aspetto di educazione
non sono mai farneticazioni maschio che protegge il focolare? all'amore che riguarda ognuno,
sconnesse assimilabili alla follia, Non diciamo fesserie: sono le donne e che mi pare insieme difficile e
non gliel'ha fatto fare il demonio. che fanno i figli. E allora dove si urgentissimo. Non è vero che "in
Sono parole, a volte perfino di imparano questi sentimenti? amore, come in guerra, tutto è
pentimento, che però si appellano permesso". Nemmeno in guerra
sempre a un sentire collettivo; La risposta mi pare una sola, è più permesso tutto, figuriamoci
magari loro hanno esagerato ma brutta e sconsolante: nella in amore. Eppure questa logica
la logica, il pensiero dietro alle società e nei suoi nuclei fondativi, continua a governare le azioni
loro azioni sarebbe comune a innanzitutto la famiglia. Se un di molti. Insieme a un'altra idea
tutti noi, e forse perfino nobile. genitore è possessivo col partner comunissima, oscena e velenosa:
L'amore, la gelosia, il possesso è possibile che i figli lo diventino. che l'amore si misuri a peso, che
dell'oggetto amato, la difesa del Se una femmina viene educata in la quantità sia un valore e che
nucleo familiare, l'intollerabilità maniera diversa, è prevedibile che l'intensità (variamente intesa)
dell'idea che lei abbia qualcun il fratello ne deduca una regola. Se, sia proporzionale alla bontà del
altro. Sensazioni che secondo loro magari per amor di pace, la madre sentimento. Un'idea terribile, che
dovremmo provare tutti, ma che nel accetta comportamenti sbagliati spalanca la porta a mille infamie,
loro caso sono talmente intense da del padre, mi pare plausibile abusi e violenze fatte e subite in
indurli a gesti estremi. Terribile, che i figli memorizzino questa nome dell'amore. Mentre è chiaro
anche se in Italia fino a pochissimi dinamica. È uno dei mille motivi che in amore l'importante è la
anni fa questo tipo di violenza era per cui sono favorevole a famiglie qualità. Non mi interessa sapere
perfino regolata dalla legge, come di ogni gender: se l'obiettivo è quanto mi ami, ma come. Fatto
nell'adulterio o il delitto d'onore. scardinare queste logiche sessiste questo passo forse saremo un
Logiche così oggi non sono più certamente funzionano meglio pezzetto avanti.
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TRADOTTA, CALENDARIO SEMPRE AGGIORNATO DEI CONCERTI, CONTEST,
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Edward Hopper, Cape Cod Morning, 1950 (Detail), Oil on canvas, 86,7 × 102,3 cm, Smithsonian American Art Museum, Gift of the Sara Roby Foundation, © Heirs of Josephine Hopper / 2019, ProLitteris, Zurich, Photo: Smithsonian American Art Museum, Gene Young
SUPPLEMENTO AL NUMERO 336 (GENNAIO 2020) DEL MENSILE RUMORE
X E
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01
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DIEGO BALLANI
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Volume 6
DICE
IN CINQUANTA PER ‘10 | LE GUIDE PRATICHE DI RUMORE
9 I NT ROD UZ I ONE
11 C I N Q UA NTA PE R ‘1 0: I D I SCHI
6 5 E XT R A: G LI ALT RI 50
PER RUMORE:
Direttore responsabile: Marco De Crescenzo
Direttore editoriale: Rossano Lo Mele
Coordinamento redazionale: Alessandro Besselva Averame
Direttore artistico: Stefano Manzi
PER LA GUIDA:
Concept: Rossano Lo Mele
Progetto grafico: Stefano Manzi
Editing: Alessandro Besselva Averame
H
a ancora senso, riferendosi al decennio appena trascorso, parlare dei “migliori
album”? È un dubbio che, se siete fra coloro i quali amano indagare sull’evoluzione
della musica pop, vi sarete posti più di una volta. Quesiti analoghi ci perseguitano
quotidianamente. Tutti in qualche modo innescati dall’evoluzione tecnologica e
dall’impressionante stravolgimento che Internet ha impresso ai rapporti fra la musica, chi la crea
e chi ne usufruisce. I metodi di fruizione, distribuzione e promozione sono cambiati in cosi tanti
e tali modi che sarebbe inutile provare ad approfondirli in uno spazio così succinto. Quel che ci
interessa in questo frangente (e che in qualche modo emergerà nelle prossime pagine) è il modo
in cui l’evoluzione del mezzo ha finito per influenzare l’opera stessa, favorendo alcune sonorità a
scapito di altre, sovvertendo paradigmi consolidati e dando vita, in ultima analisi, a una ipotesi di
“musica del futuro” proprio quando si credeva che la cosa non fosse più possibile. Sono temi che
ritorneranno spesso nel corso di questa guida, ma intanto vogliamo anticiparne alcuni.
Era il 2010 quando Jay-Z, riferendosi a gruppi indie come Grizzly Bear e Dirty Projectors, affermava
di considerarli una grande fonte di ispirazione. Non pago, auspicava che i loro dischi potessero
spingere i rapper a fare musica migliore. In pratica, l’artista più rappresentativo dell’industria
multimilionaria americana stava dando il suo benestare a un processo iniziato già da qualche anno.
Da lì in poi abbiamo assistito alla nascita di legami sempre più stretti fra una parte dell’universo
indie e quel pop che un tempo avremmo definito mainstream. Una rete di collaborazioni artistiche,
featuring e reciproci attestati di stima sotto forma di cover o semplici omaggi che ha finito per
elidere i confini fra i due mondi.
Naturalmente dobbiamo chiarirci su cosa intendiamo per “indie”. Già verso la fine degli anni
Zero, con la ritirata delle chitarre, l’estetica indipendente stava cambiando. Oggi il termine
“indie rock” evoca prevalentemente un mondo impegnato a preservare con minimi aggiustamenti
un immaginario (garage, folk o post punk) cristallizzato nel tempo. Si tratta di una galassia
estremamente frammentata, in affanno, con evidenti problemi a racimolare numeri significativi che
le permettano di imprimere la propria impronta sull’immaginario collettivo. Se pensiamo invece a
una musica underground che funga da avanguardia, liberandosi da vincoli e prospettando scenari
innovativi, ci accorgiamo non solo che l’indie non è morto, ma che per certi versi ha contaminato
il pop più di quanto non ne sia stato influenzato. “Indie” è il James Blake, che rivoluziona le
produzioni electro e R&B con il suo downtempo glaciale. “Indie” sono i Tame Impala con la loro
psichedelia che sconfina nel dancefloor e Bon Iver, impegnato in una ridefinizione del cantautorato
intimista. “Indie”, infine, sono campionesse del genre bending come Grimes e Sophie.
•| 6 |•
A proposito di generi: la smaterializzazione della musica e l’irruzione sulla scena di una
generazione di artisti portatori di sensibilità sempre più contaminate ha visto dissolversi
qualsiasi logica di appartenenza. Il risultato è che oggi si parla sempre meno di “genere
musicale” nel senso in cui lo si intendeva, ad esempio, negli anni 80. A dare omogeneità alle
playlist sulle piattaforme di streaming sono piuttosto i mood (“Sad Indie”, “Positive Vibes”) o le
situazioni (“Afternoon Acoustic”, “Happy Workout”). Non mancano gli artisti che credono ancora
nell’album come mezzo espressivo e cercano di proporlo con nuove formule (ad esempio quella
del visual album). Ma anche in questo caso la volata è tirata da chi ha i mezzi e i numeri per
forzare il “medium”, tentando approcci più sperimentali e fantasiosi. A farlo sono soprattutto
coloro che hanno il polso della narrazione collettiva. Mi riferisco a molti esponenti della black
music, che hanno saputo intercettare le mutazioni in corso all’interno della società, si sono
fatti cassa di risonanza di un malessere sociale e in qualche occasione (il caso più evidente è
quello di Kendrick Lamar) sono diventati veicolo di lotte e cambiamenti.
Il senso di tutto ciò è che, mentre il rock si è chiuso nella ripetizione di una ritualità tutta ispirata
all’età dell’oro (individuabile grosso modo fra la seconda metà degli anni 60 e i primi ‘80) la
musica nera ha vissuto, proprio in quel momento, la sua età dell’oro. Artisti come Frank Ocean,
Kanye e Beyoncé hanno definito il loro “genere” e il loro tempo proprio come in passato hanno
fatto Dylan, Led Zeppelin e Clash.
Queste sono solo alcune considerazioni e chiavi di lettura. Molte altre se ne potrebbero
intavolare: potremmo ad esempio discutere del ruolo della nostalgia nella definizione estetica
del decennio; della nascita e della morte di generi web based come witch house e glo-fi o
del modo in cui la morte (quella vera) è entra a gamba tesa nella storia del pop. Ci sarebbe
da analizzare il ruolo che la Brexit ha avuto nelle ultime produzioni britanniche e quello che
ha rivestito la psichedelia nelle più recenti produzioni dance. Ci sarebbe, infine, da parlare
della nascita di un’elettronica concettuale che, nel flirtare con il dancefloor, ha finito per
rappresentare la musica più schiettamente innovativa partorita negli ultimi anni. Sono tutti
temi eccitanti, alcuni dei quali destinati a cambiare il concetto di musica pop per come eravamo
soliti intenderlo fino a pochi anni fa. Una vera e propria rivoluzione che per buona parte passa
attraverso questi 100 lavori.
Intendiamoci, definirli non è stato semplice. L’elenco dei titoli è il frutto di un serrato confronto,
senza esclusione di colpi, intercorso fra tutta la redazione e i collaboratori di Rumore. Giorni
e giorni di violenti rimpalli, di “questo non può assolutamente mancare” e di “se escludiamo
quello rischiamo di incorrere in un errore storico”, ma alla fine a emergere è stata la grande
competenza e l’ampio ventaglio di sensibilità che da sempre caratterizza la nostra rivista. Per
questo mi sento di ringraziare tutti coloro che hanno preso parte a quello che, alla fine, resta
sempre il più divertente dei dibattiti.
Buona lettura!
Diego Ballani
•| 7 |•
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DAMON ALBARN - Everyday Robots 2014
DAMON ALBARN
Everyday Robots (Parlophone, 2014)
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opo quasi un quarto di secolo di onorata presenza nel music business, il 25 aprile
2014 Damon Albarn pubblicava il suo primo album solista. È vero che c’erano stati
divertissement come l’album Democrazy e colonne sonore come Journey To The
West, ma in generale Albarn aveva sempre dimostrato di funzionare meglio quando
contagiava gli altri con la propria creatività, senza farsi troppi problemi a scomparire dietro le quinte
qualora lo spettacolo lo richiedesse. La differenza, questa volta, era che Damon aveva in mano la
raccolta di canzoni più personale della sua carriera. Per realizzarla aveva scelto di abbandonare
ogni sovrastruttura, per mettersi a nudo e mostrarsi come uno dei più grandi balladeer d’Albione.
Sebbene il titolo l’album faccia riferimento all’alienazione provocata dalla gabbia ipertecnologica
che ci circonda, la solitudine è il vero perno narrativo di Everyday Robots. D’altronde il raccolto
ecosistema sonoro allestito insieme a Richard Russel (con un composto uso di campionamenti e
timbri elettronici, appena umanizzati da una lieve brezza esotica) fa sistema con la copertina che lo
rappresenta in una sorta di isolamento digitale, alla maniera di un personaggio di Black Mirror. Al
netto di collaborazioni eccellenti, Albarn ci mette tutto se stesso, non esitando a fare appello alle
memorie giovanili e non lesinando su particolari poco edificanti, come i passati rendez vous con
l’eroina. Ancora più interessante è il fatto che il tutto avvenga con la leggerezza di una pacificata
maturità, quella di chi torna a visitare i luoghi natii dopo aver girato il globo. Ammantando le proprie
elucubrazioni della scioltezza del reggae, della malinconia agrodolce del soul e dei vividi colori
dell’afro pop. Una sintesi, quella fra il conforto della tradizione e il calore delle musiche del mondo,
che gli permette di trovare rifugio dall’angoscia della modernità.
Una canzone: You & Me
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2016 ANDERSON .PAAK - Malibu
ANDERSON .PAAK
Malibu (Steel Wool/OBE/Art Club, 2016)
I
n attesa che qualcuno realizzi un film sulla vita di Brandon Anderson Paak (una favola fatta di
disastri familiari, difficoltà sociali e una rinascita avvenuta attraverso la musica) celebriamo
il suo secondo album autografo come espressione più compiuta di quella fusione fra
tradizione e innovazione che permette alla black music di guardare al futuro con ottimismo.
Venice, il primo lavoro a suo nome, arrivava nel 2014, dopo anni passati dietro le quinte a costruirsi
una inossidabile credibilità artistica e una carriera solista iniziata in sordina con il moniker Breezy
Lovejoy. Dopo che nel 2015 Dr. Dre lo aveva voluto in ben sei brani del suo comeback album
(Compton), Paak coglieva l’occasione al volo e con un mix di talento e tempismo pubblicava
l’opera con cui rivelava al mondo le sue raffinate qualità di produttore, musicista e songwriter.
Al pari dei grandi della musica nera, Paak sa bene come si fa a intrattenere sperimentando. Come
D’Angelo e Prince subisce il fascino di jazz e rock, pertanto i suoi arrangiamenti si mantengono in
bilico fra calore vintage e modernità espressiva, per via di groove costruiti sulla strumentazione
live e di ritmi imperfetti in cui l’improvvisazione jazzy si fonde con le scansioni old school. Da
crooner estremamente versatile, infine, è in grado di sfiorare il timbro pulito di Curtis Mayfield e
di cimentarsi con il flow contemporaneo di Kendrick Lamar. Tutto questo talento trova sbocco in
un’opera matura e brillante, una celebrazione della vita officiata in brani che si sviluppano come
sermoni di musica popolare. 60’s soul, hip hop anni 90 ed eclettismo dance confluiscono in una
sorta di enciclopedia della black music dai colori sgargianti e dall’afflato ecumenico che proietta
il suo autore nel ristretto circolo dei fuoriclasse.
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ARCADE FIRE - The Suburbs 2011
ARCADE FIRE
The Suburbs (Merge, 2011)
P
rima che Everything Now mettesse in discussione il teorema dell’infallibilità degli
Arcade Fire, il gruppo canadese sembrava destinato a ridefinire l’estetica dell’indie-goes-
mainstream a ogni sua uscita. Con i primi due album aveva creato il template su cui le
band del cosiddetto “modern alternative” (gente come Imagine Dragons, Of Monsters
And Men, tutta tamburi e cori solenni) avrebbero costruito le proprie fortune, mentre Reflektor sarebbe
stato sufficientemente furbo da guidare la volata al revivalismo disco. In mezzo, un terzo album che
ampliava il range del loro rock cinematico. Servendo un concept sull’espansione delle periferie, The
Suburbs si sviluppa come un saggio sulla musica popolare del secolo scorso. Ispirandosi ai ricordi
dell’infanzia nelle Woodlands, Win Butler recupera frammenti blue collar e new wave, memorie
indie e vaudeville kinksiano (che da sempre fornisce una colonna sonora a storie di vite ordinarie)
per costruire un affresco al centro del quale sta il senso di nostalgia per i luoghi di appartenenza. La
periferia, in questo senso, è più di una realtà sociale messa a repentaglio dalla gentrificazione; è un
luogo della mente, idealizzato nell’infanzia, subito nell’adolescenza e anelato nella maturità. Tutto
questo viene condito con concetti come “disordine” e “guerra suburbana”, con colpi di malinconia
folk rock, barocchismi orchestrali e levigatezza synth pop. Un menù abbondante (per qualcuno troppo)
a cui fa gioco una narrativa densa di metafore e cambi di prospettiva. Dopo aver celebrato il funerale
dell’indie rock con un esordio che riannodava i fili di 20 anni di musica underground e settava le regole
per l’arena rock del terzo millennio, gli Arcade Fire compongono il commiato definitivo a un’epoca
che si sta chiudendo definitivamente. Il romanzo di formazione di The Suburbs rappresenta la perdita
dell’innocenza del pop, celebrata in tutta la sua ebbrezza drammatica e in tutta la sua grandiosità.
