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Ferruccio Busoni Saggio Di Una Nuova Estetica Musicale
Ferruccio Busoni Saggio Di Una Nuova Estetica Musicale
Però la libertà è cosa che gli uomini non hanno mai compreso
pienamente, né interamente sentito. Essi non sanno conoscerla né
riconoscerla.
Negano la vocazione di questo fanciullo e lo incatenano. Quest'essere
aereo deve camminare come si conviene, deve - come ogni altro -
adattarsi alle regole della decenza; appena gli è permesso di saltellare -
mentre sarebbe sua aspirazione seguire la curva dell'arcobaleno e
rompere con le nuvole i raggi del sole.
Già per questo, perché ignora a priori questo importante principio [7],
ritengo il cosiddetto verismo italiano insostenibile sulla scena musicale.
«La mia disgrazia è di non avere routine», scrisse una volta Wagner a
Liszt, quando non riusciva a procedere col Tristano.
Con ciò Wagner ingannava se stesso e si mascherava di fronte agli altri.
Di routine Wagner ne aveva anche troppa, e il suo macchinario
compositivo si fermava ogni volta che insorgeva uno di quegli intoppi
che sono superabili soltanto con l'aiuto dell'ispirazione. Vero è che
Wagner li superava in fine, se gli riusciva di mettere la routine da
parte; ma se veramente non ne avesse posseduta affatto, lo avrebbe
affermato senza amarezza.
Comunque in quella frase si esprime il giusto disprezzo dell'artista per
la routine, in quanto egli nega di possedere questa qualità che gli
sembra deteriore, e previene la possibilità ch'essa gli venga
accreditata. Con ciò egli loda se stesso e si finge ironicamente
disperato. È realmen-te infelice nel constatare che la composizione è a
un punto morto, ma si consola abbondantemente con la coscienza che
il suo genio è al disopra del comodo uso della routine; d'altra parte si
atteggia a modesto, ammettendo con dolore di non aver acquisito
quella maestria ch'è universalmente apprezzata e pertinente al
mestiere.
La sua frase è un capolavoro della naturale scaltrezza dell'istinto di
conservazione - ma ci dimostra (e questo è il nostro scopo) il misero
luogo che la routine occupa nel processo creativo.
Ciò che oggi più si avvicina all'essenza originaria della musica sono la
pausa e la corona. Grandi esecutori e improvvisatori sanno usare di
questi mezzi espressivi nella misura più alta e più generosa. Il teso
silenzio tra due frasi, in tale contesto musica esso stesso, fa presentire
molto più in là che non un suono più definito, sì, ma appunto perciò
meno duttile.
«Segni» e nient'altro che segni è anche ciò che oggi chiamiamo il
nostro «sistema tonale». Un espediente ingegnoso per trattenere
qualche po' di quell'eterna armonia; una misera edizione tascabile di
quell'opera enciclopedica; luce artificiale anziché sole. - Avete
osservato come la gente spalanca la bocca quando vede una sala
illuminata a giorno? Ma non lo fa mai per la luce meridiana, milioni di
volte più forte.
E anche qui i segni sono diventati più importanti di ciò che devono
significare, e a cui possono soltanto alludere.
Come sono importanti la «terza» e la «quinta» e l'«ottava». Con quanta
severità distinguiamo le «consonanze» e le «dissonanze» - là dove
dissonanze non possono nemmeno esistere!
Abbiamo diviso l'ottava in dodici gradi equidistanti, perché dovevamo
pure aiutarci in qualche modo, e abbiamo disposto i nostri strumenti in
guisa che non possano mai darci dei suoni intermedi. Soprattutto gli
strumenti a tastiera hanno abituato a tal punto il nostro orecchio che,
all'infuori dei dodici semitoni, tutti gli altri suoni ci sembrano impuri. E
la natura ha creato una gradazione infinita - infinita! Chi se ne ricorda
più oggi? [15]
« Unità tonale ».
- «Lei certo intende dire che "la" e "le" tonalità corrispondono al raggio
solare e alla sua scomposizione in colori?»
No, non questo. Perché l'intero nostro sistema di toni e tonalità nel suo
stesso insieme non è che parziale frammento di un raggio decomposto
di quel sole «Musica» ch'è nel cielo dell'«eterna armonia».
Che belle speranze e quali visioni di sogno si destano per l'arte! Chi non
ha già "volato" in sogno? E non ha fermamente creduto di vivere il suo
sogno? - Proponiamoci dunque di ricondurre la musica alla sua essenza
primitiva; liberiamola dai dogmi architettonici, acustici ed estetici;
facciamo che sia pura invenzione e sentimento nell'armonia, nella
forma e nei timbri (perché invenzione e sentimento non sono solo un
privilegio della melodia); facciamo che segua la curva dell'arcobaleno e
interrompa a gara con le nubi i raggi del sole; non sia altro che la
natura rispecchiata nell'anima umana e da lei riflessa; essa è infatti aria
che vibra e va più in là dell'aria; altrettanto universale e completa
nell'uomo che nello spazio poiché può ripiegarsi su se stessa e scorrere
libera senza diminuire d'intensità.
