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Carnevale di Acireale
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Indice
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1 Storia
2 Le maschere storiche
2.1 L'Abbatazzu
2.2 I Baruni
2.3 I Manti ed i Domino
2.4 Cola Taddazzu e Quadaredda
3 La manifestazione oggi
3.1 Carri Allegorico-Grotteschi in Cartapesta
3.2 Carri Infiorati
3.3 Carri in Miniatura
3.4 Giostre
3.5 Numero Unico
4 Note
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni
Il carnevale acese ha origini antichissime. Si pensa, infatti, che la manifestazione sia nata
spontaneamente fra la gente e quindi ripetuta negli anni dal popolo, che libero dai rigidi
vincoli, poteva con una certa libert scherzare, dando luogo a saturnali in maschera dove
era uso prendere di mira i potenti del tempo con satira e sberleffi. Una delle prime
maschere del carnevale acese fu l'Abbatazzu (detto anche Pueta Minutizzu) che, portando
in giro grossi libri ironizzava sulla classe clericale del tempo, ed in special modo
sull'Abate-Vescovo di Catania, nella cui diocesi ricadeva per l'appunto la cittadina.
Il primo documento ufficiale che cita la manifestazione un mandato di pagamento
del 1594
Nel XVII secolo era usanza fare una Battaglia di arance e limoni tanto sentita che il 3
marzo del 1612 la Corte Criminale era costretta a bandirla. Alle fine del XVII secolo, il
terremoto che sconvolse la Sicilia Orientale (Terremoto del Val di Noto) decret anche un
periodo di lutto e per diversi anni il tradizionale carnevale non si tenne. Ma gi ai primi
del XVIII secolo la manifestazione rinasceva, probabilmente anche incoraggiata dal
momento di grande fermento e di speranze che si era venuto a creare con la ricostruzione
post-sisma. Entrarono in scena alcune maschere nuove u baroni (il barone) ed i
famosissimi Manti.
Dal 1880 iniziarono le sfilate dei carri allegorici. Inizialmente furono preceduti delle
carrozze dei nobili addobbate (detti le cassariate o landaus) e successivamente vennero
pensati i carri in cartapesta. Si pens proprio alla cartapesta perch in citt vi erano molti
artigiani che gi utilizzavano questa tecnica per decorazioni.
Dal 1929, anno della istituzione della azienda autonoma e stazione di cura di Acireale, il
Carnevale Acese viene organizzato cos come lo si pu ammirare oggi. Dal 1930 vennero
introdotte le macchine infiorate, ovvero auto addobbate di fiori, altra peculiarit della
manifestazione che sopravviver sino ai giorni nostri, pur se ormai allestiti in carri ben pi
grandi.
In alcune edizioni verranno anche creati dei carri addobbati con agrumi.
Del 1934 la prima edizione del Numero Unico, a cura del locale Circolo Universitario una
pubblicazione destinata ad accompagnare tutte le edizioni. Nel secondo dopoguerra vi
sar la introduzione dei minicarri (detti Lilliput) all'interno dei quali vi era un bambino.
L'usanza dei minicarri durer per solo sino alla fine degli anni Sessanta. Cola
Taddazzu e Quadaredda, ai quali successe il popolarissimo Ciccitto (l'indimenticato
Salvatore Grasso) furono alcuni dei personaggi pi famosi.
La manifestazione sar interrotta, oltre che alla fine del XVII secolo anche nei periodi
bellici durante le due guerre mondiali del XX secolo. Inoltre sar posticipata nel 1991,
come precauzione di sicurezza per la contemporanea Guerra del Golfo.
Nel 1996, 1997, 2001 e 2006 la manifestazione far parte della lotteria di Carnevale,
del Monopolio di Stato. Nel 2006 viene assegnato alla manifestazione il premio
europeo Alberto Sargentini dalla omonima fondazione di Viareggio. Nel 2010 il Carnevale
di Acireale stato abbinato, ancora una volta, alla Lotteria Nazionale e al Carnevale di
Viareggio, manifestazioni gemellate insieme ad altri Carnevali italiani.
Negli anni la figura dei Carristi ha sospinto ed aumentato il valore artistico della
manifestazione. Tra i carristi pi importanti si ricordano Sebastiano Longo, Rosario Lizzio,
Camillo Ardizzone, Giovanni Coco, i Fratelli Parlato e Luciano Scalia.
Le maschere storiche[modifica | modifica sorgente]
L'Abbatazzu fu una delle maschere antiche del carnevale acese, storicamente in uso
dal 1667. Vestiti in maniera stravagante, usavano portare grandi parrucche bianche in
testa, indossavano abiti di Damasco ricchi di fronzoli ed andavano in giro con grossi libri.
Avevano un grande tovagliolo appeso al collo, che era un antico segno dato alle persone
infette e probabilmente aveva l'intento di esorcizzare le paure di un periodo storico (il XVII
secolo) travagliato da gravi pandemie. L'Abbatazzu era anche detto Pueta
Minutizzu perch solevano recitare delle poesie grottesche e maliziose. Secondo alcuni
storici, la maschera ironizzava sulla classe clericale del tempo, ed in special modo
sull'Abate-Vescovo di Catania, Mons. Michelangelo Bonadies, nella cui diocesi ricadeva
per l'appunto la cittadina.
I Baruni[modifica | modifica sorgente]
I Manti, furono la figura che pi successo ebbe nella tradizione del carnevale acese.
Coperti da grossi mantelli di seta nera, che celavano l'identit, furono paragonati
ai Bautta veneziani. La figura fu poi sostituita nel tempo dal Domino. Anche il Domino era
una maschera completamente nera che celava l'identit, ma con vesti meno ricche. Il
costume fu poi bandito per motivi di pubblica sicurezza nei primi anni del XX secolo,
poich alcuni malviventi usano travestirsi cos per celare la propria identit e confondersi
nella folla intenta a festeggiare il carnevale dopo aver compiuto delitti.
Cola Taddazzu e Quadaredda[modifica | modifica sorgente]
Cola Taddazzu e Quadaredda furono maschere molto popolari introdotte negli anni
cinquanta del XX secolo.
Il carnevale oggi si svolge nello stupendo scenario barocco del centro storico, ha il suo
centro nella magnifica Piazza Duomo. Totalmente gratuito, vede la folla partecipare
attivamente alla manifestazione, che viene trascinata dal generale clima allegro ed
euforico. Gemellato con il Carnevale di Viareggio vi anche la partecipazione di alcuni
costumi del Carnevale di Venezia.
Il programma tradizionale prevede la sfilata dei carri di cartapesta il gioved, la domenica
ed il marted grasso, mentre i carri infiorati sfilano il luned ed il marted. Da alcuni anni
tuttavia il programma mutato, i carri allegorici sfilano anche le due domeniche precedenti
ed i carri infiorati sfilano in tutti i giorni. La manifestazione si chiude comunque la sera del
marted grasso con le premiazioni ed i tradizionali fuochi d'artificio con cui si vuole bruciare
il Re Carnevale. Caratteri peculiari della manifestazione sono:
Carri Allegorico-Grotteschi in Cartapesta[modifica | modifica sorgente]
Sono grandi costruzioni in cartapesta che trattano argomenti di satira e costume sociale.
Sono caratterizzati oltre che dal soggetto, anche dal colore, dagli effetti e dal movimenti di
alcune parti che generalmente si attivano appena giunti in Piazza Duomo.
I carristi lavorano nei cantieri, fra la progettazione e la realizzazione per diversi mesi.
Attualmente al completamento dei carri dedicato un apposito spazio coperto dove
trovano spazio i diversi cantieri.
Carri Infiorati[modifica | modifica sorgente]
Introdotti nel 1931, inizialmente erano delle automobili ricoperte di fiori, e per questo
chiamate da molti ancora le Macchine Infiorate. Oggi invece sono dei carri di grandi
dimensioni dove le figure sono composte da centinaia di migliaia di fiori con movimenti e
luci.
Carri in Miniatura[modifica | modifica sorgente]
Sono carri di piccole dimensioni realizzate minuziosamente per il concorso divenuto ormai
tradizionale e che si tiene nel periodo dei festeggiamenti. Alcuni dei carri in miniatura sono
proprio miniature dei carri allegorico-grotteschi che sfilano per le strade.
Immagini dei "Carri in Miniatura"
Giostre[modifica | modifica sorgente]
In occasione della festa viene impiantato tra corso Italia e via Felice Paradiso[1] un Luna
Park itinerante.[2]
Numero Unico[modifica | modifica sorgente]
Si tratta di una pubblicazione di satira locale redatta dai soci del locale Circolo
Universitario ininterrottamente dal 1932, e che ormai entrato nella tradizione del
carnevale acese.
Antinna a mari
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1 Regole del
gioco
2 Oltre a Cefal
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni
Si tratta di una sorta di albero della cuccagna posto sul mare: un lungo tronco unto
di sapone e sego viene sospeso quasi orizzontalmente sulleacque prospicienti il molo. Lo
scopo della gara consiste nel cercare di raggiungere una bandierina posta all'estremit,
appunto, della 'ntinna senza cadere in acqua. I partecipanti sono costretti ad innumerevoli
tentativi (con conseguenti tuffi in acqua) prima di riuscire a raggiungere la bandiera.
Secondo la tradizione, possono partecipare soltanto i figli maschi dei pescatori.
Oltre a Cefal[modifica | modifica sorgente]
Sempre in Sicilia possibile trovare lo stesso gioco nella stessa forma e quasi nello
stesso periodo dell'anno anche nell'isola di Marettimo (isole Egadi).
Anche a Sciacca, in provincia di Agrigento, si svolge "L'antinna a mari" dal 27 al 29 giugno
in occasione della festa di San Pietro, protettore dei pescatori.
A Porto Empedocle si svolge nel mese di luglio, durante i festeggiamenti in onore della
Madonna del Carmine.
Per la ricorrenza dell'Ascensione la "'ntinna a mari" si svolge anche a Finale di Pollina,
borgata a una decina di km da Cefal.
Il giorno di Ferragosto ad Augusta, in provincia di Siracusa, si svolge una gara con decine
di partecipanti e migliaia di spettatori nello scenario del Golfo Xifonio, rinomata zona
balneare della cittadina aretusea.
Anche a S. Agata di Militello si svolge la 'ntinna a mari e precisamente nella prima
domenica di agosto, il giorno delle celebrazioni della festa di Maria Santissima del Mare
sulle barche.
A Sferracavallo, in provincia di Palermo il gioco si svolge verso la fine di settembre,
La Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane l'opera pi importante del palermitano Giuseppe
Pitr (1841-1916), pubblicata in ben venticinque volumi tra il 1871 e il 1913.
Come il conterraneo Giovanni Meli, il Pitr divenne medico di professione e venne, grazie
ad essa, a contatto con i ceti pi umili dai quali raccolse per primi i Canti popolari siciliani,
pubblicati in due volumi nel 1871. Molto importante fu anche il contributo della madre, a
cui dedic questa sua prima opera; addirittura disse di lei: la mia biblioteca delle
tradizioni popolari siciliane.
Ai primi due volumi si aggiunsero presto gli altri, dedicati alla cultura popolare, ma anche a
giochi, proverbi, indovinelli, feste, medicina popolare, usi nuziali e molto altro. Per i suoi
meriti e la sua fama Giuseppe Pitr fu nominato Senatore del Regno il 30 dicembre
del 1914, quando anche inAmerica venivano tradotte e pubblicate le sue opere per le
Edizioni Crane, specialmente i proverbi e le fiabe, la cui radice comune a tanti popoli egli
aveva esaltato rivendicando in una lettera ad Ernesto Monaci la loro ricchezza linguistica
con queste parole: "Che bellezza, amico mio! Bisogna capire e sentire il dialetto
siciliano per capire e sentire la squisitezza delle fiabe che sono riuscito a cogliere di bocca
ad una tra le mie varie narratrici.
Come sostiene il Cocchiara, lopera del Pitr presenta due aspetti, uno storico e laltro
poetico, rivelando unumanit viva e vibrante per cui egli era convinto che era giunto il
tempo di studiare con amore e pazienza le memorie e le tradizioni, per custodirle. Da
questo nacque anche la creazione del Museo Etnografico, dove raccogliere tutti i materiali
e gli oggetti pazientemente ricercati per la Sicilia, che oggi porta il suo nome, ed ospitato
nelle ex-stalle della Palazzina Cinese, allinterno del Parco della Favorita. Molto belle sono
le pagine dedicate alle storie di Giuf, protagonista di molti racconti comici della tradizione
siciliana, e alle feste popolari, soprattutto quella del Natale e quella
dei Morti (Commemorazione dei defunti).
Elenco dei venticinque volumi[modifica | modifica sorgente]
Il carnevale della Valle dell'Alcantara si svolge ogni anno nella citt di Francavilla di
Sicilia in provincia di Messina.
Il Carnevale[modifica | modifica sorgente]
"Vincenzo Bellini".
Nel pomeriggio della domenica e del marted grasso le strade si animano con la sfilata dei
carri allegorici in cui le sfide agguerrite tra i mastri carristi di diversi gruppi prendono il via
portando dentro le vie cittadine unarea di festa e di divertimento; il marted sera, durante il
veglione vengono assegnati i premi; al primo posto, oltre ad un premio in denaro, viene
assegnato una scultura lignea di un asso di bastoni.
Carnevale di Regalbuto
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1 Manifestazi
oni
1.1 I costumi
1.2 Le sfilate dei carri allegorici
1.3 I balli tradizionali: le contradanze
2 Collegamenti esterni
Carnevale di Sciacca
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1 Storia
2 La preparazione dei carri
3 Note
4 Collegamenti esterni
A parlare per primo di esso fu, nel 1889, Giuseppe Pitr che ne fece cenno nella sua
operaBiblioteca delle tradizioni popolari siciliane.
Ma le origini del carnevale di Sciacca, citt della provincia di Agrigento, risalgono ad un
periodo molto pi antico, forse all'epoca romana, quando venivano festeggiati
i saturnali ed il loro re veniva sacrificato; o meglio, con pi probabilit, al 1616 quando il
vicer Ossuna stabil che l'ultimo giorno di festa tutti si dovevano vestire in maschera. Da
annotare una rivalit che c' con il carnevale di Acireale che ad oggi rimane superiore per
molti aspetti e che si affaccia ad essere uno dei carnevali pi belli a livello nazionale ed
europeo.
Le prime manifestazioni sono ricordate come una festa popolare, in cui venivano
consumate salsicce, cannoli e molto vino; ed il popolo si riversava per le strade, travestito
in vari modi. Successivamente furono fatti sfilare i primi carri addobbati alla meglio, che
portavano i mascherati sulle sedie in giro per le viuzze della citt.
Negli anni venti compare una grande piattaforma addobbata, trascinata da buoi o cavalli,
che portava comitive in maschera. Essi recitavano in dialetto locale, seguite da piccole
orchestrine improvvisate. Lo stufato, le salsicce ed il vino distribuito rappresentavano gi
un momento d'incontro e scambio fra compaesani.
Nel dopoguerra i carri vennero intitolati, ed iniziavano a fare chiaro riferimento alle novit
del progresso. Stelle filanti e coriandoli incominciavano ad essere lanciati dai carri in
movimento, creando un clima di festa, che invogliava i partecipanti a divenire i veri
protagonisti di una gioia collettiva. Dopo pochi anni ancora, la folla in delirio faceva
sorgere le prime Compagnie di rivista, venendo anche allestiti carri allegorici sempre pi
sofisticati che facevano riferimento a temi e personaggi locali in chiave satirica.
Con la sperimentazione dell'amplificazione sonora, il carnevale di Sciacca si evolveva
ancora di pi e venivano allestiti carri con figure sempre pi grandi e i cui movimenti
divenivano sempre pi sofisticati. La satira politica locale lasciava pi spazio a personaggi
noti ad un pi vasto pubblico, oppure rappresentava temi di attualit che riguardavano
interessi nazionali.
La preparazione dei carri[modifica | modifica sorgente]
I carri allegorici e i mini-carri, cui fanno seguito i relativi gruppi mascherati, vengono ideati,
progettati e realizzati nei mesi antecedenti la festa, coinvolgendo, sin dai primi preparativi,
parecchia gente del posto.
La notte del venerd riservata agli ultimi montaggi: i carri vengono posti in ordine di
sfilata lungo la strada del primo itinerario cittadino e vengono assemblati sul posto. La
gente presa dalla curiosit segue lo stato di avanzamento dei lavori e si confonde tra il via
vai di mezzi e personale preso dalla frenesia di terminare i lavori per essere sicuri che nel
carro tutto funzioni a dovere. Infatti, anche se progettati e realizzati nei mesi precedenti, i
vari "pezzi" vengono assemblati solo in strada e proprio la notte prima dell'inizio della
sfilata. Varie volte a diversi carristi capitato di dover modificare il carro proprio all'ultimo
momento per problemi di montaggio finali correndo il rischio di non partecipare.
Infine viene il giorno d'inizio delle sfilate che seguono due tragitti nel centro storico
di Sciacca. Le sfilate si sono effettuate nei giorni di sabato (primo tragitto), domenica,
luned e marted (secondo tragitto) della settimana antecedente l'inizio della Quaresima.
Attualmente il Carnevale inizia il Gioved Grasso con la consegna simbolica delle chiavi
della citt al re del Carnevale Peppe Nappa, personaggio adattato dai saccensi come
maschera locale che apre e chiude la festa. Termina il Marted grasso quando il Carro
di Peppe Nappa viene bruciato in piazza.
La partenza del corteo dei carri, con in testa il carro di Peppe Nappa, avviene dalla Piazza
Friscia. Da quel momento il carro di Peppe Nappa inizia a distribuire vino e salsicce
preparate sulla brace per tutta la durata del carnevale. Dall'edizione del 2011, tuttavia, al
posto del vino, viene distribuita aranciata per combattere il sempre pi diffuso fenomeno
dell'alcolismo.[1]
Il contributo portato dall'Istituto d'arte di Sciacca al carnevale locale - per testi, musiche,
balletti, modelli, raffigurazioni, movimenti e coreografie - ha consentito che questi potesse
competere con successo a livello nazionale e mondiale con molte altre rassegna
analoghe.
Carretto siciliano
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Tipico carretto siciliano davanti la Valle dei Templi ad Agrigento per i turisti
Il Carretto siciliano (in siciliano carrettu) un mezzo a trazione equina adibito al trasporto
merci, in uso in tutto il territorio siciliano dal XIX secolo fino alla seconda met del XX
secolo, quando divenne obsoleto a causa della crescente motorizzazione del lavoro nelle
campagne. Costruito con diverse qualit di legno, spesso fregiato da intagli bucolici e
sgargianti decorazioni pittoriche, al giorno d'oggi divenuto oggetto d'arte artigianale,
nonch uno dei simboli dell'iconografia folcloristica siciliana.
Indice
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1 Struttura
2 Stili del carretto
3 Le maestranze del carretto
4 Altri progetti
5 Collegamenti esterni
Ciascuna delle due ruote composta da 12 raggi definiti in siciliano iammzzi (iammi,
"gambe") che congiungono il mozzo al cerchione, spesso arricchiti da intagli a fitte sezioni
parallele (impsti) o addirittura soggetti scolpiti quali fiori, aquile, sirene, o teste di
paladino.
Stili del carretto[modifica | modifica sorgente]
Il carretto assume caratteristiche diverse a seconda della zona in cui viene prodotto.
Nel palermitano il carretto presenta sponde trapezoidali, una tinta di fondo gialla e
decorazioni prevalentemente geometriche. I temi rappresentati sugli scacchi variano tra
cavalleresco e religioso, realizzati nelle tonalit basilari del rosso, del verde, del giallo e
del blu, le sfumature sono ridotte all'essenziale e la prospettiva bidimensionale. Spesso
nel palermitano le balestre sono preferite alla cascia di fusu, intagli e pitture mantengono
l'aspetto naif tipico del carretto siciliano.
Nel catanese le sponde sono rettangolari, la tinta di fondo rossa come la lava dell'Etna e
gli intagli e le decorazioni si presentano pi ricercati e meglio rifiniti, allontanandosi dallo
stile semplice del palermitano per ricercare una raffinatezza maggiore. nelle produzioni pi
moderne i quadri contemplano la tridimensionalit prospettica, la gamma di tonalit si
arricchisce e le sfumature e i chiaroscuri si fanno pi incisivi.
Meno conosciuto lo stile Vittoria, in cui il carretto presenta una struttura simile al
catanese, riprende il rosso come colore di fondo, ma nelle tonalit si distingue per la sua
caratteristica gradazione scura. Le pennellate, sia nei quadri che nelle decorazioni, sono
caratterizzate da un tratto netto, "istintivo", in contrapposizione alla ricercata pennellata
sfumata del catanese.
Esiste anche uno stile trapanese, che per non ha raggiunto la stessa diffusione del
palermitano e del catanese.
Le maestranze del carretto[modifica | modifica sorgente]
Sono ormai rari i maestri (mastri) che mantengono vivo il carretto siciliano. Alla sua
realizzazione partecipano diversi artigiani, ciascuno col proprio mestiere. La prima fase
competenza delcarradore, colui che costruisce il carretto e ne intaglia i fregi. Altro compito
importante del carradore la ferratura della ruota, pratica particolarmente pittoresca.
In provincia di Catania, aBelpasso, lavora "l'ultimo carradore", il maestro Alfio Pulvirenti,
che applica ancora l'arte del legno tramandata dai suoi avi maestri.
La seconda fase affidata al fabbro, che forgia le parti metalliche quali i centuni, le
estremit delle aste e il pregiato arabesco della cascia di fusu.
Quando la costruzione del carretto ultimata il lavoro passa al pittore, che veste il carretto
di colore e vivacit. Egli esegue inoltre i quadri rappresentanti le gesta cavalleresche,
mitologiche, storiche o romanzesche che caratterizzano il carretto siciliano. Patria
indiscussa del carretto siciliano la cittadina di Aci Sant'Antonio (CT), che vanta il nome di
pittori di carretti quali Domenico di Mauro e Nerina Chiarenza. Sempre in provincia di
Catania, a Giarre, opera un giovane maestro pittore, Damiano Rotella, che custodisce la
pittura catanese nella variante ionico-etnea. In provincia di Messina, a Santa Teresa di
Riva, opera il maestro pittore, Giovanni Remato, artista poliedrico della scuola ionica
messinese. Nella cittadina di Barrafranca in Provincia di Enna, Vive e opera il Maestro
pittore Roberto Caputo, artista poliedrico che spazia ampiamente dallo stile Palermitano
allo stile Catanese con grande talento e maestria. A Ragusa lavora il maestro Biagio
Castilletti che, oltre alla pittura, applica un altro mestiere relativo al carretto in via di
estinzione: il bardatore, colui che produce le bardature dei cavalli. Il mestiere del
bardatore, ovvero il sellaio,siddunaro, contempla la lavorazione del cuoio e dei ricami che
affiancano il piumaggio di cui viene vestito il cavallo, richiamando i colori e i soggetti del
carretto. A Catania un esponente di questo mestiere il maestro Francesco Giustolisi.
Il carretto siciliano, sebbene in via di estinzione, esiste ancora. A Canicatt in occasione
della festa del Santissimo Crocifisso che si celebra il 3 maggio, si svolge una
manifestazione: "La Rietina" dove sfilano per la citt decine di carretti siciliani tradizionali.
A Terrasini, in Provincia di Palermoed a BRonte in provincia di Catania, esiste un "Museo
del Carretto Siciliano". A Vizzini e a Trecastagni annualmente si organizzano sfilate
dedicate al carretto siciliano.
A Barrafranca (EN), in occasione della celebrazione della festa della compatrona Maria
Santissima della Stella, (8 Settembre), si assiste alla tradizionale sfilata dei "RITINI", ossia
cavalli e carretti bardati che portano in offerta grano.
Lo si pu trovare ancora nei centri storici della Sicilia come attrattiva per turisti, durante
eventi popolari quali sfilate, esposizioni e feste pubbliche, nelle cerimonie folcloristiche e,
soprattutto, nelle botteghe degli ultimi artigiani del carretto.
Coordinate:
Il Castagno dei Cento Cavalli un albero di castagno plurimillenario, ubicato nel Parco
dell'Etna in territorio del comune di Sant'Alfio (CT) nel cui stemmacivico raffigurato. Il
castagno, considerato come il pi famoso e grande d'Italia[1] e oggetto di uno dei pi
antichi atti di tutela naturalistica - se non il primo del genere - in Sicilia, stato studiato da
diversi botanici e visitato da molti personaggi illustri in epoche passate. La sua storia si
fonde con la leggenda di una misteriosa regina e di cento cavalieri con i loro destrieri, che,
si narra, vi trovarono riparo da un temporale.[2]
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1 Notizie sto
riche
L'albero si trova nel bosco di Carpineto, nel versante orientale del vulcano Etna, in un'area
tutelata dal Parco Regionale dell'Etna.
Diversi autori di botanica concordano sulla sua et: avrebbe dai due ai quattromila anni e,
stando alla tesi del botanico torinese Bruno Peyronel, potrebbe essere l'albero pi antico
d'Europa ed il pi grande d'Italia (1982)[3][4].
Le prime notizie storiche sul Castagno dei Cento Cavalli sono documentate gi nel XVI
secolo. Nel 1611 ne parl Antonio Filoteo[5], mentre nel1636, ne Il Mongibello, Pietro
Carrera descrisse maestoso il tronco e l'albero ...capace di ospitare nel suo interno
trenta cavalli[6].
Il 21 agosto 1745 venne emanato un primo atto dal Tribunale dell'Ordine del Real
Patrimonio di Sicilia[7], con il quale si tutelava istituzionalmente il Castagno dei Cento
Cavalli ed il vicino Castagno Nave.[8] Questo documento si configura, in virt del periodo
storico (fine delXVIII secolo), tra i primi atti - se non il primo in assoluto - di tutela
ambientale prodotti in Sicilia.
... Or volendo noi che a somiglianti alberi non s'irrogasse il minor danno, o nocumento sia con
tagli, sia con fuoco, sia con altra incisione, o sfrondamento che ridondar potesse in lor pregiudizio,
ma che soltanto si conservassero illesi, et intatti da chiunque dannifera invasione, per scorgersi in
ogni tempo con pari piacere, e maraviglia la smisurata, straordinaria loro mole; fidati sul vostro
zelo, et accortezza specialmente sulla cura indossata di detto Bosco, abbiamo stimato far a voi le
presenti con le quali ordiniamo di dover con tutta diligenza, et ugual premura invigilare a che non
fosse apportato ai cennati alberi di Castagno, o di altra sorte che siino, danno, o pregiudizio alcuno,
o con tagli, o con fuoco, o con altra forma, e maniera che potesse andar da inferirgli il loro
decadimento; ma che venissero custoditi, e curati con tutt'attenzione, conforme ce lo persuadiamo
dalla vostra buona condotta; imponendo delle pene pecuniarie, personali, carcerazioni, o altro a'
Campieri, Guardiani; e Gabelloti, di esso Bosco, affin di accertarsi l'intento della conservazione di
detti alberi, e mantenersi con ci sempre pi viva e recente la memoria di una tale naturale
maraviglia, che di stupore ad ognuno, e di decoro a questo Regno: merc noi in vigor delle
presenti vi concediamo tutta la facolt e potest necessaria e le nostre veci ancora in disponere ci
che voi giudicherete proprio, e corrispondente alla conservazione di detti alberi, a non altrimenti.
(Dat. Pan. Die 21 (rectius 12) (9)Augusti 1745. II principe Corsini De Spucches P. - Filangeri M. R. Laredo Cons.
Asmundo Patern F. P. D. Blasius Miano Mag. Not: All'Ill. Duca di Tremistieri Rettore del Bosco del Carpinetto sopra
Mascali delle pertinenze della Mensa di Catania)
Il programma televisivo scientifico Super Quark, trasmesso sul canale Rai Uno, studi
il DNA, prelevato dal castagno. In base ai risultati ottenuti, si pot affermare che il
castagno potrebbe avere la pi grande circonferenza del mondo[21], prima di un
grande cipresso presente in Messico e largo 38 m Tale tesi, tuttavia, ancora al vaglio
della comunit scientifica, che si sta nuovamente occupando delle peculiarit dell'albero.
[20]
Il castagno oggi[modifica | modifica sorgente]
Nelle vicinanze dell'albero, a circa quattrocento metri, si trova un altro castagno con
almeno mille anni di vita, il Castagno Nave (chiamato ancheCastagno
S.Agata o Arrusbigghiasonnu - risveglia sonno - forse per il cinguettio degli uccelli o forse
per le fronde basse che destavano improvvisamente dal sonno qualche carrettiere
passante). Questo castagno sarebbe, secondo alcuni studi, il secondo per antichit e
grandezza inItalia. La circonferenza misura 20 m ed alto 19 m[22].
Sempre nel versante orientale dell'Etna, ma in territorio di Zafferana Etnea, si trova
un leccio (specie di quercia) quasi millenario: l'Ilice di Carrinu. La circonferenza 4 m ed
alto 19 m[22].
La leggenda[modifica | modifica sorgente]
Si narra che una Regina, con al seguito cento cavalieri e dame fu sorpresa da
un temporale, durante una battuta di caccia, nelle vicinanze dell'albero e proprio sotto i
rami trov riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continu fino a sera, cos la
regina pass sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o pi
amanti fra i cavalieri al suo seguito.
Non si sa bene quale possa essere la regina, secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna
d'Aragona oppure secondo altri l'imperatrice Isabella d'Inghilterra, terza moglie di Federico
II, secondo altri ancora si tratterebbe di Giovanna I d'Angi la cui storia verr collegata
all'insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Tutte queste leggende, molto probabilmente,
sono frutto di fantasia popolare; infatti, la regina Giovanna d'Angi, pur essendo nota per
una certa dissolutezza nelle relazioni amorose, quasi certo che non fu mai in Sicilia[23].
Traendo spunto dalla leggenda, alcuni poeti cantarono la storia del castagno e della
regina, fra questi vanno citati Giuseppe Borrello e Giuseppe Villaroel che furono fra i
maggiori poeti dialettali catanesi del XIX secolo, e Carlo Parini.
Cataletto
In Sicilia[modifica | modifica sorgente]
Coppola (cappello)
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Cunfrunta
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Caltagirone A'Giunta
La Cunfrunta un rito religioso praticato nel cattolicesimo. Essa viene definita in alcuni
paesi comeAffruntata, Cunprunta , Cumprunta, Ncrinata o A'Giunta. Questo rito
consiste nell'incontro tra Gesrisorto, la Madonna e Giovanni Apostolo durante la
Domenica di Pasqua. La definizione nasce anche da ci che il vangelo riporta a proposito
dei dialoghi che accompagnano lincontro tra San Giovanni e la Madonna, lincredulit
dellavvenuta Resurrezione di Ges Cristo e la necessit di un Confronto diretto con la
realt, cio la constatazione di persona dellavvenuto miracolo.
Curiosit[modifica | modifica sorgente]
Modica vasa-vasa
Questo rito viene praticato in molti paesi della Calabria come Stalett e della Sicilia dove la
definizione della cunfrunta "vasa vasa", la pi famosa quella di Modica dove il
simulacro della Madonna, avvolto da un Mantello nero in segno di lutto, portato per le vie
della citt quando a un certo punto si vede scorgere da lontano la statua del Cristo risorto,
la Madonna abbandona il mantello nero da cui volano in cielo colombe bianche festanti e
abbraccia il Cristo.
Festa di Sant'Agata
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Festa di Sant'Agata
(LA)
(IT)
Mentem Sanctam, Spontaneam Honorem Deo et Mente santa, spontaneo onore a Dio e
Patriae Liberationem
liberazione della patria
(Iscrizione impressa sulla tavoletta, stretta dalla mano sinistra di sant'Agata, presente nel busto reliquiario )
La Festa di Sant'Agata la pi importante festa religiosa della citt di Catania la terza
festa religiosa pi importante al mondo, dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del
Corpus Domini di Guzco in Per, proprio per il numero di persone che coinvolge e attira.
Si celebra in onore della santa patrona della citt. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5
febbraio e il 17 agosto. La prima data quella del martirio della Santa catanese, mentre la
data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state
trafugate e portate a Costantinopoli dalgenerale bizantino Giorgio Maniace quale bottino di
guerra e dove rimasero per 86 anni.
Dal 3 al 6 febbraio giungono a Catania circa un milione di persone fra devoti, pellegrini,
Indice
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1 Vita di san
t'Agata
Il barcone barocco di Sant'Agata, anticipava la festa prima di essere abbandonata a mare. Secondo il Ciaceri questa usanza si ritrova nelle festivit isidee.
In tutte le strade principali del centro storico di Catania vengono approntate delle
illuminazioni artistiche che danno una particolare luce di festa a tutta la citt. Tutti gli anni
vengono variati i motivi ornamentali ma l'effetto sempre molto coinvolgente e suggestivo.
Il culmine di queste luci si ha alla sommit di via Di Sangiuliano, dove viene realizzato un
enorme pannello, largo quanto tutta la strada, che, come un grande mosaico di luci
colorate, raffigura una scena della vita di sant'Agata. Esso, per le sue dimensioni, visibile
da lontano e rappresenta un grande affresco sullo sfondo del cielo stellato. Il tema di tale
fondale cambia tutti gli anni e rappresenta come una storia a puntate della epopea
di sant'Ajtuzza, vezzeggiativo con cui chiamata dai catanesi la vergine e martire Agata.
I cerei o cannalore[modifica | modifica sorgente]
secoloerano quasi dei carri allegorici di Carnevale cambiavano foggia ogni anno ed erano
pi di trenta. Al giorno d'oggi sono dodici e rappresentano le corporazioni delle arti e dei
mestieri della citt. Si tratta di grosse costruzioni in legno riccamente scolpite e dorate in
superficie, costruite, generalmente, nello stile del barocco siciliano, e contenenti al centro
un grosso cereo. Questi imponenti ceri dal peso che oscilla fra i 400 ed i 900 chili,
vengono portati a spalla, a seconda del peso, da un gruppo costituito da 4 a 12 uomini,
che le fa avanzare con un'andatura caracollante molto caratteristica detta 'a 'nnacata.
Le cannalore, oltre a precedere la processione di sant'Agata nei giorni 4 e 5 febbraio, gi
dieci giorni prima iniziano a girare per la citt portandosi presso le botteghe dei soci della
corporazione a cui appartengono, scortate da una banda che suona allegre marcette. I
dodici cerei hanno una posizione ben codificata nell'ordine da tenere nel corso della
processione alla quale partecipano:
Le candelore in via Etnea il giorno 3 precedono la processione per l'Offerta della cera a sant'Agata
Il fercolo di sant'Agata o vara (in siciliano), prima del 1379 era in legno dorato molto
pregiato, un tempietto di argento che ricopre una struttura in legno, riccamente lavorato,
che trasporta il busto-reliquiario della santa catanese e lo scrigno, in argento, entro cui
sono custodite tutte le reliquie di sant'Agata. Costruito nel 1518, in puro stile
rinascimentale, finemente cesellato e ornato, sul tetto di copertura, da dodici statue
raffiguranti gliapostoli. Ha forma rettangolare ed coperto da una cupola, anch'essa
rettangolare, poggiata su sei colonne in stile corinzio. Fu costruito dall'artista
orafo Vincenzo Archifel operante a Catania dal 1486 al 1533. Il fercolo, in gran parte
ristrutturato dopo i bombardamenti della guerra, d'argento massiccio. Si muove su
quattro ruote (rulli cilindrici in acciaio con battistrada in gomma piena) e viene trainato
tramite due cordoni, al cui capo sono collegate quattro maniglie, lunghi ciascuno circa 130
metri, dai cittadini[8] nel caratteristico saccu. Ogni cordone presenta in testa un sistema di
quattro corde con maniglia che permette di tenere costantemente e regolarmente in
tensione il cordone stesso. Venne, in gran parte, ricostruito nel 1946 dopo i danni subiti da
un bombardamento nel corso della seconda guerra mondiale.
Dall'addobbo floreale della vara si pu riconoscere se si alla processione del giorno 4 o
a quella del giorno 5 febbraio. Infatti, i fiori che addobbano il fercolo, sempre garofani,
sono di colore rosa[9] nella processione del giorno 4 febbraio e di colore bianco[10] nel
giro interno del giorno del martirio che si festeggia il 5 febbraio.
Lo scrigno[modifica | modifica sorgente]
Lo scrigno che contiene le reliquie di sant'Agata una cassa d'argento in stile gotico,
realizzata intorno alla fine del XV secolo dall'artista catanese Angelo Novara. Il coperchio
anch'esso in argento fu realizzato dallo stesso artista che costrui la vara. Esso
riccamente istoriato con immagini della vita di sant'Agata e contiene le sue reliquie
racchiuse in diversi reliquiari. Esse sono costituite dalle due braccia con le mani, dalle due
gambe con i piedi, dai due femori e dalla mammella oltre al santo velo. I reliquiari che le
contengono sono tutti di diversa fattura in quanto costruiti in epoche differenti.
Il busto reliquiario di sant'Agata[modifica | modifica sorgente]
Il busto della santa, completamente in argento, stato realizzato nel 1376 e contiene
anch'esso delle reliquie di sant'Agata. Infatti nella testa, ricoperta da una corona donata
dal re ingleseRiccardo Cuor di Leone di passaggio a Catania di ritorno da una Crociata,
stato inserito il teschiodella santa catanese, mentre nel busto inserita la cassa toracica. Il
busto fu realizzato dall'artistaGiovanni di Bartolo, su incarico del vescovo di Catania,
Marziale che esaud un desiderio di Papa Gregorio XI, ed ricoperto da oltre 300 gioielli
ed ex voto. Oltre alla gi menzionata corona, si possono citare alcuni dei pi importanti
gioielli donati alla santa: due grandi angeli in argento dorato che sono posti ai lati del busto
di Sant'Agata; una collana del XV secolo incastonata di smeraldi, donata dal popolo di
Catania anche se molti attribuiscono questo dono al vicer Ferdinando De Acuna; una
grande croce riccamente lavorata del XVI secolo; il collare della Legion d'Onorefrancese
appartenuto al musicista catanese Vincenzo Bellini; croci pettorali appartenute a vescovi di
Catania, Dusmet, Francica Nava, Ventimiglia; un anello appartenuto alla regina
Margherita che lo don nel 1881 nel corso di una visita a Catania.
I devoti che trainano il fercolo, vestono un saio di cotone bianco detto saccu, un copricapo
di velluto nero detto scuzzetta, un cordone monastico bianco intorno alla vita, dei guanti
bianchi e un fazzoletto, anch'esso bianco, che viene agitato al grido Tutti devoti tutti,
cittadini viva sant'Aita[11].
L'origine ed il significato di questo saio bianco molto dibattuta. Alcuni lo fanno risalire al
fatto che nel 1126 al ritorno delle spoglie della santa a Catania, la cui notizia si sparse
durante la notte, il popolo si rivers per le strade in camicia da notte. Ma questa versione
cozza contro la storia in quanto l'invenzione della camicia da notte risulta essere
successiva a quell'epoca. Altri sostengono che si riferisca al culto di Cerere di cui si
detto prima.
Probabilmente nessuna di queste ipotesi quella vera e occorre dare conto alle
testimonianze di alcuni cronisti del tempo. Nel XVI secolo la vara veniva trasportata
dagli ignudi[12]. Nel seicento, Pietro Carrera scriveva quanto secondo lui era accaduto la
notte del 17 agosto del 1126:
imperoch all'hora gran parte de' cittadini (intendo dei maschi) and ignuda a ricevere il santo
corpo [...]; al che ciascun si mosse sull'esempio del vescovo Maurizio, che vi and a piedi scalzi e
ci fu fatto per volontaria afflizione e penitenza presa per puro affetto e devotion della Santa
(Pietro Carrera)
Ma lo stesso Carrera ci dice che ai suoi tempi i portatori indossavano un camice di stoffa
bianca che arrivava fino alle ginocchia ed avevano le gambe nude e i piedi scalzi.
La chiesa di sant'Agata la fornace dalla quale parte la processione per l'offerta della cera a sant'Agata
Il fercolo argenteo di sant'Agata la mattina del 4 febbraio inizia il giro esterno della citt
I festeggiamenti del giorno 4 hanno inizio con la messa dell'aurora[15]. Essa rappresenta
la prima funzione religiosa in onore della santa e anche il primo incontro, molto intimo, fra
la santa e i suoi devoti. La chiesa invasa dai fedeli con il camice bianco gi dalle ore
piccole (03.30) e sono momenti caratterizzati da forte attesa spasmodica nella quale i
devoti esprimono tutta la loro devozione con grida e canti. Cos, una volta arrivate in
cattedrale le alte autorit comunali che custodiscono le chiavi del sacello, si procede
all'apertura dello stesso, potendo cos assistere prima all'uscita del mezzobusto reliquiario
e dello scrigno dalla stessa camera blindata in cui vengono conservati. Ancora una breve
attesa e poi finalmente Sant'Agata si mostra nella sua meraviglia, venendo fuori dai
cancelli neri e rivolgendo il suo sguardo benevolo prima alla navata destra e poi a quella
La festa ha inizio con il solenne pontificale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, in
Questa festa forse la pi antica nel tempo, in quanto si rif ai festeggiamenti spontanei
che si verificarono nella notte del 17 agosto dell'anno 1126quando le spoglie della santa
martire catanese vennero riportate a Catania da Costantinopoli, dai due soldati Gisliberto
e Goselmo.
La festa si svolge in maniera ridotta rispetto ai grandiosi festeggiamenti di febbraio, ma
attira comunque nel centro storico migliaia di fedeli, turisti e curiosi. Oltre alla messa in
onore di Sant'Agata, nel tardo pomeriggio si svolge una breve processione con lo scrigno
contenente le reliquie e il mezzobusto reliquiario, nei dintorni della Cattedrale, in Via
Dusmet procedendo poi per Piazza San Placido e facendo ritorno in chiesa per Via Vittorio
Emanuele con straordinari giochi pirotecnici in un'area riservata al Porto di Catania e, cosa
molto particolare, sul tetto della chiesa di San Placido.
Altre manifestazioni[modifica | modifica sorgente]
A sira tri[modifica | modifica sorgente]
La sera del 3 di febbraio, ( 'a sira 'o tri, cio la sera del 3), si svolge in piazza del Duomo,
davanti alla Cattedrale, un concerto di canti dedicati a sant'Agata, eseguiti da corali
cittadine. Davanti ad una folla festante questo rappresenta un momento di omaggio alla
vergine catanese. Alla fine del concerto ha luogo uno spettacolo piromusicale che per
durata e bellezza non ha eguali. A questo proposito quando si vuol citare un evento fuori
dal comune, i catanesi dicono: mancu 'a sira tri("Nemmeno la sera del tre febbraio")
ad indicare la grandiosit dell'evento.
Sport[modifica | modifica sorgente]
Il pomeriggio del 3 febbraio, nelle strade del centro storico di Catania ha luogo il Trofeo
Sant'Agata, un giro podistico sulla distanza di 10.000 m. che nel corso degli anni ha
assunto una notevole importanza in campo internazionale. La gara ha spesso laureato
come vincitori atleti che avrebbero poi vinto grandi manifestazioni internazionali.
In passato si disputavano gare di altri sport, tra cui il calcio. Ne fu protagonista l'Unione
Sportiva Catanese, che negli anni venti organizzava ogni anno una partita (di solito contro
squadremessinesi) in cui veniva messo in palio il Trofeo. Nel 1992 il Calcio Catania tent
di riproporre l'evento, ma lo scarso interesse del pubblico fece desistere gli
organizzatori[23].
La fiera di sant'Agata[modifica | modifica sorgente]
La fiera di sant'Agata risale a molti secoli addietro quando dava l'avvio ai festeggiamenti
agatini con un grande mercato che si rifaceva alle tradizioni delle
fiere medioevali quando re e principiconcedevano l'esenzione da dazi e gabelle, indulti ai
condannati e concessioni di giochi non consentiti nel corso dell'anno. Era visitata da un
notevole numero di persone che venivano attratte, oltre che dalla festa, dalla possibilit di
fare acquisti a prezzi pi bassi.
Ai giorni nostri la fiera di sant'Agata un grande mercato all'aperto che si svolge durante i
festeggiamenti alla santa patrona catanese. Rimane aperta per circa otto giorni durante i
quali accoglie i visitatori fino a notte fonda. Nel corso degli anni ha cambiato aspetto e
sede (di solito si svolgeva alGiardino Bellini), mantenendo comunque il suo aspetto di
calda allegria apportata da grandi e piccoli visitatori.
Festeggiamenti negli anni sessanta[modifica | modifica sorgente]
Negli anni sessanta era famoso il concerto, che si teneva nel piazzale centrale del
Giardino Bellini, nel quale un complesso bandistico composto da tre grandi bande militari
scelte, di volta in volta fra quelle dei (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di
Finanza, Esercito, Marina e Aeronautica), eseguiva musiche operistiche e marce alla
presenza di circa cinquantamila spettatori. Il complesso bandistico, composto da oltre 300
elementi, veniva diretto, a turno, dai direttori delle singole bande.
Curiosit[modifica | modifica sorgente]
Nel XVI secolo e forse ancora prima, era invalsa l'abitudine, da parte di molte persone per
lo pi appartenenti alla borghesia, di andare in giro mascherate per non farsi riconoscere.
Non chiaro il motivo di questa usanza che poi degener in alcuni casi di comune
delinquenza. Infatti celati dalle maschere, molti malintenzionati approfittavano della
situazione per mettere in atto azioni violente e delittuose. La motivazione di queste
mascherate pu essere messa in connessione con la festa del Carnevale che solitamente
coincide con le feste agatine.
Altro elemento di curiosit, coevo a quello precedente, costituito dalla figura delle
'ntuppateddi[24]. Queste, dal Cinquecento e fino a met Ottocento, erano delle donne,
appartenenti a varie classi sociali, che nei pomeriggi del 4 e 5 febbraio, si avventuravano
da sole in giro per la citt avvolte in un grande mantello e con il volto completamente
celato per non farsi riconoscere. In quel tempo era un'usanza fuori dal comune che una
donna, sia sposata che nubile, uscisse di casa senza essere accompagnata. Esse
andavano in giro per la citt accettando dolci e regali da corteggiatori occasionali.
Molti anni fa, quando la processione passava per il Castello Ursino, i portatori che
trasportavano il busto di sant'Agata caddero a terra trascinando con s il busto reliquiario
della santa; ma come per un miracolo il simulacro rimase pressoch intatto.
Nel 1890 la vara di sant'Agata sub una visita da parte dei ladri che asportarono le dodici
statue degli apostoli, in argento massiccio, ed altri elementi decorativi che fu facile
smontare. Il furto fu perpetrato da un gruppo di 25 malfattori che agirono per oltre tre mesi
con la complicit del Canonico Di Maggio.[25]
Dal 1991 (tranne per un anno) la festa di Sant'Agata viene trasmessa in diretta
da Antenna Sicilia fino a quasi mezzanotte, commentata da Salvo La Rosa. Nel 2011, per
la prima volta, la stessa diretta andata in onda sul satellite, nei canali Taxi Channel, Rete
Oro e Wanted TV.[26]
Sempre nel 2011 stato registrato il record di durata dei festeggiamenti. Il busto della
Santa rientrato in Cattedrale alle 12.45 circa del 6 febbraio, con largo ritardo rispetto alle
previsioni. Inoltre per motivi di sicurezza e per la prima volta nella storia il busto stato
posizionato sul tronetto al centro del presbiterio, anzich nella sua cappella, in occasione
di una messa straordinaria.