Una canzone: Suburban War
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2013 ARCTIC MONKEYS - AM
ARCTIC MONKEYS
AM (Domino, 2013)
P
arlare dei Monkeys ci costringe a menzionare la ritirata dell’indie rock britannico
degli anni Zero e la sua congenita incapacità di produrre band e lunga gittata. Fanno
eccezione i Kasabian (gli unici a rivaleggiare col mito degli Oasis per popolarità e
massimalismo british) e naturalmente gli Arctic Monkeys, che con il disco del 2013 si
slegavano da ogni coordinata geografica e temporale. Un passaggio, quello da poster boys dell’indie
a rockers tout court, che aveva avuto le sue prime avvisaglie con il ciuffo rockabilly di Alex Turner
e con il singolo R U Mine?, un pezzo che suonava più blues, massiccio e sexy di tutto ciò che la
band aveva prodotto fino a quel momento. Per registrare il quinto album i Monkeys si trasferivano
a Los Angeles, dove allestivano il loro studio, e ci restavano tre mesi a sperimentare e a lasciarsi
influenzare dal sole californiano. Nel frattempo prendevano consigli da Josh Homme, l’artista
maggiormente impegnato, insieme a Dave Grohl, ad aggiornare il concetto di classic rock. Il risultato
è un disco micidiale, che mescola i riff sulfurei del rock desertico con il groove delle produzioni hip
hop, e che inizia a mietere consensi ancor prima dell’uscita, quando nell’estate del 2013 i Monkeys
trionfano sul Pyramid Stage di Glastonbury con un set composto in larga parte da nuovi pezzi. Il resto
è storia. Con Turner che per la prima volta assume la fisionomia della star matura e consapevole e
con una musica destinata a diventare standard rock degli anni 10. AM parla d’amore e delusione ma
lo fa con una coolness tutta stretta nella sua giacca di pelle. Abbandona la frenetica concitazione
da novellini indie rock per un songwriting esperto e ricco di effetti drammatici, stomp assassini e
riff imbonitori. Un sound che permetterà alla band di dominare le folle dei festival e che farà di Alex
Turner la rockstar britannica più importante del decennio.
Una canzone: R U Mine?
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BADBADNOTGOOD - IV 2016
BADBADNOTGOOD
IV (Innovative Leisure, 2016)
S
e negli ultimi anni il jazz è tornato a essere oggetto di attualità musicale lo si deve anche
a ensemble come i BBNG, la cui opera ha avvicinato al genere nuovi ascoltatori grazie a
un sound che incorpora elettronica, drum machine, elementi di library music e krautrock.
Il gruppo si era costituito nel 2010 all’Humber College di Toronto e aveva iniziato a farsi
notare caricando su YouTube versioni jazz di brani targati Odd Future. Da subito era entrato nel giro di
Tyler, The Creator e aveva inaugurato una serie di collaborazioni culminate con l’ambizioso Sour Soul,
l’album realizzato insieme a Ghostface Killah. Nel 2016, quando ormai erano considerati un punto
di contatto con il mondo dell’hip hop, i BadBadNotGood arruolavano stabilmente il polistrumentista
Leland Whitty e si apprestavano a realizzare il loro capolavoro. Su IV l’ensemble reprime il suo
istinto da jam band e consolida un approccio obliquo, fatto di atmosfere smooth, sonorità noir e
psichedelia metropolitana. Una serie di fantasie notturne a cui prendono parte ospiti che sembrano
selezionati dalla rubrica Best New Music di “Pitchfork”, contribuendo ad allargare il range stilistico
dei quattro. Fra i contributi più memorabili, quello di Samuel T. Herring dei Future Island, che dona
a Time Moves Slow eleganza e malinconia. Oppure il sax di Colin Stetson, che con Whitty ingaggia
un indimenticabile duello su Confession Pt. II. A far la differenza, però, è l’abilità che ha il gruppo di
mantenere una tensione costante. Un’energia che scaturisce dal versatile drumming di Alexander
Sowinski e da una fantasia che consente alla band di addentrarsi in improvvisazioni virtuosistiche,
sfoderare lisergici temi lounge e spingersi (insieme a Kaytranada) in territori electro futuribili nei
quali viene meno ogni legame con la tradizione.
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2015 COURTNEY BARNETT - Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit
COURTNEY BARNETT
Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit (Marathon Artists, 2015)
Q
uando scrive i versi delle canzoni che finiscono sui primi preziosi EP, Courtney
Barnett lavora ancora in una caffetteria di Melbourne, appuntando pensieri e
rime sul suo cellulare. Un punto di vista tutto sommato privilegiato per quelle che
sembrano meditazioni surreali di una slacker appena uscita dagli anni 90 e che per
un po’ fanno parlare di lei come di una risposta australiana a Beck. Il tutto è destinato a cambiare
al traguardo del primo album. Certo, nell’economia passivo aggressiva di brani come Pedestrian At
Best gli anni 90 hanno un ruolo, ma non meno delle affabulazioni strampalate di Jonathan Richman
e dello sguardo poetico di Dylan. Quello che Sometimes I Sit And Think… palesa in tutta la sua
varietà espressiva è una cura del dettaglio sonoro che lascia intendere parecchie ore passate
in studio a limare i suoni e che pone Courtney Barnett su un livello di consapevolezza differente
rispetto alla cantautrice naif degli esordi, impegnata a mettere in musica le pagine del proprio diario
personale. La sua originalità non sta tanto nello stile o nell’oggetto delle sue elucubrazioni, quanto
nell’operazione con cui storicizza la sensibilità della Generazione X, assimilandola in un racconto
globale che parte dal monotòno errante di Bring It All Back Home e arriva fino a noi. In questo modo
intercetta uno spleen trasversale alle epoche e alle latitudini, una poetica delle piccole cose che
si concentra sulla granularità del dettaglio e sulla meraviglia che permea la quotidianità. Talvolta,
osservando le crepe sul soffitto come in An Illustration Of Loneliness, o frugando fra i ricordi di una
casa in vendita come in Depreston, affiora il senso del tragico che si cela sotto la calma immota
della periferia. È questo spessore narrativo, questa ricchezza di significati il tratto che più avvicina
Barnett a Dylan, e che fa sì che le sue canzoni si prestino così bene ad essere mandate a memoria.
Una canzone: Depreston
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BEACH HOUSE - Bloom 2012
BEACH HOUSE
Bloom (Sub Pop, 2012)
D
opo anni passati a farsi strada fra le nebbie di un sound lo-fi, a eliminare scorie per
far emergere la purezza delle loro melodie incontaminate, Bloom porta a compimento
la fioritura dei Beach House con dieci petali che profumano di delicata esplorazione
interiore. È quello in cui si è specializzato il duo di Baltimora: una moderna ninna
nanna per meditazioni profonde sui temi del distacco e della rinascita. Il tutto grazie alla creazione
di paesaggi immersivi in cui perdersi. Niente male per quello che era iniziato come bedroom project,
uno dei tanti che il revival del dream pop aveva prodotto all’inizio del millennio. La differenza fra la
creatura di Alex Scally e quelle di molti suoi colleghi sta nel fatto che i Beach House hanno iniziato
da subito a sviluppare uno stile peculiare fatto di arpeggi scintillanti, loop elettronici e armonie
circolari che si innalzano come preghiere al dio del pop, spinte dalla vocalità immacolata di Victoria
Legrand. Tutto questo in Bloom trova compimento grazie a una forma impeccabile. La formula è quella
perfezionata con il precedente Teen Dream, ma ora il duo può finalmente vantare una padronanza
dello studio di registrazione che esibisce con un’infinità di particolari disseminati per tutto l’album,
e pronti ad affiorare dopo ripetuti ascolti. L’afflato dreamy scaturisce infatti dallo straordinario
nitore e dalla stordente cura per il dettaglio. Il problema, semmai, è riuscire a scorgerli, i dettagli,
sotto l’accecante potenza di melodie che arrivano a coprire tutto lo spettro sensoriale. La poderosa
produzione dona ai testi della Legrand una dimensione epica, di fronte alla quale l’assioma del
dream pop, che vuole i musicisti impegnati a elaborare un sound figlio della loro natura introversa,
svanisce insieme a ogni residuo di oscurità.
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2016 BEYONCÉ - Lemonade
BEYONCÉ
Lemonade (Columbia/Parkwood, 2016)
M
entre la maggior parte degli artisti si è limitata ad assecondare una narrativa
collettiva caratterizzata dall’esplosione dei social media, da imprevedibili
pubblicazioni discografiche, dalla morte dei generi musicali e dell’album come
mezzo espressivo, in pochi hanno dominato questi trend con la stessa potenza
di Beyoncé. Il culmine di questo processo arriva il 23 aprile del 2016, quando HBO trasmette il suo
nuovo visual album. Non è la prima volta per la Knowles: nel 2013 i 14 brani dell’album omonimo
erano stati accompagnati da altrettanti video. Lemonade, però, è tutt’altra cosa: un film di un’ora
che, partendo dai problemi personali dell’autrice, finisce per generare discussioni sui concetti di
famiglia, monogamia e femminismo all’interno della comunità afroamericana. Il tutto con la stessa
consapevolezza mostrata durante la storica esibizione all’halftime show del Super Bowl 2016, quando,
con l’esecuzione del brano Formation, Beyoncé si è di fatto allineata alle posizioni del movimento
Black Lives Matter. Come se non bastasse, il nuovo lavoro ribadisce la centralità dell’album inteso
come opera d’ingegno degna di essere difesa dal dilagare dello streaming, e rappresenta l’incontro
definitivo tra l’artista simbolo del pop moderno e la musica alternativa. In quei 45 minuti, infatti, la
Knowles si avventura tra world music, hard rock, trap e downtempo grazie a collaborazioni con Jack
White, Kendrick Lamar, James Blake e campionamenti da brani di Led Zeppelin, Yeah Yeah Yeahs,
Animal Collective e OutKast. In questo modo dimostra la sua superiore versatilità e dà spessore alla
narrazione grazie a una varietà di atmosfere che ne corroborano l’effetto drammatico. Lo spettacolare
impatto mediatico dell’album farà il resto, trasformando l’accuratezza con cui Beyoncé indaga sui temi
razziali e di genere in un momento di maturazione per lei e per la musica pop tutta.
Una canzone: Formation
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JAMES BLAKE - James Blake 2011
JAMES BLAKE
James Blake (Atlas, 2011)
B
enché la prospettiva temporale non ci permetta di formulare analisi troppo accurate,
alcune cose possiamo già affermarle con sicurezza. Ad esempio il fatto che James
Blake, con il suo album di debutto del 2011, sia stato determinante per definire
quell’R&B atmosferico e downtempo che nel resto del decennio verrà adottato da
chiunque, contribuendo ad annullare la differenza fra estetica indie e mainstream. Tutto questo
ha permesso a Blake di collaborare con artisti multimilionari come Jay-Z, Beyoncé e Frank Ocean
senza peraltro recidere il cordone ombelicale con quell’underground che gli aveva dato i natali. Aver
ascoltato musica negli ultimi anni significa essersi imbattuti, direttamente o meno, nelle sue intuizioni.
Tuttavia, anche se quel sound lo abbiamo ritrovato nella gran parte delle grosse produzioni, nessuna
appare strana e originale come questo straordinario esordio. Quando l’artista inglese si affacciò sulla
scena con un EP che tradiva la sua preparazione classica e la passione per la club music berlinese,
fu subito chiaro che il suo obbiettivo era abbattere i confini. In particolare quelli che dividevano l’hip
hop (nella sua accezione più introversa), la dubstep più spettrale e l’elettronica nelle sue forme più
glaciali. Nel suo esordio tutto questo converge verso un nuovo tipo di linguaggio, uno dei più peculiari
partoriti nel corso degli ultimi dieci anni. Una combinazione di minimalismo digitale e soul diafano
che esteticamente trova un corrispettivo nell’immagine sfocata di copertina. A dare più spessore al
tutto c’è poi il fatto che, ancor prima di rappresentare un template di soluzioni sonore innovative,
l’album sia una raccolta di melodie terse e canzoni straordinariamente intense, il cui solido songwriting
costituisce una delle esperienze narrative più intriganti del decennio.
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2011 BON IVER - Bon Iver
BON IVER
Bon Iver (4AD, 2011)
N
el 2009, dopo un primo album il cui sound e la cui mitologia avevano catturato lo
zeitgeist del cantautorato indie anni Zero, Justin Vernon era la personificazione di
quell’estetica hipster fatta di barbe, camicie di flanella e letali struggimenti amorosi.
In quello stesso periodo l’artista pubblicava l’EP Blood Bank, la cui traccia conclusiva
(la spiritata Woods), con il pesante autotune applicato ad un languido falsetto, avrebbe innescato
una reazione a catena destinata a cambiare i rapporti di forza all’interno del mercato discografico. Per
farla breve, quel brano piacque così tanto a Kanye West che quest’ultimo invitò Vernon a prendere
parte all’epocale My Beautiful Dark Twisted Fantasy. Il resto è storia: quella dei rapporti sempre più
fitti tra major e indie, che finiranno per elidere le differenze fra le due sensibilità, e quella di un artista
che diventerà il simbolo di questa transizione dalle camerette ai palchi del Coachella. A posteriori, il
punto di passaggio fra queste due realtà possiamo individuarlo nell’omonimo album del 2011, la cui
scaletta, con titoli ispirati a luoghi reali e altri immaginari, testimonia un passaggio dalla vulnerabilità
degli esordi all’acquisita confidenza in qualità di autore e produttore. Questa volta i sentimenti privati
di For Emma... esplodono in un sound meticcio; i malesseri vengono elaborati in uno spleen che fonde
rarefazioni folk e futurismi R&B, settando i nuovi standard su cui si cimenterà una nuova generazione
di epigoni. Dalle percussioni marziali di Perth al drammatico uso dei synth in Minnesota, WI, dalle
ibridazioni fra jazz e ambient in Michicant al sentimentalismo 80’s di Beth/Rest, quella di Bon Iver è
una musica che non si interroga più sulla natura della propria ispirazione ma preferisce puntare con
autorevolezza al cuore dell’ascoltatore. Un sentimento inclusivo che contaminerà gran parte delle
produzioni degli ultimi anni, senza mai suonare altrettanto convincente.
