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TRADIZIONI POPOLARI DELLA SICILIA

Carnevale di Acireale
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Carro Allegorico vincitore edizione 2006 La prossima mossa (Cant.Parlato)

Carro Infiorato vincitore edizione 2008 Gi la maschera (Francesco Cavallaro)

Il carnevale di Acireale, definito Il pi bel Carnevale di Sicilia,[1] uno dei pi antichi


dell'isola, e si svolge ogni anno nella citt di Acireale in provincia di Catania. Tra le sue
caratteristiche vi la sfilata dei carri allegorici ed infiorati.
I carri allegorico-grotteschi in cartapesta sono opere finemente lavorate, che danno il
loro spettacolo attraverso migliaia di lampadine e luci, movimenti spettacolari e
scenografie in continua evoluzione durante le esibizioni. Sono gli unici carri al mondo ad
utilizzare simili impianti di luci e movimenti meccanici ed idraulici.
I carri infiorati hanno la caratteristica, simile a quella di diversi carnevali della Costa
Azzurra e della Liguria, di mostrare soggetti creati interamente con fiori (veri) disposti uno
a fianco all'altro. Sono anch'essi dotati di movimenti meccanici e luci.
I carristi lavorano tutto l'anno per offrire al pubblico, soprattutto con il calare delle tenebre,
uno spettacolo unico al mondo.

Indice
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1 Storia
2 Le maschere storiche
2.1 L'Abbatazzu

2.2 I Baruni
2.3 I Manti ed i Domino
2.4 Cola Taddazzu e Quadaredda
3 La manifestazione oggi
3.1 Carri Allegorico-Grotteschi in Cartapesta
3.2 Carri Infiorati
3.3 Carri in Miniatura
3.4 Giostre
3.5 Numero Unico
4 Note
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica sorgente]

Il carnevale acese ha origini antichissime. Si pensa, infatti, che la manifestazione sia nata
spontaneamente fra la gente e quindi ripetuta negli anni dal popolo, che libero dai rigidi
vincoli, poteva con una certa libert scherzare, dando luogo a saturnali in maschera dove
era uso prendere di mira i potenti del tempo con satira e sberleffi. Una delle prime
maschere del carnevale acese fu l'Abbatazzu (detto anche Pueta Minutizzu) che, portando
in giro grossi libri ironizzava sulla classe clericale del tempo, ed in special modo
sull'Abate-Vescovo di Catania, nella cui diocesi ricadeva per l'appunto la cittadina.
Il primo documento ufficiale che cita la manifestazione un mandato di pagamento
del 1594
Nel XVII secolo era usanza fare una Battaglia di arance e limoni tanto sentita che il 3
marzo del 1612 la Corte Criminale era costretta a bandirla. Alle fine del XVII secolo, il
terremoto che sconvolse la Sicilia Orientale (Terremoto del Val di Noto) decret anche un
periodo di lutto e per diversi anni il tradizionale carnevale non si tenne. Ma gi ai primi
del XVIII secolo la manifestazione rinasceva, probabilmente anche incoraggiata dal
momento di grande fermento e di speranze che si era venuto a creare con la ricostruzione
post-sisma. Entrarono in scena alcune maschere nuove u baroni (il barone) ed i
famosissimi Manti.
Dal 1880 iniziarono le sfilate dei carri allegorici. Inizialmente furono preceduti delle
carrozze dei nobili addobbate (detti le cassariate o landaus) e successivamente vennero
pensati i carri in cartapesta. Si pens proprio alla cartapesta perch in citt vi erano molti
artigiani che gi utilizzavano questa tecnica per decorazioni.
Dal 1929, anno della istituzione della azienda autonoma e stazione di cura di Acireale, il
Carnevale Acese viene organizzato cos come lo si pu ammirare oggi. Dal 1930 vennero
introdotte le macchine infiorate, ovvero auto addobbate di fiori, altra peculiarit della
manifestazione che sopravviver sino ai giorni nostri, pur se ormai allestiti in carri ben pi
grandi.
In alcune edizioni verranno anche creati dei carri addobbati con agrumi.
Del 1934 la prima edizione del Numero Unico, a cura del locale Circolo Universitario una
pubblicazione destinata ad accompagnare tutte le edizioni. Nel secondo dopoguerra vi
sar la introduzione dei minicarri (detti Lilliput) all'interno dei quali vi era un bambino.
L'usanza dei minicarri durer per solo sino alla fine degli anni Sessanta. Cola
Taddazzu e Quadaredda, ai quali successe il popolarissimo Ciccitto (l'indimenticato
Salvatore Grasso) furono alcuni dei personaggi pi famosi.

La manifestazione sar interrotta, oltre che alla fine del XVII secolo anche nei periodi
bellici durante le due guerre mondiali del XX secolo. Inoltre sar posticipata nel 1991,
come precauzione di sicurezza per la contemporanea Guerra del Golfo.
Nel 1996, 1997, 2001 e 2006 la manifestazione far parte della lotteria di Carnevale,
del Monopolio di Stato. Nel 2006 viene assegnato alla manifestazione il premio
europeo Alberto Sargentini dalla omonima fondazione di Viareggio. Nel 2010 il Carnevale
di Acireale stato abbinato, ancora una volta, alla Lotteria Nazionale e al Carnevale di
Viareggio, manifestazioni gemellate insieme ad altri Carnevali italiani.
Negli anni la figura dei Carristi ha sospinto ed aumentato il valore artistico della
manifestazione. Tra i carristi pi importanti si ricordano Sebastiano Longo, Rosario Lizzio,
Camillo Ardizzone, Giovanni Coco, i Fratelli Parlato e Luciano Scalia.
Le maschere storiche[modifica | modifica sorgente]

Carro infiorato (edizione 2005)

L'Abbatazzu[modifica | modifica sorgente]

L'Abbatazzu fu una delle maschere antiche del carnevale acese, storicamente in uso
dal 1667. Vestiti in maniera stravagante, usavano portare grandi parrucche bianche in
testa, indossavano abiti di Damasco ricchi di fronzoli ed andavano in giro con grossi libri.
Avevano un grande tovagliolo appeso al collo, che era un antico segno dato alle persone
infette e probabilmente aveva l'intento di esorcizzare le paure di un periodo storico (il XVII
secolo) travagliato da gravi pandemie. L'Abbatazzu era anche detto Pueta
Minutizzu perch solevano recitare delle poesie grottesche e maliziose. Secondo alcuni
storici, la maschera ironizzava sulla classe clericale del tempo, ed in special modo
sull'Abate-Vescovo di Catania, Mons. Michelangelo Bonadies, nella cui diocesi ricadeva
per l'appunto la cittadina.
I Baruni[modifica | modifica sorgente]

Il Baruni fu la maschera successiva del pi famoso Abbatazzu. In genere


i Baruni indossavano una grossa cappa, un cappellone a cilindro, nastrini sgargianti,
grossi colletti, grosse catene, con portamento grossolano e bifolco. Essi miravano a far il
verso alla nobilt.
I Manti ed i Domino[modifica | modifica sorgente]

I Manti, furono la figura che pi successo ebbe nella tradizione del carnevale acese.
Coperti da grossi mantelli di seta nera, che celavano l'identit, furono paragonati
ai Bautta veneziani. La figura fu poi sostituita nel tempo dal Domino. Anche il Domino era
una maschera completamente nera che celava l'identit, ma con vesti meno ricche. Il
costume fu poi bandito per motivi di pubblica sicurezza nei primi anni del XX secolo,
poich alcuni malviventi usano travestirsi cos per celare la propria identit e confondersi
nella folla intenta a festeggiare il carnevale dopo aver compiuto delitti.
Cola Taddazzu e Quadaredda[modifica | modifica sorgente]

Cola Taddazzu e Quadaredda furono maschere molto popolari introdotte negli anni
cinquanta del XX secolo.

La manifestazione oggi[modifica | modifica sorgente]

Il carnevale oggi si svolge nello stupendo scenario barocco del centro storico, ha il suo
centro nella magnifica Piazza Duomo. Totalmente gratuito, vede la folla partecipare
attivamente alla manifestazione, che viene trascinata dal generale clima allegro ed
euforico. Gemellato con il Carnevale di Viareggio vi anche la partecipazione di alcuni
costumi del Carnevale di Venezia.
Il programma tradizionale prevede la sfilata dei carri di cartapesta il gioved, la domenica
ed il marted grasso, mentre i carri infiorati sfilano il luned ed il marted. Da alcuni anni
tuttavia il programma mutato, i carri allegorici sfilano anche le due domeniche precedenti
ed i carri infiorati sfilano in tutti i giorni. La manifestazione si chiude comunque la sera del
marted grasso con le premiazioni ed i tradizionali fuochi d'artificio con cui si vuole bruciare
il Re Carnevale. Caratteri peculiari della manifestazione sono:
Carri Allegorico-Grotteschi in Cartapesta[modifica | modifica sorgente]

Sono grandi costruzioni in cartapesta che trattano argomenti di satira e costume sociale.
Sono caratterizzati oltre che dal soggetto, anche dal colore, dagli effetti e dal movimenti di
alcune parti che generalmente si attivano appena giunti in Piazza Duomo.
I carristi lavorano nei cantieri, fra la progettazione e la realizzazione per diversi mesi.
Attualmente al completamento dei carri dedicato un apposito spazio coperto dove
trovano spazio i diversi cantieri.
Carri Infiorati[modifica | modifica sorgente]

Introdotti nel 1931, inizialmente erano delle automobili ricoperte di fiori, e per questo
chiamate da molti ancora le Macchine Infiorate. Oggi invece sono dei carri di grandi
dimensioni dove le figure sono composte da centinaia di migliaia di fiori con movimenti e
luci.
Carri in Miniatura[modifica | modifica sorgente]

Sono carri di piccole dimensioni realizzate minuziosamente per il concorso divenuto ormai
tradizionale e che si tiene nel periodo dei festeggiamenti. Alcuni dei carri in miniatura sono
proprio miniature dei carri allegorico-grotteschi che sfilano per le strade.
Immagini dei "Carri in Miniatura"
Giostre[modifica | modifica sorgente]

In occasione della festa viene impiantato tra corso Italia e via Felice Paradiso[1] un Luna
Park itinerante.[2]
Numero Unico[modifica | modifica sorgente]

Si tratta di una pubblicazione di satira locale redatta dai soci del locale Circolo
Universitario ininterrottamente dal 1932, e che ormai entrato nella tradizione del
carnevale acese.

Antinna a mari
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La Antinna a mari (o 'ntinna a mari, antenna a mare) un gioco tradizionale, che si


svolge a Cefal, in Sicilia, dedicato al patrono della citt, il S.S. Salvatore. Il gioco si
svolge durante il mese di agosto, nell'ultimo giorno dei festeggiamenti della festa del
Santissimo Salvatore della Trasfigurazione, .

Indice
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1 Regole del

gioco

2 Oltre a Cefal
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni

Regole del gioco[modifica | modifica sorgente]

Si tratta di una sorta di albero della cuccagna posto sul mare: un lungo tronco unto
di sapone e sego viene sospeso quasi orizzontalmente sulleacque prospicienti il molo. Lo
scopo della gara consiste nel cercare di raggiungere una bandierina posta all'estremit,
appunto, della 'ntinna senza cadere in acqua. I partecipanti sono costretti ad innumerevoli
tentativi (con conseguenti tuffi in acqua) prima di riuscire a raggiungere la bandiera.
Secondo la tradizione, possono partecipare soltanto i figli maschi dei pescatori.
Oltre a Cefal[modifica | modifica sorgente]

Sempre in Sicilia possibile trovare lo stesso gioco nella stessa forma e quasi nello
stesso periodo dell'anno anche nell'isola di Marettimo (isole Egadi).
Anche a Sciacca, in provincia di Agrigento, si svolge "L'antinna a mari" dal 27 al 29 giugno
in occasione della festa di San Pietro, protettore dei pescatori.
A Porto Empedocle si svolge nel mese di luglio, durante i festeggiamenti in onore della
Madonna del Carmine.
Per la ricorrenza dell'Ascensione la "'ntinna a mari" si svolge anche a Finale di Pollina,
borgata a una decina di km da Cefal.
Il giorno di Ferragosto ad Augusta, in provincia di Siracusa, si svolge una gara con decine
di partecipanti e migliaia di spettatori nello scenario del Golfo Xifonio, rinomata zona
balneare della cittadina aretusea.
Anche a S. Agata di Militello si svolge la 'ntinna a mari e precisamente nella prima
domenica di agosto, il giorno delle celebrazioni della festa di Maria Santissima del Mare
sulle barche.
A Sferracavallo, in provincia di Palermo il gioco si svolge verso la fine di settembre,

durante i festeggiamenti dei S.S. Cosma e Damiano, protettori dell'antica borgata


marinara.
Anticamente anche a Santo Stefano di Camastra si svolgeva questo gioco.
Anche ad Aspra, in provincia di Palermo, dopo molti anni di pausa, da quest'anno 2013 e
precisamente dall'11 al 15 settembre, in occasione delle celebrazioni per i festeggiamenti
di Maria SS.Addolorata, si svolge il gioco dell'antenna a mare.

Ballo dei diavoli


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Diavoli e Morte il giorno di Pasqua

Angeli del giorno di pasqua a guardia del cristo risorto

Il Ballo dei diavoli (siciliano: l'abballu di li Diavuli) una tradizione folcloristico-religiosa


legata alle manifestazioni pasquali del comune di Prizzi, in provincia di Palermo.
Di origini medioevali, la manifestazione conserva evidenti tracce di celebrazioni pagane
incentrate sul trionfo della vita e della rinascita della vegetazione agli inizi della primavera.
Sin dalla mattina del giorno di Pasqua due diavoli mascherati (vestiti di rosso) e la morte,
vestita di giallo, si aggirano indisturbati per le strade del paese, facendo scherzi e
trattenendo i passanti, che vengono rilasciati solo in cambio di un obolo (soldi o dolci).
Il culmine della manifestazione avviene il pomeriggio, quando i diavoli tentano di impedire
l'incontro, nella piazza principale del paese, tra le statue del Cristo e della Madonna. Ad
essi si oppongono gli angeli che scortano le statue: questo contrasto, effettuato secondo
precise movenze ritmiche, che viene chiamato il ballo dei diavoli. Una volta sconfitti i
diavoli, il Cristo risorto e la Madonna si possono finalmente incontrare (in sic. u 'ncontru) e
il Bene trionfa sul Male.

Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane


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La Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane l'opera pi importante del palermitano Giuseppe
Pitr (1841-1916), pubblicata in ben venticinque volumi tra il 1871 e il 1913.
Come il conterraneo Giovanni Meli, il Pitr divenne medico di professione e venne, grazie
ad essa, a contatto con i ceti pi umili dai quali raccolse per primi i Canti popolari siciliani,
pubblicati in due volumi nel 1871. Molto importante fu anche il contributo della madre, a
cui dedic questa sua prima opera; addirittura disse di lei: la mia biblioteca delle
tradizioni popolari siciliane.
Ai primi due volumi si aggiunsero presto gli altri, dedicati alla cultura popolare, ma anche a
giochi, proverbi, indovinelli, feste, medicina popolare, usi nuziali e molto altro. Per i suoi
meriti e la sua fama Giuseppe Pitr fu nominato Senatore del Regno il 30 dicembre
del 1914, quando anche inAmerica venivano tradotte e pubblicate le sue opere per le
Edizioni Crane, specialmente i proverbi e le fiabe, la cui radice comune a tanti popoli egli
aveva esaltato rivendicando in una lettera ad Ernesto Monaci la loro ricchezza linguistica
con queste parole: "Che bellezza, amico mio! Bisogna capire e sentire il dialetto
siciliano per capire e sentire la squisitezza delle fiabe che sono riuscito a cogliere di bocca
ad una tra le mie varie narratrici.
Come sostiene il Cocchiara, lopera del Pitr presenta due aspetti, uno storico e laltro
poetico, rivelando unumanit viva e vibrante per cui egli era convinto che era giunto il
tempo di studiare con amore e pazienza le memorie e le tradizioni, per custodirle. Da
questo nacque anche la creazione del Museo Etnografico, dove raccogliere tutti i materiali
e gli oggetti pazientemente ricercati per la Sicilia, che oggi porta il suo nome, ed ospitato
nelle ex-stalle della Palazzina Cinese, allinterno del Parco della Favorita. Molto belle sono
le pagine dedicate alle storie di Giuf, protagonista di molti racconti comici della tradizione
siciliana, e alle feste popolari, soprattutto quella del Natale e quella
dei Morti (Commemorazione dei defunti).
Elenco dei venticinque volumi[modifica | modifica sorgente]

1) Canti popolari siciliani Vol. I


2) Canti popolari siciliani Vol. II
3) Studi di poesia popolare
4) Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani Vol. I
5) Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani Vol. II
6) Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani Vol. III
7) Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani Vol. IV
8) Proverbi siciliani Vol. I
9) Proverbi siciliani Vol. II
10) Proverbi siciliani Vol. III
11) Proverbi siciliani Vol. IV
12) Spettacoli e feste popolari siciliane
13) Giuochi fanciulleschi siciliani
14) Usi, costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano Vol. I
15) Usi, costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano Vol. II
16) Usi, costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano Vol. III

17) Usi, costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano Vol. IV


18) Fiabe e leggende popolari siciliane
19) Medicina popolare siciliana
20) Indovinelli, dubbi e scioglilingua del popolo siciliano
21) Feste patronali in Sicilia
22) Studi di leggende popolari in Sicilia e nuova raccolta di leggende siciliane
23) Proverbi, motti e scongiuri del popolo siciliano
24) Cartelli, pasquinate, canti, leggende, usi del popolo siciliano
25) La famiglia, la casa, la vita del popolo siciliano

Carnevale della Valle dell'Alcantara


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Il carnevale della Valle dell'Alcantara si svolge ogni anno nella citt di Francavilla di
Sicilia in provincia di Messina.
Il Carnevale[modifica | modifica sorgente]

considerato il pi bel carnevale della valle dell'Alcantara e si Aiuto


Suono della Fasuledda (info file)
svolge, ormai da pi di un secolo, nell'arco di una settimana, File:Fasuledda.mid
per le vie cittadine, che diventano vere e proprie piste da ballo
durante i cosiddetti veglioni allietati da buona musica. Il carnevale di Francavilla, attira
visitatori da tutte le parti; le caratteristiche che lo contraddistinguono sono: la trasgressivit
che non sfocia mai nella volgarit; l'ironia che invece aggiunge spirito alle serate e
coinvolge gran parte della gente presente. I cittadini che per l'evento
diventano personaggi e ancora oggi portano avanti la vera essenza del carnevale
francavillese sono rimasti in pochi, sulla falsa riga dell'indimenticato (ormai
scomparso) Sebastiano Puglisi in arte Bastiano Vainaso
I Veglioni si concludono con la caratteristica Fasuledda (musica composta da un giovane
francavillese) che viene ballata in cerchi seguendo la velocit della musica che va
alternandosi. I veglioni sono caratterizzate dalle cosiddette mutticedde, ossia delle leggere
spinte che le persone ballando in cerchio si danno con la schiena. La via (Vittorio
Emanuele) cos, si trasforma in un enorme balera. Le serate sono allietate con musiche
tipiche, e balli di gruppo che coinvolgono un po' tutti coloro che si lasciano prendere
dall'euforia carnascialesca. La via in cui si balla e piastrellata con pietre vulcaniche
levigate, gergamente chiamate ciappe. davvero uno spettacolo vedere trippare (cos si
suol dire) una moltitudine di persone in questa via, che per l'occasione viene anche
addobbata con archigiate e stelle filanti.
Caratteristica, perch unica nel suo genere ed ogni anno diversa, la serata conclusiva
con 'a cianciuta di re Carnalivari (ovvero "il pianto di re Carnevale"): su di un carro, seguito
da "piagnoni" e vedove, da gruppi in maschera che sfilano "piangendo" la fine della festa,
si trova re Carnevale che d lultimo saluto con in mano della salsiccia ad indicare che
dopo quella sera inizia la quaresima e quindi non si pu pi mangiare carne. Ma la
salsiccia ha anche un altro significato, quello carnale infatti le varie vedove dopo la
dipartita del re Carnevale (focoso amante) resteranno senza...
Il corteo viene accompagnato dalla Fasuledda intonata dal corpo bandistico comunale

"Vincenzo Bellini".
Nel pomeriggio della domenica e del marted grasso le strade si animano con la sfilata dei
carri allegorici in cui le sfide agguerrite tra i mastri carristi di diversi gruppi prendono il via
portando dentro le vie cittadine unarea di festa e di divertimento; il marted sera, durante il
veglione vengono assegnati i premi; al primo posto, oltre ad un premio in denaro, viene
assegnato una scultura lignea di un asso di bastoni.

Carnevale di Regalbuto
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Il Carnevale di Regalbuto una manifestazione carnevalesca della Sicilia centrale, e si


festeggia a Regalbuto, in provincia di Enna.

Indice
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1 Manifestazi

oni

1.1 I costumi
1.2 Le sfilate dei carri allegorici
1.3 I balli tradizionali: le contradanze
2 Collegamenti esterni

Manifestazioni[modifica | modifica sorgente]


I costumi[modifica | modifica sorgente]

Il costume tradizionale il protagonista assoluto del carnevale di Regalbuto


accompagnato dalla partecipazione di pubblico, tale che lo slogan del Carnevale "Da noi
il protagonista sei Tu!" La cittadina ennese infatti prospera di maestri artigiani che
confezionano maschere e costumi di pregevole fattura, indossati per tutto il corso delle
celebrazioni. Per ammirare i pi bei costumi, stato istituito un apposito Concorso a
premi, che richiama numerosi artigiani negli ultimi tre giorni del Carnevale. I costumi
tradizionali, giudicati dalla giuria del Concorso, sono generalmente rappresentati
da tessuti preziosi, che vengono poi ricamati a mano dalle sarte ed intessuti di perline e
decorazioni stravaganti, in modo da ottenere un esemplare quanto pi sgargiante ed
originale. Altra variante tipica del Carnevale regalbutese quella del costume
in cartapesta, che concorrono nella categoria apposita contro colore che indossano abiti
in stoffa, ma le categorie in totale sono 13 che si contendono nelle varie fasce i contributopremi consegnati dalla commissione giudicatrice. Ma la predominanza del Carnevale di
Regalbuto non solo nelle sfilate degli ultimi giorni, ma sta anche nella partecipazione
della gente gi un mese prima quando cominciano i tradizionali balli in piazza della
Repubblica che coinvolgono fino a mezzanotte tutta la popolazione vestita appositamente

in maschera. La gestione della manifestazione demandata alla Proloco di Regalbuto.


Le sfilate dei carri allegorici[modifica | modifica sorgente]

Assumono particolare rilevanza nell'ambito dei festeggiamenti carnevaleschi


a Regalbuto le sfilate dei gruppi in maschera dove quasi mille sfilanti riempiono la via
principale con un mondo di travestimenti coinvolgendo anche i visitatori, il tutto immerso
nei colori del famoso Carnevale di Regalbuto.
I balli tradizionali: le contradanze[modifica | modifica sorgente]

L'elemento caratterizzante del carnevale di Regalbuto risiede, nonostante tutto,


nelle danze tradizionali, assai fantasiose e divertenti, che affondano radici nelle
cosiddette contradanze, esibizioni regalbutesi che ininterrottamente dall'inizio
delNovecento hanno animato il carnevale cittadino. Lecontradanze sono interessanti balli
di coppia in costume; le coppie che vi prendono parte sono 12, ed indossano costumi di
grande bellezza, ricamati con tessuti di un certo valore. La Contradanza si compone di
figure fisse costantemente ripetute e tramandate negli anni. Pur mantenendo la tradizione
nelle figure coreografiche, i maestri danzatori si sfidano alla ricerca di nuove figure
innovative e spettacolari. La contradanza, che troviamo come tradizione di Carnevale, solo
nel paese di Regalbuto, trae origine dai vecchi balli padronali dei baroni che tradotti nella
cultura popolare si tramandano in questi momenti di festa per la bont del raccolto. Una
tradizione unica e da non perdere. Se dai primi del Novecento il costume era contorno del
ballo, oggi assume una grande importanza poich risulta essere una forma di spettacolo
data la preziosit della fattura.

Carnevale di Sciacca
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Carro allegorico in concorso a Sciacca nel carnevale 2008

Il Carnevale di Sciacca una manifestazioni carnevalesca che si svolge a Sciacca


inprovincia di Agrigento.

Indice
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1 Storia
2 La preparazione dei carri
3 Note

4 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica sorgente]

A parlare per primo di esso fu, nel 1889, Giuseppe Pitr che ne fece cenno nella sua
operaBiblioteca delle tradizioni popolari siciliane.
Ma le origini del carnevale di Sciacca, citt della provincia di Agrigento, risalgono ad un
periodo molto pi antico, forse all'epoca romana, quando venivano festeggiati
i saturnali ed il loro re veniva sacrificato; o meglio, con pi probabilit, al 1616 quando il
vicer Ossuna stabil che l'ultimo giorno di festa tutti si dovevano vestire in maschera. Da
annotare una rivalit che c' con il carnevale di Acireale che ad oggi rimane superiore per
molti aspetti e che si affaccia ad essere uno dei carnevali pi belli a livello nazionale ed
europeo.
Le prime manifestazioni sono ricordate come una festa popolare, in cui venivano
consumate salsicce, cannoli e molto vino; ed il popolo si riversava per le strade, travestito
in vari modi. Successivamente furono fatti sfilare i primi carri addobbati alla meglio, che
portavano i mascherati sulle sedie in giro per le viuzze della citt.
Negli anni venti compare una grande piattaforma addobbata, trascinata da buoi o cavalli,
che portava comitive in maschera. Essi recitavano in dialetto locale, seguite da piccole
orchestrine improvvisate. Lo stufato, le salsicce ed il vino distribuito rappresentavano gi
un momento d'incontro e scambio fra compaesani.
Nel dopoguerra i carri vennero intitolati, ed iniziavano a fare chiaro riferimento alle novit
del progresso. Stelle filanti e coriandoli incominciavano ad essere lanciati dai carri in
movimento, creando un clima di festa, che invogliava i partecipanti a divenire i veri
protagonisti di una gioia collettiva. Dopo pochi anni ancora, la folla in delirio faceva
sorgere le prime Compagnie di rivista, venendo anche allestiti carri allegorici sempre pi
sofisticati che facevano riferimento a temi e personaggi locali in chiave satirica.
Con la sperimentazione dell'amplificazione sonora, il carnevale di Sciacca si evolveva
ancora di pi e venivano allestiti carri con figure sempre pi grandi e i cui movimenti
divenivano sempre pi sofisticati. La satira politica locale lasciava pi spazio a personaggi
noti ad un pi vasto pubblico, oppure rappresentava temi di attualit che riguardavano
interessi nazionali.
La preparazione dei carri[modifica | modifica sorgente]

I carri allegorici e i mini-carri, cui fanno seguito i relativi gruppi mascherati, vengono ideati,
progettati e realizzati nei mesi antecedenti la festa, coinvolgendo, sin dai primi preparativi,
parecchia gente del posto.
La notte del venerd riservata agli ultimi montaggi: i carri vengono posti in ordine di
sfilata lungo la strada del primo itinerario cittadino e vengono assemblati sul posto. La
gente presa dalla curiosit segue lo stato di avanzamento dei lavori e si confonde tra il via
vai di mezzi e personale preso dalla frenesia di terminare i lavori per essere sicuri che nel
carro tutto funzioni a dovere. Infatti, anche se progettati e realizzati nei mesi precedenti, i
vari "pezzi" vengono assemblati solo in strada e proprio la notte prima dell'inizio della
sfilata. Varie volte a diversi carristi capitato di dover modificare il carro proprio all'ultimo
momento per problemi di montaggio finali correndo il rischio di non partecipare.
Infine viene il giorno d'inizio delle sfilate che seguono due tragitti nel centro storico
di Sciacca. Le sfilate si sono effettuate nei giorni di sabato (primo tragitto), domenica,
luned e marted (secondo tragitto) della settimana antecedente l'inizio della Quaresima.
Attualmente il Carnevale inizia il Gioved Grasso con la consegna simbolica delle chiavi

della citt al re del Carnevale Peppe Nappa, personaggio adattato dai saccensi come
maschera locale che apre e chiude la festa. Termina il Marted grasso quando il Carro
di Peppe Nappa viene bruciato in piazza.
La partenza del corteo dei carri, con in testa il carro di Peppe Nappa, avviene dalla Piazza
Friscia. Da quel momento il carro di Peppe Nappa inizia a distribuire vino e salsicce
preparate sulla brace per tutta la durata del carnevale. Dall'edizione del 2011, tuttavia, al
posto del vino, viene distribuita aranciata per combattere il sempre pi diffuso fenomeno
dell'alcolismo.[1]
Il contributo portato dall'Istituto d'arte di Sciacca al carnevale locale - per testi, musiche,
balletti, modelli, raffigurazioni, movimenti e coreografie - ha consentito che questi potesse
competere con successo a livello nazionale e mondiale con molte altre rassegna
analoghe.

Carretto siciliano
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Commento: IMHO bella voce, ma occorre qualche fonte

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Tipico carretto siciliano davanti la Valle dei Templi ad Agrigento per i turisti

Il Carretto siciliano (in siciliano carrettu) un mezzo a trazione equina adibito al trasporto
merci, in uso in tutto il territorio siciliano dal XIX secolo fino alla seconda met del XX
secolo, quando divenne obsoleto a causa della crescente motorizzazione del lavoro nelle
campagne. Costruito con diverse qualit di legno, spesso fregiato da intagli bucolici e
sgargianti decorazioni pittoriche, al giorno d'oggi divenuto oggetto d'arte artigianale,
nonch uno dei simboli dell'iconografia folcloristica siciliana.

Indice
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1 Struttura
2 Stili del carretto
3 Le maestranze del carretto

4 Altri progetti
5 Collegamenti esterni

Struttura[modifica | modifica sorgente]

il carretto composto dal fonnu di cscia, cio il pianale di carico prolungato


anteriormente e posteriormente da due tavulzzi, sul quale sono montati parallelamente
due masciddri (dal siciliano mascidda, "mascella") ovvero le sponde fisse del carretto, e
un puttddu (portello posteriore) removibile per agevolare le operazioni di carico e scarico.
Ogni masciddaru suddiviso equamente in due scacchi (i riquadri in cui vengono dipinte
le scene), nel putteddu invece vi uno scacco centrale fra due scacchi pi piccoli. Gli
scacchi sono divisi da un segmento verticale che congiunge i pannelli al fonnu di cascia: 6
in legno chiamati barrni equamente divisi fra masciddari e putteddu, due in metallo
denominati centuni presenti solo sui masciddari.
Questa sezione "contenitiva" sormonta il gruppo portante del carretto chiamato trano, il
quale comprende leaste e la cascia di fusu, a sua volta costituita da una sezione di legno
intagliato sormontata da un arabesco di metallo. Nei carretti alla patrunli meno pregiati, la
preziosa cascia di fusu viene sostituita dalle balestre.
Fra le aste sotto i tavulazzi vengono montate due parti in legno chiamate chiavi, una
anteriore ed una posteriore. La prima altro non che una semplice barra ricurva, la
seconda invece consiste in un bassorilievo intagliato rappresentante una scena,
solitamente cavalleresca, che pu assumere diversi gradi di pregevolezza.

Sponda alla palermitana

Sponda alla catanese

Sponda stile Vittoria

Ciascuna delle due ruote composta da 12 raggi definiti in siciliano iammzzi (iammi,
"gambe") che congiungono il mozzo al cerchione, spesso arricchiti da intagli a fitte sezioni
parallele (impsti) o addirittura soggetti scolpiti quali fiori, aquile, sirene, o teste di
paladino.
Stili del carretto[modifica | modifica sorgente]

Il carretto assume caratteristiche diverse a seconda della zona in cui viene prodotto.
Nel palermitano il carretto presenta sponde trapezoidali, una tinta di fondo gialla e
decorazioni prevalentemente geometriche. I temi rappresentati sugli scacchi variano tra
cavalleresco e religioso, realizzati nelle tonalit basilari del rosso, del verde, del giallo e
del blu, le sfumature sono ridotte all'essenziale e la prospettiva bidimensionale. Spesso
nel palermitano le balestre sono preferite alla cascia di fusu, intagli e pitture mantengono
l'aspetto naif tipico del carretto siciliano.
Nel catanese le sponde sono rettangolari, la tinta di fondo rossa come la lava dell'Etna e
gli intagli e le decorazioni si presentano pi ricercati e meglio rifiniti, allontanandosi dallo
stile semplice del palermitano per ricercare una raffinatezza maggiore. nelle produzioni pi
moderne i quadri contemplano la tridimensionalit prospettica, la gamma di tonalit si
arricchisce e le sfumature e i chiaroscuri si fanno pi incisivi.
Meno conosciuto lo stile Vittoria, in cui il carretto presenta una struttura simile al
catanese, riprende il rosso come colore di fondo, ma nelle tonalit si distingue per la sua
caratteristica gradazione scura. Le pennellate, sia nei quadri che nelle decorazioni, sono
caratterizzate da un tratto netto, "istintivo", in contrapposizione alla ricercata pennellata
sfumata del catanese.
Esiste anche uno stile trapanese, che per non ha raggiunto la stessa diffusione del
palermitano e del catanese.
Le maestranze del carretto[modifica | modifica sorgente]

Sono ormai rari i maestri (mastri) che mantengono vivo il carretto siciliano. Alla sua
realizzazione partecipano diversi artigiani, ciascuno col proprio mestiere. La prima fase
competenza delcarradore, colui che costruisce il carretto e ne intaglia i fregi. Altro compito
importante del carradore la ferratura della ruota, pratica particolarmente pittoresca.
In provincia di Catania, aBelpasso, lavora "l'ultimo carradore", il maestro Alfio Pulvirenti,
che applica ancora l'arte del legno tramandata dai suoi avi maestri.
La seconda fase affidata al fabbro, che forgia le parti metalliche quali i centuni, le
estremit delle aste e il pregiato arabesco della cascia di fusu.
Quando la costruzione del carretto ultimata il lavoro passa al pittore, che veste il carretto
di colore e vivacit. Egli esegue inoltre i quadri rappresentanti le gesta cavalleresche,
mitologiche, storiche o romanzesche che caratterizzano il carretto siciliano. Patria

indiscussa del carretto siciliano la cittadina di Aci Sant'Antonio (CT), che vanta il nome di
pittori di carretti quali Domenico di Mauro e Nerina Chiarenza. Sempre in provincia di
Catania, a Giarre, opera un giovane maestro pittore, Damiano Rotella, che custodisce la
pittura catanese nella variante ionico-etnea. In provincia di Messina, a Santa Teresa di
Riva, opera il maestro pittore, Giovanni Remato, artista poliedrico della scuola ionica
messinese. Nella cittadina di Barrafranca in Provincia di Enna, Vive e opera il Maestro
pittore Roberto Caputo, artista poliedrico che spazia ampiamente dallo stile Palermitano
allo stile Catanese con grande talento e maestria. A Ragusa lavora il maestro Biagio
Castilletti che, oltre alla pittura, applica un altro mestiere relativo al carretto in via di
estinzione: il bardatore, colui che produce le bardature dei cavalli. Il mestiere del
bardatore, ovvero il sellaio,siddunaro, contempla la lavorazione del cuoio e dei ricami che
affiancano il piumaggio di cui viene vestito il cavallo, richiamando i colori e i soggetti del
carretto. A Catania un esponente di questo mestiere il maestro Francesco Giustolisi.
Il carretto siciliano, sebbene in via di estinzione, esiste ancora. A Canicatt in occasione
della festa del Santissimo Crocifisso che si celebra il 3 maggio, si svolge una
manifestazione: "La Rietina" dove sfilano per la citt decine di carretti siciliani tradizionali.
A Terrasini, in Provincia di Palermoed a BRonte in provincia di Catania, esiste un "Museo
del Carretto Siciliano". A Vizzini e a Trecastagni annualmente si organizzano sfilate
dedicate al carretto siciliano.
A Barrafranca (EN), in occasione della celebrazione della festa della compatrona Maria
Santissima della Stella, (8 Settembre), si assiste alla tradizionale sfilata dei "RITINI", ossia
cavalli e carretti bardati che portano in offerta grano.
Lo si pu trovare ancora nei centri storici della Sicilia come attrattiva per turisti, durante
eventi popolari quali sfilate, esposizioni e feste pubbliche, nelle cerimonie folcloristiche e,
soprattutto, nelle botteghe degli ultimi artigiani del carretto.

Castagno dei Cento Cavalli


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Coordinate:

374500.7N 15749.4E (Mappa)

Il Castagno dei Cento Cavalli in una foto recente

Il Castagno dei Cento Cavalli un albero di castagno plurimillenario, ubicato nel Parco

dell'Etna in territorio del comune di Sant'Alfio (CT) nel cui stemmacivico raffigurato. Il
castagno, considerato come il pi famoso e grande d'Italia[1] e oggetto di uno dei pi
antichi atti di tutela naturalistica - se non il primo del genere - in Sicilia, stato studiato da
diversi botanici e visitato da molti personaggi illustri in epoche passate. La sua storia si
fonde con la leggenda di una misteriosa regina e di cento cavalieri con i loro destrieri, che,
si narra, vi trovarono riparo da un temporale.[2]

Indice
[nascondi]

1 Notizie sto

riche

1.1 Il castagno oggi


1.2 Altri alberi plurisecolari etnei
2 La leggenda
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni
7.1 Video

Notizie storiche[modifica | modifica sorgente]

L'albero si trova nel bosco di Carpineto, nel versante orientale del vulcano Etna, in un'area
tutelata dal Parco Regionale dell'Etna.
Diversi autori di botanica concordano sulla sua et: avrebbe dai due ai quattromila anni e,
stando alla tesi del botanico torinese Bruno Peyronel, potrebbe essere l'albero pi antico
d'Europa ed il pi grande d'Italia (1982)[3][4].
Le prime notizie storiche sul Castagno dei Cento Cavalli sono documentate gi nel XVI
secolo. Nel 1611 ne parl Antonio Filoteo[5], mentre nel1636, ne Il Mongibello, Pietro
Carrera descrisse maestoso il tronco e l'albero ...capace di ospitare nel suo interno
trenta cavalli[6].
Il 21 agosto 1745 venne emanato un primo atto dal Tribunale dell'Ordine del Real
Patrimonio di Sicilia[7], con il quale si tutelava istituzionalmente il Castagno dei Cento
Cavalli ed il vicino Castagno Nave.[8] Questo documento si configura, in virt del periodo
storico (fine delXVIII secolo), tra i primi atti - se non il primo in assoluto - di tutela
ambientale prodotti in Sicilia.

Castagno dei Cento Cavalli, Jean-Pierre Houl ca. 1777.