Nel 2012, il capovara decide di evitare, per questioni di sicurezza, la salita della Santa
dalla via Antonino di Sangiuliano, resa scivolosa dalla pioggia durata tutta la notte.
L'ordine non piace a tutti e genera malcontento tra alcuni gruppi di fedeli, agitazione che
durer anche al rientro anticipato della Santa nella Cattedrale. I fedeli ribelli tenteranno di
ostacolare fino alla fine il suo ingresso alla cappella che la custodisce.
Feste sospese[modifica | modifica sorgente]
In tempi recenti, per ben due volte, la festa di sant'Agata stata sospesa a seguito di
avvenimenti che hanno colpito la sensibilit popolare.
Nel 1991, a seguito dell'invasione dell'Iraq (Prima guerra del golfo), venne deciso di non
effettuare la festa e le uniche manifestazioni furono le funzioni religiose in onore di
sant'Agata. Davanti alla delusione e alle proteste dei catanesi l'arcivescovo mons. Luigi
Bommarito decise di permettere il 4 febbraio una breve processione del busto reliquiario,
portato a spalla, nel tratto di via Etnea da Piazza Duomo a Piazza Stesicoro.
Nel 2007, a seguito degli incidenti scoppiati al termine della partita di calcio di serie A
Catania-Palermo svoltasi il 2 febbraio, veniva ucciso l'ispettore capo della Polizia di
Stato, Filippo Raciti. A seguito di questo fatto, le autorit cittadine e l'arcivescovo di
Catania, decisero di effettuare la festa apportando alcune modifiche in segno di lutto: tutte
le manifestazioni extra religiose (illuminazione, candelore, carrozze del Senato, fuochi
artificiali e Trofeo sant'Agata podistico) vennero annullate.
Le cassatelle di sant'Agata
Non possono mancare, in periodo di festa per la Santa catanese, i dolci legati alla
tradizione della santa catanese: oltre alla famosa calia e simenza, presente in ogni festa a
Catania, vengono realizzati per la ricorrenza alcuni dolciumi che hanno un riferimento a
sant'Agata, come i cassateddi di sant'Aita e lealivetti. Si tratta di dolci caratteristici della
festa di sant'Agata e sono simbolici e attinenti alla vergine catanese. Le cassateddi fanno
riferimento alle mammelle, per questo detti anche minnuzzi ri Sant'jta, che furono
strappate alla santa durante i martirii a cui venne sottoposta per obbligarla ad abiurare la
sua fede. Le alivetti, invece, si riferiscono ad una leggenda che vuole sia stato un albero di
ulivo, sorto improvvisamente, a nascondere la vergine Agata mentre era ricercata dai
soldati del console romano Quinziano.
La Festa di Santa Rosalia (u fistinu in siciliano) si svolge nel mese di luglio a Palermo.
Indice
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1 La nascita
della festa
Nel 1624 nella citt di Palermo, martoriata dalla peste la popolazione si affidava invano
alle sante protettrici della citt e dei quattro mandamenti cittadini: Sant'Agata, Santa
Cristina, Sant'Oliva eSanta Ninfa.
Durante questa crisi, secondo la leggenda, l'allora poco nota Santa Rosalia apparve ad un
saponaio di nome Vincenzo Bonello, indicando l'ubicazione delle proprie spoglie e
ingiungendo che solo se i propri resti fossero stati portati in processione la peste sarebbe
terminata. Nella grotta indicata dalla visione vennero trovate 27 reliquie e il giorno 15
luglio l'arcivescovo seguito da tutto il clero, dal senato palermitano e da alcuni cittadini
eminenti fece una processione attraverso le strade della citt con le reliquie della santa. In
pochi giorni la citt venne liberata dalla peste. Dal 1625 la Chiesa autorizz il culto, anche
se Rosalia venne proclamata santa soltanto il 26 gennaio 1630.[1][2]
Il rito nel passato[modifica | modifica sorgente]
Nel 1625 le reliquie vennero poste all'interno di uno scrigno in argento e vetro, custodito
all'interno del Palazzo Arcivescovile, e dallo stesso anno vennero portate in processione
per ricordare il miracolo compiuto, inaugurando una tradizione che in pi di tre secoli ha
subito ben poche interruzioni.
La prima celebrazione del 1625 fu particolarmente breve: le reliquie vennero spostate per
pochi metri, dal Palazzo Arcivescovile fino alla cattedrale. Il percorso divenne sempre pi
lungo e complesso con i passare degli anni, fino a coinvolgere buona parte della citt. Alla
processione partecipano di diritto molte confraternite costituite nel corso dei secoli, la pi
antica e famosa la Confraternita di Santa Rosalia dei Sacchi, costituita nel 1635 e
formata da barbieri e calzolai (varberi e scarpari).
La confraternita, che prende il nome dall'abbigliamento usato durante la processione, ha il
compito di trasportare l'effigie della santa che durante l'anno viene conservata
nella Chiesa di Casa Professa. Tutte le confraternite dovevano portare un mantello con
l'effigie della santa e grossi ceri in processione. In occasione della festa, sin dal XVII
secolo, il Cassaro veniva addobbato con fastose architetture temporanee.
Il carro[modifica | modifica sorgente]
I quattro piccoli carri utilizzati per le prime processioni vengono sostituiti nel 1686 da un
grosso carro trionfale. Il carro, metafora del trionfo della santa, diventa ben presto il centro
della celebrazione, assume subito dimensioni notevoli ed stato pi volte sostituito, nella
ricerca di effetti scenografici sempre pi solenni. Tra il Settecento e l'Ottocento molti
famosi architetti palermitani si cimentarono nella sua progettazione.
Nel 1701 ad opera dell'architetto Paolo Amato, assunse per la prima volta la forma di
vascello, idea ripresa anche in tempi moderni. Durante il periodo borbonico, fino al 1860 si
mantenne a lungo il carro settecentesco, che mostrava l'opulenza della corte. In occasione
dell'unificazione dell'Italia venne creato un nuovo carro, una grande vasca ornata da
puttini. Nel 1896, su ispirazione di Giuseppe Pitr, venne costruito un carro di dimensioni
tali da non potere passare attraverso le strade del centro, ma dalle vie pi esterne della
citt. Nel 1924, in occasione del terzo centenario del ritrovamento delle reliquie, venne
costruito un carro fisso con una torre centrale alta 25 metri.[3]
Il rito nel presente[modifica | modifica sorgente]
Ancora adesso il "festino" un grande evento popolare del 14 luglio, che precede le
celebrazioni religiose del giorno dopo. Rinnovato nel 1995 da Pino Caruso (chiamato da
Leoluca Orlando, sindaco, a dirigere "Palermo di scena" manifestazione d'arte 14 luglio/14
settembre) che ne cur le edizioni dal '95 al '97, affidandone la realizzazione a Valerio
festi, Monica Maimone, Sandro Tranchina; Edizioni memorabili per modernit e
spettacolarit. Spettacolo 2005. </ref>, 15 luglio. Da allora, ogni anno viene sviluppato un
tema differente, mantenendo per di base la storia del miracolo della vittoria sulla peste.
La notte del 14 luglio la festa giunge all'apice, con una solenne processione dal Palazzo
dei Normanni, lungo l'antico asse viario del Cassaro fino al mare, passando
attraverso Porta Felice, secondo un itinerario ideale dalla morte (la peste) alla vita (la luce
dei fuochi d'artificio in riva al mare).
La processione, composta da un carro trionfale con la statua della santa, trainato da buoi,
e da carri allegorici, si ferma davanti alla Cattedrale, ai quattro canti (momento in cui,
tradizionalmente, il sindaco in carica depone dei fiori ai piedi della statua della Santa
gridando "Viva Palermo e Santa Rosalia!") e alla Marina, dove ha luogo un grande
spettacolo pirotecnico (10.000 tubi di lancio nel 2005)[4] accompagnato da musica
sinfonica eseguita dal vivo.
Accompagnano la processione canti di devozione in rima:
"Uno. Nutti e jornu fara sta via!
Tutti. Viva Santa Rusulia!
U. Ogni passu e ogni via!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Ca ni scanza di morti ria!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Ca n'assisti a l'agunia!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Virginedda gluriusa e pia
T. Viva Santa Rusulia!
ed ogni tanto il grido E chi semu muti? Viva viva Santa Rusulia.
Nel 1974 viene costruito un carro di ispirazione settecentesca, a forma di vascello, che
raggiunge i dieci metri d'altezza e i nove metri di lunghezza ed trasportato da buoi. Da
Dalla fine degli anni novanta lo spettacolo, un tempo una mera tradizione popolare, sotto
la direzione di Pino Caruso divenuto una rappresentazione teatrale a tutti gli effetti, con
giochi di luce spettacolari e danze acrobatiche, che rappresentano gli ultimi giorni della
peste a Palermo.
Lo spettacolo ha carattere itinerante, infatti dopo la rappresentazione cittadina viene
rappresentato in vari parti del mondo, in modo da recuperare parte delle spese affrontate
per l'intero festino.
Dal 1995 al 1997 la Festa di Santa Rosalia a Palermo su indicazioni di Pino Caruso
stata progettata, e curata da Studio Festi[6], su commissione di Leoluca Orlando[7].
Tradizioni culinarie[modifica | modifica sorgente]
Durante le celebrazioni si consumano cibi che fanno parte della tradizione popolare
palermitana: laPasta con le sarde (la pasta ch sardi), i babbaluci (lumache bollite con
aglio e prezzemolo), losfincione ( 'u sfinciuni), il polpo bollito ( 'u purpu), Calia e
simenza ( 'u scacciu), la pannocchia bollita (pullanca) e l'Anguria (detto 'u muluni).
Friscaletto
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Friscaletto
Informazioni generali
alla quartara, uno degli strumenti simbolo della musica folclorica Siciliana.
chiamato in maniera simile in tutta la Sicilia, eccezion fatta per il paese di San Fratello,
in provincia di Messina. Qui la parlata locale risente ancora delle radici gallo-italiche e il
friscaletto prende il nome di vescot.
Un elemento fondamentale della sua struttura il tappo (realizzato in legno
di oleandro, ulivo ofico). Ha sette buchi nella parte anteriore e, pur essendo un flauto
artigianale molto semplice, presenta due buchi posteriori (a differenza, ad esempio,
dei flauti irlandesi).
Il friscaletto uno strumento che non permette variazioni volumiche di piano e forte,
poich una maggiore intensit nell'emissione del fiato ne causa inevitabilmente la
stonatura della melodia. Ciascun friscaletto ha quindi la propria personalit, il
proprio timbro e le proprie sfumature.
Fa parte della famiglia degli aerofoni, essendo affine al flauto dolce. Esistono, come per gli
altri flauti, friscaletti realizzati con diverse accordature. I pi comuni sono accordati in do,
in sol e in la.
I pi celebri friscalettari, spesso veri virtuosi dello strumento, sono (in ordine alfabetico)
Rosario Altadonna, Carmelo Bruno, Giacomo Calcara, Raimondo Catania, Pietro Cernuto,
Carmelo Colajanni, Gioacchino Comparetto, Giuseppe D'Ippolito, Franco Faro, Salvo
Ferlito, Alfio Leocata, Gandolfo Lo Verde, Sebastiano Nan, Antonio Putzu, Carmelo
Salemi, Pippo Sgroi, Carlo Todaro, Emanuele Trigilia, Salvatore Trimarchi.
Gammazita
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Il racconto popolare narra di una virtuosa ragazza catanese che, verso il 1280 prefer
gettarsi in unpozzo, invece di cedere alle insidie di un soldato francese (tradizionalmente
indicato con il nome diDroetto) che si era invaghito di lei. Sembra che gli abitanti dell'isola
individuassero gli stranieri attraverso l'utilizzo dello shibboleth "ciciri" ("ceci"): chiunque
non era in grado di pronunciare correttamente il termine veniva ucciso.
Il racconto presenta sicuramente un collegamento con la realt storica: fa riferimento alle
angherie compiute dai dominatori francesi sugli oppressi siciliani, una delle cause dello
scoppio dei Vespri siciliani del 30 marzo 1282.
La leggenda sembra anche voler spiegare come macchie del sangue di Gammazita i
depositi ferruginosi lasciati da una sorgente minerale, che scaturiva a Catania tra le lave di
Via San Calogero, e da qualche tempo disseccate.
Giganti (folclore)
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alla discussione. Se ritieni il soggetto non enciclopedico, proponi lacancellazione. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.
Per interpellare uno o pi autori della voce o il progetto competente, scrivi nella relativa pagina di discussione:{{subst:AiutoE|Giganti (folclore)|Calabria}}--~~~~
I Giganti, rappresentanti solitamente una donna bianca di nome Mata ed un guerriero
nero di nome Grifone, sono due alti fantocci di cartapestache vengono portati a spalla o
trainati, danzando al ritmo di tamburi, per le vie di Messina, Palmi e di altre localit
della Sicilia e della Calabria, in occasione di festivit cattoliche patronali o di altri eventi. I
giganti sono identificati nei leggendari fondatori della citt di Messina e da questo deriva la
loro importanza nella tradizione folcloristica.
Indice
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1 Storia dei
Giganti
5 Note
6 Bibliografia
7 Collegamenti esterni
Le statue derivano dai giganti processionali dell'antica tradizione spagnola, ancora oggi
presenti in molte zone della Spagna e usati in occasione di varie festivit, come
a Tarragona per la festa di Santa Tecla, o durante la fiesta Mayor de Reus che si svolge il
giorno di San Pietro Reus. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire la
tradizione dei giganti processionali che si diffusa anche in Sicilia ed in Calabria, ed oggi
legata al culto della Vergine Maria, come nel caso dei giganti Mata e Grifone della festa
della Assunta a Messina o dei giganti Kronos e Mytia della festa dellaMadonna della
Luce di Mistretta.
I Giganti di Messina
I Giganti di Seminara
perch a lui sarebbe attribuita l'invenzione dell'attrezzo agricolo per mietere il grano. Per
tale motivo la citt peloritana, prima ancora che le venisse imposto l'odierno nome dal
conquistatore greco Messena, venne per molti secoli chiamata Zancle in onore del suo
mitico fondatore.
La pi attendibile storia sulla nascita dei Giganti per legata ad un fatto storico
realmente accaduto nel1190. In tale anno, Riccardo I Re d'Inghilterra, pi comunemente
noto col nome di Riccardo Cuor di Leone, giunse a Messina da dove doveva muovere
la Terza crociata che era stata indetta da papa Gregorio VIII per liberare dai musulmani
il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Durante la permanenza in citt il monarca si accorse
che i messinesi erano privi della libert perch ancora oppressi dai greci bizantini. Essi
infatti si erano impossessati di tutte le cariche politiche, civili ed amministrative gestendo la
giustizia a loro piacimento con provvedimenti impopolari ed inappellabili emanati dalla
sicura fortezza di San Salvatore, strategicamente posta all'imbocco del porto. Il Re
d'Inghilterra, non volendo usare la forza per soggiogarli, pens di dimostrare la sua
potenza facendo costruire sul colle di Roccaguelfonia, situato proprio di fronte alla
fortezza, un imponente ed inespugnabile castello. Prima ancora che venisse ultimato, il
popolo lo adott battezzandolo col nome di Matagriffon coniando Mata, da Macta
(ammazza) e, Griffon da Grifone (ladro). I greci bizantini dimostrarono di aver inteso il
messaggio, abbandonando per sempre la citt, cos che il popolo Messinese riacquist la
tanto sospirata libert.
Per festeggiare l'evento e tramandarlo alle generazioni future, i messinesi portarono nelle
piazze il castello di Matagriffon in cartapesta per poi sdoppiarlo nel nome e con le
sembianze dei fondatori della citt. Li chiamarono "'A Gigantissa" e "U Giganti", ma anche
Mata e Grifone. In tal modo la colossale coppia divenne l'emblema della loro libert e
l'omaggio agli antichi fondatori. Ai Colossi, rappresentati su due cavalli finemente
addobbati, venne nel tempo accostato un finto cammello che veniva bruciato nelle piazze
al termine delle feste di mezz'agosto, per simboleggiare la sconfitta degli empi dominatori
saraceni scacciati nel 1060 dalla citt dal Conte Ruggero I il Normanno.
L'adozione dell'usanza in Calabria[modifica | modifica sorgente]
I Giganti, quali simbolo di libert, vennero ben presto adottati in molte citt siciliane e da
alcune della fascia costiera tirrenica ed aspromontana dellaCalabria che, come Messina,
avevano profondamente subito le devastazioni saracene e turche. Mentre nel tempo
scomparvero a Reggio Calabriaed in altri centri, sopravvivono ancora oggi
a Polistena, Tropea, Ricadi, Spilinga, Das, Zambrone, San Costantino
Calabro, Melicucco, Brognaturo,Cittanova, Seminara e appunto Palmi.
Per ricordare il condottiero normanno, durante la "sfilata dei Giganti" di Palmi partecipa
anche un finto cavallo di cartapesta, mentre in altri centri presente un cammello quale
simbolo dei saraceni.
I Giganti di Palmi[modifica | modifica sorgente]
I giganti di Palmi vanta una storia secolare sull'usanza dei Giganti. Pertanto la citt ha un
importante rilevanza, nel panorama calabrese, nell'ambito di questa tradizione.
Storia[modifica | modifica sorgente]
L'adozione dei Giganti a Palmi, oltre che per i motivi suddetti, avvenne soprattutto per
ricordare l'evento storico legato alla presenza in citt del conteRuggero I. Fu infatti da
Palmi che l'armata normanna si radun per muovere alla conquista della Sicilia: Raunato
adunque il Conte l'esercito di mille, e settecento tra Fanti, e Cavalieri, a Palme inviossi, e
per Mare, poscia in Reggio; dove riposato quindeci giorni, con ventisei Galee, e Brigantini,
tragittossi i Messina.
In origine i fantocci di Mata e Grifone erano di legno leggero cavo e superavano gli otto
metri di altezza; principalmente oggi sono di cartapesta e meno alti. Inoltre alcuni venivano
trainati, altri sollevati, mentre oggi generalmente ciascuno dei giganti sorretto ed inalzato
da un portatore che si posiziona nella parte inferiore al busto cavo, reggendo delle
maniglie. In occasione di particolari festivit i giganti vengono portati fuori dal luogo in cui
sono custoditi, per poi sfilare anche pi volte al giorno. Ve ne sono varie copie, abbigliati e
decorati diversamente a seconda della festivit e della chiesa a cui fanno riferimento, a
seconda del periodo storico in cui sono stati realizzati.
Attualmente a Palmi vi sono varie copie di Giganti, delle quali quella pi antica
conservata presso il Museo di etnografia e folklore "Raffaele Corso"della Casa della
cultura. Delle coppie che sfilano per le vie cittadine, quella pi antica risale
al 1885 (realizzata dai fratelli artigiani Virgilio e Francesco Cicala), ed di propriet
della "Congrega di Maria Santissima Immacolata e San Rocco". Le altre coppie sono state
realizzate recentemente e sono di propriet della parrocchia di San Fantino,
della "Congrega del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima del Soccorso" (2005) e
della Pro Loco cittadina (2011). I Giganti di propriet della "Congrega di Maria Santissima
Immacolata e San Rocco", nel 1987, furono esposti, su richiesta della Regione Calabria, al
Museo di antropologia ed etnografia di Torino in rappresentanza della cultura e delle
tradizioni della Calabria[1]. Nel corso degli anni i Giganti di Palmi hanno avuto modo di
"danzare" anche in altre citt, come ad esempio Milano (1990), Foligno e Venezia[2].
Descrizione della sfilata[modifica | modifica sorgente]
Il palio[3];
I giganti Mata e Grifone;
Il cavallo;
Il complesso dei tamburinari e banda.
La sfilata accompagnata dal un ritmo tipico e martellante dei tamburi, e a volte dalla
banda e dal battito delle mani delle persone; il suono richiama l'attenzione in modo che
anche in lontananza si possa seguire la sfilata. La musica quindi guida i giganti danzanti. I
tambunari non sono per a capo della sfilata, che ha a capo Mata, Grifone e il palio. Il
palio una lunga e pesante pertica di legno con un drappo di seta color rosso-cremisi nei
cui lati sono impressi lo stemma civico di Palmi ed il monogramma (M) della Madonna
della Sacra Lettera, patrona e protettrice della citt. L'asta termina in cima in un piccolo
globo terrestre sormontato da una piccola croce. Il palio sostenuto alla base da una
sacca di pelle sorretta ai fianchi di un portatore. Il palio viene fatto girare dal possente
portatore nei crocevia principali, nelle piazze e davanti alle chiese, per supplicare la
protezione della Sacra Vergine sulla citt e sul popolo. Il movimento rotatorio del palio,
creato dall'abile portatore, effettuato a pochi centimetri dal suolo e fa assumere al
drappo di seta un movimento leggero ed ondulato, che vuol simulare simbolicamente la
carezza della mano della Madonna tanto che, anticamente, il drappo sfiorava le teste dei
bambini posti genuflessi ed in cerchio. Anche questo momento della sfilata
accompagnato dai tamburi, che in questo caso hanno un ritmo cruciale.
Segue ai giganti un finto cavallo montato anch'esso da un portatore che, emergendo con
met busto dall'animale, crea una mitica figura di novello centauro a due zampe. Durante
il ballo il destriero volteggia tra la coppia gigantesca cercando di allontanare il baldanzoso
Grifone da Mata. A volte, scalpitando ed imbizzarrendosi, riesce a dividerli frapponendosi
tra di loro. Infine, visti inutili i suoi tentativi di dissuadere il Gigante Nero dal conquistare
Mata, si rassegna marciando contento davanti alla coppia danzante e festosa.
Le festivit nelle quali avviene la "Sfilata dei Giganti", per le vie cittadine, sono le seguenti:
Giganti di propriet della Venerabile Congrega di Maria SS.ma Immacolata e del glorioso
San Rocco:
Festa di San Rocco (14 agosto e 15 agosto intera giornata, 16 agosto mattina);
Festa di Maria Santissima Immacolata (8 dicembre mattina);
Varia di Palmi (nella giornate in cui avvengono manifestazioni legate alla celebrazione
della festa);
Giganti di propriet della Congrega di Maria SS.ma del Soccorso:
Festa di Maria Santissima del Soccorso (venerd e sabato antecedenti la prima domenica
di agosto, per l'intera giornata, e la mattina della prima domenica di agosto);
Festa del Santissimo Crocifisso (3 maggio mattina);
Festa di Sant'Antonio (13 giugno);
Fesat di Sant'Elia (penultima domenica di luglio);
Giganti di propriet della parrocchia di San Fantino a Taureana:
Festa di Maria Santissima dell'Alto Mare (venerd e sabato antecedenti l'ultima domenica
di luglio, per l'intera giornata, e la mattina dell'ultima domenica di luglio);
Festa di San Fantino (24 luglio).
Inoltre, e soprattutto negli ultimi anni, la "Sfilata dei Giganti" per le vie cittadine avvenuta
anche in date differenti da quelle suddette, per altre manifestazioni di carattere religioso e
civile, come ad esempio la notte bianca. Nel caso di manifestazioni di tipo civile sfilano i
Giganti di propriet della Pro loco di Palmi.
Galleria fotografica[modifica | modifica sorgente]
I giganti di Palmi, coppia di propriet della Venerabile Congrega di Maria SS.ma Immacolata e San Rocco
Il Gigante "Grifone"
La Gigantessa "Mata"
La processione dei Giganti di Messina, come detto, consiste nel trainare due statue di
giganti a cavallo, realizzate in cartapesta[4].
Le statue attuali risalgono al 1723 anche se vennero completate solamente negli anni
cinquanta dello scorso secolo, venendo installati su dei carrelli con ruote in modo da poter
ottenere un trainamento pi facile[5]. In passato, invece, i due venivano sollevati dai
portatori attraverso pali e staffe basculanti, che consentivano di mantenerli in equilibrio,
conferendo peraltro un andamento caracollante alle due statue equestri.
I due Giganti sono portati in processione dal 10 al 14 agosto, seguiti da un corteo in
costume e da tamburi, trombe e dal suono cupo della "brogna" e della "ciaramedda".
Dall'anno 1993 tornata nuovamente la tradizione di farli seguire da un'altra macchina
che rappresenta un cammello[6].
La statua di Grifone, fu scolpita prima da Martino Montanini e successivamente da Andrea
Calamech. La testa di Mata fu pi volte rimaneggiata da artisti quali Santi Siracusa (XVIII
secolo), Michele Amoroso e Mariano Grasso[7].
I Giganti di Mistretta[modifica | modifica sorgente]
Giuf
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1 Il personag
In realt, sebbene la sua comparsa nella tradizione scritta siciliana risalga a tempi
relativamente recenti, Giuf (o Giuch o Joch o G'ha) l'eroe o l'antieroe di una serie di
storie popolari fiorite nel bacino del Mediterraneo e diffuse in particolare nel periodo della
Il barbiere maldestro
Giuf, tirati la porta!
Giuf, la moglie e l'asino
Giuf e il chiodo
Giuf acquista il suo asino
Giuf al mercato
Giuf e i due briganti
Giuf e i tre monaci
Giuf e il principe poeta
Giuf e la luna
Giuf e la marmitta
Giuf e la pentola in prestito
Giuf e la statua di jissu
Giuf e la sua tomba
Giuf e le stelle
Giuf e le uova
Giuf e l'uomo asino
Giuf fa il medico
Giuf pittore di leoni
Giuf venditore di seta
L'asino di Giuf
Le domande dei tre saggi
Le uova
Giuf e la giustizia
Il suo asino contraddice Giuf
Giuf e la chiave della cassaforte
Giuf e la pezza di tila
Giuf e il profumo dell'arrosto
Giuf, il cristiano e l'ebreo
Giuf e il secchio
Giuf e l'otre
I santoni di Aidone
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1 I santun'
2 I santar'
3 Origine
4 Voci correlate
Con questo nome, che in dialetto galloitalico suona i Santui, gli aidonesi chiamano le
statue gigantesche dei dodici apostoli, alte tre metri circa e cave all'interno. In effetti gli
aidonesi da sempre affettuosamenti chiamano i loro dodici Apostoli "I Sant", e, quando
vogliono mandare bonariamente qualcuno fuori dai piedi, dicono: "Va vida curr'r' i Sant nto
cciangh", Vai a vedere correre i Santi in piazza.
Vengono fatti sfilare nella processione della domenica delle Palme,
nella giunta diPasqua e a volte anche per San Filippo.
Sono senz'altro il retaggio della tradizione spagnola, ancora oggi in alcune citt
I santoni vengono portati da i Santari, in genere dei volontari, che si infilano nella statua e
vedono l'esterno solo dagli occhielli ricavati nella veste all'altezza della pancia. Quando il
santaro esperto ne gode il portamento, la camminata o addirittura la corsa, nonch
l'inchino.
Origine[modifica | modifica sorgente]
Processione delle Palme in via Cavour
Leggenda di Colapesce
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1 Le prime at
testazioni letterarie
2 La leggenda napoletana
3 La leggenda siciliana
4 Riferimenti
5 Note
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni
Le prime attestazioni della leggenda sono nel XII del poeta franco provenzale Raimon
Jordan, che canta di un "Nichola de Bar" che viveva come un pesce.
Tra il XII e il XIII il canonico inglese Walter Map riferisce di "Nicolaus", soprannominato
"Pipe" che viveva nel mare riuscendo a restarci senza respirare. Andava alla ricerca di
cose preziose nei fondali. Quando il re di Sicilia Guglielmo II volle consoscerlo, attirato
fuori dal mare, mor tra le braccia di chi lo voleva portare dal re.
Un altro monaco inglese contemporaneo, Gervasio di Tilbury, riferisce di "Nicolaus",
soprannominato "Papa", un abile marinaio, pugliese di nascita, che il re di Sicilia Ruggero
II costrinse a scendere nel mare del Faro per esplorare gli abissi. Sotto le acque il
nuotatore scopr monti, valli, boschi, campi ed alberi ghiandiferi. Ai naviganti di passaggio
"Nicolaus" chiese dell'olio per poter osservare meglio il fondo marino.
Un altro frate, Salimbene de Adam, da Parma, nel XIII secolo, narrava la leggenda del re
di Sicilia Federico II che ordinava a Nicola, nuotatore messinese, di riportargli una coppa
d'oro che scagiava sempre pi in profondit finch Nicola scomparve negli abissi. Per la
prima volta compare il personaggio della madre che malediceva Nicola.
La leggenda napoletana[modifica | modifica sorgente]
Nella tradizione napoletana Cola (Nicola) Pesce o Pesce Nicol un ragazzo maledetto
dalla madre per le sue continue immersioni. Finisce per diventare esso stesso pesce e a
squamarsi. Cola cercava rifugio nel mare, usando il corpo di grossi pesci dai quali si
faceva inghiottire, per uscire all'arrivo tagliandone il ventre.
La leggenda trae origine dal culto tardo pagano dei figli di Nettuno, ossia dei
sommozzatori dotati di poteri magici, in grado di trattenere il respiro in apnea per poterne
carpire i tesori e i segreti. Essi, accoppiandosi con misteriosi esseri marini (probabilmente
le foche monache) e con l'aiuto della sirena Partenope, acquistavano tali poteri magici.
L'origine tardo pagana della leggenda riportata da Benedetto Croce in Storie e leggende
napoletane. Era documentata dalla presenza di unbassorilievo di epoca classica,
rappresentante Orione, venuto alla luce durante gli scavi per le fondazioni del Sedile di
Porto e murato nel settecento. Il bassorilievo rappresenta un uomo coperto da quello che
sembra una pelle con un coltello in mano, l'arma usata per fuoriuscire dal ventre del pesce
trasportatore.
Nel 1936 Raffaele Viviani vi dedic una poesia.
La leggenda siciliana[modifica | modifica sorgente]
Nella sua versione pi conosciuta, quella palermitana, si narra di un certo Nicola (Cola di
Messina), figlio di un pescatore, soprannominato Colapesce per la sua abilit nel muoversi
in acqua; di ritorno dalle sue numerose immersioni in mare si soffermava a raccontare le
meraviglie viste e, talvolta, a riportare tesori.
La sua fama arriv al re di Sicilia ed imperatore Federico II di Svevia che decise di
metterlo alla prova: il re e la sua corte si recarono pertanto al largo a bordo di
un'imbarcazione e buttarono in acqua una coppa che venne subito recuperata da
Colapesce. Il re gett allora la sua corona in un luogo pi profondo e Colapesce riusc
nuovamente nell'impresa. La terza volta il re mise alla prova Cola gettando un anello in un
posto ancora pi profondo ed in quell'occasione Colaspesce non riemerse pi.
La leggenda stata trascritta e rielaborata da Italo Calvino.
Secondo la leggenda pi diffusa, scendendo ancora pi in profondit Colapesce vide che
la Sicilia posava su 3 colonne delle quali una piena di vistose crepe e segnata dal
tempo[1], secondo un'altra versione essa era consumata dal fuoco dell'Etna, ma in
entrambe le storie decise di restare sott'acqua, sorreggendo la colonna per evitare che
l'isola sprofondasse. Ancora oggi si troverebbe quindi a reggere l'isola.
Una versione catanese della leggenda[2] vuole che il sovrano, interessato alla conoscenza
del mondo e delle curiosit fenomeniche, chiedesse a Colapesce di andare a vedere cosa
vi fosse al di sotto dell'Etna e farne testimonianza. Colapesce scese e raccont di aver
visto che sotto l'Isola vi fosse il fuoco e che esso alimentava il gigantesco vulcano.
Federico ne chiese una prova tangibile, cos il giovane disse che avrebbe fatto giungere al
suo re la prova che desiderava, ma che sarebbe morto nel fargliela pervenire. Colapesce
si tuff con un pezzo di legno per non fare pi ritorno, mentre il legno - che notoriamente
galleggia - torn in superficie bruciato.
Riferimenti[modifica | modifica sorgente]
La fontana delle 99 cannelle in L'Aquila pare contenere un riferimento alla leggenda. Uno
dei novantanove mascheroni che la caratterizzano rappresenta infatti un uomo con la testa
di pesce, probabilmente un richiamo a Colapesce; tra l'altro il mascherone l'unico posto
in angolo, posizione dalla quale "controlla" l'intero monumento[3].
Molti cantanti e cantastorie hanno dedicato loro opere a questo personaggio. Fra questi vi
sono Otello Profazio, cantante folcloristico calabrese, autore della
canzone Colapesce, Tobia Rinaldo, siciliano, che assieme al gruppo musicale folk I
Cariddi ha inciso "La leggenda di Colapesce", e il gruppo vocale campano dei Baraonna,
autore della canzone "Cola".
Inoltre alla leggenda di Colapesce, si ispira anche l'omonimo progetto musicale solista del
cantautore siciliano Lorenzo Urciullo[4].
Il Libro del Cinquecento (in siciliano Libru do cincucentu) un leggendario libro che sarebbe
custodito a Ficarra. La leggenda narra che si trattava di un libro di magia che conteneva
delle formule che consentivano di superare tutti i problemi. Attraverso un linguaggio oscuro, il libro
aiutava ad evocare degli spiriti, che solitamente aiutavano il proprietario del libro. In certi casi
venivano risvegliati dei diavoli che creavano non pochi problemi a chi li aveva evocati.
Madonna di Conadomini
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La devozione diffusasi nel tempo tra il popolo spinse il Senato a proclamare, nel luglio
del 1644, la Madonna di Conadomini compatrona principale della citt, deliberazione che
ne accrebbe viepi il culto, tant' che la festa celebrata in suo onore alla fine di maggio
coinvolge da secoli tutta la citt ed in particolare il mondo agricolo, che per i benefici pi
volte ricevuti dalla sua implorata protezione le ha tributato l'appellativo di "Madonna del
pane". "Maggio a Maria" si legge su grandi striscioni stesi sui balconi che s'affacciano
sui carruggi, le viuzze dell'antico abitato. Cos ogni anno dal1750.
L'offerta dei doni della terra viene fatta al termine del cosiddetto "corteo della rusedda",
termine quest'ultimo riferito ad una pianta profumata, Cistus salvifolius, utilizzata in
passato dai ceramisti per i loro forni. In lunga processione, fasci di cisto raccolti nel bosco
di Santo Pietro venivano portati un tempo a dorso d'animali da soma alla chiesa della
Conadomini. Era una manifestazione di grande suggestione, aperta da sbandieratori, dal
"triunfu", un insieme di stendardi con l'immagine della Madonna, e da suonatori di
"brogne", conchiglie particolari dal suono strano e cupo.
Celebrazioni moderne[modifica | modifica sorgente]
In tempi pi recenti, il "corteo della rusedda" diventato solo nominale. Un lungo corteo di
mezzi agricoli meccanici, un centinaio e forse pi, addobbati di verde e di fiori, tra i quali la
"rusedda" ormai solamente un simbolo avendo lasciato il posto al grano e ad altri
prodotti dei campi, sfila per la citt fino al tempio della Vergine.
Del corteo fanno parte, oltre ai componenti della tradizione, gruppi folcloristici che in
costumi d'epoca recuperano di volta in volta avvenimenti storici o testimonianze di fede o
di devozione.
Seguono in chiesa i riti religiosi officiati dal vescovo della diocesi, in presenza delle
autorit cittadine accompagnate dal Corteo Senatorio in costumi del XVII secolo.
Per la festa della Madonna di Conadomini, la monumentale Scala di Santa Maria del
Monte unisce ai colori delle ceramiche delle alzate dei centoquarantadue gradini i colori
dell'Infiorata.
Marabbecca
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La marabbecca una creatura leggendaria che appartiene alla tradizione della Sicilia.
Quest'essere (il cui nome ha probabilmente origini arabe) vive nei pozzi e nelle cisterne, e
probabilmente stato inventato dalle madri siciliane per spaventare i figli e tenerli lontani
dai pericoli che un pozzoscoperto pu determinare.
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1 Il libro
1.1 Il medico siciliano
1.2 Anatomia
1.3 Patologia generale
2 Edizioni
Giuseppe Pitr, autore del libro, noto medico e letterato, ha raccolto con molta cura tutte le
fonti a sua disposizione e le ha riportate direttamente nel libro, evitando di effettuare anche
una involontaria selezione del materiale e di esprimere alcun giudizio personale e medico,
sulle abitudini e i rimedi che i cittadini siciliani erano soliti praticare nel corso di una
malattia. Come se si trattasse di un vero e proprio manuale di medicina, l'autore ha scelto
di suddividere il libro in diverse sezioni, ognuna riguardante un particolare argomento:
nella prima parte, infatti, dopo una breve prefazione, viene raffigurata la figura del medico
siciliano, cercando di far intendere, nel modo migliore possibile, cosa esso rappresenti per
i cittadini e cosa i cittadini rappresentino per lui. Proseguendo nella raccolta, l'autore si
soffermato sull'importanza che il cittadino siciliano attribuisce a materie, quali l'anatomia,
la fisiologia e l'igiene, come esso si comporti nei confronti di queste e quanto queste
stesse materie entrino a far parte della vita quotidiana dei cittadini. L'ultima parte del libro,
infine, si riferisce alla patologia generale, intendendo con questa la natura della malattia, il
saperla diagnosticare e le eventuali terapie che si possono adottare per sconfiggerla. Nel
testo possibile, inoltre, trovare filastrocche, proverbi e parole dialettali, per le quali viene
riportata con rigore la provenienza logistica e l'impiego terapeutico.
Il medico siciliano[modifica | modifica sorgente]
Secondo quanto afferma Pitr, nel suo libro, in Sicilia, in un certo senso, tutti hanno
l'abitudine di sentirsi un po' medici. Non c' persona che visitando un amico o un parente,
affetto da qualche malattia, non abbia da dire la sua, arrivando addirittura a criticare quella
particolare medicina o quel rimedio che il medico ha suggerito di adottare. E magari,
capita che il giudizio di un semplice amico risulti pi influente di quello del medicostesso;
cos, se la medicina stata considerata inutile magari ci si rivolge ad un erbaiolo, che
possa procurarne un'altra. Il medico, sostanzialmente, non riscuote molta ammirazione dal
popolo, n questo gli pone alcun tipo di fiducia: se un malato guarisce, infatti, per opera
di quel particolare santo a cui ci si rivolti, se invece muore, la responsabilit
del medico, che con i suoi rimedi, ha accelerato il corso della malattia. Non bisogna
trascurare, che in Sicilia, spesso le parole, le erbe, le pietre e addirittura gli animali
valgono per efficacia, pi di una normale medicina. C' per esempio un proverbio che
dice: C' tanti erbi all'ortu, ca risurgina l'omu mortu. Una delle convinzioni pi particolari,
tra tutte quelle analizzate, che spesso il malato era pi rassicurato da una persona
potente e conosciuta, che da un medico. C'era chi addirittura affermava di saper guarire
ferite, esclusivamente attraverso la sua saliva. Secondo la mentalit siciliana il
vero medico deve essere vecchio, il farmacista ricco e il barbiere (chirurgo) giovane.
Stranamente quest'ultimo che si occupa della maggior parte degli atti pratici,
come salassi, fratture, ascessi, lussazioni e malattie veneree. Non solo, ma il pi delle
volte accade, che il barbiere sia anche un medico, capace di compiere cose in cui spesso
il semplice medicofallisce. Burocraticamente parlando, per, il potere decisionale di
praticare salassi o particolari tipologie di intervento, spettava al medico e ilbarbiere, si
sarebbe dovuto preoccupare solo dell'esecuzione di tali cure. Per quanto concerne la vita
del medico, essa assumeva connotazioni diverse, in base a dove era vissuta: sembra che
il medico delle grandi citt fosse mal retribuito e che, invece, conducesse una vita migliore
il medicodi paese, probabilmente perch, in quest'ultimo caso, la paga di una visita non
era solo fatta di denaro, ma anche di cibo. Altro aspetto di rilievo, che denota la figura
del medico che egli spesso visto come una persona alla quale non bisogna
nascondere nulla, neanche una lite, un problema morale o di scarso significato: ad egli,
come al confessore, bisogna dire tutto. Un'altra figura importante in Sicilia, quella
dell'erbaiuolo, il quale con la sua lattata di mennule (latte di mandorla), il decotto di
malva e di orzo e tante altre bibite e medicine, rinfresca e purifica il sangue a moltissime
persone; egli, attraverso i suoi medicinali, offre rimedio a molte malattie, come la
blenorragia, curata attraverso la cannavusata o alcuni tipi di irritazioni. Un elemento
curioso che la stragrande maggioranza delle botteghe di erbaioli, in Sicilia, erano gestite
da donne.
Anatomia[modifica | modifica sorgente]
Sembra che in Sicilia, l'aspetto anatomico sia molto importante, indice di numerose
informazioni che possono identificare una persona. Secondo il popolo l'uomo e la donna,
oltre che per il sesso, differiscono anche perch la donna ha una costola in meno (quella
con la quale stata creata), e non possiede il pomo di Adamo, segno della trasgressione
di questi, che aveva ingerito il frutto proibito. Le ossa vengono associate all'idea di forza e
vigore; la statura gioca un ruolo importante nella societ: chi alto considerato senza
valore, incapace di compiere qualsiasi cosa: difficili trovuri un longu spertu e un curtu
minchiuni"; d'altra parte, le cattive qualit spesso sono presenti nelle persone di bassa
statura: curtu, malu cavatu (corto, mal formato). Anche la corporatura importante
nell'immaginario collettivo, (la pinguedine, infatti, indice di scarso ingegno e di volgarit).
Addirittura attraverso il colorito di una persona possibile esprimere giudizi: una donna
troppo chiara di carnagione insensibile e non disposta all'amore, un uomo troppo chiaro
debole di corpo e di spirito, scarso di propositi; chi suda molto un grande lavoratore e
chi possiede molti peli, sia sulle braccia che sul viso considerato un tipo virile e
avventuroso; chi ha una testa grande intelligente, viceversa chi ce l'ha piccola ingenuo
e stupido. I nei sono testimonianza di bellezza, cos come i "disii" (voglie), cio macchie
sulla pelle che nascono, secondo il volgo, da un forte desiderio della madre durante
la gravidanza; l'occhio l'organo per eccellenza del nostro corpo, jucarisi l'occhi (giocarsi
gli occhi) vuol dire appunto giocarsi tutto; gli occhi piccoli indicano furbizia; cos come il
prurito dell'occhio destro indica amore violento, quello dell'occhio sinistro, amore stanco.
Se fischia l'orecchio destro indica che qualcuno parla male di noi, se l'orecchio sinistro,
che qualcun ci sta lodando. Chi ha un grosso naso indovina le cose e conosce bene le
persone; il muso indica il nostro stato d'animo e le labbra troppo rosse, sono indice di
sensualit; chi possiede denti grossi uno che si fa rispettare, chi non ha buoni denti
un bugiardo e cialtrone; chi ha un collo corto ipocrita. La mano piccola indica vita lunga,
quella grande vita breve. Il fegato, che non un organo molto conosciuto dal popolo,
associato all'idea di ira e nervosismo; chi starnutisce durante una malattia sulla via della
guarigione, chi lo fa in buona salute sta per ammalarsi; chi ride spesso sciocco, chi non
ride mai, invece, pu essere pericoloso; il cuore l'organo del coraggio e dell'amore, chi
coraggioso possiede un grande cuore. Si pensa che i vizi o le virt si possano trasmettere
di generazione in genereazine, se una donna onesta, la famiglia sar altrettanto.
Patologia generale[modifica | modifica sorgente]
applica un cordone di lana attorno alla vita; tutte le malattie difficili da diagnosticare o da
curare vanno contrastate applicando i salassi; quest'ultimo viene effettuato in sedi diverse
dell'organismo: se il dolore cardiaco si effettua sulla mano, se al fianco al piede, se
alla testa nella spalla.
Il mercato di Piazza Carlo Alberto (Fera 'o luni) antistante il Santuario della Madonna del Carmine a Catania
Il Mercato di piazza Carlo Alberto popolarmente chiamato Fera 'o Luni[1], cio fiera del
Lune o fiera del luned, assieme alla Pescheria, il mercato pi antico di Catania.
Storia[modifica | modifica sorgente]
Il nome verrebbe, secondo alcuni autori, dalla presenza di un tempio dedicato alla dea
romana Luna (Diana)[2] o - dato l'articolo al maschile - al dio assiro-babilonese Luni[3],
mentre popolarmente si diffuse la tradizione che il mercato fosse attivo soltanto il luned e
da qui il nome. Curiosamente Luni anche l'attuale nome di una colonia romana nota
come Luna dedotta nel 177 a.C., alle foci del fiume Magra. Per tale colonia si ipotizzata,
tra le altre, anche l'origine dalla radice lun, che indicherebbe un ambiente paludoso come
era appunto il territorio di Luni prima delle bonifiche romane. Nel caso della fiera di piazza
Carlo Alberto si potrebbe avere una simile radice etimologica, considerando la notoria
malaricit della piazza fino alle bonifiche del XX secolo e che a tutt'oggi non sono
infrequenti allagamenti della piazza stessa.
Tuttavia lo storico mercato del Lune aveva sede nel Medioevo nella piazza antistante la
facciata della regia cappella Santa Maria dell'Elemosina, ridottasi a seguito del piano di
ricostruzione post-sismica a seguito del terremoto del Val di Noto del 1693 a un ridotto
spiazzo stretto tra i palazzi barocchi, la fabbrica del Palazzo dell'Universit e l'abside della
medesima chiesa. La piazza era difatti chiamata Platea lo Foro o Foro Lunaris, e
anch'essa era soggetta a stagionali allagamenti dovuti alla presenza del fiume Amenano,
imbrigliato poi nel mulino Marletta, un tempo ubicato a sud della piazza, dov' ancora oggi
il palazzo omonimo. Ad ogni modo il mercato, dopo il detto sisma, cambi la sua
ubicazione e dallo spiazzo antistante la facciata della Regia Cappella, divenne
inizialmente il Piano degli Studj (Piazza dell'Universit)[4] per poi essere spostata
in piazza Carlo Alberto, dove tuttora ospitato.
La fiera che vi si svolge oggi settimanale, con la sola eccezione della domenica, ed ha
un vasto assortimento di prodotti: dalla gastronomia all'abbigliamento, dai casalinghi ai
prodotti etnici, fino all'ortofrutta e alla vendita di giocattoli. Il mercato negli ultimi decenni
diventato un vero crocevia internazionale, con commercianti - oltre che italiani - di
origine africana e cinese.
Miti di Siracusa
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Il mito pi famoso di Siracusa quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide,
correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo che si innamor
perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui,
finch stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La Dea la avvolse in una
spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia.
Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo
dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si un all'amata fonte.
Ancora oggi il mito rivive nell'isola di Ortigia grazie alla cosiddetta Fonte Aretusa, uno
specchio di acqua che sfocia nel Porto Grande di Siracusa. La leggenda di Alfeo trae
origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in Grecia, e da una fonte di acqua dolce
(detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga nel Porto Grande di Siracusa a poca
distanza dalla Fonte Aretusa. Oggi il viale che costeggia la Fonte Aretusa si chiama
proprio Lungomare Alfeo.
Nello specchio d'acqua della Fonte Aretusa e lungo le rive del fiume Ciane (vedi sotto)
sono presenti gli unici papireti selvatici di tutta l'Europa. Il papiro cresce spontaneo solo
in Egitto.