Una canzone: Holocene
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DAVID BOWIE - Blackstar 2016
DAVID BOWIE
Blackstar (ISO, 2016)
A
un certo punto, intorno al 2016, le pop star hanno iniziato a morire. Con drammatica
regolarità, oltretutto. Un fatto naturale per gli affiliati a un club che esiste da più di 60
anni. Ma è come se questa ineluttabile realtà si fosse manifestata gelidamente solo
il 10 gennaio di quell’anno, quando tutti avevano nelle orecchie le sinistre trame di
Blackstar e cercavano di decrittarne gli scomodi presagi. Dopo The Next Day era facile intuire quanto
l’idea della morte incombesse sulla coscienza di Bowie; secondo alcuni (ad esempio il critico Simon
Reynolds) tutta la sua carriera ne era pervasa. Ma oggi è chiaro come quegli ultimi mesi fossero
serviti all’artista per mettere in scena la propria dipartita, una volta raggiunta la consapevolezza che
la sua stella stava esaurendo il proprio ciclo naturale. Un progetto ambizioso che lo ha assorbito nel
momento più difficile, in un cortocircuito fra finzione e realtà che ne rappresenta il perno tematico
di tutta la produzione. Nella sua ultima trasformazione, Bowie immagina se stesso come un angelo
sofferente, una figura al tempo stessa aliena e cristologica, impegnata a elaborare i suoi ultimi istanti
sulla Terra. Certo, caricando l’album di metafore si rischia di tralasciare la grandiosità di una musica
che, per la prima volta dopo più di 20 anni, torna a essere selvaggiamente sperimentale; canzoni che
nel disprezzo della forma abbracciano un jazz cibernetico dall’afflato apocalittico, con pochi termini
di paragone nel pop di ieri e di oggi. Ma è grazie ai testi che quella torbida e intricata massa oscura
assume unità tematica. Ecco allora che il valore di Blackstar non può essere scisso dalla biografia del
suo autore, il quale, giocando di rimando con il musical Lazarus e con la vita di David Jones, crea un
artefatto multidimensionale, in cui i livelli di lettura si stratificano e finiscono per parlare direttamente
di ognuno di noi, del nostro rapporto con l’arte e la morte.
Una canzone: Blackstar
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2010 CARIBOU - Swim
CARIBOU
Swim (City Slang, 2010)
F
orse non doveva andare così per Dan Snaith: canadese, con un dottorato in matematica,
che a un certo punto si è ritrovato a riempire i dancefloor europei con una musica
insulare e dalla forte componente psicotropa. In mezzo c’era stata una serie di dischi,
alcuni dei quali realizzati con il moniker Manitoba, che lo avevano visto fuggire ad
ogni classificazione (folktronica? IDM?). Tutti accomunati da un utilizzo sempre più preponderante
della tecnologia e dalla propensione a rocamboleschi viaggi interiori. Nel 2010, quando in molti si
aspettavano un’evoluzione dal precedente Andorra in una direzione più sperimentale e kraut, il suo
interesse si spostava quasi casualmente sulla musica da club. Nel tentativo di realizzare, per dirla con
le sue parole, “musica dance che sembra fatta di acqua”, assemblava una serie di tracce composte da
lussuriosi pattern sintetico-organici, in cui il ritmo filtrava pudicamente e in cui i riferimenti balearici
arrivavano diluiti in un tiepido flusso di psichedelia amniotica. A partire dal funk gommoso dell’opener
Odessa, i brani di Swim godono di una serie di elementi normalmente estranei alla dance: ritmiche
complesse, melodie sofisticate, improvvise puntate nei generi più disparati dell’arco istituzionale pop,
come shoegaze e free jazz. Per non parlare dei testi problematici con cui Snaith riesce a far passare
temi come separazione, solitudine e decadimento fisico fra le spire di uno degli album più divertenti
di quell’anno. Anche per questo Swim rappresenta un’opera più unica che rara, in grado di saldare
la frattura fra indie pop e musica dance grazie a un feeling notturno, intimamente cantautorale e
sinceramente sperimentale. Una raccolta di canzoni da ballare e ascoltare nello spirito lisergico
utopista della musica psichedelica dei ‘60, realizzato da un artista il cui approccio colto alla materia
dance ricorda quella di un Arthur Russell del terzo millennio.
Una canzone: Odessa
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NICK CAVE AND THE BAD SEEDS - Skeleton Tree 2016
Q
uando la scomparsa di David Bowie, Lou Reed e Leonard Cohen hanno iniziato a far
circolare il dubbio su chi sarebbe stato in grado di reggerne sulle spalle la pesante
eredità, Nick Cave è parso l’unico a possedere il carisma, lo spessore poetico e il
vissuto adeguato. Una cosa che risultava particolarmente evidente nelle esibizioni
dal vivo, con concerti che si trasformavano in autentiche cerimonie laiche e il cantautore che, con le
sue fragili pose e le sue preghiere, sembrava caricare su di sé tutte le angosce di una platea di fedeli.
Curiosamente, ma non troppo, tutto questo coincideva con il suo album più minimale, oscuro e doloroso.
La tragedia che lo ha privato del figlio quindicenne proprio durante la realizzazione di Skeleton Tree ha
pesantemente influenzato il significato del disco. Il lavoro di Nick Cave è sempre stato ossessionato
dalla spiritualità e dal rapporto con la religione, ma mai era stato pervaso da un immaginario così
cupamente cristiano. Invocazioni come quelle di Jesus Alone, appena poggiate su uno scabro tappeto di
elettronica ambient e sulfurei rintocchi di piano, si spingono nei recessi più profondi dell’animo umano,
cercandovi tracce di speranza sotto forma di fede religiosa o di poetica redentrice. Brani come Magneto
e Anthrocene evocano fantasmi e devastazioni emotive con testi ricchi di riferimenti biblici, spesso
obliqui, frammentati, ossessionanti e profondamente inquietanti. Costruito attorno ai loop elettronici
di Warren Ellis, che sostituisce il suono dei Bad Seeds con una foschia elettronica, Skeleton Tree è una
meditazione sul distacco e la caducità che l’esperienza del lutto trasforma in uno slancio creativo fra i
più commoventi e profondamente umani che si possa chiedere a un artista. Se un materiale così intimo
ha potuto funzionare nelle arene è solo perché la musica, così come la religione, può rappresentare
una valida via di fuga dal dolore.
Una canzone: Anthrocene
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2016 CHILDISH GAMBINO - Awaken, My Love!
CHILDISH GAMBINO
Awaken, My Love! (Glassnote, 2016)
N
essuno ha mai veramente dubitato del talento comico di Donald Glover, ma c’è
voluta quasi una decina d’anni per convincere pubblico e critica che la sua musica
meritava lo stesso tipo di rispetto. Prima del 2016 Glover era conosciuto come un
giovane attore con promettenti velleità da sceneggiatore e regista, e altre un po’
meno solide come artista hip hop. Quest’idea era destinata a modificarsi nel giro di pochi mesi. Prima
grazie ad Atlanta, la serie sulla scena rap dell’omonima città creata, recitata e diretta da lui stesso,
vincitrice di un Emmy e considerata da subito uno degli show più importanti degli ultimi anni. Quindi
è arrivato l’album Awaken, My Love! che lo ha visto abbandonare l’hip hop drakeiano per un sound
che valorizza i pezzi più pregiati del patrimonio musicale afroamericano. In un solo colpo Glover
recupera il soul liquefatto di There’s A Riot Goin’ On, la sensualità di Prince e i groove cosmici dei
Funkadelic con risultati elogiati dallo stesso George Clinton. Ovviamente non si tratta di un semplice
operazione revivalistica. La moderna produzione, la sofisticatezza degli arrangiamenti e tendenza
a ibridarli con surf, rock, soul e psichedelia tradiscono il desiderio di creare qualcosa di nuovo nel
rispetto della tradizione, e la voglia di portare nel pop tutta la complessità della musica nera per fare
a pezzi i preconcetti che la circondano. Contestualmente inizia l’interesse di Glover per l’esperienza
dei neri in America. Pur non affrontando apertamente il tema, la musica di Awaken, My Love! finisce
per fare sistema con l’horror politico di Jordan Peel e con la vena blaxplotation inaugurata dal Marvel
Cinematic Universe. Sia il film Get Out che Black Panter hanno utilizzato il brano Redbone, caricando
i versi “stay woke / niggas creepin’” di un significato politico che ha ridefinito il ruolo di Childish
Gambino all’interno della comunità resistente all’America trumpiana.
Una canzone: Redbone
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CLOUD NOTHINGS - Here And Nowhere Else 2014
CLOUD NOTHINGS
Here And Nowhere Else (Wichita, 2014)
A
tenere alta la bandiera dell’angst giovanile declinato su chitarre febbricitanti ci ha
pensato Dylan Baldi. Non è stato l’unico (basti pensare a un altro enfant prodige con
l’hobby del DIY come Will Toledo), ma è certamente quello che più di ogni altro si può
fregiare del termine “generazionale”. Baldi incarna l’American Dream dei millennials
che fanno musica grazie ad un iter artistico esemplare, che lo ha visto passare dalle pagine di MySpace
ai palchi internazionali, restando sempre fedele a un sound istintivo e primordiale. È anche l’ultimo
di una lunga tradizione di artisti che cerca il riscatto da una vita ordinaria attraverso la musica. La
differenza rispetto ai modelli del passato è quel suo modo di intercettare i tratti estetici dell’emocore e
dell’alternative rock senza fare ricorso all’ethos punk. Una specie di DIY 2.0 in cui le ansie della provincia
e la confusione della maggiore età trovano sfogo in un rock violento e introverso. Le cose hanno iniziato
a cambiare quando il progetto Cloud Nothings si è trasformato in una band vera e propria. A quel
punto, poggiando su solide basi tecniche, le qualità di Baldi come songwriter sono emerse in modo
inequivocabile. La naturale vena pop ha trovato spazio fra le trame attillatissime di un suono saturo e
propulsivo, spinto dal feroce drumming del batterista Jason Gerycz. A garantire l’immediatezza degli
esordi c’è la genesi di brani: composti on the road nelle poche pause del fittissimo tour di Attack On
Memory. Anche per questo, su Here And Nowhere Else, tutto è frenetico ed emotivo. Ogni brano è una
corsa a perdifiato di precisione millimetrica, dove la tensione crescente trova sfogo in chorus liberatori.
Un tour de force di parossistico pop chitarristico che culmina nel melodramma di Pattern Walks: sette
minuti e mezzo di pura esaltazione sonica che rappresentano la summa di tutta la poetica “baldiana”,
e uno dei vertici del rock degli ultimi dieci anni.
Una canzone: Pattern Walks
• | 25 | •
2013 DAFT PUNK - Random Access Memories
DAFT PUNK
Random Access Memories (Columbia, 2013)
A
un certo punto, nel bel mezzo del dibattito retromaniaco, i Daft Punk calavano il
carico. “Volevamo riprodurre ciò che eravamo soliti fare con macchine e campionatori,
ma questa volta con le persone”, dirà in seguito Thomas Bangalter. Ecco spiegato
quello sguardo nostalgico al sound soul, funk e protoelettronico con cui il duo
francese era cresciuto e del quale ora si serviva per reagire all’EDM che esso stesso aveva contribuito
a definire (incagliandosi dalle parti dell’opaco Human After All). Col tempo il languore retrospettivo
era arrivato a coinvolgere figure di culto della club music e ricalibrare l’estetica robotica del progetto
Daft Punk su un retrofuturismo tardo ‘70. Per mesi il duo aveva dettato l’agenda alle riviste musicali,
lasciandole a discutere di ospiti, stili e suggestioni. Un hype febbrile con pochi termini di paragone nel
ventunesimo secolo. Quando tutti erano pronti ad azzannare al collo la nuova creatura, il groove di Get
Lucky planava così dolcemente nelle nostre playlist che ogni resistenza si dimostrò vana. Il risultato
non era soltanto un giochetto nostalgico, ma la dimostrazione di come quelle ingenue sonorità e quelle
intuizioni (il click moroderiano, il riff highlife di Nile Rodgers) risuonassero ancora in buona parte nelle
produzioni dance di oggi. I francesi qui si limitano a rimettere le cose in prospettiva, rendendo omaggio
esplicito a un’epoca pionieristica, raccogliendone la purezza di intenti e porgendola a una nuova platea
nel formato più allettante possibile. Con una produzione talmente sofisticata che non avrebbe potuto
essere che figlia del terzo millennio e citazioni come “Once you free your mind about the concept of
harmony and music being correct, you can do whatever you want”, RAM solleticherà l’immaginazione
di ogni cratedigger degno di tal nome, finendo per raccontare la storia delle storie a chi crede nel
potere del dancefloor e nell’arte di far sognare le persone per tutto il tempo in cui lo abitano.
Una canzone: Get Lucky
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D’ANGELO AND THE VANGUARD - Black Messiah 2014
L
e notizie che circolavano su Michael Eugene Archer all’inizio del secolo e che parlavano
di una star prostrata da alcol e depressione lasciavano poco spazio all’ottimismo di
coloro che avevano amato Voodoo. Le cose erano destinate a cambiare repentinamente
nel 2010, quando un brano dal titolo 1000 Deaths (un funk militante destinato e
infiammare gli animi con ritmi meccanici e chitarre acide) fece fugace apparizione in Rete. La
velocità con cui fu rimosso fece sorgere il dubbio che si fosse trattato di una allucinazione collettiva,
ma poi la star riprese ad esibirsi presentando i brani che avrebbero fatto parte di un nuovo album.
Ci vollero altri quattro anni per poter ascoltare Black Messiah, che a quel punto era atteso come
il dispaccio definitivo sullo stato della musica nera. Dal canto suo D’Angelo era più interessato a
parlare della propria rinascita umana ed artistica, ma il sound crudo e teso dell’album (insieme a
quel titolo ambiguo) finivano per intercettare il mood di un’America ancora sconvolta dall’assassinio
del diciottenne Michael Brown e dai disordini di Ferguson. È la maledizione dei capolavori della
black music: non possono fare a meno di esprimere consapevolezza, denunciare diseguaglianze e
auspicare unità. Ed è quello che lega Black Messiah alle opere di Sly Stone, Marvin Gaye e George
Clinton. Persino nel sound (analogico fino al midollo, con le chitarre abrasive, i groove devastanti e le
strutture labirintiche) Black Messiah non ha nulla a che vedere con l’aura futuristica delle moderne
produzioni R&B. La sua musica è un’articolazione di ciò che lo ha preceduto (dal soul lisergico e
inclusivo di What’s Going On ai groove di Prince), secondo un processo che ne stravolge metrica e
melodia, lasciando inalterati fisicità e spiritualità. Un capolavoro che non esita a confrontarsi con i
grandi rivendicando, senza alcuna remora, il medesimo lignaggio.
Una canzone: The Charade
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2013 DEAFHEAVEN - Sunbather
DEAFHEAVEN
Sunbather (Deathwish Inc., 2013)
I
I metal (ma più in generale, la musica estrema fatta con le chitarre) resta uno degli ultimi
laboratori culturali del rock. Un’oasi di creatività al cui interno il black metal è il genere che ha
mostrato maggiore duttilità e capacità di ibridarsi con altre forme sonore, dando vita a qualcosa
di nuovo e vitale. Ovviamente non tutto è stato pacifico. I fan del metal (fra i pochi che ancora
possono definirsi in modo tale) sono tanto aperti alle contaminazioni quanto sospettosi verso tutto
ciò che possa adombrare dubbi di autenticità. È naturale dunque che per i Deafheaven, il cui look
spezzava i legami con l’estetica catacombale del black, e che i maligni avevano iniziato a tacciare di
hipsterismo, le critiche avessero sempre fatto parte del gioco. Non avrebbe potuto essere altrimenti.
L’intuizione del gruppo di far flirtare il genere con lo shoegaze non era neanche troppo innovativa,
ma ancora nessuno l’aveva realizzata con tale passione, sapienza e coesione. Una rivoluzione
copernicana in senso attitudinale, ancor prima che estetico, e che può essere riassunta con il
tentativo di portare la complessità sonora e spirituale del black metal verso una luce accecante. Una
musica umorale, positiva e dal respiro ampissimo, capace di coniugare l’aggressività primigenia con il
rock più malinconico e introverso (senza peraltro tralasciare l’afflato sperimentale del post punk). Una
formula colta immediatamente da una schiera di epigoni che, nei casi migliori, hanno saputo costruire
sulle solide fondamenta gettate dai Deafheaven. Per questo Sunbather è il disco metal più importante
dello scorso decennio. Non solo ha drenato verso il rock estremo nuova linfa, avvicinandovi anche
chi ha sempre mal sopportato growl e doppia cassa, ma ha mostrato come il metal sia materia
viva e pulsante, in grado di adattarsi e sopravvivere anche nei momenti più difficili. Dando vita, nel
frattempo, a nuovi capolavori.