... Or volendo noi che a somiglianti alberi non s'irrogasse il minor danno, o nocumento sia con
tagli, sia con fuoco, sia con altra incisione, o sfrondamento che ridondar potesse in lor pregiudizio,
ma che soltanto si conservassero illesi, et intatti da chiunque dannifera invasione, per scorgersi in
ogni tempo con pari piacere, e maraviglia la smisurata, straordinaria loro mole; fidati sul vostro
zelo, et accortezza specialmente sulla cura indossata di detto Bosco, abbiamo stimato far a voi le
presenti con le quali ordiniamo di dover con tutta diligenza, et ugual premura invigilare a che non
fosse apportato ai cennati alberi di Castagno, o di altra sorte che siino, danno, o pregiudizio alcuno,
o con tagli, o con fuoco, o con altra forma, e maniera che potesse andar da inferirgli il loro
decadimento; ma che venissero custoditi, e curati con tutt'attenzione, conforme ce lo persuadiamo
dalla vostra buona condotta; imponendo delle pene pecuniarie, personali, carcerazioni, o altro a'
Campieri, Guardiani; e Gabelloti, di esso Bosco, affin di accertarsi l'intento della conservazione di
detti alberi, e mantenersi con ci sempre pi viva e recente la memoria di una tale naturale
maraviglia, che di stupore ad ognuno, e di decoro a questo Regno: merc noi in vigor delle
presenti vi concediamo tutta la facolt e potest necessaria e le nostre veci ancora in disponere ci
che voi giudicherete proprio, e corrispondente alla conservazione di detti alberi, a non altrimenti.
(Dat. Pan. Die 21 (rectius 12) (9)Augusti 1745. II principe Corsini De Spucches P. - Filangeri M. R. Laredo Cons.
Asmundo Patern F. P. D. Blasius Miano Mag. Not: All'Ill. Duca di Tremistieri Rettore del Bosco del Carpinetto sopra
Mascali delle pertinenze della Mensa di Catania)

L'insigne naturalista catanese Giuseppe Recupero in Storia naturale e generale


dell'Etna descrisse accuratamente l'albero, fornendo anche diverse dimostrazioni sulla
unicit dalla pianta (allora era in discussione se fossero pi piante) e narr che
nell'anno 1766 trov la casa molto deteriorata[9] (esisteva una casa sotto le fronde del
castagno, si pu notare nel quadro di Jean-Pierre Houl).
stato ritratto da molti viaggiatori del Grand Tour, fra i quali Patrick Brydone[10][11] e Jean
Houel. Quest'ultimo, nel 1787, lo descrisse e ritrasse nelVoyage de la Sicile, de Malta e
Lipari,[12][13] utilizzando, tra l'altro, le seguenti parole:[14]
."La sua mole tanto superiore a quella degli altri alberi, che mai si pu esprimere la
sensazione provata nel descriverlo. Mi feci inoltre, dai dotti del villaggio raccontare la
storia di questo albero (che) si chiama dei cento cavalli in causa della vasta estensione
della sua ombra. Mi dissero come la regina Giovanna recandosi dalla Spagna a Napoli, si
fermasse in Sicilia e andasse a visitare l'Etna, accompagnata da tutta la nobilt di Catania
stando a cavallo con essa, come tutto il suo seguito. Essendo sopravvenuto un temporale,
essa si rifugi sotto quest'albero, il cui vasto fogliame bast per riparare dalla pioggia
questa regina e tutti i suoi cavalieri".
A seguito del dipinto e delle belle parole che Houel dedic all'artista, in tempi recenti
l'amministrazione comunale ha deciso di dedicargli una Via, proprio nei pressi dell'albero.
Inoltre, stato oggetto di studio da Alberto Fortis in Della coltura del castagno (1780), che
lo trov degradato[3]. Una leggenda narra che ivi trov rifugio, durante una tempesta,
l'imperatrice Isabella d'Inghilterra, terza moglie di Federico II e i suoi cento cavalieri.[4][15]
[16][17][18]
Nel 1923 il tronco principale dell'albero fu intaccato da un incendio, che, secondo una non
comprovata tradizione orale, sarebbe stato appiccato per ritorsione da alcuni abitanti
di Giarre, cui era invisa l'autonomia amministrativa ottenuta dal paese di Sant'Alfio (proprio
dal comune giarrese).
Il fondo dove sorge il castagno era di propriet di alcune famiglie del notabilato locale e
venne usato come luogo di conviviali e banchetti per ospiti illustri. {Nel 1965 l'albero
fu espropriato e dichiarato monumento nazionale.[19] Solo alla fine del XX secolo alcuni
enti locali hanno avviato una serie di studi per tutelare e conservare il castagno.[20]

Il programma televisivo scientifico Super Quark, trasmesso sul canale Rai Uno, studi
il DNA, prelevato dal castagno. In base ai risultati ottenuti, si pot affermare che il
castagno potrebbe avere la pi grande circonferenza del mondo[21], prima di un
grande cipresso presente in Messico e largo 38 m Tale tesi, tuttavia, ancora al vaglio
della comunit scientifica, che si sta nuovamente occupando delle peculiarit dell'albero.
[20]
Il castagno oggi[modifica | modifica sorgente]

Il castagno, (Castanea sativa), misura circa 22 m di circonferenza del tronco, per 22 m


d'altezza[22].
In realt, oggi si presenta costituito da tre polloni (fusti), rispettivamente di 13, 20 e 21 m;
su queste polloni vivo il dibattito sulla unicit della pianta. Negli ultimi anni il libro
dei Guinness dei primati ha registrato il Castagno come l'albero pi grande del mondo, per
la rilevazione del 1780, quando furono misurati ben 57,9 m di circonferenza con tutti i rami.
Altri alberi plurisecolari etnei[modifica | modifica sorgente]

Nelle vicinanze dell'albero, a circa quattrocento metri, si trova un altro castagno con
almeno mille anni di vita, il Castagno Nave (chiamato ancheCastagno
S.Agata o Arrusbigghiasonnu - risveglia sonno - forse per il cinguettio degli uccelli o forse
per le fronde basse che destavano improvvisamente dal sonno qualche carrettiere
passante). Questo castagno sarebbe, secondo alcuni studi, il secondo per antichit e
grandezza inItalia. La circonferenza misura 20 m ed alto 19 m[22].
Sempre nel versante orientale dell'Etna, ma in territorio di Zafferana Etnea, si trova
un leccio (specie di quercia) quasi millenario: l'Ilice di Carrinu. La circonferenza 4 m ed
alto 19 m[22].
La leggenda[modifica | modifica sorgente]

Si narra che una Regina, con al seguito cento cavalieri e dame fu sorpresa da
un temporale, durante una battuta di caccia, nelle vicinanze dell'albero e proprio sotto i
rami trov riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continu fino a sera, cos la
regina pass sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o pi
amanti fra i cavalieri al suo seguito.
Non si sa bene quale possa essere la regina, secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna
d'Aragona oppure secondo altri l'imperatrice Isabella d'Inghilterra, terza moglie di Federico
II, secondo altri ancora si tratterebbe di Giovanna I d'Angi la cui storia verr collegata
all'insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Tutte queste leggende, molto probabilmente,
sono frutto di fantasia popolare; infatti, la regina Giovanna d'Angi, pur essendo nota per
una certa dissolutezza nelle relazioni amorose, quasi certo che non fu mai in Sicilia[23].
Traendo spunto dalla leggenda, alcuni poeti cantarono la storia del castagno e della
regina, fra questi vanno citati Giuseppe Borrello e Giuseppe Villaroel che furono fra i
maggiori poeti dialettali catanesi del XIX secolo, e Carlo Parini.

Cataletto
In Sicilia[modifica | modifica sorgente]

Cataletto - Chiesa Madre di Zafferana Etnea


Cataletto denominata, in alcune localit siciliane, particolarmente nella zona etnea, la
portantina a forma di bara destinata ad accogliere la statua del Cristo Morto, per
l'esposizione e per la processione del Venerd Santo. Questi cataletti assumono spesso la
consistenza di vere e proprie opere d'arte, realizzate in legno scolpito e indorato, dalle
forme eleganti, spesso elaborate, in particolare quelle di epoca tardo-barocca. I cataletti
utilizzati a questo scopo sono aperti sui quattro lati, o al massimo chiusi da vetri, in modo
da permettere ai fedeli di vedere e venerare la statua del Cristo durante le processioni. In
alcuni luoghi il cataletto viene anche semplicemente chiamato bara, ma in questo caso si
tratta di una struttura pi squadrata e pi simile ad una cassa da morto.
Una certa somiglianza d'uso pu riferirsi al catafalco. In alcune localit detta
anche bara, vara ofercolo.

Coppola (cappello)
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Contadino siciliano in abiti tradizionali e coppola sul capo.

La coppola (coppula in siciliano e calabrese, bonette in sardo) un berretto


tradizionale siciliano, calabrese e sardo, solitamente in tweed.
Il nome coppola probabilmente un adattamento siciliano, calabrese o pugliese

dell'inglese cap (berretto) e per estensione, in siciliano e calabrese, indica la testa; ma


l'origine etimologica affonda le sue radici nel latino, il cui vocabolocaput (testa) rimasto
nell'italiano capo o in alcune regioni nel dialettale capa. La parola "coppola" riferita al
cappello divenne in seguito popolare anche nel resto d'Italia ed entr rapidamente
nei dizionari d'italiano.
Inizialmente in uso presso la nobilt inglese nel Settecento, la coppola pass in Sicilia e
in Calabria nei primi anni delNovecento, venendo indossata da chi guidava un'auto. L'uso
della coppola bens documentato sin da met ottocento tra le classi pi umili. Oggi un
simbolo della cultura siciliana, sarda e calabrese.

Cunfrunta
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Caltagirone A'Giunta

La Cunfrunta un rito religioso praticato nel cattolicesimo. Essa viene definita in alcuni
paesi comeAffruntata, Cunprunta , Cumprunta, Ncrinata o A'Giunta. Questo rito
consiste nell'incontro tra Gesrisorto, la Madonna e Giovanni Apostolo durante la
Domenica di Pasqua. La definizione nasce anche da ci che il vangelo riporta a proposito
dei dialoghi che accompagnano lincontro tra San Giovanni e la Madonna, lincredulit
dellavvenuta Resurrezione di Ges Cristo e la necessit di un Confronto diretto con la
realt, cio la constatazione di persona dellavvenuto miracolo.
Curiosit[modifica | modifica sorgente]

Modica vasa-vasa

Questo rito viene praticato in molti paesi della Calabria come Stalett e della Sicilia dove la
definizione della cunfrunta "vasa vasa", la pi famosa quella di Modica dove il
simulacro della Madonna, avvolto da un Mantello nero in segno di lutto, portato per le vie
della citt quando a un certo punto si vede scorgere da lontano la statua del Cristo risorto,
la Madonna abbandona il mantello nero da cui volano in cielo colombe bianche festanti e
abbraccia il Cristo.

Questa festa risale al '600 ed di origine spagnola

Festa di Sant'Agata
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Festa di Sant'Agata

Tipo di festa religiosa locale


Periodo Dal 3 al 5 febbraio; 17 agosto
Celebrata a Catania, Malta, San Marino,Berchem-Sainte-Agathe
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Martirio di Sant'Agata; rientro delle sue spoglie
Tradizioni religiose Offerta della cera, processioni
Tradizioni profane Luminarie, cerei, altre
Tradizioni culinarie minnuzz'i Virgini o 'i Sant'Ajta,alivetti, calia e simenza
Data d'istituzione 1200
Questo box: vedi disc. mod.

(LA)
(IT)
Mentem Sanctam, Spontaneam Honorem Deo et Mente santa, spontaneo onore a Dio e
Patriae Liberationem
liberazione della patria
(Iscrizione impressa sulla tavoletta, stretta dalla mano sinistra di sant'Agata, presente nel busto reliquiario )
La Festa di Sant'Agata la pi importante festa religiosa della citt di Catania la terza
festa religiosa pi importante al mondo, dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del
Corpus Domini di Guzco in Per, proprio per il numero di persone che coinvolge e attira.
Si celebra in onore della santa patrona della citt. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5
febbraio e il 17 agosto. La prima data quella del martirio della Santa catanese, mentre la
data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state
trafugate e portate a Costantinopoli dalgenerale bizantino Giorgio Maniace quale bottino di
guerra e dove rimasero per 86 anni.
Dal 3 al 6 febbraio giungono a Catania circa un milione di persone fra devoti, pellegrini,

turisti e curiosi provenienti da tutto il mondo.


Insieme con il Patrimonio dell'Umanit delle citt tardo barocche del Val di Noto (Sicilia
sud orientale) conferito dall'UNESCO nel 2002, la Festa di Sant'Agata risulta come Bene
Etno Antropologico Patrimonio dell'Umanit della Citt di Catania nel mondo[1].

Indice
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1 Vita di san

t'Agata

2 Le origini della festa


3 La festa ai giorni nostri
3.1 L'illuminazione
3.2 I cerei o cannalore
3.3 La Vara
3.4 Lo scrigno
3.5 Il busto reliquiario di sant'Agata
3.6 L'abbigliamento dei cittadini
4 Le cerimonie religiose
4.1 3 febbraio - La processione dell'offerta della cera
4.2 4 febbraio - Il giro esterno della citt
4.3 5 febbraio - Il giro interno
5 La festa del 17 agosto
6 Altre manifestazioni
6.1 A sira tri
6.2 Sport
6.3 La fiera di sant'Agata
6.4 Festeggiamenti negli anni sessanta
7 Curiosit
8 Feste sospese
9 Tradizioni culinarie
10 Note
11 Bibliografia
12 Altri progetti
13 Collegamenti esterni

Vita di sant'Agata[modifica | modifica sorgente]

Per approfondire, vedi Sant'Agata.


La giovane Agata visse nel III secolo. Esponente di una famiglia patrizia catanese, sin da
giovane consacr la sua vita alla religione cristiana. Venne notata dal governatore
romano Quinziano che decise di volerla per s. Al rifiuto di Agata, la perseguit in quanto
cristiana e, perdurando il rifiuto della giovane, la fece martirizzare e mettere a morte il
pomeriggio del 5 febbraio 251. Subito dopo la morte cominci ad essere venerata da gran
parte della popolazione anche di religione pagana. Da qui si svilupp il culto di Agata che
si diffuse anche fuori dalla Sicilia e ben presto il Papa la elev alla gloria degli altari.

Le origini della festa[modifica | modifica sorgente]

Il barcone barocco di Sant'Agata, anticipava la festa prima di essere abbandonata a mare. Secondo il Ciaceri questa usanza si ritrova nelle festivit isidee.

Le origini della venerazione di sant'Agata si fanno risalire all'anno seguente il martirio,


ovvero al252. Il popolo nutr subito una grande devozione per la vergine Agata che si era
votata al martirio pur di difendere il suo onore e per non abiurare alla sua fede. I catanesi
furono orgogliosi di questa giovane che si rivolt contro il volere del proconsole romano. In
questo si dovette innestare l'odio per l'oppressore straniero.
Per quanto attiene la festa vera e propria molto difficile stabilire quale fu l'anno di inizio
delle celebrazioni. Secondo alcune testimonianze ancora prima della nascita di Agata
veniva celebrata una festa pagana durante la quale un simulacro di una vergine veniva
portato in processione per le vie della citt.
Un'altra tradizione viene riportata da Apuleio ne Le metamorfosi, secondo la quale la festa
della dea Iside nella citt greca di Corinto avrebbe molti punti di contatto con la festa
catanese. In particolare il popolo vestito di una tunica bianca che partecipava ai
festeggiamenti viene accostato al saccu, la tunica di cotone bianco indossata in
processione dai devoti, che tirano i cordoni delfercolo, per trainarlo lungo il percorso.
Sicuramente i primi festeggiamenti a sant'Agata, anche se non programmati, avvennero
spontaneamente il 17 agosto 1126 quando le spoglie della Santa catanese, trafugate
nel 1040, furono riportate in patria da due soldati, Gilberto e Goselino, dalla citt di
Costantinopoli. Il vescovo di Catania Maurizio che si rec al Castello di Jaci per
accoglierle. Sparsasi la voce, nel corso della notte, i cittadini si riversarono nelle strade
della citt per ringraziare Dio di aver fatto tornare, dopo 86 anni, le spoglie dell'amata
martire Agata.
I festeggiamenti erano per lo pi di natura liturgica e si svolgevano all'interno
della Cattedrale. Ci sarebbe dimostrato in maniera indiretta da quanto avvenne il 4
febbraio 1169, quando un tremendoterremoto rase al suolo la citt di Catania seppellendo
sotto le macerie il popolo di fedeli che si trovava all'interno della cattedrale, in preghiera,
per la celebrazione del martirio di sant'Agata. In quella occasione, secondo alcune
cronache dell'epoca, perirono oltre 80 monaci ed alcune migliaia di fedeli sotto le volte del
tempio crollato.
Soltanto nel 1376, anno di costruzione della vara[2] (fercolo), in legno, si presume che
siano iniziati i festeggiamenti con la processione per le vie della citt.
Dal 1209 al 1375 avvenivano processioni con il velo della santa. Il fercolo attuale, tutto

in argento su di un telaio in legno, fu ricostruito nel1946 dopo che nel corso di un


intenso bombardamento da parte dell'aviazione britannica, avvenuto il 17 aprile del 1943,
era stato seriamente danneggiato quello preesistente, inaugurato nel 1519.
Alla festa puramente religiosa si affianc una festa pi popolare, voluta dal Senato della
citt e anche dalla popolazione. A questo punto, per evitare problemi di ordine pubblico,
venne creato un regolamento al quale dovevano attenersi gli organizzatori dei
festeggiamenti. Pertanto in abbinamento alla processione della vara per le vie cittadine, si
inserirono spettacoli di natura diversa per intrattenere i fedeli che arrivavano da ogni parte
della Sicilia.
Fino al 1692 la festa si svolgeva in un giorno solo il 4 febbraio. Dal 1712 la festa assunse
un'importanza maggiore venendo strutturata su due giornate di festeggiamenti, il 4 e 5
febbraio; forse anche per il fatto che dopo il terremoto del 1693, che rase al suolo tutta la
citt, Catania venne ricostruita attuando una pianta ortogonale che rese la viabilit pi
facile con strade pi larghe e ordinate, ma soprattutto la citt si era espansa e il giro dei
quartieri cittadini non poteva pi essere effettuato in un solo giorno. Verosimilmente la
festa dovette subire delle interruzioni negli anni successivi a due eventi drammatici che
distrussero la citt:
Nel 1669, in seguito a una eruzione catastrofica dell'Etna che ricopr di lava gran parte
della citt rendendo impraticabile oltre il 50% della viabilit cittadina;
Nel 1693, come gi detto, per un terremoto di enorme magnitudo che sconvolse il Val di
Noto distruggendo completamente la citt.
La festa ai giorni nostri[modifica | modifica sorgente]
Ai giorni nostri la festa dura dal 3 al 5 di febbraio. Spesso la festa si conclude il 6 mattino
dopo la tradizionale "Salita di via Sangiuliano" che i fedeli, trainando il fercolo, percorrono
a passo la corsa stata vietata dopo gravi incidenti per via del manto stradale secolare.
L'illuminazione[modifica | modifica sorgente]

La Salita di San Giuliano illuminata

In tutte le strade principali del centro storico di Catania vengono approntate delle
illuminazioni artistiche che danno una particolare luce di festa a tutta la citt. Tutti gli anni
vengono variati i motivi ornamentali ma l'effetto sempre molto coinvolgente e suggestivo.
Il culmine di queste luci si ha alla sommit di via Di Sangiuliano, dove viene realizzato un
enorme pannello, largo quanto tutta la strada, che, come un grande mosaico di luci
colorate, raffigura una scena della vita di sant'Agata. Esso, per le sue dimensioni, visibile
da lontano e rappresenta un grande affresco sullo sfondo del cielo stellato. Il tema di tale
fondale cambia tutti gli anni e rappresenta come una storia a puntate della epopea
di sant'Ajtuzza, vezzeggiativo con cui chiamata dai catanesi la vergine e martire Agata.
I cerei o cannalore[modifica | modifica sorgente]

Molto antica la tradizione dei cerei o cannalori[3] In principio, forse gi nel XV

secoloerano quasi dei carri allegorici di Carnevale cambiavano foggia ogni anno ed erano
pi di trenta. Al giorno d'oggi sono dodici e rappresentano le corporazioni delle arti e dei
mestieri della citt. Si tratta di grosse costruzioni in legno riccamente scolpite e dorate in
superficie, costruite, generalmente, nello stile del barocco siciliano, e contenenti al centro
un grosso cereo. Questi imponenti ceri dal peso che oscilla fra i 400 ed i 900 chili,
vengono portati a spalla, a seconda del peso, da un gruppo costituito da 4 a 12 uomini,
che le fa avanzare con un'andatura caracollante molto caratteristica detta 'a 'nnacata.
Le cannalore, oltre a precedere la processione di sant'Agata nei giorni 4 e 5 febbraio, gi
dieci giorni prima iniziano a girare per la citt portandosi presso le botteghe dei soci della
corporazione a cui appartengono, scortate da una banda che suona allegre marcette. I
dodici cerei hanno una posizione ben codificata nell'ordine da tenere nel corso della
processione alla quale partecipano:

Le candelore in via Etnea il giorno 3 precedono la processione per l'Offerta della cera a sant'Agata

1. Cereo di Monsignor Ventimiglia o di sant'Aita. il pi piccolo e fu donato nel 1766 da


Monsignor Salvatore Ventimiglia allora arcivescovo di Catania.
2. Cereo dei rinoti[4] Questa la prima delle grandi cannalore in processione, essendo la pi
antica, ed costruita in stile barocco.
3. Cereo dei giardinera (ortofloricoltori) costruito in stile gotico, sormontato da una corona
ed per questo motivo che soprannominato la regina delle cannalore.
4. Cereo dei pisciari (pescivendoli), in stile rococ, detta anche "a bersagliera", si distingue
per una corona floreale, pendente dagli altorilievi del secondo ordine, che conferisce una
sensazione di movimento durante le evoluzioni dell'annacata[5].
5. Cereo dei fruttaiola (fruttivendoli), detto 'a signurina (la signorina) per la sua semplice
bellezza. Si distingue per essere realizzato su di una base costituita da quattro cigni.
6. Cereo dei chiancheri (macellai), poggia su di una base costituita da quattro leoni ed ha,
nella parte alta, una statua di San Sebastiano patrono della corporazione.
7. Cereo dei pastari (produttori di pasta), l'unico che ha tuttora il candelone centrale in
cera, le altre candelore hanno un cereo in plastica (l'ultima candelora che effettu il
cambio fu quella dei fruttivendoli, il vecchio cereo visibile nella cappella dell'addolorata
nella parte destra della basilica cattedrale di Catania, vicino alla cappella di Sant'Agata,
risale ai primi anni del settecento ed costruito in stile barocco).
8. Cereo dei pizzicagnoli (venditori di pezzi di formaggio); costruito in stile art

nouveau oliberty ed realizzato su di una base costituita da quattro cariatidi.


9. Cereo dei putiari (bettolieri), realizzato in stile impero ed costruito su una base
rappresentata da quattro leoni e da quattro aquile. il secondo pi pesandte dopo quello
dei panificatori ed portato da 10 persone.
10.Cereo dei pannitteri (panificatori) il pi grande e pesante di tutti ed trasportato da ben
12 portatori o vastasi[6]. La prima sua costruzione risale al XVIII secolo ed costruito su di
una base costituita da quattro statue di Atlante.
11.Cereo del Circolo sant'Agata[7], il meno anziano degli undici ed realizzato in
stile neoclassico. In esso sono raffigurati, oltre a sant'Agata, l'altro martire
catanese sant'Euplio, il meno pesante tra i ceri grandi.
12.Cereo del Villaggio Sant'Agata il pi nuovo dei ceri grandi, voluto dal sig. Salvatore
Russo ed inaugurato nel 2010, ha ricevuto il benestare dal comitato dei festeggiamenti per
partecipare alle processioni dei tre giorni nel 2012 e il 3 febbraio 2012 ha fatto la sua
prima uscita in occasione dell'offerta della cera.
La Vara[modifica | modifica sorgente]

Il fercolo di sant'Agata o vara (in siciliano), prima del 1379 era in legno dorato molto
pregiato, un tempietto di argento che ricopre una struttura in legno, riccamente lavorato,
che trasporta il busto-reliquiario della santa catanese e lo scrigno, in argento, entro cui
sono custodite tutte le reliquie di sant'Agata. Costruito nel 1518, in puro stile
rinascimentale, finemente cesellato e ornato, sul tetto di copertura, da dodici statue
raffiguranti gliapostoli. Ha forma rettangolare ed coperto da una cupola, anch'essa
rettangolare, poggiata su sei colonne in stile corinzio. Fu costruito dall'artista
orafo Vincenzo Archifel operante a Catania dal 1486 al 1533. Il fercolo, in gran parte
ristrutturato dopo i bombardamenti della guerra, d'argento massiccio. Si muove su
quattro ruote (rulli cilindrici in acciaio con battistrada in gomma piena) e viene trainato
tramite due cordoni, al cui capo sono collegate quattro maniglie, lunghi ciascuno circa 130
metri, dai cittadini[8] nel caratteristico saccu. Ogni cordone presenta in testa un sistema di
quattro corde con maniglia che permette di tenere costantemente e regolarmente in
tensione il cordone stesso. Venne, in gran parte, ricostruito nel 1946 dopo i danni subiti da
un bombardamento nel corso della seconda guerra mondiale.
Dall'addobbo floreale della vara si pu riconoscere se si alla processione del giorno 4 o
a quella del giorno 5 febbraio. Infatti, i fiori che addobbano il fercolo, sempre garofani,
sono di colore rosa[9] nella processione del giorno 4 febbraio e di colore bianco[10] nel
giro interno del giorno del martirio che si festeggia il 5 febbraio.
Lo scrigno[modifica | modifica sorgente]

Lo scrigno reliquiario di sant'Agata

Lo scrigno che contiene le reliquie di sant'Agata una cassa d'argento in stile gotico,
realizzata intorno alla fine del XV secolo dall'artista catanese Angelo Novara. Il coperchio
anch'esso in argento fu realizzato dallo stesso artista che costrui la vara. Esso
riccamente istoriato con immagini della vita di sant'Agata e contiene le sue reliquie
racchiuse in diversi reliquiari. Esse sono costituite dalle due braccia con le mani, dalle due

gambe con i piedi, dai due femori e dalla mammella oltre al santo velo. I reliquiari che le
contengono sono tutti di diversa fattura in quanto costruiti in epoche differenti.
Il busto reliquiario di sant'Agata[modifica | modifica sorgente]

Il busto della santa, completamente in argento, stato realizzato nel 1376 e contiene
anch'esso delle reliquie di sant'Agata. Infatti nella testa, ricoperta da una corona donata
dal re ingleseRiccardo Cuor di Leone di passaggio a Catania di ritorno da una Crociata,
stato inserito il teschiodella santa catanese, mentre nel busto inserita la cassa toracica. Il
busto fu realizzato dall'artistaGiovanni di Bartolo, su incarico del vescovo di Catania,
Marziale che esaud un desiderio di Papa Gregorio XI, ed ricoperto da oltre 300 gioielli
ed ex voto. Oltre alla gi menzionata corona, si possono citare alcuni dei pi importanti
gioielli donati alla santa: due grandi angeli in argento dorato che sono posti ai lati del busto
di Sant'Agata; una collana del XV secolo incastonata di smeraldi, donata dal popolo di
Catania anche se molti attribuiscono questo dono al vicer Ferdinando De Acuna; una
grande croce riccamente lavorata del XVI secolo; il collare della Legion d'Onorefrancese
appartenuto al musicista catanese Vincenzo Bellini; croci pettorali appartenute a vescovi di
Catania, Dusmet, Francica Nava, Ventimiglia; un anello appartenuto alla regina
Margherita che lo don nel 1881 nel corso di una visita a Catania.

I citatini in camice bianco

L'abbigliamento dei cittadini[modifica | modifica sorgente]

I devoti che trainano il fercolo, vestono un saio di cotone bianco detto saccu, un copricapo
di velluto nero detto scuzzetta, un cordone monastico bianco intorno alla vita, dei guanti
bianchi e un fazzoletto, anch'esso bianco, che viene agitato al grido Tutti devoti tutti,
cittadini viva sant'Aita[11].
L'origine ed il significato di questo saio bianco molto dibattuta. Alcuni lo fanno risalire al
fatto che nel 1126 al ritorno delle spoglie della santa a Catania, la cui notizia si sparse
durante la notte, il popolo si rivers per le strade in camicia da notte. Ma questa versione
cozza contro la storia in quanto l'invenzione della camicia da notte risulta essere
successiva a quell'epoca. Altri sostengono che si riferisca al culto di Cerere di cui si
detto prima.
Probabilmente nessuna di queste ipotesi quella vera e occorre dare conto alle
testimonianze di alcuni cronisti del tempo. Nel XVI secolo la vara veniva trasportata
dagli ignudi[12]. Nel seicento, Pietro Carrera scriveva quanto secondo lui era accaduto la
notte del 17 agosto del 1126:
imperoch all'hora gran parte de' cittadini (intendo dei maschi) and ignuda a ricevere il santo
corpo [...]; al che ciascun si mosse sull'esempio del vescovo Maurizio, che vi and a piedi scalzi e
ci fu fatto per volontaria afflizione e penitenza presa per puro affetto e devotion della Santa
(Pietro Carrera)
Ma lo stesso Carrera ci dice che ai suoi tempi i portatori indossavano un camice di stoffa
bianca che arrivava fino alle ginocchia ed avevano le gambe nude e i piedi scalzi.

Evidentemente questa usanza si andata evolvendo nei secoli fino ad arrivare


all'abbigliamento odierno.
Le cerimonie religiose[modifica | modifica sorgente]
3 febbraio - La processione dell'offerta della cera[modifica | modifica sorgente]

La chiesa di sant'Agata la fornace dalla quale parte la processione per l'offerta della cera a sant'Agata

Il giorno 3 febbraio si ha l'inizio dei festeggiamenti religiosi con la processione dell'offerta


dellacera a sant'Agata, detta anticamente la processione della luminaria[13]. La
processione, alla quale partecipano il clero, le autorit cittadine con in testa il sindaco e la
giunta comunale, gli antichi ordini militari e cavallereschi, parte dalla Chiesa di Sant'Agata
alla Fornace in Piazza Stesicoro, detta a caccaredda[14], ovvero la fornace in cui sarebbe
stata martirizzata sant'Agata, per raggiungere, attraverso la via Etnea e piazza Duomo,
la Cattedrale di sant'Agata.
La processione ha inizio con la sfilata in corteo delle undici cannalore, questa volta non
seguite dalla banda. Seguono l'arcivescovo metropolita, i capitoli delle basiliche Cattedrale
e Collegiata, il sindaco con la giunta comunale, autorit civili e militari oltre al clero
dell'arcidiocesi. Il sindaco si reca alla chiesa di San Biagio su di una
carrozza settecentesca del Senato catanese assieme ad alcuni membri della giunta
mentre altre autorit prendono posto in una seconda carrozza pi piccola. Da alcuni anni
le due carrozze sono esposte in permanenza nell'atrio del Palazzo degli Elefanti, la sede
del municipio di Catania.
4 febbraio - Il giro esterno della citt[modifica | modifica sorgente]

Il fercolo argenteo di sant'Agata la mattina del 4 febbraio inizia il giro esterno della citt

I festeggiamenti del giorno 4 hanno inizio con la messa dell'aurora[15]. Essa rappresenta
la prima funzione religiosa in onore della santa e anche il primo incontro, molto intimo, fra
la santa e i suoi devoti. La chiesa invasa dai fedeli con il camice bianco gi dalle ore
piccole (03.30) e sono momenti caratterizzati da forte attesa spasmodica nella quale i
devoti esprimono tutta la loro devozione con grida e canti. Cos, una volta arrivate in
cattedrale le alte autorit comunali che custodiscono le chiavi del sacello, si procede
all'apertura dello stesso, potendo cos assistere prima all'uscita del mezzobusto reliquiario
e dello scrigno dalla stessa camera blindata in cui vengono conservati. Ancora una breve
attesa e poi finalmente Sant'Agata si mostra nella sua meraviglia, venendo fuori dai
cancelli neri e rivolgendo il suo sguardo benevolo prima alla navata destra e poi a quella

centrale. La scena molto toccante e suggestiva con migliaia e migliaiacittadini(cos


vengono chiamati i devoti) che sventolando il fazzoletto bianco esplodono nell'urlo:
(SCN)
(IT)
J chiamamula ccu 'razzia e ccu cori, Chiamiamola con grazia e con cuore,
p sant'jtuzza bedda, ca st niscennu, per sant'Agatuccia bella, che sta uscendo,
cittatini!
cittadini!
semu tutti divoti, tutti?
siamo tutti devoti, tutti?
cittatini, cittatini!
cittadini, cittadini,
evviva sant'jta
evviva sant'Agata,
cittatini!
cittadini!
evviva sant'jta.
evviva sant'Agata.
tutti divoti, tutti?
tutti devoti, tutti?
cittatini, cittatini!
cittadini, cittadini!
Viene poi portato il mezzobusto contenente le reliquie sull'altare maggiore ed ha inizio la
messa detta dell'aurora, mentre fuori il fercolo (il carro con la quale la santa sar portata in
processione) viene posizionato per l'imminente uscita. Sono le ore 06.00. Durante il
tragitto dalla camera del tesoro all'altare maggiore viene intonato l'inno di sant'Agata:
Inneggiamo alla martire invitta
Rifulgente di luce divina
Inneggiamo alla grande eroina
Presso l'ara cosparsa di fior
Anelante di palpiti sacri
Si diffonda la gioia nel cielo
Ed all'ombra del mistico velo
Sorga l'inno festoso dei cuor
Tu che splendi in paradiso
Coronata di vittoria
O sant'Agata la gloria
Per noi prega, prega di lass
Esultante nei duri tormenti
Luminosa nel carcere oscuro
Ella affronta con animo puro
Le minacce di un uomo crudel
Non ascolta le vane lusinghe
Le promesse di un sogno radioso
Vince il fuoco e del cielo armonioso
L'innamora l'eterno splendor
Tu che splendi in paradiso
Coronata di vittoria
O sant'Agata la gloria
Per noi prega, prega di lass
Per i secoli vola il Suo nome
E risuona pei monti e sul mare
Circonfuso di sole l'altare

Il suo corpo conserva fedel


Su! leviam cittadini l'evviva
Al valor centenario possente
Di colei che pregava morente
Il signor della vita immortal
Tu che splendi in paradiso
Coronata di vittoria
O sant'Agata la gloria
Per noi prega, prega di lass
(A. Corsaro - L. Licciardello)
Alla fine della messa, Sant'Agata viene portata in trionfo al fercolo, salutata da assordanti
fuochi e, preceduta dalle cannalore, inizia il giro esterno della citt. La prima parte del
percorso si snoda sotto Porta Uzeda con 'a calata da marina[16] e poi in via Dusmet
passando sotto i bastioni delle cinquecentesche mura di Carlo V. Qui fino agli anni
settanta avveniva un lancio di fettucce colorate da parte dei seminaristi.
I platani sottostanti, spogli di foglie data la stagione, si rivestivano cos di nastri colorati
creando una fantastica immagine cromatica.
Il fercolo prosegue poi per le altre strade del giro esterno della citt fra due straboccanti ali
di folla. Nel corso del giro effettua una sosta in piazzaCarlo Alberto davanti al Santuario
della Madonna del Carmine. Raggiunge poi la piazza Stesicoro dove si trovano i luoghi
che ricordano il martirio di sant'Agata. Qui infatti esistono la Chiesa di Sant'Agata al
Carcere e la Chiesa di Sant'Agata alla Fornace in cui la vergine Agata sub il martirio. A
questo punto c' l'avvenimento pi caratteristico della giornata. Lungo a cchianata de'
Cappuccini,[17] il fercolo di sant'Agata viene trainato di corsa fino al culmine della stessa,
giungendo cos dinanzi alla Chiesa di san Domenico, nella omonima piazza. Negli ultimi
anni tuttavia la salita non viene pi percorsa di corsa.
Raggiunta la Chiesa di Sant'Agata la Vetere,[18] la prima cattedrale di Catania, la
processione si ferma qui per alcune ore. Verso sera, dopo una messa nella piccola Chiesa
di Sant'Agata la Vetere, riprende il giro esterno della citt che attraversa i quartieri
dell'antico corso, dei cappuccini, del'u futtinu[19], di san Cristoforo e degli Angeli custodi,
per rientrare in cattedrale, alle prime luci dell'alba e negli ultimi anni la mattina del giorno
5. Qui si d luogo a fantasmagorici spettacoli di fuochi pirotecnici.
5 febbraio - Il giro interno[modifica | modifica sorgente]

Il fercolo di Sant'Agata durante la festa a Catania. 5 febbraio 2004

La festa ha inizio con il solenne pontificale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, in

presenza del legato pontificio che solitamente un cardinale. Partecipano il clero


catanese al completo, le autorit civili e militari ed il popolo dei fedeli. Nel pomeriggio,
verso le diciotto, ha inizio il giro interno della citt. Il fercolo percorre la via Etnea fino
al Giardino Bellini, per deviare poi in via Caronda che percorre fino ad arrivare in piazza
Cavour o, come dicono i catanesi, 'u bbuggu[20]dove, davanti alla Chiesa di Sant'Agata al
Borgo, ha luogo uno spettacolo pirotecnico.
Alla fine la processione scende, lungo la via Etnea, verso la cattedrale fino ai Quattro
canti dove gira a destra per effettuare di corsa a cchianata 'i Sangiulianu[21] Questo il
momento topico dal punto di vista spettacolare. Il fercolo veniva trainato di corsa
dai citatini, lungo la via Marchese di Sangiuliano, fino a raggiunge la sommit della salita
fra due ali di folla plaudente.[22] Dopo un incidente avvenuto nei primi anni del XXI secolo,
nel quale perse la vita un giovane, la salita viene fatta velocemente ma non pi di corsa
per motivi precauzionali. Per via dei Crociferi, la pi bella strada barocca di Catania, il
fercolo si avvia verso la cattedrale. Viene effettuata l'ultima sosta davanti al convento delle
suore benedettine che, da dietro i cancelli del sagrato del loro monastero, intonano dei
canti a sant'Agata. Quindi, quando il sole sta per sorgere (o, pi spesso, quando gi
sorto da molte ore), sant'Agata fa rientro in cattedrale salutata da un nutrito spettacolo
pirotecnico.
La festa del 17 agosto[modifica | modifica sorgente]

Questa festa forse la pi antica nel tempo, in quanto si rif ai festeggiamenti spontanei
che si verificarono nella notte del 17 agosto dell'anno 1126quando le spoglie della santa
martire catanese vennero riportate a Catania da Costantinopoli, dai due soldati Gisliberto
e Goselmo.
La festa si svolge in maniera ridotta rispetto ai grandiosi festeggiamenti di febbraio, ma
attira comunque nel centro storico migliaia di fedeli, turisti e curiosi. Oltre alla messa in
onore di Sant'Agata, nel tardo pomeriggio si svolge una breve processione con lo scrigno
contenente le reliquie e il mezzobusto reliquiario, nei dintorni della Cattedrale, in Via
Dusmet procedendo poi per Piazza San Placido e facendo ritorno in chiesa per Via Vittorio
Emanuele con straordinari giochi pirotecnici in un'area riservata al Porto di Catania e, cosa
molto particolare, sul tetto della chiesa di San Placido.
Altre manifestazioni[modifica | modifica sorgente]
A sira tri[modifica | modifica sorgente]

Fuochi pitotecnici della A sira tri , la sera del 3 febbraio

La sera del 3 di febbraio, ( 'a sira 'o tri, cio la sera del 3), si svolge in piazza del Duomo,
davanti alla Cattedrale, un concerto di canti dedicati a sant'Agata, eseguiti da corali
cittadine. Davanti ad una folla festante questo rappresenta un momento di omaggio alla
vergine catanese. Alla fine del concerto ha luogo uno spettacolo piromusicale che per
durata e bellezza non ha eguali. A questo proposito quando si vuol citare un evento fuori
dal comune, i catanesi dicono: mancu 'a sira tri("Nemmeno la sera del tre febbraio")
ad indicare la grandiosit dell'evento.
Sport[modifica | modifica sorgente]

Il pomeriggio del 3 febbraio, nelle strade del centro storico di Catania ha luogo il Trofeo
Sant'Agata, un giro podistico sulla distanza di 10.000 m. che nel corso degli anni ha
assunto una notevole importanza in campo internazionale. La gara ha spesso laureato
come vincitori atleti che avrebbero poi vinto grandi manifestazioni internazionali.
In passato si disputavano gare di altri sport, tra cui il calcio. Ne fu protagonista l'Unione
Sportiva Catanese, che negli anni venti organizzava ogni anno una partita (di solito contro
squadremessinesi) in cui veniva messo in palio il Trofeo. Nel 1992 il Calcio Catania tent
di riproporre l'evento, ma lo scarso interesse del pubblico fece desistere gli
organizzatori[23].
La fiera di sant'Agata[modifica | modifica sorgente]

La fiera di sant'Agata risale a molti secoli addietro quando dava l'avvio ai festeggiamenti
agatini con un grande mercato che si rifaceva alle tradizioni delle
fiere medioevali quando re e principiconcedevano l'esenzione da dazi e gabelle, indulti ai
condannati e concessioni di giochi non consentiti nel corso dell'anno. Era visitata da un
notevole numero di persone che venivano attratte, oltre che dalla festa, dalla possibilit di
fare acquisti a prezzi pi bassi.
Ai giorni nostri la fiera di sant'Agata un grande mercato all'aperto che si svolge durante i
festeggiamenti alla santa patrona catanese. Rimane aperta per circa otto giorni durante i
quali accoglie i visitatori fino a notte fonda. Nel corso degli anni ha cambiato aspetto e
sede (di solito si svolgeva alGiardino Bellini), mantenendo comunque il suo aspetto di
calda allegria apportata da grandi e piccoli visitatori.
Festeggiamenti negli anni sessanta[modifica | modifica sorgente]

Negli anni sessanta era famoso il concerto, che si teneva nel piazzale centrale del
Giardino Bellini, nel quale un complesso bandistico composto da tre grandi bande militari
scelte, di volta in volta fra quelle dei (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di
Finanza, Esercito, Marina e Aeronautica), eseguiva musiche operistiche e marce alla
presenza di circa cinquantamila spettatori. Il complesso bandistico, composto da oltre 300
elementi, veniva diretto, a turno, dai direttori delle singole bande.
Curiosit[modifica | modifica sorgente]

Cero votivo portato da devoti come offerta a sant'Agata

Nel XVI secolo e forse ancora prima, era invalsa l'abitudine, da parte di molte persone per
lo pi appartenenti alla borghesia, di andare in giro mascherate per non farsi riconoscere.
Non chiaro il motivo di questa usanza che poi degener in alcuni casi di comune
delinquenza. Infatti celati dalle maschere, molti malintenzionati approfittavano della
situazione per mettere in atto azioni violente e delittuose. La motivazione di queste
mascherate pu essere messa in connessione con la festa del Carnevale che solitamente
coincide con le feste agatine.
Altro elemento di curiosit, coevo a quello precedente, costituito dalla figura delle
'ntuppateddi[24]. Queste, dal Cinquecento e fino a met Ottocento, erano delle donne,
appartenenti a varie classi sociali, che nei pomeriggi del 4 e 5 febbraio, si avventuravano
da sole in giro per la citt avvolte in un grande mantello e con il volto completamente
celato per non farsi riconoscere. In quel tempo era un'usanza fuori dal comune che una
donna, sia sposata che nubile, uscisse di casa senza essere accompagnata. Esse
andavano in giro per la citt accettando dolci e regali da corteggiatori occasionali.
Molti anni fa, quando la processione passava per il Castello Ursino, i portatori che
trasportavano il busto di sant'Agata caddero a terra trascinando con s il busto reliquiario
della santa; ma come per un miracolo il simulacro rimase pressoch intatto.
Nel 1890 la vara di sant'Agata sub una visita da parte dei ladri che asportarono le dodici
statue degli apostoli, in argento massiccio, ed altri elementi decorativi che fu facile
smontare. Il furto fu perpetrato da un gruppo di 25 malfattori che agirono per oltre tre mesi
con la complicit del Canonico Di Maggio.[25]
Dal 1991 (tranne per un anno) la festa di Sant'Agata viene trasmessa in diretta
da Antenna Sicilia fino a quasi mezzanotte, commentata da Salvo La Rosa. Nel 2011, per
la prima volta, la stessa diretta andata in onda sul satellite, nei canali Taxi Channel, Rete
Oro e Wanted TV.[26]
Sempre nel 2011 stato registrato il record di durata dei festeggiamenti. Il busto della
Santa rientrato in Cattedrale alle 12.45 circa del 6 febbraio, con largo ritardo rispetto alle
previsioni. Inoltre per motivi di sicurezza e per la prima volta nella storia il busto stato
posizionato sul tronetto al centro del presbiterio, anzich nella sua cappella, in occasione
di una messa straordinaria.
Nel 2012, il capovara decide di evitare, per questioni di sicurezza, la salita della Santa
dalla via Antonino di Sangiuliano, resa scivolosa dalla pioggia durata tutta la notte.
L'ordine non piace a tutti e genera malcontento tra alcuni gruppi di fedeli, agitazione che
durer anche al rientro anticipato della Santa nella Cattedrale. I fedeli ribelli tenteranno di
ostacolare fino alla fine il suo ingresso alla cappella che la custodisce.
Feste sospese[modifica | modifica sorgente]
In tempi recenti, per ben due volte, la festa di sant'Agata stata sospesa a seguito di
avvenimenti che hanno colpito la sensibilit popolare.
Nel 1991, a seguito dell'invasione dell'Iraq (Prima guerra del golfo), venne deciso di non
effettuare la festa e le uniche manifestazioni furono le funzioni religiose in onore di
sant'Agata. Davanti alla delusione e alle proteste dei catanesi l'arcivescovo mons. Luigi
Bommarito decise di permettere il 4 febbraio una breve processione del busto reliquiario,
portato a spalla, nel tratto di via Etnea da Piazza Duomo a Piazza Stesicoro.
Nel 2007, a seguito degli incidenti scoppiati al termine della partita di calcio di serie A
Catania-Palermo svoltasi il 2 febbraio, veniva ucciso l'ispettore capo della Polizia di
Stato, Filippo Raciti. A seguito di questo fatto, le autorit cittadine e l'arcivescovo di
Catania, decisero di effettuare la festa apportando alcune modifiche in segno di lutto: tutte
le manifestazioni extra religiose (illuminazione, candelore, carrozze del Senato, fuochi
artificiali e Trofeo sant'Agata podistico) vennero annullate.