Il fiume Anapo
I fiumi Ciane e Anapo sono legati da una leggenda, che si ricollega al mito di Persefone e
del suo rapimento ad opera di Ade.
Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, era intenta
a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive del lago Pergusa (vicino ad Enna).
Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbuc fuori Ade, innamorato della fanciulla,
che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano
di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla.
Il fiume Ciane
Diodoro Siculo parlando del viaggio in Sicilia di Eracle racconta del suo arrivo a Siracusa,
in cui per onorare Persefone e Ciane sacrific un toro proprio alla fonte del fiume Ciane,
ordinando ai cittadini di compiere ogni anno lo stesso gesto. Probabilmente dietro questo
mito si nasconde l'antico ricordo di sacrifici umani compiuti presso la fonte.
I molteplici miti e leggende della Sicilia nel corso dei secoli hanno influenzato la cultura e le
tradizioni dell'isola mediterranea[1]. Molti di essi nascono da racconti orali, favole, false
interpretazioni e invenzioni.
Indice
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eche
1 Leggende gr
1.1 Aretusa
Il mito pi famoso di Siracusa quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide,
correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo che si innamor
perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui,
finch stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La Dea la avvolse in una
spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia.
Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo
dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si univa all'amata fonte.
La Fonte Aretusa ancor oggi una delle maggiori attrazioni turistiche dell'isola di Ortigia,
a Siracusa. La leggenda di Alfeo trae origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in
Grecia, e da una fonte di acqua dolce (detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga
nel Porto Grande di Siracusa a poca distanza dalla Fonte Aretusa.
Ciane e Anapo[modifica | modifica sorgente]
Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, era intenta
a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive dellago Pergusa (vicino ad Enna).
Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbuc fuori Ade, innamorato della fanciulla,
che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano
di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla.
Fu la ninfa Ciane a reagire al rapimento aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo
disperato di trattenerlo. Il dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una
doppia sorgente dalle acque color turchino (cyanos in Greco vuol dire appunto turchino).
Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare
anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso unisce le sue acque a
quelle del fiume Ciane, prima di sfociare insieme nel Porto Grande di Siracusa.
Aci[modifica | modifica sorgente]
Persefone, figlia di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, viene rapita da Ade,
dio degli inferi, che si era invaghito di lei, il quale emerge dall'oltretomba da una grotta
situata nel Lago di Pergusa nei pressi di Enna, dove secondo il mito Persefone era intenta
a cogliere fiori. Un giorno il dio ghermisce la fanciulla sul suo carro, mentre le fanciulle che
la accompagnavano cercano disperatamente di trattenerla. Persefone lotta, ma ormai i
cavalli stanno gi varcando le soglie del regno dei morti.[3]
La madre Demetra, udito il grido della figlia, la cerc affannosamente per nove giorni e
nove notti, facendosi luce con due pini accesi nel cratere dell'Etna. Infine, appreso da Elio
(il sole) del rapimento, decise di non salire pi in cielo finch non avesse riavuto la figlia.
In assenza di Demetra dal suo ruolo, la terra cominci ad essere sterile ed improduttiva.
Allora Zeus, preoccupato, dopo aver tentato invano di convincere Ade a restituire
Proserpina alla madre, attu un compromesso: Proserpina sarebbe rimasta con la madre
per otto mesi dell'anno (quelli in cui la terra fiorisce e dona agli uomini tutte le sue
ricchezze) e con Ade per gli altri quattro mesi (quelli invernali, quando la dea Demetra
triste e la terra spoglia ed improduttiva).
Polifemo[modifica | modifica sorgente]
Riguardo Polifemo vi sono due miti, l'uno descritto da Omero, per cui Polifemo un
semiumano gigantesco con un solo grande occhio al centro della fronte, che alleva pecore
e si nutre di formaggio e, occasionalmente, di uomini. Egli vive in Sicilia dove vi
sbarca Ulisse. Egli e i suoi compagni di viaggio vengono catturati dal gigante che ne
mangia tre. Dopo un periodo di permanenza in prigionia Odisseo prepara una trappola.
Innanzi tutto offre al Ciclope del vino, che ringraziandolo, prima di crollare nel sonno, gli
chiede il suo nome. Lui afferma di chiamarsi Nessuno. Poi lo acceca con un tronco
appuntito ed arroventato nel fuoco. In seguito, scappa coi compagni con un abile
stratagemma: ognuno si aggrappa sotto il vello di una pecora e, quando Polifemo apre la
grotta per fare uscire le pecore a pascolare, gli eroi escono con loro. Quando Ulisse,
fuggendo con la sua nave, rivela al ciclope la sua vera identit, questi scaglia, senza
successo, verso di lui degli enormi massi, identificabili con gli Scogli dei Ciclopi che
caratterizzano la costa di Acitrezza.
L'altro mito descritto nelle Metamorfosi di Ovidio, legato ad "Aci e Galatea". Il primo un
pastore siciliano, la seconda una Nereide. Lei ama lui ed contraccambiata. Ma si
inserisce nella storia il ciclope Polifemo, che ama anch'esso la ninfa. Cos l'"intralciatore"
uccide con un grande masso Aci.
La nascita del mito di Polifemo, il gigante con un solo occhio, probabilmente da
ricollegarsi allo stesso vulcano Etna, con il suo grande cratere centrale.
Cocalo[modifica | modifica sorgente]
Si narra che una Regina, con al seguito cento cavalieri e dame fu sorpresa da
un temporale, durante una battuta di caccia, nelle vicinanze dell'albero e proprio sotto i
rami trov riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continu fino a sera, cos la
regina pass sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o pi
amanti fra i cavalieri al suo seguito.
Non si sa bene quale possa essere la regina, secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna
d'Aragona, secondo altri Giovanna I d'Angi ed cos che la leggenda verr collegata
all'insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Ma tutto, molto probabilmente, frutto della
semplice fantasia popolare. Ad esempio la regina Giovanna d'Angi, pur essendo nota per
una certa dissolutezza nelle relazioni amorose, quasi certo che non fu mai in Sicilia.
Colapesce[modifica | modifica sorgente]
Per Truvaturi si intendono i tesori nascosti che, al pari della magica grotta di Aladino, con
una formula magica, un evento raro o una particolare attivit rituale e spesso insensata,
apparivano magicamente agli occhi dei pastori o dei viandanti fortunati, per poi sparire nel
nulla in tempi molto brevi. Le truvature quindi conoscono diverse varianti a seconda della
zona di pertinenza.
Lu bancu di Disisa[5][modifica | modifica sorgente]
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Unantica leggenda araba narra che in una grotta presso il Feudo Disisa, nei pressi di
Gris, frazione del territorio di Monreale, siano custoditi tesori immensi che potrebbero fare
Mustica
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Cielo aLentini ed Agnone Bagni. Nella tradizione lentinese viene riempita di acqua ed
infiocchettata conbasilico fresco; il bambino o bambina la usa per inzupparvi dentro
del pane e mangiarlo durante la celebrazione.
una tradizione cattolica, in quanto il 14 agosto, vigilia dell'Assunzione, si doveva
osservare ildigiuno. La tradizione nata dal fatto che con questo metodo si abituavano i
bambini a digiunare e a rispettare il volere della Chiesa. Oggi ne rimasta solo una
tradizione che fa riunire i ragazzini insieme agli adulti, ognuno con la propria mustica, a
mangiare del pane inzuppato nellacqua.
Simbologia[modifica | modifica sorgente]
Acqua: purezza
Pane: grazia
Ottobrata zafferanese
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Ottobrata zafferanese
Sagra dell'uva
Sagra del miele
Sagra delle mele dell'Etna
Sagra dei funghi
Sagra delle castagne
Indiscussi protagonisti di ciascuna domenica sono i prodotti tipici della terra e i loro
derivati: l'uva, il vino, la mostarda, il miele, le mele e la frutta di stagione (fichi
d'India, melograni, noci,nocciole, castagne, pistacchi ecc.), i funghi porcini dell'Etna e le
altre variet, l'olio, le olive e le conserve sott'olio. Un ampio spazio dedicato ai prodotti
artigianali e il visitatore pu, lungo il percorso del centro storico, fermarsi ad osservare
gli antichi mestieri ormai in via di estinzione (scultori del legno e della pietra lavica, pittori
di sponde di carretti siciliani, ricamatrici, lavoratori del ferro battuto, pupari ecc.). La piazza
Umberto I ospita numerosi stand in cui possibile degustare i dolci tipici locali (gli sciatori,
le zeppole, le paste di mandorla, le foglie da t, etc.), i liquori, i vini, il miele, i torroni e la
frutta secca caramellata, i gelati al pistacchio e molte altre bont. Nella Villa Comunale,
sottostante la piazza, sono invece collocati gli stand che espongono e vendono salumi,
formaggi tipici siciliani e conserve alimentari.
Un grande spazio, quello dell'ex-campo sportivo comunale, adibito a settore
gastronomico in cui i visitatori possono gustare squisitissimi panini con la salsiccia e la
carne di maiale o di cavallo, melanzane, peperoni, funghi e olive condite, e dove si
esibiscono giovani musicisti emergenti in una rassegna Rock, il Live Startup. Uno spazio
riservato anche alle associazioni di volontariato e di solidariet sociale per l'informazione e
la raccolta di fondi a scopo umanitario.
L'Ottobrata Zafferanese integra l'esposizione dei prodotti tipici e la loro vendita a eventi
culturali molto importanti per tutto il comprensorio etneo, con convegni e dibattiti sui temi
inerenti alla tutela e al riconoscimento delle qualit dei prodotti locali, proiezione di
documentari sull'Etna e sul suo territorio, escursioni alla scoperta di luoghi affascinanti,
esibizione di gruppi musicali e di ballo, mostre fotografiche e tanto altro.
La manifestazione organizzata ogni anno da un apposito Comitato, con il patrocinio e la
collaborazione del Comune di Zafferana Etnea, dellaProvincia Regionale di Catania,
della Regione Siciliana, dell'Ente Parco dell'Etna, della Camera di Commercio di Catania,
delle Associazioni Terre dell'Etna e dell'Alcantara, Citt del Vulcano, Citt del Vino, Citt
del Miele, Produttori Mele dell'Etna, Strade del Vino dell'Etna.
Il Palio dei Normanni una rappresentazione in costume di un fatto storico accaduto circa mille
anni fa. Si svolge tutti gli anni a Piazza Armerina(Enna) nei giorni 12, 13 e 14 agosto,
dal 1952 quando venne realizzata la prima edizione.
Indice
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1 Il fatto
2 Il Palio dei Normanni
3 Albo d'oro del Palio
4 Bibliografia
5 Collegamenti esterni
La manifestazione rievoca un episodio storico ma non si certi che questo sia accaduto a Piazza
Armerina. Il figlio pi giovane del re normannoTancredi d'Altavilla, Conte Ruggero I di Sicilia,
venne in Italia e nel 1061 entr in Sicilia, per aiutare il fratello Roberto il Guiscardo, a liberare
la Siciliadai Saraceni. L'azione di Roberto era stata autorizzata dal Papa Niccol II nell'intento di
liberare il sud d'Italia dai Saraceni. Il papa, nel momento in cui avall l'impresa, diede a Ruggero
uno stendardo rappresentante una Madonna con Ges Bambino che, secondo la leggenda, il Conte
Ruggero don alla citt di Piazza Armerina per essere esposto nella Cattedrale.
Il Palio dei Normanni[modifica | modifica sorgente]
Il giorno 12 di agosto, si snoda un corteo in costume per le vie della citt, nel quale il Gran Maestro
(l'autorit massima del tempo nel governo della citt) reca una lampada votiva fino ai piedi
dellimmagine della Madonna delle Vittorie - patrona di Piazza Armerina - che si trova nella
cattedrale. Nel corso della funzione religiosa che si svolge in chiesa, vengono benedetti i cavalieri
delle antiche contrade della citt (Canali, Casalotto, Castellina e Monte) che il giorno 14
parteciperanno alla Giostra, detta anche Quintana.
Il giorno 13, dal centro dei quattro quartieri si dipartono i relativi cortei di figuranti in costume che
si dirigono al piazzale antistante la cattedrale dove avverr la rappresentazione dell'incontro con il
Conte Ruggero. Fra squilli di trombe e rullo di tamburi, si ha l'ingresso trionfale del Conte Ruggero,
al comando delle sue truppe. Qui il conte riceve l'omaggio del Gran Magistrato che gli porge, in
segno di omaggio, le chiavi della citt. Terminata la cerimonia, il corteo si ricompone e sfila per le
vie della citt tra la folla plaudente.
Il giorno 14, prende luogo il Palio vero e proprio presso lattuale campo sportivo della citt. Qui si
svolgono le gare cavalleresche che vedono destreggiarsi i cavalieri in costume, in rappresentanza
dei quattro quartieri storici della citt. La squadra che totalizzer il maggior punteggio vincer il
Palio e ricever in premio l'antica immagine della Madonna delle Vittorie, la cui effigie verr
esposta per tutto l'anno presso la chiesa parrocchiale del rione vincitore.
Il Palio si svolge in 4 prove:
A
n
n
o
1952
1954
1956
1958
1960
1961
1962
1963
1964
1965
1966
1967
1968
1969
1970
1971
1972
1973
1974
1975
Vincitor
e
Casalotto
Casalotto
Casalotto
Castellina
Castellina
Castellina
Casalotto
Monte
Castellina
Casalotto
Monte
Monte
Monte
Casalotto
Monte
Casalotto
Monte
Monte
Monte
Monte
A
n
n
o
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Vincitor
e
Canali
Casalotto
Casalotto
Casalotto
Monte
Casalotto
Monte
Monte
Monte
Casalotto
Casalotto
Castellina
Castellina
Castellina
Monte
Monte
Monte
Castellina
Monte
Casalotto
Monte
Casalotto
Canali
Castellina
Castellina
Castellina
Casalotto
Casalotto
Monte
Canali
Canali
Castellina
Casalotto
Castellina
Canali
Castellina
Monte
Monte
Vittorie Totali
Monte
21
Casalotto 18
Castellina 14
5
Canali
Peppe Nappa
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Peppe Nappa, o Beppe Nappa, una maschera siciliana della commedia dell'arte.
Beffardo, pigro ma capace di insospettabili salti e danze acrobatiche, goloso ed
insaziabile, ricopre abitualmente nelle trame il ruolo del servitore. Ama stare in cucina, o
ronzare intorno alla cucina, annusandone deliziato i profumi, e il cibo la sua passione.
Il costume composto da una casacca e dei calzoni azzurri, entrambi molto ampi e troppo
lunghi, ed un cappellino di feltro bianco o azzurro su una calotta bianca. Il suo nome
deriva da "nappa", "toppa" in siciliano[1]. la maschera simbolo del carnevale di Sciacca,
dove rappresentato su un carro allegorico fuori concorso, apre annualmente la sfilata
carnascialesca, diventando simbolicamente sindaco della citt durante i giorni di festa.
Pescheria di Catania
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La Pescheria (Piscara in lingua siciliana) l'antico mercato del pesce della citt
di Catania ed inserito nel percorso turistico per il contenuto difolclore che si respira
passando fra i banchi dei pescivendoli. Solo provando questa esperienza ci si pu rendere
conto di quanto pittoresco possa essere questo mercato che pu trovare confronto solo
nel gemello mercato della Vucciria di Palermo.
I banchi si trovano sotto il tunnel delle mura di Carlo V, in piazza Alonzo di Benedetto ed in
piazza Pardo. Il mercato sempre affollato ed il vocio dei venditori crea un sottofondo
da suk arabo.
Galleria[modifica | modifica sorgente]
La pescheria
La pescheria 2012
Pii fratres
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I Pii fratres erano due fratelli di Catania, Anfinomo ed Anapia (dal greco
antico e ), che durante un'eruzione dell'Etna, mentre gli altri abitanti si
preoccupavano solamente di salvare i loro beni, cercarono di salvare gli anziani genitori e
li posero sulle loro spalle.
La lava scendeva alle loro spalle e stavano per essere travolti quando il fiume di lava si
divise in due e cos, grazie ad un intervento degli dei, riuscirono a salvare se stessi e gli
anziani genitori.
L'episodio era ben noto nell'antichit come esempio di pietas, cio la devozione filiale. Era
considerato un vanto di Catania ed era spesso rappresentato in monete battute in questa
citt. Tale sentimento ispir la figura di Enea che trae in salvo il padre Anchise dalle
fiamme di Troia, nell'opera ad egli dedicata da Virgilio.
Una moneta in bronzo diKatane
Pizzicant
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Indice
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1 Riflessione
antropologica
2 Diffusione e denominazione
3 Note
4 Voci correlate
Il Pizzic'Ant una creazione culturale materializzatrice del dominio della verticalit e del
sogno di superamento dei limiti delle antiche popolazioni dell'Italia del Sud.
Robusti giovani si tengono stretti con le braccia disponendosi in cerchio. Su di loro si
arrampicano altri giovani fino a formare una "Torre" la cui altezza varia da luogo a luogo.
Non appena raggiungono l'equilibrio, l'uno sulle spalle dell'altro, la "Torre" inizia a ruotare
su se stessa al ritmo di strofe che alludono al pericolo, sempre imminente, di un
capovolgimento sociale: nel continuo ruotare coloro che sono di sopra devono reggersi
stretti per non cadere, cos come chi di sotto deve reggere con forza chi sovrastante.
Diffusione e denominazione[modifica | modifica sorgente]
La processione dei misteri si svolge a Trapani il Venerd Santo, da 400 anni. L'origine spagnola,
dalle antiche Casazas e, infatti, ha analogie importanti con le feste andaluse.
La processione composta da 20 gruppi sacri, ha inizio alle 14 del venerd santo, per
concludersi ventiquattro ore dopo. Viene considerata la pi lunga manifestazione religiosa
italiana dopo la Sagra di sant'Efisio che dura ben 4 giorni, e soprattutto una tra le pi
antiche. La processione che parte dalla Chiesa delle Anime del Purgatorio, percorre le
principali vie cittadine.
Indice
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1 Storia
2 I Gruppi sacri
2.1 Realizzazione
2.2 Decorazioni
2.3 Restauri
3 Confraternita di San Michele
4 Maestranze
4.1 Unione Maestranze
5 Elenco 20 gruppi sacri e maestranze
6 Collegamenti esterni
6.1 Foto e immagini
Fu la Confraternita del Preziosissimo Sangue (oggi Confraternita di San Michele) che nei
primi anni del XV secolo provvide alla costruzione dei primi gruppi statuari, affidando tale
incarico agli artisti trapanesi. Dal 1539 al 1582 la Confraternita di San Michele ebbe sede
nell'edificio annesso alla chiesa di San Michele, sino a quando non dovette cedere, su
decisone del Senato, tale edificio ai padri Gesuiti che erano giunti a Trapani nel1561. La
data di costruzione dei gruppi non certa, quello che si conosce invece la data del pi
antico atto di concessione: il 20 aprile 1612, quando si affid ai poveri jurnateri il gruppo
dell'Ascesa al Calvario. In verit, gi nel 1612 alcuni gruppi erano presenti nella
processione e lo testimoniano le scritture notarili "inter alia misteria" e proprio nel 1612
stato ultimata la costruzione di questo mistere e si stava realizzando quello detto della
"presa o cattura di Cristo". I gruppi furono affidati fin dall'inizio alla "Maestranze".
La rappresentazione scenografica dei Misteri ambientata pi nell'epoca medievale che ai
tempi dell'occupazione romana della Palestina. Si possono notare soldati dalla divisa
spagnoleggiante o elmi sostituiti da immaginari pennacchi, per non dir poi che spesso i
volti di alcuni personaggi (come il giudeo della Spogliazione) altro non erano che
raffigurazioni di uomini dell'epoca (nel caso specifico, sembra che il giudeo fosse
talSetticarini, l'aiutante del boia allora presente a Trapani).
Dal 1950 si inizi a coprire i cavalletti con un sontuoso mantello nero (a' manta), sul quale
impresso il nome del ceto di appartenenza. Oggi i gruppi sono custoditi durante l'anno
nella Chiesa delle Anime del Purgatorio.
I Gruppi sacri[modifica | modifica sorgente]
I Misteri sono la rappresentazione artistica della morte e passione di Cristo, in totale sono
20 gruppi sacri, di cui due simulacri di Ges Morto e di Maria Addolorata. Furono concessi
in affidamento, tramite atti notarili, dallaConfraternita di San Michele Arcangelo che istitu il
rito alle maestranze locali con l'impegno di curarne l'uscita in processione.
La tecnica di realizzazione delle statue, iniziata da Giovanni Matera, consiste nello scolpire
nel legno i volti, le mani ed i piedi, cos come di legno lo scheletro. Sono internamente
sostenuti da ossature in sughero, sui quali si modellavano gli abiti grazie al fatto che la
stoffa, precedentemente immersa in una mistura di colla e gesso, permetteva una
maggiore naturalezza degli abiti e, maggiore plasticit espressiva, secondo una tecnica
tipicamente trapanese, detta carcht. In tal modo nei drappeggi dei vestiti vennero
realizzate quelle pieghe che si plasmavano alla diversit della scena rappresentata e
rendevano ogni figura diversa dall'altra.
Per la realizzazione di questi gruppi non ci si ispir all'iconografia classica, ma ad episodi
citati nei sacri testi o nei vangeli apocrifi ed aggiungendo anche delle personali
interpretazioni, e gli artisti trapanesi seppero dare a questi gruppi una dinamicit
rappresentativa unica nel vasto panorama delle sacre rappresentazioni.
Le statue sono fissate ad una base lignea detta vara, con un procedimento particolare, al
fine di consentire una certa oscillazione durante il trasporto, tale da esprimere una scenica
rappresentativit al gruppo.
Realizzazione[modifica | modifica sorgente]
Le pi antiche vare sono state intagliate dagli artigiani trapanesi con le raffigurazioni
di putti, simboli del ceto di appartenenza o vedute di Trapani.
La vara appoggia su cavalletti di legno e quest'ultimi sostituirono le forcelle. Infatti nei primi
anni della processione, quando i gruppi dovevano effettuare delle soste, appoggiavano
proprio sulle forcelle che sostenevano l'intero peso. Tuttavia, questa soluzione presentava
molte difficolt ed erano frequenti rovinose cadute dell'intero gruppo. Si pens pertanto di
sostituirle con i cavalletti che, se hanno aumentato il peso dell'intero gruppo, hanno
tuttavia permesso una maggiore sicurezza nel trasporto. Le antiche forcelle sono ancora
oggi presenti nella Processione dei Misteri di Erice, dove le dimensioni e il peso dei gruppi
sono di gran lunga inferiori a quelli del capoluogo.
Decorazioni[modifica | modifica sorgente]
delle medaglie. Si tratta delle premiazioni (ora soppresse) che intorno agli anni '60-'70
premiavano l'aspetto processionale e l'addobbo dei gruppi. Negli ultimi anni, alcune
categorie hanno posto dei cuori d'argento sulle statue di Cristo.
Restauri[modifica | modifica sorgente]
Molti dei gruppi, a causa dei danni patiti a seguito delle accidentali cadute dei portatori
(specialmente nel periodo precedente all'istituzione dei cavalletti) o per i danni
conseguenti ai bombardamenti alleati nella seconda guerra mondiale, hanno subito
modifiche o diversi interventi di restauro e, in alcuni casi, una totale ricostruzione. Furono
tanti trapanesi amanti della processione a far s che essa potesse risorgere dai danni, non
solo materiali, del conflitto mondiale.
Negli ultimi tempi si provveduto ad una pulitura delle superfici dei gruppi. Dopo tanti
anni, nei quali la polvere, il fumo delle candele e le pennellate di vernice avevano scurito le
colorite espressioni ed i drappeggi, si cos pervenuti ad una immagine nuova (ma in
realt originale) nella colorazione delle statue.
Confraternita di San Michele[modifica | modifica sorgente]
La Confraternita di San Michele era esistente a Trapani gi dal 1366. Nel 1602 i sacerdoti
Nicola Galluzzo e Giovanni Marquez istituiscono in Trapani la Confraternita del
Preziosissimo Sangue di Cristo, Societas Pretiosissimi Sanguinis Christi et Misteriorum. I
"Bianchi" confrati di San Michele trovano ospitalit presso la chiesa di S. Spirito, dove
aveva sede la Confraternita del Preziosissimo Sangue, detta dei "Rossi" (la Compagnia
dei Rossi non da intendersi come Confraternita del Preziosissimo Sangue, in quanto
estranea sia nell'intento devozionale che nella sua costituzione afferente all'arcipretura
della chiesa di San Pietro), e cos nel 1592 inizia la collaborazione tra i due sodalizi. Nel
gennaio 1643, con decreto del Cardinale Giovanni Domenico Spinola, vescovo di Mazara,
la Confraternita di San Michele stata trasformata in "Compagnia" nel tentativo di
riportarla all'antico vigore ed ai suoi compiti istituzionali. Il 26 febbraio 1646 con atto rogato
dal Notaio Antonio Valentino viene sancita la fusione dei due sodalizi nella Compagnia del
Sangue Preziosissimo e del Divino Michele Arcangelo. Il nuovo sodalizio assorb i colori
delle due precedenti confraternite, tale che esso avrebbe portato la casacca rossa ed il
cappuccio bianco, l'emblema delle Cinque Piaghe sul petto, le scarpe rosse e lo stendardo
con le scritte S.P.Q.R e Quis ut Deus, epigrafe impressa nello scudo della statua in marmo
di San Michele.
Tra gli scopi della Compagnia vi era quello della raccolta delle elemosine per le giovani
orfane; si occupava altres dell'esposizione del Santissimo e organizzava la processione di
San Michele ed il giorno di Pasqua conduceva la statua del "Cristo Morto". Nel 1778, la
Compagnia del Sangue Preziosissimo e del Divino Michele Arcangelo, sub una scissione
ed un gruppo di confrati rifond l'antica Societ che rimase operante sino al 1803. La
Confraternita organizz le scinnute ovvero discese (oggi funzione religiosa che contempla
il Mistero Gaudioso nel periodo Quaresimale, originariamente Scinnuta in quanto i gruppi
erano posti dentro delle nicchie e venivano discesi per le funzioni religiose) sino al 1812,
ma le difficolt economiche costrinsero ad abbandonare tale incarico, essa allora dovette
pian piano cedere alle Maestranze cittadine la cura e l'uscita dei gruppi, ma rimane ancora
oggi la sola proprietaria dei Sacri gruppi che sono stati affidati ma non ceduti alle
maestranze. Con il passare degli anni diminu il peso della Confraternita e soltanto il 26
dicembre 1974 venne "rifondata" con l'approvazione del nuovo statuto da parte del
vescovo Mons. Ricceri, da quell'anno riprese il suo posto alla testa della Processione
rinunciando all'emblema cucito sul petto che significava l'unione delle due confraternite e
al tempo stesso ripresero le dispute con le maestranze sulla propriet dei gruppi. In
occasione dell'edizione 1999, la Confraternita non ha aperto il sacro rito. Su decisione del
sicurezza che tutela gli associati. Il collegio dei Sindaci l'organo di controllo e vigilanza
Amministrativo e Costituzionale.
Elenco 20 gruppi sacri e maestranze[modifica | modifica sorgente]
1. La Separazione (o Licenza) a cura del ceto degli Orefici
2. La Lavanda dei piedi a cura del ceto dei Pescatori
3. Ges nell'orto dei Getsemani a cura del ceto degli Ortolani
4. L'arresto a cura del ceto dei Metallurgici
5. Caduta al Cedron a cura del ceto dei Naviganti
6. Ges dinanzi ad Hanna a cura del ceto dei Fruttivendoli
7. La Negazione a cura del ceto dei Barbieri e Parrucchieri
8. Ges dinanzi ad Erode a cura del ceto dei Pescivendoli
9. La Flagellazione a cura del ceto dei Muratori e scalpellini
10.L'incoronazione di spine a cura del ceto dei Fornai
11.Ecce Homo! a cura del ceto dei Calzolai
12.La Sentenza a cura del ceto dei Macellai
13.L'ascesa al calvario a cura del ceto del Popolo
14.La Spogliazione a cura del ceto Tessili e abbigliamento
15.La sollevazione della Croce a cura del ceto dei Falegnami
16.Ferita al costato a cura del ceto dei Pittori e decoratori
17.La Deposizione a cura del ceto dei Sarti e Tappezzieri
18.Il Trasporto al sepolcro a cura del ceto dei Salinai
19.Il Sepolcro a cura del ceto dei Pastai
20.L'Addolorata a cura del ceto dei Camerieri, Autisti, Albergatori, Dolcieri e Baristi.
La Madonna della Lettera posta sulla stele votiva all'ingresso del porto di Messina
viene posta la reliquia del Sacro Capello della Madonna della Lettera.
Storia[modifica | modifica sorgente]
Il Vascelluzzo legato alla tradizione di un vascello che sarebbe giunto a Messina durante
l'assedio diCarlo I d'Angi (maggio - settembre 1282) a seguito del Vespro siciliano. La
citt era stremata dallacarestia a seguito dell'embargo angioino ed invoc l'aiuto
della Madonna della Lettera, patrona della citt. Il vascello, che la tradizione vuole sia
arrivato carico di rifornimenti alimentari, attribuito popolarmente ad un miracolo della
Madonna. La tradizione narra che il vascello sarebbe giunto in citt con il proprio prezioso
carico passando indenne il blocco navale del Re di Napoli, Carlo.
Quartara
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Rietina
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Rietina - Canicatt
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I riti della Settimana Santa sono l'insieme delle manifestazioni religiose organizzate nei
diversi paesi e citt della Sicilia ad opera delle diocesi delle varie parrocchie e soprattutto
delle locali confraternite in occasione della Pasqua.
Questi antichi riti, di grande richiamo turistico, vogliono rappresentare i momenti pi
significativi della Passione di Ges Cristo, descritti nei Vangeli, dal suo arresto da parte
deiromani alla Resurrezione e fanno parte, insieme alle normali funzioni religiose, delle
celebrazioni della Settimana Santa.
Indice
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1 Caratteri g
enerali
I "santoni" di Aidone
I "Sepolcri", allestimenti all'interno delle chiese per l'adorazione a partire dal Gioved
Santo. Elemento particolare la presenza negli altari predisposti per tali allestimenti, di
vasetti con germogli di grano fatti crescere al buio ("i lavureddi" cio "piccole messi") che
alcuni studiosi riferiscono a tradizioni elleniche.[2] Le spighe di grano verdi sono inoltre
presenti in altri momenti delle manifestazioni religiose.
La messa messa in Coena Domini che si svolge il Gioved Santo e durante la quale si
svolge il rito del lavaggio dei piedi degli Apostolirappresentati da anziani confratelli e la
rappresentazione dell'Ultima Cena.
Il Venerd santo[modifica | modifica sorgente]
Il venerd caratterizzato dalla processione del Cristo Morto, caratterizzata quasi sempre
da una notevole durata (a Trapani la processione dura ben 24 ore) o da una esasperata
lentezza, che spesso portano la manifestazione fino al buio della sera. La processione
caratterizzato in genere dalla presenza non solo del Crocefisso o del Cristo morto
adagiato su di una lettiga o in un'urna di vetro ("cataletto"), ma anche dei "Misteri" e della
statua della LAddolorata.
Spesso tale processione preceduta o seguita dalla processione della "Cerca" che si
svolge anch'essa quasi sempre al Venerd Santo (spesso di mattina) e che vede il
simulacro della Madonna "cercare" Cristo a volte inutilmente, a volte incontrando (Cerda) il
Cristo morto; in questo caso la processione prende il nome di "Giunta" (Licodia Eubea). A
volte tale "cerca" si svolge al sabato (Cassaro).
I "Misteri" sono statue lignee o di stucco, che richiamano i vari momenti della Passione di
Cristo(Ges alla colonna della flagellazione, Ges schernito, Ecce Homo, Ges caricato
della croce,Ges crocifisso, Ges morto posto in una lettiga), che vengono mostrate e
portate in processione in vari momenti durante la Settimana
Santa (Ispica, Caltanissetta, Trapani, Biancavilla,Barcellona pozzo di Gotto e tantissime
altre localit). In alcuni casi, come nelle processioni di Enna, oppure nella processione del
Mercoled santo di Assoro la rappresentazione effettiva dei momenti della passione viene
sostituita da oggetti simbolici (la lancia, il martello, la corona di spine, ecc).
I crocefissi "snodabili", in cui arti mobili che rendono possibile la rappresentazione della
Crocefissione e della Deposizione, in cui il simulacro di Cristo viene tolto della croce e
deposto in una lettiga. Tale particolare tradizione era comune in tutta Italia nel
Il "calvario" di Cianciana
Alcuni dei riti fanno tappa o si svolgono al "Calvario", un luogo sacro all'aperto, posto
generalmente in posizione elevata (Ventimiglia), o sul cocuzzolo di un'altura (Alcara li
Fusi, Corleone), caratterizzato da un recinto, una lunga gradonata, una croce e un altare
in muratura, o una piccola cappella (Centuripe). Il luogo rappresenta la trasposizione
simbolica del Golgota sul quale avvenne la crocefissione di Cristo e si ricollega alla
tradizione dei Sacri Monti dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale. Tuttavia i "calvari"
siciliani si distinguono per essere luoghi ai margini o vicini al centro abitato e santuari
extraurbani, e per l'essere generalmente privi di edifici monumentali essendo ridotti ad un
recinto sacro, un templum che rappresenta quasi una chiesa all'aperto che trova un
corrispondente nella tradizione iberica e forse nella cultura mediterranea.
La presenza, nelle varie manifestazione degli appartenenti alle varie confraternite, che
sono spesso i soggetti organizzatori dei riti. I confratelli sono coperti dal tradizionale abito
penitenziale costituito da tonaca e cappuccio, spesso detto babbalucco
Cuddure
ortodosso. La comunit diPiana degli Albanesi, che conserva lingua, tradizioni e costumi
albanesi, si distingue per il rito greco-bizantino. Nelle celebrazioni liturgiche vengono
utilizzate sia la lingua greca che la lingua albanese. Le manifestazioni religiose, solenni e
ricche di simbolismi, si svolgono lungo tutto lanno ma raggiungono il loro culmine nella
celebrazione della Java e Madhe (Settimana Santa). Tra le varie tradizioni sono da
ricordare alcuni dolci tradizionali: Panaret tipico di Piana degli Albanesi, a forma di cesto
con manico di pasta frolla, Verdht, una sorta di torta, e Vet t kuqe, tipico della
medesima comunit e riscontrabile nei paesi ortodossi della Grecia, ricca di simboli che
richiamano la vita, la fertilit e la Resurrezione.
Tradizioni della religiosit popolare greca. Sono stati infatti riferiti ai giardini di Adone,
utilizzati nel culto pagano del dio morto e resuscitato, i "lavureddi" di grano cresciuto al
buio esposti nei "Sepolcri". Anche la processione della "cerca" stata riferita ad analoghe
manifestazioni religiose in cui Afrodite andava alla ricerca dello sposo/figlio Adone.
Tradizioni precristiane di rinascita primaverile. Tale riferimento del resto comune a tuttao
il mondo cattolico, visto il cristianesimo, fin dalle origini, sovrappose la celebrazione della
Pasqua al il simbolismo dei riti pagani legati al rinnovamento stagionale. Tra questi aspetti:
le fave verdi (Biancavilla, Bronte, Isnello), le fronde di alloro
(Caltavuturo, Cammarata, Naso, Caltabellotta, Forza d'Agr), arancio (Terrasini) e mirto
portati in processione, gli archi addobbati con elementi vegetali (San Biagio dei Platani) gli
alberi, pi o meno simbolici, innalzati (Terrasini), le pertiche (Pietraperzia, Ribera), le
maschere (San Fratello, Prizzi), i dolci rituali, le torce (Alimena, Caltanissetta, Ferla) e i
fal (Leonforte, Sortino).[12][13]Nel caso degli elementi vegetali chiara l'origine da riti di
rigenerazione e di celebrazione della fertilit propiziatoria e della rinascita primaverile
preesistenti al cristianesimo e che interpretano la Pasqua come rigenerazione periodica
dell'anno e della natura attraverso la rappresentazione simbolica del dio salvatore che
muore e rinasce, sconfiggendo la morte ed assicurando la rinascita individuale, il
rinnovamento della natura e l'abbondanza del raccolto.
La Settimana Santa nelle varie localit[modifica | modifica sorgente]
San Fratello. La "Festa dei Giudei" una manifestazione della settimana pasquale molto
insolita, studiata da molti etnologi[14]. Si caratterizza per la presenza dei "Guidei", gruppi
di persone che scorrazzano per il borgo suonando trombe, indossando un'uniforme
colorata e disturbando addirittura le manifestazioni religiose, senza per profferire parola.
Impersonano pi demoni allegri e chiassosi che i carnefici di Cristo e sul loro significato gli
studiosi hanno fatto varie ipotesi. Sciasciavi ha visto una sorta di rovesciamento sociale in
cui oppressi si fingono oppressori.[15]
Prizzi: Ballo dei diavoli. Durante la processione di Pasqua, due "diavoli" e la "morte"
cercano di ostacolare l'incontro tra la Madonna e Ges risorto e sono scacciati dagli
angeli.
Assoro. Il crocefisso portato in processione in vari punti ai margini dell'abitato dove
avviene la benedizione delle campagne, facendo progressivamente ruotare il simulacro
verso i quattro punti cardinali.[16]
Barrafranca.
Biancavilla:Gioved Santo: "I Cruciddi", visita ai tradizionali "Sepolcri" che custodiscono il
SS. Sacramento. Venerd Santo: Dall'alba, la "Cerca" dell'Addolorata, una lunga
processione di sette ore del simulacro cereo di Maria alla ricerca del Figlio lungo le vie
della citt, per le chiese cittadine e i luoghi del dolore. Dal crepuscolo, il corteo dei
"Misteri": un'imponente processione di otto gruppi statuari rievocanti i momenti della
Passione e morte di Cristo, accompagnati a spalla dalle rispettive antiche confraternite in
abiti tradizionali e della Reliquia della Santa Croce. Sabato Santo: "A cascata da tila"
presso la chiesa dell'Annunziata, durante la Veglia pasquale. Domenica di Pasqua: A
mezzogiorno, "'A Paci": l'incontro e il bacio tra i simulacri di Cristo risorto e Maria, alla
presenza del simulacro danzante di Gabriele Arcangelo.
Enna: Settimana Santa di Enna
Caltanissetta: Settimana Santa di Caltanissetta
Trapani: Processione dei Misteri
Ispica: Settimana Santa di Ispica
Aidone: Settimana Santa di Aidone, I santoni di Aidone
Augusta: Settimana santa di Augusta
Prizzi: Ballo dei diavoli
Collesano: Cercha (Collesano)
Riesi: Settimana santa riesina
Ribera: Pasqua a Ribera
Burgio: La Settimana Santa a Burgio
Petralia Sottana: Riti della Settimana Santa a Petralia Sottana
Sommatino: La Settimana Santa e la Scinnenza a Sommatino
Ferla La Santa Pasqua a Ferla
Barcellona Pozzo di Gotto: Le processioni e i Riti della Settimana Santa a Barcellona
Pozzo di Gotto.
I canti pasquali[modifica | modifica sorgente]
In alcuni centri minori della Sicilia (Montedoro[17], Capizzi, Leonforte, Cerami, Tusa Delia,
Alcara li Fusi,[18] Longi) sopravvissuta, sempre con maggior difficolt, una tradizioni di
musica polivocale, che si manifestava nel repertorio di canti tradizionali eseguiti senza
l'accompagnamento strumentale ma semplicemente accordando tra di loro le diverse voci
dei vari cantori che si accavallano nell'esecuzione, in modo simile alla tradizione sarda,
maggiormente conservata e valorizzata e a quella andalusa. Tali canti coprivano un vasto
repertorio ed erano eseguiti in vari occasioni durante l'anno, anche se una rilevanza
particolare assumevano quelli eseguiti durante la Settimana Santa[19].
Un particolare rilievo tra i canti pasquali hanno le "lamentanze", inni di dolore in latino o in
dialetto, cantati da gruppi di giovani cantori, anziani o confratelli (Enna, Caltanissetta,
Bivona).[20].
La Sagra del Mandorlo in Fiore una tradizione popolare che si svolge ogni anno
ad Agrigento nella prima settimana di febbraio, per festeggiare l'anticipo della primavera con il
rifiorire dei mandorli, alla quale partecipano gruppi folkloristici di tutto il mondo.
Storia[modifica | modifica sorgente]
La Sagra nasce nel 1934 a Naro, paese della provincia di Agrigento vicino al capoluogo,
con l'intento di pubblicizzare i prodotti tipici della Sicilia, nella cornice dell'anticipata
primavera e dei mandorli fioriti. Nel 1937 la Sagra si spost ad Agrigento definitivamente e
prese il nome ufficiale diSagra del mandorlo in fiore. La manifestazione comincia ad
arricchirsi dalla partecipazione di gruppi folkloristici locali e stranieri.
Nel 1941 fu sospesa a causa dello scoppio delle seconda guerra mondiale, fino
al 1948 anno in cui rinasce in un susseguirsi di edizioni sempre pi ricche. Nel 1966
funestata dal tragico evento calamitoso della frana di Agrigento.
Nel corso degli anni ha mantenuto il proprio significato culturale di pace tra tutti i popoli
Sampaoloni
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Indice
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1 Storia
2 Descrizione
3 Tradizionale 'Ncuntru dei Sampaoloni con Ges Risorto
4 Conservazione
5 Note
6 Bibliografia
7 Voci correlate
Lorigine dei Sampaoloni viene fatta risalire intorno al 1700, anche se manifestazioni con
persone che rappresentavano gli apostoli erano gi esistenti. Lobiettivo di queste
manifestazioni, organizzate dai Padri Mercedari, era la catechesi popolare.
La denominazione di Sampaoloni data alle statue deriva da san Paolo e la loro
imponenza esalta la grandiosit spirituale e morale degli apostoli.
Le statue derivano dai giganti processionali dellantica tradizione spagnola, ancora oggi
presenti in molte zone della Spagna e usati in occasione di varie festivit, come
a Tarragona per la festa di Santa Tecla, o durante la fiesta Mayor de Reus che si svolge il
giorno di San Pietro a Reus. Grazie alle relazioni politiche e commerciali esistite tra
la Spagna e la Sicilia, la tradizione dei giganti processionali si diffusa anche in Sicilia ed
oggi legata al culto della Vergine, come nel caso dei giganti Mata e Grifone della festa
dellAssunta a Messina e dei giganti Kronos e Mytia della festa della Madonna della
luce di Mistretta. Nei casi dei santoni di Aidone, dei santoni
di Barrafranca, Aragona, Caltagirone, e dei Sampaoloni di San Cataldo, le statue
rappresentano gli apostoli e sono protagoniste delle rappresentazioni della domenica di
Pasqua.
Descrizione[modifica | modifica sorgente]
Apostolo Pietro con la chiave del Regno dei Cieli e le Lettere di Pietro
I Sampaoloni sono alti tre metri e costituiti da una struttura fatta da unintelaiatura di ferro.
La testa e gli arti superiori vengono attaccati al busto che la struttura portante della
statua, la quale viene sostenuta da un portatore. Dei portatori sono visibili solo gli occhi,
grazie ai fori che permettono loro di guardare allesterno, e le gambe, che animano la
statua. Allesterno le statue sono rivestite con tuniche di diverso colore, decorate con
merletti e mantelle che ricordano la sfarzosit spagnola, e ciascuna statua porta al petto
una targa con il nome dellApostolo.
Tradizionale 'Ncuntru dei Sampaoloni con Ges Risorto[modifica | modifica sorgente]
Scacciapensieri
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Un moderno scacciapensieri.
Informazioni generali
Classificazione
121.2
Idiofoni a pizzico
Utilizzo
Musica dell'antichit
Musica tradizionale dell'Europa Meridionale
Ascolto
MENU
Il marranzano detto
anche scacciapensieri (marranzanu in siciliano, malarruni in calabrese oSa
Trunfa in sardo ) uno strumento musicale idiofono costruito da una struttura di metallo
ripiegata su s stessa a forma di ferro di cavallo in modo da creare uno spazio libero in
mezzo al quale si trova una sottile lamella di metallo che da un lato fissata alla struttura
dello strumento e dall'altro lato libera.
Lo strumento si suona ponendo l'estremit con l'ancia libera poggiata sugli incisivi (senza
stringere troppo) e pizzicandolo la lamella con un dito mentre si cambia la dimensione
dellacavit orale per regolare l'altezza dei suoni che pu avvenire anche per mezzo di
diversi posizionamenti della lingua. L'oggetto dovrebbe diventare un tutt'uno con il corpo
del musicista. Bisogna per fare attenzione a non urtare la lamella contro i denti, poich
potrebbe procurare danni permanenti; inoltre, suonare lo scacciapensieri per un lungo
periodo danneggia comunque i denti con il rischio di dolori. Per sicurezza, un altro modo
per suonare uno scacciapensieri quello di posizionare l'ancia libera davanti ai denti
senza stringerla.
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I riti della Settimana Santa di Barcellona Pozzo di Gotto (Sumana Santa in siciliano) sono una
manifestazione religiosa popolare tipica.
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1 Origini
2 Gli Eventi
3 Le Vare
3.1 Tipologia
4 Galleria di immagini
5 Note
6 Voci correlate
I riti della "Sumana Santa" o "Santa Sumana" trovano fondamento nella storia della Sicilia
spagnola 1516 - 1713 quando l'intera isola soggetta alla dominazione della Corona d'Aragona, unita
al Regno di Napoli passa sotto la giurisdizione della Corona di Spagna. Nel 1571 i Pozzogottesi
ottengono dalla Gran Corte Arcivescovile di Messina l'autorizzazione a eleggere il loro Cappellano
di stanza a San Vito senza pi dipendere dall'Arcipretura di Milazzo. La prima processione
effettuata nel 1621 come moto di protesta verso i Giurati della citt di Milazzo, alla cui
giurisdizione Pozzo di Gotto dipendeva politicamente e fisicamente costituendone una lontana
frazione e come voto e promessa per rompere il legame di subordinazione vincolo, che sar
definitivamente interrotto il 22 maggio 1639. Inizialmente portato in processione il Catafalco col
Cristo Morto, in seguito saranno 5 i simulacri che raffigurano alcuni Misteri rispettivamente:
l'Orazione nellOrto di Getsemani, il Signore alla colonna, la Caduta, il Signore con la Croce,
lUrna. Successivamente sar aggiunto il simulacro dell'Addolorata e via via, altre scene
rappresentative delle Stazioni della Via Crucis fino a raggiungere il numero attuale. Una prima
sospensione della Sacra Rappresentazione avviene in seguito ad un evento sismico, conosciuto
come il Terremoto della Calabria meridionale del 1783, in seguito al quale i gruppi statuari subirono
notevoli danneggiamenti. L'interruzione si prolunga fino al 1800 e nel 1801 organizzata
un'analoga processione nel nucleo di Barcellona. La frazione a occidente delLongano a sua volta
dipendeva dalla giurisdizione di Castroreale e aveva gi seguito l'esempio della comunit vicina
ribellandosi ai Giurati Castrensi facendo riconoscere in campo ecclesiale la propria indipendenza.