Una canzone: Dream House
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DEATH GRIPS - The Money Store 2012
DEATH GRIPS
The Money Store (Epic, 2012)
N
el 2012 tutte le contraddizioni e le ansie dell’era digitale si manifestavano sotto le
sembianze dei Death Grips. Nel giro di pochi mesi i tre energumeni di Sacramento
firmavano per la Epic, pianificavano un tour mondiale e preparavano due album che
avrebbero polverizzato i confini fra rap, punk ed elettronica radicale. Prima della fine
dell’anno, il tour sarebbe saltato e, dopo aver caricato gratuitamente in Rete il nuovo album, il gruppo
sarebbe stato repentinamente scaricato dall’etichetta. Nel frattempo la band era sparita dai social e
diventata praticamente irraggiungibile dalla stampa. Nel momento di massima esposizione mediatica
era come se i Death Grips avessero deciso di farsi invisibili, mostrando che c’era ancora possibilità di
manifestare la propria “rabbia contro la sistema” al tempo della totale trasparenza pubblica. Per farlo era
necessario aderire ad un ferreo codice etico, ridicolizzando i piagnistei delle star che quotidianamente
lamentano l’intrusione dei media nelle proprie vite, per dar vita ad una narrativa assolutamente
personale che da allora non si è mai arrestata (a dispetto di un falso scioglimento annunciato nel 2014).
Naturalmente una simile condotta refrattaria al compromesso sarebbe stata irrilevante se la loro
musica non fosse stata la cosa più eccitante del momento. Un concentrato adrenalinico di rabbia, paura
e sovrastimolazione sensoriale che catturava tutta l’imprevedibilità e l’asperità dell’Internet culture. Il
punto è che sotto un sound che sembrava fatto apposta per oltraggiare, con un mix di iperrealismo e
brutalità, c’era un ensemble dall’appeal pazzesco, capace di creare groove violentemente irresistibili e
darli in pasto a un universo pop affamato di novità. All’indomani della sua pubblicazione tutti i più grandi
artisti avrebbero fatto a gara a esprimere stima e ammirazione per quell’incredibile miscela di hip hop
sperimentale e punk industriale che nessuno avrebbe saputo replicare con tanta intensità.
Una canzone: I’ve Seen Footage
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2010 DEERHUNTER - Halcyon Digest
DEERHUNTER
Halcyon Digest (4AD, 2010)
L
a carriera di Bradford Cox può essere definita dalla costante tensione dialettica
fra il fluente, istintivo estro pop e il perfezionismo certosino del lavoro in studio.
Quello che in Microcastle apriva microuniversi sonori finemente testurali e che
fino a oggi ha fatto di ogni lavoro un’opera originale e perfettamente riconoscibile
all’interno della discografia del musicista. In questo senso Halcyon Digest (che arriva in un anno
spartiacque per la musica, l’ultimo in cui il pop gioca secondo regole sedimentate nel corso di
decenni) ne porta a compimento la sperimentazione sonora, operando sul rimosso. Vi ricordate?
Era il periodo in cui il glo-fi instillava nostalgia per memorie sfocate costruite a tavolino. In quegli
stessi mesi il musicista si impegnava in una riflessione sull’amore per il pop e sui fantasmi che
ne infestano i ricordi. Quanto c’è di reale nell’ingenuità anni 50 di un brano come Revival, il
cui testo fornisce una versione disturbante del sentimento religioso? È tutta una questione di
prospettiva nell’universo coxiano, pertanto l’album inanella una sequenza di melodie memorabili
che cambiano prospettiva a seconda della distanza da cui si intende approcciarle. Dal ruvido doo
wop di Don’t Cry, alle diafane ruminazioni elettroacustiche di Sailing, Cox costruisce una versione
hauntologica dell’indie rock, abitata da spettri reali (quello dell’amico Jay Reatard, a cui viene
dedicata He Would Have Laughed) e immaginari (le sonorità concrete e crepitanti che affiorano
un po’ ovunque in filigrana). Tutti questi elementi finiscono per disinnescare l’emotività naturale
delle melodie e ne costruiscono una nuova, più complessa, che viene messa a fuoco brano dopo
brano. Dopo sarebbe arrivata una musica non più in grado di beneficiare del candore di un tempo,
ma capace di lasciare un segno a livello più intimo.
Una canzone: Desire Lines
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FKA TWIGS - Lp 1 2014
FKA TWIGS
Lp 1 (Young Turks, 2014)
D
opo circa 15 anni in cui la musica è parsa sostanzialmente ripetere se stessa, verso
la metà del decennio hanno iniziato a manifestarsi segnali di novità. Stiamo parlando
di nuove sonorità non assimilabili a quelle dei passato. Elettroniche e sperimentali
ma dal cuore pop. Dotate di un innovativo approccio al ritmo e di textures originali.
Nel caso di FKA Twigs, ad esempio, finivano per coesistere R&B e detriti dubstep, neo soul e
afrofuturismo. Il tutto avvolto in un guscio di ritmiche disgregate, synth acquosi e rumorismo digitale.
Per Tahliah Barnett, peraltro, non si è mai trattato di una mera questione sonora. Il suo progetto è
radicato negli esordi come ballerina: da lì è partita per plasmare un universo estetico di cui la musica
è solo una componente. Sin dai primi passi come cantante, musicista e produttrice, la Barnett ha
accompagnato ogni suo brano con video che la ritraevano come portatrice di un nuova forma di
sensualità, distaccata ed estetizzante. Un naturale supporto figurativo per canzoni che sezionavano i
ritmi e le melodie della black music e che facevano del suo primo album la perfetta rappresentazione
della sensibilità “post genere”: un luogo sonoro in divenire in cui le dinamiche sessuali vengono
sovvertite (oppure ridicolizzate) grazie alla fluidità di timbri e ritmi. Il suo è un ecosistema urbano
dall’afflato futurista, composto da passaggi minimali accuratamente scolpiti, voci manipolate e
brusche decelerazioni. In mezzo a tutto questo, canzoni come Two Weeks la vedono impegnata a
sussurrare testi di un romanticismo anticonvenzionale che colpiscono con il loro precario equilibrio
tra erotismo e vulnerabilità. Racchiuso tra questi due estremi sta il fulcro di una lavoro fra i più
affascinanti e dolorosamente umani degli ultimi anni.
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2010 FLYING LOTUS - Cosmogramma
FLYING LOTUS
Cosmogramma (Warp, 2010)
L’
album che ha trasformato producer Steven Ellison da promettente beatmaker ad
avventuriero cosmico è un lavoro che recupera la lezione dello spiritual jazz della
prozia Alice Coltrane e la trasporta nel terzo millennio, deformandola secondo una
grottesca estetica retrofuturistica che punta alle ritmiche di J Dilla e alle colonne
sonore dei videogame anni 80. Una miscela caotica e avveniristica di soul, hip hop e groove
elettronici che avrebbe segnato la scena di L.A. negli anni a venire. Le avvisaglie peraltro c’erano
già state con il precedente Los Angeles. In quell’album Ellison omaggiava i pionieri della sua città
con un sound che possedeva tutte le caratteristiche dell’afrofuturismo. Il primo pezzo pubblicato
subito dopo, Computer Face//Pure Being era un’esplorazione electro jazz che decollava su un
beat frenetico, trainata da raffiche di effetti e synth alieni. È da quel brano che Flying Lotus parte
per costruire l’epica di Cosmogramma: una sinfonia psichedelica in cui la differenza fra “outer
space” e “inner space” si assottiglia fino a scomparire. Ellison trova finalmente la strada verso
un’elettronica dal volto umano e grazie a musicisti quali Thundercat e Miguel Atwood-Ferguson,
all’arpa di Rebekah Raff e al sassofono di Ravi Coltrane incorpora scatti di improvvisazione in un
flusso folle e magmatico. Al suo interno vengono assimilati frammenti di vita reale che danno
un’anima a quella specie di cyborg sonoro fatto di silicio e circuiti integrati, tendini e sangue. Il
suono metallico di un colpo di tosse e quello angosciante dei macchinari ospedalieri che fino a
poco prima hanno tenuto in vita la madre di Ellison trovano posto all’interno di pattern ritmici di
precisione infinitesimale, avviluppati in un’atmosfera allucinatoria che trasforma il dramma in una
catartica esperienza di esplorazione interiore.
Una canzone: Galaxy In Janaki
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GRIMES - Visions 2012
GRIMES
Visions (4AD, 2012)
“L
a musica della mia infanzia”, raccontava Claire Boucher ai tempi del suo primo album,
“era molto varia perché [grazie a Internet] avevo accesso a tutto”. La sua resta la migliore
definizione della specificità artistica di questi ultimi anni, quelli in cui la generazione
dei nativi digitali ha iniziato sistematicamente a fondere sonorità e stili in un blend
da cui ogni oltranzismo novecentesco viene bandito. Da questo punto di vista la Boucher è l’artista
più significativa, per il modo con cui ha saputo sfruttare i mezzi di comunicazione più all’avanguardia
(ma anche quelli tradizionali) creando un personaggio in cui medium e output creativo si fondono
senza soluzione di continuità. “Post Internet” (il termine che la ragazza si è ritagliata su misura) è un
neologismo tutto sommato azzeccato per un sound onnivoro, in cui i riferimenti vengono stratificati in
una soluzione amniotica di suoni alieni, col rischio di lasciare stordito chi ancora è abituato a orientarsi
secondo i vecchi paradigmi. All’epoca si scatenò una gara fra stampa specializzata e fan a riconoscere
e isolare la influenze originarie all’interno di quel pulviscolo sonoro. Un giochino che la stessa Boucher
si divertì a smontare con i suoi tweet. Ad esempio quello in cui negava di aver mai ascoltato Kate Bush.
Peccato che nel mondo post Internet (e post pop ipnagogico) i riferimenti assorbiti in modo inconscio
valgano quanto e più di quelli intenzionali. Ecco perché il sound di Grimes è figlio della Bush quanto di
Beyoncé e di Elizabeth Frazer. Quello di Visions è un electro pop alimentato da ascolti bulimici di (weird)
pop e R&B multimilionario, psichedelia post Animal Collective ed esoterismo goth. Nel suo rutilante
alternarsi di stilizzazioni K-pop, trance crepitante ed esotismi trasfigurati l’album gioca di sponda con
l’estetica consolidata della 4AD, fungendo da ponte fra gli eccentrici esordi e quell’Art Angels che farà
della Boucher la producer più ammirata della sua generazione.
Una canzone: Oblivion
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2015 JULIA HOLTER - Have You In My Wilderness
JULIA HOLTER
Have You In My Wilderness (Domino, 2015)
A
scoltare un disco di Julia Holter significa addentrarsi in una narrativa normalmente
refrattaria all’universo pop. Con una preparazione classica e una passione per
le sonorità minimaliste e per John Cage, la polistrumentista californiana è stata
capace di sciorinare un ventaglio di riferimenti culturali che vanno dalla tragedia
greca al folk medievale occitano, in una sorta di ricerca ossessiva dei confini del pop, compiuta
con gli strumenti della contaminazione fra jazz, classica ed elettronica. Have You In My Wilderness
arriva dopo quel Loud City Song con cui era culminato il suo avvicinamento alla forma canzone.
L’album del 2013 rispondeva a tutta quella specificità fatta di sperimentazione acustica e rimandi
letterari, ma era ancora avviluppato in una fascinazione noir a base di jazz tenebroso e goticismi
avant. Wilderness, al contrario, si concede sin dai primi ascolti. Tematicamente meno coeso dei
precedenti lavori, elabora un tessuto sonoro rigoglioso, in cui le melodie vocali (centrali in tutte
le composizioni) sdrucciolano su partiture cameristiche asimmetriche, pattern ritmici asincroni
e imperfezioni acustiche di ogni tipo. Non esistono regole predefinite nella struttura dei brani.
La Holter lascia entrare la luce assemblando ogni pezzo con un senso pittorico dell’equilibrio.
Un impressionismo musicale che si sviluppa fra tocchi di clavicembalo e punteggiature di basso,
campiture sintetiche e pennellate d’archi. Una costruzione minuziosa che si fa tanto più sfocata
quanto più si cerca di isolarne i singoli elementi. Al risultato finale, esteticamente appagante sin
dal primo ascolto, concorrono anche alcuni strumenti tipici del suo background sperimentale, come
improvvisazioni e field recordings, ma è tutto talmente organico alla sua personale visione pop da
far scomodare per lei paragoni eccellenti con Laurie Anderson e Kate Bush.
Una canzone: Silhouette
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IDLES - Joy As An Act Of Resistance 2018
IDLES
Joy As An Act Of Resistance (Partisan, 2018)
Q
uando sembrava che il rock fosse incapace di catalizzare forme di opposizione
alla deriva del cinismo tossico, sono arrivati gli IDLES. Il gruppo di Bristol è la
prova del fatto che esistano ancora sacche di resistenza a quel livore che i social
media, la crisi economica e il degrado del dibattito pubblico hanno alimentato
fino a far sembrare irreversibile. Già con il precedente Brutalism, Joe Talbot aveva dimostrato di
saper trasformare i drammi personali in sermoni politici capaci di infiammare anche gli ascoltatori
più scettici. Con il brano Mother aveva convertito l’angoscia per la morte della madre in un inno
rabbioso contro i tagli al servizio sanitario nazionale imposti dall’austerity. Joy lo vede andare
ancora più a fondo nei temi personali e pubblici, sia che si tratti di affrontare i problemi irrisolti
con il padre, sia che si facciano i conti con la piaga dell’intolleranza e del distorto concetto di
mascolinità che mina i rapporti sociali. Riesce persino elaborare il dramma di una figlia nata
morta per trarre dal dolore un messaggio universale di autenticità. È significativo il fatto che
questo cambio di sensibilità arrivi da un gruppo inglese, autore di musica aggressiva e catartica.
Immaginare le vene di Joe Talbot che si gonfiano mentre canta “You look like a walking thyroid
/ You’re not a man, you’re a gland” equivale a scrollarsi di dosso un po’ di tossine accumulate
durante un anno di dibattiti televisivi e polemiche sui social. Per questo motivo oggi gli IDLES sono
il gruppo che più di ogni altro merita di raccogliere la pesante eredità politica dei Clash: perché
centrano il problema e lo fanno scatenando un’euforia violenta e positiva. La gioia, la compassione
e l’amore rappresentano oggi una nuova forma di controcultura, e quella degli IDLES è la colonna
sonora ideale per tutti coloro che desiderano prenderne consapevolezza.
Una canzone: Samaritans
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2015 JAMIE XX - In Colour
JAMIE XX
In Colour (Young Turks, 2015)
B
enché il calendario non ci consenta di includere l’esordio degli xx in questo volume,
è durante gli anni 10 che la forza evocativa di quelle tracce inizia a dare i primi frutti.
Le atmosfere electro organiche, il minimalismo e il rigore di quella visione già ben
definita avevano fatto scuola, rivelando al mondo le doti da producer di Jamie Smith.