Tradizioni culinarie[modifica | modifica sorgente]

Le cassatelle di sant'Agata

Non possono mancare, in periodo di festa per la Santa catanese, i dolci legati alla
tradizione della santa catanese: oltre alla famosa calia e simenza, presente in ogni festa a
Catania, vengono realizzati per la ricorrenza alcuni dolciumi che hanno un riferimento a
sant'Agata, come i cassateddi di sant'Aita e lealivetti. Si tratta di dolci caratteristici della
festa di sant'Agata e sono simbolici e attinenti alla vergine catanese. Le cassateddi fanno
riferimento alle mammelle, per questo detti anche minnuzzi ri Sant'jta, che furono
strappate alla santa durante i martirii a cui venne sottoposta per obbligarla ad abiurare la
sua fede. Le alivetti, invece, si riferiscono ad una leggenda che vuole sia stato un albero di
ulivo, sorto improvvisamente, a nascondere la vergine Agata mentre era ricercata dai
soldati del console romano Quinziano.

Festa di Santa Rosalia


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(Reindirizzamento da Festino di Santa Rosalia)

Festa di Santa Rosalia

L'ingresso del Santuario di Santa Rosaliasituato sul Monte Pellegrino a Palermo

Tipo di festa religiosa


Data 15 luglio
Periodo 10/15 luglio
Celebrata in Palermo
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Scomparsa della peste
Tradizioni Trasporto del carro, spettacolo teatrale, fuochi d'artificio

Tradizioni profane spettacoli teatrali, concertistici e pirotecnici


Tradizioni culinarie Pasta con le sarde, Babbaluci
Data d'istituzione secolo XVII
Altri nomi u fistinu
Questo box: vedi disc. mod.

La Festa di Santa Rosalia (u fistinu in siciliano) si svolge nel mese di luglio a Palermo.

Indice
[nascondi]

1 La nascita

della festa

2 Il rito nel passato


2.1 La processione
2.2 Il carro
3 Il rito nel presente
3.1 La processione
3.2 Il carro
3.3 Lo spettacolo
3.4 Tradizioni culinarie
4 Bibliografia
5 Note
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni

La nascita della festa[modifica | modifica sorgente]

Nel 1624 nella citt di Palermo, martoriata dalla peste la popolazione si affidava invano
alle sante protettrici della citt e dei quattro mandamenti cittadini: Sant'Agata, Santa
Cristina, Sant'Oliva eSanta Ninfa.
Durante questa crisi, secondo la leggenda, l'allora poco nota Santa Rosalia apparve ad un
saponaio di nome Vincenzo Bonello, indicando l'ubicazione delle proprie spoglie e
ingiungendo che solo se i propri resti fossero stati portati in processione la peste sarebbe
terminata. Nella grotta indicata dalla visione vennero trovate 27 reliquie e il giorno 15
luglio l'arcivescovo seguito da tutto il clero, dal senato palermitano e da alcuni cittadini
eminenti fece una processione attraverso le strade della citt con le reliquie della santa. In
pochi giorni la citt venne liberata dalla peste. Dal 1625 la Chiesa autorizz il culto, anche
se Rosalia venne proclamata santa soltanto il 26 gennaio 1630.[1][2]
Il rito nel passato[modifica | modifica sorgente]

Nel 1625 le reliquie vennero poste all'interno di uno scrigno in argento e vetro, custodito
all'interno del Palazzo Arcivescovile, e dallo stesso anno vennero portate in processione
per ricordare il miracolo compiuto, inaugurando una tradizione che in pi di tre secoli ha
subito ben poche interruzioni.

La processione[modifica | modifica sorgente]

Un'effige della santa

La prima celebrazione del 1625 fu particolarmente breve: le reliquie vennero spostate per
pochi metri, dal Palazzo Arcivescovile fino alla cattedrale. Il percorso divenne sempre pi
lungo e complesso con i passare degli anni, fino a coinvolgere buona parte della citt. Alla
processione partecipano di diritto molte confraternite costituite nel corso dei secoli, la pi
antica e famosa la Confraternita di Santa Rosalia dei Sacchi, costituita nel 1635 e
formata da barbieri e calzolai (varberi e scarpari).
La confraternita, che prende il nome dall'abbigliamento usato durante la processione, ha il
compito di trasportare l'effigie della santa che durante l'anno viene conservata
nella Chiesa di Casa Professa. Tutte le confraternite dovevano portare un mantello con
l'effigie della santa e grossi ceri in processione. In occasione della festa, sin dal XVII
secolo, il Cassaro veniva addobbato con fastose architetture temporanee.
Il carro[modifica | modifica sorgente]

I quattro piccoli carri utilizzati per le prime processioni vengono sostituiti nel 1686 da un
grosso carro trionfale. Il carro, metafora del trionfo della santa, diventa ben presto il centro
della celebrazione, assume subito dimensioni notevoli ed stato pi volte sostituito, nella
ricerca di effetti scenografici sempre pi solenni. Tra il Settecento e l'Ottocento molti
famosi architetti palermitani si cimentarono nella sua progettazione.
Nel 1701 ad opera dell'architetto Paolo Amato, assunse per la prima volta la forma di
vascello, idea ripresa anche in tempi moderni. Durante il periodo borbonico, fino al 1860 si
mantenne a lungo il carro settecentesco, che mostrava l'opulenza della corte. In occasione
dell'unificazione dell'Italia venne creato un nuovo carro, una grande vasca ornata da
puttini. Nel 1896, su ispirazione di Giuseppe Pitr, venne costruito un carro di dimensioni
tali da non potere passare attraverso le strade del centro, ma dalle vie pi esterne della
citt. Nel 1924, in occasione del terzo centenario del ritrovamento delle reliquie, venne
costruito un carro fisso con una torre centrale alta 25 metri.[3]
Il rito nel presente[modifica | modifica sorgente]

Ancora adesso il "festino" un grande evento popolare del 14 luglio, che precede le
celebrazioni religiose del giorno dopo. Rinnovato nel 1995 da Pino Caruso (chiamato da
Leoluca Orlando, sindaco, a dirigere "Palermo di scena" manifestazione d'arte 14 luglio/14
settembre) che ne cur le edizioni dal '95 al '97, affidandone la realizzazione a Valerio
festi, Monica Maimone, Sandro Tranchina; Edizioni memorabili per modernit e
spettacolarit. Spettacolo 2005. </ref>, 15 luglio. Da allora, ogni anno viene sviluppato un
tema differente, mantenendo per di base la storia del miracolo della vittoria sulla peste.

La processione[modifica | modifica sorgente]

La statua della santa di fronte allaCattedrale di Palermo

La notte del 14 luglio la festa giunge all'apice, con una solenne processione dal Palazzo
dei Normanni, lungo l'antico asse viario del Cassaro fino al mare, passando
attraverso Porta Felice, secondo un itinerario ideale dalla morte (la peste) alla vita (la luce
dei fuochi d'artificio in riva al mare).
La processione, composta da un carro trionfale con la statua della santa, trainato da buoi,
e da carri allegorici, si ferma davanti alla Cattedrale, ai quattro canti (momento in cui,
tradizionalmente, il sindaco in carica depone dei fiori ai piedi della statua della Santa
gridando "Viva Palermo e Santa Rosalia!") e alla Marina, dove ha luogo un grande
spettacolo pirotecnico (10.000 tubi di lancio nel 2005)[4] accompagnato da musica
sinfonica eseguita dal vivo.
Accompagnano la processione canti di devozione in rima:
"Uno. Nutti e jornu fara sta via!
Tutti. Viva Santa Rusulia!
U. Ogni passu e ogni via!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Ca ni scanza di morti ria!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Ca n'assisti a l'agunia!
T. Viva Santa Rusulia!
U. Virginedda gluriusa e pia
T. Viva Santa Rusulia!
ed ogni tanto il grido E chi semu muti? Viva viva Santa Rusulia.

Il carro del 2006

Il carro[modifica | modifica sorgente]

Nel 1974 viene costruito un carro di ispirazione settecentesca, a forma di vascello, che
raggiunge i dieci metri d'altezza e i nove metri di lunghezza ed trasportato da buoi. Da

questo momento il carro in s diviene un piccolo palcoscenico coreografico.


Nel 2007 viene costruito un nuovo carro, per il quale si abbandonano le forme barocche in
favore di una pi semplice forma di nave da pesca con una vela interamente intarsiata di
cristalliSwarowsky realizzata da Jannis Kounellis[5]. Nel 2008 simbolo del carro trionfale
divengono le rose rosse.

Il carro trionfale del 2008.

Lo spettacolo[modifica | modifica sorgente]

Dalla fine degli anni novanta lo spettacolo, un tempo una mera tradizione popolare, sotto
la direzione di Pino Caruso divenuto una rappresentazione teatrale a tutti gli effetti, con
giochi di luce spettacolari e danze acrobatiche, che rappresentano gli ultimi giorni della
peste a Palermo.
Lo spettacolo ha carattere itinerante, infatti dopo la rappresentazione cittadina viene
rappresentato in vari parti del mondo, in modo da recuperare parte delle spese affrontate
per l'intero festino.
Dal 1995 al 1997 la Festa di Santa Rosalia a Palermo su indicazioni di Pino Caruso
stata progettata, e curata da Studio Festi[6], su commissione di Leoluca Orlando[7].
Tradizioni culinarie[modifica | modifica sorgente]

Durante le celebrazioni si consumano cibi che fanno parte della tradizione popolare
palermitana: laPasta con le sarde (la pasta ch sardi), i babbaluci (lumache bollite con
aglio e prezzemolo), losfincione ( 'u sfinciuni), il polpo bollito ( 'u purpu), Calia e
simenza ( 'u scacciu), la pannocchia bollita (pullanca) e l'Anguria (detto 'u muluni).

Friscaletto
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Friscaletto
Informazioni generali

Classificazione Aerofoni labiali


Famiglia Flauti globulari
Utilizzo

Musica tradizionale dell'Europa Meridionale


Il friscaletto (o friscalettu in siciliano) uno zufolo di canna tipico della musica
folk tradizionale della Sicilia. considerato, insieme al marranzano, al tamburello e

alla quartara, uno degli strumenti simbolo della musica folclorica Siciliana.
chiamato in maniera simile in tutta la Sicilia, eccezion fatta per il paese di San Fratello,
in provincia di Messina. Qui la parlata locale risente ancora delle radici gallo-italiche e il
friscaletto prende il nome di vescot.
Un elemento fondamentale della sua struttura il tappo (realizzato in legno
di oleandro, ulivo ofico). Ha sette buchi nella parte anteriore e, pur essendo un flauto
artigianale molto semplice, presenta due buchi posteriori (a differenza, ad esempio,
dei flauti irlandesi).
Il friscaletto uno strumento che non permette variazioni volumiche di piano e forte,
poich una maggiore intensit nell'emissione del fiato ne causa inevitabilmente la
stonatura della melodia. Ciascun friscaletto ha quindi la propria personalit, il
proprio timbro e le proprie sfumature.
Fa parte della famiglia degli aerofoni, essendo affine al flauto dolce. Esistono, come per gli
altri flauti, friscaletti realizzati con diverse accordature. I pi comuni sono accordati in do,
in sol e in la.
I pi celebri friscalettari, spesso veri virtuosi dello strumento, sono (in ordine alfabetico)
Rosario Altadonna, Carmelo Bruno, Giacomo Calcara, Raimondo Catania, Pietro Cernuto,
Carmelo Colajanni, Gioacchino Comparetto, Giuseppe D'Ippolito, Franco Faro, Salvo
Ferlito, Alfio Leocata, Gandolfo Lo Verde, Sebastiano Nan, Antonio Putzu, Carmelo
Salemi, Pippo Sgroi, Carlo Todaro, Emanuele Trigilia, Salvatore Trimarchi.

Gammazita
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Accesso al pozzo di Gammazita

Gammazita il nome di una giovane ragazza, protagonista di


una leggenda catanese legata alle vicende casato degli Angioini di Sicilia. Il suo nome
stato dato anche a un sito del centro storico della citt siciliana, una cavit naturale
chiamata appunto "Pozzo di Gammazita".

La leggenda di Gammazita[modifica | modifica sorgente]

Il racconto popolare narra di una virtuosa ragazza catanese che, verso il 1280 prefer
gettarsi in unpozzo, invece di cedere alle insidie di un soldato francese (tradizionalmente
indicato con il nome diDroetto) che si era invaghito di lei. Sembra che gli abitanti dell'isola
individuassero gli stranieri attraverso l'utilizzo dello shibboleth "ciciri" ("ceci"): chiunque
non era in grado di pronunciare correttamente il termine veniva ucciso.
Il racconto presenta sicuramente un collegamento con la realt storica: fa riferimento alle
angherie compiute dai dominatori francesi sugli oppressi siciliani, una delle cause dello
scoppio dei Vespri siciliani del 30 marzo 1282.
La leggenda sembra anche voler spiegare come macchie del sangue di Gammazita i
depositi ferruginosi lasciati da una sorgente minerale, che scaturiva a Catania tra le lave di
Via San Calogero, e da qualche tempo disseccate.
Giganti (folclore)
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Motivo: non si comprende il perch siano rilevanti e meritino una voce a se. Tra l'altro qui si parla pi dei giganti di altre citt che di quelli di Palmi.

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I Giganti, rappresentanti solitamente una donna bianca di nome Mata ed un guerriero
nero di nome Grifone, sono due alti fantocci di cartapestache vengono portati a spalla o
trainati, danzando al ritmo di tamburi, per le vie di Messina, Palmi e di altre localit
della Sicilia e della Calabria, in occasione di festivit cattoliche patronali o di altri eventi. I
giganti sono identificati nei leggendari fondatori della citt di Messina e da questo deriva la
loro importanza nella tradizione folcloristica.

Indice
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1 Storia dei

Giganti

1.1 Le origini di Messina


1.2 L'adozione dell'usanza in Calabria
2 I Giganti di Palmi
2.1 Storia
2.2 Caratteristiche e copie
2.3 Descrizione della sfilata
2.3.1 Date di uscita
2.3.2 Galleria fotografica
3 I Giganti di Messina
4 I Giganti di Mistretta

5 Note
6 Bibliografia
7 Collegamenti esterni

Storia dei Giganti[modifica | modifica sorgente]


Le origini di Messina[modifica | modifica sorgente]

Le statue derivano dai giganti processionali dell'antica tradizione spagnola, ancora oggi
presenti in molte zone della Spagna e usati in occasione di varie festivit, come
a Tarragona per la festa di Santa Tecla, o durante la fiesta Mayor de Reus che si svolge il
giorno di San Pietro Reus. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire la
tradizione dei giganti processionali che si diffusa anche in Sicilia ed in Calabria, ed oggi
legata al culto della Vergine Maria, come nel caso dei giganti Mata e Grifone della festa
della Assunta a Messina o dei giganti Kronos e Mytia della festa dellaMadonna della
Luce di Mistretta.

I Giganti di Messina

I Giganti di Seminara

Inoltre i due colossi di cartapesta, rappresentano e ricordano allegoricamente la conquista


della libert del popolo calabrese dai predoni saraceni e turchi, che per secoli devastarono
la Calabria apportando ovunque lutti e rovine. Il Gigante nero, chiamato Grifone, raffigura il
truce saraceno e, nelle sembianze di una bella e prosperosa popolana, Mata, ne era la
sua preda.
Nel corso della storia i due giganti Mata e Grifone sono stati identificati con varie figure
mitologiche, ad esempio Kronos e Rhea, Cam e Rea, Zanclo e Rea, Saturno e Cibele; la
leggenda pi famosa narra che ai tempi delle invasioni saracene in Sicilia, attorno al 970
d.C., un invasore moro di nome Hassas Ibn-Hammar, grandissimo, sbarcato a Messina si
innamor della cammarota Marta figlia di re Cosimo II da Casteluccio. Il nome Marta,
dialettizzato, diventa Mata. Il pirata chiese la mano della donna, ma le loro nozze furono
celebrate solo dopo la conversione del moro al cristianesimo: il suo nome da Hassan
divent quindi Grifo, o meglio, Grifone per la sua mole. Mata e Grifone prosperarono ed
ebbero moltissimi figli: i messinesi.
Questa versione infatti confermata dalle scritture di alcuni autorevoli storici antichi, Mata
e Grifone sarebbero i mitici fondatori di Messina: Saturno Egizio e la moglie Rea o Cibale.
Con il passare del tempo, al nome di Saturno Egizio venne aggiunto il nome di Zancle
(falce), o per aver fondato la citt siciliana in un'insenatura di mare a forma di falce, o

perch a lui sarebbe attribuita l'invenzione dell'attrezzo agricolo per mietere il grano. Per
tale motivo la citt peloritana, prima ancora che le venisse imposto l'odierno nome dal
conquistatore greco Messena, venne per molti secoli chiamata Zancle in onore del suo
mitico fondatore.
La pi attendibile storia sulla nascita dei Giganti per legata ad un fatto storico
realmente accaduto nel1190. In tale anno, Riccardo I Re d'Inghilterra, pi comunemente
noto col nome di Riccardo Cuor di Leone, giunse a Messina da dove doveva muovere
la Terza crociata che era stata indetta da papa Gregorio VIII per liberare dai musulmani
il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Durante la permanenza in citt il monarca si accorse
che i messinesi erano privi della libert perch ancora oppressi dai greci bizantini. Essi
infatti si erano impossessati di tutte le cariche politiche, civili ed amministrative gestendo la
giustizia a loro piacimento con provvedimenti impopolari ed inappellabili emanati dalla
sicura fortezza di San Salvatore, strategicamente posta all'imbocco del porto. Il Re
d'Inghilterra, non volendo usare la forza per soggiogarli, pens di dimostrare la sua
potenza facendo costruire sul colle di Roccaguelfonia, situato proprio di fronte alla
fortezza, un imponente ed inespugnabile castello. Prima ancora che venisse ultimato, il
popolo lo adott battezzandolo col nome di Matagriffon coniando Mata, da Macta
(ammazza) e, Griffon da Grifone (ladro). I greci bizantini dimostrarono di aver inteso il
messaggio, abbandonando per sempre la citt, cos che il popolo Messinese riacquist la
tanto sospirata libert.
Per festeggiare l'evento e tramandarlo alle generazioni future, i messinesi portarono nelle
piazze il castello di Matagriffon in cartapesta per poi sdoppiarlo nel nome e con le
sembianze dei fondatori della citt. Li chiamarono "'A Gigantissa" e "U Giganti", ma anche
Mata e Grifone. In tal modo la colossale coppia divenne l'emblema della loro libert e
l'omaggio agli antichi fondatori. Ai Colossi, rappresentati su due cavalli finemente
addobbati, venne nel tempo accostato un finto cammello che veniva bruciato nelle piazze
al termine delle feste di mezz'agosto, per simboleggiare la sconfitta degli empi dominatori
saraceni scacciati nel 1060 dalla citt dal Conte Ruggero I il Normanno.
L'adozione dell'usanza in Calabria[modifica | modifica sorgente]

I Giganti, quali simbolo di libert, vennero ben presto adottati in molte citt siciliane e da
alcune della fascia costiera tirrenica ed aspromontana dellaCalabria che, come Messina,
avevano profondamente subito le devastazioni saracene e turche. Mentre nel tempo
scomparvero a Reggio Calabriaed in altri centri, sopravvivono ancora oggi
a Polistena, Tropea, Ricadi, Spilinga, Das, Zambrone, San Costantino
Calabro, Melicucco, Brognaturo,Cittanova, Seminara e appunto Palmi.
Per ricordare il condottiero normanno, durante la "sfilata dei Giganti" di Palmi partecipa
anche un finto cavallo di cartapesta, mentre in altri centri presente un cammello quale
simbolo dei saraceni.
I Giganti di Palmi[modifica | modifica sorgente]

I giganti di Palmi vanta una storia secolare sull'usanza dei Giganti. Pertanto la citt ha un
importante rilevanza, nel panorama calabrese, nell'ambito di questa tradizione.
Storia[modifica | modifica sorgente]

L'adozione dei Giganti a Palmi, oltre che per i motivi suddetti, avvenne soprattutto per
ricordare l'evento storico legato alla presenza in citt del conteRuggero I. Fu infatti da
Palmi che l'armata normanna si radun per muovere alla conquista della Sicilia: Raunato
adunque il Conte l'esercito di mille, e settecento tra Fanti, e Cavalieri, a Palme inviossi, e
per Mare, poscia in Reggio; dove riposato quindeci giorni, con ventisei Galee, e Brigantini,
tragittossi i Messina.

Caratteristiche e copie[modifica | modifica sorgente]

In origine i fantocci di Mata e Grifone erano di legno leggero cavo e superavano gli otto
metri di altezza; principalmente oggi sono di cartapesta e meno alti. Inoltre alcuni venivano
trainati, altri sollevati, mentre oggi generalmente ciascuno dei giganti sorretto ed inalzato
da un portatore che si posiziona nella parte inferiore al busto cavo, reggendo delle
maniglie. In occasione di particolari festivit i giganti vengono portati fuori dal luogo in cui
sono custoditi, per poi sfilare anche pi volte al giorno. Ve ne sono varie copie, abbigliati e
decorati diversamente a seconda della festivit e della chiesa a cui fanno riferimento, a
seconda del periodo storico in cui sono stati realizzati.
Attualmente a Palmi vi sono varie copie di Giganti, delle quali quella pi antica
conservata presso il Museo di etnografia e folklore "Raffaele Corso"della Casa della
cultura. Delle coppie che sfilano per le vie cittadine, quella pi antica risale
al 1885 (realizzata dai fratelli artigiani Virgilio e Francesco Cicala), ed di propriet
della "Congrega di Maria Santissima Immacolata e San Rocco". Le altre coppie sono state
realizzate recentemente e sono di propriet della parrocchia di San Fantino,
della "Congrega del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima del Soccorso" (2005) e
della Pro Loco cittadina (2011). I Giganti di propriet della "Congrega di Maria Santissima
Immacolata e San Rocco", nel 1987, furono esposti, su richiesta della Regione Calabria, al
Museo di antropologia ed etnografia di Torino in rappresentanza della cultura e delle
tradizioni della Calabria[1]. Nel corso degli anni i Giganti di Palmi hanno avuto modo di
"danzare" anche in altre citt, come ad esempio Milano (1990), Foligno e Venezia[2].
Descrizione della sfilata[modifica | modifica sorgente]

La sfilata dei Giganti per le vie cittadine solitamente composta da:

Il palio[3];
I giganti Mata e Grifone;
Il cavallo;
Il complesso dei tamburinari e banda.
La sfilata accompagnata dal un ritmo tipico e martellante dei tamburi, e a volte dalla
banda e dal battito delle mani delle persone; il suono richiama l'attenzione in modo che
anche in lontananza si possa seguire la sfilata. La musica quindi guida i giganti danzanti. I
tambunari non sono per a capo della sfilata, che ha a capo Mata, Grifone e il palio. Il
palio una lunga e pesante pertica di legno con un drappo di seta color rosso-cremisi nei
cui lati sono impressi lo stemma civico di Palmi ed il monogramma (M) della Madonna
della Sacra Lettera, patrona e protettrice della citt. L'asta termina in cima in un piccolo
globo terrestre sormontato da una piccola croce. Il palio sostenuto alla base da una
sacca di pelle sorretta ai fianchi di un portatore. Il palio viene fatto girare dal possente
portatore nei crocevia principali, nelle piazze e davanti alle chiese, per supplicare la
protezione della Sacra Vergine sulla citt e sul popolo. Il movimento rotatorio del palio,
creato dall'abile portatore, effettuato a pochi centimetri dal suolo e fa assumere al
drappo di seta un movimento leggero ed ondulato, che vuol simulare simbolicamente la
carezza della mano della Madonna tanto che, anticamente, il drappo sfiorava le teste dei
bambini posti genuflessi ed in cerchio. Anche questo momento della sfilata
accompagnato dai tamburi, che in questo caso hanno un ritmo cruciale.
Segue ai giganti un finto cavallo montato anch'esso da un portatore che, emergendo con
met busto dall'animale, crea una mitica figura di novello centauro a due zampe. Durante
il ballo il destriero volteggia tra la coppia gigantesca cercando di allontanare il baldanzoso
Grifone da Mata. A volte, scalpitando ed imbizzarrendosi, riesce a dividerli frapponendosi
tra di loro. Infine, visti inutili i suoi tentativi di dissuadere il Gigante Nero dal conquistare
Mata, si rassegna marciando contento davanti alla coppia danzante e festosa.

Date di uscita[modifica | modifica sorgente]

Le festivit nelle quali avviene la "Sfilata dei Giganti", per le vie cittadine, sono le seguenti:
Giganti di propriet della Venerabile Congrega di Maria SS.ma Immacolata e del glorioso
San Rocco:
Festa di San Rocco (14 agosto e 15 agosto intera giornata, 16 agosto mattina);
Festa di Maria Santissima Immacolata (8 dicembre mattina);
Varia di Palmi (nella giornate in cui avvengono manifestazioni legate alla celebrazione
della festa);
Giganti di propriet della Congrega di Maria SS.ma del Soccorso:
Festa di Maria Santissima del Soccorso (venerd e sabato antecedenti la prima domenica
di agosto, per l'intera giornata, e la mattina della prima domenica di agosto);
Festa del Santissimo Crocifisso (3 maggio mattina);
Festa di Sant'Antonio (13 giugno);
Fesat di Sant'Elia (penultima domenica di luglio);
Giganti di propriet della parrocchia di San Fantino a Taureana:
Festa di Maria Santissima dell'Alto Mare (venerd e sabato antecedenti l'ultima domenica
di luglio, per l'intera giornata, e la mattina dell'ultima domenica di luglio);
Festa di San Fantino (24 luglio).
Inoltre, e soprattutto negli ultimi anni, la "Sfilata dei Giganti" per le vie cittadine avvenuta
anche in date differenti da quelle suddette, per altre manifestazioni di carattere religioso e
civile, come ad esempio la notte bianca. Nel caso di manifestazioni di tipo civile sfilano i
Giganti di propriet della Pro loco di Palmi.
Galleria fotografica[modifica | modifica sorgente]

I giganti di Palmi, coppia di propriet della Venerabile Congrega di Maria SS.ma Immacolata e San Rocco

Il Gigante "Grifone"

La Gigantessa "Mata"

I Giganti di Messina[modifica | modifica sorgente]

La processione dei Giganti di Messina, come detto, consiste nel trainare due statue di
giganti a cavallo, realizzate in cartapesta[4].
Le statue attuali risalgono al 1723 anche se vennero completate solamente negli anni
cinquanta dello scorso secolo, venendo installati su dei carrelli con ruote in modo da poter
ottenere un trainamento pi facile[5]. In passato, invece, i due venivano sollevati dai
portatori attraverso pali e staffe basculanti, che consentivano di mantenerli in equilibrio,
conferendo peraltro un andamento caracollante alle due statue equestri.
I due Giganti sono portati in processione dal 10 al 14 agosto, seguiti da un corteo in
costume e da tamburi, trombe e dal suono cupo della "brogna" e della "ciaramedda".
Dall'anno 1993 tornata nuovamente la tradizione di farli seguire da un'altra macchina
che rappresenta un cammello[6].
La statua di Grifone, fu scolpita prima da Martino Montanini e successivamente da Andrea
Calamech. La testa di Mata fu pi volte rimaneggiata da artisti quali Santi Siracusa (XVIII
secolo), Michele Amoroso e Mariano Grasso[7].
I Giganti di Mistretta[modifica | modifica sorgente]

I Giganti di Mistretta, chiamati anche i "gesanti", sono realizzati in legno e cartapesta e


furono costruiti alla fine del XVIII secolo. Dal 1960 al 1990furono utilizzate delle copie in
modo da preservare la copia pi antica. Ogni anno i "gesanti" vengono portati in
processione durante la Festa della Madonna della Luce, il 7 e l'8 di settembre[8]. I loro
nomi si differenziamo da quelli di Palmi e Messina in quanto vengono chiamati "Cronos" e
"Mitia". Tra l'altro le loro orgini differiscono in parte dalle altre. La tradizione narra che ossa
gigantesche furono rinvenute in una grotta accanto ad un quadro luminoso della Madonna,
per cui i due giganti furono identificati come i "custodi" della reliquia.

Giuf
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Secondo alcuni Giuf non mai morto,


riuscito a scappare alla morte talmente tante volte
che ancora sta scappando e ancora gira per il mondo.
[...] Qualcun altro invece racconta 'sta storia.
Che un bel giorno Giuf vide l'angelo della morte.
L'angelo della morte lo guardava strano...
(Vita e morte di Giuf: 5. La morte di Giuf, in Ascanio Celestini, Cecafumo, 2004 (p. 245)
Giuf, chiamato a volte anche Giuc, Giuccamatta (Toscana), Ciuccianespole (Umbria),
[senza fonte] Vardiello (Campania - Giambattista Basile, Lo cunto de li cunti)
un personaggio letterario della tradizione orale popolare della Sicilia e giudaico-spagnola.
Nella letteratura scritta egli compare compiutamente nell'opera di Giuseppe Pitr (18411916), celebre studioso di tradizioni popolari e di folclore siciliano tra la fine
dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, che ne riprese le storie popolari diffuse in varie parti
della Sicilia. La sua comparsa nella tradizione scritta risale almeno al 1845, quando il
personaggio attestato in un adattamento in lingua italiana di una storia di Venerando
Gangi (1748-1816), favolista siciliano[1].

Indice
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1 Il personag

gio nelle sue varianti siciliana e giudaico-spagnola

1.1 Tradizione siciliana


1.2 Tradizione giudaico-spagnola
1.3 Origini storiche
2 Lista degli episodi in cui Giuf protagonista
3 Note
4 Bibliografia
5 Altri progetti
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni

Il personaggio nelle sue varianti siciliana e giudaico-spagnola[modifica | modifica sorgente]


Tradizione siciliana[modifica | modifica sorgente]

Giuf un personaggio assolutamente privo di ogni malizia e furberia, credulone, facile


preda di malandrini e truffatori di ogni genere. Nella sua vita gli saranno rubati con
estrema facilit una pentola, un maiale, un pollo arrosto, un asino, una gallina ed
un tacchino. L'iperbolica trama descritta dal Pitr prende spunto da fatti realmente
ricorrenti nelle campagne del palermitano, quando ladri e imbroglioni erano soliti fare ai
ragazzi promesse allettanti (che mai avrebbero mantenuto) per ottenerne in cambio
prelibatezze sottratte alla campagna dei loro genitori. Un esempio della tipica stoltezza del
nostro eroe si ha nell'episodio "Giuf tirati la porta" nel quale sua madre gli ricorda:
"Quando esci, tirati dietro la porta", nel senso di "accosta, chiudi, la porta". Ma il giovane
prende alla lettera l'invito e, anzich chiudere la porta, la scardina e se la porta a messa.
Giuf un bambino, molto ignorante, che si esprime per frasi fatte e che conosce soltanto
una certa tradizione orale impartitagli dalla madre. Nelle sue avventure egli si caccia
spesso nei guai, ma riesce quasi sempre a uscirne illeso, spesso involontariamente. Giuf
vive alla giornata, in maniera candida e spensierata, incurante di un mondo esterno che
pare sempre sul punto di crollargli addosso. Personaggio creato in chiave comica,
caricatura di tutti i bambini siciliani, Giuf ci fa sorridere, con le sue incredibili storie di
sfortuna, sciocchezza e saggezza, ma ha anche il gran merito di farci conoscere meglio la
cultura dominante in Sicilia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.
Tradizione giudaico-spagnola[modifica | modifica sorgente]

Nella tradizione giudaico-spagnola Giuf un ragazzo intelligente e stupido, furbo e


credulone, onesto e disonesto, triste e allegro, povero e ricco, credente e miscredente. Lo
si ritrova in ogni situazione possibile: realistica, fantastica, assurda. Non sa comprare
nemmeno un pomodoro ma sa vendere una pecora brutta e magra ad un prezzo favoloso.
figlio di un ricco ma non ha neppure una camicia. Non ha da mangiare ma nutre gli
affamati. Insomma un saggio, ma di una saggezza che non si riconosce a prima vista.
Giuf incarna anche il ribelle alle convenzioni sociali, il burlone che si fa gioco di tutto e di
tutti, che irride l'autorit, la paura, la morte stessa; e in questa sua incontenibile,
clownesca provocazione sta forse l'effetto catartico delle sue storie.[2]
Origini storiche[modifica | modifica sorgente]

In realt, sebbene la sua comparsa nella tradizione scritta siciliana risalga a tempi
relativamente recenti, Giuf (o Giuch o Joch o G'ha) l'eroe o l'antieroe di una serie di
storie popolari fiorite nel bacino del Mediterraneo e diffuse in particolare nel periodo della

diaspora giudeo-spagnola e orientale: se le pi antiche testimoninanze risalgono infatti a


racconti arabi anonimi del IX secolo (come dimostra lo stesso nome del ragazzino che
nel dialetto palermitano divenne l'abbreviativo di Giovanni), nelle famiglie ebraiche di
Turchia, Grecia, ex-Iugoslavia, Bulgaria, Israele e Marocco, che si sono tramandate
oralmente di generazione in generazione, le gesta eroicomiche di questa figura popolare.
Ancora oggi nei paesi delMaghreb esistono cicli di racconti che hanno come protagonista
Djeh (pron. giuh), che, con il siciliano Giuf, sicuramente condivide una medesima
radice popolare. Secondo alcuni, Giuf/Jeh deriverebbe da un personaggio storico
realmente esistito agli inizi dell'XI secolo d.C. nellapenisola anatolica (l'attuale Turchia). Si
tratterebbe della personalit piuttosto eccentrica di Nasreddin Khoja (Il Maestro
Nasreddin),[3] che nell'area culturale araba si sarebbe poi diffuso con il nome
di Djeha o Jusuf, innestandosi poi nella tradizione siciliana come Giuf. (Da notare che
nellascrittura araba le parole khoja (turco hoca) e djuha si scrivono in maniera molto
simile: solo dei punti diacritici le tengono distinte).
Lista degli episodi in cui Giuf protagonista[modifica | modifica sorgente]

Il barbiere maldestro
Giuf, tirati la porta!
Giuf, la moglie e l'asino
Giuf e il chiodo
Giuf acquista il suo asino
Giuf al mercato
Giuf e i due briganti
Giuf e i tre monaci
Giuf e il principe poeta
Giuf e la luna
Giuf e la marmitta
Giuf e la pentola in prestito
Giuf e la statua di jissu
Giuf e la sua tomba
Giuf e le stelle
Giuf e le uova
Giuf e l'uomo asino
Giuf fa il medico
Giuf pittore di leoni
Giuf venditore di seta
L'asino di Giuf
Le domande dei tre saggi
Le uova
Giuf e la giustizia
Il suo asino contraddice Giuf
Giuf e la chiave della cassaforte
Giuf e la pezza di tila
Giuf e il profumo dell'arrosto
Giuf, il cristiano e l'ebreo
Giuf e il secchio
Giuf e l'otre

I santoni di Aidone
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I santoni in Piazza Cordova durante la "Giunta" di Pasqua

I santoni, statue gigantesche, rappresentanti i dodici Apostoli, sono l'attrazione principale


della settimana santa di Aidone, un comune della provincia di Enna situato al centro
dellaSicilia.

Indice
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1 I santun'
2 I santar'
3 Origine
4 Voci correlate

I santun'[modifica | modifica sorgente]

I santoni davanti alla chiesa Madre per la funzione delle Palme

Con questo nome, che in dialetto galloitalico suona i Santui, gli aidonesi chiamano le
statue gigantesche dei dodici apostoli, alte tre metri circa e cave all'interno. In effetti gli
aidonesi da sempre affettuosamenti chiamano i loro dodici Apostoli "I Sant", e, quando
vogliono mandare bonariamente qualcuno fuori dai piedi, dicono: "Va vida curr'r' i Sant nto
cciangh", Vai a vedere correre i Santi in piazza.
Vengono fatti sfilare nella processione della domenica delle Palme,
nella giunta diPasqua e a volte anche per San Filippo.
Sono senz'altro il retaggio della tradizione spagnola, ancora oggi in alcune citt

dell'Andalusia sfilano nelle processioni della settimana santa.


I nostri sono costituiti da un'intelaiatuta di legno che fa da busto, vestito da tunica e
mantello dai colori sgargianti; gli acroliti della testa e delle mani sono di cartapesta.
Oltre ai colori degli abiti ogni santone contraddistinto dagli oggetti simbolici che porta in
mano:San Pietro ha la tunica rossa, il mantello blu e nella destra porta un mazzo di chiavi,
San Filippo ha la tunica gialla e il mantello blu, nella destra porta un libro,e cos via. Tutti i
santoni nella mano sinistra portano un mazzo di fiori, simboleggianti la primavera e la gioia
che contraddistingue appunto la processione delle Palme e la Pasqua.
I santar'[modifica | modifica sorgente]

La bravura dei santari si rivela nella corsa: San Pietro

I santoni vengono portati da i Santari, in genere dei volontari, che si infilano nella statua e
vedono l'esterno solo dagli occhielli ricavati nella veste all'altezza della pancia. Quando il
santaro esperto ne gode il portamento, la camminata o addirittura la corsa, nonch
l'inchino.
Origine[modifica | modifica sorgente]

Non si conosce l'origine, n l'autore di queste statue; risalgono senz'altro al Seicento, il


secolo della controriforma, che in Sicilia vede una intensa opera di rievangelizzazione e
rieducazione religiosa anche attraverso le sacre rappresentazioni, come tali possono
configurarsi le due processioni e i rituali di cui stiamo parlando (Giunta di Pasqua e la
funzione delle Palme). I dodici sono Giovanni, Giacomo maggiore, Pietro, Mattia, Filippo,
Matteo, Giuda Taddeo, Andrea, Giacomo minore, Bartolomeo, Tommaso, Simone. Per i
visi e i simboli l'anonimo autore si ispir agli apostoli che coronano la facciata di San
Pietro in Vaticano.
In Sicilia sono presenti anche a Caltagirone, solo San Pietro, e a Barrafranca; in genere
vengono chiamati giganti o Sanpaoloni.