L'autonomia del casale di Barcellona deliberata dal Parlamento Siciliano, riconosciuta dal Re il 15
maggio 1815 e ratificata in Vienna il 28 febbraio 1823 da ReFerdinando I delle Due Sicilie.
L'unione amministrativa Decretata il 5 gennaio 1835 entra in vigore il 1 giugno 1836 per volere di
Re Ferdinando II delle Due Sicilie, decidendo che il nuovo comune formato dalla fusione delle due
antiche contrade portasse il nome completo di Barcellona Pozzo di Gotto. Da allora Barcellona
Pozzo di Gotto possiede due Arcipreture e vanta in occasione del Venerd Santo due distinte
processioni, percorsi e cortei. Durante la Guerra di Crimeanel 1854 scoppia in Europa una violenta
epidemia di colera che ben presto supera i confini delle Alpi e sconvolge tutto l'arco della Penisola
ma, pure vero che due navi inglesi provenienti dall'india contagiarono l'intero Nord Europa,
raggiungendo tassi altissimi di mortalit nelle provincie diMessina e Palermo. Anche in
quest'occasione non sono effettuate le celebrazioni per il timore di contagi dovuti a numerosi
focolai.
Dell'influenza spagnola restano chiare impronte persino nella definizione etimologica: dalla
spagnola Semana Santa alla locale Sumana Santa. Non i fasti barocchi della Settimana Santa di
Siviglia o di Malaga o di Cordova o di Granada, non gli incessanti cortei processionali sempre di
chiara matrice iberica di Trapani o Enna o Caltanissetta ma, una delle pi suggestive e per numero
di simulacri, sicuramente la pi ricca e variegata.
Il drappello dei Giudei scorta l'Urna del Cristo Morto di Pozzo di Gotto.
Il drappello dei Giudei scorta l'Urna del Cristo Morto di Pozzo di Gotto.
Mercoled Santo: Rito dellEcce Homo e incontro dei Visillanti di Barcellona e Pozzo di Gotto,
presso la Chiesa di Ges e Maria a Pozzo di Gotto.
Gioved Santo: in tutte le chiese Messa in Coena Domini con rito della lavanda dei piedi,
processione degli Apostoli e visita agli Altari della Reposizione impropriamente detti Sepolcri.
Barcellona
Cena 1801 (bottai, agrumai e
spiritari)
Signuri all'Ortu (carpentieri e
carrettai)
Pritoriu di Pilatu
Signuri Colonna (fabbri)
L'Accia Omu (Confraternita
dell'Immacolata)
Signuri c Cruci (broccai e
vasai)
Pozzo di Gotto
Cena (carpentieri, falegnami)
Signuri all'Ortu (villici e sodalizi
cattolici)
Signuri Colonna
L'Accia Omu 1621 (Confraternita
di Sant'Eusenzio)
Signuri c Cruci
Signuri 'ncontra Marta, Maria e
Maddalena (circoli ricreativi)
Giudei
L'Addolorata
Le tavolate di San Giuseppe sono una tradizione popolare siciliana. Consistono in alcune tavole
imbandite di cibarie di vario genere, offerte comeex voto a San Giuseppe durante i festeggiamenti
del 19 marzo, festa del pap.
una vera e propria arte culinaria diffusa nei paesi dell'entroterra
La Santa Cruci
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1 Storia
2 Feste antiche
3 Principali eventi
4 Altri eventi tradizionali e folcloristici
5 Note
6 Bibliografia
7 Voci correlate
8 Altri progetti
9 Collegamenti esterni
Durante il lungo Medioevo siciliano (durato fino alla fine del XVIII secolo da un punto di
vista economico epolitico) ebbero una rilevante importanza per la stabilizzazione di un
equilibrio sociale le feste cittadine (quasi tutte di carattere religioso), contro le traversie e le
sofferenze quotidiane causate dalle frequentissime carestie ed epidemie[1].
Le tipiche giornate di festa a Bivona iniziavano con gli scoppi dei mortaretti, il rullo
dei tamburi e il suono delle campane, continuavano con un pranzo tipico e con la
processione del fercolo del santo festeggiato nell'occasione, accompagnato dalla folla,
dalle comunit religiose e dalle confraternite che mostravano i rispettivi stendardi e poteva
concludersi con qualche particolare manifestazione (il gioco di fuoco o il palio)[1]. La
dimensione festiva, pertanto, non si poneva in contrasto con quella lavorativa, ma ad essa
era legata e connessa.
Il numero di giorni festivi presenti in calendario divenne cos eccessivo che nel XVII
secolo i vescovi furono costretti a sopprimerne alcuni[2]. Questo gran numero di festivit,
pertanto, aveva dei riflessi non solo spirituali e strettamente religiosi, ma soprattutto
sociali, soprattutto per motivicommerciali[2].
A causa del decadimento delle chiese e delle confraternite bivonesi, molte feste cittadine
persero visibilit; altre, invece si imposero nel tempo. NelXVIII secolo le numerose feste
celebrate in Bivona si ridussero a semplici commemorazioni religiose. A far perdere
ulteriore importanza ad alcune ricorrenze contribu soprattutto l'espulsione dei gesuiti,
ordine religioso che ne curava i festeggiamenti[3].
Feste antiche[modifica | modifica sorgente]
Gli eventi tradizionali e folcloristici che, durante l'anno, coinvolgono la popolazione locale
sono i seguenti:
San Giuseppe, 19 marzo
Il giorno di San Giuseppe (19 marzo) molte famiglie devote allestiscono la Tavulata di
Sanciseppi: come "per grazia ricevuta", imbandisconotavolate ricolme di tutte le specialit
gastronomiche locali. Nell'occasione vengono ospitate le famiglie bisognose.
Settimana Santa, a partire dal Gioved Santo
Il rito particolare della quaresima, della settimana Santa e della Pasqua risale almeno
al 1570, quando l'universitas di Bivona previde un'ingente somma per un predicatore
quaresimale, invitato annualmente da qualche altra citt; si trattava quasi sempre di
un sacerdote del clero regolare[11]. Il giorno del Gioved Santo ha inizio il triduo pasquale:
la statua del Cristo viene portato in processione. Il Venerd Santo, di mattina, dalla chiesa
di Santa Chiara (sita nella parte meridionale del paese) ha inizio la processione della
statua dell'Addolorata. Davanti la chiesa madre avviene l'incontro tra la Madonna
Addolorata e Ges Cristo. La processione si conclude con la crocifissione al Monte del
Calvario (sito nella parte alta). La sera il Cristo viene deposto in un'urna e, seguito
dall'Addolorata, viene portato nella chiesa di Santa Chiara. Durante la processione viene
intonato il populu me (O mio popolo), un tradizionale canto sotto forma di lamento.
Uno dei canti siciliani pi celebri intonati durante la Settimana Santa, Maria passa di la
strata nova, nato proprio a Bivona: la strata nova (strada nuova) era il nome con cui
veniva indicata l'attuale via Lorenzo Panepinto[12].
Madonna di l'Ogliu, Pasquetta
Il luned di Pasquetta Bivona festeggia la Madonna dell'Olio, la cui festa risale al XVI
secolo, anche se le pi antiche notizie pervenuteci risalgono alSeicento[8]. Di mattina si
celebra la Messa solenne al Santuario della Madonna dell'Olio (o, in bivonese, Madonna
di l'Ogliu); di pomeriggio si porta in processione il simulacro della Madonna partendo dalla
zona dello stadio comunale e fino ad arrivare in chiesa madre. La statua rimane in paese
per tutto il mese di maggio; a giugno viene riportata nel santuario, a circa 3 km da Bivona,
nei pressi della diga Castello.
Madonna di la Sprescia, 30 maggio
Il mese di maggio (mese mariano) dedicato in particolar modo alla Madonna di la
Sprescia: ogni giorno viene recitato il rosario presso la cappella e a fine mese, solitamente
giorno 30, viene celebrata la messa conclusiva. Sull'altare arde sempre una lampada ad
olio, fornita dai fedeli che periodicamente si recano presso la cappella.
Santa Rosalia, 4 settembre
La festa di Santa Rosalia, patrona di Bivona, pu farsi risalire almeno al XIV secolo,
quando verosimilmente vennero fondate la chiesa e la confraternita[8]; assunse in paese
grande importanza dal 1624, anno in cui vennero ritrovate le spoglie di santa
Rosalia sul monte Pellegrinoa Palermo[13]. La festa si svolge la prima settimana di
settembre, ma il giorno principale il 4 settembre: in questo giorno viene uscito il
"preziosissimo Fercolo" (o Vara) di Santa Rosalia e viene portato in processione,
accompagnato dalla banda musicale, per le vie del paese (con fuochi pirotecnici serali e
una fiera).
San Francesco d'Assisi, 4 ottobre
La festa di San Francesco dura tre giorni (2-3-4 ottobre). Nella giornata conclusiva si
svolge la processione, che inizia e termina al convento dei Cappuccini, dopo aver
attraversato gran parte del paese.
Altri eventi tradizionali e folcloristici[modifica | modifica sorgente]
Indice
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1 Storia
2 Eventi
3 feste antiche
4 Altre tradizioni
5 Note
6 Bibliografia
7 Voci correlate
8 Collegamenti esterni
Tra i culti pi antichi vi quello della Madonna degli infermi, protettrice del paese, la cui
festa si celebra durante la seconda domenica di luglio. La Madonna raffigurata in una
statua lignea custodita nella chiesa madre del paese, scolpita nel 1585 da Nicol
Buttafuoco, che secondo la tradizione sarebbe del legno di un albero dalle cui radici
sgorgava acqua miracolosa[1]..
Una tradizione pi antica vede come patrona di Raffadali santa Oliva.[2].
Eventi[modifica | modifica sorgente]
Natale: durante il Natale vengono cantate le novene intorno ad una nicchia di sparacella
con bambagia e arance. Di seguito inizia la pastorale, piccola recita teatrale con Nardo un
pastore pasticcione. tradizione mangiare i purciddati, strudel riempiti con fichi secchi e
mandorle triturate e il pane con i fichi.[2].
Carnevale: con sfilate di carri allegorici e gruppi per le vie del paese e balli in maschera su
via Nazionale, dal sabato al marted grasso. Tradizionalmente vengongono preparati
gli spingi (frittelle di pasta di farina e uova, o in alternativa di purea di patate, fritte in
abbondante olio e addolciti con zucchero o miele) e la pignulata (dolce di pasta di farina e
uova di forma cilindrica e dello spessore di un dito, fritto in olio e mescolato con zucchero
riscaldato).
Pasqua: il venerd santo si svolgono rappresentazioni teatrali sacre su un palcoscenico
stabile allaperto. Tradizionalmente viene preparato u panareddu cu l'ovu (pasta di farina a
forma di panierino con un uovo di gallina al forno).
Festa patronale della Madonna degli Infermi, risalente al 1479 in seguito alla visione della
Madonna che sarebbe stata vista in sogno da un religioso e avrebbe salvato il paese da
una pestilenza. La Madonna avrebbe poi protetto il paese dalle altre epidemie e dal
La Varia di Palmi
Vara un termine utilizzato in Sicilia e in alcune regioni dell'Italia del sud per indicare
il carro trionfale su cui vengono posti statue odipinti di Santi per essere portati
in processione.
Il termine, in linea generale, corrisponde a quello di fercolo in uso nella lingua italiana.
Ve ne sono di diversi tipi: i carri diffusi in provincia di Palermo, come quello impiegato per
la festa di Santa Rosalia a Palermo, sono grandi strutture in legno della forma di una nave,
ricoperte da tessuti variopinti e sul cui ponte si trovano, generalmente, il coro o la banda
musicale e i membri del clero.
Ad Altavilla Milicia sul carro viene montata, l'8 settembre in occasione della festa
della Madonna, una colorata torre in legno e cartapesta, alta circa 20 m, che svetta sui tetti
delle case con l'icona della Vergine Maria, quadro di scuola giottesca, in cima. Esso, come
da tradizione, viene trainato dai buoi e dalle vacche per le vie del paese. I carri trionfali
vengono seguiti da migliaia di fedeli in festa.
Nella Sicilia centrale, notevole, ad Enna la Nave d'Oro, del 1590 rivestita
in oro zecchino, su cui la statua della patrona, Maria SS. della Visitazione, viene
trasportata dal Duomo alla Chiesa di Montesalvo a spalla da 124 confrati, in occasione
della Festa della Madonna della Visitazione del 2 luglio. Altrettanto famose, se non di pi
le 16 vare della Settimana Santa di Caltanissetta raffiguranti altrettante scene
della Passione di Cristo.
La citt di Messina vanta possedere uno dei pi celebri e antichi carri devozionali esistenti
in Europa, laVara dell'Assunta, portata in processione ogni anno il 15 agosto. Si tratta di
un imponente apparato che si sviluppa in altezza e che narra attraverso diversi personaggi
la morte della Vergine e la sua assunzione in cielo. La sua costruzione rimonta al XVII
secolo, ma stata pi volte rimaneggiata e restaurata, sostituendo i personaggi,
anticamente rappresentati da bambini, con figure di cartapesta.
A tutt'oggi per vi un carro devozionale, simile per significato e per aspetto a quello di
Messina, nel quale i figuranti sono viventi ed la Varia di Palmi.
La Provincia di Catania possiede un vastissimo patrimonio di vare, da quelle classiche a
sei o a quattro colonne, in legno o argento, a quelle pi caratteristiche, come la Vara
dell'Assunta di Randazzo, che si innalza per 18 metri di altezza.
Nel catanese sono dette varette (piccole vare) anche le caratteristiche candelore, dei
grossi ceri votivi appartenenti a circoli o classi sociali trasportati per mezzo di artistiche
costruzioni lignee dalle forme baroccheggianti.
In alcune localit etnee della provincia di Catania la vara utilizzata il Venerd Santo per
portare in processione il Cristo Morto chiamata cataletto.
Galleria fotografica[modifica | modifica sorgente]
Le Candelore di Catania
Vara lignea con foglia d'oro, per il Cristo morto. Opera di autore ignoto del 1850, processione del Venerd Santo aCatenanuova (EN)
Il fercolo ligneo di San Giuseppe, opera del secolo XVIII - Santa Maria di Licodia (CT)
Vara di Messina
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La Vara di Messina un grande carro votivo dedicato alla Madonna Assunta e che viene
portato in processione il 15 agosto di ogni anno.
Il termine "vara" la traslitterazione di "bara", che sta ad indicare la bara dove giaceva il
corpo dellaDormitio Virginis (la Madonna Dormiente). La Vara alta circa 20 metri e pesa
sulle 10 tonnellate, viene portata in processione da centinaia di fedeli tramite delle lunghe
corde (gomene) che servono a farla trainare. Dette gomene lungue poco pi di cento metri
sono tirate all'inizio da due gruppi di persone, rigorosamente di due rioni messinesi
(Giostra e Muricello), che fanno capo ai rispettivi capi corda; fino a qualche anno fa
indossavano delle magliette di diverso colore (Blu e Marrone) ma adesso sono
semplicemente di colore blu in onore della Madonna. Fino al primo decennio del
dopoguerra gli angioletti della vara erano impersonati dai bambini (spesso orfani degli
istituti messinesi) mentre la Madonna in cima alla Vara era una ragazza scelta per
sorteggio. A seguito dei numerosi incidenti che alcune volte finivano in autentiche disgrazie
(con la morte di qualche partecipante al carro votivo) si provveduto a diminuire l'altezza
della Vara e sostituire i personaggi con figure di cartapesta. Tra i momenti pi seguiti e
suggestivi la cosiddetta "girata" cio quando la Vara si immette dalla Via Garibaldi in via I
settembre per giungere in Piazza Duomo, e a seconda della riuscita della manovra si
traggono aupici per tutto l'anno a seguire. Oltre la partenza, per quanto possa essere
entusiasmante, non riesce a trasmettere tutte le sensazione dell'entrata della Vara in
Piazza Duomo dove attesa da migliaia di messinesi.
La festa della Madonna Assunta a Messina rappresenta il momento di massima
espressione religiosa da parte del popolo, nonostante la festa patronale sia quella
della Madonna della Lettera il 3 giugno.
La Bara va veduta mentre in movimento; ferma, non pi che una pallida ombra di s stessa
(Giuseppe Pitr)
Zampogna
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Zampogna
Informazioni generali
Origine Italia
Classificazione Aerofoni a serbatoio d'aria
Utilizzo
Musica folk
Zampogna romana alla serrese durante la festa di San Rocco a Pazzano(RC)
Duo di Zampogna e pipita in Calabria
Lo zuccu, o zuccata, un fal che viene acceso ritualmente la Vigilia di Natale sulle piazze di
molte citt della Sicilia orientale. Questa tradizione ha probabilmente origini pagane e deriva dai
fuochi che venivano accesi anticamente in occasione del solstizio dinverno. In alcuni paesi, prima
dellaccensione, la catasta di legna viene benedetta da un sacerdote alla presenza del sindaco.
Attualmente si tengono ceppi natalizi presso:
Aci Platani[1]
Acireale[2]
Altarello
Belpasso[2]
Bongiardo[3]
Carrabba
Ficarazzi
Giarre (piazza Duomo, piazza De Andr, villa san Francesco, via Callipoli presso chiesa di
Lo zuccu di Giarre
Stato
Italia
Proclamato nel 2001
Inserito nel 2008
Lista Lista rappresentativa del patrimonio
Settore Arti dello spettacolo
Scheda UNESCO (AR, EN, ES, FR) 00011
L'Opera dei Pupi (pra d Pupi in siciliano) un tipo di teatro delle marionette[1], i cui
protagonisti sono Carlo Magno e i suoi paladini. Le gesta di questi personaggi sono
trattate attraverso la rielaborazione del materiale contenuto nei romanzi e nei poemi
del ciclo carolingio. Le marionette sono appunto dette pupi (dal latino "pupus" che significa
bambino). L'opera tipica della tradizione siciliana dei cuntastori (da non confondere con i
"cantastorie" che narravano fatti di cronaca).
L'Opera dei Pupi si afferm nell'Italia meridionale: nella prima met del XIX secolo a
Napoli, grazie a Giuseppina dErrico, chiamata "Donna Peppa"[2] e in Sicilia, tra la
seconda met del XIX e la prima met del XX secolo.
Nel 2008 l'UNESCO ha iscritto l'Opera dei Pupi tra i Patrimoni Orali e Immateriali
dell'Umanit, dopo averla originariamente proclamata nel 2001. stato il primo
Patrimonio italiano a esser inserito in tale lista.
Indice
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1 Il pupo e i
l puparo
2 L'Opera oggi
3 Nelle citt
3.1 Palermo
3.2 Messina
3.3 Catania
3.4 Provincia di Catania
3.4.1 Acireale
3.4.2 Giarre
3.4.3 Caltagirone
3.4.4 Randazzo
3.5 Siracusa
3.6 Barletta
4 Bibliografia
5 Note
6 Voci correlate
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni
Riccamente decorati e cesellati, con una struttura in legno, i pupi avevano delle vere e
proprie corazze e variavano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza
in palermitani ocatanesi. La differenza pi evidente stava nelle articolazioni: leggeri e
snodabili i primi (comunque difficili da manovrare), pi pesanti e con gli arti fissi i secondi
(ma pi semplici da manovrare).
Il puparo, curava lo spettacolo, le sceneggiature, i pupi, e con un timbro di voce particolare
riusciva a dare suggestioni, ardore e pathos alle scene epiche rappresentate. I pupari, pur
essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de
Roland, la Gerusalemme liberata e l'Orlando furioso.
Ogni pupo rappresentava tipicamente un preciso paladino, caratterizzato per la corazza ed
il mantello e gli spettatori usavano parteggiare per uno.
Generalmente si contrapponevano, fra tutti, i sostenitori delle due figure pi amate:
Orlando
Rinaldo
altre figure di rilievo:
Carlo Magno
Angelica
Gano di Maganza (il traditore)
i saracini (saraceni):
Rodomonte
Mambrino
Ferra
Agramante
Marsilio
Agricane
Gli esperti e gli appassionati conoscono anche Peppininu, la maschera popolare catanese
scudiero di Orlando e Rinaldo.
Spesso la rappresentazione, si chiudeva con la farsa, uno spettacolo di marionette di tono
licenzioso e buffo, con temi tratti dai personaggi delle tradizioni favolistiche siciliane.
A volte i pupari, per trasmettere contenuti non graditi alle autorit si servivano di un gergo
(comune ai malavitosi) detto baccagghiu (baccaglio).
L'Opera oggi[modifica | modifica sorgente]
La compagnia pi importante quella dei fratelli Napoli[4], fondata a Catania nel 1921 da
Gaetano Napoli e oggi, giunta alla sua quarta generazione, senza interruzioni, rappresenta
la pi significativa realt del tradizionale teatro dei pupi di tipo catanese. Alla
Marionettistica Fratelli Napoli dedicato il Museo e teatro dei Pupi Siciliani alla Vecchia
Dogana, in via Beato Cardinale G. B. Dusmet 2. Al museo sono esposti i pi antichi
esemplari di marionette e sono proposti spettacoli e laboratori didattici curati dai fratelli
Napoli [5].
Provincia di Catania[modifica | modifica sorgente]
Acireale[modifica | modifica sorgente]
Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo dell'Opera dei Pupi Turi
Grasso sito in via nazionale nella frazione Capomulini di Acireale. Inoltre in centro citt,
nella via Alessi presente un Teatro dell'Opera dei Pupi dedicato a Emanuele Macr dove
si tengono ancora spettacoli. Emanuele Macr fu salvato, ancora infante, dalle macerie del
terremoto di Messina, dal puparo e amico di famiglia l'acese Mariano Pennisi che accorse
a Messina da Acireale proprio per andare a soccorrere i Macr. Emanuele fu l'unico
sopravvissuto della famiglia (aveva 13 mesi) e venne accudito come un figlio da Pennisi.
In seguito apprese l'arte dal maestro Pennisi e divent famoso in tutto il mondo per i suoi
tour.
Giarre[modifica | modifica sorgente]
A Giarre presente un museo-teatro dell'Opera dei Pupi nella sede della Pro loco. Gli
spettacoli vengono rappresentati su richiesta a cura della compagnia Zappal.
Caltagirone[modifica | modifica sorgente]
Nel 1882, in uno scantinato di via Mario Minniti, allora "vanedda Spata", Francesco Puzzo
costru il suo primo pupo. Fu lui a creare il teatrino Eldorado di via Maestranza, con l'aiuto
del puparo Giuseppe Crimi che gli dipinse il sipario per il nuovo teatro. Il Puzzo cre
successivamente il Teatro Bellini che spost in molte sedi in citt oltre che in provincia,
agendo fino al 1917,quando i figli Ernesto, Giuseppe, Luciano e Salvatore ne seguirono le
orme. Ernesto Puzzo, nel 1924 tenne a battesimo il Teatro Eden di Via Gemmellaro, che
ospit il grande attore e puparo catanese Giovanni Grasso, e successivamente, nel 1928,
il Teatro San Giorgio di via Dante, oggi via dei Santi Coronati, a Siracusa. L'attivit di
Ernesto dur fino al 1947 mentre il fratello Luciano oper o Noto fino al 1937 quando
scomparve. I pupi di Luciano, ceduti agli imprenditori siracusani Andrea Bisicchia e Carlo
Pulvirenti, che nell'immediato dopoguerra gestirono un teatrino poi affidato a Ernesto
Puzzo, andarono a un non identificato puparo di Modica, mentre il materiale
marionettistico di Ernesto, nel 1957, fu rilevato dal puparo sortinese Ignazio Puglisi.
Francesco Puzzo che era nato a Siracusa nel 1857 si spense nel 1937. Ernesto
Puzzo,nato nel 1891 si spense nel 1965.[6]
L'incontro nel 1926 con Rosario Vaccaro, giovane apprendista, consolida l'opera di pupi di
Siracusa.
Nel 1978 i fratelli Rosario e Alfredo Vaccaro, con l'ausilio degli attori della locale
Televisione Video Regione e la presentazione ufficiale dello storico Giuseppe Guarraci e
dell'avv. Corrado Piccione, memoria storica siracusana, iniziano la loro attivit che segna
la ripresa dell'opera dei pupi a Siracusa. La famiglia Vaccaro per molti anni ha dato vita ai
pupi nella citt aretusea; attivi e collegati ai Vaccaro sono i fratelli Mauceri. La famiglia
Vaccaro-Mauceri gestisce un Piccolo Teatro dei Pupi, oltre ad una bottega e ad un
museo, aperto grazie a sovvenzioni europee[senza fonte].
Nella provincia di Siracusa sono presenti altre compagnie, tra cui quella dei Puglisi di
Sortino[7], guidata dall'ultimo discendente dei Puglisi, Ignazio Manlio Puglisi, che effettua
rappresentazioni riguardanti episodi tratte dalle pi note edizioni cavalleresche popolari
del XIX e XX secolo.
Tutto il materiale storico della Famiglia Puglisi conservato nel Museo Civico dell'opera
dei Pupi di Sortino "Fondo Don Ignazio Puglisi".
Dell'esperienza di pupari nella citt pugliese rimane una ricca collezione di pupi di diverse
dimensioni ospitata nel museo civico.
Pianta della Processione del Venerd Santo ad Enna: A indica il Duomo, da dove la processione si snoda lungo la linea verde (via Roma, via Libert, viale Diaz). B
il piazzale del Cimitero dove avviene la benedizione, per poi ripartire in processione lungo la linea verde come indicato dalle frecce, e fino al Duomo.
Indice
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1 Storia dell
2 Le confraternite
2.1 Struttura delle confraternite ennesi
2.1.1 Il Rettore della confraternita
2.1.2 L'amministrazione dei beni
2.2 Le sette risorgimentali celate nelle confraternite
2.3 La nascita del Collegio dei Rettori
2.3.1 Tutte le processioni annullate o sospese nel passato
3 I simboli della Settimana Santa ennese
3.1 L'abbigliamento del confrate
Anche se le prime confraternite ennesi sorsero gi nel Basso Medioevo, fu il XVII secolo a
segnare un loro notevolissimo incremento, addotto con ogni probabilit dall'avvento
dell'influsso spagnolo[1] sull'intera Sicilia, ma anche dalla cosiddetta controriforma
cattolica che la Chiesa Romanapromosse a seguito delle predicazioni
d'ispirazione protestante di Martin Lutero.
Fu proprio la dominazione degli Spagnoli - che governarono l'Isola dal XV secolo fino
al 1700 - a favorire la proliferazione delle confraternite, nate sulla base
delle confradias iberiche, a quei tempi vere e proprie congregazioni che esercitavano,
grazie agli ampissimi poteri e privilegi loro conferiti dai re spagnoli, un ruolo sociale ed un
potere sul popolo assai significativo. I sovrani, fortemente legati alla Chiesa e alle sue
ramificazioni sul territorio, concedevano sovente i titoli regali alle confraternite pi grandi o
pi prestigiose, che furono in grande numero, anche ad Enna, insignite delle onorificenze
di Venerabile, Regale, Nobile e Lata.
Le confraternite[modifica | modifica sorgente]
Abito
Confraternita
Storia
Scopo
Ora di
adorazione
la pi antica delle
confraternite ennesi e fu
fondata
dai frati basiliani, fra
Aiutare i confrati Alle 19
Santissimo
contadini, agricoltori e
ammalati ed
dellaDomenica
Salvatore
gabellieri. Nel 1672 le fu
indigenti.
delle Palme.
conferito il privilegio di
portare a spalla in
processione l'urna con
il Cristo morto.
Lo scopo sociale
Costituito subito dopo la principale era
scomparsa dei Templari, quello di curare i
Maria
rappresentava mugnai e malati di peste e i Alle 18 del
Santissima La
panettieri. La chiesa
derelitti in epoche luned santo.
Nuova
antica era infatti Sede
in cui gli ospedali
dell'ordine deiTemplari. erano pressoch
assenti.
Nacque dalla fusione di
tre confraternite:
Passione di San
Giuseppe, San Girolamo
e Santa Apollonia. Fra i Avvicinare i laici Alle 18 del
San Giuseppe
privilegi che le sono stati alla chiesa.
marted santo.
conferiti vi quello di
portare a spalla la statua
della Madonna il giorno
di Pasqua.
Fondata nella Chiesa di
Assistere i
San Bartolomeo, ader
condannati a
alla Compagnia della
morte e poterne
morte della quale porta
graziare tre ogni
Anime Sante le insegne: un teschio su
Alle ore 17 del
giorno 2
del Purgatorio due femori incrociati.
marted santo.
novembre in
Due suoi confrati hanno
occasione della
il privilegio di portare in
commemorazione
processione le insegne
dei defunti.
della citt di Enna.
Costituita con bolla del
vicer di Sicilia, nel
Aiutare i poveri
Alle 18
Santissima
corso dei secoli le sono durante la loro
dellaDomenica
Passione
stati attribuiti molti
vita e tumularli da
delle Palme.
privilegi fra i quali si
morti.
ricordano la scorta
Anno di
fondazione
1261
1308
1580
1615
1660
dell'urna di Cristo e il
portare in processione le
tavole dei misteri.
Santissimo
Sacramento
Fondata dall'aristocrazia
venne apparentata alla
confraternita dei
Bianchi.
Assistere i vivi
bisognosi e di
seppellirli da
morti.
Maria
Santissima
Immacolata
Costituita da artigiani e
commercianti, sorse
dalla fusione delle
confraternite
di sant'Orsolae dei
cordigeri.
Alle 17 del
luned santo.
L'assistenza ai
poveri vivi e la
Costituita per la prima
loro sepoltura da
Maria
volta nel 1552. Scioltasi
Alle 17
morti. Solo i suoi
Santissima del e poi ricostituitasi, la sua
dellaDomenica
confrati
Rosario
rifondazione attuale
delle Palme.
appartenenti alla
risale al 1785.
nobilt avevano
questo privilegio.
Costituita fra gli
agricoltori, prese il nome Compier opere di
Maria
Alle 9,30 di
della Madonna di
carit in favore
Santissima di
mercoled
Valverde,
dei bisognosi e
Valverde
santo.
l'antica patrona della
dei derelitti.
citt.
Fondata da agricoltori e
contadini per avere la
facolt di partecipare, a
pieno titolo, alle funzioni
della settimana santa. I Alleviare le
suoi confrati
sofferenze dei
Alle 16 di
Spirito Santo
appartenevano infatti a poveri e
marted santo.
gente di modesto livello diseredati.
che non era tenuta in
grande considerazione
dalle confraternite allora
esistenti.
Costituita
dall'unificazione di altre
Maria
tre confraternite di
Dedicarsi ad
Alle 16 del
Santissima
origine agostiniana, ebbe
opere pie.
luned santo.
delle Grazie alterne vicende e fu pi
volte sciolta e
ricostituita.
1687
1699
1785
1799
1800
1835
Sacro Cuore
di Ges
Maria
Santissima
della
Visitazione
Maria
Santissima
Addolorata
Santissimo
Crocifisso
diPergusa
Sant'Anna
Venne fondata da
lavoratori
delle miniere dizolfo che
si trovavano numerose
nellaprovincia di Enna,
Alle 10,30 del
presso la chiesa di san
La cura dei poveri
mercoled
Paolino. Nel corso degli e degli infermi.
santo.
anni ha dovuto cambiare
spesso la sua sede, ma
ultimamente ha la sua
sede presso la chiesa di
Santa Maria del Popolo.
Intitolata alla santa
Testimoniare il
patrona della citt. Fra i
culto di Maria
suoi privilegi vi quello
Santissima della Alle 11 del
di sfilare nella
Visitazione e
luned santo.
processione di luglio in
delle anime
onore della santa patrona
defunte.
della citt.
Costituita dai
rappresentanti di arti e
mestieri del capoluogo,
ha la sua sede nella
La divulgazione Alle 11,30 del
chiesa omonima. Fra i
del sacramento
mercoled
suoi privilegi vi quello dell'eucaristia.
santo.
di portare in processione
l'effigie della Madonna
dei Sette Dolori.
Tra le pi recenti ad
essere fondata,la
confraternita nacque
fuori dalla citt, nel
villaggio di Pergusa, fra i
devoti del Ges del
Alle 18:00
lago (Signuruzzu du
L'adorazione di
dellaDomenica
lacu). I suoi confrati, per Ges in croce.
delle Palme.
il loro vestiario,
ricordano da vicino le
confraternite spagnole
alle quali peraltro si
rifanno tutte e sedici le
confraternite di Enna.
Ultima ad essere
Divulgare la
costituita fra le
devozione a
confraternite nasce nel santAnna,
Alle 09:30 del
marzo 2011. Ha la sua Mater Matris
luned santo.
sede nella nuova chiesa Dei, favorire fra
di Sant'Anna, nella parte i confrati la
bassa della citt, Enna
vocazione
1839
1874
1875
1973
2011
universale alla
Bassa per l'appunto. I
santit e compiere
suoi confrati indossano
opere di carit nei
una mantella marrone e
confronti dei
uno scapolare dorato.
bisognosi.
Struttura delle confraternite ennesi[modifica | modifica sorgente]
Il Rettore della confraternita[modifica | modifica sorgente]
La stessa gerarchia delle confraternite testimoniava il loro potere sul territorio, molto pi
radicato ed esteso rispetto finanche a quello regale: a capo di ciascuna congregazione
veniva eletto il membro pi anziano, al quale venivano automaticamente conferiti ampi
privilegi. Egli infatti era detto Rettore della confraternita, e gli erano riconosciuti i titoli
d'onore di Monsignore, Procuratore, Governatore, e rientrava a far parte di diritto
del Civico Senato.
Tanto i Rettori erano influenti nella citt - in cui erano visti come una sorta di casta autorit
- che avevano addirittura la possibilit, limitata al giorno deifesteggiamenti per il Santo
Patrono della confraternita, di concedere la grazia a tre condannati a
qualsiasi pena inclusa quella di morte. In pratica, ci che oggi, in uno Stato laico com'
l'Italia pu fare una sola persona in tutta la Nazione, ovvero il Presidente della
Repubblica tramite la grazia, nei secoli di dominio spagnolo in Sicilia era concesso a
centinaia di Rettori di confraternite ogni anno, accrescendo come ben immaginabile il
rispetto che avvolgeva questa figura anche ad Enna, l'allora citt di Castrogiovanni.
L'amministrazione dei beni[modifica | modifica sorgente]
isola era cinta da un rigoroso isolamento dal continente. Il presidio ennese era stato
incrementato e uno squadrone di dragoni era giunto da poco sistemandosi presso la
casermetta della Maddalena, mentre il maggiore comandante, il capitano e i due
luogotenenti erano ospiti al palazzo dei Terrasena, al piano delle Case Grandi. Anno di
inquietudine era stato definito dai generali Bosco, Lanza e De Nucci in un comizio fatto il
20 febbraio dal Palazzo Grimaldi Geracello, in Piazza S. Benedetto. Il 19 marzo, festa di
S. Giuseppe, intorno alle ore ventitr, dopo che la processione e la statua del Santo
rientrarono in chiesa, un brusio sempre pi acuto agit il presidio dei soldati che aveva
seguito la processione. Molte braccia si levarono in aria, molti visi si alzarono a guardare il
cielo in cui, chiss da dove, erano apparsi due grandi palloni di carta colorata. Uno
rappresentava un uomo con i capelli e la barba bianca e una papalina in testa, Garibaldi;
l'altro era una mongolfiera a strisce tricolori,verde, bianca e rossa. La cosa aveva
impensierito il commissario di polizia, cavaliere Andrea Gennaro Pettinato, napoletano di
S. Giorgio a Cremano, e il colonnello Wilemann, austriaco, che dirigeva le guardie reali del
distaccamento. Intanto si avvicinava la Settimana Santa e la Sicilia trepidava nel pensiero
degli avvenimenti di cui erano protagonisti il Piemonte e il Cavour. Le notizie di questi
eventi arrivavano nell'isola recate dai commessi viaggiatori e da strani personaggi che
giravano tutta l'isola come turisti. Con il pretesto del bel clima e dell'arte stringevano
geniali rapporti con gli uomini pi in vista, etichettati dalla polizia come teste calde. Al
pi piccolo dei dubbi seguivano perquisizioni ed arresti; in questa atmosfera di sospetti e
di repressioni, si era giunti alla domenica delle Palme. I liberali ennesi erano in gran
fervore. Da Malta era arrivato ad Enna un turista, che, per le conoscenze che aveva
consolidato al circolo dei civili, era gi sorvegliato dalla polizia, che lo faceva spiare. Ma,
poich non si era riscontrato nulla di importante, si era alleggerito il controllo. Ma ogni
notte, nel Palazzo Varisano, in Piazza Duomo, attraverso una porticina che dava sulla via
Simone Polizzi, il turista si fermava a parlare con quei nobiluomini. Questo ambiguo
personaggio era un emigrato siciliano del 1849, il barone Carini, che, inviato dalla Societ
Nazionale di Genova, recava ordini e notizie per spianare la strada a Garibaldi in Sicilia.
La riunione plenaria dei liberali fu concordata per il venerd Santo e i congiurati furono
avvisati in tutta segretezza che la riunione avrebbe preso inizio alle ore diciannove, presso
il Mulino a Vento (zona in cui ancora oggi si trovano le carceri giudiziarie), nella macroarea del quartiere Monte, allora una distesa agreste interrotta solo dal Cimitero storico di
Enna. Questo mulino era di propriet dei frati Cappuccini ed era collegato al convento, che
si trovava al cimitero, tramite un sottopassaggio che arrivava dietro l'orto del convento
stesso. Depositario ed esattore delle quote era frate Antonio da Mazzarino che, prima di
indossare il saio, era stato ai servigi del barone Varisano. Nel pomeriggio del venerd
Santo la processione usc dal Duomo con i confrati incappucciati. I liberali portavano
addosso le vesti dell'Arciconfraternita del Purgatorio, cos, alla fine della riunione,
attraverso il sottopassaggio sarebbero giunti tranquillamente alla chiesa del cimitero dove
si sarebbero uniti alla processione senza far sorgere dubbi. Sfortunatamente, un
informatore della polizia, un tale Esposito che aveva un 'erboristeria in piazza Balata,
inform il cav. Pettinato della riunione e questi, con i suoi militari, piomb sul mulino,
convinto di sorprendere sul fatto i patrioti ennesi. Ma frate Antonio, che era stato messo a
guardia della porta, fece in tempo a dare l'allarme e a far fuggire per il sotterraneo i liberali
che, sopraggiungendo in chiesa, si inserirono nella processione che nel frattempo era
arrivata. Cos, durante il ritorno, messi al sicuro per la visiera abbassata, erano certi di non
essere riconosciuti. Arrivati al Duomo cittadino sparirono dentro il Palazzo Varisano,
pregevole edificio nobiliare posto di fronte al Duomo ed oggi sede del Museo Archeologico
Regionale di Enna. Nel frattempo il barone Carini fugg a cavallo prima che fosse chiuso
l'ingresso di Portosalvo. La notizia della figuraccia subita dalla polizia si diffuse presto in
citt e fu allora che il Rettore dell'Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio cap il
motivo per cui le file della sua congrega si erano infittite al cimitero per poi ridursi in
Duomo. Il cav. Pettinato non pot fare altro che intensificare la vigilanza per l'anno
seguente e prendere dei provvedimenti per la Settimana Santa del 1860. Schier davanti
e dietro la processione dei soldati, i cui fucili avevano, al posto delle baionette, dei
ramoscelli d'ulivo e dispose che, al rientro dalla chiesa del cimitero fino al Duomo, si
proseguisse con la visiera alzata. Tutti furono amareggiati, perch, alzando la visiera del
cappuccio veniva meno l'importanza di questa ossequiosa forma di lutto. La sola
gratificazione che alcuni liberali poterono far propria fu quella di fissare alla porta del
palazzo comunale un cappuccio a visiera con un ramoscello d'ulivo e la seguente dicitura
rivolta al cav. Pettinato: come l'ulivo nella foresta siamo sicuri che lei ad Enna non resta.
Difatti, nel maggio seguente, la spedizione dei Mille, capitanata da Giuseppe Garibaldi,
sbarc in Sicilia e liber la citt dai Borboni.
La nascita del Collegio dei Rettori[modifica | modifica sorgente]
Nel 1714, in piena fioritura delle confraternite ad Enna, il vicer di Sicilia Conte Annibale
Maffei emise undecreto col quale istitu il Collegio dei Rettori, un organo che riuniva tutti i
Rettori delle confraternite cittadine, originariamente a carattere spiccatamente economico,
come desumibile dal nome che gli fu dato in principio, vale a dire Consiglio Economico
delle Corporazione Religiose. Come prevedibile, il Collegio divenne presto l'organismo pi
potente ed influente esistente in citt, giacch esso riuniva le maggiori autorit religiose.
Il Collegio dei Rettori settecentesco aveva come insegna un labaro di tessuto su cui erano
raffigurate le confraternite, e partecipava attivamente ai riti della Settimana Santa di
quel secolo. La processione delladomenica mattina per l'Ora di adorazione al Duomo era
preceduta dai mazzieri, e vedeva in testa il Rettore della Confraternita dei Cordigeri il
quale sosteneva un crocifisso ligneo con in rilievo un Cristo a grandezza d'uomo, alle cui
mani erano legati nastri in seta dai colori corrispondenti a quelli delle mantelline delle
confraternite. I partecipanti alla processione, in particolare i Rettori, reggevano cos i
nastri.
Nel 1740, ad Enna vi erano 34 tra Confraternite, Compagnie e Collegi, tra cui a
primeggiare era indubbiamente lo stesso Collegio dei Rettori: un numero spropositato di
congregazioni religiose in rapporto alla popolazione della citt, allora molto meno
numerosa rispetto ad oggi, che riuscivano ad influire pesantemente sull'amministrazione
della stessa e sul potere del sovrano spagnolo. Il Collegio dei Rettori fu a tal punto ritenuto
"pericoloso" per la libera gestione degli affari pubblici, da essere addirittura sciolto gi
nel 1783 dal Vicer del tempo.
Si dovette attendere il 1944, l'immediato dopoguerra in Sicilia, per ottenere la
ricostituzione del Collegio, stavolta per con ben diverse funzioni, limitate infatti
all'organizzazione pi efficace dei riti religiosi pasquali e delle attivit delle confraternite, e
con ben pi ristretti poteri. I componenti del Collegio sono attualmente 16.
Oggi l'Ora di adorazione in Duomo non pi svolta come un'unica grande processione del
Collegio dei Rettori, come nel Settecento, ma al contrario ogni confraternita manda in
Duomo il proprio Rettore coi suoi collaboratori pi stretti, la cosiddetta Terzaglia: il giorno
della Domenica delle palme il Collegio dei Rettori compie la sua ora di adorazione al SS.
Sacramento, posto in Duomo, partendo da Montesalvo alle ore 16:00.
Tutte le processioni annullate o sospese nel passato[modifica | modifica sorgente]
In secoli di celebrazioni, i riti della Settimana Santa ennese hanno pi volte conosciuto
bizzarri o eclatanti imprevisti, la maggior parte dei quali legati al maltempo che caratterizza
il primo scorcio diprimavera nelle zone, come la Sicilia centrale, dove vi un clima di
transizione tra il clima steppico e ilclima mediterraneo. In passato - ormai il riscaldamento
globale ha notevolmente mitigato il clima ennese - la neve, la grandine, la pioggia,
il vento o la nebbia accompagnavano puntualmente la Settimana Santa.
Durante il freddissimo XVIII secolo il cattivo tempo sconvolse pi volte le sacre funzioni. La
processione del Venerd Santo, ad esempio, nel 1782 fu bloccata dalla neve molto alta:
pare fu quello il primo anno, in cui, per causa di forza maggiore, l'evento religioso pi
sentito del periodo pasquale venne sospeso. Pochi anni dopo, nel 1798, quando la
processione aveva ancora percorso un solo tratto di via Roma, si lev un vento fortissimo,
che costrinse confrati e fedeli a rifugiarsi all'interno della vicina Chiesa di San Cataldo. A
quella sorta di ciclone segu una violenta grandinata, che imped a quanti erano riparati in
chiesa di uscire, non prima del mattino seguente.
Nell'Ottocento, si ebbero invece incidenti di diversa natura: nel 1812 si verific il pi grave
mai registrato sino ai giorni nostri, ovvero l'esplosione per ragioni ignote di
una fabbrica di petardi, che provoc due morti e numerosi feriti. Nel 1831, invece, 5
detenuti a pene gravi riuscirono a fuggire dalle prigioni allora situate nel Castello di
Lombardia, durante la processione del venerd Santo.
Nel 2009 la processione venne sospesa, causa maltempo, su decisione unanime del
Collegio dei Rettori.
I simboli della Settimana Santa ennese[modifica | modifica sorgente]
I riti della Settimana Santa ennese, essendo fortemente impostati sul modello di
quelli spagnoli, hanno derivato da questi ultimi anche i simboli, vale a dire il
tipico abbigliamento dei confrati, con le peculiari vesti, e ancora i Misteri portati in
processione il venerd Santo e persino la tradizioneculinaria. Ma di maggiore interesse
sono probabilmente le mantelline indossate dai confratelli, e ciascuna propria di una
confraternita.
L'abbigliamento del confrate[modifica | modifica sorgente]
Essenzialmente, il costume dei confratelli ennesi consta di un lungo camice bianco, stretto
ai fianchi da un cingolo, uno scapolare, la mantellina colorata (che nel dialetto ennese
nota come mantiglia, il perfetto equivalente dello spagnolo mantilla, di eguale pronuncia), i
guanti bianchi, il cappuccio con la visiera abbassata e una corona di vimini sul capo a
simboleggiare la corona di spine portata da Ges Cristo durante il calvario.
La parte pi vistosa di questi abiti risiede nei loro colori, che variano da confraternita a
confraternita e che contribuiscono a rendere la processione del venerd Santo
estremamente coreografica. Di seguito, sono riportate le principali differenze tra i costumi
propri delle varie confraternite:
Santissimo Salvatore:
La mantellina di colore giallo intenso, con a sinistra la rossa croce di Malta; la stessa si
ripete sullo scapolare, anch'esso giallo, adottato nel1955 poich prima di allora i confrati
portatori dell'urna del Cristo Morto indossavano solamente il camice bianco.
Maria Santissima La Nuova:
La mantellina di colore azzurro avion; sotto di essa si notano uno scapolare e una fascia
dello stesso colore, con due risvolti a nappe che pendono dal lato sinistro, i confrati
professi portano un antico medaglione d'argento al collo.
San Giuseppe:
La mantellina e l'abitino sono di colore verde oliva damascato. I suoi confrati portano
inoltre al collo un medaglione in argento raffigurante la Sacra Famiglia.
Anime Sante del Purgatorio:
La mantellina, i guanti, il cingolo con due nappe pendenti sul lato destro, i pantaloni e le
scarpe sono tutti rigorosamente di colore nero, con a sinistra, sulla mantellina, lo stemma
del teschio con due ossa incrociate. La lugubrit del vestiario confermata anche dalla
corona del rosario che essi portano al collo, avente un teschio di legno verniciato. I
mazzieri, oggi anch'essi in nero, portavano un tempo mantelli rosso damascato, una livrea
e dei guanti di pizzo bianco, e scarpe con fibbie d'argento.