«Né sul lago, né sui monti, né in cielo è una sola linea diritta, un solo
colore puro, un solo punto di sosta - dappertutto moto, irregolarità,
abitrio, varietà, un infinito confondersi di ombre e di linee, e
dappertutto il riposo, la morbidezza, l'armonia, la necessità del bello.»
Si raggiungerà mai questa musica?
«Non tutti raggiungono il Nirvana; ma chi, dotato sin dal principio,
impara tutto ciò che bisogna conoscere, esperimenta tutto ciò che
bisogna sperimentare, abbandona ciò che bisogna abbandonare,
sviluppa ciò che bisogna sviluppare, realizza ciò che bisogna realizzare:
costui arriva al Nirvana". (Kern: Storia del buddismo in India).
Se il Nirvana è il regno «al di là del bene e del male», qui è indicata
una strada che muove in quella direzione. Fino alla porta. Fino al
cancello che separa uomini ed eternità - o che si apre per accogliere ciò
che è passato di vita terrena. Al di là della porta risuona la musica. Non
l'arte dei suoni.
Forse noi stessi dobbiamo lasciare la terra prima di poterla percepire.
Ma solo al pellegrino che per via ha saputo spogliarsi dei legami terreni
il cancello si apre.
I edizione presso Carlo Schmidl, Trieste, 1907 (in calce a due libretti
d'opera di Busoni: "Der mächtige Zauberer" - "Il mago possente", non
musicato; ne è tratto il primo dei molti che precedono questo saggio - e
"Die Brautwahl" - "La sposa sorteggiata", composta nel 1907-10, 1ª
rappresentazione: Amburgo 1912); II edizione ampliata Insel-Verlag,
Lipsia, 1910 (in realtà 1916), ristampata più volte. Nel 1974 l'Insel-
Verlag ne ha inoltre pubblicato un fac-simile della copia appartenuta a
Schoenberg, con copiose note in margine dello stesso, a cura di H.-H.
Stuckenschmidt. Busoni stesso ne adattò in italiano alcune parti in due
scritti intitolati "Cenni di una nuova estetica musicale" e "Libertà della
musica (cenni di una nuova estetica della musica)" per la rivista
"Harmonia" di Roma (ottobre e novembre 1913). L'opuscolo ebbe una
prima trad. italiana, parziale, a cura di Gian francesco Trampus sul
"Radiocornere", Torino, 1935, nn. 34-36 (18 e 25 agosto, 1º
settembre), col titolo "Saggio di una nuova estetica dell'arte dei suoni",
quindi una più ampia in R.121. La presente traduzione segue la II
edizione originale, e si dà conto in nota delle aggiunte e varianti degne
di rilievo.
(1) Dal Faust, parte II, atto III, vv. 9955/61: è il commento di Forciade
alla scomparsa di Elena e Faust.
(3) Eduard Hanslick (1825-1904), qui evidentemente citato piú che per
la lunga e rilevantissima attività di critico musicale, per il giovanile
opuscolo sul «bello musicale» (Vom Musikalisch-Schonen, I vers. 1854,
ripetutamente tradotto anche in italiano), presto divenuto, grazie anche
a notevoli fraintendimenti, il faro di tutte quelle tendenze estetiche che
negano alla musica la capacità di esprimere sentimenti o di
«rappresentare» alcunché.
(6) Da qui per otto capoversi (sino a «metà del lavoro lui stesso») solo
nella II edizione. Il passo fu anche pubblicato nella «Vossische
Zeitung», Berlino, marzo 1913, col titolo «Von der Zukunft der Oper»
(«Dell'avvenire dell'opera»), quindi in B.189 e in H.61.
(7) Nel suddetto estratto intitolato «Von der Zukunft der Oper» a
questo punto segue: «Invece si dovrebbe pensare ad una forma di
azione accompagnata dalla musica e illustrata dal canto, senza testo
verbale: ne risulterebbe una specie di 'pantomima cantata'».
(10) Nella I edizione seguiva: «"Il mio cane è molto musicale", m'ha
detto qualcuno in tutta serietà. Metteranno il cane al disopra di
Berlioz?».
(15) Da qui per 6 capoversi (sino a «la routine nel processo creativo»)
solo nella II edizione. Un'altra versione di questo frammento, col titolo
Routine, è in B.167, e ne Lo sguardo lieto a pag. 90.
(16) Di qui sino allo spazio («la fanciullezza alla vecchiaia») aggiunta
nella II edizione.