Acroliti di due santoni


Processione delle Palme in via Cavour

I santoni deposti a terra nella chiesa Madre

Leggenda di Colapesce
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Disambiguazione "Colapesce" rimanda qui. Se stai cercando il cantante, vedi Colapesce


(cantante).
La leggenda di Colapesce una leggenda diffusa nell'Italia meridionale con molte
varianti, le cui prime attestazioni risalgono al XII secolo.

Indice
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1 Le prime at

testazioni letterarie

2 La leggenda napoletana
3 La leggenda siciliana
4 Riferimenti
5 Note
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni

Le prime attestazioni letterarie[modifica | modifica sorgente]

Le prime attestazioni della leggenda sono nel XII del poeta franco provenzale Raimon
Jordan, che canta di un "Nichola de Bar" che viveva come un pesce.
Tra il XII e il XIII il canonico inglese Walter Map riferisce di "Nicolaus", soprannominato
"Pipe" che viveva nel mare riuscendo a restarci senza respirare. Andava alla ricerca di
cose preziose nei fondali. Quando il re di Sicilia Guglielmo II volle consoscerlo, attirato
fuori dal mare, mor tra le braccia di chi lo voleva portare dal re.
Un altro monaco inglese contemporaneo, Gervasio di Tilbury, riferisce di "Nicolaus",
soprannominato "Papa", un abile marinaio, pugliese di nascita, che il re di Sicilia Ruggero

II costrinse a scendere nel mare del Faro per esplorare gli abissi. Sotto le acque il
nuotatore scopr monti, valli, boschi, campi ed alberi ghiandiferi. Ai naviganti di passaggio
"Nicolaus" chiese dell'olio per poter osservare meglio il fondo marino.
Un altro frate, Salimbene de Adam, da Parma, nel XIII secolo, narrava la leggenda del re
di Sicilia Federico II che ordinava a Nicola, nuotatore messinese, di riportargli una coppa
d'oro che scagiava sempre pi in profondit finch Nicola scomparve negli abissi. Per la
prima volta compare il personaggio della madre che malediceva Nicola.
La leggenda napoletana[modifica | modifica sorgente]

Nella tradizione napoletana Cola (Nicola) Pesce o Pesce Nicol un ragazzo maledetto
dalla madre per le sue continue immersioni. Finisce per diventare esso stesso pesce e a
squamarsi. Cola cercava rifugio nel mare, usando il corpo di grossi pesci dai quali si
faceva inghiottire, per uscire all'arrivo tagliandone il ventre.
La leggenda trae origine dal culto tardo pagano dei figli di Nettuno, ossia dei
sommozzatori dotati di poteri magici, in grado di trattenere il respiro in apnea per poterne
carpire i tesori e i segreti. Essi, accoppiandosi con misteriosi esseri marini (probabilmente
le foche monache) e con l'aiuto della sirena Partenope, acquistavano tali poteri magici.
L'origine tardo pagana della leggenda riportata da Benedetto Croce in Storie e leggende
napoletane. Era documentata dalla presenza di unbassorilievo di epoca classica,
rappresentante Orione, venuto alla luce durante gli scavi per le fondazioni del Sedile di
Porto e murato nel settecento. Il bassorilievo rappresenta un uomo coperto da quello che
sembra una pelle con un coltello in mano, l'arma usata per fuoriuscire dal ventre del pesce
trasportatore.
Nel 1936 Raffaele Viviani vi dedic una poesia.
La leggenda siciliana[modifica | modifica sorgente]

Nella sua versione pi conosciuta, quella palermitana, si narra di un certo Nicola (Cola di
Messina), figlio di un pescatore, soprannominato Colapesce per la sua abilit nel muoversi
in acqua; di ritorno dalle sue numerose immersioni in mare si soffermava a raccontare le
meraviglie viste e, talvolta, a riportare tesori.
La sua fama arriv al re di Sicilia ed imperatore Federico II di Svevia che decise di
metterlo alla prova: il re e la sua corte si recarono pertanto al largo a bordo di
un'imbarcazione e buttarono in acqua una coppa che venne subito recuperata da
Colapesce. Il re gett allora la sua corona in un luogo pi profondo e Colapesce riusc
nuovamente nell'impresa. La terza volta il re mise alla prova Cola gettando un anello in un
posto ancora pi profondo ed in quell'occasione Colaspesce non riemerse pi.
La leggenda stata trascritta e rielaborata da Italo Calvino.
Secondo la leggenda pi diffusa, scendendo ancora pi in profondit Colapesce vide che
la Sicilia posava su 3 colonne delle quali una piena di vistose crepe e segnata dal
tempo[1], secondo un'altra versione essa era consumata dal fuoco dell'Etna, ma in
entrambe le storie decise di restare sott'acqua, sorreggendo la colonna per evitare che
l'isola sprofondasse. Ancora oggi si troverebbe quindi a reggere l'isola.
Una versione catanese della leggenda[2] vuole che il sovrano, interessato alla conoscenza
del mondo e delle curiosit fenomeniche, chiedesse a Colapesce di andare a vedere cosa
vi fosse al di sotto dell'Etna e farne testimonianza. Colapesce scese e raccont di aver
visto che sotto l'Isola vi fosse il fuoco e che esso alimentava il gigantesco vulcano.
Federico ne chiese una prova tangibile, cos il giovane disse che avrebbe fatto giungere al
suo re la prova che desiderava, ma che sarebbe morto nel fargliela pervenire. Colapesce

si tuff con un pezzo di legno per non fare pi ritorno, mentre il legno - che notoriamente
galleggia - torn in superficie bruciato.
Riferimenti[modifica | modifica sorgente]

La fontana delle 99 cannelle in L'Aquila pare contenere un riferimento alla leggenda. Uno
dei novantanove mascheroni che la caratterizzano rappresenta infatti un uomo con la testa
di pesce, probabilmente un richiamo a Colapesce; tra l'altro il mascherone l'unico posto
in angolo, posizione dalla quale "controlla" l'intero monumento[3].
Molti cantanti e cantastorie hanno dedicato loro opere a questo personaggio. Fra questi vi
sono Otello Profazio, cantante folcloristico calabrese, autore della
canzone Colapesce, Tobia Rinaldo, siciliano, che assieme al gruppo musicale folk I
Cariddi ha inciso "La leggenda di Colapesce", e il gruppo vocale campano dei Baraonna,
autore della canzone "Cola".
Inoltre alla leggenda di Colapesce, si ispira anche l'omonimo progetto musicale solista del
cantautore siciliano Lorenzo Urciullo[4].

Libro del Cinquecento


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Il Libro del Cinquecento (in siciliano Libru do cincucentu) un leggendario libro che sarebbe
custodito a Ficarra. La leggenda narra che si trattava di un libro di magia che conteneva
delle formule che consentivano di superare tutti i problemi. Attraverso un linguaggio oscuro, il libro
aiutava ad evocare degli spiriti, che solitamente aiutavano il proprietario del libro. In certi casi
venivano risvegliati dei diavoli che creavano non pochi problemi a chi li aveva evocati.

Madonna di Conadomini
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La Madonna di Conadomini un'immagine sacra della Vergine Maria, raffigurata in una


tavola di buona scuola, forse anche bizantina, portata aCaltagirone nel 1225 dalla nobile
famiglia Campochiaro, esule da Lucca perch di parte guelfa.
Donata sul finire del XVI secolo alla Chiesa Madre dedicata all'Assunta, raffigurata
seduta, con in braccio il Bambino Ges ed avvolta in un manto trapunto di stelle; veniva
esposta, al posto del Cristo portacroce, al centro di un polittico detto "cona" (da cui la
denominazione Cona Domini), tutte le volte che gravi calamit, siccit, pestilenze,
carestie, affliggevano la comunit cittadina.

Celebrazioni antiche[modifica | modifica sorgente]

La devozione diffusasi nel tempo tra il popolo spinse il Senato a proclamare, nel luglio
del 1644, la Madonna di Conadomini compatrona principale della citt, deliberazione che
ne accrebbe viepi il culto, tant' che la festa celebrata in suo onore alla fine di maggio
coinvolge da secoli tutta la citt ed in particolare il mondo agricolo, che per i benefici pi
volte ricevuti dalla sua implorata protezione le ha tributato l'appellativo di "Madonna del
pane". "Maggio a Maria" si legge su grandi striscioni stesi sui balconi che s'affacciano
sui carruggi, le viuzze dell'antico abitato. Cos ogni anno dal1750.
L'offerta dei doni della terra viene fatta al termine del cosiddetto "corteo della rusedda",
termine quest'ultimo riferito ad una pianta profumata, Cistus salvifolius, utilizzata in
passato dai ceramisti per i loro forni. In lunga processione, fasci di cisto raccolti nel bosco
di Santo Pietro venivano portati un tempo a dorso d'animali da soma alla chiesa della
Conadomini. Era una manifestazione di grande suggestione, aperta da sbandieratori, dal
"triunfu", un insieme di stendardi con l'immagine della Madonna, e da suonatori di
"brogne", conchiglie particolari dal suono strano e cupo.
Celebrazioni moderne[modifica | modifica sorgente]

In tempi pi recenti, il "corteo della rusedda" diventato solo nominale. Un lungo corteo di
mezzi agricoli meccanici, un centinaio e forse pi, addobbati di verde e di fiori, tra i quali la
"rusedda" ormai solamente un simbolo avendo lasciato il posto al grano e ad altri
prodotti dei campi, sfila per la citt fino al tempio della Vergine.
Del corteo fanno parte, oltre ai componenti della tradizione, gruppi folcloristici che in
costumi d'epoca recuperano di volta in volta avvenimenti storici o testimonianze di fede o
di devozione.
Seguono in chiesa i riti religiosi officiati dal vescovo della diocesi, in presenza delle
autorit cittadine accompagnate dal Corteo Senatorio in costumi del XVII secolo.
Per la festa della Madonna di Conadomini, la monumentale Scala di Santa Maria del
Monte unisce ai colori delle ceramiche delle alzate dei centoquarantadue gradini i colori
dell'Infiorata.
Marabbecca
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La marabbecca una creatura leggendaria che appartiene alla tradizione della Sicilia.
Quest'essere (il cui nome ha probabilmente origini arabe) vive nei pozzi e nelle cisterne, e
probabilmente stato inventato dalle madri siciliane per spaventare i figli e tenerli lontani
dai pericoli che un pozzoscoperto pu determinare.

Medicina popolare siciliana


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Medicina popolare siciliana

Autore Giuseppe Pitr


1 ed. originale 1896
Genere saggio
Sottogenere storia della medicina
Lingua originale italiano
Medicina popolare siciliana, opera di Giuseppe Pitr (Palermo, 21 dicembre 1841
Palermo, 10 aprile 1916), scrittore, letterato e antropologo italiano, una raccolta di
tradizioni, pensieri, gesti e opere della vita sanitaria siciliana, che rivela anche un certo
interesse nei confronti di un ambito prettamente medico. Il libro appartiene alla raccolta
"Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane".

Indice
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1 Il libro
1.1 Il medico siciliano
1.2 Anatomia
1.3 Patologia generale
2 Edizioni

Il libro[modifica | modifica sorgente]

Giuseppe Pitr, autore del libro, noto medico e letterato, ha raccolto con molta cura tutte le
fonti a sua disposizione e le ha riportate direttamente nel libro, evitando di effettuare anche
una involontaria selezione del materiale e di esprimere alcun giudizio personale e medico,
sulle abitudini e i rimedi che i cittadini siciliani erano soliti praticare nel corso di una
malattia. Come se si trattasse di un vero e proprio manuale di medicina, l'autore ha scelto
di suddividere il libro in diverse sezioni, ognuna riguardante un particolare argomento:

nella prima parte, infatti, dopo una breve prefazione, viene raffigurata la figura del medico
siciliano, cercando di far intendere, nel modo migliore possibile, cosa esso rappresenti per
i cittadini e cosa i cittadini rappresentino per lui. Proseguendo nella raccolta, l'autore si
soffermato sull'importanza che il cittadino siciliano attribuisce a materie, quali l'anatomia,
la fisiologia e l'igiene, come esso si comporti nei confronti di queste e quanto queste
stesse materie entrino a far parte della vita quotidiana dei cittadini. L'ultima parte del libro,
infine, si riferisce alla patologia generale, intendendo con questa la natura della malattia, il
saperla diagnosticare e le eventuali terapie che si possono adottare per sconfiggerla. Nel
testo possibile, inoltre, trovare filastrocche, proverbi e parole dialettali, per le quali viene
riportata con rigore la provenienza logistica e l'impiego terapeutico.
Il medico siciliano[modifica | modifica sorgente]

Secondo quanto afferma Pitr, nel suo libro, in Sicilia, in un certo senso, tutti hanno
l'abitudine di sentirsi un po' medici. Non c' persona che visitando un amico o un parente,
affetto da qualche malattia, non abbia da dire la sua, arrivando addirittura a criticare quella
particolare medicina o quel rimedio che il medico ha suggerito di adottare. E magari,
capita che il giudizio di un semplice amico risulti pi influente di quello del medicostesso;
cos, se la medicina stata considerata inutile magari ci si rivolge ad un erbaiolo, che
possa procurarne un'altra. Il medico, sostanzialmente, non riscuote molta ammirazione dal
popolo, n questo gli pone alcun tipo di fiducia: se un malato guarisce, infatti, per opera
di quel particolare santo a cui ci si rivolti, se invece muore, la responsabilit
del medico, che con i suoi rimedi, ha accelerato il corso della malattia. Non bisogna
trascurare, che in Sicilia, spesso le parole, le erbe, le pietre e addirittura gli animali
valgono per efficacia, pi di una normale medicina. C' per esempio un proverbio che
dice: C' tanti erbi all'ortu, ca risurgina l'omu mortu. Una delle convinzioni pi particolari,
tra tutte quelle analizzate, che spesso il malato era pi rassicurato da una persona
potente e conosciuta, che da un medico. C'era chi addirittura affermava di saper guarire
ferite, esclusivamente attraverso la sua saliva. Secondo la mentalit siciliana il
vero medico deve essere vecchio, il farmacista ricco e il barbiere (chirurgo) giovane.
Stranamente quest'ultimo che si occupa della maggior parte degli atti pratici,
come salassi, fratture, ascessi, lussazioni e malattie veneree. Non solo, ma il pi delle
volte accade, che il barbiere sia anche un medico, capace di compiere cose in cui spesso
il semplice medicofallisce. Burocraticamente parlando, per, il potere decisionale di
praticare salassi o particolari tipologie di intervento, spettava al medico e ilbarbiere, si
sarebbe dovuto preoccupare solo dell'esecuzione di tali cure. Per quanto concerne la vita
del medico, essa assumeva connotazioni diverse, in base a dove era vissuta: sembra che
il medico delle grandi citt fosse mal retribuito e che, invece, conducesse una vita migliore
il medicodi paese, probabilmente perch, in quest'ultimo caso, la paga di una visita non
era solo fatta di denaro, ma anche di cibo. Altro aspetto di rilievo, che denota la figura
del medico che egli spesso visto come una persona alla quale non bisogna
nascondere nulla, neanche una lite, un problema morale o di scarso significato: ad egli,
come al confessore, bisogna dire tutto. Un'altra figura importante in Sicilia, quella
dell'erbaiuolo, il quale con la sua lattata di mennule (latte di mandorla), il decotto di
malva e di orzo e tante altre bibite e medicine, rinfresca e purifica il sangue a moltissime
persone; egli, attraverso i suoi medicinali, offre rimedio a molte malattie, come la
blenorragia, curata attraverso la cannavusata o alcuni tipi di irritazioni. Un elemento
curioso che la stragrande maggioranza delle botteghe di erbaioli, in Sicilia, erano gestite
da donne.
Anatomia[modifica | modifica sorgente]

Sembra che in Sicilia, l'aspetto anatomico sia molto importante, indice di numerose
informazioni che possono identificare una persona. Secondo il popolo l'uomo e la donna,

oltre che per il sesso, differiscono anche perch la donna ha una costola in meno (quella
con la quale stata creata), e non possiede il pomo di Adamo, segno della trasgressione
di questi, che aveva ingerito il frutto proibito. Le ossa vengono associate all'idea di forza e
vigore; la statura gioca un ruolo importante nella societ: chi alto considerato senza
valore, incapace di compiere qualsiasi cosa: difficili trovuri un longu spertu e un curtu
minchiuni"; d'altra parte, le cattive qualit spesso sono presenti nelle persone di bassa
statura: curtu, malu cavatu (corto, mal formato). Anche la corporatura importante
nell'immaginario collettivo, (la pinguedine, infatti, indice di scarso ingegno e di volgarit).
Addirittura attraverso il colorito di una persona possibile esprimere giudizi: una donna
troppo chiara di carnagione insensibile e non disposta all'amore, un uomo troppo chiaro
debole di corpo e di spirito, scarso di propositi; chi suda molto un grande lavoratore e
chi possiede molti peli, sia sulle braccia che sul viso considerato un tipo virile e
avventuroso; chi ha una testa grande intelligente, viceversa chi ce l'ha piccola ingenuo
e stupido. I nei sono testimonianza di bellezza, cos come i "disii" (voglie), cio macchie
sulla pelle che nascono, secondo il volgo, da un forte desiderio della madre durante
la gravidanza; l'occhio l'organo per eccellenza del nostro corpo, jucarisi l'occhi (giocarsi
gli occhi) vuol dire appunto giocarsi tutto; gli occhi piccoli indicano furbizia; cos come il
prurito dell'occhio destro indica amore violento, quello dell'occhio sinistro, amore stanco.
Se fischia l'orecchio destro indica che qualcuno parla male di noi, se l'orecchio sinistro,
che qualcun ci sta lodando. Chi ha un grosso naso indovina le cose e conosce bene le
persone; il muso indica il nostro stato d'animo e le labbra troppo rosse, sono indice di
sensualit; chi possiede denti grossi uno che si fa rispettare, chi non ha buoni denti
un bugiardo e cialtrone; chi ha un collo corto ipocrita. La mano piccola indica vita lunga,
quella grande vita breve. Il fegato, che non un organo molto conosciuto dal popolo,
associato all'idea di ira e nervosismo; chi starnutisce durante una malattia sulla via della
guarigione, chi lo fa in buona salute sta per ammalarsi; chi ride spesso sciocco, chi non
ride mai, invece, pu essere pericoloso; il cuore l'organo del coraggio e dell'amore, chi
coraggioso possiede un grande cuore. Si pensa che i vizi o le virt si possano trasmettere
di generazione in genereazine, se una donna onesta, la famiglia sar altrettanto.
Patologia generale[modifica | modifica sorgente]

La maggior parte delle malattie, secondo il cittadino siciliano, provocata da irritazione e


la bocca ne la principale manifestazione. Subito dopo, i mali sono causati da reuma
e nervi e, infine, dall'aria che inspiriamo. Le epidemie sono causate proprio da aria cattiva:
se un ammalato muore per un'epidemia usanza comune bruciarne i vestiti e tutti i suoi
oggetti. Qualunque malessere sia legato allo stomaco, questo causato da acidit. Un
particolare tipo di patologia, se cos pu essere definita, la jettatura: chi ne colpito ha
scarsissime probabilit di guarigione. Spesso la natura di alcune malattie ancora
attribuita al cattivo sangue ed agli umori in generale. Un aspetto interessante che si rivela
quello diagnostico: la diagnosiinfatti, viene effettuata solitamente attraverso l'analisi dei
fluidi dell'organismo: sangue ed urina, se questa chiara indizio di salute, altrimenti
dimalattia. Anche il sudore un indizio che il medico non trascura, se una malattia
accompagnata da febbre e sudore, questo un segno positivo. La salute di una persona,
non del tutto affidata ai medici: a Naso ad esempio, i parenti dell'ammalato fanno visita
al pozzo della chiesa della Madonnuzza: se il pozzo presenta delle goccioline attaccate
alla superficie, il malato guarir, altrimenti no. Alcuni si affidano al colore di un cavolo
bollito, se questo risultasse giallognolo la prognosi sarebbe grave. Un buon presagio ,
poi, lo starnuto, che indica che i mali escono dall'organismo. interessante, infine,
riportare alcune cure praticate dal popolo: il morso di una vespa si cura applicando una
lama alla ferita; il morso di un ragno si cura adagiando il ragno ucciso sulla parte lesa; chi
soffre di itterizia deve odorare fiori gialli di una zucca; contro il prurito dell'orticaria si

applica un cordone di lana attorno alla vita; tutte le malattie difficili da diagnosticare o da
curare vanno contrastate applicando i salassi; quest'ultimo viene effettuato in sedi diverse
dell'organismo: se il dolore cardiaco si effettua sulla mano, se al fianco al piede, se
alla testa nella spalla.

Mercato di piazza Carlo Alberto


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Il mercato di Piazza Carlo Alberto (Fera 'o luni) antistante il Santuario della Madonna del Carmine a Catania

Il Mercato di piazza Carlo Alberto popolarmente chiamato Fera 'o Luni[1], cio fiera del
Lune o fiera del luned, assieme alla Pescheria, il mercato pi antico di Catania.
Storia[modifica | modifica sorgente]

Il nome verrebbe, secondo alcuni autori, dalla presenza di un tempio dedicato alla dea
romana Luna (Diana)[2] o - dato l'articolo al maschile - al dio assiro-babilonese Luni[3],
mentre popolarmente si diffuse la tradizione che il mercato fosse attivo soltanto il luned e
da qui il nome. Curiosamente Luni anche l'attuale nome di una colonia romana nota
come Luna dedotta nel 177 a.C., alle foci del fiume Magra. Per tale colonia si ipotizzata,
tra le altre, anche l'origine dalla radice lun, che indicherebbe un ambiente paludoso come
era appunto il territorio di Luni prima delle bonifiche romane. Nel caso della fiera di piazza
Carlo Alberto si potrebbe avere una simile radice etimologica, considerando la notoria
malaricit della piazza fino alle bonifiche del XX secolo e che a tutt'oggi non sono
infrequenti allagamenti della piazza stessa.
Tuttavia lo storico mercato del Lune aveva sede nel Medioevo nella piazza antistante la
facciata della regia cappella Santa Maria dell'Elemosina, ridottasi a seguito del piano di
ricostruzione post-sismica a seguito del terremoto del Val di Noto del 1693 a un ridotto
spiazzo stretto tra i palazzi barocchi, la fabbrica del Palazzo dell'Universit e l'abside della
medesima chiesa. La piazza era difatti chiamata Platea lo Foro o Foro Lunaris, e
anch'essa era soggetta a stagionali allagamenti dovuti alla presenza del fiume Amenano,
imbrigliato poi nel mulino Marletta, un tempo ubicato a sud della piazza, dov' ancora oggi
il palazzo omonimo. Ad ogni modo il mercato, dopo il detto sisma, cambi la sua
ubicazione e dallo spiazzo antistante la facciata della Regia Cappella, divenne
inizialmente il Piano degli Studj (Piazza dell'Universit)[4] per poi essere spostata
in piazza Carlo Alberto, dove tuttora ospitato.
La fiera che vi si svolge oggi settimanale, con la sola eccezione della domenica, ed ha
un vasto assortimento di prodotti: dalla gastronomia all'abbigliamento, dai casalinghi ai

prodotti etnici, fino all'ortofrutta e alla vendita di giocattoli. Il mercato negli ultimi decenni
diventato un vero crocevia internazionale, con commercianti - oltre che italiani - di
origine africana e cinese.

Miti di Siracusa
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Il territorio siracusano interessato da famosi miti.


Aretusa[modifica | modifica sorgente]

La Fonte Aretusa e il papiro

Il mito pi famoso di Siracusa quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide,
correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo che si innamor
perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui,
finch stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La Dea la avvolse in una
spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia.
Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo
dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si un all'amata fonte.
Ancora oggi il mito rivive nell'isola di Ortigia grazie alla cosiddetta Fonte Aretusa, uno
specchio di acqua che sfocia nel Porto Grande di Siracusa. La leggenda di Alfeo trae
origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in Grecia, e da una fonte di acqua dolce
(detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga nel Porto Grande di Siracusa a poca
distanza dalla Fonte Aretusa. Oggi il viale che costeggia la Fonte Aretusa si chiama
proprio Lungomare Alfeo.
Nello specchio d'acqua della Fonte Aretusa e lungo le rive del fiume Ciane (vedi sotto)
sono presenti gli unici papireti selvatici di tutta l'Europa. Il papiro cresce spontaneo solo
in Egitto.

Ciane e Anapo[modifica | modifica sorgente]

Il fiume Anapo

I fiumi Ciane e Anapo sono legati da una leggenda, che si ricollega al mito di Persefone e
del suo rapimento ad opera di Ade.
Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, era intenta
a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive del lago Pergusa (vicino ad Enna).
Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbuc fuori Ade, innamorato della fanciulla,
che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano
di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla.

Il fiume Ciane

Fu la ninfa Ciane a reagire al rapimento aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo


disperato di trattenerlo. Il Dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una
doppia sorgente dalle acque color turchino (cyanos in Greco vuol dire appunto turchino).
Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare
anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso si unisce nelle acque al
Ciane, per versasi nel Porto Grande.
Eracle[modifica | modifica sorgente]

Diodoro Siculo parlando del viaggio in Sicilia di Eracle racconta del suo arrivo a Siracusa,
in cui per onorare Persefone e Ciane sacrific un toro proprio alla fonte del fiume Ciane,
ordinando ai cittadini di compiere ogni anno lo stesso gesto. Probabilmente dietro questo
mito si nasconde l'antico ricordo di sacrifici umani compiuti presso la fonte.

Miti e leggende della Sicilia


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I molteplici miti e leggende della Sicilia nel corso dei secoli hanno influenzato la cultura e le
tradizioni dell'isola mediterranea[1]. Molti di essi nascono da racconti orali, favole, false
interpretazioni e invenzioni.

Indice
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eche

1 Leggende gr
1.1 Aretusa

1.2 Ciane e Anapo


1.3 Aci
1.4 Cariddi
1.5 Il ratto di Persefone
1.6 Polifemo
1.7 Cocalo
1.8 Etna
2 Leggende
2.1 Castagno dei Cento Cavalli
2.2 Colapesce
2.3 Fata Morgana
3 Truvaturi
3.1 Lu bancu di Disisa[5]
4 Note
5 Bibliografia
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni

Leggende greche[modifica | modifica sorgente]


Aretusa[modifica | modifica sorgente]

Il mito pi famoso di Siracusa quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide,
correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo che si innamor
perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui,
finch stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La Dea la avvolse in una
spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia.
Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo
dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si univa all'amata fonte.
La Fonte Aretusa ancor oggi una delle maggiori attrazioni turistiche dell'isola di Ortigia,
a Siracusa. La leggenda di Alfeo trae origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in
Grecia, e da una fonte di acqua dolce (detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga
nel Porto Grande di Siracusa a poca distanza dalla Fonte Aretusa.
Ciane e Anapo[modifica | modifica sorgente]

Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, era intenta
a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive dellago Pergusa (vicino ad Enna).
Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbuc fuori Ade, innamorato della fanciulla,
che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano
di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla.
Fu la ninfa Ciane a reagire al rapimento aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo

disperato di trattenerlo. Il dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una
doppia sorgente dalle acque color turchino (cyanos in Greco vuol dire appunto turchino).
Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare
anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso unisce le sue acque a
quelle del fiume Ciane, prima di sfociare insieme nel Porto Grande di Siracusa.
Aci[modifica | modifica sorgente]

Aci un personaggio della mitologia greca, figlio di Fauno e Simetide.


Secondo il mito, era un pastore bellissimo; di lui si innamor la ninfa Galatea, a sua volta
amata da Polifemo. Accecato dalla gelosia, il ciclopeschiacci sotto un masso il pastore. Il
suo sangue, confluito dalla roccia, fu trasformato dalla Galatea in un fiume, che fu
chiamato proprio Aci. Probabilmente il mito s'ispira al modo in cui il fiume sgorga dalla sua
sorgente[2].
Cariddi[modifica | modifica sorgente]

Cariddi nella mitologia greca era un mostro marino.


In principio, Cariddi era una donna, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa
per la sua voracit. Un giorno rub ad Eracle i buoi diGerione e ne mangi alcuni.
Allora Zeus la fulmin facendola cadere in mare, dove la mut in un mostro che formava
un vortice marino, capace di inghiottire le navi di passaggio.
La leggenda la situa presso uno dei due lati dello stretto di Messina, di fronte all'antro del
mostro Scilla.
Le navi che imboccavano lo stretto erano costrette a passare vicino ad uno dei due mostri.
In quel tratto di mare i vortici sono causati dall'incontro delle correnti marine, ma non sono
di entit rilevanti.
Secondo il mito, gli Argonauti riuscirono a scampare al pericolo, rappresentato dai due
mostri, perch guidati da Teti madre di Achille, una delleNereidi.
Il ratto di Persefone[modifica | modifica sorgente]

Il Ratto di Proserpina di Luca Giordano (Denis Mahon Collection).

Persefone, figlia di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, viene rapita da Ade,
dio degli inferi, che si era invaghito di lei, il quale emerge dall'oltretomba da una grotta
situata nel Lago di Pergusa nei pressi di Enna, dove secondo il mito Persefone era intenta
a cogliere fiori. Un giorno il dio ghermisce la fanciulla sul suo carro, mentre le fanciulle che
la accompagnavano cercano disperatamente di trattenerla. Persefone lotta, ma ormai i
cavalli stanno gi varcando le soglie del regno dei morti.[3]
La madre Demetra, udito il grido della figlia, la cerc affannosamente per nove giorni e
nove notti, facendosi luce con due pini accesi nel cratere dell'Etna. Infine, appreso da Elio
(il sole) del rapimento, decise di non salire pi in cielo finch non avesse riavuto la figlia.
In assenza di Demetra dal suo ruolo, la terra cominci ad essere sterile ed improduttiva.
Allora Zeus, preoccupato, dopo aver tentato invano di convincere Ade a restituire
Proserpina alla madre, attu un compromesso: Proserpina sarebbe rimasta con la madre

per otto mesi dell'anno (quelli in cui la terra fiorisce e dona agli uomini tutte le sue
ricchezze) e con Ade per gli altri quattro mesi (quelli invernali, quando la dea Demetra
triste e la terra spoglia ed improduttiva).
Polifemo[modifica | modifica sorgente]

Riguardo Polifemo vi sono due miti, l'uno descritto da Omero, per cui Polifemo un
semiumano gigantesco con un solo grande occhio al centro della fronte, che alleva pecore
e si nutre di formaggio e, occasionalmente, di uomini. Egli vive in Sicilia dove vi
sbarca Ulisse. Egli e i suoi compagni di viaggio vengono catturati dal gigante che ne
mangia tre. Dopo un periodo di permanenza in prigionia Odisseo prepara una trappola.
Innanzi tutto offre al Ciclope del vino, che ringraziandolo, prima di crollare nel sonno, gli
chiede il suo nome. Lui afferma di chiamarsi Nessuno. Poi lo acceca con un tronco
appuntito ed arroventato nel fuoco. In seguito, scappa coi compagni con un abile
stratagemma: ognuno si aggrappa sotto il vello di una pecora e, quando Polifemo apre la
grotta per fare uscire le pecore a pascolare, gli eroi escono con loro. Quando Ulisse,
fuggendo con la sua nave, rivela al ciclope la sua vera identit, questi scaglia, senza
successo, verso di lui degli enormi massi, identificabili con gli Scogli dei Ciclopi che
caratterizzano la costa di Acitrezza.
L'altro mito descritto nelle Metamorfosi di Ovidio, legato ad "Aci e Galatea". Il primo un
pastore siciliano, la seconda una Nereide. Lei ama lui ed contraccambiata. Ma si
inserisce nella storia il ciclope Polifemo, che ama anch'esso la ninfa. Cos l'"intralciatore"
uccide con un grande masso Aci.
La nascita del mito di Polifemo, il gigante con un solo occhio, probabilmente da
ricollegarsi allo stesso vulcano Etna, con il suo grande cratere centrale.
Cocalo[modifica | modifica sorgente]

Cocalo il figlio del ciclope Briareo, re dei Sicani.


Secondo il mito Dedalo fuggito da Creta assieme al figlio Icaro, si rifugi presso Cocalo
che gli fece costruire Camico, citt imprendibile dove Dedalo visse. Ma Minosse venuto a
conoscenza dellarrivo di Dedalo in Sicilia, salp verso lisola, ma non riusc ad evitare le
insidie di Cocalo, che prima lo fece mangiare poi lo invit a fare un bagno con le tre figlie
che lo affogarono.
Etna[modifica | modifica sorgente]

Etna il nome di una dea della mitologia greca.


Era considerata figlia di Urano e Gea. Il drago Tifone, si supponeva, viveva nelle viscere
dell'omonimo vulcano e ne causava le distruttive eruzioni.
La Sicilia, terra di vulcani e frumento, era causa di dispute tra Efesto e Demetra, divinit
rispettivamente del fuoco e delle messi. Etna fece daarbitro.
Leggende[modifica | modifica sorgente]
Castagno dei Cento Cavalli[modifica | modifica sorgente]

Si narra che una Regina, con al seguito cento cavalieri e dame fu sorpresa da
un temporale, durante una battuta di caccia, nelle vicinanze dell'albero e proprio sotto i
rami trov riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continu fino a sera, cos la
regina pass sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o pi
amanti fra i cavalieri al suo seguito.
Non si sa bene quale possa essere la regina, secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna
d'Aragona, secondo altri Giovanna I d'Angi ed cos che la leggenda verr collegata
all'insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Ma tutto, molto probabilmente, frutto della
semplice fantasia popolare. Ad esempio la regina Giovanna d'Angi, pur essendo nota per

una certa dissolutezza nelle relazioni amorose, quasi certo che non fu mai in Sicilia.
Colapesce[modifica | modifica sorgente]

Per approfondire, vedi Leggenda di Colapesce.


La leggenda narra di un certo Nicola con il diminutivo di "Cola" di Messina, figlio di un
pescatore, soprannominato Colapesce per la sua abilit di muoversi in acqua.
Quando torna dalle sue numerose immersioni in mare racconta le meraviglie che vede, e
addirittura una volta porta un tesoro.
La sua fama arriva al re di Sicilia ed imperatore Federico II che decide di metterlo alla
prova.
Il re e la sua corte si recano pertanto al largo a bordo di un'imbarcazione. Per prima cosa
butta in acqua una coppa, e subito Colapesce la recupera.
Il re getta allora la sua corona in un luogo pi profondo, e Colapesce riesce nuovamente
nell'impresa.
Per la terza volta il re mette alla prova Nicola gettando un anello in un posto ancora pi
profondo, ma passa il tempo e Colapesce non riemerge pi.
Secondo la leggenda, scendendo ancora pi in profondit Colapesce aveva visto che la
Sicilia posava su tre colonne delle quali una corrosa, ed aveva deciso di restare
sott'acqua, sorreggendo la colonna per evitare che l'isola sprofondasse e ancor oggi si
trova a reggere l'isola.
Fata Morgana[modifica | modifica sorgente]

Per approfondire, vedi Fata Morgana (mitologia).


Una leggenda ampiamente diffusa in tutta l'area dello Stretto narra che durante le
invasioni barbariche in agosto, mentre il cielo e il mare erano senza un alito di vento, e
una leggera nebbiolina velava l'orizzonte, un'orda di conquistatori dopo avere attraversato
tutta la penisola giunse alle rive della citt di Reggio e si trov davanti allo stretto che
divide la Calabria dalla Sicilia. A pochi chilometri sull'altra sponda sorgeva un'isola - la
Sicilia - con un gran monte fumante - l'Etna - ed il Re barbaro si domandava come fare a
raggiungerla trovandosi sprovvisto di imbarcazioni, quindi impotente davanti al mare.
All'improvviso apparve una donna molto bella, che offr l'isola al conquistatore, e con un
cenno la fece apparire a due passi da lui. Guardando nell'acqua egli vedeva nitidi, i monti,
le spiagge, le vie di campagna e le navi nel porto come se potesse toccarli con le mani.
Esultando il Re barbaro balz gi da cavallo e si gett in acqua, sicuro di poter
raggiungere l'isola con un paio di bracciate, ma l'incanto si ruppe e il Re affog
miseramente. Tutto infatti era un miraggio, un gioco di luce della bella e sconosciuta
donna, che altri non era se non la Fata Morgana[4].
Truvaturi[modifica | modifica sorgente]

Per Truvaturi si intendono i tesori nascosti che, al pari della magica grotta di Aladino, con
una formula magica, un evento raro o una particolare attivit rituale e spesso insensata,
apparivano magicamente agli occhi dei pastori o dei viandanti fortunati, per poi sparire nel
nulla in tempi molto brevi. Le truvature quindi conoscono diverse varianti a seconda della
zona di pertinenza.
Lu bancu di Disisa[5][modifica | modifica sorgente]

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Unantica leggenda araba narra che in una grotta presso il Feudo Disisa, nei pressi di
Gris, frazione del territorio di Monreale, siano custoditi tesori immensi che potrebbero fare

ricca lintera Sicilia e che formano Lu bancu di Disisa.


Raccontano gli antichi che c una enorme quantit di danari, monete doro e dargento, e
le persone che si avventurano dentro la grotta restano a bocca spalancata per quello che
vedono: tutto un luccichio doro e di brillanti disseminati a terra preziosi oggetti
ammucchiati qua e l.
Alcuni spiriti in sembianze umane giocano alle bocce, ai dadi o a carte seduti in monete di
purissimo oro o su gioielli di pietre preziose. Il tesoro non custodito ma chi volendo
provare a portarlo via, ha preso alcune monete doro e non riuscito a trovare luscita
della grotta fin quando non ha lasciato lultima moneta dentro la grotta.
Qualcuno ha preso il capriccio di far inghiottire ad un cane una moneta di queste, dentro
una mollica di pane, e questo cane non potuto uscire fin quando non andato di corpo
ed ha espulso pure la moneta. Per sbancare questo gran Banco di Disisa, dicono gli
antichi, che ci vogliono tre persone di nome Santi Turrisi di tre angoli del regno, dopo
prendere una giumenta bianca, ammazzarla e togliergli le interiora. Queste se le devono
mangiare a frittella l dentro, poi si ammazzano i tre Santi Turrisi ed il banco si sbanca.

Mustica
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Mustica infiochettata con basilico durante le celebrazioni negli anni '80

La mustica o mustichedda (in lingua siciliana) un contenitore di creta gialla a forma


danforaalta circa 18 cm, a bocca stretta o larga, a seconda se utilizzato da un bambino o
bambina.
Tradizione[modifica | modifica sorgente]

La Mustica viene utilizzata durante le celebrazioni della vigilia dell'Assunzione di Maria in

Cielo aLentini ed Agnone Bagni. Nella tradizione lentinese viene riempita di acqua ed
infiocchettata conbasilico fresco; il bambino o bambina la usa per inzupparvi dentro
del pane e mangiarlo durante la celebrazione.
una tradizione cattolica, in quanto il 14 agosto, vigilia dell'Assunzione, si doveva
osservare ildigiuno. La tradizione nata dal fatto che con questo metodo si abituavano i
bambini a digiunare e a rispettare il volere della Chiesa. Oggi ne rimasta solo una
tradizione che fa riunire i ragazzini insieme agli adulti, ognuno con la propria mustica, a
mangiare del pane inzuppato nellacqua.
Simbologia[modifica | modifica sorgente]

Acqua: purezza
Pane: grazia

Ottobrata zafferanese
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Ottobrata zafferanese

Una panoramica di Piazza Umberto.

Tipo di festa Sagra


Periodo Tutte le domeniche di ottobre
Celebrata in
Italia
Celebrata a

Zafferana Etnea (CT)


Feste correlate Sagre dell'uva, del miele, delle mele, dei funghi e delle castagne
Tradizioni culinarie Piatti tipici della tradizione culinaria siciliana locale
Data d'istituzione 1978
Questo box: vedi disc. mod.