Santissima Passione:
L'abito processionale formato d una tonaca bianca,uno scapolare rosso in cui nella parte
anteriore raffigurata una corona di spine e tre chiodi incrociati su di essa; essi sono cinti
alla vita da un cordone bianco e rosso e da un rosario dei 33 pater nostro aggiunto al
cordone, una mantella di colore rosso come il sangue di Cristo e a sinistra di essa vi
un'immagine del volto dell'Ecce Homo flagellato,una visiera sopra la quale posta una
corona di vimini e infine da un paio di guanti bianchi.
Santissimo Sacramento:
La mantella di colore giallo chiaro e i bordi di essa sono di colore rosso, non indossano
lo scapolare e sono cinti da una fascia di colore rosso.
Maria Santissima Immacolata:
La mantellina di colore bianco latte, come il vestito della Madonna Immacolata da cui
prende nome questa confraternita. Inoltre i confrati indossano unao scapolare di colore
azzurro avion e sono cinti da una fascia dello stesso colore dello scapolare.
Alle ore 09:00 di Domenica delle Palme,dalla Chiesa dello Spirito Santo muove l'omonima
confraternita che, percorrendo via Spirito Santo, Piazza S. Bartolomeo, via Mercato e via
Passione, giunge alla Chiesa di San Leonardo per rendere omaggio, anche floreale, al
simulacro dell'Ecce Homo intronizzato sull'altare maggiore, davanti al quale i confrati,
dopo un breve momento di preghiera, partecipano alla celebrazione eucaristica.
L'ingresso di Ges a Gerusalemme[modifica | modifica sorgente]
santa. Uno dei confrati, rappresentante Ges, monta su un asinello, preceduto da dodici
compagni, rappresentanti gli apostoli, che reggono ramoscelli di ulivo. Il corteo risale per la
strada che porta in citt, e viene accolto al quadrivio del Monte dalle rappresentanze delle
confraternite e dalla banda in festa, circondata da un gran numero di fedeli.
A questo punto, la processione si ferma alla Chiesa di San Sebastiano, dinanzi alla quale
viene posto un portale su cui vigilano due sentinelle romane dell'imperatore; Ges
sull'asinello e i dodici apostoli, attraversando tale portale fra gli osanna della folla, si
avviano ad assistere allabenedizione delle palme e dei ramoscelli di ulivo, per poi guidare
una grande processione che percorrer la parte occidentale della citt alta, ivi incluse le
tortuose e pittoresche viuzze dei quartieri tradizionali come pure i rettilinei ed ampi viali
della zona moderna. Quando finalmente la processione raggiunge la Chiesa di San
Leonardo, essa viene accolta dai fedeli e dal suono delle campane, mentre all'interno si d
il via allapassione di Ges di cui fa memoriale il simulacro dell'Ecce Homo.
La processione e l'adorazione in Duomo del Collegio dei Rettori[modifica | modifica sorgente]
delle Grazie che percorre la via Candrilli, la via Mercato Sant'Antonio e la via
Roma giungendo infine al Duomo.
L'adorazione della Confraternita del Santissimo Sacramento
Alle ore 17:00, dalla Chiesa di San Tommaso muove la Confraternita del Santissimo
Sacramento, che percorre un notevole tratto della via Roma.
L'adorazione della Confternita di Santa Maria La Nuova
Alle ore 18:00 dalla Chiesa della Donna Nuova l'omonimo Collegio si reca in processione
al Duomo, percorrendo la via Donna Nuova e la via Roma.
Il Luned Santo nei secoli scorsi[modifica | modifica sorgente]
Nei secoli scorsi vi erano altre istituzioni religiose ad affollare il Duomo in occasione del
luned Santo, per l'ora consueta di adorazione; esse erano, nell'ordine: i Reverendi Padri
Riformati, la Pia Unione Figlie di Maria, l'Associazione Donne Cattoliche, le Parrocchie
di San Giovanni Battista,San Tommaso, San Cataldo e Sant'Agostino, oltre al Capitolo
della Collegiata Chiesa Madre e il Collegio di San Pietro, quest'ultimo, risalente al1581 e
sciolto nell'ultimo dopoguerra, comprendente tutti i panettieri e la manodopera della pasta.
Marted Santo[modifica | modifica sorgente]
Alle ore 13:00, quando anche l'ultima confraternita ha effettuato la rituale adorazione al
SS. Sacramento, viene celebrata in Duomo la messa di reposizione dell'Eucaristia.
Conclusosi questo rito, in Duomo avviene la benedizione del SS. Sacramento, l'oggetto
dell'adorazione delle 16 confraternite nei giorni precedenti; il SS. Sacramento viene infatti
posto in uno dei preziosissimiostensori custoditi al Museo Alessi di Enna, un vero e proprio
capolavoro dell'oreficeria barocca, risalente al 1735.
L'ostensorio a forma di raggiera ed interamente realizzato in oro, alto 84 cm e largo fino
a 39 cm nel diametro della raggiera stessa. Quest'ultima, infatti, sorretta da
un angelo con le ali aperte, ed riccamente tempestata di preziosissimi smalti e gemme,
presenti fra l'altro anche sul fusto e sul piedistallo dell'opera e di colori studiati apposta per
rendere un pregevole effetto chiaroscurale. Il valore simbolico di tale ostensorio
anch'esso elevato, giacch il suo fusto suddiviso in tre sezioni rappresentanti la Fede,
la Speranza e la Carit, mentre le miniature di smalto sulla base raffigurano il grano e
l'uva, entrambi elementi eucaristici.
La benedizione avviene all'aperto, in piazza Mazzini, sotto il barocco Portale di San
Martino e dinanzi a una folla che assiepa l'intera piazza e l'adiacente piazza Duomo. Poi,
l'ostensorio d'oro e gemme contenente il SS. Sacramento viene portato in processione per
le vie Orfanotrofio, Bagni e la via Roma, un breve ma intensissimo percorso nel consueto
bagno di folla, rientrando in Duomo dal portale centrale. A questa processione partecipano
le confraternite della giornata con le visiere alzate e i vessilli inalberati.
La rappresentazione vivente della Passione[modifica | modifica sorgente]
Dal 1981, su iniziativa della parrocchia del SS. Crocifisso di Pergusa e dell'omonima
confraternita, ogni Mercoled Santo, in serata, si svolge nella frazione del Villaggio
Pergusa la rappresentazione vivente della Passione e morte di Ges. La manifestazione,
anch'essa molto seguita dai fedeli e dai turisti, si tiene nella piazza principale del Villaggio.
Gioved Santo, nonostante funga da spartiacque tra i primi quattro giorni di processioni a
ritmo serrato e il grande evento del venerd Santo, comunque di grande interesse,
poich l'intera citt si concentra sulla lavanda dei piedi in occasione della Messa in "Coena
Domini" celebrata in ogni parrocchia, ognuna delle quali si trasforma in mta di
incessanti pellegrinaggi che cominciano subito la Messa e si protraggono sino a tarda
notte.
Tutte le chiese di Enna allestiscono, infatti, ciascuna il proprio sepolcro, che consiste
nell'addobbare l'altare maggiorecollocandovi tra l'altro, in artistici tabernacoli e urne di
varie forme, l'Eucarestia in ostensione, rappresentante Ges nelsepolcro, appunto. La
tradizione, che attecchisce parzialmente anche nelle giovani generazioni, impone la visita
di tre sepolcri, la qual cosa determina l'affollamento di tutte le strade su cui si affacciano le
chiese, anche quelle pi piccole o spesso tenute chiuse ai fedeli.
Venerd Santo[modifica | modifica sorgente]
Venerd Santo il giorno clou, il culmine e l'apice dei riti pasquali ad Enna. Stando ai dati
resi noti in un'intervista dal presidente del Collegio dei Rettori, sarebbero oltre 20.000 le
persone che gremiscono normalmente la citt per assistere alla grande processione dei
circa 2.500 confrati. L'evento sacro, che il pi importante di Enna assieme alla festa
patronale del 2 luglio, probabilmente quello di maggiore richiamo turistico dell'intera
provincia, fatte salve le competizioni motoristiche ennesi all'Autodromo di Pergusa, e da
solo incide significativamente sull'intera stagione turistica e sulla funzionalit delle strutture
ricettive.
La Processione del Venerd Santo di Enna stata infatti inserita dalla Regione Siciliana tra
gli eventi di attrazione a livello internazionale che si tengono sull'isola, e figura inoltre
nell'ambito del Registro delle Eredit Immateriali (REI) della Regione a statuto speciale, ed
congruamente finanziata sia dalla Regione quanto da tutti gli enti locali, in particolare
dalla Provincia, e gode altres di prestigiosi patrocini come quello dellaComunit Europea.
Migliaia di visitatori provenienti dalle province limitrofe si aggiungono puntualmente alla
folla di ennesi e a quella dei turisti, rendendo necessari provvedimenti per il mantenimento
dell'ordine pubblico e regolari servizi pubblici gratuiti per l'accesso ai luoghi della
processione[2].
I riti[modifica | modifica sorgente]
Prima dell'uscita in processione del Cristo Morto dal Duomo[modifica | modifica sorgente]
I riti sacri vengono avviati dalla celebrazione eucaristica che si tiene al Duomo, nota
come rito delle tenebre, che consiste nella lettura e meditazione sulla Passio Domini, un
lungo e dettagliato passo del vangelo sulla passione di Ges, suddivisa in sette parti.
Alla celebrazione eucaristica, seguono alcuni riti tradizionali: i canonici, vestiti con
cappuccio viola e la veste che tocca terra, e l'ermellino bianco sulle spalle, scalzi,
percorrono la navata centrale del Duomo in tutta la sua lunghezza, genuflettendosi tre
volte per rievocare le tre cadute di Cristo nella salita al Calvario. Anticamente, per
riprodurre lo spaventoso boato delle tre cadute di Ges venivano accatastate delle pesanti
sedie che poi erano fatte cadere provocando una fortissima eco fra le mura della chiesa.
Giunti all'altare maggiore, essi adorano il prezioso crocifisso ligneo tenuto velato sin dal
giorno precedente.
L'urna del Cristo Morto viene portata in Duomo[modifica | modifica sorgente]
Alle ore 17:00, dalla parte superiore della citt, i confrati del SS. Salvatore percorrono in
processione le vie Salvatore, Portosalvo, Tre Palazzi e Roma per portare al Duomo l'urna
del Cristo Morto, che attender l'arrivo della Madonna Addolorata all'interno del Duomo.
L'urna monumentale un pregiato lavoro di ebanisteria, fatta di legno massiccio lavorato,
e laminato in oro zecchino, sormontato da unacroce e avente quattro angeli con le ali
spiegate posti agli angoli e vetri che rendono visibile il corpo di Ges contenuto all'interno.
Adagiato su una coltre di raso, Cristo rappresentato coronato di spine e reca molte ferite
sanguinanti, con barba e capelli incolti e la bocca digrignata, coperto solo da una stuola
bianca.
Prima di questa urna, risalente al 1935, veniva usata una molto pi piccola e leggera.
La banda rileva le confraternite[modifica | modifica sorgente]
Alle ore 16:30 una delle bande cittadine si reca presso la Chiesa di San Leonardo per
accompagnare in processione la Confraternita della Passione, alla quale, durante il tragitto
verso il Duomo, si accodano tutte le altre confraternite, men che quelle del SS. Salvatore e
dell'Addolorata. Il corteo, abbracciato da due ali di folla lungo le vie del centro storico,
sosta presso la Chiesetta dell'Addolorata per consentire alle migliaia di confrati di
omaggiare la Madonna Addolorata, la cui statua gi stata collocata sulla
cosiddetta vara[3]. Finito questo lungo rito, i confrati dell'Addolorata si dispongono a
chiusura della processione e portano all'esterno della chiesa il fercolo della Vergine, che
viene posto nel portico per essere ammirato da fedeli.
I misteri[modifica | modifica sorgente]
Salendo verso il Duomo, la Confraternita della Passione porta, secondo un ordine ben
preciso lungo le due file, i cosiddetti "misteri", ovvero i simboli per fare memoriale
della passione di Cristo.
Sul lato sinistro si possono individuare: la lanterna che condusse i soldati al Getsemani,
la spada di cui San Pietro si serv per tagliare l'orecchio di uno dei soldati, un guanto
simboleggiante le mani di Ponzio Pilato, la corona di spine posta sul capo di Ges, i flagelli
con i quali venne frustato, iltamburo che scand l'ascesa al Calvario, il velo con cui
la Veronica asciug il volto insanguinato del Cristo, i chiodi con i quali fu crocifisso, la
scrittaINRI posta sulla sommit della croce, i dadi che furono usati dai soldati romani per
tirare a sorte le vesti da contendersi, la lancia con la quale Ges fu ferito al costato, e
la scala, con la quale fu deposto dalla croce.
Sul lato destro si notano invece: il calice da cui Ges bevve nell'ultima cena, la borsa con i
trenta denari per i quali Giuda trad il suo maestro, le funi con cui fu legato, il mantello
rosso che lo copr nel pretorio, una colonna di marmo che ricorda il luogo dove Cristo fu
frustato, la canna che gli fu messa tra le mani, la bacinella e la brocca con cui Ponzio
Pilato si lav le mani, la croce che fu caricata sulle spalle di Ges, il martello che serv per
conficcare i chiodi, la tenaglia adoperata per toglierli, la spugna imbevuta di aceto che gli
fu data per dissetarsi, e il sudario nel quale fu avvolto prima di essere deposto nel
sepolcro. Ma il pi curioso fra tutti i Misteri certamente il gallo, vivo, ornato con nastri
multicolori, che simboleggia quello che cant quando San Pietro rinneg per tre volte di
conoscere Ges.
L'afflusso in Duomo degli incappucciati[modifica | modifica sorgente]
L'urna sfavillante del Cristo Morto si accoda alla processione degli incappucciati lungo via Roma
Il fercolo dell'Addolorata segue in processione l'urna di Cristo in una via Roma a luci spente
Entrato il fercolo della Madonna Addolorata in Duomo,alle ore 19:00 cominciano a sfilare
in processione e i fercoli di Ges prima e dell'Addolorata appresso vengono usciti in
processione,seguiti dalla banda comunale e preceduti dalla cosiddetta Spina Santa. Si
tratta di una preziosa Croce reliquiario in argento delXVI secolo, al cui centro, incastonata
in una casella di vetro, si trova una delle spine della corona di Cristo assieme ad un pezzo
della sua croce. La croce innestata in un candeliere decorato allo stesso modo, ovvero
con motivi a ramoscelli e fiori dorati, mentre la sua base presenta cesellate delle arpie con
possenti ali e grandi artigli. La Spina Santa viene condotta in processione da quando la
nobildonna Emilia Grimaldi, principessa di S. Caterina, vi fece sistemare la reliquia donata
dai frati Cappuccini e don la croce al Tesoro del Duomo il 13 marzo 1733 con la precisa
volont che fosse portata in processione il venerd Santo sino al Cimitero dove si trova la
chiesa di S. Paolino (antica sede del Convento dei frati Cappuccini).
Un mesto silenzio accoglie l'uscita dal portale centrale del Duomo della Spina Santa, e dei
due fercoli condotti in processione lungo Via Roma: essi discendono lentamente la
scalinata della Chiesa Madre sulle note di alcune marce funebri composte apposta per
l'occasione nell'Ottocento, e vengono quindi posti al centro di una piazza Duomo
stracolma al pari dell'attigua piazza Mazzini per ricevere l'adorazione e le preghiere di una
folla silente. Il fercolo della Vergine in lutto per la morte del Figlio viene issato sulle spalle
dei confrati portatori che acquisiscono questo privilegio secondo una delle norme dello
statuto che regolamenta la congregazione, che legittima il diritto alla spalla in base alla
successione da padre in figlio. Si tratta, probabilmente, della processione pi lunga di
Sicilia, poich si snoda per 3,7 km (dal Duomo al Cimitero e viceversa) e vede l'intero
centro storico cittadino riempirsi di una calca di migliaia di persone, ordinatamente
disposte ai lati della via Roma come in un abbraccio che le due ali di folla stringono ai
quasi 2.500 confrati che sfilano per ore con la visiera abbassata attraversando Enna
alta da un capo all'altro.
I confrati, seguendo le note delle marce funebri intonate dalle bande, con passi cadenzati,
ondeggiano cercando quasi di rendere meno doloroso il cammino della Vergine
Addolorata. La suggestione della Processione del Venerd Santo data dalla rievocazione
di eventi a tutti noti che suscitano la piet popolare dei fedeli. Tace il caotico traffico
ennese, tace il frenetico shopping, si spengono le vetrine dei negozi, delle banche, degli
uffici, per lasciare che migliaia di torce collocate in imponenti cordoni luminosi gettino luce
quando il sole comincia a calare, senza perci turbare un'atmosfera di mestizia.
La processione scorre lenta per il corso di via Roma, attraversando tutte le piazze
protagoniste della vita cittadina, da piazza Napoleone Colajannialle piazze Umberto I e VI
dicembre, fino ad arrivare alla centralissima Piazza Vittorio Emanuele II, meglio nota
come Piazza San Francesco. Nelle piazze sono regolarmente accalcate migliaia di
persone.
La processione raggiunge a questo punto piazza Matteotti, l'incrocio cittadino pi
pesantemente trafficato e abitualmente rumoroso e movimentato: ma all'arrivo dei confrati,
che procedono lentamente, la vita frenetica si ferma improvvisamente (l'intero centro
storico viene trasformato in una grande isola pedonale sin dal pomeriggio) per cedere il
passo all'evento religioso.
Essa si snoda dunque per tutta via Roma, per sopraggiungere poi in via Libert ed arrivare
quindi in un anomalo quadrivio del Monte, dove si accalcano soprattutto i fedeli ad
attendere l'arrivo della processione. Percorso per tutta la sua lunghezza il viale Diaz, il
solenne corteo raggiunge finalmente il vastissimo spiazzale antistante il Cimitero intorno
alle 20:45.
Il clero ha naturalmente seguito la processione: un baldacchino ospita il Vescovo, seguito
dai monsignori e dai parroci.Anticamente tutti e due i vescovi della provincia di Enna quello della Diocesi di Piazza Armerina e quello di Nicosia assistevano alla processione
nel capoluogo.
Una sosta strategica ha luogo dunque nell'enorme spiazzale antistante il Cimitero storico
di Enna. Le confraternite defluiscono verso gli spazi loro appositamente riservati, mentre il
resto della piazza occupato dai fedeli in coda. Fino ad alcuni anni fa, da un palco
allestito in un angolo da cui l'intera piazza era ben visibile, veniva impartita la solenne
benedizione, dopodich la Spina Santa ed i fercoli del Cristo Morto e della Madonna
Addolorata entravano nella Chiesa annessa all'ex Convento dei Cappuccini mentre i
tremila confrati ripartivano a volto scoperto. Allo stato attuale qualche cosa cambiata. La
solenne benedizione viene comunque impartita da un palco allestito ad un angolo della
piazza ma i fercoli non entrano pi nella chiesa a causa di alcuni lavori di restauro che non
ne consenteno l'accesso. Inoltre la tradizione secondo la quale tutti i confrati, al ritorno,
dovevano procedere con la visiera alzata fino al Duomo, tradizione che risale al 1860,
anno in cui la polizia borbonica si vendic del pi clamoroso smacco dei patrioti ennesi, fu
abolita nel 1980. Infatti dall'anno successivo, il 1981, si riprese la tradizione della visiera
abbassata anche nella processione di ritorno al Duomo. Ci non toglie che i fatti risalenti al
1860 vengono comunque ricordati dai confrati con un gesto simbolico. Infatti, non appena i
confrati di ogni confraternita arrivano nel piazzale antistante il cimitero, giungono all'arco
laterale della chiesa di S. Paolino con la visiera abbassata ed escono da quello centrale
alzando la visiera, ci in memoria degli episodi avvenuti in quegli anni.
Dopo questa sosta, la processione riprende procedendo per la via S. Francesco d'Assisi e
la via Vittorio Emanuele. In quest'ultima via, stretta ma tanto caratteristica, si pu notare
quanto sia realmente viva la partecipazione degli ennesi a questa tradizione. I balconi che
danno sulla via Vittorio Emanuele sono tutti illuminati con luci appropriate, la gente vi sta in
ginocchio, e molti di quanti vedono passare il fercolo dell'Addolorata, cercano di sfiorarne il
tetto, quasi per una loro eccezionale adorazione. Superata la chiesa di S. Cataldo, in
piazza Matteotti, i portatori si avvicendano nei cambi per favorire l'incedere della
processione: cos che i confrati pi alti passano per ultimi e i pi bassi passano nei primi
posti delle aste (i baiardi in dialetto ennese) dei simulacri. Risalendo per la via Roma,
nonostante l'ora tarda, una folla resta a veder rientrare la processione. Essa arriva cos in
Duomo dopo aver percorso la via Mercato S. Antonio ancora illuminata dalle luci delle
botteghe allestite con dei fiori. Poi, l'urna del Cristo morto viene riportata nella propria
chiesa, e successivamente il fercolo dell'Addolorata, preceduto da tutte le confraternite,
come i parenti e gli amici dopo il funerale, fa ritorno per la via Roma alla chiesa del
Mercato S. Antonio, dove praticamente finisce la processione del venerd Santo. Ai
portatori vengono offerti biscotti e vino. Non molto tempo addietro anche delle fave bollite.
Il sabato successivo alla Pasqua si tiene la Festa della Donna Nuova, organizzata dal
Collegio di Santa Maria La Nuova l'uscita in processione - alle ore 19,00 - del simulacro
della Donna Nuova, ovvero della Madonna a fine lutto, portato da 60 confrati del collegio
dall'omonima chiesa fino al Duomo per l'incontro con il simulacro di Ges Risorto. Il rientro
di Santa Maria La Nuova alla propria chiesa d'origine avviene in tarda serata.
Tali festeggiamenti, che originariamente si svolgevano il marted e non il sabato dopo
Pasqua, sono parte integrante dei riti della Settimana Santa ennese da molti secoli,
certamente dal Quattrocento, e nel corso del tempo hanno ricevuto numerosi privilegi
concessi dalle massime autorit del Regno: dalla possibilit di rinviare la festa fino a 15
giorni dopo la Pasqua in caso di maltempo, all'acquisto, nel Seicento, di nuove e pi belle
statue, opera di Giovanbattista Li Volsi da Nicosia.
La Spartenza[modifica | modifica sorgente]
L'indomani, Domenica in Albis, alle ore 18:00 i confrati del SS. Salvatore, S. Giuseppe e
dello Spirito Santo,con le rispettive insegne oltre al simulacro rappresentante la SS.
Trinit, riunitisi in duomo, si avviano in processione verso il Castello di Lombardia, seguiti
dal sacerdote che impartir la benedizione dei campi sottostanti le mura del maniero, per
avere abbondanti raccolti. Terminata la benedizione e tornati in Chiesa Madre, presso la
adiacente piazza Mazzini si tiene la caratteristica cerimonia della Spartenza (Separazione)
[4]: i due simulacri, di Cristo e di sua Madre, allontanandosi lentamente l'uno dall'altro
mentre il simulacro della SS. Trinit si volge ripetutamente in entrambe le direzioni,
tornano ciascuno nella propria chiesa.
Il termine spartenza deriva proprio dal fatto che, nel Basso Medioevo, la settimana di
tregua, iniziata con la Pasqua, tra i cittadini ennesi ed i contadini che vi erano ghettizzati,
volgeva al termine, e tutti i fedeli si separavano, appunto, facendo ritorno ognuno nella
propria parte di citt.
Eventi collaterali[modifica | modifica sorgente]
Sono tradizionalmente organizzati numerosi eventi collaterali alla Settimana Santa. Tra
questi, si ricordano le mostre e le estemporanee di pittura che si tengono al Teatro
Garibaldi, le gigantografie della gran parte delle chiese e conventi di Enna e dei costumi
dei confrati presso la Galleria Civica, e ancora i concerti che hanno luogo presso le varie
chiese e la diretta tv della processione del Venerd Santo. Si tengono infine recital di
poesia e visite organizzate della citt, dei musei e delle mostre grazie a guide
specializzate in lingue straniere.
Turismo e impatto mediatico[modifica | modifica sorgente]
Uno dei cartelli affissi ai principali monumenti ennesi, nella foto a Palazzo Chiaramonte
La Settimana Santa di Aidone, che si apre con la Domenica delle Palme e si conclude con
la Giunta di Pasqua, si svolge secondo una tradizione antica che nel tempo ha subito poche
variazioni. Gli eventi celebrati si inseriscono a pieno titolo nel solco delle sacre
rappresentazioni usate dalla Chiesa, in seguito alla Controriforma, per riportare i cristiani alla
fedelt del messaggio evangelico. Protagonisti sono le sette confraternite, i Santoni, i lamentatori.
Questi ultimi, in genere cinque o sei voci, eseguono i lamenti, antichi canti in lingua siciliana,
accompagnando le processioni del precetto, della visita dei Sepolcri e del Venerd Santo. Un solista
intona la strofa ed il coro a cui si aggiungono tutti i confratelli intervengono rafforzando la nota
finale. Gli aidonesi hanno difeso questa tradizione, anche quando si cristallizzata in riti poco
comprensibili, con le unghia e con i denti. Quando nel 1960, per ordine del Vescovo, fu sospesa la
Giunta ci fu una rivolta popolare di cui tutti conservano memoria: coloro che ne furono riconosciuti
gli istigatori fecero qualche giorno di galera e la Giunta fu sospesa per pi di dieci anni
Indice
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1 Domenica de
lle Palme
2 Le processioni penitenziali
3 Il Mercoled santo tra folklore e sentimento religioso
3.1 La storia
4 Venerd: a scisa a cruc' e la processione
5 Domenica: a Giunta d' Pasqua
6 Voci correlate
La prima sacra rappresentazione del periodo pasquale quella della Domenica delle
Palme; da tutte le chiese si muovono i Santi, a coppie, accompagnati dalle proprie
confraternite; il raduno nella chiesetta dell'Annunziata, appena un oratorio dal momento
che la chiesa diroccata, ma strategica per tutte le funzioni della settimana santa. Da qui,
benedette le palme, la processione, guidata dal parroco della chiesa Madre, si snoda per
le vie del paese e si conclude alla Matrice; qui si svolge un rito antico e singolare.
Le porte della chiesa sono serrate a simboleggiare Gerusalemme che si rifiuta di
accogliere il Messia. Gli apostoli (i santoni) a turno bussano senza risultato perch la porta
resta chiusa; poi tentano di aprirla con la forza, ci riesce Mattia ma si tira indietro perch
tutti possano entrare secondo una rigida gerarchia: Giovanni, Giacomo
maggiore, Pietro,Mattia, Filippo, Matteo, Giuda Taddeo, Andrea, Giacomo
minore, Bartolomeo, Tommaso,Simone. I Santi entrano facendosi grandi inchini, per ultimo
entra il parroco che simboleggia Ges e che procede alla funzione solenne. Una volta i
tentativi di apertura della porta erano sottolineate da battute in siciliano pronunciate da un
prete all'interno della chiesa chiusa e dal parroco che era all'esterno
Le processioni penitenziali[modifica | modifica sorgente]
La prima met della Settimana Santa caratterizzata dalle processioni penitenziali nel
rispetto del precetto pasquale; dopo la confessione, i confratelli, accompagnati dalla
banda, intonando i lamenti, si recano nella chiesa dove faranno la Comunione. Qui celebra
anche un momento di convivialit e solidariet: vengono distribuite le giamelle e i biscotti
di vino tipici aidonesi e in ricordo dei confratelli morti si condividono questi dolci anche con
le vedove.
Il Mercoled santo tra folklore e sentimento religioso[modifica | modifica sorgente]
La tradizione, alquanto rara se non unica, risale probabilmente alla fine dellOttocento o
agli inizi del Novecento, allepoca dei movimenti di rivendicazione dei contadini, delusi
della mancata distribuzione delle terre promesse da Garibaldi e dissanguati dallesosit
del governo sabaudo. La statua, che viene ancora portata in processione dentro una bara
il venerd, caratterizzata da braccia pieghevoli, era di propriet della confraternita dei
Bianchi, formata dai nobili e dai grossi proprietari terrieri; loro era lonore della processione
del Cristo Morto la notte del Venerd Santo, onore che condividevano benignamente con i
loro mezzadri e salariati che facevano capo alla confraternita dellAnnunziata. A seguito di
una rivolta i nobili negarono ai contadini la statua del Cristo per la celebrazione del
Venerd, costoro rapirono la statua, la portarono nella loro chiesa e poi alla Matrice, da
dove partiva la processione. Fu un momento di grande partecipazione ma poi si venne a
pi miti consigli e la statua fu restituita ai Bianchi. Ma da quel momento i rampolli dei
Bianchi, per paura che fosse ancora trafugata, il Mercoled portavano la statua da una
chiesa allaltra di notte, attenti che non ci fosse nessun testimone. La gente che laveva
capito osservava questa processione dalle fessure delle porte e delle finestre, al buio.
Quando la confraternita dei Bianchi si sciolse la statua fu donata alla confraternita
dellAnnunziata, ma i Nunciatari vollero continuare a commemorare quel memorabile atto
di ribellione con la celebrazione del Mercoled. Si racconta anche che lultimo nobile, che
aveva in affidamento la statua, dopo avere svenduto tutto ci che aveva, si vendette
anche il Cristo, ai Nunciatari appunto; da qui il detto in aidonese s venduto pure Cristo .
Il Cristo deposto su una scala di legno e coperto con un lenzuolo, come quei poveri morti
che si trasportavano dalla campagna o dal luogo di un incidente, quando faceva buio
veniva trasportato dai confratelli in sordina alla Chiesa Madre, e la gente attendeva con
ansia il passaggio del mesto corteo spegnendo le luci delle case per non disturbarlo. La
tradizione di baciare la statua, dopo che era stata portata alla chiesa Madre, pi recente,
risale alla fine degli anni cinquanta e fu introdotta dal parroco dellepoca, Padre Minasola.
Negli ultimi anni si tornati alle origini: in modo discreto la statua viene portata la sera del
mercoled alla chiesa madre, dopodich vengono chiuse le porte.
Venerd: a scisa a cruc' e la processione[modifica | modifica sorgente]
Nella Chiesa Madre a partire dal pomeriggio si raduna gran parte della popolazione
aidonese per assistere ai riti del venerd santo che culminano con la deposizione della
Croce (a Scisa a crusg'). Si celebrano i riti del Venerd Santo davanti alla statua del Cristo
(del Mercoled) che, intanto, stata inchiodata sulla croce,. Quando si fa sera, in chiesa
giunge la confraternita dell'Annunziata che, al suono triste dei lamenti e di una banda che
esegue un repertorio molto mesto, porta la bara di vetro illuminata ed addobbata di fiori. A
questo punto il rettore dell'Annunziata e qualche altro confratello, guidati dal celebrante,
schiodano la statua dalla croce e la depongono nellurna di vetro, tra la commozione
generale. Da qui muove il suggestivo e frequentatissimo corteo notturno che da qualche
decennio si arricchito anche della presenza della statua dellAddolorata portata da
alcune ragazze, di figuranti che rappresentano le pie donne e di due angeli.
A Scisa a Cruci
Domenica verso mezzogiorno in piazza Filippo Cordova ha luogo una delle pi suggestive
sacre rappresentazioni. Protagonisti sono: le statue dellAddolorata, coperta con il velo
nero e quella del Cristo Risorto,portate da giovani vestiti di bianco che vengono
posizionate ai lati opposti della piazza, in modo che non si vedano; i dodiciSantoni,
rappresentanti di tutte le confraternite e ad alcuni messaggeri con stendardi infiorati; tutti
insieme si danno da fare per cercare Ges e portarne notizia alla Madre; si assiste alle
corse di San Pietro che per tre volte (quante furono le negazioni), accompagnato dagli
stendardi e da frotte di ragazzini, fa la spola tra la Madonna e Ges. Alla fine di questo
viaggio, Giovanni gli va incontro per annunciargli che Cristo risorto; la statua del Cristo
viene mostrata e Pietro e Giovanni corrono verso la Madonna che gi si avvicina al centro
della piazza. A mezzogiorno in punto, in un tripudio di campane, mortaretti e salti dei
Santoni, avviene lincontro, a giunta; si fa saltare il velo nero alla Madonna e alle due
statue si fanno fare inchini e si sollevano come fossero fuscelli. La festa si conclude con la
processione, le due statue vengono portate insieme, la Madonna accompagna Ges nella
chiesa Madre e poi a sua volta viene accompagnata a Santa Maria La Cava, tutte le
separazioni vengono sottolineate dagli inchini acrobatici dei santoni. La festa oggi si
svolge dalle dieci del mattino all'una circa, ma una volta i Santi partivano nella ricerca del
Cristo gi di buon mattino in giro per tutto il paese e spesso anche in campagna. Ovunque
trovavano ristoro, soprattutto vino e biscotti e quando, in modo particolare San Pietro,
eccedevano nelle libagioni e sacconciavano a dormire in qualche stalla, si restava in
piazza per ore ad aspettarli; e poich dovevano essere San Pietro e San Giovanni a
portare la lieta novella a Maria, non si faceva la giunta finch non tornava o qualcuno non
andava a prelevarlo. Questa pratica suscit le ire del Vescovo che alla fine degli anni
Cinquanta proib la Giunta, ne segu una rivolta popolare che ancora oggi si racconta con i
facinorosi che passarono anche qualche mese in galera, con i preti asserragliati nella
chiesa di Santa Maria La Cava e tutta la gente che di forza, impadronendosi delle Statue,
volle ugualmente celebrare la Giunta. Da quel momento venne sospesa e solo quasi venti
anni dopo fu ripresa, quando tutti accettarono di farla secondo regole ben definite; si
guadagnato in puntualit e rispetto delle regole ma si sicuramente perso molto della
partecipazione e del colore e della gioia con cui era seguita.
Mercati di Palermo
Ballar (Palermo)
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Indice
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1 Il mercato
2 I cibi cotti
3 Bahlara
4 Curiosit
5 Note
6 Bibliografia
Il mercato si estende da Piazza Casa Professa ai bastioni di corso Tukory verso Porta
Sant'Agata. Il mercato famoso per la vendita delle primizie che provengono
dalle campagne del palermitano. Ballar il pi antico tra i mercati della citt, frequentato
giornalmente da centinaia di persone, animato dalle cosiddette abbanniate, cio dai
chiassosi richiami dei venditori che, con il loro caratteristico e colorito accento locale,
cercano di attirare l'interesse dei passanti. Ballar un mercato adibito alla vendita di
frutta, ortaggi, verdure, carne e pesce, ma si trovano anche articoli di uso domestico per la
cucina e pulizia della casa, come nei mercati del Capo e della Vucciria.
I cibi cotti[modifica | modifica sorgente]
All'interno del mercato i fruttivendoli vendono cibi cotti, tipici della cucina palermitana,
come cipolle bollite o al forno, panelle (frittelle di farina diceci), cazzilli (crocchette
di patate), verdure lesse, polpo e quarume (interiora di vitello).
Bahlara[modifica | modifica sorgente]
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Cuore del quartiere dellAlbergheria, il mercato di Ballar viene cosi chiamato da Bahlara,
villaggio presso Monreale da dove provenivano i mercantiarabi, o da Vallaraya, nome di
un re indiano della regione del Deccan.[1]
Una passeggiata fra le bancarelle di questi mercati pu essere anche loccasione per
unesplorazione nel passato dellIsola. La strada letteralmente invasa da cassette di
legno: contengono la merce che viene continuamente urlata, abbanniata, cantilenata per
Ballar anche il nome di un gruppo teatrale palermitano, di una radio web palermitana, e
anche di una trasmissione televisiva in onda su Rai3.
Il Capo (Palermo)
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Il Capo un antico e noto quartiere del centro storico di Palermo; con lo stesso termine i
palermitani indicano indifferentemente anche il mercato che vi si tiene e con cui il quartiere
si identifica.
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1 Descrizione
2 Storia
3 Curiosit
4 Voci correlate
Il mercato del Capo, insieme agli altri mercati di Palermo come Ballar, La
Vucciria, Lattarini eMercato delle Pulci, un importante punto di smercio agroalimentare al
dettaglio. un animatissimo e caratteristico, addirittura folkloristico, mercato alimentare; i
colori, le urla (i vuci) dei venditori, l'animazione delle bancarelle ne fanno un elemento
essenziale del carattere della citt di Palermo. un mercato attivo tutti i giorni, dando la
possibilit di acquistare sia generi alimentari sia altre mercanzie. Si estende lungo le via
Carini e Beati Paoli, la via di Sant'Agostino e la via Cappuccinelle.
Storia[modifica | modifica sorgente]
Furono gli Agostiniani a popolare questa zona, poich avevano la loro sede nel convento
attiguo alla trecentesca chiesa di Sant'Agostino. Uno degli ingressi principali al mercato
quello di Porta Carini, nei cui pressi il Palazzo di Giustizia. Caratteristico il nome di
alcune delle strade che si trovano in questa zona: via "Sedie volanti", via "Scippateste", via
"Gioia mia".
Curiosit[modifica | modifica sorgente]
Nel 2013, sul campanile della Chiesa della Madonna della Mercede apparso il fantasma
di una suora, poi rivelatosi un effetto di luci e ombre provocato dal muro scrostato e dalle
ombre delle campane.
Lattarini
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Nel corso dei secoli la Vucciria sub diverse modifiche. Il vicer Caracciolo nel 1783 decise
di cambiarne l'aspetto, in particolare della sua piazza principale, che fu chiamata col suo
nome in suo onore. Intorno alla piazza si costruirono dei portici che ospitavano i banchi di
vendita ed al centro fu sistemata una fontana. impossibile descrivere tutti gli odori
caratteristici che pervadono il posto, anche se il tipico odore di pesce risulta certamente il
pi intenso.
All'interno della zona del mercato si trovano palazzi nobiliari ed opere d'arte quali il
Palazzo Mazzarino, appartenuto alla famiglia del celebre cardinale, la fontana del
Garraffello, palazzo Gravina Filangeri di Rammacca al Garraffello.
Muovendosi all'interno del fitto intreccio di vicoli e piazzette del mercato della Vucciria si
possono ritrovare tutti gli ingredienti della cucina siciliana; le coloratissime bancarelle
traboccano di cassette di legno che, grazie ai colori della mercanzia, si trasformano in
scrigni ricolmi dell'oro dei limoni, dell'argento delle sarde fresche e salate, del bronzo delle
olive e del corallo dei pomodori essiccati.
Spettacolari le piramidi di cuccuzzedde, di broccoli verdi, di mazzi di tenerumi. In estate la
scena di questo grande teatro di strada vede trionfare come assoluti protagonisti i muluni
d'acqua e le grandi angurie con il ventre affettato e messo a nudo.
E cosa dire delle mille erbe aromatiche assolutamente indispensabili per la riuscita dei
nostri piatti regionali pi gustosi: l'addauro (alloro), il basilico, il prezzemolo, l'origano, il
finocchietto selvatico ed i capperi diPantelleria; esposte come piccoli tappeti orientali da
preghiera, le cassette basse e larghe traboccano di uva passolina, ingrediente
fondamentale per la pasta con le sarde e il pesce stocco a ghiotta, di mandorle sgusciate,
noccioline croccanti, noci dalla buccia ruvida e pistacchi dolci e salati.
Il variegato mondo dei pesci, poggiato su letti di ghiaccio tritato, rappresentato da
gamberi, orate, scorfani, tonni, pescespada, polpi, seppie e grossi calamari.
Nelle pentole bollenti vengono tuffati i polipi bolliti, conditi a fine cottura con soltanto una
spruzzata di limone. Le sarde salate vengono pulite davanti agli occhi dei clienti.
Caratteristiche sono anche le stigghiole cotte alla brace e le panelle.
Il nome di questo mercato spiccatamente popolare di origine francese: deriva, infatti,
dalla parola francese boucherie ("macelleria"), perch in epoca angioina vi sorgeva un
macello, mentre oggi vi abbondano le carnezzerie, ma non solo. Il mercato venne
immortalato nel 1974 in un celebre dipinto di Renato Guttuso, la Vucciria di Palermo, oggi
conservato a Palazzo Steri. L'allegra baraonda delle bancarelle stata trasformata dal
pittore bagherese Renato Guttuso in una fantasmagorica tappezzeria di odori e di colori: la
Vucciria, dipinta nel 1974, nelle sue mani di artista e di poeta diventata una metafora
della terra di Sicilia e di tutti i suoi abitanti.
Dal 1999 fino al 2007 l'artista austriaco Uwe Jaentsch ha realizzato numerose installazioni
ed opere d'arte alla piazza Garraffello. Nel 2006 lui ha creato la Cattedrale dei rifiuti della
stessa piazza e il Museo Piazza Garraffello con Costanza Lanza di Scalea.
A partire dagli anni 2000 la Vucciria diventata una delle sedi della movida palermitana,
dal pre-sera e fino a notte inoltrata.[1] possibile trovare tanti locali che vendono bevande
a costo inferiore rispetto ai locali di altre zone, e angoli in cui si vende cibo da strada,
[2] dal panino con panelle ecrocch al panino col la milza, dalle stigghiola al polpo.
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1 Curiosit
2 Note
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni
Da alcuni anni sono attivi nel mercato en plein air, il fotografo Santo Eduardo di Miceli,
l'artista Alessandro Bazan, in piazza Garraffello e di recente un secondo atelier del
pittore Mom Calascibetta che ha la sua residenza a Milano ma che ha aperto un nuovo
"Spazio Mom" proprio in piazzetta della Vucciria accanto alla trattoria Shanghai.
Dal 15 giugno al 5 luglio 2010 una personale fotografica di Angelo Trapani [1] sul tema "la
Vucciria" ha avuto luogo presso palazzo Fatta a Palermo. La mostra, inserita nell'ambito
della rassegna fotografica Pot-Show, organizzata della rivista palermitana di fotografia,
arte e culturaPotpourri [2], ha messo in evidenza lo stato di decadenza e di
semiabbandono di alcuni degli angoli pi suggestivi dell'antico mercato.
Negli ultimi anni numerosi edifici della Vucciria sono in fase di ristrutturazione, e numerosi
banchi del mercato sono attualmente chiusi o trasferiti in altri mercati storici. La zona
caratterizzata da una vivace vita notturna, conosciuta per il suo ambiente alternativo e le
taverne.
Ancora oggi sono numerosi nel mercato i banchi del pesce, che viene continuamente
mantenuto umido. Per questo in citt si dice che:
i balati ra Vucciria 'un s'asciucanu mai
Il pavimento della Vucciria non si asciuga mai
Di una promessa o di un avvenimento che non si realizzer mai si dice che avverr
"quannu e balati ra Vucciria s'asciucanu" (quando il pavimento della Vucciria
s'asciugher).
Feste cattoliche
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1 Festivit e
riti
Nella chiesa madre di Lentini, a tutt'oggi, si conserva un busto reliquiario d'argento che
contiene il cuore di Sant'Alfio, che la sera del 9 maggio viene portato in processione.
All'una di notte viene aperta la chiesa e inizia il Giru Santu, ovvero il giro santo effettuato
dai tradizionali Nuri, cio uomini coperti solo da calzoncini bianchi, che scalzi toccano
correndo i luoghi legati al martirio dei tre fratelli, invocandoli con la tipica
espressione Prima Ddiu e i Santi Mattri (Prima Dio e poi i santi Martiri) a cui si
risponde Mattri Santi (Martiri Santi).
Il 10 maggio il fercolo argenteo di Sant'Alfio e le reliquie vengono portati in processione dai
Cavalieri del Santo Sepolcro con il mantello bianco crociato di rosso, la deputazione ed i
Devoti Spingitori, i canonici con la mozzetta purpurea. La citt vestita a festa, tramite le
tradizionali luminarie, e gli stendardi rossi appesi ai balconi delle case, con la scritta "W S.
Alfio", "W. S. Alfio S. Filadelfo S. Cirino" o semplicemente "W. i SS. Martiri".
Tutto questo accompagnato da momenti commoventi, fino all'alba del 12 maggio,
quando il Santo viene riposto nella sua cappella.
I festeggiamenti in onore ai Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino a Lentini rientrano negli
appuntamenti religiosi, culturali e folkloristici pi importanti nel
panorama siciliano ed italiano.
La Chiesa e i Santi Martiri[modifica | modifica sorgente]
Alfio, Filadelfo e Cirino sono tre santi cristiani del III secolo.
Secondo la tradizione agiografica, erano tre fratelli, figli di due patrizi di fede cristiana,
Vitale e Benedetta, vissuti nella cittadina di Vaste in provincia di Lecce; i tre sarebbero
stati uccisi durante l'epoca delle persecuzioni imperiali, accusati di aver provocato la
generale rovina in cui era caduto l'Impero romano. Si concludeva cos la breve vita terrena
dei Tre Santi, ma il Loro sangue non era stato versato invano.
L'ultimo vescovo Costantino (787), intimorito dai pericoli di una imminente invasione
musulmana, impose in gran segreto il trasferimento delle Sacre Reliquie nel suo convento
di Fragal al principio del IX secolo e da allora i lentinesi non ne ebbero pi notizie.
Sino al 22 settembre del 1516 quando alcuni operai, nell'abbattere un muro del monastero
di Fragal, trovarono nascosta in un sacco di tela una cassetta contenente ossa umane ed
un manoscritto in greco antico. Informato l'abate, questi si premur di far tradurre il
documento che conferm essere quelle ossa i resti umani dei Tre Giovani Fratelli che
erano stati martirizzati a Lentini. Grande fu la gioia dei monaci che, dopo una solenne
processione, conservarono le reliquie nella loro chiesa sotto l'altare da tempo consacrato
ai Tre Martiri. La notizia ben presto giunse a Catania e poi a Lentini, dove si decise di
mandare cinque sacerdoti ed un laico alla Badia di Fragal per sondare gli umori di quei
monaci e nello stesso tempo per studiare la topografia del convento nel caso si dovesse
optare per un ricorso alla forza. La missione non ebbe purtroppo un esito felice: sulla loro
richiesta i monaci non si pronunciarono apertamente, avallarono diritti, chiesero di sentire
prima i loro superiori.
Al ritorno a Lentini questa presa di posizione fu illustrata dagli sconfitti ambasciatori ai loro
concittadini che, desiderosi di avere al pi presto i resti dei propri Martiri Protettori,
votarono ad unanimit in assemblea di armare una spedizione per avere con la forza
quello che non erano riusciti ad ottenere con la forza di quella legge naturale che dava loro
il diritto al possesso delle sacre reliquie. Questa, al comando di Giovanni Musso, giunse
sul far della notte del 29 agosto, di fronte al Convento di Fragal. Dopo aver bussato
ripetutamente e rassicurato i monaci delle loro intenzioni, i lentinesi, visti vani i tentativi di
pacifico accesso, decisero l'azione di forza. In breve entrarono nel cortile.
Ai monaci, impauriti per quella brusca invasione di armati, parteciparono ancora una volta
il nobile scopo della loro missione, che altro non era di ritornare in possesso delle reliquie
dei loro Santi protettori; reliquie che alla fine furono loro consegnati dall'abate. il 2
settembre 1517 quindi, 80 cavalieri entrarono al galoppo a Lentini, accolti dagli applausi, e
portavano, sorretta da "fra servo di Dio" la cassetta con le reliquie dei Santi Alfio, Filadelfo
e Cirino. Questa fu consegnata ai sacerdoti della chiesa di Lentini e dopo una solenne
processione custodita nella Chiesa dei Martiri.