Un cosa evidente già nel 2011, quando il terzetto era ancora un’entità relativamente misteriosa. È in
quell’anno che il remix di NY Is Killing Me anticipa We’re New Here, ultimo album del padre dello
spoken word Gil Scott-Heron affidato alle giovani ma già sapienti mani di Jamie xx. Da quel momento
in poi le collaborazioni si moltiplicheranno e l’attività della band inizierà a confondersi con quella del
produttore, dando vita a un universo sonoro suggestivo e avvolgente che finirà per contaminare il pop
a tutti i livelli. Se i successivi lavori degli xx non sono mai riusciti a rivoluzionare le intuizioni originarie,
è stato Jamie con il suo primo album solista ad applicare la propria estetica, fatta di composizioni
minimali, bassi profondi e musicali, al materiale policromo e seducente della rave culture. Essendo
troppo giovane per averla vissuta in prima persona, il suo recupero si inserisce in quella narrazione
retrospettiva che caratterizza lo scorso decennio, ma si distingue per assenza di nostalgia. Introverso
per natura, Smith innalza il suo peana per mezzo di una sorta di house da cameretta con influenze
ipnagogiche. Un party album intimista, per ospiti e amici selezionati, che si spinge a interpretare
dancehall e ritmi balearici attraverso pattern fitti e rilassati, e che trova la sua specificità in brani come
SeeSaw, in cui la voce della bandmate Romy Madley-Croft affiora fra synth vaporosi e groove di feste
lontane. È in quel frangente che avviene la magia: una musica spesso percepita come fonte di piaceri
effimeri si trasforma in un’esperienza interiore dalle sfumature esistenziali.
Una canzone: SeeSaw
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KATE TEMPEST- Let Them Eat Chaos 2016
KATE TEMPEST
Let Them Eat Chaos (Fiction/Lex, 2016)
S
e i posteri avessero qualche dubbio sullo stato delle cose nell’Inghilterra di inizio millennio,
potrebbero leggere saggi, spulciare filmati d’archivio, oppure, più semplicemente,
ascoltare questo disco. Poetessa e perfomer, la cui discografia rappresenta solo parte
della generosa produzione, Kate Tempest (al secolo Kate Esther Calvert) è figlia della punk
poetry di John Cooper Clarke, dell’hip hop urbano di Mike Skinner e della consapevolezza di Billy Bragg.
All’interno della discografia britannica degli ultimi anni il suo Let Them Eat Chaos svetta come opera
ambiziosa e complessa. Una novella in versi che ha per protagonisti sette personaggi umanamente
desolati, imprigionati nella propria solitudine. Alle 4.18 del mattino ognuno di loro si abbandona a
un monologo interiore in cui angosce universali si mescolano a catastrofi sociali e drammi personali
tradiscono una dimensione pubblica. Sul fitto reticolo ritmico del produttore Dan Carey, che le ritaglia
su misura un tappeto sonoro di elettronica oscura dai lineamenti vintage, Kate dà loro voce con un
flow virulento e convulso, una cascata di parole dolorose che si conficcano nella carne come schegge.
L’album esce nel 2016 e, grazie alla sua narrativa concitata, coglie tutta la confusione, il risentimento
e la disillusione di un paese sull’orlo della Brexit. Uno schiaffo assestato a una Londra vista come
fortezza murata per ricchi. Un gesto estremo con cui provare a svegliarsi dall’incubo. A questo dramma
la Calvert dona la dignità di una grande opera corale, in cui non mancano i riferimenti alla tragedia
greca, alla Bibbia e ai classici della letteratura inglese. Alla fine i personaggi sono destinati a incontrarsi
sotto la tempesta, sentire la vicinanza e ricordare l’esperienza come una delle più importanti della loro
vita. Segno che se c’è qualcosa che può mettere fine a questo inferno è l’empatia, ancor prima della
solidarietà. Il desiderio di guardarsi in faccia e scoprirsi tutti ugualmente perduti.
Una canzone: Ketamine For Breakfast
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2013 KING KRULE - 6 Feet Beneath The Moon
KING KRULE
6 Feet Beneath The Moon (True Panther Sounds, 2013)
L
a prima cosa che colpiva era la voce, quel crooning profondo e spiazzante che le prime
foto ci mostravano appartenere a un imberbe ragazzino dai lineamenti androgini.
All’epoca si faceva ancora chiamare Zoo Kid. Aveva 16 anni. La biografia di Archie
Marshall non è mai stata quella di un qualunque adolescente londinese degli anni
10. Figlio di musicisti, cresciuto in una casa in cui campeggiava il ritratto di Fela Kuti e in cui si
ascoltavano massicce dosi di jazz e reggae, all’età di 11 anni (quando la maggior parte dei suoi
coetanei ha più dimestichezza con la Playstation) registrava già le sue canzoni su un mixer a otto
canali. Eppure, qualcosa ha reso la sua scrittura generazionale. Una delle poche composte da un
bianco negli ultimi tempi in grado di fregiarsi di questo attributo. Sarà perché, proprio come lui, la
sua musica ha i tratti appena abbozzati e non è inquadrabile in alcun genere. Il suo è sicuramente
un cantautorato urbano, perché urbano è il romanticismo e urbano è il disagio che affiora dalle esili
trame di Easy Easy e Out Getting Ribs. O forse perché in quel contesto minimale convergono 30 anni
di musiche che hanno raccontato e infiammato i quartieri popolari di Londra. Basta il baluginare di una
chitarra riverberata e un beat pigro per vedere stilizzati in uno sbuffo di fumo trip hop e drum’n’bass
gli accordi taglienti di Billy Bragg e il fantasma di Joe Strummer, evocato dagli scatti irruenti e dalla
rabbia trattenuta. Le canzoni sono fogli neri su cui scarabocchiare parole, tratteggiare scene che
talvolta cedono alla lusinga dell’impianto cinematografico, ma talaltra prendono la forma di intime
confessioni. È su questa dicotomia che Marshall entra in connessione con millennials di tutto il
mondo, prendendoli per mano portandoli a spasso fra i vicoli di South East London. Raccontando la
città senza miti, con gli occhi ben puntati sulla strada e il cuore a sei piedi dalla Luna.
Una canzone: Easy Easy
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KENDRICK LAMAR - To Pimp A Butterfly 2015
KENDRICK LAMAR
To Pimp A Butterfly (Top Dawg/Aftermath Entertainment/Interscope, 2015)
U
n attimo prima che siti e riviste si riempiano di classifiche sui dischi del decennio,
azzardiamo una previsione: To Pimp A Butterfly sarà nella shortlist di ognuna di esse.
È doveroso che sia così. Stiamo parlando dell’album che meglio di ogni altro racconta
gli Stati Uniti di questi anni. Un disco che riassume in modo inconfutabile lo stato delle
relazioni interrazziali in un paese in cui i neri continuano a morire per mano della polizia e in cui il KKK
ha avuto un ruolo non secondario nella scelta del presidente. Tutto questo Lamar lo affronta dalla
prospettiva di un ragazzo di Compton sopravvissuto alla violenza delle gang e a quella delle istituzioni.
Se di questo però c’era già traccia nel precedente album, To Pimp racconta un’altra storia: quella di un
rapper di successo, che impara a combattere le tentazioni connaturate a fama e ricchezza, che vince
i sensi di colpa per aver lasciato la sua gente e sfrutta la propria influenza per portare un messaggio
di consapevolezza e di unità. Nel farlo penetra fino alle radici della cultura afroamericana, grazie a
una narrazione intricata e ambiziosa e a un sound che ne celebra la vitalità. Un blend di tradizione e
avanguardia, all’interno del quale Flying Lotus, Thundercat e Kamasi Washington contribuiscono a
modo loro a un flusso sonoro in cui si mescolano jazz, soul e funk clintoniano. Una musica talmente
ispirata e visionaria che finirà per influenzare chiunque, compreso il Bowie di Blackstar. Si racconta
che alcuni insegnanti usino i testi dell’album per aiutare i loro studenti a comprendere il dramma dello
sfruttamento e della discriminazione. Di certo il movimento Black Lives Matter ha fatto del brano Alright
il proprio inno. Per tutte queste ragioni il valore storico di To Pimp A Buttefly va calcolato nella misura
in cui Lamar ha saputo farsi vessillo all’interno della comunità nera, non limitandosi a celebrare la
propria gente ma donandogli un vero e proprio strumento di lotta.
Una canzone: Alright
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2010 LCD SOUNDSYSTEM - This Is Happening
LCD SOUNDSYSTEM
This Is Happening (DFA/EMI, 2010)
C
iò che James Murphy ha perseguito per tutti gli anni Zero è un’attitudine prima
ancora che uno stile. È l’idea che nella tentacolare notte newyorkese, se dotati della
giusta predisposizione e della necessaria creatività, si possa far accadere di tutto.
Un’esigenza che nasceva dalla tentazione di perdersi nella storia della città che
aveva dato origine al punk e alla disco, di crogiolarsi nel suo reticolo subculturale e recuperare un
po’ di quella voglia di sperimentare, divertendosi. Nel 2010 Murphy sceglieva di mettere fine al suo
progetto prima che quella degli LCD Soundystem diventasse una formula logora. In qualche modo il
suo desiderio si allineava a uno slittamento di sensibilità che avrebbe visto spegnersi i riflettori sugli
eccessi newyorkesi di inizio millennio. È così che This Is Happening, registrato con Rick Rubin a Los
Angeles, finisce ancora una volta per incarnare lo zeitgeist del momento e lo fa con una musica che
si ispira al Bowie berlinese e all’Iggy di The Idiot ma che svela costantemente se stessa, grazie a un
livello di consapevolezza dei meccanismi del pop che le permettono di rubare gli effetti di Eno e le
sonorità proto electro dei Kraftwerk o di imbastire metacanzoni come You Wanted The Hit. Se l’arte
di Murphy ha sempre occupato quell’interstizio che sta fra l’edonistico abbandono della dance e il
colto costrutto dell’art rock, qui il gioco si fa palese, al punto che tutto l’album può essere inteso come
un manuale sul modo di rivoluzionare la musica da ballo servendosi di una solida cultura musicale. Il
segreto sta in un sound fatto di lunghe scorribande kraut pop, verbosi mantra mutant disco, ipnotici
costrutti electro funk e un cantautorato in bilico fra l’ironico e il confessionale. Un rituale corale e
inclusivo come quel grande concerto tenutosi al Madison Square Garden il 2 aprile 2011, con il gruppo
che salutava il suo pubblico e un’epoca che sembrava in procinto di chiudersi.
Una canzone: Dance Yrself Clean
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LOW - Double Negative 2018
LOW
Double Negative (Sub Pop, 2018)
P
ochi album sono stati divisivi come Double Negative. Un lavoro che suona avventuroso
persino per una band abituata a cambiare abito a ogni occasione, ma che sembrava
avviata a sottoporre il proprio sound a una mera operazione di maquillage elettronico.
Il dodicesimo album del trio di Duluth arriva al crepuscolo di un decennio ossessionato
dalla memoria. Apertosi con i ricordi ipnagogici di un passato analogico idealizzato, in cui tubi catodici
sfrigolanti si confondevano con la nostalgia per materiali sonori minori. Nessuno si sarebbe aspettato
che un gruppo attivo da 25 anni fosse in grado di immaginare il futuro. O meglio, la futura nostalgia
per l’attuale, oscuro presente. Il crepitio statico che apre l’album è l’immagine tangibile di mondo di
macerie, mentre l’ectoplasma melodico di Quorum sembra il tentativo di estrarre frammenti armonici da
hard disk in frantumi. Qualcosa che, con i debiti distinguo, rimanda ai Disintegration Loops. Ma mentre il
lavoro di William Basinski finiva per documentare la decadenza dell’America all’alba dell’11 settembre,
quella di Double Negative è la liturgia di una società allo sfacelo. Per raccontarla è necessaria una
narrativa spezzata, da cui si evincono considerazioni su un mondo che sembra andare alla rovescia e
che in poco tempo ha incenerito aspettative costruite nel corso di decenni. Alan Sparhawk non ha fatto
mistero sul fatto che le canzoni siano state assemblate immediatamente dopo le elezioni del 2016, ma,
piuttosto che suonare come mere risposte emotive a quel senso di spaesamento, segnano una veemente
richiesta di giustizia. Nondimeno l’umore plumbeo si coagula in una mucillagine sonora, in cui dentro
finisce di tutto: dubstep, industrial, club music, drones solidi come assi da stiro, glitch impazziti e tutto
lo spettro di rumoristica digitale. Una sorta di test di Rorschach sonoro che mette ogni ascoltatore nella
condizione di immaginare la propria pessimistica idea di futuro.
Una canzone: Dancing And Blood
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2011 M83 - Hurry Up, We’re Dreaming
M83
Hurry Up, We’re Dreaming (Naïve, 2011)
C
he si tratti di rivoluzione o di restaurazione lo lasceremo decidere ai posteri. Quel
che a noi interessa è capire fino a che punto il sound e l’estetica forgiata da Anthony
Gonzalez si siano spinti a caratterizzare questi ultimi anni. Spoiler: moltissimo.
Saccheggiato da cinema, serie televisive e spot pubblicitari il suono di Hurry Up,
si è insinuato subdolamente nel nostro immaginario, si è fatto strada nei ricordi recenti e ci si è
stabilito pervicacemente. Per il musicista francese il successo è arrivato dopo anni di gavetta che
lo avevano visto lasciare sul terreno capolavori come Dead Cities, Red Seas & Lost Ghosts, tenere
alta la fiaccola del dream pop e distinguersi dal recupero calligrafico dei gruppi nu-gaze. Il cambio
di passo avviene con un album massimalista sotto ogni punto di vista. Un disco doppio, saturo di
beat squassanti, synth aggressivi e melodie frontali che creano un wall of sound tridimensionale,
ipercromato e retrofuturista. Un album che intercetta il synth pop in chiave psichedelica del glo-fi
ma gli restituisce una accecante definizione. È interessante notare come, a dispetto della svolta pop,
quello di Gonzalez resti un sound sperimentale. In mezzo alle melodie iperglicemiche si nascondono
frammenti ambient che sembrano rubati al Vangelis di Blade Runner, residui di shoegaze digitale e
interludi strumentali. Il suo successo planetario è spiegabile con la contaminazione fra pop e indie
che ha caratterizzato l’ultimo decennio, e che ha spinto in classifica alcune delle composizioni più
eccentriche ascoltate da diversi lustri. Il cinema ha fatto il resto, portando il sound di Midnight City
a far sistema con gli anni 80 idealizzati di Stranger Things e quelli stilizzati delle colonne sonore di
Cliff Martinez. A Gonzalez non è restato che fondere il languore del dream pop e i neon fluorescenti
nell’estasi retrospettiva di una notte infinita carica di eccitazione.