L'Ottobrata zafferanese un importante evento fieristico-culturale che si svolge tutte le


domeniche del mese di ottobre nel centro storico di Zafferana Etnea (CT).
Nata alla fine degli anni settanta come una semplice mostra-mercato di prodotti tipici, si
nel tempo evoluta in direzione di una manifestazione complessa, ricca di diverse
sfaccettature, che ogni anno attira alcune centinaia di migliaia[1] di visitatori provenienti da
tutta la Sicilia e non solo.
L'Ottobrata suddivisa in quattro o cinque sagre (a seconda del numero delle domeniche
nel mese di ottobre):

Sagra dell'uva
Sagra del miele
Sagra delle mele dell'Etna
Sagra dei funghi
Sagra delle castagne
Indiscussi protagonisti di ciascuna domenica sono i prodotti tipici della terra e i loro
derivati: l'uva, il vino, la mostarda, il miele, le mele e la frutta di stagione (fichi
d'India, melograni, noci,nocciole, castagne, pistacchi ecc.), i funghi porcini dell'Etna e le
altre variet, l'olio, le olive e le conserve sott'olio. Un ampio spazio dedicato ai prodotti
artigianali e il visitatore pu, lungo il percorso del centro storico, fermarsi ad osservare
gli antichi mestieri ormai in via di estinzione (scultori del legno e della pietra lavica, pittori
di sponde di carretti siciliani, ricamatrici, lavoratori del ferro battuto, pupari ecc.). La piazza
Umberto I ospita numerosi stand in cui possibile degustare i dolci tipici locali (gli sciatori,
le zeppole, le paste di mandorla, le foglie da t, etc.), i liquori, i vini, il miele, i torroni e la
frutta secca caramellata, i gelati al pistacchio e molte altre bont. Nella Villa Comunale,
sottostante la piazza, sono invece collocati gli stand che espongono e vendono salumi,
formaggi tipici siciliani e conserve alimentari.
Un grande spazio, quello dell'ex-campo sportivo comunale, adibito a settore
gastronomico in cui i visitatori possono gustare squisitissimi panini con la salsiccia e la
carne di maiale o di cavallo, melanzane, peperoni, funghi e olive condite, e dove si
esibiscono giovani musicisti emergenti in una rassegna Rock, il Live Startup. Uno spazio
riservato anche alle associazioni di volontariato e di solidariet sociale per l'informazione e
la raccolta di fondi a scopo umanitario.
L'Ottobrata Zafferanese integra l'esposizione dei prodotti tipici e la loro vendita a eventi
culturali molto importanti per tutto il comprensorio etneo, con convegni e dibattiti sui temi
inerenti alla tutela e al riconoscimento delle qualit dei prodotti locali, proiezione di
documentari sull'Etna e sul suo territorio, escursioni alla scoperta di luoghi affascinanti,
esibizione di gruppi musicali e di ballo, mostre fotografiche e tanto altro.
La manifestazione organizzata ogni anno da un apposito Comitato, con il patrocinio e la
collaborazione del Comune di Zafferana Etnea, dellaProvincia Regionale di Catania,
della Regione Siciliana, dell'Ente Parco dell'Etna, della Camera di Commercio di Catania,
delle Associazioni Terre dell'Etna e dell'Alcantara, Citt del Vulcano, Citt del Vino, Citt
del Miele, Produttori Mele dell'Etna, Strade del Vino dell'Etna.

Palio dei Normanni


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Il Palio dei Normanni una rappresentazione in costume di un fatto storico accaduto circa mille
anni fa. Si svolge tutti gli anni a Piazza Armerina(Enna) nei giorni 12, 13 e 14 agosto,
dal 1952 quando venne realizzata la prima edizione.

Indice
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1 Il fatto
2 Il Palio dei Normanni
3 Albo d'oro del Palio
4 Bibliografia
5 Collegamenti esterni

Il fatto[modifica | modifica sorgente]

La manifestazione rievoca un episodio storico ma non si certi che questo sia accaduto a Piazza
Armerina. Il figlio pi giovane del re normannoTancredi d'Altavilla, Conte Ruggero I di Sicilia,
venne in Italia e nel 1061 entr in Sicilia, per aiutare il fratello Roberto il Guiscardo, a liberare
la Siciliadai Saraceni. L'azione di Roberto era stata autorizzata dal Papa Niccol II nell'intento di
liberare il sud d'Italia dai Saraceni. Il papa, nel momento in cui avall l'impresa, diede a Ruggero
uno stendardo rappresentante una Madonna con Ges Bambino che, secondo la leggenda, il Conte
Ruggero don alla citt di Piazza Armerina per essere esposto nella Cattedrale.
Il Palio dei Normanni[modifica | modifica sorgente]

Il giorno 12 di agosto, si snoda un corteo in costume per le vie della citt, nel quale il Gran Maestro
(l'autorit massima del tempo nel governo della citt) reca una lampada votiva fino ai piedi
dellimmagine della Madonna delle Vittorie - patrona di Piazza Armerina - che si trova nella
cattedrale. Nel corso della funzione religiosa che si svolge in chiesa, vengono benedetti i cavalieri
delle antiche contrade della citt (Canali, Casalotto, Castellina e Monte) che il giorno 14
parteciperanno alla Giostra, detta anche Quintana.
Il giorno 13, dal centro dei quattro quartieri si dipartono i relativi cortei di figuranti in costume che
si dirigono al piazzale antistante la cattedrale dove avverr la rappresentazione dell'incontro con il
Conte Ruggero. Fra squilli di trombe e rullo di tamburi, si ha l'ingresso trionfale del Conte Ruggero,
al comando delle sue truppe. Qui il conte riceve l'omaggio del Gran Magistrato che gli porge, in
segno di omaggio, le chiavi della citt. Terminata la cerimonia, il corteo si ricompone e sfila per le
vie della citt tra la folla plaudente.
Il giorno 14, prende luogo il Palio vero e proprio presso lattuale campo sportivo della citt. Qui si
svolgono le gare cavalleresche che vedono destreggiarsi i cavalieri in costume, in rappresentanza
dei quattro quartieri storici della citt. La squadra che totalizzer il maggior punteggio vincer il
Palio e ricever in premio l'antica immagine della Madonna delle Vittorie, la cui effigie verr
esposta per tutto l'anno presso la chiesa parrocchiale del rione vincitore.
Il Palio si svolge in 4 prove:

La giostra del Saraceno

1 Prova: Colpire con la lancia da gara lo scudo del Saraceno


Ogni cavaliere giostrante dovr partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di
gara eseguendo un percorso prestabilito, dovr colpire con la lancia in resta preventivamente
inchiostrata il bersaglio posto sullo scudo del Saraceno (un "pupo"). Il punteggio attribuito varia in
base al punto colpito e va da 2 a 20 pt.

2 Prova: Colpire con la mazza da gara lo scudo del Saraceno


Ogni cavaliere giostrante dovr partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di
gara e, seguendo un percorso prestabilito, dovr colpire con una mazza di legno preventivamente
inchiostrata il bersaglio posto sullo scudo del Saraceno. Il punteggio realizzato ricavato
dallimpronta lasciata dalla mazza sul bersaglio e varia da 2 a 20 pt.
3 Prova: Centrare e prendere con la lancia da gara un anello posto sul Saraceno
Ogni cavaliere giostrante dovr partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di
gara e con la lancia in resta dovr centrare e prendere un anello (sul quale sono stati
preventivamente applicati dei nastrini colorati per facilitarne la localizzazione) posto sul braccio
destro del Saraceno. Il punteggio di 20 pt ricavato dalla presa dellanello.
4 Prova: Lanciare un giavellotto attraverso un anello posto su una forca
Ogni cavaliere giostrante dovr partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di
gara e dovr lanciare il giavellotto facendolo passare attraverso un anello di carta appeso ad una
forca posta a5 metri daltezza. Il punteggio realizzato (25 pt) si ottiene a confermata foratura
dell'anello. Dato l'elevato punteggio della prova, essa diventa spesso l'ago della bilancia dal quale
dipende il risultato finale del Palio.
Conclude la serata una sfilata con tutti i figuranti guidati dai cavalieri rappresentanti il quartiere
vincitore.
Albo d'oro del Palio[modifica | modifica sorgente]

A
n
n
o
1952
1954
1956
1958
1960
1961
1962
1963
1964
1965
1966
1967
1968
1969
1970
1971
1972
1973
1974
1975

Vincitor
e
Casalotto
Casalotto
Casalotto
Castellina
Castellina
Castellina
Casalotto
Monte
Castellina
Casalotto
Monte
Monte
Monte
Casalotto
Monte
Casalotto
Monte
Monte
Monte
Monte

A
n
n
o
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013

Vincitor
e

Canali
Casalotto
Casalotto
Casalotto
Monte
Casalotto
Monte
Monte
Monte
Casalotto
Casalotto
Castellina
Castellina
Castellina
Monte
Monte
Monte
Castellina
Monte
Casalotto
Monte
Casalotto
Canali
Castellina
Castellina
Castellina
Casalotto
Casalotto
Monte
Canali
Canali
Castellina
Casalotto
Castellina
Canali
Castellina
Monte
Monte

Vittorie Totali
Monte
21
Casalotto 18
Castellina 14
5
Canali

Peppe Nappa
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Peppe Nappa, o Beppe Nappa, una maschera siciliana della commedia dell'arte.
Beffardo, pigro ma capace di insospettabili salti e danze acrobatiche, goloso ed
insaziabile, ricopre abitualmente nelle trame il ruolo del servitore. Ama stare in cucina, o
ronzare intorno alla cucina, annusandone deliziato i profumi, e il cibo la sua passione.
Il costume composto da una casacca e dei calzoni azzurri, entrambi molto ampi e troppo
lunghi, ed un cappellino di feltro bianco o azzurro su una calotta bianca. Il suo nome
deriva da "nappa", "toppa" in siciliano[1]. la maschera simbolo del carnevale di Sciacca,
dove rappresentato su un carro allegorico fuori concorso, apre annualmente la sfilata
carnascialesca, diventando simbolicamente sindaco della citt durante i giorni di festa.

Pescheria di Catania
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La Pescheria (Piscara in lingua siciliana) l'antico mercato del pesce della citt
di Catania ed inserito nel percorso turistico per il contenuto difolclore che si respira
passando fra i banchi dei pescivendoli. Solo provando questa esperienza ci si pu rendere
conto di quanto pittoresco possa essere questo mercato che pu trovare confronto solo
nel gemello mercato della Vucciria di Palermo.
I banchi si trovano sotto il tunnel delle mura di Carlo V, in piazza Alonzo di Benedetto ed in
piazza Pardo. Il mercato sempre affollato ed il vocio dei venditori crea un sottofondo
da suk arabo.
Galleria[modifica | modifica sorgente]

La pescheria

La pescheria da piazza Alonzo di Benedetto.

La pescheria da piazza Alonzo di Benedetto, particolare della Galleria (1814).

La pescheria 2012

Pii fratres
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I Pii fratres erano due fratelli di Catania, Anfinomo ed Anapia (dal greco
antico e ), che durante un'eruzione dell'Etna, mentre gli altri abitanti si
preoccupavano solamente di salvare i loro beni, cercarono di salvare gli anziani genitori e
li posero sulle loro spalle.
La lava scendeva alle loro spalle e stavano per essere travolti quando il fiume di lava si
divise in due e cos, grazie ad un intervento degli dei, riuscirono a salvare se stessi e gli
anziani genitori.
L'episodio era ben noto nell'antichit come esempio di pietas, cio la devozione filiale. Era
considerato un vanto di Catania ed era spesso rappresentato in monete battute in questa
citt. Tale sentimento ispir la figura di Enea che trae in salvo il padre Anchise dalle
fiamme di Troia, nell'opera ad egli dedicata da Virgilio.


Una moneta in bronzo diKatane

Denario di Marcus Herennius. (108-107 a.C.)

Denario di Sesto Pompeo

Esiste anche un'altra moneta di Catania legata a questo episodio. Presenta al


diritto Dioniso ed al rovescio i pii fratres (Calciati 10; cfr SNG John Morcom Collection,
560 e SNG Fitzwilliam Musuem, 301).

Pizzicant
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Il Pizzicant un'usanza folkloristica prevalentemente diffusa nell'Italia meridionale nella quale


alcune persone si dispongono in modo tale da formare una torre umana.

Indice
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1 Riflessione

antropologica

2 Diffusione e denominazione
3 Note
4 Voci correlate

Riflessione antropologica[modifica | modifica sorgente]

Il Pizzic'Ant una creazione culturale materializzatrice del dominio della verticalit e del
sogno di superamento dei limiti delle antiche popolazioni dell'Italia del Sud.
Robusti giovani si tengono stretti con le braccia disponendosi in cerchio. Su di loro si
arrampicano altri giovani fino a formare una "Torre" la cui altezza varia da luogo a luogo.

Non appena raggiungono l'equilibrio, l'uno sulle spalle dell'altro, la "Torre" inizia a ruotare
su se stessa al ritmo di strofe che alludono al pericolo, sempre imminente, di un
capovolgimento sociale: nel continuo ruotare coloro che sono di sopra devono reggersi
stretti per non cadere, cos come chi di sotto deve reggere con forza chi sovrastante.
Diffusione e denominazione[modifica | modifica sorgente]

In Italia la costruzione di questa tradizione popolare presenta una geografia alquanto


diffusa: il canto ed il gioco sono conosciuti a Palermo con la denominazione di Vara di San
Caloriu, a Mazara del Vallo come Animaliu, a Napoli come Pizzicand o Le Piramidi.
In Basilicata le Torri erano costruite in ben 4 paesi: durante la Tredicina
di Sant'Antonio a Melfi (PZ) dove prendevano il nome di Scaricavascio, ad Irsina (MT)
dove si chiamano Pzzc'Ant e vengono costruite ancora oggi in onore della Madonna della
Piet, e la tradizione del Pizzicant stata recentemente rinnovata grazie al Festival
internazionale delle torri umane che si svolge nel comune lucano dal 2009[1],
a Ferrandina (MT) si allestivano in passato ancora in onore di Sant'Antonio[2], ed infine
a Brindisi Montagna (PZ) Mariand e pizzicand era un antico canto-gioco che si
realizzava nella piazza principale fino ai primi del novecento nel giorno dell'Annunciazione
(25 marzo)[3]. La presenza delle Torri di uomini si riscontra anche a Castellino del
Biferno (Pizzichend), nel Molise, sempre in occasione delle festivit di Sant'Antonio.
In Puglia, a Sannicandro di Bari (BA) per la vigilia della Madonna del Carmine (15 luglio),
si tiene il "Pizz'che'll" detto anche Abitino dei 4 Cantoni durante il quale i 4 cantoni del
paese (ognuno con la propria piramide su tre livelli) si sfidano su un percorso rettilineo. In
provincia di Foggia ad Apricena la torre umana veniva chiamata Giroll e la danza veniva
eseguita davanti ad altarini "i tuselli" la notte del 15 agosto a devozione della Madonna
dell'Assunta per l'abbondanza del raccolto. Infine, inCalabria, erano presenti
a Scalea (CS), durante il Carnevale. La derivazione delle torri di uomini da far risalire
alle Muixeranga e Castell catalane.

Processione dei misteri di Trapani


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La processione dei misteri si svolge a Trapani il Venerd Santo, da 400 anni. L'origine spagnola,
dalle antiche Casazas e, infatti, ha analogie importanti con le feste andaluse.
La processione composta da 20 gruppi sacri, ha inizio alle 14 del venerd santo, per
concludersi ventiquattro ore dopo. Viene considerata la pi lunga manifestazione religiosa
italiana dopo la Sagra di sant'Efisio che dura ben 4 giorni, e soprattutto una tra le pi
antiche. La processione che parte dalla Chiesa delle Anime del Purgatorio, percorre le
principali vie cittadine.

Indice
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1 Storia
2 I Gruppi sacri
2.1 Realizzazione

2.2 Decorazioni
2.3 Restauri
3 Confraternita di San Michele
4 Maestranze
4.1 Unione Maestranze
5 Elenco 20 gruppi sacri e maestranze
6 Collegamenti esterni
6.1 Foto e immagini

Storia[modifica | modifica sorgente]

Fu la Confraternita del Preziosissimo Sangue (oggi Confraternita di San Michele) che nei
primi anni del XV secolo provvide alla costruzione dei primi gruppi statuari, affidando tale
incarico agli artisti trapanesi. Dal 1539 al 1582 la Confraternita di San Michele ebbe sede
nell'edificio annesso alla chiesa di San Michele, sino a quando non dovette cedere, su
decisone del Senato, tale edificio ai padri Gesuiti che erano giunti a Trapani nel1561. La
data di costruzione dei gruppi non certa, quello che si conosce invece la data del pi
antico atto di concessione: il 20 aprile 1612, quando si affid ai poveri jurnateri il gruppo
dell'Ascesa al Calvario. In verit, gi nel 1612 alcuni gruppi erano presenti nella
processione e lo testimoniano le scritture notarili "inter alia misteria" e proprio nel 1612
stato ultimata la costruzione di questo mistere e si stava realizzando quello detto della
"presa o cattura di Cristo". I gruppi furono affidati fin dall'inizio alla "Maestranze".
La rappresentazione scenografica dei Misteri ambientata pi nell'epoca medievale che ai
tempi dell'occupazione romana della Palestina. Si possono notare soldati dalla divisa
spagnoleggiante o elmi sostituiti da immaginari pennacchi, per non dir poi che spesso i
volti di alcuni personaggi (come il giudeo della Spogliazione) altro non erano che
raffigurazioni di uomini dell'epoca (nel caso specifico, sembra che il giudeo fosse
talSetticarini, l'aiutante del boia allora presente a Trapani).
Dal 1950 si inizi a coprire i cavalletti con un sontuoso mantello nero (a' manta), sul quale
impresso il nome del ceto di appartenenza. Oggi i gruppi sono custoditi durante l'anno
nella Chiesa delle Anime del Purgatorio.
I Gruppi sacri[modifica | modifica sorgente]

uno dei gruppi della Processione dei Misteri

I Misteri sono la rappresentazione artistica della morte e passione di Cristo, in totale sono
20 gruppi sacri, di cui due simulacri di Ges Morto e di Maria Addolorata. Furono concessi
in affidamento, tramite atti notarili, dallaConfraternita di San Michele Arcangelo che istitu il
rito alle maestranze locali con l'impegno di curarne l'uscita in processione.
La tecnica di realizzazione delle statue, iniziata da Giovanni Matera, consiste nello scolpire

nel legno i volti, le mani ed i piedi, cos come di legno lo scheletro. Sono internamente
sostenuti da ossature in sughero, sui quali si modellavano gli abiti grazie al fatto che la
stoffa, precedentemente immersa in una mistura di colla e gesso, permetteva una
maggiore naturalezza degli abiti e, maggiore plasticit espressiva, secondo una tecnica
tipicamente trapanese, detta carcht. In tal modo nei drappeggi dei vestiti vennero
realizzate quelle pieghe che si plasmavano alla diversit della scena rappresentata e
rendevano ogni figura diversa dall'altra.
Per la realizzazione di questi gruppi non ci si ispir all'iconografia classica, ma ad episodi
citati nei sacri testi o nei vangeli apocrifi ed aggiungendo anche delle personali
interpretazioni, e gli artisti trapanesi seppero dare a questi gruppi una dinamicit
rappresentativa unica nel vasto panorama delle sacre rappresentazioni.
Le statue sono fissate ad una base lignea detta vara, con un procedimento particolare, al
fine di consentire una certa oscillazione durante il trasporto, tale da esprimere una scenica
rappresentativit al gruppo.
Realizzazione[modifica | modifica sorgente]

Le pi antiche vare sono state intagliate dagli artigiani trapanesi con le raffigurazioni
di putti, simboli del ceto di appartenenza o vedute di Trapani.
La vara appoggia su cavalletti di legno e quest'ultimi sostituirono le forcelle. Infatti nei primi
anni della processione, quando i gruppi dovevano effettuare delle soste, appoggiavano
proprio sulle forcelle che sostenevano l'intero peso. Tuttavia, questa soluzione presentava
molte difficolt ed erano frequenti rovinose cadute dell'intero gruppo. Si pens pertanto di
sostituirle con i cavalletti che, se hanno aumentato il peso dell'intero gruppo, hanno
tuttavia permesso una maggiore sicurezza nel trasporto. Le antiche forcelle sono ancora
oggi presenti nella Processione dei Misteri di Erice, dove le dimensioni e il peso dei gruppi
sono di gran lunga inferiori a quelli del capoluogo.
Decorazioni[modifica | modifica sorgente]

Si tratta, prevalentemente, di opere realizzate in argento, anche se non mancano


decorazioni in oro e in corallo.
Furono commissionati sin dai primordi della processione, quando venne affidato alle
Maestranze la cura dei gruppi per la rappresentazione del Venerd Santo. Ad eseguire i
preziosi oggetti vennero chiamati i pi noti maestri argentieri trapanesi: Michele
Tamborello, Ottavio Martinez, Giuseppe Piazza o Giovanni Porrata, Vito o Vincenzo Parisi,
Giacomo o Giovanni Caltagirone, Giacomo o Giuseppe Costadura, Baldassare Indelicato
e tanti altri.
Gli argenti ed i preziosi, nei restanti giorni dell'anno, vengono custoditi a cura del capoconsole di ogni singolo gruppo e soltanto qualche giorno prima lucidati, seguendo un
rituale dei componenti del ceto.
generalmente uno dei consoli a "vestire" il gruppo. La "vestizione" segna infatti uno dei
momenti clou della preparazione dei gruppi e precede o si svolge quasi in contemporanea
con un altro momento significativo, quello dell'addobbo floreale.
Di notevole valore storico e artistico sono gli "abitini". Si tratta di una riproduzione in
argento del gruppo che i componenti la maestranza indossano legandola al collo con una
cordicella; malgrado l'antica processione delle maestranze in abito nero sia stata sostituita
da figuranti in costume, alcuni gruppi conservano ancora questa antica e suggestiva
tradizione.
In occasione della processione, oltre agli ornamenti veri e propri, su alcuni gruppi notiamo

delle medaglie. Si tratta delle premiazioni (ora soppresse) che intorno agli anni '60-'70
premiavano l'aspetto processionale e l'addobbo dei gruppi. Negli ultimi anni, alcune
categorie hanno posto dei cuori d'argento sulle statue di Cristo.
Restauri[modifica | modifica sorgente]

Molti dei gruppi, a causa dei danni patiti a seguito delle accidentali cadute dei portatori
(specialmente nel periodo precedente all'istituzione dei cavalletti) o per i danni
conseguenti ai bombardamenti alleati nella seconda guerra mondiale, hanno subito
modifiche o diversi interventi di restauro e, in alcuni casi, una totale ricostruzione. Furono
tanti trapanesi amanti della processione a far s che essa potesse risorgere dai danni, non
solo materiali, del conflitto mondiale.
Negli ultimi tempi si provveduto ad una pulitura delle superfici dei gruppi. Dopo tanti
anni, nei quali la polvere, il fumo delle candele e le pennellate di vernice avevano scurito le
colorite espressioni ed i drappeggi, si cos pervenuti ad una immagine nuova (ma in
realt originale) nella colorazione delle statue.
Confraternita di San Michele[modifica | modifica sorgente]

La Confraternita di San Michele era esistente a Trapani gi dal 1366. Nel 1602 i sacerdoti
Nicola Galluzzo e Giovanni Marquez istituiscono in Trapani la Confraternita del
Preziosissimo Sangue di Cristo, Societas Pretiosissimi Sanguinis Christi et Misteriorum. I
"Bianchi" confrati di San Michele trovano ospitalit presso la chiesa di S. Spirito, dove
aveva sede la Confraternita del Preziosissimo Sangue, detta dei "Rossi" (la Compagnia
dei Rossi non da intendersi come Confraternita del Preziosissimo Sangue, in quanto
estranea sia nell'intento devozionale che nella sua costituzione afferente all'arcipretura
della chiesa di San Pietro), e cos nel 1592 inizia la collaborazione tra i due sodalizi. Nel
gennaio 1643, con decreto del Cardinale Giovanni Domenico Spinola, vescovo di Mazara,
la Confraternita di San Michele stata trasformata in "Compagnia" nel tentativo di
riportarla all'antico vigore ed ai suoi compiti istituzionali. Il 26 febbraio 1646 con atto rogato
dal Notaio Antonio Valentino viene sancita la fusione dei due sodalizi nella Compagnia del
Sangue Preziosissimo e del Divino Michele Arcangelo. Il nuovo sodalizio assorb i colori
delle due precedenti confraternite, tale che esso avrebbe portato la casacca rossa ed il
cappuccio bianco, l'emblema delle Cinque Piaghe sul petto, le scarpe rosse e lo stendardo
con le scritte S.P.Q.R e Quis ut Deus, epigrafe impressa nello scudo della statua in marmo
di San Michele.
Tra gli scopi della Compagnia vi era quello della raccolta delle elemosine per le giovani
orfane; si occupava altres dell'esposizione del Santissimo e organizzava la processione di
San Michele ed il giorno di Pasqua conduceva la statua del "Cristo Morto". Nel 1778, la
Compagnia del Sangue Preziosissimo e del Divino Michele Arcangelo, sub una scissione
ed un gruppo di confrati rifond l'antica Societ che rimase operante sino al 1803. La
Confraternita organizz le scinnute ovvero discese (oggi funzione religiosa che contempla
il Mistero Gaudioso nel periodo Quaresimale, originariamente Scinnuta in quanto i gruppi
erano posti dentro delle nicchie e venivano discesi per le funzioni religiose) sino al 1812,
ma le difficolt economiche costrinsero ad abbandonare tale incarico, essa allora dovette
pian piano cedere alle Maestranze cittadine la cura e l'uscita dei gruppi, ma rimane ancora
oggi la sola proprietaria dei Sacri gruppi che sono stati affidati ma non ceduti alle
maestranze. Con il passare degli anni diminu il peso della Confraternita e soltanto il 26
dicembre 1974 venne "rifondata" con l'approvazione del nuovo statuto da parte del
vescovo Mons. Ricceri, da quell'anno riprese il suo posto alla testa della Processione
rinunciando all'emblema cucito sul petto che significava l'unione delle due confraternite e
al tempo stesso ripresero le dispute con le maestranze sulla propriet dei gruppi. In
occasione dell'edizione 1999, la Confraternita non ha aperto il sacro rito. Su decisione del

vescovo di Trapani Mons. Francesco Miccich essa stata "congelata".


Maestranze[modifica | modifica sorgente]

Le Maestranze (termine etimologico "moltitudine di mastri" ovvero "Maestri d'arti manuali")


fanno parte della processione fin dallinizio (1612, primo atto notarile che ne testimonia
lesistenza), da quando la Confraternita di San Michele Arcangelo affid alle singole
categorie con degli atti di concessione la cura dei Gruppi Sacri in occasione del Venerd
Santo di Trapani.
Le Maestranze avevano l'obbligo di partecipare alla Processione sotto la diretta
partecipazione o supervisione del Senato grazie al quale, come afferma Burgio, la
processione raggiunse "tale stato di bellezza e di convenienza che gi si rende
l'ammirazione degli esteri e il compiacimento dei paesani". Attorno all'800 non furono pi
le maestranze a portare in spalla il Gruppo come tradizione e devozione voleva, ma
affidarono questo oneroso compito ai Massari.
A ciascuna di esse si concesse in uso un "mistere" mediante la stipula di atti notarili
rogati fra il 1612 (da notare l'antichissima data vicinissima all'inizio) e il 1782, nel cui
contenuto emergeva il diritto-dovere di condurre il proprio gruppo in processione, di
abbellirlo a proprio "piacimento", di intervenire loro stesse alla suddetta ecc., il che era
veramente importante come dimostra il bando promulgato dal Senato di Trapani il 10
aprile 1727riportato integralmente (il primo bando del senato trapanese risale al 1696):
Bando e comandamento dell'illustrissimo Senato di questa invittissima e fedelissima citt di
Trapani, per il quale si ordina, provvede e comanda che ogni Mastro di qualsivoglia Maestranza e
professione che ha Misteri, che l11 del corrente mese di aprile, habbiano e debbiano ed ognuno di
loro habbia e debbia, ad hore venti di detto giorno ritrovarsi nella venerabile chiesa di S. Michele ed
ivi ogni uno intervenire per ai loro Misteri, quelli non lasciar per strada, per insino che detti Misteri
ritornino nella chiesa sotto pena di onze due tanto quelli che lasciranno il loro Mistero per strada, da
applicarsi una terza parte del venerabile e l'altre terze parti ad arbitrio dell'illustrissimo Senato e se
qualche maestro fosse legittimamente impedito habbia e debbia manifestare a detto illustrissimo
Senato riconosciuta la causa, si li dia la licenza in scriptis, alia facendosi il contrario siano incorsi
nella medesima pena di onze due da applicarsi. Si comanda di pi che tutti li deputati, delle suddette
arti e professioni habbiano e debbiano e ognuno habbia e debbia fra le medesime pene portare nota
distintamente a detto illustrissimo Senato di tutte quelle persone che non interverranno in detta
processione, per potersi esigere da li detti contravventori le suddette onze due per ognuno di loro.
Exparte illustrissimi
Con la scomparsa delle Corporazioni artigiane i ceti (categorie, mestieri) succedettero alla
cura.
Unione Maestranze[modifica | modifica sorgente]

L'Unione delle Maestranze un'associazione, costituita il 27 giugno 1974, che raggruppa


le Maestranze (Ceti, Mestieri o Categorie) appartenenti alla Processione dei Misteri di
Trapani tutelati da uno statuto. L'Unione Maestranze ha potuto, grazie alla struttura
associativa, gestire i contributi erogati dagli enti pubblici, regionali e privati. Negli anni
infatti furono proprio le maestranze a custodire, abbellire e far ricostruire alcuni Gruppi
Sacri donando argenti e ori da porre come vestimento. Essa composta di un Consiglio
direttivo, un'Assemblea, un collegio dei Sindaci, un collegio dei Probiviri e da dei
componenti Onorari. Il Consiglio direttivo composto da un presidente, un vice presidente,
tesoriere e due consiglieri. L'Assemblea (ha il potere decisionale) prevalentemente
composta da tutti i Capi Consoli (presidenti delle singole Maestranze) di ogni ceto e i
componenti onorari dell'Unione Maestranze. Il collegio dei Probiviri l'organo di controllo e
vigilanza che garantisce l'ordine in seno ai componenti dell'Unione una sorta di organo di

sicurezza che tutela gli associati. Il collegio dei Sindaci l'organo di controllo e vigilanza
Amministrativo e Costituzionale.
Elenco 20 gruppi sacri e maestranze[modifica | modifica sorgente]
1. La Separazione (o Licenza) a cura del ceto degli Orefici
2. La Lavanda dei piedi a cura del ceto dei Pescatori
3. Ges nell'orto dei Getsemani a cura del ceto degli Ortolani
4. L'arresto a cura del ceto dei Metallurgici
5. Caduta al Cedron a cura del ceto dei Naviganti
6. Ges dinanzi ad Hanna a cura del ceto dei Fruttivendoli
7. La Negazione a cura del ceto dei Barbieri e Parrucchieri
8. Ges dinanzi ad Erode a cura del ceto dei Pescivendoli
9. La Flagellazione a cura del ceto dei Muratori e scalpellini
10.L'incoronazione di spine a cura del ceto dei Fornai
11.Ecce Homo! a cura del ceto dei Calzolai
12.La Sentenza a cura del ceto dei Macellai
13.L'ascesa al calvario a cura del ceto del Popolo
14.La Spogliazione a cura del ceto Tessili e abbigliamento
15.La sollevazione della Croce a cura del ceto dei Falegnami
16.Ferita al costato a cura del ceto dei Pittori e decoratori
17.La Deposizione a cura del ceto dei Sarti e Tappezzieri
18.Il Trasporto al sepolcro a cura del ceto dei Salinai
19.Il Sepolcro a cura del ceto dei Pastai
20.L'Addolorata a cura del ceto dei Camerieri, Autisti, Albergatori, Dolcieri e Baristi.

Processione del Vascelluzzo


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La Madonna della Lettera posta sulla stele votiva all'ingresso del porto di Messina

La Processione del Vascelluzzo (in messinese u Vascidduzzu)


una funzione della religione cattolica che si svolge a Messina, in Sicilia,
nella domenica del Corpus Domini, organizzata dallaConfraternita Santa Maria di
Portosalvo[1].
Il Vascelluzzo un vascello a tre alberi lungo circa un metro con l'anima in legno rivestito
da lamine d'argento finemente lavorate a cesello, i cui interventi degli argentieri sono da
ascriversi per circa tresecoli. Durante la Processione Eucaristica sul vascello argenteo

viene posta la reliquia del Sacro Capello della Madonna della Lettera.
Storia[modifica | modifica sorgente]

Il Vascelluzzo legato alla tradizione di un vascello che sarebbe giunto a Messina durante
l'assedio diCarlo I d'Angi (maggio - settembre 1282) a seguito del Vespro siciliano. La
citt era stremata dallacarestia a seguito dell'embargo angioino ed invoc l'aiuto
della Madonna della Lettera, patrona della citt. Il vascello, che la tradizione vuole sia
arrivato carico di rifornimenti alimentari, attribuito popolarmente ad un miracolo della
Madonna. La tradizione narra che il vascello sarebbe giunto in citt con il proprio prezioso
carico passando indenne il blocco navale del Re di Napoli, Carlo.

Quartara
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La quartara un recipiente in terracotta, dalle antiche origini contadine, di medie dimensioni e


fornito di due grossi manici nella parte superiore; molto simile ad una giara stato per millenni
utilizzato in Sicilia per trasportare e conservare acqua o vino.
Una versione pi piccola ma di forma simile veniva usata per tenere e rinfrescare l'acqua
da bere; veniva chiamata u bummulu. Le quartarevengono oggi acquistate a scopo
decorativo dell'arredamento di rustici e ville di campagna.
Con il passare del tempo alle quartare di terracotta si sono affiancate quelle in lamiera, pi
leggere e maneggevoli, ma, essendo meno indicate per l'uso con l'acqua, venivano invece
spesso usate per l'olio.
L'esterno della quartara spesso tipicamente decorato, ma quelle per l'uso giornaliero
venivano lasciate senza decorazione.
Un uso particolare delle 'quartare era quello per cui, in occasioni di feste popolari,
venivano usate come strumento musicale: soffiandoci dentro il vaso emette un suono
cupo, usato come accompagnamento musicale nella Musica folclorica siciliana.
Viene indetto a Randazzo ( Ct) nell'agosto 2013 il premio culturale " I Tri Quartari " ideato
dall'ing. Achille Baratta ( in arte AldoBrando ); da qui nasce l'esigenza di far realizzare 3
Quartare , attuali , innovative ed, in tempo di crisi, economiche : Linda Schipani,
ingegnere per l'ambiente e artista, realizza per l'occasione tre Quartare dorate, in plastica
riciclata, ottenute trasformando le bottiglie di CocaCola.
Proverbi siciliani[modifica | modifica sorgente]
Tu fai manichi e quartari ("Tu fai sia i manici che le anfore": detto di chi vuol fare tutto da
s).
Tantu va 'a quartara all'acqua, o si rumpi o si ciacca ("Tante volte va l'anfora all'acqua che
o si rompe o si fessura!": detto nel senso che la pazienza prima o poi finir).

Rietina
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Questa voce sull'argomento Provincia di Agrigento solo un abbozzo.


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La rietina una manifestazione che si svolge in alcune localit della provincia di


Agrigento e che consiste nella sfilata per i paesi di numerosi carretti siciliani trainati da
cavalli addobbati e accompagnati da gruppi folkloristici. Le pi popolari si tengono
a Canicatt e a Campobello di Licata. Qui si svolge ogni anno ad agosto durante la
ricorrenza della festa della Madonna dell'Aiuto, (la "Beddra Matri di l'Aiutu") il luned della
settimana successiva a Ferragosto e vede la partecipazione di oltre 60 carretti. Al termine
della sfilata inizia l'asta per aggiudicarsi la "bandiera della Madonna" (la Bannera) che
viene aggiudicata al miglior offerente; all'asta partecipano persone che hanno fatto una
promessa alla Madonna Dell'Aiuto e i soldi raccolti vengono donati alla chiesa Madre.
L'evento attira numerosi turisti da ogni parte della Sicilia e non solo, e, anche per venire
incontro alle esigenze dei visitatori, da circa 20 anni la rietina si svolge ad agosto invece
che a settembre.
Galleria fotografica[modifica | modifica sorgente]

Rietina - Canicatt

Rietina - Canicatt

Rietina - Canicatt

Rietina - Canicatt


Rietina - Canicatt

Rietina - Canicatt

Rietina - Canicatt

Rietina - Canicatt

Riti della Settimana Santa in Sicilia


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Uno dei "Misteri" di Ispica

I riti della Settimana Santa sono l'insieme delle manifestazioni religiose organizzate nei
diversi paesi e citt della Sicilia ad opera delle diocesi delle varie parrocchie e soprattutto
delle locali confraternite in occasione della Pasqua.
Questi antichi riti, di grande richiamo turistico, vogliono rappresentare i momenti pi
significativi della Passione di Ges Cristo, descritti nei Vangeli, dal suo arresto da parte
deiromani alla Resurrezione e fanno parte, insieme alle normali funzioni religiose, delle
celebrazioni della Settimana Santa.

Indice
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1 Caratteri g

enerali

1.1 La Domenica delle Palme


1.2 Il Mercoled Santo
1.3 Il Gioved Santo
1.4 Il Venerd santo
1.5 La Domenica di Resurrezione
1.6 Altri elementi ricorrenti
2 Simbologie
3 La Settimana Santa nelle varie localit
4 I canti pasquali
5 La Pasqua Albanese (Pashkt Arbershe)
6 Note
7 Voci correlate

Caratteri generali[modifica | modifica sorgente]

I "santoni" di Aidone

San Michele durante una processione di Ribera

I Diavoli e la Morte a Prizzi

I riti della Settimana Santa presentano in Sicilia una complessit di contenuti e di


simbologie dovute ai numerosi influssi, soprattutto dovuti alla cultura spagnola, dominante
tra il XVI ed il XVII secolo, ed ai temi teologici della religiosit controriformista.
Tali riferimenti culturali non esauriscono per la complessit e l'importanza di tali riti
all'interno delle comunit. Lo scrittore Gesualdo Bufalino ha scritto:
A Pasqua ogni siciliano si sente non solo spettatore ma attore, prima
dolente, poi esultante, d'un mistero che la sua stessa esistenza.[1]
Si evidenzia cos come nel mistero della morte e della resurrezione ci siano, nella cultura
popolare dell'isola, riferimenti pi ampi di quelli seicenteschi, arrivando alla
cultura bizantina che rappresenta un sostrato religioso importante e alla memoria dei pi
antichi riti di una tradizione mediterranea, pi antichi di quelli dello stesso cristianesimo.
Le diverse manifestazioni si caratterizzano per la grande variat che assumono nei vari
centri dell'isola, diventando elemento caratterizzante della comunit, nonostante i
mutamenti sociali e culturali della modernit.
Nonostante questa variabilit si possono rintracciare alcuni elementi comuni o quanto
meno ricorrenti sotto riportati.
La Domenica delle Palme[modifica | modifica sorgente]

La processione della Domenica delle Palme. Tale ricorrenza comune al resto


dell'Italia ed a tutta la Cristianit, ma in Sicilia si svolge con particolare enfasi, con
rievocazioni figurate, eredi di tradizioni di teatro religioso tardomedievali. Durante la
processione, in quasi tutti i paesi della Sicilia, si utilizzano i ramoscelli di ulivo e anche
foglie di palma, artisticamente intrecciate in forme tradizionali, che vengono portate in
processione, generalmente da fanciulli. Praticamente solo a tale scopo venivano coltivate,
in luogo assolato e protetto alcuni esemplari di palma da dattero o altre variet che
in Sicilia non hanno mai fruttificato. Ugualmente utilizzate, soprattutto in passato, fronde di
alberi sempreverdi come l'alloro. Tali fronde assumono un valore magicoreligioso apotropaico e vengono conservate tutto l'anno per preservare dai rischi di
malattie e disgrazie.
Il Mercoled Santo[modifica | modifica sorgente]

I giorni precedenti il Venerd, che rappresenta il tempo della crocefissione e morte, si

svolge in molti paesi la processione del "Cristo alla colonna".