Ma se il cittadino lentinese era stato soddisfatto nelle sue aspirazioni la chiesa leontina,
invece, non poteva chiudere questo capitolo della sua nobile storia con quell'atto di forza
"extra legem". Cos mand vari doni ai monaci di Fragal e, successivamente, tramite alla
brillante arringa di difesa di Don Costantino, inviato espressamente dal senato Lentinese
in Vaticano, chiese e ottenne dal sommo pontefice Leone X la conferma della titolarit del
possesso delle reliquie e la remissione di ogni censura.
I Fratelli Martiri esposti all'interno dell'Ex Cattedrale di Lentini il 2 settembre di ogni anno.
La breve vita terrena dei Tre Santi si concluse, dunque, in modo tragico. Essi vennero
per a costituire il seme della chiesa lentinese, che ebbe il privilegio di essere elevata
a sede vescovile, privilegio che tenne sino al 790. Il primo vescovo di Lentini fu Neofito,
nuovo nome di quell'Alessandro, vicario diTertullo, convertitosi anch'egli al cristianesimo e
consacrato nel 259. Seguirono Rodippo (290), Crispo (305), Teodosio Maratonide (338),
Feliciano (372), Herodion (407), Teodosio (438), Crescenzio (496), Luciano I (538),
Alessandro (600), Lucido (643), Luciano II (649), Costantino (787), con cui si chiude la
serie storicamente accertata.
Inni a S.Alfio[modifica | modifica sorgente]
Col passare del tempo, i cittadini lentinesi hanno elaborato una serie di inni in onore del
loro Santo Patrono. Attualmente, gli inni maggiormente utilizzati sono:
Testo di monsignor Moschitto - Musica di Don Paolo Leggeri:
1. A Lentini di zagara adorna,
nella luce dei santi pi bella,
il tuo sangue, cadendo, risorse
in fulgore di splendida stella.
Ritornello: O martire Sant'Alfio,
dammi l'ardente brama
del cielo e dell'amore,
S.Alfio in Piazza Duomo e il popolo lentinese che intona gli inni a Lui dedicati.
Attorno alle tre figure dei Santi Martiri della chiesa di Lentini ruotano numerose leggende e
credenze che vengono trasmesse oralmente da padre in figlio. Alcune di esse trovano
riscontro nelle documentazioni storiche, altre sono basate su testimonianze scritte dagli
storici, altre ancora vengono semplicemente raccontate. Qui di seguito ne riportiamo
alcune.
Il Fercolo di Sant'Alfio, accompagnata dai Devoti Spingitori, prima della celebre Agghianata ra Santa Cruci.
Si narra che durante le persecuzioni cristiane da parte dei romani, i Tre Fratelli di Vaste,
giunti ormai nei pressi di Lentini, pi esattamente nel fiume Simeto, si trovarono nella
difficolt di doverlo attraversare, avendo i soldati romani alle loro spalle; il Simeto allora pi
grande e rigoglioso di quanto sia oggi, era un turbinio di acque. I Tre Fratelli, non avendo
altra possibilit, si avventurarono in quelle acque, ma invece di sprofondarvi, vi
camminarono sopra, mentre i soldati romani che volevano prenderli vi annegarono.
La leggenda del cavallo[modifica | modifica sorgente]
Nella Grotta rupestre di Tertullo, chiamata a rutta di ra Tattullu, carcere dei Tre Santi, nella
parte di destra in alto si possono vedere delle orme di zoccoli di cavallo, di cui non si sa
ben spiegare l'origine. Alcuni dicono sia stato un cavallo alato, altri dicono si trattasse del
cavallo di Tertullo che cadde dalla sommit della grotta, altri le attribuiscono al mito
di Pegaso Alato.
La leggenda della peste[modifica | modifica sorgente]
Quando i Tre Fratelli di Vaste giunsero a Lentini, la trovarono appestata. Riuscirono, per,
a miracolarla, liberandola dalla peste. Oggi, nella chiesa di San Francesco di Paola, si
conserva a sinistra dell'altare un frammento di roccia che conserva le orme dei tre fratelli
che sarebbero state lasciate nel momento in cui Lentini fu liberata dalla peste.
La leggenda dei pozzi[modifica | modifica sorgente]
Quella dei pozzi , forse, l'unica Leggenda che si avvalga di elementi materiali che ne
spieghino l'origine. Si racconta che, durante il martirio dei Tre Fratelli, la lingua mozzata di
Sant'Alfio cadesse a terra, facendo tre balzi e scavando tre pozzi. Ancora oggi nella
Chiesa della Fontana, edificata sulle basi di un foro romano, possibile scrutare i tre pozzi
nel luogo in cui vennero martirizzati. In occasione della Festa Patronale, quello centrale
viene aperto e l'acqua santa contenuta miracolosamente si innalza di livello.
La leggenda del terremoto[modifica | modifica sorgente]
Questa Leggenda riguarda sempre la Chiesa di Maria della Fontana o dei Tre Santi.
Nell'abside, si trovano le statue di cera raffiguranti i Tre Santi. Si racconta che, in
occasione del ricordo della traslazione delle Reliquie dei Tre Fratelli (2 settembre 1517), le
statue vennero spostate e portate fuori dalla Chiesa: nello stesso istante, si abbatt
su Lentini un violento sisma, tanto che le statue vennero immediatamente riportate
S.Alfio all'interno della Chiesa della Fontana con lo sguardo rivolto verso i fratelli.
Nella notte tra il 10 e l'11 di Maggio il Fercolo di Sant'Alfio viene riposto all'interno della
Chiesa della Fontana con lo sguardo rivolto verso i Fratelli, collocati da secoli nell'abside
della chiesa.
Quest'antica usanza rispecchierebbe l'unione fraterna tra i Santi Martiri, la quale supera
ogni barriera temporale.
Nella mattinata dell'11 maggio, nell'ex cattedrale di Lentini vi la celebrazione della SS.
Messa in onore dei Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino, la quale funzione religiosa svolta dal
vescovo dell'Arcidiocesi di Siracusa e accompagnata dalla celebre Corale Polifonica "Ad
Dei Laudem" di Lentini.
La ricorrenza del Tre[modifica | modifica sorgente]
Lentini
Trecastagni
Sant'Alfio
Vaste (frazione di Poggiardo)
San Fratello
Scif (frazione di Forza d'Agr)
La festa si apre con la novena che dura dal 17 al 24 luglio in cui una statua della Santa
viene portata in processione da quattro persone appartenenti alle confraternite religiose
locali per le vie della cittadina madonita. I percorsi effettuati sono in seguenti:
17 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Piazza Margherita- Via Roma- Via
Mario Levante- Piazza San Francesco- Via SantAgostino- Via Maurolico- Piazza Min
Palumbo- ViaVittorio Emanuele Corso Umberto I- Collegio
18 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Via collegio Maria Via \ Piazza San
Paolo arco Benedettini Via Arcomonte Via Trapani Piazza Margherita Via
A.Ventimiglia Via A Via Macello Via Conceria Via Giordano Corso Umberto I
Collegio
19 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Via collegio Di Maria Via
Benedettini Via SantAnna Piazza Margherita Vicolo alberghi Via Aragona Via \
Piazza San Francesco Via Mangano Salita al Calvario Via Cappuccini Via
Leonardo Piraino Via A. Ficile Vicolo Olimpia Via Gugliuzza Corso Umberto I
Collegio
20 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Via Giordano Salita Guerrieri
Largo Parrocchia Via Giovanni Cucco Via Garibaldi Via SantAgostino Salita al
Monte Via Cappuccini Via Petagna Via Paradiso ViaVittorio Emanuele Via
capitano Di Garbo Via Vittorio Emanuele Corso Umberto I Collegio
21 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Corso Umberto I
Piazza Margherita Via Sant Anna Piazza Margherita CorsoUmberto I Salita al
Monumento Via Turrisi Via Anitra Via Collotti Vicolo Olimpia Via A. Ficile Via
Errante Via Abruzzo Piazza Min Palumbo Via Belvedere Via Esperidi
Via Vittorio Emanuele Corso Umberto I Collegio
22 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Corso Umberto I Via Di Stefano
Via Giovanni Cucco Via Antonio Spallino Via Belvedere Piazza Min Palumbo Via
Mariano Raimondi Santa Croce Via Morvillo- via Falcone Via Attanzio Via Tenente
Forte Via Alessandro vetriera Via San Nicol Via Giardini Via Cefal Via
principe Umberto Piazza Matteotti Corso Umberto I Collegio
23 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Corso Umberto I Piazza Matteotti
-Via Vittorio Emanuele Via Sergente Carollo Vicolo Olimpia Via Antonio Ficile Via
Giovanni Guzzio Via Vittorio Emanuele Piazza Min Palumbo Via Mustaf Piazza
Matteotti CorsoUmberto I Collegio
24 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) -Via Roma Via Mario Levante
Via Cavour Piazza Min Palumbo Via Paradiso PiazzaSan Leonardo Via Livolsi
Piazza Matteotti Corso Umberto I Collegio
25 26 e 27 luglio[modifica | modifica sorgente]
Gli ultimi tre giorni di festa sono i principali.
Il 25 luglio si svolge lo storico corteo delle chiavi in cui il sindaco consegna all'arciprete le
chiavi con cui aprire l'urna in cui custodito il teschio di Sant'Anna, ed insieme si recano
alla cappella palatina per aprire la predetta urna ed esporre il busto in argento, in cui
custodita il teschio, ai fedeli.
Il 26 luglio si svolge un importante manifestazione sportiva di rilievo mondiale il Giro
podistico internazionale di Castelbuono la corsa su strada pi antica d'Europa che si corre
dal 1912.
Il 27 luglio si svolge la solenne processione di Sant'Anna in cui vengono portati in
processione il busto in argento della Santa che contiene al suo interno il teschio, le reliquie
del Beato Guglielmo Gnofficompatrono di Castelbuono ed il complesso monumentario
della Madonna del Rosario. Alla processione partecipano oltre alle autorit civili e miliari le
18 Congregazioni religiose maschili nell'ordine riportato nella tabella sottostante.
Ordine
Nome
Sant'Anna
Gruppo Uomini
Cattolici "Pio X"
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Abitino
Bordeaux con
bordo verde
Fiocco dorato
con immagine
Anno di
fondazione
1747, rifondata
nel 1886
Sede
Corporazione
S.Nicol
1909
Partecipa
Marrone scuro
nuovamente alle
Sant'Antonio
con bordo bianco manifestazioni
dal2000
Blu con bordo
1838, ricostituita
Sacro Cuore di Ges
rosso
nel 1884
Nero con il
Santa Rita
1949
colletto bianco
Rosso con bordo Inizio XVI
San Pietro
verde e stemma secolo, rifondata
pontificio
nel 1883
Verde con bordo XVI secolo,
Sant'AntoninoMartire
rosso e coccarda rifondata nel1823
Verde con bordo
Santa Lucia
1883
bianco
Rosso magenta
SS. Crocifisso
con bordo bianco 1786
e coccarda
San Francesco di
Amaranto con
1875
Paola
bordo blu
Congr.Madonna del
Viola con bordo XVIII-XIX
Rosario
bianco
secolo
Marrone con
San Pasquale Baylon
1873
bordo bianco
Celeste con
Maria SS.Immacolata
1699
bordo rosso
Avorio con bordo
San Vincenzo Ferreri
1873
e colletto nero
Celeste con
San Giuseppe
1747
bordo dorato
Nero con bordo
bianco,
1773, rifondata
MariaSS.Addolorata
medaglione e
nel 1835
guanti neri
Bianco con bordo
SS. Sacramento
1539
rosso e immagine
Chiesa del
Calvario
Pastori
S.Agostino
Matrice
vecchia
Maestranze
S.Antonino
San
Vincenzo
S.Antonino
S.Francesco Muratori
San
Vincenzo
S.Antonino Pastori
S.Francesco
Braccianti e
contadini
S.Vincenzo Maestranze
S.Agostino
Falegnami
Matrice
vecchia
Nobilt e alte
maestranze
Matrice
vecchia
Frumentari
18
dell'ostensorio
Nero con bordo
1492
blu e medaglione
S.Vincenzo
Quest'ultime sfilano in ordine di nascita dalle pi giovani sino alle pi antiche ad eccezione
della Congregazione di Sant'Anna che apre la processione in prima posizione. Il percorso
della processione si snoda per le vie principali del paese con inizio e rientro al castello. Al
rientro dell'urna con il teschio quest'ultima viene esposta dal balcone del castello per la
solenne benedizione alla popolazione. La festa si conclude nella notte con i giochi
pirotecnici.
Festa del Santissimo Crocifisso a Calatafimi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La festa del Santissimo Crocifisso una delle feste popolari pi antiche d'Italia, si svolge nella
citt di Calatafimi ogni 5 o 7 anni, nei giorni che vanno dal 1 al 3 maggio.
una festa religiosa in onore di Cristo Crocifisso, la cui devozione nella cittadina
collegata ad un antico crocifisso ligneo di autore ignoto, cui sono attribuite numerose
guarigioni avvenute nel 1657. In tale anno il crocifisso, che si trovava nella sagrestia della
chiesetta di Santa Caterina d'Alessandria, fu portato per la prima volta in processione con
autorizzazione del vescovo di Mazara.
Tradizionalmente, come riporta l'etnologo Giuseppe Pitr, la festa non si svolgeva ogni
anno, ma ogni qualvolta vi fossero abbastanza risorse per organizzarla: ogni 10 anni
dapprima, ogni 5 anni a partire dal 1800[1].
La popolazione calatafimese, divisa in ceti, sfila per tre giorni in processione lanciando
confetti, cucciddati e fiori.
Indice
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1 Origini
2 Ceti
2.1 Ceti scomparsi
2.2 La Sciabica
2.3 La Maestranza
2.4 I Commercianti
2.5 I Borgesi di San Giuseppe
2.6 Gli Ortolani
2.7 I Mugnai
2.8 I Pecorai ed i Caprai
2.9 I Macellai
2.10 I Borgesi
2.11 I Cavallari
2.12 I Massari
3 Note
4 Bibliografia
La festa del SS. Crocifisso viene celebrata solennemente sin dal 1657. Inizialmente i
festeggiamenti si celebravano in giugno;furono poi spostati a settembre e poi agli inizi di
maggio. Nella chiesa di S. Caterina, tra il 23 e il 25 giugno 1657,un crocifisso ligneo nero
oper vari prodigi. Una mattina, mastro Fontana trov il Crocifisso caduto e istintivamente
lo rimise a posto. Il giorno dopo lo ritrov di nuovo a terra con un braccio staccato e dopo
avergli incollato il braccio,con una zagarella (nastro) azzurra. Lo appese alla croce. Il
giorno 23 giugno 1657,mastro Fontana si rec nella chiesa diSanta Caterina con linfermo
Francesco Saltaformaggio,e vedendo che nuovamente il Crocifisso era di nuovo a
terra,chiese allamico di aiutarlo e glielo diede in mano e immediatamente guar. Mastro
Fontana si port a casa la zagarella che fece miracolo sulla moglie indemoniata.
Nel novembre1657, due ricchi borghesi, donano quattro once e 35 tar per laltare e altre
spese necessarie al culto come chiesto dalla Curia Vescovile di Mazara. Nellarco di 100
anni il popolo ingrandisce la chiesa di Santa Caterina dedicandola al SS Crocifisso. Il 19
dicembre 1657 i giurati,chiedono al Vescovo il permesso di condurre in processione il SS.
Crocifisso per poi deporlo nella nuova cappella. Da allora ad oggi tutto il popolo si
suddiviso e raggruppato in diversi ceti e ha sempre reso omaggio al Suo Protettore per
aver dato labbondanza dei raccolti e la ricchezza nel lavoro benedetto da Dio. Il dono del
pane dato a tutti in abbondanza nel corso dellomaggio del SS. Crocifisso,inizialmente
mirava nel far gioire anche i poveri nei giorni di festa. Quel pane oggi diventato lu
Cucciddatu. Il Crocifisso and perduto il 25 settembre del 1887 quando, in occasione
della festa della Madonna di Giubino,un incendio distrusse la cappella. Il Crocifisso fu
subito sostituito e benedetto da Papa Leone XVII. Nel 1988,Padre Ingarra lev i marmi alla
base della croce,perch si diceva che erano stati murati pezzetti del SS. Crocifisso
bruciato,in effetti li trov,prese il pezzetto pi grande che cera e lo sistem in una
reliquiario dargento che viene portato in processione.
Ceti[modifica | modifica sorgente]
I Ceti hanno statuti ben precisi, con amministrazioni che si rinnovano, in genere, al termine
di ogni "Festa" e sono:
La Sciabica,
La Maestranza,
I Commercianti,
I Borgesi di San Giuseppe,
Gli Ortolani,
I Mugnai,
I Pecorai ed i Caprai,
I Macellai,
I Borgesi,
I Cavallari,
I Massari.
Ceti scomparsi[modifica | modifica sorgente]
Li burgalori
Li maddalinari
Braccianti
Mezzaioli
Crivellatori
Vulgalori
Cirniturari
Trappitari
Sculari
Carbonari
Careri
Clerici
Fornari
Jurnateri
Picciotti
Saccari
Schetti
Lavanneri
Linalori
Spatuliaturi
Innocenti
La Sciabica[modifica | modifica sorgente]
Il nome Sciabica, di origine araba, significa rete, nella quale finisce ogni sorta di pesce e,
per analogia, il vocabolo indica il Ceto che raccoglie tutti coloro che non hanno un ceto
specifico, senza alcuna distinzione.
La sciabica il ceto pi giovane tra tutti quelli che partecipano alla festa.
Lo stendardo del ceto in velluto rosso, in un lato vi riprodotta l'immagine della Maria
SS. di Giubino, con la scritta "Madre e gloria del popolo di Calatafimi", nell'altro lato vi
rappresentata la faccia del SS. Crocifisso con la dicitura "Ges Crocifisso proteggi il tuo
popolo". Entrambi i dipinti dell'attuale stendardo sono stati eseguiti da suor Emilia
Camilleri, delle Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria (PA),
rispettivamente negli anni 1977 e 1979.
La Maestranza[modifica | modifica sorgente]
maestranza
Ceto molto caratteristico che sfila per le vie del paese a passo di marcia.
presente con l'alabarda, arma del cinquecento, sempre accanto al SS. Sacramento. Nei
secoli passati costituiva la "Milizia urbana", corpo armato alle dipendenze dei giurati
(autorit cittadine), pronto ad intervenire nei momenti di bisogno. La maestranza aveva il
compito di proteggere l'intera comunit calatafimese e nel 1573 si radun sul Monte Tre
Croci per proteggere Calatafimi da un eventuale attacco; infatti si temeva uno sbarco
delle triremi turche.
La M. iniziale del nome di Maria e l'ostia d'oro ricamata nello stendardo, indicano l'amore
di questo Ceto per la Madonna e per l'eucarestia. Durante la festa, La Maestranza il
primo ceto a sfilare per le vie cittadine.
I Commercianti[modifica | modifica sorgente]
Il ceto dei commercianti stato fondato solo da pochi decenni, nelle precedenti "Feste" i
Commercianti non avevano un ceto proprio. Dopo gli anni quaranta, a seguito delle
trasformazioni economico-sociali dovute alla guerra e alla notevole trasformazione
avvenuta nel campo agricolo, i Commercianti cominciarono ad organizzarsi, dando un
certo contributo allo sviluppo del paese.
Ogni anno, il 3 di maggio, il ceto dei commercianti offre alla cittadinanza un bellissimo
spettacolo di giochi d'artificio.
I Borgesi di San Giuseppe[modifica | modifica sorgente]
Ceto Ortolani
Il ceto degli Ortolani o Iardinara uno dei pi antichi, esso compare negli archivi sin
dal 1689.
Nel loro stendardo vi raffigurato Ges nell'orto degli ulivi. Durante la sfilata i soci del ceto
si dispongono su due file e ognuno tiene in mano una candela. Al centro delle due file sfila
un ragazzino che porta un'urnetta sorretta da un'asta dove all'interno vi San Palinu.
Grazie a un congegno meccanico il ragazzino fa muovere il santo, facendo vedere cos il
santo mentre pianta ortaggi. In coda alle due file chiude ilcassiere che porta in mano la
caratteristica coppa del ceto. Molto suggestivo il carro addobbato di fiori e ortaggi dove
ragazzi e ragazze vestiti da ortolani lanciano fiori alla cittadinanza.
I Mugnai[modifica | modifica sorgente]
I Mugnai
Anche se ormai a Calatafimi il mestiere del mugnaio scomparso, il ceto raggruppa tutti i
figli ed i nipoti di coloro che lavoravano ai mulini. I mulini ad acqua presenti a Calatafimi
erano 15 e tutti sorgevano lungo il fiume Kaggera. Ogni anno, nel pomeriggio di Pasqua, i
Mugnai portano la "Santa Cruci" d'argento, donata da loro nel 1776 al SS. Crocifisso, nella
chiesa della Madonna di Giubino.
Durante il primo giorno di festa i mugnai sfilano in processione con la "Santa Cruci" per le
vie del paese, distribuendo alla popolazione le "Milidde". Nello stendardo del ceto
rappresentata una croce ricamata in oro zecchino.
I Pecorai ed i Caprai[modifica | modifica sorgente]
Inizialmente, erano due ceti diversi, ma nel corso degli anni si sono fusi per formare un
unico ceto.
I due ceti hanno Santi protettori diversi, San Pasquale Baylon il santo dei Pecorai ed
rappresentato sul loro stendardo mentre si trova in adorazione davanti al SS. Sacramento.
I caprai, invece, hanno come protettore San Gregorio (Vivroli in siciliano).
Durante i giorni di festa sfilano con abiti siciliani caratteristici distribuendo alla
gente formaggio fresco mentre alcuni giovani portano "U Circu" con, appesi alla
circonferenza, pecorelle, cestelli e frange confezionati con formaggio fresco, due pecorelle
in legno contornate di monete e una piccola urna con San Pasquale portata anch'essa a
spalla da quattro giovani in vesti folkoristiche
I Macellai[modifica | modifica sorgente]
Uno dei ceti pi piccoli come numero di partecipanti, ma, non per questo, meno
importante. Dal 1727, fino a qualche decennio fa, i Macellai, omaggiavano il SS. Crocifisso
con due tar per ogni bue, vacca, vitellaccio, ecc.
Sfilano per le vie cittadine portando il loro stendardo, a coda, di velluto rosso, sul quale sta
una Croce ricamata in oro.
Il presidente del ceto, posto alla fine delle due file composte dai componenti del ceto, tiene
in mano come "Prisenti" (dono) la coppa con le monete d'oro.
I Borgesi[modifica | modifica sorgente]
I Massari, o Massarioti erano sovrintendenti, che si occupavano dell'affitto dei feudi, delle
greggi e delle imprese cerealicole, e in seguito, i ricchi borgesi che governavano la
"Massaria", azienda con buoi e pecore.
Attraverso i campieri, su cavalli, con fucile e frusta, si scortavano nelle sfilate,
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sono insufficienti.
Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.
La Festa della Madonna della Visitazione, santa patrona della citt di Enna, , assieme
ai riti della Settimana Santa, l'evento religioso pi importante del capoluogo ereo. La festa
si tiene il 2 luglio, data che la Chiesa ha concesso alla citt per i festeggiamenti
nonostante la Madonna della Visitazione sia celebrata in un altro giorno dopo la riforma
del calendario ecclesiastico.
Indice
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1 Storia e co
ntestualizzazione
2 La Bella Leggenda
3 I delegati ennesi a Venezia
4 Festeggiamenti
4.1 29 giugno
4.2 2 luglio, giorno della Festa
5 La citt di Enna miracolata
I festeggiamenti cominciano 3 giorni prima del giorno clou, che il 2 luglio (sebbene la
citt si prepari con l'illuminazione artistica gi 2 settimane prima), creando un clima
d'attesa nella cittadinanza e nei turisti, per culminare appunto il secondo giorno
di luglio caratterizzato dal trasferimento in pompa magna dell'immagine della Madonna
della Visitazione dal Duomo alla Chiesa di Montesalvo. Il 3 luglio dedicato al compatrono
San Primo mentre i riti si concludono la seconda domenica di luglio, con il rientro in
Duomo della Vergine Maria.
29 giugno[modifica | modifica sorgente]
Maria SS. della Visitazione patrona del popolo Ennese, sulla vara chiamata nave d'oro
Essa verr portata in processione lungo tutte le vie principali della citt fino alla Chiesa di
Montesalvo, con spari di cannoni nelle tappe di sosta. La seconda parte del viaggio la
pi difficoltosa, perch la processione non segue i viali moderni del quartiere Monte che
portano a Montesalvo, bens l'antica, stretta e tortuosa via Mercato, nella quale la nave
d'oro viene spesso calata e trascinata quasi a rasoterra, perch la strada poco larga.
L'angusta salita che precede Montesalvo (secondo punto pi alto di Enna) viene effettuata
dai 124 uomini che sorreggono la pesantissima nave d'oro a corsa, mentre la statua della
Vergine ondeggia e vacilla e la statua di sua cugina Elisabetta esce da Montesalvo per
accoglierla.
La citt di Enna miracolata[modifica | modifica sorgente]
L'11 gennaio 1693 un terremoto catastrofico di magnitudo 11 colp la Val di Noto e quasi
tutta la Sicilia. Ci furono oltre sessantamila morti, circa settanta paesi colpiti, ma
miracolosamente Enna non sub grossi danni. E ancora oggi, si ricorda quel giorno con
una messa al Duomo dove per l'occasione esposto il simulacro di Maria Ss della
Visitazione, patrona del popolo ennese.La Madonna viene esposta ricordare quel triste
evento, che vede in questa ricorrenza come un ringraziamento alla Madonna che
salvaguard Enna.Prima la citt ringraziava la Madonna, in questa data, con una festa
analoga a quella del 2 luglio,festa Patronale. Adesso si susseguono solo funzioni speciali
con il canto del Te Deum,come ringraziamento a Dio per intercessione della Madonna.
Festa di Santa Barbara a Patern
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Indice
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1 Storia dell
a festa
2 La processione
3 Le altre feste in onore di santa Barbara a Patern
4 Note
5 Bibliografia
6 Collegamenti esterni
Il culto religioso di santa Barbara venne introdotto a Patern dai cavalieri dell'ordine
Teutonicoattorno al XIII secolo.
Secondo la tradizione in seguito alla peste che colp la Sicilia nel 1576, diffusasi il 22
luglio in citt a partire dall'antico quartiere di Santa Barbara (oggi "Falconieri"), gli abitanti
portarono le suereliquie nella chiesa di Sant'Antonio abate, trasformata in lazzaretto, e ne
invocarono la protezione. La liberazione della citt dal morbo fu interpretata come un
miracolo della santa.
La processione[modifica | modifica sorgente]
il cereo degli operai, chiamato anche dei muratori o di Santa Barbara, per il fatto che
l'ultima e precede il fercolo della santa;
dei contadini;
dei commercianti, anticamente dei putiari d' vinu, cio coloro che vendevano il vino;
dei panettieri o mugnai;
dei dipendenti comunali, un tempo dei macellai;
dei pescatori;
degli ortolani;
dei camionisti, un tempo dei carrettieri;
dei massai.
I cerei sono stati realizzati nel corso del XVIII secolo in legno scolpito e indorato, che nel
tempo sono diventati parte integrante della festa. Patern vanta di avere il maggior
numero di cerei in tutta la provincia dopo Catania[1].
La vigilia
Il giorno della vigilia della festa, il 3 dicembre, nella chiesa di Santa Barbara fin dal
mattino, vengono esposte alla venerazione dei fedeli le reliquie della santa. Segue la
celebrazione della messa con la partecipazione del corpo dei Vigili del Fuoco (dei quali
patrona), presieduta dal parroco.
Nella serata vi la solenne concelebrazione eucaristica, che precede la processione con
le reliquie che ogni anno viene celebrata in una diversa parrocchia della citt. La
processione percorre le vie principali della citt, con la partecipazione delle associazioni,
delle confraternite, del clero, delle autorit civili e militari e dei fedeli e si conclude nella
chiesa di Santa Barbara con la benedizione solenne.
La vigilia si conclude nella tarda serata con l'ingresso del carro trionfale infiorato che
rappresenta l'apoteosi di santa Barbara, tra inni e spari di fuochi dartificio.
Il martirio di santa Barbara
Il mattino del 4 dicembre, giorno in cui viene ricordato il martirio della santa, le campane
delle chiese cittadine suonano a festa e vengono sparati 21 colpi dal Castello normanno,
mentre le bande musicali suonano per le vie del paese.
Verso le ore otto nella chiesa della patrona si svolge la svelata della santa cio l'apertura
della cameretta che custodisce per tutto l'anno il suo simulacro.
Successivamente il busto reliquiario della santa viene portato in processione. La prima
sosta avviene in contrada Falconieri nella chiesa dell'Itria, che prima dell'edificazione della
parrocchia di piazza Santa Barbara, aveva ospitato il culto della santa.
La seconda sosta ha luogo in piazza Vittorio Veneto, dove secondo la tradizione sarebbe
avvenuto il miracolo del debellamento dell'epidemia di peste. Successivamente
la vara passa per le varie chiese della citt fino al rientro nella chiesa di Santa Barbara in
tarda notte.
Il giorno del pontificale
La mattina del 5 dicembre per il corso principale della citt, la via Vittorio Emanuele,
sfilano tutte le autorit civili e militari sino a piazza Santa Barbara, dove vengono resi gli
onori al monumento ai caduti in ricordo delle vittime di tutte le guerre.
All'evento fa seguito la messa pontificale celebrata dall'arcivescovo di Catania. Il fercolo fa
poi il suo cammino nella zona nord della citt per poi andare in piazza Indipendenza,
accompagnato da fuochi pirotecnici.
Nella tarda notte, il busto di santa Barbara ritorna nella sua chiesa, dove i fedeli assistono
al suo rientro nella cameretta che lo ospita.
L'ottava della festa
Ad una settimana di distanza, le festivit riprendono l'11 dicembre con la celebrazione
della santa messa, a seguito della quale il simulacro e le reliquie di santa Barbara
vengono portate processionalmente nella piazza antistante la chiesa per l'atto di
affidamento e la benedizione della citt per poi essere definitivamente riposti nella sua
cameretta.
Le altre feste in onore di santa Barbara a Patern[modifica | modifica sorgente]
La festa di maggio
La festa ha luogo il 27 maggio, e rapprersenta il patrocinio della Santa a Patern, che si
svolge dal 1983.
Venne istituita in occasione delleruzione dellEtna nel 1780, la cui lava minacciava di
raggiungere la citt di Patern. Il 27 maggio dello stesso anno, dalla chiesa di Santa
Barbara si snod una processione penitenziale con il busto reliquiario della santa
accompagnato. Secondo la tradizione la lava si sarebbe fermata quando la processione
giunse presso il feudo di Ragalna ponendo le reliquie davanti al fronte lavico.
La festa conosciuta dai paternesi con l'appellativo di Santa Barbara delle rose in quanto
il busto della santa viene adornato da una corona di rose. Tale usanza risale alla prima
processione del 1780 quando, avvenuto il miracolo, i fedeli intrecciarono una corona di
rose, ponendola sul busto della santa durante la processione di ritorno al paese.
La festa di luglio
Definita anche festa di Santa Barbara di mezza estate ha luogo il 27 luglio e rievoca la
traslazione delle reliquie della santa.
Tale festivit trae origine quando nel 10 luglio 1660 venne donata ai giurati di Patern la
reliquia del braccio della santa da parte di fr Stefano de Marines dell'ordine dei
predicatori, del convento di Messina e il 27 luglio del 1667 venne donata alla chiesa di
Santa Barbara.
Il 27 luglio del 1731 i padri benedettini della chiesa della Gancia di Patern donarono
unaltra reliquia di santa Barbara alla chiesa della santa patrona.
In questo giorno il busto della santa viene esposto ai fedeli all'interno della chiesa.
Festa di San Giacomo a Caltagirone
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Questa voce o sezione sugli argomenti eventi e Sicilia ritenuta non neutrale.
Motivo: Toni poco enciclopedici, ad es. "imponente sfarzo", "fantasmagorico spettacolo", etc...
Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finch la disputa non risolta. Segui i suggerimenti
(SCN)
Giorgiu cavaleri, vui a cavaddu e iu a peri,
vui ch'andasti a lu livanti chi vinisti a lu
punenti, sta grazia m'ati a fari tempu un
nenti.
(Detto ragusano)
(IT)
San Giorgio cavaliere, voi a cavallo e io a piedi,
voi che siete andato a levante, che siete venuto a
ponente, questa grazia mi dovete fare in tempo
breve
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Martirio di San Giorgio
Tradizioni religiose processioni
Tradizioni profane Ballata del Santo
Data d'istituzione 1091
Questo box: vedi disc. mod.
La festa di San Giorgio una festa molto singolare che a Ragusa non si festeggia il 23
aprile come sarebbe logico, ma l'ultima domenica di maggio.
Caratterizzata dalla processione che si articola per le strade di Ibla, la statua del Cavaliere
(rappresentato a cavallo, vestito come un antico soldato, armato di una corta spada
mentre affronta e uccide un terribile drago) viene portata a spalla dai fedeli e seguita da
una folla di devoti. Per la grande occasione la chiesa viene addobbata con stendardi, fiori
e luci e la statua del santo viene posta al centro della chiesa per la venerazione dei fedeli.
L'intera citt - vicoli, strade, piazze, si veste di luminarie e di vivaci colori, inoltre le
pregevoli porte intagliate della chiesa madre, che nel corso dell'anno rimangono coperte
da due imposte, si aprono per la gioia dei fedeli. I festeggiamenti cominciano una
settimana prima, ma finalmente gli ultimi tre giorni (venerdi sabato e domenica) a suon di
banda e di mortaretti si porta fuori il simulacro di San Giorgio.
La statua che fu opera dello scultore palermitano Rosario Bagnasco verso la seconda
met dell'Ottocento composta prevalentemente di legno di ciliegio, questo materiale
infatti di facile intarsio nella lavorazione con aggiunta di altri materiali ferrosi distribuiti
nelle parti, opera di eccellente valore artistico ed espositivo, le forme infatti sono in
equilibrio tra di loro, lo sguardo del cavaliere, la posizione della testa del cavallo in perfetta
armonia con esso danno a questa statua equestre una sensazione di attraente folclore
allegorico, ci nonostante consente ai portatori di danzare quasi a passo di musica, di farla
girare e di alzarla a braccia fino a "lanciarla" in aria per riprenderla poi. La statua del
Cavaliere preceduta da un'altra portantina sulla quale posta la "Santa Cassa" in
argento lavorato con le reliquie dei santi. La statua viene portata in piazza dove si forma la
processione che, con il clero in testa, seguito subito dopo dalla "Santa Cassa", dalla statua
del santo, dalla banda musicale e quindi dai fedeli comincia il giro delle caratteristiche vie
di Ibla.
Tra le manifestazioni collaterali, si pu assistere a numerosi concerti musicali di artisti
abbastanza noti, esibizioni di gruppi, sbandieratori ed infine il clou dello spettacolo dato dai
suggestivi fuochi pirotecnici.
Festa di San Giovanni Battista a Ragusa
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La Festa di San Giuseppe, la festa patronale che si svolge a Santa Maria di Licodia,
in provincia di Catania.
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1 Storia
2 La Festa
2.1 Il Sabato
2.2 La Domenica
2.3 Il Luned
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni
Le origini del culto di San Giuseppe a Santa Maria di Licodia sono incerte. Sicuramente
ebbero la loro genesi durante il secolo XVII, epoca in cui venne realizzato
lattuale simulacro, ma certamente la festa in suo onore ha origini tra il seicento e il
settecento, come si evince da note di spesa del monastero per la festa del paese, in cui si
fa menzione di uso di apparati, musiche e mortaretti, altra fonte si trova negli scritti di don
Anselmo Val di Bella del 1754. Nella visita pastorale del vescovo Deodato Moncada del
1808, si fa menzione particolare dellaltare di San Giuseppe, descrivendone gli arredi tra
cui una tela posta innanzi alla porta che celava la statua. Non si al corrente della data
esatta di elevazione a Patrono, ma ci d un indizio lincisione della seconda campana della
chiesa, datata 1827, fusa dal popolo in onore del Patrono San Giuseppe. Con lelevazione
di Licodia a comune autonomo (1841), il consiglio comunale delibera e accetta il Patriarca
come Patrono Principale. Fino all'anno 1875 la festa veniva celebrata in data mobile nel
mese di settembre, con la processione della Reliquia nel primo giorno, del simulacro nel
secondo, mentre nel terzo veniva portato in processione San Luigi Gonzaga. Il 7 giugno
1876 il Consiglio Comunale, per dare conferma alla forte devozione popolare, rivolse
un'istanza alla Santa Sede, Onde degnarsi sanzionare che questo Comune sia posto
sotto lo speciale Patrocinio del Glorioso Patriarca San Giuseppe. Il beato Giuseppe
Benedetto Dusmet, Cardinale Arcivescovo di Catania e Abate titolare di Santa Maria di
Licodia e San Nicol l'Arena, con bolla Ut in die Feste Patrocinii Sancti Josephi del 23
novembre 1876, concesse e fiss la data della celebrazione dei festeggiamenti nellultima
domenica del mese di agosto, in concomitanza con lanniversario di fondazione e
infeudazione del villaggio di Licodia (agosto 1143) e della successiva autonomia comunale
ottenuta con Regio Decreto nell'agosto del 1840. Nella seduta comunale dell'11 luglio
1948, a seguito dei dissensi e disordini provocati dal Sacerdote Giuseppe Ronsisvalle
Corsaro in merito alla proclamazione della Madonna del Carmelo a patrona del Comune, il
sindaco e il consiglio, favorendo la volont dei cittadini, proclamava San Giuseppe unico
Patrono di Santa Maria di Licodia.
La Festa[modifica | modifica sorgente]
Uno dei momenti pi attesi senzaltro la svelata, o in gergo locale a sbarrata di San
Giuseppi. Nella serata del sabato, dopo la messa nella chiesa della Consolazione e la
processione delle confraternite e associazioni locali, nella Chiesa Madre gremita, i fedeli
assistono alla commovente elevazione del simulacro, che attraverso un argano, sale
lentamente da dietro laltare, accolto dai VIVA SAN GIUSEPPE, dagli applausi, dal suono
dellorgano, delle campane e della banda e dallo sparo di fuochi dartificio. Segue la
La domenica lapice dei festeggiamenti. Dopo la messa solenne delle nove, tutto si
mobilita per la trionfale uscita, il prezioso fercolosettecentesco, avara, viene portato
allaltare maggiore, da qui il Santo scende, e il grido E GRIDAMU TUTTI VIVA! VIVA SAN
GIUSEPPI!rimbomba tra le navate della chiesa. Quando il Santo gi ancorato al fercolo
si passa alla cerimonia della vestizione, nella quale i preziosi che i devoti offrono al
Patrono vengono sistemati sul simulacro. Quando anche questa finisce, il capo fercolo u
mastru di vara suona la campanella che da inizio alla processione.
Il fercolo accolto dalla piazza gremita dai viva, dagli applausi, dalla musica dal lancio di
volantini, zaareddi, dalla interminabile moschetteria e da una tempesta di fuochi
dartificio. Quando lo spettacolo finisce, il popolo devoto saluta il proprio Protettore con la
Cantata, a questa segue la benedizione e la distribuzione del pane di San Giuseppe,
simbolo della Divina Provvidenza, che i devoti si contendono a gran fatica. La processione
si snoda per le vie del centro, adornate dalle caratteristiche bandiere ocra e blu, accolta
dai devoti, che elargiscono offerte e doni a San Giuseppe. La vara tirata mediante il
cordone da bambini, giovani, adulti, e anziani, tutti uniti nel nome di Giuseppe. Momento
particolare della processione e la corsa nella ripidissima cchianata de Caseddi, qui i
devoti si cimentano, in una faticosa impresa, per percorrere di corsa la salita, che data la
difficolt del percorso viene effettuata in tre riprese. Larrivo sotto la piazza trionfalmente
accolto dai numerosi spettatori e dai fuochi. La processione continua per i quartieri della
Matrice. Nellantico rione Pepe, avviene la benedizione dei bambini, che offrono al Santo il
giglio. La serata della domenica conclusa dal Pontificale e dallo spettacolo di musica
leggera.
Il Luned[modifica | modifica sorgente]
La giornata del luned aperta dai colpi di cannone, e la mattinata allietata dalle note del
corpo bandistico per le vie della cittadina. La sera dopo la messa vespertina avviene la
seconda uscita del fercolo. La lunga processione, coinvolge quasi tutti i quartieri del
paese.
Al termine della festa, il simulacro del Patrono viene custodito nella Cameretta fino alla festa futura
Frequenti sono le soste del fercolo per le offerte di cacciagione, frutta, pane e qualsiasi
altro prodotto, che verr conteso allasta quando la processione avr fine. Momenti salienti
della processione serale del luned sono gli omaggi dei vigili urbani, dellarma dei
carabinieri e della parrocchia della Madonna del Carmelo, dove al passaggio della
processione si ripete la cantata. Attesissima la Calata dellAngelo, al quartiere dei Larghi.
Nella sua parte conclusiva la processione percorre tutta la via principale, e arriva nella
piazza gremita di fedeli e devoti che aspettano lasta, durante la quale vengono contesi i
doni che la cittadinanza ha offerto al Patrono. Al termine dellasta il fercolo rientra in
chiesa, e tra i viva incessanti dei devoti il simulacro di San Giuseppe viene prelevato dal
fercolo e deposto e velato nella Cameretta che lo custodisce durante lanno. In tarda
nottata un grandioso spettacolo pirotecnico chiude i festeggiamenti in onore al Sommo
Patriarca.
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1 Inizio dell
e festivit di dicembre
La festa patronale della Santa siracusana, sebbene sia preceduta da una preparazione
composta da momenti di preghiere e di altre iniziative prettamente religiose che inizia 13
giorni prima (tale preparazione viene definita tredicina), comincia ufficialmente in
Cattedrale la mattina del 12 dicembre con la traslazione del simulacro argenteo dalla sua
"cameretta" all'altare maggiore. La sera vengono poi celebrati, sempre in Cattedrale, i
vespri solenni presieduti dall'arcivescovo a cui partecipano diversi sacerdoti della diocesi,
diaconi, il seminario arcivescovile, oltre a diverse autorit civili e religiose. Alla fine dei
vespri viene distribuita ai fedeli la "cucca", dolce tipico Luciano che viene preparato come
da tradizione il giorno antecedente alla festa.
La festa del 13 dicembre[modifica | modifica sorgente]
questo il giorno principale della festa, in cui tutta la citt e non solo si stringe attorno alla
Vergine e Martire siracusana. Il simulacro argenteo viene portato a spalla da 60 berretti
verdi (nomignolo affibbiato ai portatori) dalle ore 15:30 circa quando, tra il suono festoso
delle campane, viene portato dalla Cattedrale su Piazza Duomo gremita di devoti in
attesa.
Dopo un breve discorso a sfondo sociale dell'arcivescovo alla cittadinanza, la processione
scende lungo il passeggio Aretusa per varcare, nel tardo pomeriggio, la "Porta Marina"
(attigua al Porto grande), qui avviene uno dei momenti pi toccanti della giornata, ovvero il
saluto di marinai e di militari che fanno suonare a festa le sirene delle loro navi. Dopo di
ci, il Simulacro di Santa Lucia pu dirigersi verso il ponte a Lei intitolato per consentire
una sosta di alcuni minuti.
Quando il corteo ormai sulla terraferma, percorre il corso Umberto dove svolta per viale
Regina Margherita avvicinandosi quindi al cuore della Borgata Santa Lucia salendo per via
Piave fino ad arrivare in piazza Santa Lucia e alla Basilica di Santa Lucia al Sepolcro.
Entrato in basilica, il Simulacro viene sistemato sull'altare maggiore dove rester dinanzi ai
Portatori di S.Lucia
Giorno 20, giornata tradizionalmente definita dai siracusani come l' ottava, il simulacro di
S.Lucia, rispetto al tragitto di sette giorni prima, osserva diverse soste molto sentite dai
fedeli. La processione prevede come orario di inizio le ore 16:00 con partenza dalla
basilica della Borgata, e non molto tempo dopo in programma la prima fermata
alSantuario della Madonna delle Lacrime dove avviene l'incontro tra la Santa e Maria
attorno al quale si stringe la comunit del tempio Mariano con il suo Rettore che tiene un
breve discorso alla cittadinanza.
A pochi metri dal Santuario situato l'ospedale umberto I ed una volta terminata la prima
visita qui che la processione si ferma nuovamente assistendo alla visita ai malati e
partecipando al momento di preghiera gestito dalla comunit ospedaliera.
Terminata quest' altra sosta, la processione riprende il suo cammino scendendo lungo il
corso Gelone e le vie limitrofe del centro cittadino, la discesa verso l'isola comincia dalla
cima del corso umberto, giunti al ponte umbertino (i ponti per i siracusani), viene effettuata
l'ultima sosta per dare il via al tradizionale spettacolo pirotecnico.
Una volta rientrati nell'isola di Ortigia da piazza Pancali, il percorso prevede la salita del
corso Matteotti e successivamente una nuova deviazione per la centralissima piazza
Archimede e stradine attigue con destinazione finale piazza Duomo. Il rientro in Cattedrale
viene salutato con il definitivo sparo dei botti, e dopo le operazioni di rito, avviene la
conservazione del Simulacro argenteo nella nicchia dove rimane chiuso fino alla prima
domenica di maggio, quando in programma la festivit di Santa Lucia re quagghie.
Festa di Santa Lucia ad aprile[modifica | modifica sorgente]
Da dieci anni, come intermezzo tra le tradizionali festivit di dicembre e maggio, se n'
inserita un'altra per commemorare il miracolo del 1735 caratterizzato dalla sudorazione
della Statua marmorea di Santa Lucia ospitata nel Sepolcro a Lei dedicato.
L'ultima domenica di aprile, quindi, una piccola statuetta raffigurante la Martire aretusea
viene portata in processione, il cui percorso originariamente era racchiuso nella Borgata
Santa Lucia spostato ed esteso, dall'aprile 2011, all' ultimo sabato di aprile e dalla Borgata
a Ortigia seguendo, in un certo senso, la tradizione dicembrina.[2]
Festa di Santa Lucia a maggio[modifica | modifica sorgente]
La festa del Patrocinio di Santa Lucia, pi comunemente definita come Santa Lucia re
quagghie (appellativo dialettale aretuseo per definire i colombi), si svolge le prime due
domeniche di maggio per ricordare il miracolo avvenuto nel maggio 1646 quando a
Siracusa divamp la carestia "interrotta" dall' arrivo nel porto aretuseo di navi cariche di
grano oltre che di altro cibo. La leggenda narra inoltre che a comunicare il miracolo fu una
colomba entrata all' interno del Duomo per comunicare alla popolazione l'avvenimento del
miracolo, ecco spiegato perch le quagghie sono il simbolo di tali festeggiamenti.
Prima domenica (il volo re quagghie)[modifica | modifica sorgente]
mezziogiorno quando il Simulacro esce dal Duomo per dare vita ad una breve ma
sentita processione nella stessa piazza per raggiungere l'attiguaChiesa di Santa Lucia alla
Badia, non prima di sostarsi per alcuni minuti rispettivamente per il tradizionale discorso
dell'arcivescovo e soprattutto per il lancio delle quagghie dalle gabbiette in cui sono
custodite. Al termine della celebrazione, il Simulacro argenteo accede nella suddetta
chiesetta dove permane per una settimana.