Una canzone: Midnight City
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JANELLE MONÁE - Dirty Computer 2018
JANELLE MONÁE
Dirty Computer (Atlantic, 2018)
J
anelle Monáe ha trascorso buona parte del decennio a costruire il suo alter ego pop:
quello dell’androide Cindi Mayweather, un personaggio finemente elaborato e non
troppo lontano da una moderna versione (nera e al femminile) di Ziggy Stardust. Con la
solita meticolosità ha prodotto due concept album che correvano il rischio di suonare
tanto perfetti quanto freddi nel loro blend di afrofuturismo, R&B e pop. Poi, nel 2018, è arrivato Dirty
Computer, un lavoro in cui il suo consueto immaginario veniva ricalibrato su una sensualità umana
e gioiosa. Nei giorni che ne anticipavano la pubblicazione, la Monáe parlava apertamente della sua
pansessualità, e fin dal primo ascolto Dirty Computer appare come la trasposizione estetica di tutto
ciò. Come artista dai molti talenti, la Monáe balla, canta, scrive e dirige con un’autorevolezza che le
permette di infondere nella sua musica l’attivismo mostrato a sostegno dei diritti delle donne, della
comunità nera e di quella LGBT. La sua è una consapevolezza portata anche sullo schermo da attrice,
in due film simbolo del moderno black power come Hidden Figures e Moonlight. Dirty Computer arriva
dunque al termine di un percorso che l’ha vista diventare un punto di riferimento culturale. Ancora
un concept, ma questa volta sulla diversità, realizzato da un’artista con profilo politico adeguato e la
consapevolezza di intrattenitrice. Fondamentale la lezione di Prince (che con lei aveva lavorato sul funk
pop di Make Me Feel, al punto da farla sembrare una versione aggiornata di Kiss). Ma anche la voracità
intellettuale che la porta a collaborare con un parterre assortito di ospiti, da Grimes a Brian Wilson,
e a incorporare in scaletta tutto lo spettro emotivo. In questi 48 minuti si piange e si balla, ci si eccita
e ci si indigna. La visione artistica di Janelle Monáe è quanto di più completo il pop contemporaneo
possa offrire, e Dirty Computer un’opera musical-narrativa che descrive un amore toccante e inclusivo.
Una canzone: Pynk
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2010 THE NATIONAL - High Violet
THE NATIONAL
High Violet (4AD, 2010)
C
ome si può sopravvivere alla morte dell’indie con canzoni infuse di tristezza
e rassegnazione? Ad esempio alla maniera dei National, elevando il proprio
malessere a dimensione universale. Tanto più che all’uscita di High Violet, quinto
LP della formazione di Cincinnati, il momento era quanto mai propizio. Il plumbeo
clima della recessione aveva creato l’ecosistema ideale per il romanticismo di Matt Berninger e
soci, che ora potevano sviluppare mantra desolati per una classe media rassegnata. Il tutto grazie
a testi che indugiavano sobriamente sull’osservazione dei demoni interiori, tra una constatazione
di precarietà sociale e una frustrazione composta, pronta a trovare sfogo negli assoli di Aaron
Dessner. Nel 2010 il gruppo era strutturalmente pronto per pubblicare il suo capolavoro: i dischi
precedenti avevano visto i quattro maturare sia singolarmente che come ensemble. L’età aveva
fatto il resto. Soprattutto nel caso di Matt Berninger, la cui propensione per un realismo cupo
trovava ora riscontro in un crooning profondo e affettato. D’altronde, sin dal primo album, i
National non erano mai davvero appartenuti alla gioventù. La scabra disillusione che da sempre
permeava la loro musica aspettava solo di essere indossata da musicisti con il giusto livello
di consapevolezza e la giusta quantità di rughe sul volto. Quando il momento si è presentato,
la band ha barattato l’irregolarità degli esordi con un’eleganza innata, sfoderando brani come
Bloodbuzz Ohio, in cui i rimorsi tipici della crisi di mezza età assumono proporzioni epiche. In
questo senso High Violet trova un’aurea quadratura fra understatement e magniloquenza, grazie
ad arrangiamenti che si caricano di intensità e una produzione finalmente adeguata a traslare gli
ordinari struggimenti della band su una scala più grande.
Una canzone: Bloodbuzz Ohio
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FRANK OCEAN - Blonde 2016
FRANK OCEAN
Blonde (Boys Don’t Cry, 2016)
C
ome si passa dall’essere un elemento minore di un collettivo hip hop ad artista in grado
di rivoluzionare il genere? Con una musica inclusiva che ne percorre tutte le anime e testi
che ne smontano i paradigmi finendo per essere i più citati nelle captions di Instagram
(ecco che significa essere generazionali negli anni Dieci, bellezza). La forza di Blonde si
misura anche da questo, dal livello di penetrazione presso un pubblico giovane e la capacità di offrirgli
riparo da sciovinismo e revanscismo sociale. Tutti concetti che Frank Ocean aveva già ribaltato con il
precedente channel ORANGE, pubblicato all’indomani del toccante post sul suo Tumblr con cui faceva
coming out. Era il 3 luglio del 2012 e, appena due settimane dopo, l’uscita di quell’album cambiava
tutto. In un genere ancora largamente dominato dall’omofobia, brani come Bad Religion e Forrest Gump,
con il loro poetico vagheggiare di amori maschili, detonavano come bombe atomiche. Troppo astuto
per lasciarsi etichettare con il tag monodimensionale di “icona gay”, Ocean riusciva a dar voce ad uno
spaesamento più profondo grazie al successivo Blonde. Qui la narrativa diventa ancora più complessa,
intima e politica, per via di un songwriting raffinato e di un inestricabile mix di finzione e biografia
che finisce per avvolgere dolcemente l’ascoltatore. Analogamente il sound dell’album è immersivo e
in continua mutazione: un soul impressionistico e minimale che sembra frutto di un soliloquio in una
stanza buia, a cui gli elementi non strettamente musicali donano un tocco di mistero. Un variegato team
di produttori, fra cui Pharrell Williams, James Blake e Rostam Batmanglij, elabora uno stile diverso
per ogni brano, reinventando in chiave futuristica quasi 50 anni di musica pop. Mentre le sonorità neo
psichedeliche, la natura confessionale e la destabilizzante serenità lo rendono il compagno ideale per
una generazione fragile, che aspettava solo una voce fuori dal coro in grado di offrirle conforto.
Una canzone: Nikes
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2013 PARQUET COURTS - Light Up Gold
PARQUET COURTS
Light Up Gold (What’s Your Rupture?, 2013)
N
on è un mistero che l’indie rock non se le sia passata troppo bene negli ultimi dieci
anni. A fronte di una mole imponente di dischi, concerti, novità più meno effimere
e nonostante il numero di gruppi proliferati nel DIY più selvaggio senza eguali nella
storia della musica popolare, ben poco resta da tramandare. Problemi di visibilità?
Forse. Autoreferenzialità? Quasi sicuramente. Più probabilmente è mancata la capacità (o la voglia) di
interrogarsi sul presente, senza cui anche l’urgenza espressiva si trasforma in una forma di eccitazione
a breve termine. Il gruppo dei fratelli Savage è stato fra i pochi in grado di parlare e far parlare di sé,
influenzando band su entrambe le sponde dell’oceano. Texani, trapiantati a Brooklyn, i Parquet Courts
sono riusciti a imbastire una delle più intelligenti versioni del DIY punk ascoltata da molto tempo a
questa parte. Una roba così nervosa e stralunata che suonava come il minimo comune denominatore
del rock più sconnesso degli ultimi 40 anni. Nelle canzoni di Ligh Up Gold c’è la stessa smania artsy
dei Voidoids, l’alienazione post punk dei Wire e la tracotanza dei Fall. C’è anche l’inevitabile eredità
dei ‘90, con tutto il suo precipitato di slackness. Anzi, con buona pace di tutti i cloni dei Pavement
apparsi negli ultimi anni, se c’è un gruppo che ha saputo incarnare quell’epopea fatta di slanci
inconsulti, stridule riflessioni e un rinfrancante senso del “buona la prima” sono stati proprio loro.
Con quel grado zero di virtuosismo che pone le basi per successive evoluzioni, il gruppo ha portato
la poetica dell’indolenza nel nuovo millennio e le ha donato spessore politico grazie a canzoni che
incarnano tutta la difficoltà e lo stress del barcamenarsi in una società capitalistica sempre più vorace
e ipertecnologica. Uscito in sordina per la minuscola What’s Your Rupture?, l’album è stato ristampato
da Rough Trade, generando un entusiasmo sotterraneo ma pervasivo che lo ha reso un classico.
Una canzone: Stoned And Starving
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P J HARVEY - Let England Shake 2011
P J HARVEY
Let England Shake (Universal, 2011)
I
l suono della cetra e dell’autoharp, la voce trasfigurata, l’incedere militaresco degli ottoni:
l’ottavo album della cantautrice inglese si presenta in tutto e per tutto come un disco anti
rock. Simile piuttosto a una raccolta di ballate vittoriane in cui si magnificano le gesta di eroi
caduti, si fa appello un immaginario arcaico e a un certo punto vengono evocate le rive del
Tamigi e le bianche scogliere di Dover. Solo che non ci sono eroi nelle canzoni di Let England Shake,
e neppure vittorie da celebrare. Ci sono le polveri della battaglia ancora non posate e corpi ancora
caldi sul terreno. C’è soprattutto la fatalistica constatazione che la grandezza degli stati si costruisce
sul sangue dei popoli. Per comporne le canzoni Polly Jean ha impiegato tre anni e un rigore che le
ha imposto di sedersi ogni giorno al tavolo a scrivere, nel tentativo di ricavare brani nei quali ogni
parola fosse carica di uno specifico peso emotivo. Attingendo alle canzoni vernacolari e all’opera di
scrittori come T. S. Eliot, W. B. Yeats, John Burnside (ma anche ai racconti dei soldati che avevano
combattuto nella guerra coloniale e in quelle di Iraq e Afghanistan) ha così finito col distillare testi
che indugiano sull’oscurità della guerra in quanto concetto metastorico che risuona nelle vicende
britanniche di tutte le epoche. Il disco è stato registrato in una chiesa del diciannovesimo secolo
situata nel Dorset, con un risultato così poetico e pastorale che per certi versi ha più a che fare con
la tradizione pittorica e letteraria d’Albione che con il pop. Peraltro il già potente impianto figurativo
di ciascun brano è corroborato dai video realizzati dal fotografo di guerra Seamus Murphy, che ha
tradotto in immagini le parole prive di retorica e paternalismo con cui la Harvey ha elaborato la sua
lettera d’amore indirizzata alla storia violenta e travagliata dell’Inghilterra.
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2014 RUN THE JEWELS - Run The Jewels 2
C
hi ancora è solito affermare che la creatività sia appannaggio dei giovani, da qualche
anno è costretto a scontrarsi con una serie di ritorni che hanno portato esperienza e
consapevolezza nel modo hip hop. A Tribe Called Quest, Ghostface Killah e Madlib
hanno pubblicato alcuni tra i migliori lavori delle loro carriera. Nessuno però ha
saputo fare meglio dei Run The Jewels: El-P e Killer Mike sono artisti di lungo corso, nonché attivisti
consci del peso di ogni loro parola. Quando nel 2014 pubblicavano il loro secondo album (ennesimo
capitolo di una collaborazione nata all’inizio del decennio), era come se 20 anni passati a infondere
un senso di ribellione nella loro musica fossero stati propedeutici a quegli 11 brani. Dall’alchimia fra
l’attitudine insulare di El-P e la rabbia di Killer Mike scaturisce un disco che unisce una produzione
elettronica livida ed esplosiva a versi affilati come pugnali. Un lavoro oscuro, cinico ma anche
divertente, animato in ogni sua strofa da fervore rivoluzionario. Tanto che quando Zack De La Rocha
fa la sua comparsa in Close Your Eyes, sotto una raffica di bassi distorti, le sue parole suonano
come le più eccitanti dai tempi di Bullet In Your Head. Il resto dell’album è una lunga rappresaglia
contro corruzione e iniquità, realizzata attraverso una violenza liberatoria e parole di unità. Ma
si tratta anche di un’operazione artistica trasversale, in grado di radunare ospiti e fan dal mondo
rock e dall’indie. A rendere imperdibile il tutto ci pensano i due, in grado di scambiarsi rime con la
coordinazione di una coppia di wrestler, forti di un’autorevolezza dettata dall’esperienza e dal vissuto.
La stessa che permette a Killer Mike di scagliarsi contro la brutalità della polizia, la condizione
carceraria e la violenza quotidiana con parole che non promettono risposte ma suggeriscono una
ricerca più profonda tra i meccanismi che regolano politica e società.
Una canzone: Close Your Eyes (And Count To Fuck)
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SLEAFORD MODS - Divide And Exit 2014
SLEAFORD MODS
Divide And Exit (Harbinger Sound, 2014)
C
on gli Sleaford Mods c’è sempre stato l’equivoco che li vuole unici veri punk
nell’Inghilterra degli anni 10. Come se essere incazzati significhi necessariamente
essere punk. Il punk ha sempre celebrato obbiettivi massimalisti, con una messa in
scena che, di fronte ai pezzi di Divide And Exit, verrebbe da definire barocca: la musica
degli Sleaford Mods abita l’understatement più radicale. Quando l’album veniva pubblicato, i due
non erano giovani, né belli. Né tanto meno interessati a compiacere qualcuno. A Divide And Exit
erano arrivati dopo una serie di dischi autoprodotti e tentativi maldestri di scampare a un lavoro non
specializzato e sottopagato. Inutile chiedere loro di dire qualcosa di generazionale. A 40 anni suonati
avevano poca voglia di rappresentare altro che non fosse la loro frustrazione e il desiderio di arrivare
dignitosamente a fine mese. Divide And Exit riduce al grado zero la retorica del pop. Come quello di
un Mike Skinner politicizzato o di un John Cooper Clarke dei bassifondi, il flow di Jason Williamson si
situa a metà strada fra la rissa verbale e il tazebao punk: un profluvio di parolacce, battute nello slang
di Nottingham e altre parolacce. Di Andrew Fearn e di quelle basi elettroniche poco più elaborate di
un preset la cosa migliore che si può dire è che posseggono un approccio minimale. Oppure che ci
sta prendendo per il culo, ma fino ad ora abbiamo preferito lasciargli il beneficio del dubbio. Divide
And Exit è un album grandioso nella misura in cui intercetta la rabbia delle periferie un attimo prima
che il populismo organizzato la canalizzi in una guerra fra poveri. No future in tutti i sensi: impossibile
chiedere a un album come questo di fare scuola o di rappresentare l’inizio di qualcosa. Più in là di così
non si sarebbe potuti andare. Neppure gli Sleaford Mods lo hanno fatto, visto che dopo il successo del
disco hanno perso un po’ di quella rabbia che fino a quel momento era stata la loro arma più acuminata.
Una canzone: Tied Up In Nottz
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2019 SOLANGE - When I Get Home
SOLANGE
When I Get Home (Columbia, 2019)
I
n A Seat At The Table (2016) Solange Knowles smetteva i panni della “sorella di Beyoncé” e
dimostrava di avere la forza espressiva, la tempra e la consapevolezza politica necessaria per
intraprendere una strada in grado di segnare la musica del nuovo millennio. Quell’album si
presentava come un’osservazione sofisticata e sfaccettata sulle lotte contro la discriminazione
di razza e di genere. Fra rimandi storici e letterari, dichiarava il proprio amore per i classici della black
music, che omaggiava in un caldo abbraccio riconciliatorio. Tre anni dopo, chiuso il capitolo sull’eredità
culturale, è tempo di spostare un po’ più in alto l’asticella e iniziare a immaginarne il futuro. When
I Get Home è stato pubblicato improvvisamente la notte del 1° marzo 2019 (simbolicamente nel
giorno in cui il Black History Month sfumava nel National History Women’s Month), ma, piuttosto
che rappresentare il ritorno ai luoghi familiari suggeriti dal titolo, si posiziona sul versante più artsy
del moderno R&B. Il ritorno a Houston è inteso come momento di ricerca personale; un percorso di
autodeterminazione che si fonde con la celebrazione cittadina (attraverso una rielaborazione del
suono chopped and screw) e l’auspicio di un avvenire futuristico e seducente. Anche la variopinta
squadra di collaboratori (tra gli altri Gucci Mane, Tyler, The Creator e il solito Pharrell) sembra fatta
su misura per un album sperimentale, costituito da frammenti che suonano come un work in progress
e in cui convergono spiritual jazz, soul d’avanguardia e rarefazioni electro funk. All’interno di questo
panorama sintetico e geometrico, Solange si impegna a ridefinire il profilo della moderna chanteuse,
con un’interpretazione misurata e minimale, fatta per lo più da ripetizioni di brevi frammenti melodici
e scomposizioni vocali. Grazie a lei un decennio cruciale per la storia della cultura e della musica
afroamericana si chiude con una delle scommesse artistiche fra le più luminose e ottimistiche.