Il Gioved Santo[modifica | modifica sorgente]

I "Sepolcri", allestimenti all'interno delle chiese per l'adorazione a partire dal Gioved
Santo. Elemento particolare la presenza negli altari predisposti per tali allestimenti, di
vasetti con germogli di grano fatti crescere al buio ("i lavureddi" cio "piccole messi") che
alcuni studiosi riferiscono a tradizioni elleniche.[2] Le spighe di grano verdi sono inoltre
presenti in altri momenti delle manifestazioni religiose.
La messa messa in Coena Domini che si svolge il Gioved Santo e durante la quale si
svolge il rito del lavaggio dei piedi degli Apostolirappresentati da anziani confratelli e la
rappresentazione dell'Ultima Cena.
Il Venerd santo[modifica | modifica sorgente]

Uno dei "Misteri" di Catenanuova

La processione del Venerd Santo a Santa Maria di Licodia

Il venerd caratterizzato dalla processione del Cristo Morto, caratterizzata quasi sempre
da una notevole durata (a Trapani la processione dura ben 24 ore) o da una esasperata
lentezza, che spesso portano la manifestazione fino al buio della sera. La processione
caratterizzato in genere dalla presenza non solo del Crocefisso o del Cristo morto
adagiato su di una lettiga o in un'urna di vetro ("cataletto"), ma anche dei "Misteri" e della
statua della LAddolorata.
Spesso tale processione preceduta o seguita dalla processione della "Cerca" che si
svolge anch'essa quasi sempre al Venerd Santo (spesso di mattina) e che vede il
simulacro della Madonna "cercare" Cristo a volte inutilmente, a volte incontrando (Cerda) il
Cristo morto; in questo caso la processione prende il nome di "Giunta" (Licodia Eubea). A
volte tale "cerca" si svolge al sabato (Cassaro).
I "Misteri" sono statue lignee o di stucco, che richiamano i vari momenti della Passione di
Cristo(Ges alla colonna della flagellazione, Ges schernito, Ecce Homo, Ges caricato
della croce,Ges crocifisso, Ges morto posto in una lettiga), che vengono mostrate e
portate in processione in vari momenti durante la Settimana
Santa (Ispica, Caltanissetta, Trapani, Biancavilla,Barcellona pozzo di Gotto e tantissime
altre localit). In alcuni casi, come nelle processioni di Enna, oppure nella processione del
Mercoled santo di Assoro la rappresentazione effettiva dei momenti della passione viene
sostituita da oggetti simbolici (la lancia, il martello, la corona di spine, ecc).
I crocefissi "snodabili", in cui arti mobili che rendono possibile la rappresentazione della
Crocefissione e della Deposizione, in cui il simulacro di Cristo viene tolto della croce e
deposto in una lettiga. Tale particolare tradizione era comune in tutta Italia nel

Medioevo[3] e sopravvive in Sardegna ed in alcuni centri della Sicilia


(Avola, Corleone, Licodia Eubea, Biancavilla) che conservano esemplari di questa
particolare opera d'arte.
La Domenica di Resurrezione[modifica | modifica sorgente]

"'a Giunta" a Caltagirone

La processione dell"Incontro"[4], che inizia geeneralmente molto presto la mattina di


Pasqua, con la statua della Madonna che va lungamente in cerca del figlio. Dopo un lungo
itinerario, che spesso procede con rituale lentezza, avviene l'incontro tra la statua del
Cristo risorto e quella della Madonna per la quale spesso viene prevista una subitanea
metamorfosi con la sostituzione della statua o del manto (Ribera, Alcara li Fusi) e volo di
colombe (Aragona), per esprimere il potere di rinascita della Resurrezione.[5] La tradizione
dell"Incontro" presente anche in Calabria con in nome di "affruntata" o "cumprunta"[6],
Probabilmente il rito dell'"incontro" derivato da sacre rappresentazioni quattrocentesche.
[7] Non mancano casi in cui il simulacro della Madonna si china o si sporge a baciare
Cristo o altri in cui trasformato in una sorta di automa con braccia mobili che possono
alzarsi a benedire.
L'incoronazione della Vergine Addolorata. La sera di pasqua alla statua della Madonna
Addolorata viene messa cul capo la corona che porta durante l'anno ma che viene tolta il
venerdi Santo come segno luttuoso per la morte del Figlio. (Corleone)
Altri elementi ricorrenti[modifica | modifica sorgente]

Il "calvario" di Cianciana

Alcuni dei riti fanno tappa o si svolgono al "Calvario", un luogo sacro all'aperto, posto
generalmente in posizione elevata (Ventimiglia), o sul cocuzzolo di un'altura (Alcara li
Fusi, Corleone), caratterizzato da un recinto, una lunga gradonata, una croce e un altare
in muratura, o una piccola cappella (Centuripe). Il luogo rappresenta la trasposizione
simbolica del Golgota sul quale avvenne la crocefissione di Cristo e si ricollega alla
tradizione dei Sacri Monti dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale. Tuttavia i "calvari"
siciliani si distinguono per essere luoghi ai margini o vicini al centro abitato e santuari
extraurbani, e per l'essere generalmente privi di edifici monumentali essendo ridotti ad un
recinto sacro, un templum che rappresenta quasi una chiesa all'aperto che trova un
corrispondente nella tradizione iberica e forse nella cultura mediterranea.
La presenza, nelle varie manifestazione degli appartenenti alle varie confraternite, che
sono spesso i soggetti organizzatori dei riti. I confratelli sono coperti dal tradizionale abito
penitenziale costituito da tonaca e cappuccio, spesso detto babbalucco

La manifestazione, durante le varie manifestazioni, di rivalit o quanto meno di emulazione


tra gruppi diversi, distinti in diverse confraternite o associazioni oppure in base alla
localizzazione nella struttura urbana (Catalfaro, Comiso[8]) o nell'organizzazione sociale
(San Biagio Platani)
La presenza dei simulacri di altri santi, oltre quelli normalmente coinvolti nelle
rappresentazioni della Settimana Santa. Nella parte meridionale dell'isola compaiono
spesso sotto forma di "giganti" (Barrafranca), localmente detti santuna (Aidone)
o sanpauluna (San Cataldo), ed in particolare durante la processione dell'"Incontro".
Rappresentano soprattutto gli Apostoli (Aidone, Barrafranca, San Cataldo, Monterosso),
ma anche solo San Pietro (Caltagirone), San Pietro e Paolo (Aragona), San Giovanni, San
Michele Arcangelo (nell'agrigentino).[9] In alcuni casi, come a Riesi i "Sanpauluna" sono
stati aboliti perch le autorit ecclesiastiche ritenevano che avessero un carattere
carnevalesco e poco dignitoso. La presenza dei giganti da riferirsi sia ad antichi miti
mediterranei, sia ad analoghi elementi processionali presenti in Spagna o nelle Fiandre,
regioni con cui la Sicilia ha avuto intensi scambi culturali.[10][11]
La rappresentazione della Passione in rappresentazioni di tipo teatrale, derivanti forse
dalle sacre rappresentazioni medievali note come "misteri" e vive in Sicilia tra XIV e XV
secolo.
Simbologie[modifica | modifica sorgente]

Cuddure

Generalmente i riti pasquali siciliani vengono riferiti ad un'influenza spagnola, molto


presente sulla societ siciliana del XVII secolo. Tuttavia non si pu non rilevare moltissime
somiglianze con le tradizioni di altre regioni come la Calabria e la Puglia, ed altre non
interessate dal dominio spagnolo come la Sardegna (Riti della Settimana Santa in
Sardegna).
Certamente con gli elementi prevalenti religiosi di tipo penitenziale tipici della religiosit
seicentesca, convivono, anche se alcune sempre pi con difficolt, alcuni elementi che
risalgono a tradizioni precedenti spesso riferibili ad un'area pi estesa di quella della sola
isola. Sono state, infatti rintracciati tradizioni relative a vari periodi della complessa storia
isolana:
Tradizioni medievali come le sacre rappresentazioni e le "diavolate".
Tradizioni della chiesa ortodossa a cui la religiosit isolana ader da prima del Medioevo e
continua sino ad oggi, con le comunit albanesi che tuttora praticano il rito greco-

ortodosso. La comunit diPiana degli Albanesi, che conserva lingua, tradizioni e costumi
albanesi, si distingue per il rito greco-bizantino. Nelle celebrazioni liturgiche vengono
utilizzate sia la lingua greca che la lingua albanese. Le manifestazioni religiose, solenni e
ricche di simbolismi, si svolgono lungo tutto lanno ma raggiungono il loro culmine nella
celebrazione della Java e Madhe (Settimana Santa). Tra le varie tradizioni sono da
ricordare alcuni dolci tradizionali: Panaret tipico di Piana degli Albanesi, a forma di cesto
con manico di pasta frolla, Verdht, una sorta di torta, e Vet t kuqe, tipico della
medesima comunit e riscontrabile nei paesi ortodossi della Grecia, ricca di simboli che
richiamano la vita, la fertilit e la Resurrezione.
Tradizioni della religiosit popolare greca. Sono stati infatti riferiti ai giardini di Adone,
utilizzati nel culto pagano del dio morto e resuscitato, i "lavureddi" di grano cresciuto al
buio esposti nei "Sepolcri". Anche la processione della "cerca" stata riferita ad analoghe
manifestazioni religiose in cui Afrodite andava alla ricerca dello sposo/figlio Adone.
Tradizioni precristiane di rinascita primaverile. Tale riferimento del resto comune a tuttao
il mondo cattolico, visto il cristianesimo, fin dalle origini, sovrappose la celebrazione della
Pasqua al il simbolismo dei riti pagani legati al rinnovamento stagionale. Tra questi aspetti:
le fave verdi (Biancavilla, Bronte, Isnello), le fronde di alloro
(Caltavuturo, Cammarata, Naso, Caltabellotta, Forza d'Agr), arancio (Terrasini) e mirto
portati in processione, gli archi addobbati con elementi vegetali (San Biagio dei Platani) gli
alberi, pi o meno simbolici, innalzati (Terrasini), le pertiche (Pietraperzia, Ribera), le
maschere (San Fratello, Prizzi), i dolci rituali, le torce (Alimena, Caltanissetta, Ferla) e i
fal (Leonforte, Sortino).[12][13]Nel caso degli elementi vegetali chiara l'origine da riti di
rigenerazione e di celebrazione della fertilit propiziatoria e della rinascita primaverile
preesistenti al cristianesimo e che interpretano la Pasqua come rigenerazione periodica
dell'anno e della natura attraverso la rappresentazione simbolica del dio salvatore che
muore e rinasce, sconfiggendo la morte ed assicurando la rinascita individuale, il
rinnovamento della natura e l'abbondanza del raccolto.
La Settimana Santa nelle varie localit[modifica | modifica sorgente]

un "giudeo" di San Fratello

La preparazione degli archi di Pasqua a San Biagio Platani

San Fratello. La "Festa dei Giudei" una manifestazione della settimana pasquale molto
insolita, studiata da molti etnologi[14]. Si caratterizza per la presenza dei "Guidei", gruppi
di persone che scorrazzano per il borgo suonando trombe, indossando un'uniforme
colorata e disturbando addirittura le manifestazioni religiose, senza per profferire parola.

Impersonano pi demoni allegri e chiassosi che i carnefici di Cristo e sul loro significato gli
studiosi hanno fatto varie ipotesi. Sciasciavi ha visto una sorta di rovesciamento sociale in
cui oppressi si fingono oppressori.[15]
Prizzi: Ballo dei diavoli. Durante la processione di Pasqua, due "diavoli" e la "morte"
cercano di ostacolare l'incontro tra la Madonna e Ges risorto e sono scacciati dagli
angeli.
Assoro. Il crocefisso portato in processione in vari punti ai margini dell'abitato dove
avviene la benedizione delle campagne, facendo progressivamente ruotare il simulacro
verso i quattro punti cardinali.[16]
Barrafranca.
Biancavilla:Gioved Santo: "I Cruciddi", visita ai tradizionali "Sepolcri" che custodiscono il
SS. Sacramento. Venerd Santo: Dall'alba, la "Cerca" dell'Addolorata, una lunga
processione di sette ore del simulacro cereo di Maria alla ricerca del Figlio lungo le vie
della citt, per le chiese cittadine e i luoghi del dolore. Dal crepuscolo, il corteo dei
"Misteri": un'imponente processione di otto gruppi statuari rievocanti i momenti della
Passione e morte di Cristo, accompagnati a spalla dalle rispettive antiche confraternite in
abiti tradizionali e della Reliquia della Santa Croce. Sabato Santo: "A cascata da tila"
presso la chiesa dell'Annunziata, durante la Veglia pasquale. Domenica di Pasqua: A
mezzogiorno, "'A Paci": l'incontro e il bacio tra i simulacri di Cristo risorto e Maria, alla
presenza del simulacro danzante di Gabriele Arcangelo.
Enna: Settimana Santa di Enna
Caltanissetta: Settimana Santa di Caltanissetta
Trapani: Processione dei Misteri
Ispica: Settimana Santa di Ispica
Aidone: Settimana Santa di Aidone, I santoni di Aidone
Augusta: Settimana santa di Augusta
Prizzi: Ballo dei diavoli
Collesano: Cercha (Collesano)
Riesi: Settimana santa riesina
Ribera: Pasqua a Ribera
Burgio: La Settimana Santa a Burgio
Petralia Sottana: Riti della Settimana Santa a Petralia Sottana
Sommatino: La Settimana Santa e la Scinnenza a Sommatino
Ferla La Santa Pasqua a Ferla
Barcellona Pozzo di Gotto: Le processioni e i Riti della Settimana Santa a Barcellona
Pozzo di Gotto.
I canti pasquali[modifica | modifica sorgente]
In alcuni centri minori della Sicilia (Montedoro[17], Capizzi, Leonforte, Cerami, Tusa Delia,
Alcara li Fusi,[18] Longi) sopravvissuta, sempre con maggior difficolt, una tradizioni di
musica polivocale, che si manifestava nel repertorio di canti tradizionali eseguiti senza
l'accompagnamento strumentale ma semplicemente accordando tra di loro le diverse voci
dei vari cantori che si accavallano nell'esecuzione, in modo simile alla tradizione sarda,
maggiormente conservata e valorizzata e a quella andalusa. Tali canti coprivano un vasto
repertorio ed erano eseguiti in vari occasioni durante l'anno, anche se una rilevanza
particolare assumevano quelli eseguiti durante la Settimana Santa[19].
Un particolare rilievo tra i canti pasquali hanno le "lamentanze", inni di dolore in latino o in
dialetto, cantati da gruppi di giovani cantori, anziani o confratelli (Enna, Caltanissetta,
Bivona).[20].

La Pasqua Albanese (Pashkt Arbershe)[modifica | modifica sorgente]

La Pasqua per le comunit italo-albanesi di rito greco-bizantino la ricorrenza centrale,


dalla cui data dipendono le altre feste. Rappresenta la festa delle feste, e i riti
della Passione, della morte e della Resurrezione di Ges vengono vissuti secondo la ricca
simbologia orientale. Molto suggestiva l'intera Settimana Santa (Java e Madhe).
Il programma delle celebrazioni prende il via il venerd precedente la Settimana Santa,
quando si celebra la resurrezione di Lazzaro con ilProjasmena (Messa dei presantificati) e
il canto di Lazzaro (knga e Lazrit) per le vie del paese. Particolarmente suggestiva e
coinvolgente la celebrazione della Domenica delle Palme (E Dillja e Rromollidhet) a
Piana degli Albanesi, che ricorda lingresso di Ges a Gerusalemme su un asino da parte
dell'Eparca e la benedizione delle palme e dei rami dulivo. Il Gioved Santo si celebra la
lavanda dei piedi durante la quale l'Eparca lava i piedi ai papdes proprio come Cristo
fece con i suoi Apostoli; mentre il Venerd Santo gli uffici delle lamentazioni (Vajtimet),
canti funebri a cui partecipano tutti gli abitanti di Piana degli Albanesi, la processione che
attraversa tutto il paese accompagnata dai canti evangelici, in lingua greca e albanese,
che narrano la passione di Cristo. Il Sabato santo avvengono i battesimi (pagzimet) per
immersione, si tolgono i veli neri dalle chiese e suonano a festa le campane per
annunciare la Risurrezione di Cristo (t Ngjallurit e Krishtit). Dalla notte del Grande
Sabato, poi, si intona il celebre"Christos Ansti" (Cristo risorto). Nella Domenica di
Pasqua, per il Solenne Pontificale di Pasqua (Pashkt), l'inno della Resurrezione viene
cantato ripetutamente durante l'Officio dell'Aurora (rthros) dell'innografo bizantino
Giovanni Damasceno. Segue la liturgia di S. Giovanni Crisostomo officiata dai
Concelebranti avvolti nei preziosi paramenti sacri. A Piana degli Albanesi il Pontificale si
conclude con uno splendido e folto corteo di donne in sontuosi costumi tradizionali
arbresh, che, dopo aver partecipato ai sacri e solenni riti, sfila per il Corso Kastriota
raggiungendo la piazza principale. Al termine del corteo, in un tripudio di canti e colori,
viene impartita la benedizione seguita dalla distribuzione delle uovo rosse, simbolo della
nascita e della rinascita.

Sagra del mandorlo in fiore


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La Sagra del Mandorlo in Fiore una tradizione popolare che si svolge ogni anno
ad Agrigento nella prima settimana di febbraio, per festeggiare l'anticipo della primavera con il
rifiorire dei mandorli, alla quale partecipano gruppi folkloristici di tutto il mondo.
Storia[modifica | modifica sorgente]

La Sagra nasce nel 1934 a Naro, paese della provincia di Agrigento vicino al capoluogo,
con l'intento di pubblicizzare i prodotti tipici della Sicilia, nella cornice dell'anticipata
primavera e dei mandorli fioriti. Nel 1937 la Sagra si spost ad Agrigento definitivamente e
prese il nome ufficiale diSagra del mandorlo in fiore. La manifestazione comincia ad
arricchirsi dalla partecipazione di gruppi folkloristici locali e stranieri.
Nel 1941 fu sospesa a causa dello scoppio delle seconda guerra mondiale, fino
al 1948 anno in cui rinasce in un susseguirsi di edizioni sempre pi ricche. Nel 1966
funestata dal tragico evento calamitoso della frana di Agrigento.
Nel corso degli anni ha mantenuto il proprio significato culturale di pace tra tutti i popoli

della Terra. Il momento pi significativo della Sagra, infatti, sempre l'accensione


della fiaccola dell'amicizia davanti al tempio della Concordia, a seguito di una passeggiata
molto suggestiva, al tramonto, nellaValle dei Templi.
La domenica successiva si svolge la grande sfilata con tutti i gruppi folkloristici, i carretti
siciliani e le bande musicali dalla citt alla Valle dei Templi, con uno spettacolo finale al
tempio della Concordia e la premiazione del Tempio d'Oro.

Sampaoloni
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Apostoli Giacomo, Tommaso, Matteo, Giuda Taddeo

I Sampaoloni (in dialetto sancataldese "Sampauluna") sono giganti processionali


di cartapesta che raffigurano gli undici apostoli (non presente Giuda). Danno vita al
tradizionale incontro di Ges Risorto con la Madonna e la Maddalena che si svolge
la domenica di Pasqua a San Cataldo, in provincia di Caltanissetta.

Indice
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1 Storia
2 Descrizione
3 Tradizionale 'Ncuntru dei Sampaoloni con Ges Risorto
4 Conservazione
5 Note
6 Bibliografia
7 Voci correlate

Storia[modifica | modifica sorgente]

Lorigine dei Sampaoloni viene fatta risalire intorno al 1700, anche se manifestazioni con
persone che rappresentavano gli apostoli erano gi esistenti. Lobiettivo di queste
manifestazioni, organizzate dai Padri Mercedari, era la catechesi popolare.
La denominazione di Sampaoloni data alle statue deriva da san Paolo e la loro
imponenza esalta la grandiosit spirituale e morale degli apostoli.
Le statue derivano dai giganti processionali dellantica tradizione spagnola, ancora oggi
presenti in molte zone della Spagna e usati in occasione di varie festivit, come

a Tarragona per la festa di Santa Tecla, o durante la fiesta Mayor de Reus che si svolge il
giorno di San Pietro a Reus. Grazie alle relazioni politiche e commerciali esistite tra
la Spagna e la Sicilia, la tradizione dei giganti processionali si diffusa anche in Sicilia ed
oggi legata al culto della Vergine, come nel caso dei giganti Mata e Grifone della festa
dellAssunta a Messina e dei giganti Kronos e Mytia della festa della Madonna della
luce di Mistretta. Nei casi dei santoni di Aidone, dei santoni
di Barrafranca, Aragona, Caltagirone, e dei Sampaoloni di San Cataldo, le statue
rappresentano gli apostoli e sono protagoniste delle rappresentazioni della domenica di
Pasqua.
Descrizione[modifica | modifica sorgente]

Apostolo Pietro con la chiave del Regno dei Cieli e le Lettere di Pietro

I Sampaoloni sono alti tre metri e costituiti da una struttura fatta da unintelaiatura di ferro.
La testa e gli arti superiori vengono attaccati al busto che la struttura portante della
statua, la quale viene sostenuta da un portatore. Dei portatori sono visibili solo gli occhi,
grazie ai fori che permettono loro di guardare allesterno, e le gambe, che animano la
statua. Allesterno le statue sono rivestite con tuniche di diverso colore, decorate con
merletti e mantelle che ricordano la sfarzosit spagnola, e ciascuna statua porta al petto
una targa con il nome dellApostolo.
Tradizionale 'Ncuntru dei Sampaoloni con Ges Risorto[modifica | modifica sorgente]

Lincontro si svolge nel pomeriggio della domenica di Pasqua e chiude la serie di


rappresentazioni religiose della Settimana Santa sancataldese. La manifestazione ha
luogo lungo la via Vittorio Emanuele, tra la chiesa di santa Maria delle Grazie e la cappella
del Cristo Resuscitato, che funge da Sepolcro. La statua della Maddalena, che secondo la
credenza popolare sarebbe venuta a conoscenza della sparizione del corpo
di Cristo prima della Madonna, portata a spalle da giovani, si avvia verso il Sepolcro.
Trovandolo vuoto, torna a dare la notizia alla Madonna e ai Sampaoloni e si reca al
Sepolcro altre tre volte. Sono San Giovanni e San Pietro a recarsi con lei la seconda volta,
mentre solo la terza volta la Madonna ad accompagnarla. Infine, i Sampaoloni insieme
alla Madonna e alla Maddalena compiono di nuovo il percorso per giungere questa volta
ad incontrare la statua del Cristo Risorto che appare da una stradina laterale. San
Tommaso, rimasto indietro per la sua incredulit, viene raggiunto dal Cristo Risorto, dai
Sampaoloni, dalla Maddalena e dalla Madonna nella processione finale che viene
accompagnata dalla banda del paese. La manifestazione attuale dei Sampaoloni meno
articolata rispetto a quella che si svolgeva in passato, che durava pi giorni. Oggi i

Sampaoloni sfilano per il centro cittadino, la mattina della domenica di Pasqua,


annunciando la Risurrezione di Cristo, e nel pomeriggio sono protagonisti dell'incontro con
Ges Risorto.
Conservazione[modifica | modifica sorgente]

I Sampaoloni sono stati recentemente restaurati dallassociazione culturale Giuseppe


Amico Medico[1], che li custodisce nella sede dell'associazione e si occupa anche della
loro valorizzazione.

Scacciapensieri
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Disambiguazione Se stai cercando il programma della TV svizzera, vedi Scacciapensieri


(programma televisivo).
Disambiguazione Se stai cercando i videogame portatili, vedi Game & Watch.
Scacciapensieri

Un moderno scacciapensieri.
Informazioni generali

Classificazione

121.2
Idiofoni a pizzico

Utilizzo

Musica dell'antichit
Musica tradizionale dell'Europa Meridionale
Ascolto

Suono dello scacciapensieri. (info file) 0:00

MENU

Il marranzano detto
anche scacciapensieri (marranzanu in siciliano, malarruni in calabrese oSa
Trunfa in sardo ) uno strumento musicale idiofono costruito da una struttura di metallo
ripiegata su s stessa a forma di ferro di cavallo in modo da creare uno spazio libero in
mezzo al quale si trova una sottile lamella di metallo che da un lato fissata alla struttura
dello strumento e dall'altro lato libera.
Lo strumento si suona ponendo l'estremit con l'ancia libera poggiata sugli incisivi (senza
stringere troppo) e pizzicandolo la lamella con un dito mentre si cambia la dimensione
dellacavit orale per regolare l'altezza dei suoni che pu avvenire anche per mezzo di
diversi posizionamenti della lingua. L'oggetto dovrebbe diventare un tutt'uno con il corpo
del musicista. Bisogna per fare attenzione a non urtare la lamella contro i denti, poich
potrebbe procurare danni permanenti; inoltre, suonare lo scacciapensieri per un lungo
periodo danneggia comunque i denti con il rischio di dolori. Per sicurezza, un altro modo
per suonare uno scacciapensieri quello di posizionare l'ancia libera davanti ai denti
senza stringerla.

Due scacciapensieri siciliani

uno strumento diffuso praticamente in tutto il mondo con caratteristiche morfologiche


diverse; in Europa eIndia se ne hanno tracce a partire dal XIV secolo. InItalia piuttosto
diffuso in Sardegna dove noto come "Trunfa" o "Trumba", ed in Sicilia dove noto
comemarranzanu ed spesso utilizzato per accompagnare le tarantelle. Uno dei pi
importanti centri di produzione di scacciapensieri era attivo a Boccorio, piccola localit
della Valsesia, in Piemonte, ai piedi del Monte Rosa. Dal centro produttivo di Boccorio,
attivo dai primi anni del Cinquecento, nei periodi di massima attivit, si esportavano
strumenti in America centrale e settentrionale. La diffusione dell'armonica a bocca ha
gradualmente ridotto la commercializzazione e la produzione dello strumento. Altro
importante centro di produzione in area alpina era quello di Mollnin Austria (notizie in
Alberto Lovatto, The production of trumps in Valsesia, in Journal of the IJHS, n. 1-2004)
Molto interessante vedere l'uso che se ne fa nelle culture asiatiche dove lo strumento
costituito da una unica lamella di bamb con una lingua mobile molto sottile al centro che
viene pizzicata. In queste zone (per esempio nell'altopiano del Tibet), lo scacciapensieri
viene suonato contemporaneamente all'emissione di un particolarissimo canto bifonico,
tipico di queste regioni. Tale canto prevede l'emissione di due o pi suoni vocali che,
esaltando gli armonici, vengono prodotti contemporaneamente.
Lo scacciapensieri moderno si suona in tre modi:
pizzicando la lamella normalmente e muovendo la lingua (emette vibrazioni variabili
accompagnate dal basso suono unico e proprio),
pizzicando la lamella aumentando contemporaneamente l'estensione della cavit orale,
pizzicando la lamella respirando contemporaneamente (emette un suono unico senza
vibrazioni)
Settimana Santa di Barcellona Pozzo di Gotto
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Riti della Settimana Santa di Barcellona Pozzo di Gotto

ECCE HOMO di Barcellona.

Tipo di festa religiosa locale


Periodo dal Gioved di Passione allaDomenica in Albis
Celebrata a Barcellona Pozzo di Gotto
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Passione di Ges
Tradizioni religiose Processioni
Tradizioni culinarie Cuddura cc l'ova, Panini Cena e Calia
Questo box: vedi disc. mod.

I riti della Settimana Santa di Barcellona Pozzo di Gotto (Sumana Santa in siciliano) sono una
manifestazione religiosa popolare tipica.

Indice
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1 Origini
2 Gli Eventi
3 Le Vare
3.1 Tipologia
4 Galleria di immagini
5 Note
6 Voci correlate

Origini[modifica | modifica sorgente]

I riti della "Sumana Santa" o "Santa Sumana" trovano fondamento nella storia della Sicilia
spagnola 1516 - 1713 quando l'intera isola soggetta alla dominazione della Corona d'Aragona, unita
al Regno di Napoli passa sotto la giurisdizione della Corona di Spagna. Nel 1571 i Pozzogottesi
ottengono dalla Gran Corte Arcivescovile di Messina l'autorizzazione a eleggere il loro Cappellano
di stanza a San Vito senza pi dipendere dall'Arcipretura di Milazzo. La prima processione
effettuata nel 1621 come moto di protesta verso i Giurati della citt di Milazzo, alla cui
giurisdizione Pozzo di Gotto dipendeva politicamente e fisicamente costituendone una lontana
frazione e come voto e promessa per rompere il legame di subordinazione vincolo, che sar
definitivamente interrotto il 22 maggio 1639. Inizialmente portato in processione il Catafalco col

Cristo Morto, in seguito saranno 5 i simulacri che raffigurano alcuni Misteri rispettivamente:
l'Orazione nellOrto di Getsemani, il Signore alla colonna, la Caduta, il Signore con la Croce,
lUrna. Successivamente sar aggiunto il simulacro dell'Addolorata e via via, altre scene
rappresentative delle Stazioni della Via Crucis fino a raggiungere il numero attuale. Una prima
sospensione della Sacra Rappresentazione avviene in seguito ad un evento sismico, conosciuto
come il Terremoto della Calabria meridionale del 1783, in seguito al quale i gruppi statuari subirono
notevoli danneggiamenti. L'interruzione si prolunga fino al 1800 e nel 1801 organizzata
un'analoga processione nel nucleo di Barcellona. La frazione a occidente delLongano a sua volta
dipendeva dalla giurisdizione di Castroreale e aveva gi seguito l'esempio della comunit vicina
ribellandosi ai Giurati Castrensi facendo riconoscere in campo ecclesiale la propria indipendenza.
L'autonomia del casale di Barcellona deliberata dal Parlamento Siciliano, riconosciuta dal Re il 15
maggio 1815 e ratificata in Vienna il 28 febbraio 1823 da ReFerdinando I delle Due Sicilie.
L'unione amministrativa Decretata il 5 gennaio 1835 entra in vigore il 1 giugno 1836 per volere di
Re Ferdinando II delle Due Sicilie, decidendo che il nuovo comune formato dalla fusione delle due
antiche contrade portasse il nome completo di Barcellona Pozzo di Gotto. Da allora Barcellona
Pozzo di Gotto possiede due Arcipreture e vanta in occasione del Venerd Santo due distinte
processioni, percorsi e cortei. Durante la Guerra di Crimeanel 1854 scoppia in Europa una violenta
epidemia di colera che ben presto supera i confini delle Alpi e sconvolge tutto l'arco della Penisola
ma, pure vero che due navi inglesi provenienti dall'india contagiarono l'intero Nord Europa,
raggiungendo tassi altissimi di mortalit nelle provincie diMessina e Palermo. Anche in
quest'occasione non sono effettuate le celebrazioni per il timore di contagi dovuti a numerosi
focolai.
Dell'influenza spagnola restano chiare impronte persino nella definizione etimologica: dalla
spagnola Semana Santa alla locale Sumana Santa. Non i fasti barocchi della Settimana Santa di
Siviglia o di Malaga o di Cordova o di Granada, non gli incessanti cortei processionali sempre di
chiara matrice iberica di Trapani o Enna o Caltanissetta ma, una delle pi suggestive e per numero
di simulacri, sicuramente la pi ricca e variegata.

Il drappello dei Giudei scorta l'Urna del Cristo Morto di Pozzo di Gotto.

Gli Eventi[modifica | modifica sorgente]

Il drappello dei Giudei scorta l'Urna del Cristo Morto di Pozzo di Gotto.

Mercoled Santo: Rito dellEcce Homo e incontro dei Visillanti di Barcellona e Pozzo di Gotto,
presso la Chiesa di Ges e Maria a Pozzo di Gotto.
Gioved Santo: in tutte le chiese Messa in Coena Domini con rito della lavanda dei piedi,
processione degli Apostoli e visita agli Altari della Reposizione impropriamente detti Sepolcri.

Vedi Altare della Reposizione.


Venerd Santo: in tutte le parrocchie Passione del Signore, legatura delle Campane sostituite dalle
traccole, spoliazione degli Altari. A Pozzo di Gotto: vestizione dei Giudei. Processione delle
Vareseguite dai Visillanti al canto della Visilla ("Vexilla Regis Prodeunt ....") di Venanzio
Fortunato e incontro al vespro sul Ponte Longano.
Sabato Santo: in tutte le parrocchie: Veglia Pasquale.
Luned dell'Angelo: presso la Chiesa di Ges e Maria, a Pozzo di Gotto: Messa solenne e
Riposizione nella Teca dellEcce Homo.
Domenica in Albis: presso la Parrocchia di Oreto la Processione per l'Incontro tra il Cristo Risorto
con Maria.
Le Vare[modifica | modifica sorgente]
In manifestazioni similari resta ancora in uso il Cataletto o Catafalco col Cristo Morto, spesso
velato coi colori del lutto. Nelle rappresentazioni dei Riti della Settimana Santa di Barcellona Pozzo
di Gotto, in entrambi le Processioni il Catafalco sostituito con urne o bare di legno e cristallo, da
cui derivano gli etimi "bara" e "baretta". I termini vara, vara (folclore), "varetta" e "varare" sono
derivati dal latino e dallo spagnolo che significa condurre, trasportare con aste o assi, favorendo le
soste per mezzo dell'uso di cavalletti. Il trasporto e le soste lungo il percorso processionale hanno
seguito l'evoluzione dei tempi: le lunghe aste per il trasporto a spalla effettuato dai portatori e i
cavalletti sono stati sostituiti con pi comodi carri, i quali, hanno mantenuto solo le aste per il
direzionamento e trascinamento dei simulacri.
Tipologia[modifica | modifica sorgente]

Ordine e nome delle Vare


L'Ultima Cena
L'orazione nell'Orto degli
Ulivi o Getsemani
Il Pretorio di Pilato
La Flagellazione
Ecce Homo
Il Cristo con la Croce
L'incontro con le Pie Donne:
Marta, Maria e Maddalena

Barcellona
Cena 1801 (bottai, agrumai e
spiritari)
Signuri all'Ortu (carpentieri e
carrettai)
Pritoriu di Pilatu
Signuri Colonna (fabbri)
L'Accia Omu (Confraternita
dell'Immacolata)
Signuri c Cruci (broccai e
vasai)

Pozzo di Gotto
Cena (carpentieri, falegnami)
Signuri all'Ortu (villici e sodalizi
cattolici)
Signuri Colonna
L'Accia Omu 1621 (Confraternita
di Sant'Eusenzio)
Signuri c Cruci
Signuri 'ncontra Marta, Maria e
Maddalena (circoli ricreativi)

Signuri cascata 1800 (sarti


Signuri cascata 1911
e bottegai)
La Spoliazione delle vesti
Signuri spugghiatu d Giudei
Crucifissu (Confraternita del Crucifissu 1870 (Confraternita
La Crocefissione
S.S. Crocifisso,falegnami)
del S.S. Sacramento)
Scesa o Deposizzioni d
La Deposizione dalla Croce
Cruci (appaltatori edili)
La Piet
Piet (pescivendoli)
Piet
Signuri puttatu nt Sapuccru
La Deposizione nel Sepolcro
(macellai)
I Simboli della Passione
I Simbuli d Passioni
Urna col Cristo Morto e
Signuri Mottu (Confraternita Signuri Mottu 1895
La Caduta

Giudei
L'Addolorata

di S.S. Giovanni Battista)


'Ddulurata (Confraternita di 'Ddulurata (Confraternita delle
S.S. Giovanni Battista)
Anime del Purgatorio)

Galleria di immagini[modifica | modifica sorgente]

Tavolate di San Giuseppe


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Le tavolate di San Giuseppe sono una tradizione popolare siciliana. Consistono in alcune tavole
imbandite di cibarie di vario genere, offerte comeex voto a San Giuseppe durante i festeggiamenti
del 19 marzo, festa del pap.
una vera e propria arte culinaria diffusa nei paesi dell'entroterra

siciliano: Bivona (in provincia di Agrigento)


[1]; Barrafranca, Enna, Leonforte,Pietraperzia, Valguarnera Caropepe (il paesino pi noto
per questa tradizione) e Piazza Armerina, in provincia di
Enna; Aliminusa, Baucina eBolognetta (in provincia di Palermo), dove la devozione al
padre putativo di Ges particolarmente sentita.
Le tavolate di San Giuseppe, dette anche "Tauli 'ri' San Giuseppi", vengono preparate
nelle case dei devoti che per tutta la giornata rimarranno aperte al pubblico. Questa
usanza ricorda cos la Sacra Famiglia e lo spirito della carit cristiana nei confronti dei pi
poveri.
Le tavolate vengono apparecchiate con preziosi merletti, lenzuolini e immagini di San
Giuseppe. Ciascun visitatore libero di gustare le prelibatezze messe a disposizione dal
proprietario, che prepara o commissiona i "Pupi 'ri' San Giuseppi", ovvero del pane dalle
forme particolari, plasmato appositamente per raffigurare gli oggetti quotidiani del Santo
falegname. Oltre a questa assoluta prelibatezza, le tavole sono imbandite di primi piatti,
come la pasta con il miele; di salsicce, salami e formaggi; broccoli, cardi e altre verdure
fritte; dolci come i cannoli, le cassate,la pignolata, le cassatelle, bocconcini e bab
ripieni...e poi frutta e vivande. Il frutto simbolo delle tavolate di San Giuseppe l'arancia,
presente in quantit notevole. Inoltre le tavolate sono arricchite con finocchi e lattughe.
L'usanza vuole che a queste tavolate partecipino delle comparse, scelte dal proprietario
della casa, per rappresentare le figure della Sacra Famiglia. Al centro siedono San
Giuseppe, Ges Bambino e la Madonna accompagnati da San Girolamo e Sant'Anna; poi
in talune abitazioni si ha il costume di invitare al vitto anche i dodici Apostoli.
Galleria fotografica[modifica | modifica sorgente]

Una tavolata di San Giuseppe (Valguarnera Caropepe)

Ges e la Madonna rappresentati in una Tavolata del 1987 a (Valguarnera Caropepe)

Tavolata presso la sacrestia della Chiesa di San Giuseppe a (Valguarnera Caropepe)

Tradizioni e folclore di Bivona


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Voce principale: Bivona.

La Santa Cruci

Questa pagina descrive le tradizioni e il folclore di Bivona, comune


italiano della provincia di Agrigento inSicilia, nell'area dei monti Sicani.

Indice
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1 Storia
2 Feste antiche
3 Principali eventi
4 Altri eventi tradizionali e folcloristici
5 Note
6 Bibliografia
7 Voci correlate
8 Altri progetti
9 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica sorgente]

Durante il lungo Medioevo siciliano (durato fino alla fine del XVIII secolo da un punto di
vista economico epolitico) ebbero una rilevante importanza per la stabilizzazione di un
equilibrio sociale le feste cittadine (quasi tutte di carattere religioso), contro le traversie e le
sofferenze quotidiane causate dalle frequentissime carestie ed epidemie[1].
Le tipiche giornate di festa a Bivona iniziavano con gli scoppi dei mortaretti, il rullo
dei tamburi e il suono delle campane, continuavano con un pranzo tipico e con la
processione del fercolo del santo festeggiato nell'occasione, accompagnato dalla folla,
dalle comunit religiose e dalle confraternite che mostravano i rispettivi stendardi e poteva
concludersi con qualche particolare manifestazione (il gioco di fuoco o il palio)[1]. La
dimensione festiva, pertanto, non si poneva in contrasto con quella lavorativa, ma ad essa
era legata e connessa.