Seconda domenica (giro di Ortigia e conclusione dei festeggiamenti)[modifica | modifica sorgente]
La processione parte dalla Chiesa della Badia alle 19 circa per effettuare il giro esterno di
Ortigia. Scende per la fontana Aretusa e il Castello Maniace in direzione del lungomare di
Ponente, successivamente si riaddentra nell' isola svoltando per via Roma
attraversarsando quindi i rioni dellaCannamela e della Giudecca.
Giunti in via Maestranza il suono festoso delle campane della Chiesa dell'Immacolata
accoglie il corteo che effettua una breve sosta, al termine della quale riprende la marcia
verso piazza Duomo dove rientra in Cattedrale sancendo la definitiva conclusione dei
festeggiamenti e la riconservazione nella "cameretta".
Storia[modifica | modifica sorgente]
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Secondo una convinzione popolare il terremoto del 13 dicembre 1990 che colp Siracusa e
i comuni limitrofi non ebbe degli effetti disastrosi a causa dell'intercessione della Santa a
protezione della citt. In quell'occasione pur di festeggiare la Santa, nonostante lo stato
d'emergenza, il simulacro fu portato in processione dai vigili del fuoco. Da allora, in ricordo
di quell'occasione e in segno di devozione, ogni anno i vigili del fuoco danno il cambio ai
portatori del simulacro, in corrispondenza dell'ospedale, durante la processione dell'ottava,
a dicembre.
Il 13 dicembre 2011 nata una polemica attorno alle celebrazioni di Santa Lucia poich
l'arcivescovo di Siracusa Pappalardo ha invitato il cardinale Law (accusato di aver coperto
centinaia di casi di pedofilia in Usa) a presenziare la festa. Ne nata una reazione
polemica presso i giornali, considerando la presenza inopportuna.[3].
La festa della Madonna del Bosco una ricorrenza del comune di Buscemi, di cui proprio
la Madonna ne la Patrona.
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1 La storia
2 La festa
3 Collegamenti a YouTube
4 Altro
Le origini della festa risalgono a un'antica leggenda. Si narra che un giorno agli abitanti del
paese si presentarono due frati muti, i quali riuscirono a fatica a spiegare alla gente che
avevano bisogno di attrezzi per addentrarsi nel bosco. Aiutati da alcuni abitanti, alla fine
giunsero a un muretto sul quale era raffigurato un affresco ritraente la Madonna, questa
seduta recante su un braccio Ges bambino mentre nell'altra mano racchiusa una
sferetta identificabile con un melograno (anche se prima che fosse restaurato sembrava
pi un piccolo mondo). Avvenuto lo sconvolgente ritrovamento, gli abitanti proposero la
costruzione di un santuario, proprio nel luogo in cui era l'affresco. V'era per il problema
dell'acqua, necessaria per l'edificazione della chiesa, data la distanza dal paese; cos i frati
scavarono proprio nelle vicinanze del ritrovamento e da l cominci a sgorgare un'acqua
limpida da una sorgente che prima non c'era. In seguito fu edificato il santuario e la
sorgente incanalata in una fontana tuttora esistente; per quanto riguarda i frati, non se ne
seppe pi niente. A seguito del terremoto del 1693, ogni abitazione del paese cos come il
santuario furono distrutti, ma miracolosamente l'affresco rest intatto. Cos ogni anno
aBuscemi si celebra la festa dedicata alla Madonna chiamata per l'appunto "del bosco".
La festa[modifica | modifica sorgente]
cento metri dopo l'entrata in paese i portatori della "vara" devono affrontare tutta d'un fiato
una tra le salite pi ripide di Buscemi (la salita di via Filippo Corridone).
A questo punto il fercolo condotto per le chiese (ancora praticabili), quella del Carmine e
di S. Antonio da Padova.
Dopo aver percorso le vie principali il momento pi emozionante quello in cui la statua
raffigurante laMadonna viene condotta all'interno della Chiesa Madre; prima di ci infatti i
portatori della "vara" devono affrontare le scale della Chiesa Madre mentre attraversano
una pioggia di "'nzareddi", cio delle fettuccine di carta arrotolata lanciate in aria al
momento della salita delle scale. Lungo tutta la settimana successiva alla festa vengono
praticate messe in onore di Maria, ma soprattutto pellegrinaggi dal centro abitato al
santuario fuori paese rigorosamente senza scarpe, il famoso "viaggiu scausu" (lett. viaggio
scalzo). La festa viene conclusa la prima domenica di settembre, cio esattamente otto
giorni dopo la celebrazione iniziale (l'Ottava); la sera del medesimo giorno il fercolo viene
ricondotto al Santuario fuori paese con un percorso inverso a quello di partenza.
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1 Storia
2 Festeggiamenti
2.1 Il sabato
2.2 La domenica
2.3 Il luned
3 Bibliografia
4 Collegamenti esterni
Fino al 1747 la festa in onore della patrona si svolgeva in forma esclusivamente liturgica,
allinterno della chiesa intitolata alla Madonna, in cui si venerava un quadro raffigurante la
titolare insieme a san Francesco di Paola. Nel 1746 i fedeli acquistarono una statua e
ottennero dal vescovo di poter effettuare una processione per le vie del piccolo borgo, la
seconda domenica di ottobre, che venne anticipata alla terza domenica di settembre a
partire dal 1752.
Il sabato precedente la seconda domenica di agosto si svolge l'"entrata delle bande", a cui
partecipano complessi bandistici provenienti da diverse localit siciliane e di fuori la Sicilia.
Dopo la messa serale, un corteo a cui partecipano le autorit civili e religiose della
cittadina, raggiunge in processione l'altare monumentale della Madonna, presso cui il
parroco rievoca l'arresto ritenuto miracolo della lava nel 1792. Al ritorno in chiesa, si
svolge il rito della svelata del simulacro, che lentamente viene fatto salire da dietro laltare
maggiore, restando collocato in alto. Segue l'omaggio floreale.
La domenica il giorno della festa liturgica della Madonna della Provvidenza, celebrata
con un solennepontificale presso lAnfiteatro Comunale.
Il luned[modifica | modifica sorgente]
Nella serata del luned viene celebrata una messa sul sagrato della Chiesa Madre, quindi
il simulacro viene portato in processione fuori dal portale maggiore della chiesa su
un fercolo ligneo (a vara). La processione, accompagnata dal suono delle campane,
musiche della banda e fuochi dartificio si svolge lungo le vie della citt, con una durata di
quattro ore, toccando anche i quartieri periferici. Al rientro, un ultimo spettacolo pirotecnico
conclude i festeggiamenti, e la statua viene riportata all'interno della chiesa.
Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finch la disputa non risolta. Segui i suggerimenti
del progetto di riferimento.
La festa della Madonna di Ognina la seconda festa religiosa pi partecipata nella citt
di Catania. Il Santuario di S. Maria di Ognina situato nei pressi del quartiere di OgninaPicanello ed vicinissimo al mare. Da anni la festa della Madonna di Ognina molto
sentita da tutti i catanesi come "a festa da Bammina" cio la festa di Maria Bambina.
La festa di Ognina non vista come una semplice festa di quartiere, ma come una festa
patronale a tutti gli effetti, per via delle antiche tradizioni ed origini, per la grande
partecipazione, per le numerose iniziative culturali e ricreative, ma soprattutto per la
grande devozione.
La festa di Ognina dura dall'8 settembre, giorno della Nativit di Maria (e da alcuni anni
anche diversi giorni prima di giorno 8 settembre) fino alla domenica successiva.
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1 La Sagra de
l Tonno Rosso
Nei giorni venerd, Sabato e domenica precedenti alla festa liturgica di Maria nel piazzale
molo "grande" si svolge la tradizionale Sagra del Tonno Rosso organizzata
dall'A.T.A.M.B.O (Associazione Tonnieri Attivit Marinare Borgo Ognina). Il Tonno rosso
cucinato e arrostito all'aperto viene venduto a un prezzo simbolico.
La Gara delle Barche[modifica | modifica sorgente]
La domenica pomeriggio prima della festa liturgica di Maria si svolge presso il molo
"piccolo" la tradizionale Gara delle Barche. Questa gara prevede la partecipazione di
diversi equipaggi maschili e femminili che si sfidano a due a due. La sfida vinta
dall'equipaggio che riuscir a tagliare per primo il traguardo.
8 settembre - La festa liturgica di Maria[modifica | modifica sorgente]
L'8 settembre di ogni anno si svolge in Santuario la tradizionale "Svelata" della Madonna e
subito dopo la S. Messa. La Madonna per la maggior parte dell'anno rimane esposta
sull'altare maggiore nella sua nicchia, ma il giorno della sua assunzione al cielo essa viene
nascosta dietro l'altare maggiore fino al giorno della festa liturgica. L'8 settembre alle ore
8.00 del mattino, dopo una piccola introduzione del parroco, si accendono tutte le luci e
con l'intonare di un canto mariano, del suono dei fuochi pirotecnici e della banda che
suona in piazza, la Madonna sale lentamente dall'altare maggiore e si mostra in tutto il suo
splendore al suo popolo ogninese.
Tutta la giornata dell'8 settembre caratterizzata di S.Messe celebrate da diversi parroci
delle parrocchie limitrofe a essa.
Il Sabato successivo[modifica | modifica sorgente]
Il sabato successivo alla festa liturgica di Maria si svolge la tradizionale festa esterna.
Questo il giorno dedicato ai pescatori ed al mare di Ognina perch la processione si
snoda per il mare.
La Mattina del sabato caratterizzata dalla processione di una barca addobbata a festa
per le vie del quartiere per ricordare a tutti la festa della Madonna e per raccogliere doni
per l'asta del giorno successivo.
Alle 16.30 la Madonna esce dal suo santuario e si reca nel palco montato sul mare per la
solenne celebrazione eucaristica in riva al mare. Subito dopo la S.Messa intorno alle 18.00
la Madonna lascia il molo "piccolo" per dirigersi verso il mare aperto, tutta la gente salita
sugli scogli e sul molo saluta la madonna con i fazzoletti bianchi al suono di canti mariani.
La prima tappa nei pressi del porto dove ogni anno viene gettata una corona di fiori in
onore dei caduti a mare, subito dopo comincia la processione per il mare di Catania. La
processione arriva fino alle coste di Aci Castello e poi anche verso San Giovanni Li Cuti e
Piazza Europa.
Un momento molto bello durante la processione l'arrivo a San Giovanni Li Cuti: la
Madonna entra dentro il porto e subito si incontra con la parrocchia si S.Maria della
Guardia con un intenso momento di preghiera e di fuochi pirotecnici. Intorno alle 22.30
presso il molo "grande" si pu vedere un bellissimo spettacolo pirotecnico accompagnato
da musica classica.
Subito dopo la Madonna fa "scalo" nel molo "grande", si ferma per la lapide dei caduti in
mare e si dirige verso il Santuario; l'entrata in Santuario molto particolare perch
nessuno pu entrare in Chiesa, ma solo la Madonna, e mentre il simulacro entra le porte
lentamente si chiudono.
La Domenica successiva[modifica | modifica sorgente]
sul piazzale della "Garitta" per vedere i fuochi pirotecnici sparati sulle acque di Ognina; al
termine la Madonna rientra in Santuario e si congeda lentamente al popolo come nel
giorno precedente.
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1 Viagrande e
il suo patrono
2 Festeggiamenti
2.1 1 gennaio
2.2 Dal 6 gennaio al 14 gennaio
2.3 14 gennaio: vigilia della solennit
2.4 15 gennaio: solennit di San Mauro
2.5 16 gennaio: giornata della devozione cittadina
2.6 Domenica tra il 15 e il 22 gennaio
2.7 22 gennaio: ottava della festa
2.8 Prima domenica di settembre
3 L'organizzazione
3.1 8 dicembre
4 Le reliquie
5 Il fercolo
6 Il sacco
7 La preghiera
8 Le Cantate
8.1 Cantata del Partito-quartiere S. Caterina
8.2 Cantata del Partito-quartiere Scalatelli
9 Bibliografia
10 Collegamenti esterni
Il piccolo paese di Viagrande sin dalle sue origini ha avuto molto caro il culto a San Mauro,
introdotto dai monaci benedettini: la comunit viagrandese venera come patrono San
Mauro dalla seconda met del XVII sec., secondi a Salvatore Mirone, che
nella Monografia storica dei Comuni di Nicolosi, Pedara, Trecastagni e Viagrande di
quest'ultimo, edita nel 1875, afferma che il Santo venne scelto or sono 200 anni per
opera di un talesofferente di gotta....
Proprio per questo, Viagrande cominci a venerare San Mauro per le molte grazie che a
di Lui intercessione si compiaciuto Iddio Signore nostro concedere ai fedeli, per cui
dal Clero e li capi della Comunit della terra di Viagrande fu eletto per loro principale
Patrono e pertanto fu celebrata con particolare solennit la sua festa, con la stessa
solennit con la quale si continua a celebrarla ai giorni nostri con non minore devozione di
allora.
Altare di San Mauro con il quadro raffigurante l'apoteosi di San Mauro abate all'interno della chiesa madre
Nella Chiesa Madre di Viagrande presente un grande altare alla destra dell'altare
maggiore dedicato a San Mauro, costruito nei primi anni del Novecento con le offerte dei
tanti viagrandesi emigrati nelle Americhe. Il quadro, donato alla Chiesa dal Beato
Card. Dusmet, e proveniente dal Monastero Benedettino di San Nicol l'Arena,
rappresenta l'Apoteosi di San Mauro ed una bella tela d'autore ignoto,. A San Mauro
dedicata la Confraternita della Penitenza, una delle due Confraternite cittadine insieme
alla Confraternita del Sacramento.
Festeggiamenti[modifica | modifica sorgente]
Tutte le giornate di festa vengono salutate, alle ore 7.00, dallo scampanio solenne delle
campane e dallo sparo di diversi colpi a canone.
1 gennaio[modifica | modifica sorgente]
questo il giorno dell'apertura dei festeggiamenti. Nel primo pomeriggio vengono lanciate
delle piccole mongolfiere in segno di festa; in seguito viene prelevato l'artistico fercolo
dalla Casa a vara, situata dietro la Chiesa antica e ricavata in una delle sue navate, e
viene portata in chiesa madre tirata dai fedeli e accompagnata dal corpo bandistico.
Dal 6 gennaio al 14 gennaio[modifica | modifica sorgente]
In questi giorni, ogni sera, si svolge la novena di preparazione con la recita della coroncina
e con la celebrazione di una messa da parte di un predicatore, il quale far da guida in
questi nove giorni. Durante le varie sere le diverse celebrazioni vengono curate da un
determinato gruppo parrocchiale, oltre ad una serata curata dai comitati e dai giovani
devoti.
14 gennaio: vigilia della solennit[modifica | modifica sorgente]
Il giorno della vigilia inizia con la tradizionale fiera del bestiame, di attrezzi agricoli, di
piante e di fiori a piano gelsi, oggi piazza Matteotti: questa la prima fiera dell'anno che si
svolge in provincia di Catania e una delle poche rimaste di questo genere nella zona.
Intanto nel cortile della scuola elementare e nella zona di via Aldo Moro comincia il lavoro
dei fuochisti per gli spettacoli che si svolgeranno la sera stessa. Durante la mattinata
avviene poi l'ingresso dei complessi bandistici che percorreranno le principali vie cittadine
eseguendo poi un concerto sinfonico in piazza San Mauro.
Alle ore 16 avviene il lancio delle bombe di tiro da parte di ciascun fuochista presente. Alle
17,30 si ha in chiesa madre l'offerta della cera, introdotta negli ultimi anni, dove ogni
gruppo parrocchiale e non, ma comunque viagrandese, comprese le istituzioni del paese,
porta all'altare un cesto di cera e fiori: un momento nel quale si vede l'attaccamento
dell'intera comunit viagrandese verso il suo santo patrono. In seguito si ha la
celebrazione di una messa solenne, alla fine della quale avviene la processione del
braccio reliquiario di san Mauro per alcune vie del paese, effettuando, durante il giro, una
breve sosta presso la chiesa S. Caterina. una processione molto sentita, alla quale
vengono invitate tutte le Confraternite dei paesi limitrofi, e proprio per sottolinearne
l'importanza, tradizione non effettuare il giro del Santo il giorno 15 se, per motivi
meteorologici o per altri, non avviene la processione con la reliquia, la sera del 14. Al
termine della processione si ha il canto dei vespri della solennit eseguiti dalla corale della
parrocchia; in seguito la cameretta, dove il santo viene conservato durante l'anno, viene
aperta tra lo sventolio dei fazzoletti bianchi dei devoti e al grido di diverse invocazioni.
Dopo la benedizione con la reliquia, questa viene posta ai piedi del santo e la cameretta
viene richiusa.
Partito S. Caterina
Tutto rimasto cos anche ai giorni nostri, a eccezione delle cantate dei rispettivi quartieri
le quali non vengono eseguite in piazza la sera della vigilia dal secondo dopoguerra;
soltanto nel 2006 la cantata del quartiere S. Caterina stata rieseguita durante l'entrata
del partito S. Caterina, mentre la cantata del quartiere Scalatelli continua ad essere
eseguita all'interno della chiesa in diverse occasioni. I due partiti entrano in ordine in base
al sorteggio avvenuto l'8 dicembre, accompagnati da un corpo bandistico: per ogni partito,
il primo spettacolo avviene sul sagrato della chiesa, all'interno della loggia comunale e un
secondo spettacolo si ha nel cortile della scuola elementare. Alla fine di tutto, gli spettacoli
continuano nella zona di via Aldo Moro, in aperta campagna, con calibri pi grossi.
15 gennaio: solennit di San Mauro[modifica | modifica sorgente]
Durante la mattinata del giorno di festa, la piazza e via della regione, dove si trovano le
bancarelle dei vari venditori ambulanti, cominciano a riempirsi di devoti e persone venute
in occasione della svelata, la quale avviene alle 10.30 tra le tante acclamazioni dei devoti
vestiti col tradizionale sacco e lo sventolio dei loro fazzoletti bianchi.
(IT)
Gioiamo tutti nel Signore celebrando insieme
questo giorno solenne in onore di san Mauro: per
la sua festa esultano gli angeli, esultano gli angeli
Appena l'orologio del campanile segna le ore tredici, suona la campana dell'orologio
stesso e puntualmente il fercolo esce dalla chiesa tra le acclamazioni dei devoti e lo
sventolio dei loro fazzoletti bianchi. Subito parte un forte spettacolo pirotecnico,
inizialmente con la caratteristicamoschetteria sparata in via matrice, una lunghissima
catena di petardi sparati sequenzialmente per una durata che si aggira intorno agli 8-15
minuti. In seguito parte uno spettacolo pirotecnico dalla loggia comunale seguito da uno
pi assordante dal cortile della scuola elementare. Muvendosi, il fercolo percorre piazza
san Mauro e qui si ha la cosiddetta calata dell'angelo: un angelo in legno viene fatto
scendere da un baldacchino, posto ad un'altezza superiore a quella del fercolo, portando
in mano fiori e banconote, donandole al Santo.
Successivamente il fercolo esce dalla piazza e si dirige verso il quartiere Viscalori dove,
prima di arrivarvi, effettua la prima delle tre volate, la pi faticosa in quanto si svolge in
salita: il fercolo viene tirato di corsa dai devoti e arriva fino in piazza San Biagio. Nella
stessa piazza avviene la benedizione con la reliquia, mentre in passato veniva celebrata
una messa all'interno della chiesa di Viscalori; per l'occasione viene aperta la cameretta
di san Biagio, compatrono di Viagrande, situata all'interno della stessa chiesa. Il giro
continua per il quartiere Viscalori, scendendo poi verso il centro di Viagrande e dirigendosi
verso il quartiere Sciara e poi a Lavina dove effettua una breve sosta di fronte alla chiesa
di Maria SS. Ritornata. Salendo, poi, la via Vittorio Emanuele, il fercolo si dirige all'interno
del quartiere S. Caterina, effettuando nel tardo pomeriggio la seconda volata arrivando in
piazza Urna. Proseguendo, il fercolo passa da piazza San Mauro e in seguito percorre via
della regione, lungo la quale si ha una seconda calata dell'angelo, salendo,
successivamente, verso il quartiere Scalatelli. Alla fine, a tarda serata, da via Umberto
verso piazza San Mauro viene effettuata la terza volata con il fercolo che termina il suo
lungo giro del paese durato pi di 10 ore.
Questo il giorno della cosiddetta festa dei paesani, il giorno in cui non vi sono
manifestazioni esterne e dove la comunit viagrandese si stringe intorno al proprio Santo
in modo pi intimo. Durante la giornata vengono celebrate tre Messe, una la mattina alle
8.00, una alle undici e una di sera. Durante la giornata i corpi bandistici effettuano un giro
per le vie principali del paese. Prima della messa delle ore 11.00, vi l'accoglienza
dell'Arcivescovo, invitato per l'occasione a celebrare il sacro rito. Alle 10.30 avviene la
svelata del Santo e la sua traslazione sull'altare maggiore con la celebrazione di un
Solenne Pontificale da parte dell'Arcivescovo. Alla fine della celebrazione l'alto prelato
riceve un omaggio al Municipio da parte dell'Amministrazione Comunale, con un rinfresco.
In serata viene celebrata la Messa e alla fine il Santo, dopo una breve processione
all'interno della chiesa, viene chiuso nella sua cameretta.
Domenica tra il 15 e il 22 gennaio[modifica | modifica sorgente]
La domenica tra il giorno di festa e l'ottava viene dedicata alla venerazione di San Mauro.
Vengono celebrate sempre tre messe, ma la Messa delle ore 11.00 viene dedicata ai
malati: grazie all'assistenza dell'U.N.I.T.A.L.S.I e della Croce Rossa, viene permesso ai
malati di poter assistere da vicino alla svelata del Santo all'interno della cappella e alla
celebrazione della Messa. In serata si ha la celebrazione della Messa al termine della
quale vi un concerto polifonico con la presenza delle corali locali, il coro parrocchiale S.
Cecilia e il coro dei bambini S. Maria dell'idria, e di altre corali provenienti dai paesi
limitrofi. Infine il simulacro del santo viene richiuso all'interno della sua cameretta.
La prima domenica di settembre dedicata, da molti decenni, alla venerazione del Santo
Patrono. Viagrande, infatti, durante la stagione estiva meta di molti villeggianti,
specialmente catanesi, che trascorrono qui le loro vacanze. Proprio per soddisfare la
richiesta di quest'ultimi di poter vedere il Santo durante la stagione estiva, data
l'impossibilit di poter essere presenti alla festa invernale, la prima domenica di settembre
la cameretta di San Mauro viene riaperta permettendo a tutti di poter venerare San Mauro.
da questo caso che altri comuni limitrofi hanno successivamente seguito l'esempio,
dedicando questa giornata alla venerazione del proprio santo patrono. La giornata inizia
con le campane suonate a festa e lo sparo di mortaretti. A differenza della festa a gennaio,
la svelata avviene alle ore 08.00, e non alle 10.30. Il simulacro viene traslato sull'altare
maggiore e la chiesa rimane aperta l'intera giornata per la venerazione del Santo. Nel
tardo pomeriggio arriva il pellegrinaggio dei devoti di San Mauro proveniente da Aci
Castello (CT), i quali parteciperanno alla Messa serale. Al termine della celebrazione, il
simulacro viene sceso dall'altare maggiore e viene portato a spalla in processione attorno
piazza San Mauro. Al rientro in chiesa viene eseguita la cantata, al termine della quale il
simulacro viene richiuso nella cappella.
L'organizzazione[modifica | modifica sorgente]
ognuna della quale si occupa di un preciso aspetto della festa. Ciascuna commissione
formata all'incirca da 15 elementi ed composta da un cassiere, il quale svolge il ruolo pi
importante, un vice-cassiere, il quale aiuta il cassiere e lo sostituisce in sua assenza, e da
componenti. In ordine di importanza, le commissioni sono:
Centrale: si occupa delle luminarie, impiegando spesso due ditte diverse, una che si
occupa solo della piazza San Mauro e di via della Regione, e un'altra che si occupa delle
restanti vie del paese; ha anche il compito di impiegare le bande per la festa, solitamente
non meno di tre, due delle quali si alterneranno durante il lungo giro del fercolo del giorno
15, e una che eseguir i concerti sinfonici in piazza San Mauro;
Uscita: si occupa dell'uscita del Santo, e quindi dello spettacolo pirotecnico con la
caratteristica moschetteria, insieme alla calata dell'angeloche avviene in piazza;
solitamente si occupa anche delle mongolfiere lanciate il 1 gennaio, in occasione
dell'uscita del fercolo dalla casa a vara;
Entrata: si occupa, invece, dello spettacolo pirotecnico in occasione del rientro del Santo
in chiesa dopo il lungo giro;
Partito S. Caterina: detto pure u' pattitu di sutta, uno dei due partiti che la sera del 14
fanno a gara offrendo il miglior spettacolo pirotecnico, occupandosi dello spettacolo
pirotecnico sul sagrato, nella loggia comunale, nella scuola elementare e, in tarda serata,
nella zona di via Aldo Moro;
Partito Scalatelli: ha gli stessi compiti sopra elencati, detto u' pattitu di supra.
La raccolta delle offerte necessarie allo svolgimento della festa, come per la festa
di Sant'Antonio di Padova il 13 giugno, della Madonna di Lourdesl'ultima domenica di
agosto e la festa di San Biagio il 3 febbraio, avviene in forma di questua volontaria
mediante un coppo, un contenitore argenteo avente l'effigie di San Mauro, tenuto
mediante un manico, dentro il quale i fedeli depositano volontariamente l'offerta.
La raccolta avviene tutte le domeniche dell'anno comprese varie feste, come Natale,
Santo Stefano, Pasquetta, Ferragosto ecc. Le date delle raccolte vengono divise tra le
commissioni Uscita, Entrata e i due Partiti, ad eccezione della prima domenica successiva
alla conclusione dei festeggiamenti, la quale spetta al cassiere della
commissione Centrale. Quest'ultima svolge la raccolta a partire dall'8 dicembre, passando
per le case dei viagrandesi, annotando le offerte e i donatori su un quaderno, detto nota.
Una data molto importante l'8 dicembre, considerata dai devoti viagrandesi come la data
che da inizio ai preparativi della festa. Da questo giorno si sente forte il clima di festa.
8 dicembre[modifica | modifica sorgente]
Dopo aver letto le nuove commissioni e dopo aver chiuso San Mauro nella sua cameretta,
la sera dell'ottava viene portato il coppo, insieme al corpo bandistico, presso l'abitazione
del nuovo cassiere della commissione Centrale, come un passaggio di consegne tra i due
comitati.
Le reliquie[modifica | modifica sorgente]
Sono diverse le reliquie di S. Mauro che il popolo viagrandese custodisce con devota
gelosia. Le pi significative, donate nei primi decenni del Settecento, sono tre. La prima
quella custodita nel medaglione d'argento settecentesco incastonato proprio nella statua.
Le altre reliquie, due frammenti di osso di 4 cm circa, sono conservate dentro un prezioso
reliquiario d'argento a forma di braccio benedicente che fu realizzato grazie alle offerte di
tutta la universit della Terra di Viagrande tra il 1675 e il 1680. Sicuramente tra i pi belli
del circondario una pregevole opera di argenteria messinese che si compone di due
elementi: il braccio vero e proprio e la base, di fattura pi tardiva, che venne applicata
nella seconda met del settecento per slanciare ancora di pi il reliquiario.
Dai documenti sappiamo per certo che in origine l'opera venne realizzata con lo scopo di
custodire e contenere l'insigne reliquia di S. Vito martire. Per tutto il Seicento la piet
popolare viagrandese consider sia S. Mauro che S. Vito patroni del paese. Le vicende
legate alla fortuna delle due confraternite determineranno, tra la prima e la seconda met
del Settecento, la definitiva elezione di S. Mauro come patrono principale di Viagrande, e
le sue reliquie, sino a quel momento custodite in reliquiari di legno dorato, furono sostituite
nel braccio argenteo a quella pi grande di S. Vito martire.
Nel 2006 per opera del partito S. Caterina, questo reliquiario, insieme al pastorale e ai due
porta ex-voto in argento del simulacro, sono stati magistralmente restaurati. Nel 2007 ad
opera dei due partiti S. Caterina e Scalatelli, il braccio reliquiario stato impreziosito con
l'aggiunta della mitra e del pastorale, simboli della dignit abbaziale del patrono S. Mauro.
Il fercolo di San Mauro, detto anche varain siciliano, come quasi tutti quelli dei vari
comuni della Sicilia orientale. Di colore oro zecchino, un bel fercolo ligneo costituito da
sei colonne. Non si hanno date certe sulla costruzione della parte in legno del fercolo. Fino
ai primi anni del Novecento il fercolo veniva portato a spalla per le vie del paese,
seguendo un giro molto pi ridotto proprio a causa della pesantezza del fercolo. Nel primo
dopoguerra fu realizzato l'impianto di sciassi e ruote ripiene, realizzato tramite un relitto di
un vecchio macchinario da guerra, grazie alle offerte degli abitanti del quartiere Sciara.
Infatti, il Santo, scendendo dalla odierna via Alessandro Manzoni, nel quartiere Sciara,
girava subito a sinistra per via Roma, senza proseguire per il resto della via, poich il
fercolo portato a spalla era troppo pesante da permettere un allargamento del giro. Grazie,
appunto, alle offerte dei devotisciaroti, il fercolo fu dotato di ruote che permisero al fercolo
stesso di poter percorrere l'intero quartiere Sciara, e quindi anche altre parti del paese. Da
quel momento il fercolo fu dotato di due grosse funi poste ai due lati e tirato dai devoti. Col
passare degli anni le corde sono sempre aumentate di lunghezza, grazie anche al
crescente numero di devoti, numero che anche ai giorni nostri non accenna a diminuire,
proprio a sottolineare il sempre pi attaccamento dei viagrandesi verso il proprio patrono.
Nel 2001 stata poi realizzata una nuova struttura meccanica, con il restauro anche della
parte in legno. La lunghezza delle corde oggi stimata per 150 metri. Il posto guida del
fercolo situato sul lato destro della parte posteriore, fuori dal fercolo stesso rendendo la
guida pi complicata: pochissimi sono gli altri fercoli che presentano la stessa
caratteristica, rendendolo un caso raro se non unico nella zona, al contrario degli altri
fercoli che presentano il posto guida sotto il fercolo stesso, al centro della parte anteriore.
Il fercolo viene guidato da u mastru 'a vara, letteralmente il mastro di vara, il quale,
suonando una piccola campana, regola l'andamento del fercolo durante la processione,
come le fermate presso i fedeli che vogliono dare un'offerta. U mastru a' vara cura anche
altri momenti come l'aperura della cameretta, la traslazione sull'altare maggiore del
simulacro e la sistemazione sul fercolo dello stesso.
Come detto sopra, il numero dei devoti col tradizionale sacco bianco cresce ogni anno
sempre pi, infatti, ogni anno durante i festeggiamenti, prima del giorno 15, avviene la
benedizione dei nuovi abiti Ex-Voto di San Mauro, detti appunto sacchi, e i giovani che
decidono di indossarlo per la prima volta aumentano sempre di pi. Il numero dei devoti
che indossano il sacco si aggira oggi intorno ai 100-150.
Il sacco, presente fino alla prima met del Novecento e andato quasi in disuso, fu
reintrodotto alla fine degli anni ottanta, per evitare che durante il giro, vuoi per il mal
tempo, vuoi per la coincidenza con l'ora di pranzo, il Santo venga lasciato solo, senza
persone che tirino le corde del fercolo. Il sacco dei devoti stato introdotto proprio per
contraddistinguere quel gruppo di persone che hanno lo scopo di tirare il fercolo, lo scopo
di non lasciare solo San Mauro durante il giro. Cos, anche quando, data la stagione
invernale di gennaio, capiti che venga a piovere, i devoti sono sempre l, a tirare il fercolo,
senza lasciare il proprio Santo. Ma oggi i devoti col sacco non sono presenti soltanto in
occasione del giro del fercolo per il paese, ma sono i primi a prendere i posti dentro la
piccola cappella in modo da assistere all'apertura e alla chiusura della cameretta del
Santo, sono presenti durante le varie celebrazioni, anche a settembre. I devoti, nel
manifestare la loro fede verso il Santo, all'apertura della cameretta gridano invocazioni
come devoti tutti, o chiamamulu cu cori, o cu vera fidi, o patriotti veri, da parte di un
singolo devoto, al quale rispondono tutti gli altri viva Santu Mauru!.
Il sacco di San Mauro costituito da una lunga veste bianca, un cordoncino rosso legato
alla vita, un fazzoletto di stoffa bianco usato dai devoti durante le invocazioni, e guanti di
stoffa bianchi. una quasi diffusa usanza dei devoti che indossano il sacco, di legare sul
cordoncino tanti nodi quanti sono gli anni i quali egli indossa il sacco.
La preghiera[modifica | modifica sorgente]
Glorioso San Mauro, inclito discepolo di San Benedetto e purissima gloria della Chiesa,
dalla patria celeste, dove godi per l'eternit il premio delle tue virt, volgi lo sguardo
benigno a noi tuoi devoti nelle amarezze e nei pericoli di questa vita.
Fa che il nostro cuore non si perda dietro ai beni fallaci del mondo, e la nostra fede mai
non vacilli alle tentazioni che ci muovono incessantemente gli empi, nemici di Dio.
Tieni lontano dalle nostre famiglie e da tutto l'amato nostro paese che ti ha scelto a
celeste patrono, ogni motivo di discordia e ogni sentimento di rancore e di odio, affinch
tutti noi, vivendo nella carit che Ges Cristo ci ha insegnato, possiamo sentrci figli di un
medesimo padre e stretti nel dolce vincolo della pace, quasi a preludio di quella vita beata
che per mezzo della tua valida intercessione speriamo di poter godere un giorno nel cielo.
Amen. (propriet riservata alla Chiesa Madre di Viagrande)
Le Cantate[modifica | modifica sorgente]
A Viagrande, cos come in molti altri comuni, vi sono diverse cantate, forse quattro, cio
inni che vengono inneggiati al Santo da parte dei fedeli. Di queste quattro soltanto due
sono disponibili, quelle dei due quartieri S. Caterina e Scalatelli, mentre le altre due si
troverebbero nell'archivio storico della parrocchia, una delle quali attribuita a Giuseppe
Mirone.
Le cantate dei due quartieri, proprio perch li rappresentavano, venivano eseguiti la sera
del 14 gennaio in occasione dell'entrata dei corrispondenti partiti e venivano cantate da
tutto il popolo. L'esecuzione delle due cantate la sera della vigilia durata fino al primo
dopoguerra, epoca dalla quale non venne eseguita nessuna cantata. Ci si auspica di poter
reintrodurre questa bella tradizione, in quanto espressione di fede verso il santo Patrono.
Cantata del Partito-quartiere S. Caterina[modifica | modifica sorgente]
Particolare di uno dei tanti festoni che vengono portati a corsa durante l'entrata dei due partiti
Introduzione
Gloria, gloria e splendor dei secoli
amor dei tuoi devoti
speme e sostegno
e sostegno ai miseri
oggi seconda i voti.
A celebrar a celebrar Tue glorie
a gara ogni altro avanza
Tu lo proteggi, lo proteggi o Mauro
d'ogni malor lo scanza.
Preghiera
Dalle nubi qual piove rugiada
Ti stillava dal cor la favella
annunziando la buona novella
ai redenti di molte citt.
Sempre forte nei gravi cimenti
confondesti dal mondo l'errore
la Tua Legge fu Legge d'Amore
che scolpita nei petti ci sta.
Cabaletta
Qual astro che splende
qual nauta esperto
che il pino difende
dall'ira del mare
che in mezzo al periglio
degli irti marosi
con savio consiglio
fa al lido approdar.
Tu fosti e d'or sei
nel cielo Nostra Guida
noi figli ma rei
l'osiamo sperar
Attualmente tale cantata non viene eseguita: l'ultima esecuzione risale in occasione
dell'entrata del partito S. Caterina la sera del 14 gennaio 2006, dopo molti anni, dal primo
dopoguerra. in corso, da parte della corale parrocchiale, un tentativo di rieseguire la
cantata nuovamente in chiesa, con l'accompagnamento dell'organo.
Cantata del Partito-quartiere Scalatelli[modifica | modifica sorgente]
Introduzione
Di gioia un nuovo cantico
leviam, fratelli, ai cieli
che al gran Patron la fervida
fede del cuor riveli.
Preghiera
Deh tu di questo popolo
divino protettore
vivi tra noi benefica
stella di nostra vita.
Cabaletta
La vita misera
rendesti bella
fosti tra gli uomini
polare stella.
Indice
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1 Le origini
2 Note
3 Bibliografia
4 Voci correlate
5 Collegamenti esterni
Nel 1869 venne trasferita al 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo; quindi, nel 1906,
all'ultima domenica di luglio, vale a dire dopo la raccolta del frumento. La festa del 25
gennaio continu ad esistere, ma perdendo sempre pi d'importanza, sino a ridursi a mera
"festa interna", costituita dalle semplici funzioni religiose svolte in chiesa.
L'ultimo cambiamento, che nell'intenzione delle parti doveva essere soltanto provvisorio,
avvenne nel 1953, su richiesta della Societ Meridionale di Elettricit, quando la festa
venne rinviata alla prima domenica d'agosto, perch l'ultima domenica di luglio, ad Avola,
si svolgeva contemporaneamente la festa di Santa Venera e l'ente gestore, a causa di
carenza di energia elettrica, non era in grado di fornire l'elettricit sufficiente per
l'illuminazione straoridinaria dei due comuni. Tale cambiamento di data, legato ad un
evento isolato e contingente, come detto, avrebbe dovuto riguardare soltanto l'anno in
corso, ma si dimostr pi duraturo del previsto e da allora, la festa di San Paolo viene
ancora celebrata la prima domenica d'agosto.
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1 Storia
1.1 Origini sulla liturgia
1.2 Il legame di Cefal con il Santissimo Salvatore
2 Festeggiamenti
2.1 Il dispiegamento della bandiera
2.2 La'ntinna a mari
2.3 La solenne processione
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni
La Trasfigurazione di Raffaello
Cefal inizia a festeggiare la Trasfigurazione sin dal 2 di agosto con una cerimonia
commovente e suggestiva: il dispiegamento della Bandiera di Cristo Pantocratore al centro
dei due torrioni della Basilica-Cattedrale al contemporaneo suono di tutte le campane della
Citt all'esplosione dei petardi ad imitazione del suono delle bombarde. L'innalzamento di
tale bandiera, ed il resto delle tradizioni, non sono assolutamente da legarsi alla sola
liturgia. Infatti, sappiamo che a Cefal si praticava il porto-franco nel corso della fiera che
aveva inizio proprio il 2 di agosto di ogni anno e si concludeva il 10 dello stesso mese.
L'usanza antichissima, certamente risale ai tempi stessi di Ruggero, dal momento che
decine furono i privilegi che egli, da re, diede alla citt e al vescovato di Monsignor
Faraone, allor quando dipendevano le dogane della Citt, il predetto Vescovo con
l'assenso dei Giurati della Citt di Cefal e con il consenso espresso da Cesare De Flore
Processione del
6 agosto2003
Nel tardo pomeriggio ha luogo la solenne processione del S.S. Salvatore. Il simulacro del
Cristo (XIX sec.), opera dello scultore cefaludese Salvatore Restivo, si ritrova ben presto
in mezzo al suo popolo devoto, a concedere grazie, a raccogliere promesse e preghiere, e
ad asciugare le lacrime dei pi devoti. La lunga processione si svolge in assoluto silenzio,
ricca di preghiere, canti e benedizioni, in particolare quella del mare cara ai cefaludesi
pescatori, il quale invocano il Salvatore nelle loro battute di pesca. A fine processione la
piazza Duomo gremita di fedeli. Il discorso del Vescovo conclude i festeggiamenti in
onore del Salvatore. Alla fine al grido di "Viva Ges Salvatore" il simulacro del Cristo risale
lentamente la scalinata del Duomo, dando l'impressione che con le sue braccia
riabbraccia per l'ultima volta il suo popolo devoto. La serata viene conclusa (tranne alcune
volte in cui salta, o viene posticipata) da uno spettacolo pirotecnico sul lungomare della
cittadina, chiudendo tra mille luci, tanti colori e assordanti botti, la festa del SS. Salvatore.
La festa di San Sebastiano una festa religiosa che ha luogo ad Acireale (Provincia di
Catania), il 20 gennaio, data della celebrazione cattolica del Santo.
Indice
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1 Il Santo
2 La devozione della Citt di Acireale
3 Struttura della festa
4 L'Ottava
5 Come si diventa devoti
6 Abiti Votivi e loro significato
7 Bibliografia
8 Voci correlate
La citt Acireale particolarmente devota al Santo, tanto da chiamarlo con epiteti dialettali
vezzeggiativi (uno fra i tanti "rizzareddu", "ricciutello"); motivo di devozione stato il
risparmio della citt dalla pestilenza medioevale.
L'apertura dei festeggiamenti si ha il 1 gennaio per poi arrivare al 16-17-18 con le sere del
triduo solenne e al 19 sera, giorno della vigilia della festa. Prima della santa messa si
effettua una piccola processione delle reliquie del santo. Dopo il rientro in chiesa si celebra
la santa messa. Successivamente, intorno alle ore 22:00 vengono suonate le sette
chiamate. Il giorno 20 giorno della festa la chiesa viene aperta verso le 5:30 del mattino.
Poi, cominciano, dalle 6:15, le Sante Messe dei Devoti, Messe dedicate principalmente
alla preparazione di questi ultimi alla festa. Verso le 7:15 cessano le messe. Alle 7:20
circa, entrano in Basilica i Devoti gridando a squarciagola frasi in lingua siciliana, del tipo:
Talitilu cche beddu, rizzareddu rizzareddu, chiamamulu ccu tuttu 'u cori, Sammastianu!
(Guardatelo quant' bello, il ricciutello);
Amamulu cu tuttu lu cori (Amiamolo con tutto il cuore);
"Ogni annu sutta 'e vostri pedi semu", e si risponde: "W Sammastianu!" (ogni anno siamo
ai tuoi piedi);
Nun semu muti, Viva Sammastianu (Non siamo zitti, viva San Sebastiano);
Poi, verso le 7.30, il momento pi commovente: l'apertura della cappella da parte del
Decano della Basilica. In seguito, il Fercolo (Vara, in dialetto) settecentesco imbullonato
alla macchina lignea, anch'essa settecentesca (il "Baiardo", restaurato e rinforzato nei
secoli). Alla fine, alle undici, la consegna del Santo alla Citt.
Struttura della festa[modifica | modifica sorgente]
L'Uscita: alle 11, il Santo si affaccia dalla porta centrale sul sagrato della Basilica:
campane a festa e fuochi d'artificio per il Ricciutello. Segue il "fervorino", una omelia che
invita i fedeli e i devoti a seguire l'esempio di Sebastiano, e che serve anche da
incitamento per i devoti (ogni anno fatto da un sacerdote diverso) in seguito, la trionfale
corsa di uscita del santo: il fercolo viene trainato di corsa gi dal sagrato, effettua una
curva verso destra e si dirige, sempre di corsa, verso Piazza Duomo, centro storico e
religioso della citt.
La salita di San Biagio: il Santo transita per piazza San Domenico, passando davanti
all'omonima Chiesa, presentandosi al cospetto della salita di Via San Biagio, lunga
pressappoco 80 metri e con una pendenza di oltre 20. I devoti si caricano sulle spalle la
Vara di diverse tonnellate portandola alla fine della Via: questa la Salita di San Biagio,
momento in cui i devoti si caricano il peso del Santo. La tradizione di sollevare per intero la
"vara" deriva da una antica necessit: in passato la via S. Biagio era una mulattiera, strada
adibita al trasporto dei carretti. Le ruote della vara non coincidevano con le due strisce di
basalto lavico sulle quali passavano i carretti. Era necessario, quindi, sollevare l'intera
vara.
Il saluto del treno: Verso le 16:00, il Santo, transitando attraverso Via Vittorio Emanuele
II, arriva in Piazza Agostino Pennisi, a ridosso della vecchia stazione ferroviaria della citt.
Qui passa un treno che si ferma di fronte al Santo, emettendo con il fischio, un Saluto.
Questo gesto ricorda la partenza di alcuni soldati acesi verso il fronte, proprio il 20 gennaio
1915, giorno in cui, salendo sul treno in partenza, poterono salutare il loro amato
protettore.
Corsa di Via Roma e sotto l'Arco del Vescovo: vero le 20:30, il santo transita in Via
Come tutte le feste religiose, anche quella di San Sebastiano ha l'Ottava: otto giorni dopo
la festa, la sera del 27 gennaio San Sebastiano esposto alla citt, esegue un giro della
Piazza, e poi rientra in Basilica.
Come si diventa devoti[modifica | modifica sorgente]
Indice
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1 Origini del
le tradizioni pasquali
Sacramento di Ges Cristo, che si svolgeva nella chiesa madre dalla sera del luned santo
fino al mezzogiorno del mercoled santo, quando lasciavano il posto alla Maestranza, che
salutava l'ostensione del Santissimo Sacramento, e la pia visita ai Sepolcri, le chiese della
citt antica, nel pomeriggio del Gioved santo e la mattina del Venerd santo. Nel corso
della Quaresima e della Settimana santa le varie confraternite e congregazioni
contemplavano i vari Misteri della Passione di Ges, dando luogo a rappresentazioni
sacre e a piccole processioni, come quella dei Misteri della Congregazione di San Filippo
Neri che si svolgeva al vesprodel Gioved Santo e che diede origine a quella delle
attuali Vare.
Domenica delle Palme[modifica | modifica sorgente]
La barca infiorata entra dentro lachiesa di Sant'Agata al Collegio al termine della processione
della confraternita organizzatrice che avanzano in due schiere, vestiti con un abito
caratteristico, portando i bilannuna, dei grossi ceri.
In serata, a conclusione della processione, l'abbarcu viene sollevato a spalla lungo le
scalinate antistanti lachiesa di Sant'Agata al Collegio e, prima di entrare, viene salutato
con un imponente serie di giochi pirotecnici.
Si tramanda che questa processione sia stata voluta dai contadini di Caltanissetta che,
essendo stati estromessi dalle altre processioni della Settimana Santa, volevano avere il
ruolo di protagonisti almeno nel giorno della Domenica delle Palme. Prima del finire
del XIX secolo, la Congregazione della Santa Vergine Bambina portava in processione un
simulacro del corpo senza vita di Ges interamente ricoperto di fiori, simbolo della civilt
contadina, che andava dalla chiesa di Sant'Agata al Collegio fino alla Cattedrale, dove
avveniva l'adorazione a Ges Cristo. Nel 1869, quando il barone Vincenzo di Figlia di
Granara fece notare l'incongruenza di tale simulacro con il clima di festa della Domenica
delle Palme, venne portata in processione una statua del Cristo benedicente su un trono
fatto di fiori e, con il tempo, la festa assunse l'aspetto con cui la si pu ammirare oggi.
Marted Santo[modifica | modifica sorgente]
La Scinnenza una rappresentazione sacra che inizia la sera del marted santo nel centro
storico con la recita del processo a Ges seguito da altri momenti della Via Crucis.