Una canzone: Stay Flo
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SUFJAN STEVENS - Carrie & Lowell 2015
SUFJAN STEVENS
Carrie & Lowell (Asthmatic Kitty, 2015)
V
i ricordate la prima volta che avete ascoltato Carrie & Lowell? Dico ascoltato davvero.
Vi ricordate la prima volta che ne avete soppesato le parole, che avete avuto voglia di
decrittarne le metafore, mettendole in relazione con il pacifico cordoglio della musica
e alla fine, inesorabilmente, avete pensato alle persone che avete amato e che avete
perso? Sono esperienze che la musica concede raramente. Non è neppure necessario che un’opera sia
artisticamente compiuta per farlo accadere, ma solo se l’opera è di grande valore se ne esce arricchiti.
Ecco, il più autobiografico album di Sufjan Stevens è una di quelle opere. Un lavoro che, concentrandosi
sulla morte (ma anche sul disagio psichico, la dipendenza e l’abbandono), finisce per celebrare la vita,
con un mix di delicatezza e spietata autoanalisi. Il compositore di Brooklyn ci arriva dopo aver realizzato
le fantasie in technicolor di Illinoise e sinfonie elettroniche come The Age Of Adz. Per farlo si spoglia
di tutto, tirando fuori dal cilindro gli arrangiamenti più fragili, i sussurri più accorati e le melodie più
immacolate. Leggenda vuole che le tracce dei brani siano state registrate in tour, nella solitudine di
stanze d’albergo. In quei momenti Stevens si lascia guidare dal sentimento per la scomparsa della madre,
morta di cancro tre anni prima, con la quale aveva sempre avuto un rapporto complicato. Intraprendendo
una seduta psicanalitica in cui i ricordi più dolorosi si mescolano a figure criptiche e riferimenti biblici e
mitologici, dando vita a una narrazione universale. Carrie & Lowell è un disco raccolto, confessionale,
che pone domande difficili su come comportarsi nei momenti di profondo dolore. Liberandosi di tutte le
sovrastrutture estetiche e concettuali, Stevens non ha più alcun artificio dietro cui nascondersi. Il risultato
è straziante ma anche catartico, e indica la possibilità di arrivare dolcemente, ma inesorabilmente,
all’accettazione della morte e delle situazioni dolorose annesse.
Una canzone: Fourth Of July
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2014 ST. VINCENT - St. Vincent
ST. VINCENT
St. Vincent (Loma Vista/Republic, 2014)
P
iù che il disco della consacrazione, l’album omonimo del 2014 è quello della
reinvenzione. Il lavoro in cui St. Vincent abbandona definitivamente il suo lato umano
e si fa opera d’arte vivente. Il tutto con un piccolo aiuto da parte di amici come il
designer Willo Perron (che ne cura l’immagine da regina futuristica) e del produttore
John Congleton (che ne rende flessuosi i groove robotici). Il resto è tutta farina del sacco di Annie
Clark, la cui sicurezza nei propri mezzi le permette di compiere un balzo e guardare dall’alto i
cantautori della sua generazione. Liricamente centrato sui concetti di nascita, morte e resurrezione,
St. Vincent è uno degli album che ha contribuito ad affossare la definizione di “genere”. Il tutto
per via di una stilizzazione che fa convergere i sorpassati concetti di rock, pop, R&B in una specie
di laboratorio sonoro dove ogni elemento estetico viene rielaborato per suonare in modo diverso
da come appare “in natura”. In questo modo i campionamenti vocali, le chitarre e i fiati diventano
elementi del ritmo, segni di interpunzione di una sintassi sonora che preconizza la fusione fra
(indie) rock e black music. Di fronte a un simile processo il rischio di trasformare il tutto in un freddo
giochino cervellotico è evidente, tanto più che Perron le ritaglia addosso un personaggio altero e
dominatore, vera e propria leader postmoderna. A fare dell’album qualcosa che possa soddisfare i
sensi e l’intelletto è l’innato talento della Clark, e il continuo gioco di rimandi fra l’estetica e i testi,
teso a definire una nuova e moderna femminilità: ironica, consapevole e ricca di contrasti. Tutto
questo trova riscontro in una musica che mette in campo spigolosi vaudeville, ballate seducenti e
sofisticati meccanismi pop, in una alternanza tra fragilità e padronanza a cui è impossibile resistere.
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TAME IMPALA - Lonerism 2012
TAME IMPALA
Lonerism (Modular, 2012)
C’
è un fil rouge che unisce Oracular Spectacular dei MGMT al secondo lavoro dei
Tame Impala. Un mondo di riflessioni interiori che si espandono all’infinito, un
panorama di synth traslucidi e melodie stupite. Si tratta di una sensibilità che
ha portato la psichedelia alle masse e ha fatto degli australiani uno dei gruppi
(se di gruppo si può parlare) più influenti del decennio. Il che è piuttosto singolare se riferito a un
album che sin dal titolo suona come l’elogio del solipsismo, oltretutto realizzato in uno dei luoghi più
isolati del mondo, da un genietto con tendenze autoreclusive. Kevin Parker aveva iniziato a lavorarci
subito dopo l’uscita di Innerspeaker, l’album che aveva rivelato al mondo la sua propensione per
voli pindarici ancora costruiti su solide fondamenta heavy. Nel corso dei due anni successivi era
maturato in lui il desiderio di un lavoro che ne preservasse le avvincenti linee melodiche, limandone
le asperità e focalizzandosi in modo espressionista su ritmo e stratificazioni analogiche. Il risultato è
qualcosa di ben diverso da quello psycho rock che pure gli ha permesso di essere fra i protagonisti
dell’underground. È un album che mantiene la libertà artistica di capolavori visionari degli anni
60 e 70, senza sembrare un animale preistorico intrappolato nei ghiacci. Alternando con cura jam
immaginifiche, odissee spacey e armonie cheesy alla E.L.O, o alla Supertramp (benché in molti
continuassero a scomodare i Beatles), canzoni come Keep On Lying si dedicano all’esplorazione
dello spazio che intercorre fra pop e weird music, finendo per suonare come un artefatto fuori dal
tempo ma indiscutibilmente figlio degli anni 10. Forse è per questo che un po’ di quella luce dorata
ha iniziato a irrorare le maggiori produzioni degli ultimi anni. Un universo di synth sgranati e suoni
saturi, che ha fatto di Kevin Parker, suo malgrado, una superstar.
Una canzone: Keep On Lying
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2013 THESE NEW PURITANS - Field Of Reeds
I
n un’intervista del 2013 Jack Barnett raccontava al “NME” di essersi reso conto di odiare il
pop. Il suo avrebbe potuto essere l’eccesso di zelo di una pop star annoiata, ma riferendosi ai
These New Puritans l’affermazione costringeva a ripensare i precedenti lavori sotto una nuova
luce. Così facendo, sotto l’aggressione ipercinetica si scorgevano tracce di un’ispirazione più
obliqua e avant. Specie nel precedente Hidden, dove gli elementi neoclassici facevano capolino fra
beat distruttivi e groove minacciosi. Con Field Of Reeds la voglia di sperimentare può finalmente
palesarsi. Tanto per cominciare, il ritmo diventa uno strumento accessorio: le batterie vengono
registrate per ultime e nell’economia dell’album rappresentano un colore utile a campire con
parsimonia gli spazi vuoti. Prodotto insieme a Graham Sutton, ex Bark Psychosis, il terzo lavoro
di Barnett e soci suona come un grande affresco di minimalismo pastorale, nel quale i musicisti
(si arriva a contarne 25) sembrano impegnati in guerra di posizione contro il silenzio, e in cui è
facile scorgere l’eredità di Mark Hollis e del David Sylvian più rarefatto. Le partiture astratte si
intersecano geometricamente con un’elettronica color pastello, coagulandosi quasi per caso in arie
bacharachiane, mentre un variopinto armamentario di legni, archi e fiati si unisce al timbro argenteo
del magnetic resonator piano per dar vita a strutture circolari che rimandano a quelle di Philip
Glass e Steve Reich. Anche la scelta di arruolare in formazione una cantante di fado è coerente con
l’immaginario arcaico futurista dell’opera e a conti fatti rappresenta il senso più intimo di tutta la
produzione dei These New Puritans: un gruppo così disinteressato al futuro del pop da finire per
realizzare uno dei capolavori più singolari (e col senno di poi meno imitati) di tutto il decennio.
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THE WAR ON DRUGS - Lost In The Dream 2014
L
ost In The Dream è l’album che traghetta negli anni 10 la tradizione del classic rock
americano, quello in cui il mito a stelle e strisce degli spazi sconfinati assume forma
tridimensionale. Il che è abbastanza curioso considerando gli esordi lo-fi di Adam
Granduciel. Quando nel 2005, insieme al collega Kurt Vile, aveva dato vita ai War On
Drugs, il suo era ancora il suono intimo della Middle America, nel quale gli evidenti riferimenti a
Dylan e Neil Young si mescolavano a scampoli elettronici e suggestioni shoegaze. Poi ognuno aveva
proseguito per la propria strada: Kurt verso un cantautorato più raccolto e ombelicale, mentre Adam
si era riscoperto figlio degli anni 80, dello Springsteen di Born In The USA, di Don Henley e dei Dire
Straits. In generale di quegli eroi in jeans delle stazioni FM che una parte dell’universo indie tacciava
ancora di grossolanità, ma di cui Lost In The Dream raccoglieva le vestigia, gestendole con grazia
e modernità. Granduciel scrive epiche canzoni in cui un folk cromato e crepuscolare si dipana per
lunghe autostrade motorik, e i dieci minuti di An Ocean In Between The Waves sono l’equivalente
musicale di una corsa su una Mustang verso il tramonto, senza alcuna idea di dove la strada ti
condurrà. Una musica che potrebbe durare per sempre, sospinta da un beat metronomico, con folate
di synth e progressioni chitarristiche che assecondano gli sbalzi d’umore. Adam ha confessato che
il disco era nato in un momento di solitudine e depressione. Il che, se in qualche modo ne giustifica
i vagheggiamenti romantici, rende ancora più straordinario il senso di eccitamento che lo pervade.
Anche nei suoi momenti più epici, infatti, Lost In The Dream resta un’opera proiettata verso l’interno.
60 minuti di epico escapismo musicale con cui Granduciel affronta i propri demoni e grazie ai quali
il moderno rock americano si riconcilia con una parte importante della propria storia.
Una canzone: An Ocean In Between The Waves
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2017 THUNDERCAT - Drunk
THUNDERCAT
Drunk (Brainfeeder, 2017)
N
on è un mistero che negli ultimi anni le sonorità più fresche e innovative siano
state prodotte da una compagine relativamente esigua di musicisti dal background
assortito ma ugualmente impegnati a definire la propria identità artistica tramite
una fusione di stili che utilizza il jazz come fil rouge e molla creativa. I lavori di
Kendrick Lamar, Kamasi Washington e Flying Lotus attingono alla tradizione ma la interpretano
con una libertà che permette loro di farsi avanguardia musicale e culturale. In tutti questi casi a
prestare il basso c’è Stephen Bruner, in arte Thundercat, musicista dall’inebriante eclettismo, la
cui carriera (iniziata nei primi anni 2000) lo ha visto passare dalle file dei Suicidal Tendencies alla
corte di Erykah Badu. Lo stile istrionico e divertito con cui affronta lo strumento lo aveva portato sin
dall’inizio del decennio a pubblicare per la Brainfeeder di Fly Lo, ma nei primi due lavori il suo modo
giocoso di mescolare i linguaggi doveva scontrarsi con il senso di perdita dovuto alla scomparsa,
nel 2012, dell’amico e collega Austin Peralta. Liberatosi finalmente dei propri fantasmi, Bruner
lascia flirtare la vena malinconica con quella più surreale e zappiana grazie a un terzo album in
cui figurano ospiti come Kendrick Lamar, Pharrell e Kenny Loggins (!). Su Drunk le strutture jazz
più dinamiche e futuristiche si scontrano con pop e yacht rock, mentre funk, soul ed elettronica da
videogame orbitano l’uno intorno all’altro in una sorta di flusso cosmico nel quale convergono temi
universali come violenza, sessismo e mortalità, ma anche miagolii, sbadigli e sonori rumori corporei.
È chiaro che ci troviamo nel lato weird della black music moderna, ma è grazie alla leggerezza e al
romanticismo un po’ stonato che la fitta matassa tematica e musicale riesce a penetrare nel cuore
della “generazione Coachella”.
Una canzone: A Fan’s Mail (Tron Song Suite II)
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TIRZAH - Devotion 2018
TIRZAH
Devotion (Domino, 2018)
M
entre dalle nostre parti c’è ancora chi pensa che i talent show, con la loro
esaltazione ginnica della tecnica e del manierismo sonoro, possano rappresentare
una forma sana di approccio alla musica, dall’altra parte della Manica c’è qualcuno
che tenta di ribadire come la bellezza sia un’alchimia talvolta inspiegabile e
difficilmente circoscrivibile a formule e ricette. Sia la producer Mica Levi (aka Micachu) che la
giovane compositrice Tirzah Mastin sono portatrici di una sensibilità prodigiosa, che rifugge dalla
bella calligrafia del mainstream e si forgia in un’estetica fatta di asimmetria e imperfezione. Ciò
non ha impedito alla prima di guadagnarsi una nomination all’Oscar per lo score del film Under The
Skin e alla seconda di realizzare, con il contributo della Levi, uno degli album più innovativi degli
ultimi anni. Un lavoro che dal punto di vista squisitamente sonoro si posiziona fra elettronica, R&B
e trip hop. Più spesso però, a fare la differenza sono gli interstizi fra i tre generi, gli spazi vuoti,
o, meglio, quella terra di nessuno in cui il silenzio e l’emotività giocano un ruolo fondamentale.
La vocalità di Tirzah è naturale e disadorna, ricca di sbavature e priva di qualsiasi ipotesi di
virtuosismo ma capace di comunicare il massimo con il minimo sforzo. Il resto lo fa una produzione
che fra droni di Moog, beat asincroni, rintocchi di piano e campioni lasciati galleggiare nel vuoto
pneumatico sembra coagularsi quasi per caso. Un paesaggio sonoro astratto e ricco di fascino, in
cui il groove viene frantumato segnando la rivincita di chi non sa ballare e il romanticismo viene
privato di tutta la sua prosopopea. Quelli che per Tirzah sono “straight up love songs” sono brani
destinati a cambiare le regole del gioco quasi senza volerlo, realizzati da una coppia di artiste
che mostrano già una straordinaria autorevolezza.