Il numero di giorni festivi presenti in calendario divenne cos eccessivo che nel XVII
secolo i vescovi furono costretti a sopprimerne alcuni[2]. Questo gran numero di festivit,
pertanto, aveva dei riflessi non solo spirituali e strettamente religiosi, ma soprattutto
sociali, soprattutto per motivicommerciali[2].
A causa del decadimento delle chiese e delle confraternite bivonesi, molte feste cittadine
persero visibilit; altre, invece si imposero nel tempo. NelXVIII secolo le numerose feste
celebrate in Bivona si ridussero a semplici commemorazioni religiose. A far perdere
ulteriore importanza ad alcune ricorrenze contribu soprattutto l'espulsione dei gesuiti,
ordine religioso che ne curava i festeggiamenti[3].
Feste antiche[modifica | modifica sorgente]

Devozione delle Quarantore e celebrazione del gioved grasso: consisteva


nell'esposizione del Santissimo Sacramento all'adorazione dei fedeli per 40 ore; a Bivona
venne consolidata dall'opera dei gesuiti gi nel XVI secolo, molto tempo prima che papa
Urbano VIII, nel 1623, l'avesse estesa a tutte le chiese del mondo. Ebbe particolare
rilevanza locale la funzione delle Quarantore svolta
l'ultimo gioved di carnevalenella chiesa di Santa Rosalia a partire dal XVIII secolo. Le
Quarantore si concludevano nella chiesa dei gesuiti (attuale chiesa madre) con
l'esposizione del Divinissimo negli ultimi tre giorni di carnevale e con gran solennit
(apparato di chiesa, tamburi, trombetta e mortaretti)[4];
festa del Santissimo Crocifisso: risale verosimilmente al 1628, anno a cui risale la prima
notizia sulla festa, un documento in cui attestato l'acquisto di alcune torce quali serveno
per la processione del Santissimo Crocifisso di questa citt di Bivona; la festa, poich
celebrata il primo venerd dopo Pasqua, cost ai bivonesi l'appellativo
di giudei (in siciliano iud). Dal 1650 fu organizzata dalla confraternita del Santissimo
Crocifisso in Matrice, fondata in quello stesso anno; la festa crebbe d'importanza al punto
che il vescovo di Girgenti, nel 1732, concesse che la chiesa madre rimanesse quel giorno
aperta sino ore una e mezza di notte[5];
festa dei Santi Filippo e Giacomo: veniva celebrata il 1 maggio nella chiesa rurale dei
Santi Filippo e Giacomo, poi sostituita dalla chiesa dei Cappuccini (1572). Il popolo,
numeroso, assisteva alla benedizione dei campi, rito poi continuato anche dai
padri cappuccini. La festa venne celebrata almeno fino al 1751, come viene testimoniato
da un documento presente all'Archivio di Stato di Agrigento[6];
festa della Santa Croce: veniva celebrata il 3 maggio nella chiesa dei gesuiti e con una
processione per le vie cittadine; la pi antica menzione dell'Invenzione della Santa
Croce si trova negli atti della corte giuratoria del 1628. La festa venne celebrata anche
dopo l'espulsione dei gesuiti dalla Sicilia (1767)[7];
festa di Sant'Ignazio di Loyola: introdotta dai gesuiti, venne celebrata nella loro chiesa
dal 1609, anno in cui venne beatificato Ignazio di Loyola; la ricorrenza veniva festeggiata
con grande devozione e solennit[8];
festa di San Francesco Saverio: si ha la prima notizia sulla festa in alcuni documenti
del 1619 (all'epoca Francesco Saverio non era ancora statocanonizzato)[9];
festa dell'Immacolata Concezione: potrebbe risalire alla fine del XIV secolo o all'inizio
del XV secolo, subito dopo l'arrivo dei francescani conventuali in Bivona (ordine che fin
dal XIII secolo patrocinava tale festa). Si hanno notizie dettagliate sulla celebrazione della
ricorrenza a partire dai primi anni del XVIII secolo. La festa, celebrata l'8 dicembre, era
preceduta dall'esposizione del Divinissimo nei dodici sabati prima della solennit. L'8
dicembre veniva portata in processione la statua della Madonna, a partire dalla chiesa di
San Francesco. Nel 1806 la festa cominci ad essere preceduta dall'ottava e celebrata
nella chiesa madre, anche dopo che, intorno al 1645, un bivonese,

il medico e poetaGiuseppe Romano, fece edificare a proprie spese la chiesa dell'Immacolata


Concezione[10].
Principali eventi[modifica | modifica sorgente]

Veduta panoramica della Santa Cruci (o monte del Calvario) di Bivona

Gli eventi tradizionali e folcloristici che, durante l'anno, coinvolgono la popolazione locale
sono i seguenti:
San Giuseppe, 19 marzo
Il giorno di San Giuseppe (19 marzo) molte famiglie devote allestiscono la Tavulata di
Sanciseppi: come "per grazia ricevuta", imbandisconotavolate ricolme di tutte le specialit
gastronomiche locali. Nell'occasione vengono ospitate le famiglie bisognose.
Settimana Santa, a partire dal Gioved Santo

Processione del Venerd Santo a Bivona

Il rito particolare della quaresima, della settimana Santa e della Pasqua risale almeno
al 1570, quando l'universitas di Bivona previde un'ingente somma per un predicatore
quaresimale, invitato annualmente da qualche altra citt; si trattava quasi sempre di
un sacerdote del clero regolare[11]. Il giorno del Gioved Santo ha inizio il triduo pasquale:
la statua del Cristo viene portato in processione. Il Venerd Santo, di mattina, dalla chiesa
di Santa Chiara (sita nella parte meridionale del paese) ha inizio la processione della
statua dell'Addolorata. Davanti la chiesa madre avviene l'incontro tra la Madonna
Addolorata e Ges Cristo. La processione si conclude con la crocifissione al Monte del
Calvario (sito nella parte alta). La sera il Cristo viene deposto in un'urna e, seguito
dall'Addolorata, viene portato nella chiesa di Santa Chiara. Durante la processione viene
intonato il populu me (O mio popolo), un tradizionale canto sotto forma di lamento.
Uno dei canti siciliani pi celebri intonati durante la Settimana Santa, Maria passa di la
strata nova, nato proprio a Bivona: la strata nova (strada nuova) era il nome con cui
veniva indicata l'attuale via Lorenzo Panepinto[12].
Madonna di l'Ogliu, Pasquetta

Il luned di Pasquetta Bivona festeggia la Madonna dell'Olio, la cui festa risale al XVI
secolo, anche se le pi antiche notizie pervenuteci risalgono alSeicento[8]. Di mattina si
celebra la Messa solenne al Santuario della Madonna dell'Olio (o, in bivonese, Madonna
di l'Ogliu); di pomeriggio si porta in processione il simulacro della Madonna partendo dalla
zona dello stadio comunale e fino ad arrivare in chiesa madre. La statua rimane in paese
per tutto il mese di maggio; a giugno viene riportata nel santuario, a circa 3 km da Bivona,
nei pressi della diga Castello.
Madonna di la Sprescia, 30 maggio
Il mese di maggio (mese mariano) dedicato in particolar modo alla Madonna di la
Sprescia: ogni giorno viene recitato il rosario presso la cappella e a fine mese, solitamente
giorno 30, viene celebrata la messa conclusiva. Sull'altare arde sempre una lampada ad
olio, fornita dai fedeli che periodicamente si recano presso la cappella.
Santa Rosalia, 4 settembre

Statua di Santa Rosalia in processione

La festa di Santa Rosalia, patrona di Bivona, pu farsi risalire almeno al XIV secolo,
quando verosimilmente vennero fondate la chiesa e la confraternita[8]; assunse in paese
grande importanza dal 1624, anno in cui vennero ritrovate le spoglie di santa
Rosalia sul monte Pellegrinoa Palermo[13]. La festa si svolge la prima settimana di
settembre, ma il giorno principale il 4 settembre: in questo giorno viene uscito il
"preziosissimo Fercolo" (o Vara) di Santa Rosalia e viene portato in processione,
accompagnato dalla banda musicale, per le vie del paese (con fuochi pirotecnici serali e
una fiera).
San Francesco d'Assisi, 4 ottobre
La festa di San Francesco dura tre giorni (2-3-4 ottobre). Nella giornata conclusiva si
svolge la processione, che inizia e termina al convento dei Cappuccini, dopo aver
attraversato gran parte del paese.
Altri eventi tradizionali e folcloristici[modifica | modifica sorgente]

Peregrinatio Mariae, mese di maggio: la statua della Madonna di Fatima (solitamente


posta nella Chiesa di Santa Rosalia) viene portata nelle varie famiglie del paese che
preparano cenacoli e momenti di preghiera in casa propria.

Tradizioni e folclore di Raffadali


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Voce principale: Raffadali.

Feste tradizionali nel comune di Raffadali, in provincia di Agrigento

Indice
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1 Storia
2 Eventi
3 feste antiche
4 Altre tradizioni
5 Note
6 Bibliografia
7 Voci correlate
8 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica sorgente]

Tra i culti pi antichi vi quello della Madonna degli infermi, protettrice del paese, la cui
festa si celebra durante la seconda domenica di luglio. La Madonna raffigurata in una
statua lignea custodita nella chiesa madre del paese, scolpita nel 1585 da Nicol
Buttafuoco, che secondo la tradizione sarebbe del legno di un albero dalle cui radici
sgorgava acqua miracolosa[1]..
Una tradizione pi antica vede come patrona di Raffadali santa Oliva.[2].
Eventi[modifica | modifica sorgente]

Natale: durante il Natale vengono cantate le novene intorno ad una nicchia di sparacella
con bambagia e arance. Di seguito inizia la pastorale, piccola recita teatrale con Nardo un
pastore pasticcione. tradizione mangiare i purciddati, strudel riempiti con fichi secchi e
mandorle triturate e il pane con i fichi.[2].
Carnevale: con sfilate di carri allegorici e gruppi per le vie del paese e balli in maschera su
via Nazionale, dal sabato al marted grasso. Tradizionalmente vengongono preparati
gli spingi (frittelle di pasta di farina e uova, o in alternativa di purea di patate, fritte in
abbondante olio e addolciti con zucchero o miele) e la pignulata (dolce di pasta di farina e
uova di forma cilindrica e dello spessore di un dito, fritto in olio e mescolato con zucchero
riscaldato).
Pasqua: il venerd santo si svolgono rappresentazioni teatrali sacre su un palcoscenico
stabile allaperto. Tradizionalmente viene preparato u panareddu cu l'ovu (pasta di farina a
forma di panierino con un uovo di gallina al forno).
Festa patronale della Madonna degli Infermi, risalente al 1479 in seguito alla visione della
Madonna che sarebbe stata vista in sogno da un religioso e avrebbe salvato il paese da
una pestilenza. La Madonna avrebbe poi protetto il paese dalle altre epidemie e dal

terremoto del 1693.[3].


1 maggio
Fiera del Rosario, durante la quale si svolge una fiera agricola.
feste antiche[modifica | modifica sorgente]
Devozione delle Quarantore e celebrazione del gioved grasso: consisteva
nell'esposizione del Santissimo Sacramento all'adorazione dei fedeli per 40 ore molto
tempo prima che papa Urbano VIII, nel 1623, l'avesse estesa a tutte le chiese del mondo.
[3].
11 gennaio, giorno durante il quale si festeggiava la Madonna degli Infermi per la
scampata tragedia del terremoto del 1694[3].
Festa di Sant'Antonio, celebrata nell'omonima chiesa , quando Raffadali era ancora un
paese agricolo, comprendeva la benedizione degli animali.[3].
Altre tradizioni[modifica | modifica sorgente]
Peregrinatio Mariae: nel mese di maggio la statua della Madonna di Fatima della chiesa di
Santa Rosalia viene portata nelle case, dove si svolgono momenti di preghiera.
Corpus Domini, maggio o giugno
Santa Lucia, 13 dicembre.
Vara (folclore)
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Fercolo d'oro zecchino della Madonna di Enna

Fercolo di S. Rosalia a Bivona (Ag)

La Varia di Palmi

Vara un termine utilizzato in Sicilia e in alcune regioni dell'Italia del sud per indicare
il carro trionfale su cui vengono posti statue odipinti di Santi per essere portati
in processione.
Il termine, in linea generale, corrisponde a quello di fercolo in uso nella lingua italiana.
Ve ne sono di diversi tipi: i carri diffusi in provincia di Palermo, come quello impiegato per
la festa di Santa Rosalia a Palermo, sono grandi strutture in legno della forma di una nave,
ricoperte da tessuti variopinti e sul cui ponte si trovano, generalmente, il coro o la banda
musicale e i membri del clero.
Ad Altavilla Milicia sul carro viene montata, l'8 settembre in occasione della festa
della Madonna, una colorata torre in legno e cartapesta, alta circa 20 m, che svetta sui tetti
delle case con l'icona della Vergine Maria, quadro di scuola giottesca, in cima. Esso, come
da tradizione, viene trainato dai buoi e dalle vacche per le vie del paese. I carri trionfali
vengono seguiti da migliaia di fedeli in festa.
Nella Sicilia centrale, notevole, ad Enna la Nave d'Oro, del 1590 rivestita
in oro zecchino, su cui la statua della patrona, Maria SS. della Visitazione, viene
trasportata dal Duomo alla Chiesa di Montesalvo a spalla da 124 confrati, in occasione
della Festa della Madonna della Visitazione del 2 luglio. Altrettanto famose, se non di pi
le 16 vare della Settimana Santa di Caltanissetta raffiguranti altrettante scene
della Passione di Cristo.
La citt di Messina vanta possedere uno dei pi celebri e antichi carri devozionali esistenti
in Europa, laVara dell'Assunta, portata in processione ogni anno il 15 agosto. Si tratta di
un imponente apparato che si sviluppa in altezza e che narra attraverso diversi personaggi
la morte della Vergine e la sua assunzione in cielo. La sua costruzione rimonta al XVII
secolo, ma stata pi volte rimaneggiata e restaurata, sostituendo i personaggi,
anticamente rappresentati da bambini, con figure di cartapesta.
A tutt'oggi per vi un carro devozionale, simile per significato e per aspetto a quello di
Messina, nel quale i figuranti sono viventi ed la Varia di Palmi.
La Provincia di Catania possiede un vastissimo patrimonio di vare, da quelle classiche a
sei o a quattro colonne, in legno o argento, a quelle pi caratteristiche, come la Vara
dell'Assunta di Randazzo, che si innalza per 18 metri di altezza.
Nel catanese sono dette varette (piccole vare) anche le caratteristiche candelore, dei
grossi ceri votivi appartenenti a circoli o classi sociali trasportati per mezzo di artistiche
costruzioni lignee dalle forme baroccheggianti.

In alcune localit etnee della provincia di Catania la vara utilizzata il Venerd Santo per
portare in processione il Cristo Morto chiamata cataletto.
Galleria fotografica[modifica | modifica sorgente]

Le Candelore di Catania

Fercolo di Santa Rosalia a Bivona (AG)

Vara d'oro del Cristo morto per la Settimana Santa di Enna

Vara d'oro del Cristo morto per la Settimana Santa di Enna

Vara d'oro della Madonna addolorata per la Settimana Santa di Enna


Vara lignea con foglia d'oro, per il Cristo morto. Opera di autore ignoto del 1850, processione del Venerd Santo aCatenanuova (EN)

Artistico fercolo ligneo diSan Giuseppe -Catenanuova (EN)

Il fercolo ligneo di San Giuseppe, opera del secolo XVIII - Santa Maria di Licodia (CT)

Il fercolo ligneo ottocentesco dellaMadonna del Carmelo-Santa Maria di Licodia (CT)

Vara di Messina
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Processione della Vara

La Vara di Messina un grande carro votivo dedicato alla Madonna Assunta e che viene
portato in processione il 15 agosto di ogni anno.
Il termine "vara" la traslitterazione di "bara", che sta ad indicare la bara dove giaceva il
corpo dellaDormitio Virginis (la Madonna Dormiente). La Vara alta circa 20 metri e pesa
sulle 10 tonnellate, viene portata in processione da centinaia di fedeli tramite delle lunghe
corde (gomene) che servono a farla trainare. Dette gomene lungue poco pi di cento metri
sono tirate all'inizio da due gruppi di persone, rigorosamente di due rioni messinesi
(Giostra e Muricello), che fanno capo ai rispettivi capi corda; fino a qualche anno fa
indossavano delle magliette di diverso colore (Blu e Marrone) ma adesso sono
semplicemente di colore blu in onore della Madonna. Fino al primo decennio del
dopoguerra gli angioletti della vara erano impersonati dai bambini (spesso orfani degli
istituti messinesi) mentre la Madonna in cima alla Vara era una ragazza scelta per
sorteggio. A seguito dei numerosi incidenti che alcune volte finivano in autentiche disgrazie
(con la morte di qualche partecipante al carro votivo) si provveduto a diminuire l'altezza
della Vara e sostituire i personaggi con figure di cartapesta. Tra i momenti pi seguiti e
suggestivi la cosiddetta "girata" cio quando la Vara si immette dalla Via Garibaldi in via I
settembre per giungere in Piazza Duomo, e a seconda della riuscita della manovra si
traggono aupici per tutto l'anno a seguire. Oltre la partenza, per quanto possa essere
entusiasmante, non riesce a trasmettere tutte le sensazione dell'entrata della Vara in
Piazza Duomo dove attesa da migliaia di messinesi.
La festa della Madonna Assunta a Messina rappresenta il momento di massima
espressione religiosa da parte del popolo, nonostante la festa patronale sia quella
della Madonna della Lettera il 3 giugno.
La Bara va veduta mentre in movimento; ferma, non pi che una pallida ombra di s stessa
(Giuseppe Pitr)
Zampogna
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Disambiguazione Se stai cercando lo strumento musicale a canne privo della sacca di


accumulo dell'aria, vedi Flauto di Pan.
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Zampogna

Informazioni generali

Origine Italia
Classificazione Aerofoni a serbatoio d'aria
Utilizzo

Musica folk
Zampogna romana alla serrese durante la festa di San Rocco a Pazzano(RC)
Duo di Zampogna e pipita in Calabria

La zampogna (il cui nome deriva probabilmente dal greco symphonia) un


antico strumento musical

Zampogna in Sicilia[modifica | modifica sorgente]


Zampogna a chiave di Monreale (Sicilia)
Zampogna a paru siciliana[9]
Surdulina
Zuccu
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Lo zuccu, o zuccata, un fal che viene acceso ritualmente la Vigilia di Natale sulle piazze di
molte citt della Sicilia orientale. Questa tradizione ha probabilmente origini pagane e deriva dai
fuochi che venivano accesi anticamente in occasione del solstizio dinverno. In alcuni paesi, prima
dellaccensione, la catasta di legna viene benedetta da un sacerdote alla presenza del sindaco.
Attualmente si tengono ceppi natalizi presso:

Aci Platani[1]
Acireale[2]
Altarello
Belpasso[2]
Bongiardo[3]
Carrabba
Ficarazzi
Giarre (piazza Duomo, piazza De Andr, villa san Francesco, via Callipoli presso chiesa di

san Filippo Neri)


Letojanni[4]
Macchia
Mascali
Pedara[2]
Piedimonte Etneo[5]
Randazzo[2]
Riposto[2] (piazza San Pietro, piazza del Commercio)
San Filippo del Mela[6]
San Giovanni Montebello
San Leonardello[7]
Sant'Antonino[8]
Santa Maria la Strada
Santa Venerina[2]
Taormina (piazza Duomo[9], piazza Santa Caterina[10])
Torre Archirafi
Trecastagni
Valverde[11]
Zafferana Etnea
Galleria fotografica[modifica | modifica sorgente]

Lo zuccu di Giarre

Lo zuccu di Zafferana Etnea

Opera dei Pupi


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Bene protetto dall'UNESCO

Patrimonio immateriale dell'umanit


Opera dei Pupi, teatro delle marionette siciliano
(EN) Opera dei Pupi, Sicilian puppet theatre

Stato
Italia
Proclamato nel 2001
Inserito nel 2008
Lista Lista rappresentativa del patrimonio
Settore Arti dello spettacolo
Scheda UNESCO (AR, EN, ES, FR) 00011
L'Opera dei Pupi (pra d Pupi in siciliano) un tipo di teatro delle marionette[1], i cui
protagonisti sono Carlo Magno e i suoi paladini. Le gesta di questi personaggi sono
trattate attraverso la rielaborazione del materiale contenuto nei romanzi e nei poemi
del ciclo carolingio. Le marionette sono appunto dette pupi (dal latino "pupus" che significa
bambino). L'opera tipica della tradizione siciliana dei cuntastori (da non confondere con i
"cantastorie" che narravano fatti di cronaca).
L'Opera dei Pupi si afferm nell'Italia meridionale: nella prima met del XIX secolo a
Napoli, grazie a Giuseppina dErrico, chiamata "Donna Peppa"[2] e in Sicilia, tra la
seconda met del XIX e la prima met del XX secolo.
Nel 2008 l'UNESCO ha iscritto l'Opera dei Pupi tra i Patrimoni Orali e Immateriali
dell'Umanit, dopo averla originariamente proclamata nel 2001. stato il primo
Patrimonio italiano a esser inserito in tale lista.

Indice
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1 Il pupo e i

l puparo

2 L'Opera oggi
3 Nelle citt
3.1 Palermo
3.2 Messina
3.3 Catania
3.4 Provincia di Catania
3.4.1 Acireale
3.4.2 Giarre
3.4.3 Caltagirone
3.4.4 Randazzo
3.5 Siracusa
3.6 Barletta
4 Bibliografia

5 Note
6 Voci correlate
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni

Il pupo e il puparo[modifica | modifica sorgente]

I "pupari" della famiglia Mauceri del Teatro dei Pupi di Siracusa.


Opera dei Pupi della compagnia Canino di Alcamo, in scena a Mazara del Vallo

Riccamente decorati e cesellati, con una struttura in legno, i pupi avevano delle vere e
proprie corazze e variavano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza
in palermitani ocatanesi. La differenza pi evidente stava nelle articolazioni: leggeri e
snodabili i primi (comunque difficili da manovrare), pi pesanti e con gli arti fissi i secondi
(ma pi semplici da manovrare).
Il puparo, curava lo spettacolo, le sceneggiature, i pupi, e con un timbro di voce particolare
riusciva a dare suggestioni, ardore e pathos alle scene epiche rappresentate. I pupari, pur
essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de
Roland, la Gerusalemme liberata e l'Orlando furioso.
Ogni pupo rappresentava tipicamente un preciso paladino, caratterizzato per la corazza ed
il mantello e gli spettatori usavano parteggiare per uno.
Generalmente si contrapponevano, fra tutti, i sostenitori delle due figure pi amate:
Orlando
Rinaldo
altre figure di rilievo:
Carlo Magno
Angelica
Gano di Maganza (il traditore)
i saracini (saraceni):

Rodomonte
Mambrino
Ferra
Agramante
Marsilio
Agricane
Gli esperti e gli appassionati conoscono anche Peppininu, la maschera popolare catanese
scudiero di Orlando e Rinaldo.
Spesso la rappresentazione, si chiudeva con la farsa, uno spettacolo di marionette di tono
licenzioso e buffo, con temi tratti dai personaggi delle tradizioni favolistiche siciliane.

A volte i pupari, per trasmettere contenuti non graditi alle autorit si servivano di un gergo
(comune ai malavitosi) detto baccagghiu (baccaglio).
L'Opera oggi[modifica | modifica sorgente]

Il teatro dei pupi di Alcamo

Nellera della tecnologia e della multimedialit, parlare di pupi evoca immediatamente


immagini daltri tempi, di spettacoli di piazza, fra il vociare di piccoli e grandi ed il rumore
delle armature, di minuscoli teatrini polverosi.
Ancora oggi sopravvivono alcuni pupari che cercano di mantenere viva la tradizione,
alcuni proponendo rappresentazioni per turisti e altri hanno una vera e propria rassegna
teatrale. Tra le storiche famiglie di pupari troviamo: Mimmo Cuticchio, Argento, Mancuso e
Greco di Palermo, Canino di Partinico, Crimi, Trombetta e Napoli di Catania, Mangano di
San Pietro Clarenza, Pennisi, Macr e Grasso di Acireale, Profeta di Licata, Puglisi e
Vaccaro-Mauceri di Siracusa, gli Immesi diBarletta e Lucio Corelli di Torre Annunziata.
Recentemente l'UNESCO ha dichiarato il Teatro dell'Opera dei Pupi Capolavoro del
patrimonio Orale e Immateriale dell'Umanit.
Nelle citt[modifica | modifica sorgente]
Palermo[modifica | modifica sorgente]

Oggi, la pi ricca collezione di Pupi si pu ammirare al Museo internazionale delle


marionette Antonio Pasqualino ed al Museo Etnografico Siciliano Giuseppe
Pitr di Palermo. Fra i pupari palermitani in attivit si ricordano Mimmo Cuticchio,
impegnato anche nell'altra tradizione orale siciliana ilcuntu (raccontastorie), e Girolamo
Cuticchio, fondatore dellaa Premiata Compagnia di Pupari Teatro-Arte Cuticchio.
Messina[modifica | modifica sorgente]

Di notevole rilievo storico la Famiglia Gargano, ultima famiglia "operante" rimasta


a Messina (e Provincia). Con le sue cinque generazioni consecutive la Famiglia Gargano
tra le pi antiche esistenti e oltre ad una ricca collezione di pupi possiede rari manoscritti
di fine '800[3].
Catania[modifica | modifica sorgente]

La compagnia pi importante quella dei fratelli Napoli[4], fondata a Catania nel 1921 da
Gaetano Napoli e oggi, giunta alla sua quarta generazione, senza interruzioni, rappresenta
la pi significativa realt del tradizionale teatro dei pupi di tipo catanese. Alla
Marionettistica Fratelli Napoli dedicato il Museo e teatro dei Pupi Siciliani alla Vecchia
Dogana, in via Beato Cardinale G. B. Dusmet 2. Al museo sono esposti i pi antichi
esemplari di marionette e sono proposti spettacoli e laboratori didattici curati dai fratelli
Napoli [5].
Provincia di Catania[modifica | modifica sorgente]
Acireale[modifica | modifica sorgente]

Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo dell'Opera dei Pupi Turi
Grasso sito in via nazionale nella frazione Capomulini di Acireale. Inoltre in centro citt,
nella via Alessi presente un Teatro dell'Opera dei Pupi dedicato a Emanuele Macr dove
si tengono ancora spettacoli. Emanuele Macr fu salvato, ancora infante, dalle macerie del

terremoto di Messina, dal puparo e amico di famiglia l'acese Mariano Pennisi che accorse
a Messina da Acireale proprio per andare a soccorrere i Macr. Emanuele fu l'unico
sopravvissuto della famiglia (aveva 13 mesi) e venne accudito come un figlio da Pennisi.
In seguito apprese l'arte dal maestro Pennisi e divent famoso in tutto il mondo per i suoi
tour.
Giarre[modifica | modifica sorgente]

A Giarre presente un museo-teatro dell'Opera dei Pupi nella sede della Pro loco. Gli
spettacoli vengono rappresentati su richiesta a cura della compagnia Zappal.
Caltagirone[modifica | modifica sorgente]

A Caltagirone ne un illustre esempio il Teatro-Museo dei Pupi siciliani di via Verdumai. Il


Teatro Stabile della Primaria compagnia dellOpera dei Pupi di Caltagirone nasce in tempi
difficili, alla fine del primo conflitto mondiale, per opera di Giovanni Russo. Dopo di lui
lOpra passa in eredit ad altri uomini, i quali superano le difficolt che unattivit come
questa comporta, grazie alla loro tenacia: Gesualdo e Salvatore Pepe, Eugenio Piazza e,
oggi, la Societ Eliotour. Nel 1978, il Comune di Caltagirone, prendendo spunto dal grande
successo di pubblico che la Compagnia aveva riscosso nel corso di una rassegna di Pupi
ad Acicastello, le affida il locale di via Verdumai. Restaurato ed adattato alluopo, il teatro
ospita oggi, oltre alla sala per gli spettacoli, una mostra dei pupi siciliani, appartenuti alla
collezione di Gesualdo Pepe, ed unesposizione di locandine e di libri storici.
La collezione di pupi comprende settanta soggetti di dimensioni che variano da 1,20 a
1,45 metri, interamente costruiti in legno, e cinquanta teste di ricambio che consentono di
avere a disposizione un gran numero di personaggi. I pupi sono vestiti da abiti in raso e
velluto e dotati darmature in rame e ferro lavorati a mano.
Gli spettacoli, che ripropongono le gesta eroiche dellepopea cavalleresca rinnovate di
volta in volta dalla fantasia e dallestro degli artisti, si svolgono sul palcoscenico dotato di
numerosi fondali intercambiabili dipinti a mano. Manovratori ed oratori danno vita e voce ai
pupi mentre gli aiutanti assicurano lavvicendarsi dei vari personaggi. Affiatamento,
bravura interpretativa, esperienza e capacit dimprovvisazione sono gli elementi che
concorrono alla buona riuscita dello spettacolo, oltre ad una grande passione per
questarte.
Randazzo[modifica | modifica sorgente]

Esposizione di Pupi di pregevole fattura presso il Museo Civico Vagliasindi di Randazzo.


In una sala del Castello Carcere collocata la collezione di Pupi Siciliani della famiglia
Russo composta da 37 marionette che rappresentano i personaggi dellepopea storica
della chason de Roland. La collezione fu realizzata tra il 1912 e il 1915 dallo scultore
Emilio Musumeci e utilizzata dal puparo messinese Nin Calabrese. Collezione di grande
valore che servita per allestire una rappresentazione alla presenza del Re Umberto II.

Siracusa[modifica | modifica sorgente]

Teatro dei pupi di Siracusa

Nel 1882, in uno scantinato di via Mario Minniti, allora "vanedda Spata", Francesco Puzzo
costru il suo primo pupo. Fu lui a creare il teatrino Eldorado di via Maestranza, con l'aiuto
del puparo Giuseppe Crimi che gli dipinse il sipario per il nuovo teatro. Il Puzzo cre
successivamente il Teatro Bellini che spost in molte sedi in citt oltre che in provincia,
agendo fino al 1917,quando i figli Ernesto, Giuseppe, Luciano e Salvatore ne seguirono le
orme. Ernesto Puzzo, nel 1924 tenne a battesimo il Teatro Eden di Via Gemmellaro, che
ospit il grande attore e puparo catanese Giovanni Grasso, e successivamente, nel 1928,
il Teatro San Giorgio di via Dante, oggi via dei Santi Coronati, a Siracusa. L'attivit di
Ernesto dur fino al 1947 mentre il fratello Luciano oper o Noto fino al 1937 quando
scomparve. I pupi di Luciano, ceduti agli imprenditori siracusani Andrea Bisicchia e Carlo
Pulvirenti, che nell'immediato dopoguerra gestirono un teatrino poi affidato a Ernesto
Puzzo, andarono a un non identificato puparo di Modica, mentre il materiale
marionettistico di Ernesto, nel 1957, fu rilevato dal puparo sortinese Ignazio Puglisi.
Francesco Puzzo che era nato a Siracusa nel 1857 si spense nel 1937. Ernesto
Puzzo,nato nel 1891 si spense nel 1965.[6]
L'incontro nel 1926 con Rosario Vaccaro, giovane apprendista, consolida l'opera di pupi di
Siracusa.
Nel 1978 i fratelli Rosario e Alfredo Vaccaro, con l'ausilio degli attori della locale
Televisione Video Regione e la presentazione ufficiale dello storico Giuseppe Guarraci e
dell'avv. Corrado Piccione, memoria storica siracusana, iniziano la loro attivit che segna
la ripresa dell'opera dei pupi a Siracusa. La famiglia Vaccaro per molti anni ha dato vita ai
pupi nella citt aretusea; attivi e collegati ai Vaccaro sono i fratelli Mauceri. La famiglia
Vaccaro-Mauceri gestisce un Piccolo Teatro dei Pupi, oltre ad una bottega e ad un
museo, aperto grazie a sovvenzioni europee[senza fonte].
Nella provincia di Siracusa sono presenti altre compagnie, tra cui quella dei Puglisi di
Sortino[7], guidata dall'ultimo discendente dei Puglisi, Ignazio Manlio Puglisi, che effettua
rappresentazioni riguardanti episodi tratte dalle pi note edizioni cavalleresche popolari
del XIX e XX secolo.
Tutto il materiale storico della Famiglia Puglisi conservato nel Museo Civico dell'opera
dei Pupi di Sortino "Fondo Don Ignazio Puglisi".

Barletta[modifica | modifica sorgente]

Dell'esperienza di pupari nella citt pugliese rimane una ricca collezione di pupi di diverse
dimensioni ospitata nel museo civico.

Settimana Santa a Enna


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Settimana Santa di Enna costituita da una serie di manifestazioni religiose derivanti


da antiche tradizioni di origine spagnola che si tengono annualmente nella citt siciliana.
Le celebrazioni attraggono migliaia di turisti e rappresentano l'evento pi importante per la
citt e per la sua provincia, soprattutto in occasione della processione del Venerd Santo,
durante la quale sfilano circa 2.500 confrati incappucciati, che portano ifercoli di Ges
morto e della Madonna Addolorata, sulle note di diverse marce funebri. I riti sono stati
inseriti tra le manifestazioni a richiamo turistico internazionale in Sicilia e tra le eredit
immateriali della Regione Siciliana.

Pianta della Processione del Venerd Santo ad Enna: A indica il Duomo, da dove la processione si snoda lungo la linea verde (via Roma, via Libert, viale Diaz). B
il piazzale del Cimitero dove avviene la benedizione, per poi ripartire in processione lungo la linea verde come indicato dalle frecce, e fino al Duomo.

Indice
[nascondi]

1 Storia dell

e confraternite e dei riti pasquali ad Enna

2 Le confraternite
2.1 Struttura delle confraternite ennesi
2.1.1 Il Rettore della confraternita
2.1.2 L'amministrazione dei beni
2.2 Le sette risorgimentali celate nelle confraternite
2.3 La nascita del Collegio dei Rettori
2.3.1 Tutte le processioni annullate o sospese nel passato
3 I simboli della Settimana Santa ennese
3.1 L'abbigliamento del confrate

3.2 Le mantelline e le insegne


4 Domenica delle Palme
4.1 Visita della Confraternita dello Spirito Santo alla Chiesa di San Leonardo
4.2 L'ingresso di Ges a Gerusalemme
4.2.1 La processione e l'adorazione in Duomo del Collegio dei Rettori
4.2.2 L'ora di adorazione delle confraternite
5 Luned Santo
5.1 Il Luned Santo nei secoli scorsi
6 Marted Santo
7 Mercoled Santo
7.1 Le ultime confraternite si recano in adorazione al Duomo
7.2 La benedizione e l'uscita in processione del SS. Sacramento
7.2.1 La rappresentazione vivente della Passione
8 Gioved Santo
9 Venerd Santo
9.1 I riti
9.2 Prima dell'uscita in processione del Cristo Morto dal Duomo
9.3 L'urna del Cristo Morto viene portata in Duomo
9.4 La banda rileva le confraternite
9.5 I misteri
9.6 L'afflusso in Duomo degli incappucciati
9.7 Il fercolo della Madonna Addolorata si avvia al Duomo
9.7.1 La Processione dal Duomo al Cimitero
9.7.2 Dalla benedizione al Cimitero al ritorno in Duomo
10 Domenica di Pasqua
11 Dopo la Pasqua
11.1 Festa della Donna Nuova
11.2 La Spartenza
12 Eventi collaterali
13 Turismo e impatto mediatico
14 Galleria fotografica
15 Note
16 Bibliografia
17 Voci correlate
18 Collegamenti esterni

Storia delle confraternite e dei riti pasquali ad Enna[modifica | modifica sorgente]

Anche se le prime confraternite ennesi sorsero gi nel Basso Medioevo, fu il XVII secolo a
segnare un loro notevolissimo incremento, addotto con ogni probabilit dall'avvento
dell'influsso spagnolo[1] sull'intera Sicilia, ma anche dalla cosiddetta controriforma
cattolica che la Chiesa Romanapromosse a seguito delle predicazioni
d'ispirazione protestante di Martin Lutero.
Fu proprio la dominazione degli Spagnoli - che governarono l'Isola dal XV secolo fino
al 1700 - a favorire la proliferazione delle confraternite, nate sulla base
delle confradias iberiche, a quei tempi vere e proprie congregazioni che esercitavano,
grazie agli ampissimi poteri e privilegi loro conferiti dai re spagnoli, un ruolo sociale ed un
potere sul popolo assai significativo. I sovrani, fortemente legati alla Chiesa e alle sue
ramificazioni sul territorio, concedevano sovente i titoli regali alle confraternite pi grandi o

pi prestigiose, che furono in grande numero, anche ad Enna, insignite delle onorificenze
di Venerabile, Regale, Nobile e Lata.
Le confraternite[modifica | modifica sorgente]

Abito

Confraternita

Storia

Scopo

Ora di
adorazione

la pi antica delle
confraternite ennesi e fu
fondata
dai frati basiliani, fra
Aiutare i confrati Alle 19
Santissimo
contadini, agricoltori e
ammalati ed
dellaDomenica
Salvatore
gabellieri. Nel 1672 le fu
indigenti.
delle Palme.
conferito il privilegio di
portare a spalla in
processione l'urna con
il Cristo morto.
Lo scopo sociale
Costituito subito dopo la principale era
scomparsa dei Templari, quello di curare i
Maria
rappresentava mugnai e malati di peste e i Alle 18 del
Santissima La
panettieri. La chiesa
derelitti in epoche luned santo.
Nuova
antica era infatti Sede
in cui gli ospedali
dell'ordine deiTemplari. erano pressoch
assenti.
Nacque dalla fusione di
tre confraternite:
Passione di San
Giuseppe, San Girolamo
e Santa Apollonia. Fra i Avvicinare i laici Alle 18 del
San Giuseppe
privilegi che le sono stati alla chiesa.
marted santo.
conferiti vi quello di
portare a spalla la statua
della Madonna il giorno
di Pasqua.
Fondata nella Chiesa di
Assistere i
San Bartolomeo, ader
condannati a
alla Compagnia della
morte e poterne
morte della quale porta
graziare tre ogni
Anime Sante le insegne: un teschio su
Alle ore 17 del
giorno 2
del Purgatorio due femori incrociati.
marted santo.
novembre in
Due suoi confrati hanno
occasione della
il privilegio di portare in
commemorazione
processione le insegne
dei defunti.
della citt di Enna.
Costituita con bolla del
vicer di Sicilia, nel
Aiutare i poveri
Alle 18
Santissima
corso dei secoli le sono durante la loro
dellaDomenica
Passione
stati attribuiti molti
vita e tumularli da
delle Palme.
privilegi fra i quali si
morti.
ricordano la scorta

Anno di
fondazione

1261

1308

1580

1615

1660

dell'urna di Cristo e il
portare in processione le
tavole dei misteri.
Santissimo
Sacramento

Fondata dall'aristocrazia
venne apparentata alla
confraternita dei
Bianchi.

Assistere i vivi
bisognosi e di
seppellirli da
morti.

Maria
Santissima
Immacolata

Costituita da artigiani e
commercianti, sorse
dalla fusione delle
confraternite
di sant'Orsolae dei
cordigeri.

Alle 12,30 del


Assistere i malati. mercoled
santo.

Alle 17 del
luned santo.

L'assistenza ai
poveri vivi e la
Costituita per la prima
loro sepoltura da
Maria
volta nel 1552. Scioltasi
Alle 17
morti. Solo i suoi
Santissima del e poi ricostituitasi, la sua
dellaDomenica
confrati
Rosario
rifondazione attuale
delle Palme.
appartenenti alla
risale al 1785.
nobilt avevano
questo privilegio.
Costituita fra gli
agricoltori, prese il nome Compier opere di
Maria
Alle 9,30 di
della Madonna di
carit in favore
Santissima di
mercoled
Valverde,
dei bisognosi e
Valverde
santo.
l'antica patrona della
dei derelitti.
citt.
Fondata da agricoltori e
contadini per avere la
facolt di partecipare, a
pieno titolo, alle funzioni
della settimana santa. I Alleviare le
suoi confrati
sofferenze dei
Alle 16 di
Spirito Santo
appartenevano infatti a poveri e
marted santo.
gente di modesto livello diseredati.
che non era tenuta in
grande considerazione
dalle confraternite allora
esistenti.
Costituita
dall'unificazione di altre
Maria
tre confraternite di
Dedicarsi ad
Alle 16 del
Santissima
origine agostiniana, ebbe
opere pie.
luned santo.
delle Grazie alterne vicende e fu pi
volte sciolta e
ricostituita.