Accompagnati dalle bande musicali, gli attori in costume rievocano i vari momenti
della Passione di Ges, che culminano nella vera e propria Scinnenza (dalla lingua
siciliana scinniri che significa scendere), ovvero la deposizione di Ges dalla croce.
Gi nel Medioevo esistevano tali rappresentazioni a Caltanissetta, che si svolgevano nei
quattro venerd di marzo che precedevano la Settimana Santa. La prima vera
rappresentazione con molti attori ebbe luogo nel 1840 ma l'anno successivo, a causa di
gravi disordini generati dalla grande folla, venne abolita. Ripresa con successo
nel 1957 per iniziativa dei salesiani e poi nel 1972, la Scinnenza si svolse ogni anno la
sera del Sabato santo per le vie del centro storico. Dal 2006 la manifestazione stata
spostata al marted santo per volere del clero.
Mercoled Santo[modifica | modifica sorgente]
La Real Maestranza[modifica | modifica sorgente]
La Real Maestranza nacque nel 1554 come milizia cittadina per difendere Caltanissetta in
caso di invasione dei Saraceni ed era formata da artigiani(mastri, appunto) e guidata da
un capitano d'armi, generalmente un nobile. L'attuale processione ebbe origine dal fatto
che la mattina del mercoled santo, a conclusione delle quaranta ore in cui il Santissimo
Sacramento (il Venerabile) rimaneva esposto all'interno della chiesa madre all'adorazione
dei fedeli, la Maestranza salutava, armata di archibugi e picche, l'ostensione
del Venerabile, che veniva mostrato dal parroco alla folla in unostensorio dal sagrato della
chiesa madre. In quel momento la Maestranza sparava a salve con gli archibugi per
rendere l'onore delle armi alSantissimo Sacramento.
Il titolo di "Reale" le fu attribuito nel 1806 da Ferdinando IV di Borbone che, trovatosi in
visita a Caltanissetta, rest impressionato dalla grande sfilata della Maestranza.
Nel 1820 la milizia perse il suo carattere militare, sostituendo le armi con i ceri, con cui
ancora oggi vanno in processione, continuando per a partecipare a importanti
manifestazioni religiose cittadine come la processione del Cristo Nero del Venerd santo.
Il fulcro attorno al quale ruota la processione, e tutti gli altri avvenimenti della Settimana
Santa, il Capitano, un artigiano scelto ogni anno in una categoria diversa, che durante
tutta la settimana gode di alcuni privilegi: ha in consegna le chiavi della citt; porta con s
la spada, simbolo di comando; si cinge della fasciatricolore, simbolo della fedelt
all'autorit statale; riceve la nomina a Cavaliere della Repubblica.
Durante la processione, il Capitano preceduto dallo Scudiero, che porta innanzi lo scudo
e la lancia. Ancora davanti allo Scudiero l'Alfiere Maggiore, che apre il corteo portando il
vessillo raffigurante tutti i Santi Patroni delle categorie. Per ogni categoria, poi, nominato
un Portabandiera, che ne porter il vessillo, ed un Alabardiere.
Oltre a queste cariche, rinnovate di anno in anno, ve ne sono altre che hanno mandato pi
lungo: il Gran Cerimoniere, solitamente il Mastro pi anziano, il Maestro Cerimoniere, il
Cerimoniere Ecclesiastico, il Responsabile di Corteo, il Console Generale, i Membri del
Direttivo, i Consoli di Categoria. Infine, tutti gli altri artigiani sono i Milizioti, termine che
ricorda l'antica origine della Maestranza.
I preparativi per la cerimonia iniziano sin dalla prima mattina del mercoled santo,
seguendo una rigorosa tradizione. I Mastri della categoria che ha espresso il Capitano si
recano in corteo a prelevare l'Alabardiere, il Portabandiera, l'Alfiere Maggiore e lo
Scudiero dalle loro abitazioni. Successivamente, tutte le categorie si riuniscono in Piazza
Il corteo della Real Maestranza che sfila in Corso Umberto I la mattina del mercoled santo
Da qui tutto il corteo si sposta nel cortile della Biblioteca comunale "Luciano Scarabelli",
dove vengono accesi i ceri, si alza il gonfalone e, non appena il Capitano abbia ricevuto
il Crocifisso velato di nero, parte la processione penitenziale fino in Cattedrale,
accompagnata dal solo suono dei tamburi dellabanda musicale. Tutta la Maestranza
indossa guanti e calze nere, in segno di lutto. Dentro la Cattedrale, il Capitano riceve il
perdono perch si fatto carico dei peccati di tutti ed, insieme a tutta la Maestranza,
sostituisce le calze, la cravatta e i guanti con quelli bianchi, in segno di gioia.
A mezzogiorno la Real Maestranza esce dalla Cattedrale scortando in processione
il Venerabile portato dal Vescovo in unostensorio d'oro, mentre la banda musicale li
accompagna suonando a festa e il Capitano porta un ceroinvece del Crocifisso velato.
Al termine dell'intensa mattinata, il Capitano si ritira nuovamente a casa, dove per tutto il
pomeriggio e buona parte della sera ricever le categorie di artigiani, le autorit civili,
quelle ecclesiastiche ed infine gli amici ed i parenti.
Le attuali categorie che partecipano alla Real Maestranza sono: i Panificatori, gli Idraulici e
Stagnini, i Barbieri, i Pittori Decoratori, i Muratori, i Marmisti, i Falegnami ed Ebanisti, i
Carpentieri e Ferraioli, i Calzolai, Tappezzieri e Pellettieri, e i Fabbri.
La Varicedda de La Piet
Le Vare o Misteri sono sedici gruppi statuari che rappresentano scene della Passione di
Ges e stazioni dellaVia Crucis e vengono portate in processione la sera del gioved
santo, in quello che di gran lunga il momento pi importante della Settimana Santa
nissena, e che l'ha resa famosa in tutto il mondo.
Le Vare che attualmente sfilano la sera del Gioved santo per le vie del centro storico
furono realizzate tra il1883 e il 1902 dall'artista napoletano Francesco Biangardi ed, in
parte, dal figlio Vincenzo (morto prematuramente nel 1890) con una tecnica mista
di legno, cartapesta, gesso e tela olona. Le uniche Vare che sfilano ancora in processione
non eseguite dai Biangardi sono La Traslazione, la cui realizzazione venne commissionata
nel 1853 a Napoli ad uno scultore ignoto, e La Flagellazione, iniziata da Francesco
Biangardi e terminata dai suoi allievi a causa della morte del maestro.
Inizialmente le Vare vennero portate in processione a spalla dai devoti e da persone
incaricate dai proprietari, nonostante il loro peso e la loro mole. Tutto questo fino ai
primi anni sessanta quando tutte le Vare vennero dotate di un carrello con ruote che
consentiva un numero minore di portatori durante la processione.
Origini della processione[modifica | modifica sorgente]
Nel 1780 la Congregazione di San Filippo Neri, istituitasi nel 1690 nella chiesa madre della
citt, port per la prima volta in processione al vespro del Gioved santo cinque
piccolissime riproduzioni statuarie in cartapestadei cinque misteri dolorosi
del Rosario: Ges nell'orto, La flagellazione, L'incoronazione di spine, La salita al
Calvario e La crocifissione, che venivano fatti passare davanti cinque chiese della citt
antica (i cosiddetti "Sepolcri").
La processione venne abolita nel 1801 per ragioni sconosciute, per essere poi ripresa
nel 1841 per volere di alcuni notabili dell'epoca e del farmacista Giuseppe Alesso, membro
della Congregazione di San Filippo Neri. Egli fece costriure sette nuove "Vare" con statue
prese dalla chiesa di San Sebastiano e da altre chiese cittadine. Questi gruppi non erano
molto grandi e rappresentavano i momenti principali della Passione di Ges:L'Orazione
nell'orto, Il bacio di Giuda, Il Signore alla colonna, L'Ecce homo, La Crocifissione, Il corpo
di Ges e L'Addolorata.
La processione continu negli anni successivi e i vari ceti e confraternite della citt fecero
costriure da artisti dilettanti nuovi gruppi sempre pi grandi ma non di eccellente fattura,
facendo arrivare il numero delle Vare a 14 nel 1850. Nel 1853 la Congregazione della
Candelora, di cui facevano parte in gran numero muratori e fabbri, commission
a Napoli l'esecuzione del gruppo a grandezza naturale de "La Traslazione" che, ultimata,
giunse aPalermo in piroscafo e fu trasferita a Caltanissetta su un carro trainato da buoi per
essere portata in processione insieme alle altre Vare. Dal 1866 la processione ebbe per
un periodo di crisi per via della soppressione degli ordini religiosi e delle confraternite,
rischiando di scomparire.
Il 12 novembre 1881 un'esplosione di grisou nella miniera di zolfo Gessolungo uccise 65
minatori; i sopravvissuti decisero di ripristinare la processione del Gioved santo in segno
di ringraziamento per essere scampati alla tragedia e commissionarono allo scultore
napoletano Francesco Biangardi e al figlio Vincenzo, che in quel tempo operavano
a Mussomeli, l'esecuzione del gruppo La Veronica. In seguito alla buona riuscita
dell'opera, gli altri ceti commissionarono altri gruppi a grandezza naturale ai Biangardi, che
sostituirono le vecchie Vare nella processione delGioved santo.
La processione delle Vare[modifica | modifica sorgente]
Piazza Garibaldi in occasione del gioved santo. Sulla destra visibile la Vara deLa Sacra Urna
Gi dalla prima mattina del Gioved santo, le Vare vengono disposte nelle varie vie
cittadine, usualmente di fronte l'abitazione dei rispettivi proprietari, e vengono addobbate
con fiori e lumi, mentre le bande musicali contribuiscono a rendere allegra l'atmosfera di
preparazione. Con l'arrivo del tramonto, per, il registro della musica cambia di colpo,
lasciando spazio alle marce funebri ed ai canti della Passione di Ges. Le Vare vengono
cos accompagnate dalle bande musicali verso Piazza Garibaldi, dove vengono circondate
da un vero e proprio mare di gente. Verso le ore 21,00, quando tutti gruppi hanno
raggiunto la loro posizione, formando un cerchio intorno alla Fontana del Tritone, la
processione ha inizio ed il primo gruppo, La Cena, si mette in marcia e gli altri la seguono
in fila. Il percorso della processione segue un itinerario che passa nei pressi delle principali
chiese del centro storico (i "Sepolcri"): la Cattedrale, San Sebastiano, Sant'Agata al
Collegio, Santa Croce (chiamata dai nisseni "Badia") e Santa Maria della Provvidenza.
Durante il tragitto, ogni Vara quasi scortata da numerose persone: la banda musicale,
lecongregazioni, la famiglia che possiede la Vara ed alcuni ragazzi, che sono vestiti con un
saio bianco e recano in mano i ceri ed i bilannuna. In vari momenti della processione,
le Vare si fermano e sono salutate da imponenti giochi pirotecnici (che insiciliano vengono
chiamati maschiata).
Inizia cos il primo giro della processione che, partito da Piazza Garibaldi, si snoda per la
prima met di Corso Umberto I, fino ad arrivare di fronte alla chiesa di Sant'Agata al
Collegio e da qui si inserisce nella Via Re d'Italia, dove le Vare passano a stento per via
dell'angusta viuzza. Raggiunta l'estremit di Corso Vittorio Emanuele, dove generalmente
ha luogo una maschiata, la processione ritorna nel Corso Umberto I, da dove parte il
secondo giro. Attraversato tutto il Corso, le Vare proseguono per Via Maddalena Calafato,
per poi scendere all'estremit opposta di Corso Vittorio Emanuele dove, all'altezza di Via
XX settembre, la processione si interrompe per permettere ai processionali ed ai musicisti
di mangiare e bere quanto offerto dai proprietari delle Vare. Dopo circa un'ora di sosta,
durante il quale l'immensa folla pu ammirare tutte le Vare ferme nel Corso, prende inizio,
ormai a tarda notte, il terzo giro e le Vare salgono per la ripida Via XX settembre, dove
notevole lo sforzo compiuto dai portatori per farle salire lungo la salita. Da qui la
processione passa per l'angusto quartiere Provvidenza e imbocca l'estremit di Corso
Umberto I, scendendo lentamente in Piazza Garibaldi.
Mentre ormai sono le ore 5:00 circa della mattina, le Vare si dispongono nuovamente tutte
in cerchio in Piazza dopo aver compiuto un giro attorno alla Fontana del Tritone e, dopo
i giochi pirotecnici e accompagnate sempre dalla musica delle bande musicali, iniziano a
disperdersi disordinatamente in ogni direzione per tornare ai luoghi in cui sono custodite,
dando luogo alla "Spartenza" (dal siciliano spartiri che significaseparare), che pone fine
alla processione. Da qualche anno ormai, la spartenza ha perso il proprio valore, dato che
oggi tutte le Vare sono custodite presso lo stesso deposito, ovvero nella chiesa San Pio X.
Tanti anni fa invece le Vare erano custodite ognuna in ogni chiesa della citt, e la fine della
processione si poteva chiamare realmente spartenza, mentre oggi si osservano le Vare
camminare in fila indiana per raggiungere tutte la stessa chiesa, ad eccezione della Sacra
Urna che viene portata in Cattedrale e dell'Addolorata che viene portata in un magazzino
per spogliarla del mantello, per essere riportata successivamente con le altre. Tempo fa
invece, l'Ultima Cena, la Flagellazione, l'Ecce Homo, la Condanna e la Deposizione erano
depositate in un magazzino in via Xiboli (custodite dalla Chiesa della Stella), la Piet e la
Traslazione a Gessolungo, l'Orazione nell'orto a San Giuseppe, la Cattura a Sant'Agata, il
Sinedrio a San Antonino, la Prima Caduta e l'Addolorata a Santa Lucia, il Cireneo a San
Domenico, la Veronica nella chiesa Santa Croce, la Crocifissione alla San Sebastiano e la
Sacra Urna in Cattedrale.
Lista delle Vare nell'ordine con cui sfilano[modifica | modifica sorgente]
La Cena
anno di realizzazione: 1885
autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: panettieri e fornai
Il Cristo Nero un crocifisso in legno di ebano che viene portato in processione nei
quartieri pi antichi delcentro storico nella sera del Venerd santo. chiamato dai
nisseni Signore della Citt perch fu Santo Patrono di Caltanissetta fino al 1625, anno in
cui il titolo venne attribuito a San Michele Arcangelo. La sua origine incerta, ma sembra
che questo simulacro non sia opera di uno scultore, bens di un semplice devoto, come
testimoniano alcune notevoli sproporzioni nel corpo del Cristo. La leggenda per narra che
sia stato trovato in una grotta da due Fogliamari (in siciliano Figliamari, i raccoglitori di
verdure selvatiche) e che sia diventato scuro a causa del fumo dei numerosi ceri offerti dai
fedeli nel corso dei secoli.
La processione inizia al calare del sole, quando il Cristo Nero viene uscito a fatica dal
portone della chiesa del Signore della Citt, nei pressi del quartiere San Francesco, uno
dei pi antichi della citt dove si svolger maggior parte della processione. Ad aspettarlo,
oltre i numerosi fedeli, c' la Real Maestranza al completo, che scorter la processione
con le bandiere abbrunate e le lance avvolte da nastri neri in segno di lutto, e soprattutto
i Fogliamari. Quest'ultimi spargeranno l'incenso durante tutto il tragitto e
accompagneranno la processione con i loro tipici canti funebri e di dolore: le Lamentanze.
La statua sormontata da un pesantissimo baldacchino dorato e viene portata a spalla
proprio dai Fogliamari, che sono scalzi in segno di penitenza, e seguita dai numerosi fedeli
scalzi e da tutto il clero. Lungo tutto il tragitto, che abbraccia anche Piazza Garibaldi, parte
del Corso Umberto I e Via Re d'Italia, i balconi e le finestre sono rivestiti da coperte
purpuree e, a parte le Lamentanze, difficile sentire un altro suono, che rompa l'atmosfera
di devozione che si crea attorno alla processione.
Domenica di Pasqua[modifica | modifica sorgente]
La processione della Resurrezione, nata alla fine degli anni settanta, si svolge la mattina
della Domenica di Pasqua. Alle ore 9,00 del mattino, la Real Maestranza, guidata dal
suo Capitano, si dirige verso la sede del vescovado, indossando guanti, cravatta e calze
bianchi in segno di gioia per laResurrezione di Ges e accompagnati dalle allegre marce
della banda musicale. Il Vescovo passa in rassegna delle maestranze ed, insieme al
Capitano, guida la processione verso la Cattedrale. A mezzogiorno il Vescovo benedice la
folla in Piazza Garibaldi e un rappresentante della Maestranza libera delle colombe
bianche in cielo. Dopo la messa solenne in Cattedrale, il Capitano riconsegna le chiavi
della citt al Sindaco.
non c' paese in Sicilia, in cui la passione di Cristo non riviva attraverso una vera e propria
rappresentazione, in cui persone vive o gruppi statuari non facciano delle strade e delle piazze il
teatro di quel grande dramma i cui elementi sono il tradimento, lassassinio, il dolore di una
madre
(Leonardo Sciascia, Feste religiose in Sicilia, 1965)
Indice
[nascondi]
1 Ultimo vene
rd di quaresima
I riti della settimana santa di Ispica (RG) sono considerati per gli ispicesi tra i pi
importanti tra quelli che si tengono nella Sicilia sud-orientale. Essi sono organizzati dalle
due principali confraternitestoriche del paese, quella di Santa Maria Maggiore, detta
dei cavari[1][2] (di colore rosso) e quella della Santissima Annunziata, detta
deinunziatari[3] (di colore azzurro). Il ciclo di festivit si apre con lultimo venerd
di quaresima e con la domenica delle palme, per culminare con i riti del gioved santo,
del venerd santo e della Pasqua.
rappresentazioni rifacentesi a riti antichi gi praticati nel XVII secolo, i quali rivestono una
doppia valenza, sia mistico-religiosa che popolare, attraverso i loro pi salienti e
riconoscibili tratti iconografici.
La manifestazione ha un richiamo piuttosto ampio, e coinvolge in genere, oltre agli
ispicesi, anche visitatori delle province confinanti.
Ultimo venerd di quaresima[modifica | modifica sorgente]
Con lultimo venerd di quaresima alla basilica Santissima Annunziata si entra nei
festeggiamenti della settimana santa. In serata si svolge la tradizionale processione
dellurna reliquiaria contenente la Santa spina. Dopo aver accompagnato la "Santa
Cascia" (termine siciliano che sta ad indicare le tantissime reliquie di santi contenuti
all'interno dell'urna, tra cui, appunto, la "Santa Spina" cos chiamata perch facente parte
della corona intrecciata dai romani e messa sul capo di Cristo) in Basilica, ha inizio la Via
Crucis Vivente. Essa un momento di vera fede dove si ripercorrono gli ultimi istanti della
Passione di Ges in maniera reale e commovente. Inutile dire che la Via Crucis Vivente
richiama ogni anno migliaia di fedeli o semplici visitatori da tutte le province per la
particolarit e suggestivit della stessa.
Domenica delle palme[modifica | modifica sorgente]
I festeggiamenti della domenica delle palme si svolgono nella basilica di Santa Maria
Maggiore e nella basilica della Santissima Annunziata. In mattinata, a Santa Maria
Maggiore un corteo di fedeli con palme e rami di ulivo da benedire, si reca allingresso
della citt; qui avviene la benedizione delle palme, e quindi si forma un corteo che,
preceduto da Ges seduto sul dorso di un asino seguito dai discepoli e attorniato da
palme e rami di ulivo, risale la strada verso la basilica fra due ali di folla.
Triduo pasquale[modifica | modifica sorgente]
Gioved santo - Santissimo Cristo flagellato alla colonna[modifica | modifica sorgente]
La processione[modifica | modifica sorgente]
Il gioved santo, per i cavari della basilica di Santa Maria Maggiore, ha inizio in piena notte.
Alle ore 1:30 inizia il pellegrinaggio dei fedeli alla chiesa rupestre di Santa Maria della
Cava da dove parte la Via Crucis, animata dai giovani della parrocchia. Durante il tragitto
vengono rappresentate le stazioni della passione di Cristo e le ultime due,
la crocefissione e la deposizione del Cristo morto nel sepolcro, avvengono nella piazza
antistante la basilica di Santa Maria Maggiore. Appena dopo la sepoltura del Cristo, alle
ore 4:00, il parroco ed il presidente dell'arciconfraternita, si avviano verso l'ingresso
principale della basilica dove, bussando per tre volte al portone, danno avvio
alla tradizionale apertura delle porte, che si spalancano all'improvviso consentendo ai
fedeli di entrare di corsa in chiesa per dirigersi verso laltare del Santissimo Cristo alla
colonna, dove usanza recarsi a pregare[4] ('U Patri a Culonna), tra il pungente odore
di incenso e il tipico suono dell'organo a canne che intona le note della marcia funebre
dedicata al Cristo. Inizia cos la liturgia del gioved santo.
La mattina verso le 11 il parroco sale sull'altare del Cristo flagellato, bussa per tre volte
con una chiave sulle porte dell'SS. Cristo flagellato che improvvisamente scivolano gi.
Dopo un'omelia in cui il sacerdote spiega il vero significato della devozione popolare, la
banda musicale inizia a suonare la marcia funebre intitolata al cristo[5], ed il simulacro
inizia a scendere lentamente tra i devoti suscitando una profonda commozione.
Dopo la mezzanotte, la trasuta[6] e i tradizionali giri all'interno della basilica.
La statua[modifica | modifica sorgente]
Detti popolari:
(SCN)
(IT)
Lu cunigghiu avi la tana, lu surci lu pirtusu e Il coniglio ha la tana, il topo il buco e Voi padre
Vui patri amurusu, n'avistuvu n tana n
amorevole, non avete avuto n tana n buco. Tutta
pirtusu. Tutta a notti Vi batteru cu na viria ri
la notte Vi hanno percosso con un ramo di
ranatu, Vi purtaru nni Pilatu scausu, nuru e
melograno, Vi hanno portato da Pilato, scalzo, nudo
scapiddatu
e spettinato
(detto popolare)
(SCN)
(IT)
Santa Rusalia ri Palemmu, Sant'Agata ri
Santa Rosalia di Palermo, Sant'Agata di Catania
Catania e u Santissimu Cristu ri Spaccafunnu su e il Santissimo Cristo di Spaccaforno (Ispica) sono
numinati ppi tuttu lu munnu
nominati in tutto il mondo
(detto popolare)
Il Santissimo Cristo flagellato alla colonna ha una storia complessa. L'immagine che
tutt'oggi si pu ammirare il risultato di una serie di lavorazioni effettuate per motivi
religiosi e politici nel corso dei secoli. Il simulacro risale all'incirca al 787 d.C., l'anno
del concilio di Nicea[8] e apparteneva alle comunit del fondo valle, delle grotte della cava
ranni (Cava Grande), una parte di Cava d'Ispica, dove sorgeva l'antico insediamento della
citt. Alcune parti del cristo risalgono ad ancora prima, cio ad un crocifisso di
manifattura bizantina chiamato crucifixi de cava, che si venerava nel santuario della valle.
Il volto mostra i tratti tipici delle immagini bisantine: inanimato e inespressivo, con gli occhi
dilatati[8]. Con la dominazione bizantina si diffuse l'uso di abbellire le immagini sacre con
ricche decorazioni e ornementi, ma l'introduzione di alcune pratiche religiose port alla
distruttiva campagna degli iconoclasti. Infatti, queste eccessive forme di piet portarono
l'imperatore Leone III l'Isaurico ad una campagna iconoclasta delle immagini di Cristo,
della Madonna e dei santi e questi inevitabilemente raggiunsero l'antica spaccaforno[9].
Il grande crocifisso fu ridotto in frammenti e grazie alla piet di qualche fedele, la testa e le
avambraccia con le mani vennero nascoste e risparmiati alla distruzione[9]. I resti vennero
portati alla luce dopo l'Editto di Nicea e gli Editti di Teodora che riammettevano il culto
delle immagine sacre[8].
Cos con le avambraccia e la testa del grande crocifisso della cava venne composto un
nuovo corpo, non pi sulla croce ma sotto forma di Ecce Homo con le mani legate in
avanti. Intanto, all'epoca si diffuse il culto del flagellato e cos il Cristo venne modificato
con le mani indietro e pi curvo, ad angolo retto con la spalla destra pi bassa e le gambe
larghe e tremanti, col corpo lacerato dalle percosse e grondante di sangue. In questo
modo per il Cristo presentava un anacronismo visto che il flagellato aveva le mani forate
e il capo coronato di spine: per ovviare si camuff il vecchio capo con un fermaglio
d'oro[9] e con una parrucca, le mani vennero legate alla Colonna. Riprese cos il culto del
Cristo di spaccaforno.
Inoltre il simulacro miracolosamente si salv al terremoto dell'11 gennaio 1693, ritrovato
intatto sotto le macerie tra le grida di gioia del popolo della cava, il quale, suonando la
vecchia campana di Santa Maria della Cava appesa provvisoriamente in un albero vicino,
ripet per tre volte " Eppicciuotti Culonna "[10],grido che viene ancora oggi usato dai
portatori di Cristo. Nel 1695, il simulacro, ancora senza giudei, venne caricato su un carro
trainato da buoi per essere portato nel nuovo insediamento urbano[11]. Come narra la
tradizione popolare, i buoi appena arrivati nella collina accanto non vollero pi andare
avanti e cos in quello stesso luogo, sull'ameno colle della Calandra, venne edificata
una cappella per ospitare il Cristo, con le stesse pietre della distrutta antichissima chiesa
di Santa Maria della Cava. Dopo diversi ampliamenti, prima con l'altare del Cristo alla
Colonna, poi quello Maggiore, si arriv all'attuale basilica di Santa Maria Maggiore.
Il simulacro si salv per la seconda volta il 6 gennaio 1727 dopo un altro sisma che
distrusse la navata destra, il tetto e parte della cupola,risparmiando proprio la navata
sinistra con la cappella del Cristo. Dopo il 1729, ad opera dell'artigiano Francesco Guarino
da Noto, alla statua vennero aggiunti i due giudei ai lati del Cristo, lo stesso artigiano che
nel 1728 realizz il simulacro del SS Cristo alla Croce. I due personaggi sono d'ispirazione
popolare[12] e mentre il Cristo, per la sua storia antica, viene chiamato affettuosamente "'u
viecciu" (il vecchio), i due Giudei vengono chiamati "Pap" (quello alla destra del Cristo) e
"Pluchinotta" (quello alla sua sinistra).
La statua si salv per la terza volta nel luglio del 1943 quando una bomba tirata dalle navi
degli alleati colp la cappella del Cristo alla Colonna. La bomba miracolosamente non
esplose.
Il venerd Santo - Santissimo Cristo con la croce sulla via del calvario[modifica | modifica sorgente]
La processione[modifica | modifica sorgente]
Il Venerd Santo il giorno in cui si celebra e rievoca la passione del Signore e per i
nunziatari della basilica Santissima Annunziata il giorno pi importante per la fede e la
tradizione nella Settimana Santa.
La giornata inizia di buon mattino con l'incensamento e l'apertura delle porte della chiesa
ai fedeli. Inizia il ringraziamento all'altare del Cristo con la croce("'U Patri a cruci"). Si
forma un lungo corteo per entrare la vara in chiesa, si cerca il posto per assistere alla
tradizionale caduta delle "porte". Nonostante l'impressionante numero di persone che
riempiono il tempio, il silenzio grande quando alle ore 11,00 il sacerdote bussa tre volte
sulle "porte". allora che avviene la caduta delle stesse con la svelata improvvisa della
sacra immagine del Cristo con la croce tra il grido dei devoti "eppicciuotti: cruci, cruci,
cruci ..."[10] e il suono delle bande musicali, mentre il simulacro pian piano scende tra i
fedeli.
antica usanza portare da parte della gente numerosi ex voto in cera o offerte in denaro
che vogliono essere un segno di riconoscenza per la grazia ricevuta. Nel pomeriggio, dopo
l'arrivo in piazza Santissima Annunziata della cavalleria dei soldati romani, ha inizio la
processione del simulacro del Cristo con la croce preceduta dalla cavalleria, dalle
delegazioni di tutte le chiese diIspica con le proprie insegne, dai confrati dell'Associazione
Santissima Annunziata in abito confraternale, dai giovani dell'Associazione "Don Bosco",
seguito dalle autorit civili, militari, dai corpi bandistici e dai fedeli.
Il Cristo con la Croce situato nella nicchia dell'altare destro del transetto della chiesa
Santissima Annunziata. Il gruppo statuario come quello del Cristo alla Colonna raccolto
in una macchinetta lignea di colore oro. Sulla base rettangolare collocato il Cristo che
porta la croce con i due giudei. La parte superiore che sovrasta il gruppo con un
baldacchino legata alla base da quattro colonnine di colore oro. Queste sono pi larghe
alla base e tendono a restringere verso la parte superiore, dove sono sormontate da
quattro piccoli capitelliin stile corinzio, di colore oro. Il Cristo indossa una tunica blu con un
bordino colore oro al collo e alle maniche; la vita e le spalle sono legate ad una corda
sorretta dai due giudei ai lati. Il gruppo statuario non frontale ma rivolto verso il lato
sinistro, rappresentato nell'atto di salire verso il monte del Calvario. Sulla spalla sinistra il
Cristo sorregge la Croce di legno scuro mentre i due giudei lo sollecitano con forza a
camminare. Quello di sinistra di carnagione scura ed raffigurato nell'atto di tirare con
forza Ges in avanti. l'altro giudeo, di carnagione chiara, con una mano stringe la corda
con cui legato Cristo e con l'altra grava violentemente sulle spalle di Ges. Il Cristo
coronato di spine e sul capo posta un'aureola di argento. Il volto molto espressivo,
scarno stravolto dalla fatica, grondante di sangue, con gli occhi pietosi e la bocca
socchiusa per l'affanno.
La storia[modifica | modifica sorgente]
La storia del Cristo con la croce sicuramente meno travagliata del Cristo alla colonna e
della presenza del simulacro nella chiesa della Santissima Annunziata del parco Forza
(Fortilitium) non si hanno fonti certe. Si afferma l'esistenza di un primo simulacro del Cristo
di finissimo ilice del marzo 1623[9], commissionato dai Signori e Nobili che abitavano
all'interno delle mura del Fortilitium (oggi parco Forza), residenza degli Statella. Questi,
infatti, vollero a tutti i costi un simulacro da portare in processione proprio come il Cristo
alla colonna, portato in processione dal popolo povero in fondo alla valle di Cava d'Ispica.
Iniziava cos la rivalit storica tra le due Confraternite: "nunziatari" (da SS Annunziata) e
"cavari" (da Santa Maria della Cava). Questo primo simulacro, per, venne andato
distrutto durante il terremoto dell'11 gennaio 1693[9].
La realizzazione del secondo simulacro del Cristo che porta la croce fu commissionata
solo nel1728 a Francesco Guarino da Noto. L'artista realizz la statua
in cartapesta e stucco, portata da Avola a Spaccaforno il 19 marzo1729 e posta nella
nuova chiesa della Santissima Annunziata, dove tutt'oggi si venera. La solenne
processione che si svolge il Venerd Santo, al posto di quella antica della S. Spina
(spostata all'ultimo venerd di quaresima), risale al 1861.
La domenica di Pasqua - Santissimo Cristo risorto[modifica | modifica sorgente]
La festa[modifica | modifica sorgente]
Cristo risorto
Confrati di S.Maria Maggiore in abito tipico
PALAZZOLO ACREIDE
NOTO
Il patrono: san Corrado Confalonieri[modifica | modifica sorgente]
San Corrado eremita, mor nel 1351, nella grotta dove era vissuto in eremitaggio per
numerosi anni, nella Valle dei Pizzoni, presso Noto, dove oggi si trova la "Chiesa
dell'Eremo fuori le mura", che ingloba la grotta. Il 19 febbraio, giorno della sua morte, si
tiene la festa patronale. Vi si svolge una processione, con la "vara" dell'urna argentea
contenente il corpo del santo, che viene portata per le vie del paese. Ogni dieci anni, la
processione con l'urna giunge fino alla grotta, con un percorso che si svolge durante la
notte e percorre i circa 10 km che separano la citt dall'eremo originario. Caratteristici
sono i portatori di ceri artistici, dipinti con simbologie legate alla figura del patrono.
MODICA
Tradizioni e folclore[modifica | modifica sorgente]
Madonna Vasa-Vasa
Madonna Vasa-Vasa: si svolge nella mattinata di Pasqua. Risalente almeno[45] al 1645,
rappresenta l'incontro fra la Madonna ed il Cristo Risorto, reso caratteristico ed
emozionante in questa versione modicana dal fatto che il simulacro di Maria, in pratica un
burattino in legno sul tipo dei pupi Siciliani, muove le braccia, impartisce benedizioni e si
china a baciare il petto del figlio risorto. A mezzogiorno in punto, fra ali di folla acclamanti,
spari di bombe e campane a festa, alla Madonna, non appena "scorge" in lontananza
Ges Risorto, viene fatto cadere il manto nero che la ricopre, lasciando cos scoperto il
suo vestito azzurro; contemporaneamente vengono liberate in volo una decina di colombe
bianche, nascoste in precedenza nel basamento del simulacro della Madonna.
Festa del Patrono San Giorgio, il 23 aprile se cade di domenica, oppure la prima
domenica successiva alla data (nel 2011 eccezionalmente i festeggiamenti hanno avuto
luogo l'8 di maggio): il simulacro raffigurante il Santo Cavaliere che uccide il drago, viene
portato a spalle lungo tutto il centro storico della citt, prima a Modica Alta, poi a Modica
Bassa, a partire dal primo pomeriggio, per finire con i giri festanti all'interno del Duomo
dalle 23.00 circa.
Eurochocolate - ChocoBarocco: si svolge preferibilmente in primavera ed ha gi celebrato
sei edizioni. L'evento rappresenta l'occasione giusta per visitare la citt partecipando a
tour guidati, e per degustare tutte le specialit dolciarie locali. In occasione della Kermesse
del cioccolato di Modica si svolgono una serie di convegni ed eventi incentrati sul cacao,
sulla tipica cioccolata modicana e sui prodotti dolciari per i quali Modica rinomata. Il
dolce appuntamento per il 2010 si svolto nei giorni dal 3 all'8 dicembre, (Choco Notte il
4 dicembre), e la versione di quest'anno, cos come quella del 2009, non ha pi avuto il
marchio perugino, ma piuttosto, col nome di ChocoBarocco, stata un'edizione
organizzata in maniera autonoma dai maestri cioccolattieri modicani, riuniti in un
Consorzio per la tutela e la promozione del prodotto, ricchi dell'esperienza degli anni
passati, ed animati solo dalla passione per la propria arte dolciaria. L'edizione del 2011,
che si tenuta dal 28 ottobre al 1 novembre, era inserita fra le manifestazioni turistiche di
rilevanza nazionale della Regione Siciliana.
"Nel solco della tradizione": dal 2008, in occasione di ricorrenze tipicamente legate al
mondo dei bambini (i Morticini, il Natale, il Carnevale), si organizzano eventi per i pi
piccoli che coinvolgono scuole e istituzioni di tutta la citt. La supervisione delle iniziative
affidata a Marcella Fragapane, direttrice del Festival internazionale delle Ombre di Staggia
Senese.
Settimana Quasimodiana: puntualmente come dal 1996 in poi ogni anno, nella settimana
a cavallo del 20 agosto 2011 si terranno le varie rappresentazioni culturali che ricordano,
nell'anniversario della sua morte (20 agosto), il poeta Salvatore Quasimodo, che a Modica
ebbe i natali. Il programma prevede tutte le sere visite guidate ai Musei ed alla Casa
natale, mentre il clou la Notte della Poesia il 20 agosto. A Modica stato istituito ed
opera un Parco Nazionale Letterario[27], dedicato al Poeta.
Sagra del carrubo, a Frigintini in settembre o ottobre: si degustano tutte le specialit a
base di carrube: lolli (cavatelli cotti in sciroppo di carrube e ricoperti con mandorla tritata
abbrustolita), gelo, biscotti e caramelle.
Presepe Vivente: durante le festivit di Natale, un Presepe Vivente viene rappresentato
lungo i vicoletti e le scalinate di uno degli antichi quartieri del centro storico della citt,
oppure, a volte, fuori citt, nella zona archeologica di Cava Ispica, nella suggestiva
ambientazione delle grotte scavate dall'uomo nel corso dei secoli. L'edizione 2007 stata
ambientata nei bassi e negli anfratti rocciosi su cui poggiano i resti del Castello dei Conti.
L'edizione 2009 si svolta nel caratteristico parco urbano di San Giuseppe Timpuni di
recente realizzazione.
SCICLI
Manifestazioni[modifica | modifica sorgente]
Festa delle Milizie: i festeggiamenti, che hanno inizio ogni anno, a fine maggio, durano
una settimana. Il momento pi significativo della festa la rappresentazione teatrale, il
sabato, di una "moresca" a ricordo di una battaglia avvenuta nel 1091 per la liberazione
della Sicilia dal dominio saraceno; nella rappresentazione, che si tiene ogni anno da
tempo immemorabile, si fronteggiano i turchi (i Saraceni) capeggiati dall'Emiro Belcane e i
Cristiani (i Normanni) guidati dal Gran Conte Ruggero d'Altavilla. Nella rappresentazione,
vengono ricreati gli ambienti suggestivi della lotta e attori popolari con abiti d'epoca e armi,
recitano sulle strade ripercorrendo i momenti pi importanti della battaglia, che si conclude
con l'intervento miracoloso della Vergine Maria (detta "delle Milizie" o "dei Milici"), che,
scesa dal Cielo in groppa ad un Bianco Cavallo, libera la citt dall'assedio straniero. La
tradizione vuole che Maria Santissima delle Milizie rappresenti l'Addolorata, molto
venerata dagli sciclitani, cui sono anche dedicate due processioni e due culti (nella Chiesa
di Santa Maria La Nova e nella chiesa di San Bartolomeo).
Il Gioia: al culmine della Settimana Santa, il giorno di Pasqua viene festeggiata la
Resurrezione di Cristo, detto l'Uomo Vivo, al grido di "Gioia", da cui per antonomasia il
Gioia (con l'articolo al maschile). La statua lignea del Cristo, opera settecentesca attribuita
a Civiletti e custodita nella Chiesa di Santa Maria La Nova, viene portata in processione
per le vie della citt e fatta ondeggiare e ballare in segno di gioia per tutto il giorno sino a
tarda ora. Di recente il cantautore Vinicio Capossela ha dedicato una delle sue canzoni a
questa caratteristica festa.
La Cavalcata di San Giuseppe: il sabato precedente il 19 marzo (o quello successivo)
dalla Chiesa di San Giuseppe parte una processione di cavalli e cavalieri per le vie della
citt di Scicli. Figuranti che rappresentano San Giuseppe e la Vergine Maria guidano il
corteo che passa nei vari quartieri in cui vengono allestiti dei fal, dei fuochi
detti Pagghiari, dove i cavalieri e la gente che segue la cavalcata accende dei fasci di
stoppie dette ciaccre. I cavalli sono bardati con manti di violaciocche, dette blicu, e gigli
selvatici (spatulidda) composti a modo (nelle settimane precedenti) per rappresentare
scene religiose o simboli della citt (leone rampante, stemma, San Giuseppe, Ges, la
croce...). Campanacci, sonagli, testiere, ed altri ornamenti completano le bardature.
Il 19 marzo la stessa processione si fonde a quella religiosa di San Giuseppe. La
rappresentazione vuole ricordare la fuga in Egitto di Giuseppe e Maria, dopo l'editto di
Erode. La sera del sabato della Cavalcata nel sagrato della chiesa di San Giuseppe si
svolge una Cena per raccogliere offerte per la parrocchia e i poveri, e i cavalli e cavalieri
della Cavalcata presenziano alla Cena, alla fine della quale verranno premiati i migliori
manti infiorati.
Sagra della seppia si svolge a Donnalucata nel fine settimana che precede il 19 marzo in
occasione dei festeggiamenti di San Giuseppe. Lungo la via Pirandello sono allestiti gli
stands che propongono specialit a base di seppie pescate al largo di Donnalucata e
cucinate secondo la tradizione locale.
Al termine della sfilata, chiamata "la Cavalcata" si celebra il concorso con la premiazione
per la bardatura migliore.
Marzo Mese Della Cultura: da qualche anno a questa parte stato istituito il Marzo A
Scicli, Mese Della Cultura, che prevede un cartello fitto di eventi che variano dall'arte con
mostre, estemporanee di pittura, al cinema con cineforum organizzati dalle associazioni
culturali, al folklore con le feste di primavera (La cavalcata di San Giuseppe di Scicli e
Donnalucata), e vari altri appuntamenti di tipo culturale.
Sagra del Pomodoro o festa del grappolino a Sampieri: festa del pomodoro a grappolo di
produzione locale, il 1 maggio. Oltre al pomodoro spazio viene dedicato agli altri prodotti
orticoli e ai formaggi. In occasione della sagra viene anche allestita una fiera
dell'artigianato a cui prendono parte numerose aziende provenienti da tutta Italia.
Basole Di Luce festival: si tiene nel mese di agosto. Il suo nome vuole magnificare la luce
riflessa sulle basole delle vie del centro storico, diventato patrimonio dell'umanit da
quando l'Unesco ha inserito Scicli bella World Heritage List. Basole di Luce Festival
prevede una serie di manifestazioni di carattere culturale, con spettacoli musicali, teatrali e
di intrattenimento incentrati sul confronto tra le etnie e i popoli.
Carnaluvaru ra Stratanova: il Carnevale da anni viene festeggiato in Corso Umberto,
detto dagli scilitani "A Stratanova" (la strada nuova) e si svolge con manifestazioni,
sketches in maschera, sfilate e carri allegorici.
Natale a Scicli: nel quartiere storico di Scicli, la Cavuzza Di San Guglielmo si svolge il
tradizionale presepe vivente, immerso in una vallata con una fitta vegetazione di fichi
d'India.
MEZZOJUSO
Mastro di Campo[modifica | modifica sorgente]
Si svolge ogni anno, nell'ultima domenica di Carnevale, "Il Mastro di Campo", nella
pubblica piazza. Si tratta della festa pi importante per Mezzojuso, di una rara
permanenza su quelle antiche rappresentazioni in forma pantomimica, che si usavano
svolgere nelle piazze. Di questa pantomima tratt gi nel XVIII secolo, il Villabianca, ma la
inquadra a Palermo, presso gli antichi quartieri del centro storico della citt, si presume
siano la Kalsa o l'Albergaria, dove era nota come Atto di Castello.
Il Mastro di campo posto alla testa di una piccola armata, deve marciare verso il castello e
prendere con s la Regina. Mentre il Re si prepara alla difesa, e le truppe si combattono
tra loro, il Mastro di Campo, inerpicato su di una scala deve tentare il rapimento della
Regina, ma viene respinto dalle guardie che lo fanno cadere gi. A Mezzojuso, questa
antica tradizione presenta caratteristiche per certi versi analoghe a quelle dell'antica
pantomima di Palermo, ma arricchita da elementi propri della tradizione locale. Appare
infatti un figurante col volto coperto da una maschera rossa, che cerca di conquistare la
sua amata regina, arroccata nel castello. Egli infine riesce a conquistare la sua amata.
La pantomima trae origine da un fatto veramente accaduto nel '400, quando la vedova di
Martino il Giovane, Bianca di Navarra, rifiut di cedere la reggenza dell'isola a Bernardo
Cabrera, conte di Modica e gran giustiziere del Regno. Bernardo Cabrera, diede quindi
l'assalto al castello di Solanto, presso Palermo, dove si era rifugiata la regina. Il racconto
tratto dal fatto storico, da cui trae origine la pantomima del "Mastro di Campo" avrebbe
quindi nel tempo subito delle sostanziali modificazioni dettate dalla fantasia, che avrebbero
portato la bella Regina ad essere innamorata del Mastro di Campo. In realt Bianca di
Navarra, non voleva proprio sapere nulla di cedere alle lusinghe del Cabrera.
L'evento si svolge nella pubblica piazza cittadina con la partecipazione di numerosi
figuranti, molto atteso da tutta la cittadinanza, ed rappresentato sin dal XVII secolo. Si
tramanda oralmente e propone dei personaggi abbigliati con costumi spagnoleggianti
siciliani. Nel corso dei secoli, l'evento ha subito delle modifiche, come quelle relative
all'intervento del personaggio storico "Giuseppe Garibaldi" e di alcuni suoi uomini
garibaldini. Sembra che questa particolare innovazione abbia avuto origine alla fine
dell'800, quando apparve un figurante vestito appunto da Garibaldi. Tale evento scosse lo
spirito patriottico degli spettatori, che applaudirono tanto fragorosamente alla novit, da far
s che nelle edizioni successive si riproponesse sempre la figura del condottiero dei due
mondi, Garibaldi. La partecipazione dell'eroe nazionale, e dei suoi uomini, molto attiva: i
garibaldini ingaggiano una bella battaglia con le guardie saracene del castello. Altri
caratteristici personaggi di tale pantomima sono gli alleati del Mastro di Campo, i briganti
ed i guerriglieri che vogliono sovvertire l'ordine rappresentato dalla Corte del Re ed il
"Diavolo Pecoraio", un figurante rivestito di pelli di pecora che rappresenta il reale
avversario dell'eroe della pantomima. Nonostante le modificazioni suesposte, c' da dire
che i caratteri dei protagonisti sono pressoch identici a quelli delle rappresentazioni
originali, e il Mastro di Campo continua ad essere rappresentato come una figura
grottesca, irreale, mentre la regina come una donna dolce e mite. Alla fine tutte le
Due "Giudei"
"Giudeo"
Tradizione in ricorrenza della Settimana Santa: Festa dei Giudei
una manifestazione folkloristica della settimana pasquale caratterizzata da gruppi di
persone che scorrazzano per il borgo suonando trombe ed indossando un costume
carnevalesco detto appunto da "Giudeo". In accordo con la tradizioneantisemita, il nome
dei "Giudei", ovvero il popolo accusato per secoli di "deicidio", viene trasposto ad una
sorta di demoni allegri e chiassosi, quanto il loro coloratissimo costume e la musica dei
loro ottoni. Ignari dell'origine del termine, si esibiscono in una costosissima uniforme di
foggia ottocentesca di colore giallo e rosso, ricamata di perline, con elmo e spalline dorate.
Il volto coperto da cappuccio caratterizzato da una lunga lingua di stoffa con una croce
ricamata sulla punta, in riferimento al carattere menzognero diabolico. Essi infatti si
immedesimano nei personaggi in una trasgressione che irride al carattere sacro ed
austero della Passione, disturbando addirittura con le loro trombe messe e processioni. I
"Giudei" frequentano bar, osterie e case facendosi offrire dolciumi e vino, i quali a loro
volta lo trovano di buon auspicio.
10 maggio
una tradizione che sembra avere origini medioevali risalenti agli anni di beatificazione e
santizzazione dei santi patroni Alfio, Filadelfio e Cirino. La tradizione consiste in una
cavalcata dal paese fino al Monte San Fratello, meglio conosciuto come Monte Vecchio;
per la cavalcata vengono per la maggior parte utilizzati i cavalli sanfratellani.