(19) Nella I edizione seguiva: «Noi siamo governati dal maggiore e dal
minore, siamo nelle mani di due mogli».
(20)
[3] I recitativi delle sue Passioni sono «parlare umano», non «giusta
declamazione».
[6] Cfr. piú sotto quanto si dice della «profondità». (Ricordiamo che il
tedesco "tief", oltre che "basso", vale "profondo", anche in senso
figurato.)
[12] Pare che Michelangelo abbia detto che chi segue qualcuno non può
sorpassarlo. E sull'utile uso delle «copie» c'è un detto italiano molto piú
drastico. (14)
[13] Ne tentai una volta uno simile con un mio amico, al fine di stabilire
per ischerzo quanti dei pezzi di musica universalmente noti fossero
costruiti secondo lo schema del secondo tema dell'adagio della Nona
Sinfonia. In pochi istanti avevamo raccolto circa quindici analogie, tutte
dei generi più differenti, tra le quali alcune da musica della più bassa
lega. E da Beethoven stesso. Il tema del finale della Quinta è forse
differente da quello con cui la Seconda inizia il suo allegro? e dal motivo
principale del Terzo concerto per pianoforte, stavolta in minore?
[17] Così scrivevo nel 1906. I dieci anni passati da allora hanno aiutato
a educare un pochino il nostro orecchio. (17)
[18] «New music for an old World. Dr. Thaddeus Cahills Dynamophone,
an extraordinary electrical Invention for producing scientifically perfect
music by Ray Stannard Baker». «McClure's Magazine» July 1906- Vol.
XXVII, n. 3.
Ecco che cosa racconta Mr. Baker di questo trascendentale generatore
di suoni: «L'osservazione che tutti gli strumenti dànno dei suoni
imperfetti portò il dott. Cahill a riflettere. Il materiale, le condizioni
fisiche, la temperatura, i fenomeni climatici influiscono sull'esattezza di
ogni strumento. Il pianista perde il dominio sul suono della corda dal
momento in cui il tasto è stato colpito. Nell'organo il sentimento nulla
può aggiungere alla nota. Il dott. Cahill ha concepito l'idea d'uno
strumento che potesse dare all'esecutore un controllo assoluto su ogni
suono e sulla sua espressione. Egli è partito dalle teorie di Helmholtz,
che gli hanno insegnato come i rapporti fra il numero e il volume dei
suoni armonici e il suono fondamentale siano decisivi per il timbro
caratteristico di ogni singolo strumento. Di conseguenza nella sua
costruzione ha aggiunto all'apparecchio che dà il suono fondamentale
una serie di apparecchi supplementari, ognuno dei quali produce uno
dei suoni armonici, e cosí ha potuto sommar questi al suono
fondamentale nell'ordine e forza che piú gli piacessero. Così ogni suono
è capace della caratterizzazione piú varia, la sua espressione può venir
regolata dinamicamente con la massima sensibilità e la forza può
essere portata da un pianissimo quasi impercettibile a una potenza di
suono intollerabile. E poiché lo strumento viene messo in azione da una
tastiera, gli rimane conservata la possibilità di piegarsi alla personalità
di un artista.
Con una serie di simili tastiere, suonate da parecchi esecutori, si può
formare un'orchestra.
La costruzione dello strumento è straordinariamente complicata e costosa, e il suo valore
pratico si può ragionevolmente mettere in dubbio. Per trasformare le onde elettriche in
onde sonore, l'inventore ha adottato il diaframma telefonico. Grazie a questa felice trovata
è stato possibile inviare i suoni dell'apparecchio da una centrale a tutti i posti collegati con
linee telefoniche, anche a grande distanza; ed esperimenti ben riusciti hanno dimostrato
che i suoni nulla perdono per questo delle loro finezze o della loro forza. L'ambiente
collegato si riempie miracolosamente di suono, un suono scientificamente perfetto che non
viene mai meno, invisibile, prodotto senza fatica e instancabile. Sono allegate alla
relazione da cui tolgo queste notizie delle fotografie autentiche dell'apparecchio, che
tolgono ogni dubbio intorno alla realtà di questa creazione quasi incredibile. L'apparecchio
ha l'aspetto di una sala macchine».
[19] Qui Nietzsche cade in una contraddizione: prima sogna una musica
forse più «cattiva»; ora immagina una musica che «non sappia nulla
del bene e del male» - per la mia citazione, però, ha importanza
quest'ultimo significato.
[20] Quasi per un'intesa, Mr. Vincent d'Indy mi scrive in questi giorni
(1906): «... lasciando da parte le contingenze e le piccinerie della vita
per volgere costantemente lo sguardo a un ideale che non si potrà mai
raggiungere, ma a cui è lecito avvicinarsi».