Una canzone: Gladly
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2013 VAMPIRE WEEKEND - Modern Vampires Of The City
VAMPIRE WEEKEND
Modern Vampires Of The City (XL Recordings, 2013)
S
e fino a quel momento i Vampire Weekend avevano riconvertito le intuizioni world di Paul
Simon e David Byrne nel suono indie geek di inizio millennio, con il loro lavoro del 2013
abbandonavano lo status di novelty band e si guadagnavano un ruolo di tutto rispetto
nel panorama pop, per via di un linguaggio fresco, minuzioso e ricco di fantasia con cui
sfidavano le regole del mainstream. A livello sonoro il loro terzo album rappresenta uno straordinario
balzo in avanti. Il merito è soprattutto di Rostam Batmanglij e di quel modo di far convivere la sua
preparazione classica con una visione avveniristica, trasformando ogni strumento (il clavicembalo di
Step, gli ottoni isterici di Diane Young) in qualcosa di nuovo e moderno. A quel tripudio di organi, archi
e cori gospel, Ezra Koenig aggiunge la sua profondità emotiva e le sue metafore. Resta da capire come
abbia fatto un disco così pieno di riferimenti alla teologia ebraica e così preoccupato dello scorrere
del tempo a vendere quasi un milione di copie arrivando al primo posto delle charts negli USA e nel
Regno Unito. È il dono di Koenig e soci: la capacità di affrontare i temi più profondi con un sorriso
arguto e arrangiamenti che attingono all’estetica più spensierata della musica popolare. Assieme a
Win Butler, Koenig è uno dei grandi narratori del pop contemporaneo. Ancora più del canadese ha la
capacità, sulla distanza dei tre minuti, di sviscerare i piccoli drammi della generazione dei trentenni,
quella che guarda alla saggezza come a un dono ma non esiterebbe un secondo a scambiarla con la
gioventù. Laddove Butler trae spunto dall’esperienza della periferia, Koenig fa appello alla tradizione
ebraica, che evoca con allusioni religiose e simboliche, con sfoggio di cinismo e colta ironia. Non
risparmiandosi neppure il beneficio del dubbio, tanto da suggerire l’idea di una ricerca spirituale che
(stando alla nebbia raffigurata in copertina) si preannuncia quanto mai difficoltosa.
Una canzone: Unbelievers
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KAMASI WASHINGHTON - The Epic 2015
KAMASI WASHINGHTON
The Epic (Brainfeeder, 2015)
T
he Epic è il disco da far ascoltare a chi pensa che il jazz consista in un mero
dispiegamento di tecnica onanistica. Anche se al banchetto allestito da Kamasi
Washington il jazz è solo una delle portate utili a definirne la statura artistica. La cosa
incredibile è il modo in cui il sassofonista sia riuscito a dargli modernità nel modo più
naturale: fondendolo con il funk (nella sua versione più carnale) e recuperando la spiritualità delle
radici, infondendogli l’appetibilità dell’R&B e un po’ sana follia. All’appuntamento più importante di
una carriera improntata al massimalismo, Washington arriva ben rodato, dopo anni di jam nei cortili
di Inglewood, collaborazioni con miti della black music di ieri e di oggi (da Wayne Shorter a Kendrick
Lamar) e tre album autoprodotti. Ci arriva soprattutto con talmente tante idee in testa che il suo
unico problema è quello di trovare un supporto adatto a contenerle. Tutte quelle esperienze avevano
fatto maturare in lui la propensione ad una musica totale, fisica e spirituale, in grado di catturare
l’anima e i sensi in un afflato inclusivo. Uno slancio artistico che assume la fisionomia di un balzo
verso l’infinito propulso da un ensemble di 10 elementi, un’orchestra di 32 e un coro di 20. Qualcosa
che nell’opener Change Of The Guard prende le sembianze di uno sfoggio di potenza wagneriana,
e che si dipana per 173 minuti in cui ogni stato d’animo finisce per trovare asilo. Quasi tre ore di
iterazioni fantasmagoriche e groove cosmici che rimandano a Pharoah Sanders e Weather Report,
alla musica ascensionale di John Coltrane e alla mistica spaziale di Sun Ra. Un’opera monumentale
che al termine del 2015 finirà sia in testa alle classifiche pop che a quelle jazz e R&B, segnalandosi
come pietra miliare dei generi più vitali del ventunesimo secolo, e rappresentando, in fin dei conti,
il modo in cui la musica ribadisce il proprio essere linguaggio universale.
Una canzone: Change Of The Guard
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2010 KANYE WEST - My Beautiful Dark Twisted Fantasy
KANYE WEST
My Beautiful Dark Twisted Fantasy (Def Jam, 2010)
E
pico è forse l’aggettivo che più si adatta a un album e a un artista che hanno tracciato
un solco profondissimo nella cultura popolare dell’ultimo decennio. Concepito in
un momento in cui la carriera di Kanye si era avviluppata in un esplosivo mix di
controversie, problemi legali e sovraccarico emotivo, My Beautiful Dark Twisted
Fantasy finiva per rappresentare il più spettacolare dei colpi di reni. Epico, si diceva, per via
dello sforzo produttivo (costato qualcosa come 3 milioni di dollari), i talenti mobilitati e lo spirito
massimalista che lo percorre in ogni secondo. Esiste una vasta letteratura che circonda l’album e che
solitamente si concentra sulle session di registrazione, affrontate come una preparazione di squadra
a uno sport estremo. Altrove si evidenzia che il disco è in fondo la più voluttuosa affermazione di
autobiasimo che si ricordi. Kanye mette in scena l’irrefrenabile tendenza all’eccesso e l’egotismo
autodistruttivo con un cura meticolosa, versi di straordinario acume e l’ambizione di occupare tutto
lo spettro del pop contemporaneo. All’inizio di un decennio in cui il concetto di genere musicale
avrebbe perso consistenza, West scrive il manifesto della rockstar anni 10. Quello in cui convergono
la magniloquenza dello stadium rock, il fascino della disco, la trivialità sessualizzata del funk e
persino campionamenti prog. Il tutto in un continuo flirt fra materiale alto e basso, fra conservatorio
e strip club, che spinge l’asticella un po’ più in alto, tentando quello che altri avrebbero trovato
semplicemente folle: epiche da nove minuti, archi spectoriani, citazioni da Gil Scott-Heron, King
Crimson e Black Sabbath. Persino contributi di icone del passato, come Elton John, e del presente,
come Bon Iver. Una magmatica opulenza che finisce per raccogliersi in una montagna talvolta difficile
da scalare, ma che rappresenta un punto di vista privilegiato da cui osservare la musica del futuro.
Una canzone: All Of The Lights
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EXTRA - Gli altri 50
ALGIERS
Algiers
Matador, 2015
Gospel, punk, soul, electro: gli Algiers spuntano fuori dal nulla con un
album frontale, carico di furore politico, che pretende di essere ascoltato e
dissezionato nei suoi molteplici riferimenti culturali.
ANOHNI
Hopelessness
Secretly Canadian/Rough Trade, 2016
Come Antony Hegarty aveva già dimostrato di saper toccare profonde corde
emotive. Gli arrangiamenti elettronici e la rabbia di Hopelessness fanno di
Anohni una delle artiste più politiche e innovative della sua generazione.
ARCA
Xen
Mute, 2014
Con il suo esordio Alejandro Ghersi, in arte Arca, manipola IDM e hip hop
strumentale per dar vita ad un nuovo tipo di elettronica, in grado di proporre
un concetto di “genere” fluido come le sue sonorità.
ARIEL PINK
Before Today
4AD, 2010
AUTECHRE
Elseq 1-5
Warp, 2016
Una mossa destinata a lasciare interdetti anche i fan più accaniti del
duo. Un artefatto post umano di oltre quattro ore, la cui freddezza viene
mitigata dall’improvvisazione e dal feeling live.
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EXTRA - Gli altri 50
BIG THIEF
U.F.O.F.
4AD, 2019
BLOOD ORANGE
Negro Swan
Domino, 2018
JAIMIE BRANCH
Fly Or Die
International Anthem Recording Co., 2017
Quello della Branch è un esordio che nasce nel cuore di Chicago, trae linfa
vitale dalle sue passate esperienze nel giro dell’indie rock, dell’hip hop
e del punk e stravolge i luoghi comuni sul jazz.
BILL CALLAHAN
Shepherd In A Sheepskin Vest
Drag City, 2019
Shepherd… rispolvera i fasti del folk rock più intimista e drakeiano grazie
a un songwriting asciutto e disarmante. Un invito a riflettere sul proprio
rapporto con lo scorrere del tempo.
CHROMATICS
Kill For Love
Italians Do It Better, 2012
DANNY BROWN
Atrocity Exhibition
Warp, 2016
DESTROYER
Kaputt
Merge, 2011
Dan Bejar reinventa se stesso recuperando l’eleganza del soft rock anni
80 e rinchiudendosi in una bolla di lisergica malinconia in cui convergono
pop, jazz e un songwriting curato e meticoloso.
DIIV
Oshin
Captured Tracks, 2012
Con Oshin i DIIV guidano l’assalto delle band jangle pop di casa Captured
Tracks alle vestigia dell’indie rock. Lo fanno con un romanticismo tossico
e narcolettico che rappresenta una nuova e oscura via al dream pop.
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EXTRA - Gli altri 50
DIRTY PROJECTORS
Dirty Projectors
Domino, 2017
DOWNTOWN BOYS
Full Communism
Don Giovanni, 2015
Nel 2015 il gruppo di Rhode Island ha dato una bella rinfrescata alle
stanze dell’hardcore con questa manciata di pezzi arrabbiati e divertiti che
recuperano il sound degli X-Ray Spex e l’etica dei Fugazi.
JAMES FERRARO
Far Side Virtual
Hippos In Tanks, 2011
FONTAINES D.C.
Dogrel
Partisan, 2019
FOUR TET
There Is Love In You
Domino, 2010
Il quinto album di Kieran Hebden a nome Four Tet si presenta come frutto
dei suoi molteplici interessi (dance, ambient, world) e insieme moltitudine
di percorsi ancora da esplorare.
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EXTRA - Gli altri 50
GOAT
World Music
Rocket Recordings, 2012
TIM HECKER
Ravedeath, 1972
Kranky, 2011
Hecker qui si basa sul timbro processato di un organo a canne per costruire
la sua ambient orchestrale, ruvida e avvolgente. Imbastendo così un’oscura
parabola sul decadimento, da cui filtrano sporadici, toccanti raggi di luce.
HOLLY HERNDON
PROTO
4AD, 2019
LONNIE HOLLEY
MITH
Jagjaguwar, 2018
JON HOPKINS
Immunity
Domino, 2013
Post rave testurale e cinematico. La cronaca di una notte fra i locali della
città, tra scampoli di eccitazione e profonde riflessioni che confermano
Jon Hopkins come uno dei più intelligenti sound designers della sua epoca.
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EXTRA - Gli altri 50
JLIN
Dark Energy
Planet Mu, 2015
THE KNIFE
Shaking The Habitual
Mute, 2013
Con un titolo mutuato dal filosofo Michael Foucault, l’ultimo album dei
Knife è una miscela unica di teoria politica e pop d’avanguardia, dove le
sperimentazioni elettroniche sconfinano nel dancefloor.
LORDE
Pure Heroine
Republic/Lava, 2017
Dave Grohl e David Bowie sono solo due degli artisti che hanno espresso
ammirazione per l’elegante pop intimista con cui la neozelandese, qui
ventunenne, cattura lo spleen della sua generazione.
MBONGWANA STAR
From Kinshasa
World Circuit, 2015
MOUNT EERIE
A Crow Looked At Me
P.W. Elverum & Sun, 2017
Scritto subito dopo la morte per cancro della moglie musicista, e suonato
nella sua stanza, con i suoi strumenti, A Crow… è una meditazione senza
tempo sulla perdita, che si rifiuta di offrire alcun senso di sollievo.
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EXTRA - Gli altri 50
MY BLOODY VALENTINE
mbv
My Bloody Valentine, 2013
JOANNA NEWSOM
Have One on Me
Drag City, 2010
Tre dischi per due ore di durata: un ascolto che può sembrare sfidante, ma
una volta entrati nell’intricata narrativa e dipanata l’affascinante matassa
stilistica la voce della Newsom conduce verso un’esperienza unica.
PALLBEARER
Foundations Of Burden
Profound Lore, 2014
JOSH T. PEARSON
Last Of The Country Gentlemen
Mute, 2011
A dieci anni dai Lift To Experience, Pearson torna senza più fede e con
parecchi fallimenti umani alle spalle. Nel suo primo disco solista suona
come uno Springsteen gotico incapace di trovare una via di redenzione.
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EXTRA - Gli altri 50
PROTOMARTYR
The Agent Intellect
Hardly Art, 2015
PURPLE MOUNTAINS
Purple Mountains
Drag City, 2019
RAIME
Quarter Turns Over A Living Line
Blackest Ever Black, 2012
Il duo londinese esordisce con quella che pare una naturale evoluzione
del dubstep. Un flusso di gelide pulsazioni e bassi plumbei che si situano
nell’anfratto più oscuro della club music.
Un ritorno alle origini: uno spoken word che questa volta sa di saggezza e di
orgogliosa rassegnazione. Appena mezz’ora con cui l’artista ribadisce il suo
inestimabile impatto sulla popular culture.
SAVAGES
Silence Yourself
Matador, 2013
Benché in ritardo sul revival del post punk, il suono delle Savages è
talmente urgente e sicuro della propria visione politica da diventare un
punto di riferimento per tutto il rock meno allineato.
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EXTRA - Gli altri 50
SONS OF KEMET
Your Queen Is A Reptile
Impulse!, 2018
Un sound fiero e violento che recupera l’afflato politico del jazz e lo carica
di memorie tribali: l’ensemble del sassofonista Shabaka Hutchings scrive un
manifesto afrocentrico eticamente ed esteticamente immacolato.
SOPHIE
Oil Of Every Pearl’s Un-Insides
Transgressive/PIAS, 2018
ANDY STOTT
Luxury Problems
Modern Love, 2012
SWANS
The Seer
Young God, 2011
STORMZY
Gang Signs & Prayer
Warner, 2017
TOOL
Fear Inoculum
Sony Music, 2019
THE WEEKND
House Of Balloons
Universal Republic, 2011
Pochi artisti hanno definito una narrazione così chiara in così breve tempo.
Merito di un album che riunisce le tante anime dell’underground in un post
dubstep capace di incantare ancora oggi per originalità.
YVES TUMOR
Safe In The Hands Of Love
Warp, 2018
ZOLA JESUS
Okovi
Sacred Bones, 2017
WEBZINE:
Billboard (billboard.com)
Brooklyn Vegan (brooklynvegan.com)
B-Sides & Badlands (bsidesbadlands.com)
Consequence Of Sound (consequenceofsound.net)
Complex (complex.com)
Crack (crackmagazine.com)
Daily Review (dailyreview.com.au)
Diffuser (diffuser.com)
DIY (diymag.com)
DJ Booth (djbooth.net)
Esquire (esquire.com)
Everything Is Noise (everythingisnoise.net)
Frieze (frieze.com)
Glide (glidemagazine.com)
Gorilla Vs. Bear (gorillavsbear.net)
GQ (gq.com)
The Guardian (guardian.co.uk)
The Independent (independent.co.uk)
Indiehoy (indiehoy.com)
Louder Than War (louderthanwar.com)
Medium (medium.com)
Music OMH (musicomh.com)
NBHAP (nbhap.com)
NME (nme.com)
Noisey (noisey.vice.com)
Ondarock (ondarock.it)
Paste Magazine (pastemagazine.com)
Pitchfork (pitchfork.com)
Resident Advisor (residentadvisor.net)
SentireAscoltare (sentireascoltare.com)
Soul In Stereo (soulinstereo.com)
Spectrum Culture (spectrumculture.com)
Spin (spin.com)
Stereogum (stereogum.com)
Study Breaks (studybreaks.com)
The Line Of Best Fit (thelineofthebestfit.com)
Treblezine (treblezine.com)
Uproxx (uproxx.com)
Vulture (vulture.com)
The Young Folks (theyoungfolks.com)
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OTE
N
rumoremag.com
C
CM
MY
CY
CMY
Copertina di Steuso