1687

1699

1785

1799

1800

1835

Sacro Cuore
di Ges

Maria
Santissima
della
Visitazione

Maria
Santissima
Addolorata

Santissimo
Crocifisso
diPergusa

Sant'Anna

Venne fondata da
lavoratori
delle miniere dizolfo che
si trovavano numerose
nellaprovincia di Enna,
Alle 10,30 del
presso la chiesa di san
La cura dei poveri
mercoled
Paolino. Nel corso degli e degli infermi.
santo.
anni ha dovuto cambiare
spesso la sua sede, ma
ultimamente ha la sua
sede presso la chiesa di
Santa Maria del Popolo.
Intitolata alla santa
Testimoniare il
patrona della citt. Fra i
culto di Maria
suoi privilegi vi quello
Santissima della Alle 11 del
di sfilare nella
Visitazione e
luned santo.
processione di luglio in
delle anime
onore della santa patrona
defunte.
della citt.
Costituita dai
rappresentanti di arti e
mestieri del capoluogo,
ha la sua sede nella
La divulgazione Alle 11,30 del
chiesa omonima. Fra i
del sacramento
mercoled
suoi privilegi vi quello dell'eucaristia.
santo.
di portare in processione
l'effigie della Madonna
dei Sette Dolori.
Tra le pi recenti ad
essere fondata,la
confraternita nacque
fuori dalla citt, nel
villaggio di Pergusa, fra i
devoti del Ges del
Alle 18:00
lago (Signuruzzu du
L'adorazione di
dellaDomenica
lacu). I suoi confrati, per Ges in croce.
delle Palme.
il loro vestiario,
ricordano da vicino le
confraternite spagnole
alle quali peraltro si
rifanno tutte e sedici le
confraternite di Enna.
Ultima ad essere
Divulgare la
costituita fra le
devozione a
confraternite nasce nel santAnna,
Alle 09:30 del
marzo 2011. Ha la sua Mater Matris
luned santo.
sede nella nuova chiesa Dei, favorire fra
di Sant'Anna, nella parte i confrati la
bassa della citt, Enna
vocazione

1839

1874

1875

1973

2011

universale alla
Bassa per l'appunto. I
santit e compiere
suoi confrati indossano
opere di carit nei
una mantella marrone e
confronti dei
uno scapolare dorato.
bisognosi.
Struttura delle confraternite ennesi[modifica | modifica sorgente]
Il Rettore della confraternita[modifica | modifica sorgente]

La stessa gerarchia delle confraternite testimoniava il loro potere sul territorio, molto pi
radicato ed esteso rispetto finanche a quello regale: a capo di ciascuna congregazione
veniva eletto il membro pi anziano, al quale venivano automaticamente conferiti ampi
privilegi. Egli infatti era detto Rettore della confraternita, e gli erano riconosciuti i titoli
d'onore di Monsignore, Procuratore, Governatore, e rientrava a far parte di diritto
del Civico Senato.
Tanto i Rettori erano influenti nella citt - in cui erano visti come una sorta di casta autorit
- che avevano addirittura la possibilit, limitata al giorno deifesteggiamenti per il Santo
Patrono della confraternita, di concedere la grazia a tre condannati a
qualsiasi pena inclusa quella di morte. In pratica, ci che oggi, in uno Stato laico com'
l'Italia pu fare una sola persona in tutta la Nazione, ovvero il Presidente della
Repubblica tramite la grazia, nei secoli di dominio spagnolo in Sicilia era concesso a
centinaia di Rettori di confraternite ogni anno, accrescendo come ben immaginabile il
rispetto che avvolgeva questa figura anche ad Enna, l'allora citt di Castrogiovanni.
L'amministrazione dei beni[modifica | modifica sorgente]

Era il Rettore a presiedere tutte le assemblee delle confraternite, e a curare il bilancio di


queste ultime, con l'aiuto di un cassiere e di un segretario. Ogni confraternita infatti
possedeva un patrimonio non certo irrilevante, al contrario molto esteso in specie per quei
secoli di grande povert: tutte le congregazioni erano molto spesso beneficiarie di
lasciti, ex voto, donazioni provenienti in particolare dalle classi pi agiate. Erano persino
proprietarie di immobili e terreni, sovente dati in affitto, e grazie al fatto che si occupavano
di carit e di assistenza agli ammalati negli ospedali, le confraternite erano estremamente
popolari e ben viste, e pertanto sostenute anche economicamente dai fedeli, anche di
minori possibilit economiche. Ci si spiega con il fatto che la fede era radicatissima,
durante il dominio spagnolo, presso tutto il popolo.
Grazie alle offerte e ai contributi dei confrati, ogni confraternita era in grado di presentare
presso la Regia Prefettura un capitolo di spese ed entrate rinnovato annualmente, che, se
era di una qualche consistenza, aumentava il consenso ed il prestigio attorno a tali
confraternite.
Le sette risorgimentali celate nelle confraternite[modifica | modifica sorgente]

Alcune confraternite risorgimentali celavano addirittura nel loro seno vere e


proprie sette segrete, che agivano contro il regime imposto dagli spagnoli, ed erano
pertanto note come liberali. I loro rappresentanti erano sostenuti e protetti dalle stesse
congregazioni, che consentivano loro di riunirsi tranquillamente in tutta sicurezza senza
che la polizia potesse sospettare la natura di tali incontri. Alcune confraternite furono
costituite nell'allora Castrogiovanni proprio come mascheramento insospettabile di attivit
sovversive nei confronti dei Borboni, il cui strapotere nell'Italia meridionale non fu mai
accettato dal popolo ennese, che si vide penalizzato in favore della vicina e filoborbonica Caltanissetta. In quell'anno, infatti, le attivit dei liberali fervevano in tutta Italia,
e ad Enna fu fissata un'importante riunione proprio il venerd Santo, con l'intenzione di
distogliere le forze dell'ordine dall'incontro segreto. Il vertice, in cui erano coinvolti anche
personaggi di spicco nella lotta al regime spagnolo a livello nazionale e anche l'influente
barone Carini. Nel 1859 la polizia borbonica aveva rafforzato la sua sorveglianza. L'intera

isola era cinta da un rigoroso isolamento dal continente. Il presidio ennese era stato
incrementato e uno squadrone di dragoni era giunto da poco sistemandosi presso la
casermetta della Maddalena, mentre il maggiore comandante, il capitano e i due
luogotenenti erano ospiti al palazzo dei Terrasena, al piano delle Case Grandi. Anno di
inquietudine era stato definito dai generali Bosco, Lanza e De Nucci in un comizio fatto il
20 febbraio dal Palazzo Grimaldi Geracello, in Piazza S. Benedetto. Il 19 marzo, festa di
S. Giuseppe, intorno alle ore ventitr, dopo che la processione e la statua del Santo
rientrarono in chiesa, un brusio sempre pi acuto agit il presidio dei soldati che aveva
seguito la processione. Molte braccia si levarono in aria, molti visi si alzarono a guardare il
cielo in cui, chiss da dove, erano apparsi due grandi palloni di carta colorata. Uno
rappresentava un uomo con i capelli e la barba bianca e una papalina in testa, Garibaldi;
l'altro era una mongolfiera a strisce tricolori,verde, bianca e rossa. La cosa aveva
impensierito il commissario di polizia, cavaliere Andrea Gennaro Pettinato, napoletano di
S. Giorgio a Cremano, e il colonnello Wilemann, austriaco, che dirigeva le guardie reali del
distaccamento. Intanto si avvicinava la Settimana Santa e la Sicilia trepidava nel pensiero
degli avvenimenti di cui erano protagonisti il Piemonte e il Cavour. Le notizie di questi
eventi arrivavano nell'isola recate dai commessi viaggiatori e da strani personaggi che
giravano tutta l'isola come turisti. Con il pretesto del bel clima e dell'arte stringevano
geniali rapporti con gli uomini pi in vista, etichettati dalla polizia come teste calde. Al
pi piccolo dei dubbi seguivano perquisizioni ed arresti; in questa atmosfera di sospetti e
di repressioni, si era giunti alla domenica delle Palme. I liberali ennesi erano in gran
fervore. Da Malta era arrivato ad Enna un turista, che, per le conoscenze che aveva
consolidato al circolo dei civili, era gi sorvegliato dalla polizia, che lo faceva spiare. Ma,
poich non si era riscontrato nulla di importante, si era alleggerito il controllo. Ma ogni
notte, nel Palazzo Varisano, in Piazza Duomo, attraverso una porticina che dava sulla via
Simone Polizzi, il turista si fermava a parlare con quei nobiluomini. Questo ambiguo
personaggio era un emigrato siciliano del 1849, il barone Carini, che, inviato dalla Societ
Nazionale di Genova, recava ordini e notizie per spianare la strada a Garibaldi in Sicilia.
La riunione plenaria dei liberali fu concordata per il venerd Santo e i congiurati furono
avvisati in tutta segretezza che la riunione avrebbe preso inizio alle ore diciannove, presso
il Mulino a Vento (zona in cui ancora oggi si trovano le carceri giudiziarie), nella macroarea del quartiere Monte, allora una distesa agreste interrotta solo dal Cimitero storico di
Enna. Questo mulino era di propriet dei frati Cappuccini ed era collegato al convento, che
si trovava al cimitero, tramite un sottopassaggio che arrivava dietro l'orto del convento
stesso. Depositario ed esattore delle quote era frate Antonio da Mazzarino che, prima di
indossare il saio, era stato ai servigi del barone Varisano. Nel pomeriggio del venerd
Santo la processione usc dal Duomo con i confrati incappucciati. I liberali portavano
addosso le vesti dell'Arciconfraternita del Purgatorio, cos, alla fine della riunione,
attraverso il sottopassaggio sarebbero giunti tranquillamente alla chiesa del cimitero dove
si sarebbero uniti alla processione senza far sorgere dubbi. Sfortunatamente, un
informatore della polizia, un tale Esposito che aveva un 'erboristeria in piazza Balata,
inform il cav. Pettinato della riunione e questi, con i suoi militari, piomb sul mulino,
convinto di sorprendere sul fatto i patrioti ennesi. Ma frate Antonio, che era stato messo a
guardia della porta, fece in tempo a dare l'allarme e a far fuggire per il sotterraneo i liberali
che, sopraggiungendo in chiesa, si inserirono nella processione che nel frattempo era
arrivata. Cos, durante il ritorno, messi al sicuro per la visiera abbassata, erano certi di non
essere riconosciuti. Arrivati al Duomo cittadino sparirono dentro il Palazzo Varisano,
pregevole edificio nobiliare posto di fronte al Duomo ed oggi sede del Museo Archeologico
Regionale di Enna. Nel frattempo il barone Carini fugg a cavallo prima che fosse chiuso
l'ingresso di Portosalvo. La notizia della figuraccia subita dalla polizia si diffuse presto in

citt e fu allora che il Rettore dell'Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio cap il
motivo per cui le file della sua congrega si erano infittite al cimitero per poi ridursi in
Duomo. Il cav. Pettinato non pot fare altro che intensificare la vigilanza per l'anno
seguente e prendere dei provvedimenti per la Settimana Santa del 1860. Schier davanti
e dietro la processione dei soldati, i cui fucili avevano, al posto delle baionette, dei
ramoscelli d'ulivo e dispose che, al rientro dalla chiesa del cimitero fino al Duomo, si
proseguisse con la visiera alzata. Tutti furono amareggiati, perch, alzando la visiera del
cappuccio veniva meno l'importanza di questa ossequiosa forma di lutto. La sola
gratificazione che alcuni liberali poterono far propria fu quella di fissare alla porta del
palazzo comunale un cappuccio a visiera con un ramoscello d'ulivo e la seguente dicitura
rivolta al cav. Pettinato: come l'ulivo nella foresta siamo sicuri che lei ad Enna non resta.
Difatti, nel maggio seguente, la spedizione dei Mille, capitanata da Giuseppe Garibaldi,
sbarc in Sicilia e liber la citt dai Borboni.
La nascita del Collegio dei Rettori[modifica | modifica sorgente]

Collegio dei Rettori

Nel 1714, in piena fioritura delle confraternite ad Enna, il vicer di Sicilia Conte Annibale
Maffei emise undecreto col quale istitu il Collegio dei Rettori, un organo che riuniva tutti i
Rettori delle confraternite cittadine, originariamente a carattere spiccatamente economico,
come desumibile dal nome che gli fu dato in principio, vale a dire Consiglio Economico
delle Corporazione Religiose. Come prevedibile, il Collegio divenne presto l'organismo pi
potente ed influente esistente in citt, giacch esso riuniva le maggiori autorit religiose.
Il Collegio dei Rettori settecentesco aveva come insegna un labaro di tessuto su cui erano
raffigurate le confraternite, e partecipava attivamente ai riti della Settimana Santa di
quel secolo. La processione delladomenica mattina per l'Ora di adorazione al Duomo era
preceduta dai mazzieri, e vedeva in testa il Rettore della Confraternita dei Cordigeri il
quale sosteneva un crocifisso ligneo con in rilievo un Cristo a grandezza d'uomo, alle cui
mani erano legati nastri in seta dai colori corrispondenti a quelli delle mantelline delle
confraternite. I partecipanti alla processione, in particolare i Rettori, reggevano cos i
nastri.
Nel 1740, ad Enna vi erano 34 tra Confraternite, Compagnie e Collegi, tra cui a
primeggiare era indubbiamente lo stesso Collegio dei Rettori: un numero spropositato di
congregazioni religiose in rapporto alla popolazione della citt, allora molto meno
numerosa rispetto ad oggi, che riuscivano ad influire pesantemente sull'amministrazione
della stessa e sul potere del sovrano spagnolo. Il Collegio dei Rettori fu a tal punto ritenuto
"pericoloso" per la libera gestione degli affari pubblici, da essere addirittura sciolto gi
nel 1783 dal Vicer del tempo.
Si dovette attendere il 1944, l'immediato dopoguerra in Sicilia, per ottenere la
ricostituzione del Collegio, stavolta per con ben diverse funzioni, limitate infatti
all'organizzazione pi efficace dei riti religiosi pasquali e delle attivit delle confraternite, e
con ben pi ristretti poteri. I componenti del Collegio sono attualmente 16.

Oggi l'Ora di adorazione in Duomo non pi svolta come un'unica grande processione del
Collegio dei Rettori, come nel Settecento, ma al contrario ogni confraternita manda in
Duomo il proprio Rettore coi suoi collaboratori pi stretti, la cosiddetta Terzaglia: il giorno
della Domenica delle palme il Collegio dei Rettori compie la sua ora di adorazione al SS.
Sacramento, posto in Duomo, partendo da Montesalvo alle ore 16:00.
Tutte le processioni annullate o sospese nel passato[modifica | modifica sorgente]

Processione della "Paci" con nebbia e pioggia.

In secoli di celebrazioni, i riti della Settimana Santa ennese hanno pi volte conosciuto
bizzarri o eclatanti imprevisti, la maggior parte dei quali legati al maltempo che caratterizza
il primo scorcio diprimavera nelle zone, come la Sicilia centrale, dove vi un clima di
transizione tra il clima steppico e ilclima mediterraneo. In passato - ormai il riscaldamento
globale ha notevolmente mitigato il clima ennese - la neve, la grandine, la pioggia,
il vento o la nebbia accompagnavano puntualmente la Settimana Santa.
Durante il freddissimo XVIII secolo il cattivo tempo sconvolse pi volte le sacre funzioni. La
processione del Venerd Santo, ad esempio, nel 1782 fu bloccata dalla neve molto alta:
pare fu quello il primo anno, in cui, per causa di forza maggiore, l'evento religioso pi
sentito del periodo pasquale venne sospeso. Pochi anni dopo, nel 1798, quando la
processione aveva ancora percorso un solo tratto di via Roma, si lev un vento fortissimo,
che costrinse confrati e fedeli a rifugiarsi all'interno della vicina Chiesa di San Cataldo. A
quella sorta di ciclone segu una violenta grandinata, che imped a quanti erano riparati in
chiesa di uscire, non prima del mattino seguente.
Nell'Ottocento, si ebbero invece incidenti di diversa natura: nel 1812 si verific il pi grave
mai registrato sino ai giorni nostri, ovvero l'esplosione per ragioni ignote di
una fabbrica di petardi, che provoc due morti e numerosi feriti. Nel 1831, invece, 5
detenuti a pene gravi riuscirono a fuggire dalle prigioni allora situate nel Castello di
Lombardia, durante la processione del venerd Santo.
Nel 2009 la processione venne sospesa, causa maltempo, su decisione unanime del
Collegio dei Rettori.
I simboli della Settimana Santa ennese[modifica | modifica sorgente]

I riti della Settimana Santa ennese, essendo fortemente impostati sul modello di
quelli spagnoli, hanno derivato da questi ultimi anche i simboli, vale a dire il
tipico abbigliamento dei confrati, con le peculiari vesti, e ancora i Misteri portati in
processione il venerd Santo e persino la tradizioneculinaria. Ma di maggiore interesse
sono probabilmente le mantelline indossate dai confratelli, e ciascuna propria di una
confraternita.
L'abbigliamento del confrate[modifica | modifica sorgente]

I confrati devono attenersi ad un rigido regolamento che ne stabilisce l'abbigliamento


durante la processione. L'abbigliamento-tipo del confrate formato da:
camice bianco
cingolo ai fianchi

corona del rosario


scapolare
mantella (in dialetto ennese "mantiglia", dal termine spagnolo "mantillas")
guanti
cappuccio con visiera (abbassata durante le processioni della Settimana Santa)
corona di vimini sul capo
Le mantelline e le insegne[modifica | modifica sorgente]

Essenzialmente, il costume dei confratelli ennesi consta di un lungo camice bianco, stretto
ai fianchi da un cingolo, uno scapolare, la mantellina colorata (che nel dialetto ennese
nota come mantiglia, il perfetto equivalente dello spagnolo mantilla, di eguale pronuncia), i
guanti bianchi, il cappuccio con la visiera abbassata e una corona di vimini sul capo a
simboleggiare la corona di spine portata da Ges Cristo durante il calvario.
La parte pi vistosa di questi abiti risiede nei loro colori, che variano da confraternita a
confraternita e che contribuiscono a rendere la processione del venerd Santo
estremamente coreografica. Di seguito, sono riportate le principali differenze tra i costumi
propri delle varie confraternite:
Santissimo Salvatore:
La mantellina di colore giallo intenso, con a sinistra la rossa croce di Malta; la stessa si
ripete sullo scapolare, anch'esso giallo, adottato nel1955 poich prima di allora i confrati
portatori dell'urna del Cristo Morto indossavano solamente il camice bianco.
Maria Santissima La Nuova:
La mantellina di colore azzurro avion; sotto di essa si notano uno scapolare e una fascia
dello stesso colore, con due risvolti a nappe che pendono dal lato sinistro, i confrati
professi portano un antico medaglione d'argento al collo.
San Giuseppe:
La mantellina e l'abitino sono di colore verde oliva damascato. I suoi confrati portano
inoltre al collo un medaglione in argento raffigurante la Sacra Famiglia.
Anime Sante del Purgatorio:
La mantellina, i guanti, il cingolo con due nappe pendenti sul lato destro, i pantaloni e le
scarpe sono tutti rigorosamente di colore nero, con a sinistra, sulla mantellina, lo stemma
del teschio con due ossa incrociate. La lugubrit del vestiario confermata anche dalla
corona del rosario che essi portano al collo, avente un teschio di legno verniciato. I
mazzieri, oggi anch'essi in nero, portavano un tempo mantelli rosso damascato, una livrea
e dei guanti di pizzo bianco, e scarpe con fibbie d'argento.
Santissima Passione:
L'abito processionale formato d una tonaca bianca,uno scapolare rosso in cui nella parte
anteriore raffigurata una corona di spine e tre chiodi incrociati su di essa; essi sono cinti
alla vita da un cordone bianco e rosso e da un rosario dei 33 pater nostro aggiunto al
cordone, una mantella di colore rosso come il sangue di Cristo e a sinistra di essa vi
un'immagine del volto dell'Ecce Homo flagellato,una visiera sopra la quale posta una
corona di vimini e infine da un paio di guanti bianchi.
Santissimo Sacramento:
La mantella di colore giallo chiaro e i bordi di essa sono di colore rosso, non indossano
lo scapolare e sono cinti da una fascia di colore rosso.
Maria Santissima Immacolata:
La mantellina di colore bianco latte, come il vestito della Madonna Immacolata da cui
prende nome questa confraternita. Inoltre i confrati indossano unao scapolare di colore
azzurro avion e sono cinti da una fascia dello stesso colore dello scapolare.

Maria Santissima del Rosario:


La mantella di colore giallo chiaro e i bordi di essa sono di colore nero, non indossano lo
scapolare e sono cinti da cordone bianco e da un rosario di colore nero.I suoi confrati
portano inoltre al collo un medaglione in argento raffigurante la Madonna del Rosario.
Maria Santissima di Valverde:
La mantella e lo scapolare sono di colore verde intenso. Nella parte sinistra della mantella
vi un'immagine raffigurante la Madonna di Valverde.
Spirito Santo:
La mantellina, alla cui sinistra reca l'effigie dello Spirito Santo, e lo scapolare sono di
colore amaranto, mentre il camice stretto in vita da una fascia verde, con due risvolte a
nappe pendenti sul lato destro, e verdi sono pure i guanti.
Maria Santissima delle Grazie:
La mantellina di colore rosa pallido, con un cingolo nero e al collo viene portato un
medaglione recante l'immagine di Maria SS. della Cintura.
Sacro Cuore di Ges:
La mantella in pregiato tessuto rosso damascato, il cui camice, originariamente, aveva la
coda. Anche lo scapolare presenta lo stesso colore della mantella oltre a un cingolo
intrecciato con fili bianco-rosso.
Maria Santissima della Visitazione:
I confrati della Madonna della Visitazione, patrona della citt, impiegano il vestiario
del 1600, caratterizzato dal camice a sacco (cammisa in dialetto) suddiviso in due parti
con i bordi merlettati, la mantellina color azzurro tenue e il tipico scapolare di nastro su cui
ricamata l'effigie della Madonna.
Maria Santissima Addolorata:
La mantellina di colore viola, mentre i camici conservano la coda che striscia per terra
(utilizzata solo per la processione in Duomo del mercoled Santo). I confrati indossano
anche uno scapolare di colore nero. Nella parte sinistra della mantella presente
l'immagine raffigurante il cuore di Maria trafitto da una spada.
Santissimo Crocifisso di Pergusa:
l'unica confraternita che utilizza l'antico costume spagnolo, privo di mantellina, sostituita
da un camice color bianco con un vistoso colletto e le maniche svasate con orlature di
colore giallo, una stola di colore bordeaux in raso e una cinta di colore blu con orlature ai
bordi gialle, e con un cappuccio a punta rigida per la settimana santa, mentre per le
rappresentanze e per la festa del "Signuruzzu du Lacu" (1 Domenica di maggio) si utilizza
il fez di colore bordeaux.
Sant'Anna:
I suoi confrati indossano una mantella marrone, alla cui sinistra vi l'immagine di S. Anna,
e uno scapolare dorato.
Domenica delle Palme[modifica | modifica sorgente]
Visita della Confraternita dello Spirito Santo alla Chiesa di San Leonardo[modifica | modifica sorgente]

Alle ore 09:00 di Domenica delle Palme,dalla Chiesa dello Spirito Santo muove l'omonima
confraternita che, percorrendo via Spirito Santo, Piazza S. Bartolomeo, via Mercato e via
Passione, giunge alla Chiesa di San Leonardo per rendere omaggio, anche floreale, al
simulacro dell'Ecce Homo intronizzato sull'altare maggiore, davanti al quale i confrati,
dopo un breve momento di preghiera, partecipano alla celebrazione eucaristica.
L'ingresso di Ges a Gerusalemme[modifica | modifica sorgente]

I riti si aprono la Domenica delle Palme, quando viene evocato l'ingresso


di Ges a Gerusalemme. Alle 10:00 del mattino, come detta la tradizione, presso il
barocco Santuario di Papardura, arroccato sui ripidi fianchi della montagna su cui sorge la
citt, i confrati della Santissima Passione rappresentano l'arrivo del Messia nella citt

santa. Uno dei confrati, rappresentante Ges, monta su un asinello, preceduto da dodici
compagni, rappresentanti gli apostoli, che reggono ramoscelli di ulivo. Il corteo risale per la
strada che porta in citt, e viene accolto al quadrivio del Monte dalle rappresentanze delle
confraternite e dalla banda in festa, circondata da un gran numero di fedeli.
A questo punto, la processione si ferma alla Chiesa di San Sebastiano, dinanzi alla quale
viene posto un portale su cui vigilano due sentinelle romane dell'imperatore; Ges
sull'asinello e i dodici apostoli, attraversando tale portale fra gli osanna della folla, si
avviano ad assistere allabenedizione delle palme e dei ramoscelli di ulivo, per poi guidare
una grande processione che percorrer la parte occidentale della citt alta, ivi incluse le
tortuose e pittoresche viuzze dei quartieri tradizionali come pure i rettilinei ed ampi viali
della zona moderna. Quando finalmente la processione raggiunge la Chiesa di San
Leonardo, essa viene accolta dai fedeli e dal suono delle campane, mentre all'interno si d
il via allapassione di Ges di cui fa memoriale il simulacro dell'Ecce Homo.
La processione e l'adorazione in Duomo del Collegio dei Rettori[modifica | modifica sorgente]

Il Collegio dei Rettori avanza verso il Duomo

Il pomeriggio, si riprendono le solennit alle 16:00 presso la Chiesa di Montesalvo, da


dove ha inizio la processione cui partecipa il Collegio dei Rettori e le terzaglie, ovvero le
rappresentanze di ciascuna confraternita, distinte dai colori differenti delle mantelline.
Questa processione, si snoda per le vie principali diEnna alta, percorrendo di fatto la via
Roma per tutta la sua lunghezza fino ad arrivare al Duomo, dove il Collegio dei Rettori si
riunisce in preghiera dinanzi al SS. Sacramento. Dopodich, rispettando precedenze ben
determinate, ogni confraternita effettua a turno, da qui al mercoled Santo, un'ora di
adorazione: in dialettoennese, proprio per questo le confraternite sono altres note come
le ure.
L'ora di adorazione delle confraternite[modifica | modifica sorgente]

Di seguito, sono riportate le confraternite che svolgono l'ora di adorazione in Duomo


nell'ordine, e viene specificato da quale chiesa d'origine muovono in processione verso la
Cattedrale.
L'adorazione della Confraternita di Maria Santissima del Rosario
Alle ore 17:00 la Confraternita di Maria SS. del Rosario, si presenta in Duomo in seguito a
una breve processione dalla vicina Chiesa di San Giovanni Battista, per la propria ora di
adorazione al SS. Sacramento. Fondata nel 1785, nella Compagnia del Rosario rivive
tuttavia la cinquecentesca Compagnia dei Bianchi istituita dal Sant'Uffizio spagnolo.
Originariamente, i confrati erano tutti nobili e si occupavano dellassistenza spirituale dei
condannati a morte e della loro sepoltura.

Momento della processione dell'Ecce Homo

L'adorazione della Confraternita della Passione


I confratelli della Passione muovono dalla Chiesa di San Leonardo alle ore 18:00
percorrendo, la via Passione che ne prende il nome, piazza Pulcini, l'antica e suggestiva
via Mercato e la via Roma precedendo e scortando l'effigie dell'Ecce Homo che viene
portata in processione dal 1980. Terminata l'ora di adorazione il simulacro ritorna in
processione alla chiesa di appartenenza, dopo aver effettuato una breve sosta di
preghiera davanti allaChiesa dell' Addolorata, in ricordo dell'incontro del Cristo con Sua
Madre.
L'adorazione della Confraternita del SS. Crocifisso di Pergusa
Assieme alla Confraternita della Passione, si reca in adorazione al Duomo la confraternita
del SS. Crocifisso di Pergusa, la penultima confraternita fondata e una delle due che
hanno sede fuori da Enna Alta; infatti la sede di questa confraternita ha sede a Pergusa.La
confraternita parte per l'ora di adorazione anch'essa dalla Chiesa di San
Leonardo precedendo la confraternita della Passione. Assieme alle due confraternite si
muove processionalmente, alla stessa ora, la Compagnia del Terz'Ordine Carmelitano che
precede la confraternita del SS. Crocifisso di Pergusa da Piazza Neglia.
L'adorazione della Confraternita del Santissimo Salvatore
Muovendo dalla Chiesa del Santissimo Salvatore alle ore 19:00,la confraternita omonima
percorre via Salvatore, che da tale confraternita prende nome, via Portosalvo, via San
Francesco da Paola, scendendo sino in piazza Duomo per la via Roma.
Luned Santo[modifica | modifica sorgente]

Confraternita di Maria SS. della Visitazione nella suggestiva via Mercato

L'adorazione della Confraternita di Sant'Anna


Alle ore 09:30, dalla Chiesa di San Cataldo si recano in duomo i confrati di Sant'Anna, che
percorrono tutta la via Roma.
L'adorazione della Confraternita di Maria Santissima della Visitazione
Alle ore 11:00 si recano in duomo, dalla Chiesa di Montesalvo, i confrati di Maria
Santissima della Visitazione, che percorrono cos Enna alta per intero dalle viuzze pi
antiche, attraversando via Montesalvo, via Mercato e quindi tutta la via Roma.
L'adorazione della Confraternita di Maria Santissima delle Grazie
Alle ore 16:00, dalla Chiesa di Sant'Agostino muove la Confraternita di Maria Santissima

delle Grazie che percorre la via Candrilli, la via Mercato Sant'Antonio e la via
Roma giungendo infine al Duomo.
L'adorazione della Confraternita del Santissimo Sacramento
Alle ore 17:00, dalla Chiesa di San Tommaso muove la Confraternita del Santissimo
Sacramento, che percorre un notevole tratto della via Roma.
L'adorazione della Confternita di Santa Maria La Nuova
Alle ore 18:00 dalla Chiesa della Donna Nuova l'omonimo Collegio si reca in processione
al Duomo, percorrendo la via Donna Nuova e la via Roma.
Il Luned Santo nei secoli scorsi[modifica | modifica sorgente]

Nei secoli scorsi vi erano altre istituzioni religiose ad affollare il Duomo in occasione del
luned Santo, per l'ora consueta di adorazione; esse erano, nell'ordine: i Reverendi Padri
Riformati, la Pia Unione Figlie di Maria, l'Associazione Donne Cattoliche, le Parrocchie
di San Giovanni Battista,San Tommaso, San Cataldo e Sant'Agostino, oltre al Capitolo
della Collegiata Chiesa Madre e il Collegio di San Pietro, quest'ultimo, risalente al1581 e
sciolto nell'ultimo dopoguerra, comprendente tutti i panettieri e la manodopera della pasta.
Marted Santo[modifica | modifica sorgente]

L'adorazione della Confraternita dello Spirito Santo


Alle ore 16:00, dalla Chiesa dello Spirito Santo giunge in Duomo la Venerabile
Confraternita dello Spirito Santo, attraversando processionalmente via Spirito Santo,
piazza San Bartolomeo, via Mercato e via Roma.
L'adorazione dell'Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio
Alle ore 17:00, dalla barocca Chiesa delle Anime Sante che prospetta su piazza Neglia, si
muove l'Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio che percorre in processione un
notevole tratto della via Roma.
L'adorazione del Collegio di San Giuseppe
Alle ore 18:00, dal Santuario di San Giuseppe parte la processione del collegio omonimo,
che attraversa via Mercato Sant'Antonio e un breve tratto della via Roma per raggiungere
il Duomo.
Mercoled Santo[modifica | modifica sorgente]

Ora di adorazione della Confraternita del Cuore di Ges

Le ultime confraternite si recano in adorazione al Duomo[modifica | modifica sorgente]

L'adorazione della Confraternita di Maria SS. di Valverde


Dalla Chiesa della Madonna di Valverde alle ore 9:30, i confrati percorrono in processione
via Valverde, piazza San Giorgio, piazza Sant'Agostino, via Candrilli e via Roma fino al
Duomo.
L'adorazione della Confraternita del Sacro Cuore di Ges
Alle ore 10:30 dalla Chiesa di Santa Maria del Popolo, percorrendo la via Vittorio
Emanuele e la via Roma, la Confraternita del Sacro Cuore di Ges si reca in Duomo per la
propria ora di adorazione.
L'adorazione della Confraternita di Maria Santissima Addolorata
Alle ore 11:30, dalla Chiesa dell' Addolorata la confraternita omonima muove verso il

Duomo in processione. I confrati dell'Addolorata formano un imponente cordone umano,


coi camici striscianti ed in testa una schiera di bambini vestiti da angioletti o da giovani
monache, che percorrono parte della via Roma.
L'adorazione della Confraternita di Maria Santissima Immacolata
Alle 12:30 anche l'ultima confraternita raggiunge il Duomo muovendo dalla Chiesa di San
Francesco d'Assisi, nel pieno centro della citt. La processione attraversa via Sant'Agata,
via Cascino e la parte superiore di via Roma.
La benedizione e l'uscita in processione del SS. Sacramento[modifica | modifica sorgente]

Benedizione con il SS. Sacramento

Alle ore 13:00, quando anche l'ultima confraternita ha effettuato la rituale adorazione al
SS. Sacramento, viene celebrata in Duomo la messa di reposizione dell'Eucaristia.
Conclusosi questo rito, in Duomo avviene la benedizione del SS. Sacramento, l'oggetto
dell'adorazione delle 16 confraternite nei giorni precedenti; il SS. Sacramento viene infatti
posto in uno dei preziosissimiostensori custoditi al Museo Alessi di Enna, un vero e proprio
capolavoro dell'oreficeria barocca, risalente al 1735.
L'ostensorio a forma di raggiera ed interamente realizzato in oro, alto 84 cm e largo fino
a 39 cm nel diametro della raggiera stessa. Quest'ultima, infatti, sorretta da
un angelo con le ali aperte, ed riccamente tempestata di preziosissimi smalti e gemme,
presenti fra l'altro anche sul fusto e sul piedistallo dell'opera e di colori studiati apposta per
rendere un pregevole effetto chiaroscurale. Il valore simbolico di tale ostensorio
anch'esso elevato, giacch il suo fusto suddiviso in tre sezioni rappresentanti la Fede,
la Speranza e la Carit, mentre le miniature di smalto sulla base raffigurano il grano e
l'uva, entrambi elementi eucaristici.
La benedizione avviene all'aperto, in piazza Mazzini, sotto il barocco Portale di San
Martino e dinanzi a una folla che assiepa l'intera piazza e l'adiacente piazza Duomo. Poi,
l'ostensorio d'oro e gemme contenente il SS. Sacramento viene portato in processione per
le vie Orfanotrofio, Bagni e la via Roma, un breve ma intensissimo percorso nel consueto
bagno di folla, rientrando in Duomo dal portale centrale. A questa processione partecipano
le confraternite della giornata con le visiere alzate e i vessilli inalberati.
La rappresentazione vivente della Passione[modifica | modifica sorgente]

Dal 1981, su iniziativa della parrocchia del SS. Crocifisso di Pergusa e dell'omonima
confraternita, ogni Mercoled Santo, in serata, si svolge nella frazione del Villaggio
Pergusa la rappresentazione vivente della Passione e morte di Ges. La manifestazione,
anch'essa molto seguita dai fedeli e dai turisti, si tiene nella piazza principale del Villaggio.

Gioved Santo[modifica | modifica sorgente]

Altare della reposizione in Duomo

Gioved Santo, nonostante funga da spartiacque tra i primi quattro giorni di processioni a
ritmo serrato e il grande evento del venerd Santo, comunque di grande interesse,
poich l'intera citt si concentra sulla lavanda dei piedi in occasione della Messa in "Coena
Domini" celebrata in ogni parrocchia, ognuna delle quali si trasforma in mta di
incessanti pellegrinaggi che cominciano subito la Messa e si protraggono sino a tarda
notte.
Tutte le chiese di Enna allestiscono, infatti, ciascuna il proprio sepolcro, che consiste
nell'addobbare l'altare maggiorecollocandovi tra l'altro, in artistici tabernacoli e urne di
varie forme, l'Eucarestia in ostensione, rappresentante Ges nelsepolcro, appunto. La
tradizione, che attecchisce parzialmente anche nelle giovani generazioni, impone la visita
di tre sepolcri, la qual cosa determina l'affollamento di tutte le strade su cui si affacciano le
chiese, anche quelle pi piccole o spesso tenute chiuse ai fedeli.
Venerd Santo[modifica | modifica sorgente]

Venerd Santo il giorno clou, il culmine e l'apice dei riti pasquali ad Enna. Stando ai dati
resi noti in un'intervista dal presidente del Collegio dei Rettori, sarebbero oltre 20.000 le
persone che gremiscono normalmente la citt per assistere alla grande processione dei
circa 2.500 confrati. L'evento sacro, che il pi importante di Enna assieme alla festa
patronale del 2 luglio, probabilmente quello di maggiore richiamo turistico dell'intera
provincia, fatte salve le competizioni motoristiche ennesi all'Autodromo di Pergusa, e da
solo incide significativamente sull'intera stagione turistica e sulla funzionalit delle strutture
ricettive.
La Processione del Venerd Santo di Enna stata infatti inserita dalla Regione Siciliana tra
gli eventi di attrazione a livello internazionale che si tengono sull'isola, e figura inoltre
nell'ambito del Registro delle Eredit Immateriali (REI) della Regione a statuto speciale, ed
congruamente finanziata sia dalla Regione quanto da tutti gli enti locali, in particolare
dalla Provincia, e gode altres di prestigiosi patrocini come quello dellaComunit Europea.
Migliaia di visitatori provenienti dalle province limitrofe si aggiungono puntualmente alla
folla di ennesi e a quella dei turisti, rendendo necessari provvedimenti per il mantenimento
dell'ordine pubblico e regolari servizi pubblici gratuiti per l'accesso ai luoghi della
processione[2].
I riti[modifica | modifica sorgente]
Prima dell'uscita in processione del Cristo Morto dal Duomo[modifica | modifica sorgente]

I riti sacri vengono avviati dalla celebrazione eucaristica che si tiene al Duomo, nota
come rito delle tenebre, che consiste nella lettura e meditazione sulla Passio Domini, un
lungo e dettagliato passo del vangelo sulla passione di Ges, suddivisa in sette parti.
Alla celebrazione eucaristica, seguono alcuni riti tradizionali: i canonici, vestiti con
cappuccio viola e la veste che tocca terra, e l'ermellino bianco sulle spalle, scalzi,
percorrono la navata centrale del Duomo in tutta la sua lunghezza, genuflettendosi tre
volte per rievocare le tre cadute di Cristo nella salita al Calvario. Anticamente, per
riprodurre lo spaventoso boato delle tre cadute di Ges venivano accatastate delle pesanti
sedie che poi erano fatte cadere provocando una fortissima eco fra le mura della chiesa.

Giunti all'altare maggiore, essi adorano il prezioso crocifisso ligneo tenuto velato sin dal
giorno precedente.
L'urna del Cristo Morto viene portata in Duomo[modifica | modifica sorgente]

L'urna del Cristo Morto verso il Duomo

Alle ore 17:00, dalla parte superiore della citt, i confrati del SS. Salvatore percorrono in
processione le vie Salvatore, Portosalvo, Tre Palazzi e Roma per portare al Duomo l'urna
del Cristo Morto, che attender l'arrivo della Madonna Addolorata all'interno del Duomo.
L'urna monumentale un pregiato lavoro di ebanisteria, fatta di legno massiccio lavorato,
e laminato in oro zecchino, sormontato da unacroce e avente quattro angeli con le ali
spiegate posti agli angoli e vetri che rendono visibile il corpo di Ges contenuto all'interno.
Adagiato su una coltre di raso, Cristo rappresentato coronato di spine e reca molte ferite
sanguinanti, con barba e capelli incolti e la bocca digrignata, coperto solo da una stuola
bianca.
Prima di questa urna, risalente al 1935, veniva usata una molto pi piccola e leggera.
La banda rileva le confraternite[modifica | modifica sorgente]

Alle ore 16:30 una delle bande cittadine si reca presso la Chiesa di San Leonardo per
accompagnare in processione la Confraternita della Passione, alla quale, durante il tragitto
verso il Duomo, si accodano tutte le altre confraternite, men che quelle del SS. Salvatore e
dell'Addolorata. Il corteo, abbracciato da due ali di folla lungo le vie del centro storico,
sosta presso la Chiesetta dell'Addolorata per consentire alle migliaia di confrati di
omaggiare la Madonna Addolorata, la cui statua gi stata collocata sulla
cosiddetta vara[3]. Finito questo lungo rito, i confrati dell'Addolorata si dispongono a
chiusura della processione e portano all'esterno della chiesa il fercolo della Vergine, che
viene posto nel portico per essere ammirato da fedeli.
I misteri[modifica | modifica sorgente]

Salendo verso il Duomo, la Confraternita della Passione porta, secondo un ordine ben
preciso lungo le due file, i cosiddetti "misteri", ovvero i simboli per fare memoriale
della passione di Cristo.
Sul lato sinistro si possono individuare: la lanterna che condusse i soldati al Getsemani,
la spada di cui San Pietro si serv per tagliare l'orecchio di uno dei soldati, un guanto
simboleggiante le mani di Ponzio Pilato, la corona di spine posta sul capo di Ges, i flagelli
con i quali venne frustato, iltamburo che scand l'ascesa al Calvario, il velo con cui
la Veronica asciug il volto insanguinato del Cristo, i chiodi con i quali fu crocifisso, la
scrittaINRI posta sulla sommit della croce, i dadi che furono usati dai soldati romani per
tirare a sorte le vesti da contendersi, la lancia con la quale Ges fu ferito al costato, e
la scala, con la quale fu deposto dalla croce.
Sul lato destro si notano invece: il calice da cui Ges bevve nell'ultima cena, la borsa con i
trenta denari per i quali Giuda trad il suo maestro, le funi con cui fu legato, il mantello
rosso che lo copr nel pretorio, una colonna di marmo che ricorda il luogo dove Cristo fu
frustato, la canna che gli fu messa tra le mani, la bacinella e la brocca con cui Ponzio
Pilato si lav le mani, la croce che fu caricata sulle spalle di Ges, il martello che serv per

conficcare i chiodi, la tenaglia adoperata per toglierli, la spugna imbevuta di aceto che gli
fu data per dissetarsi, e il sudario nel quale fu avvolto prima di essere deposto nel
sepolcro. Ma il pi curioso fra tutti i Misteri certamente il gallo, vivo, ornato con nastri
multicolori, che simboleggia quello che cant quando San Pietro rinneg per tre volte di
conoscere Ges.
L'afflusso in Duomo degli incappucciati[modifica | modifica sorgente]

Le confraternite arrivano al Duomo

Intanto, le confraternite arrivano in Duomo in base ad un preciso ordine delle precedenze,


che nel 1941fu discusso addirittura dal Vaticano per risolvere una controversia. Nella
fattispecie una divergenza sorta tra le Confraternite di Maria SS. Addolorata e della Donna
Nuova fu addirittura risolta dalla Congregazione dei Riti che nel 1941 concesse ai confrati
dell'Addolorata il diritto di precedere il loro fercolo nella processione che va dalla chiesa
del Mercato S. Antonio e arriva in Duomo. I confrati della Donna Nuova asserivano invece
che spettava a loro questo privilegio in quanto la loro confraternita era la pi antica tra
quelle che accompagnano in Duomo il fercolo della Vergine dei Sette Dolori. La prima la
Compagnia della Passione che con i "Misteri" apre la processione, preceduta da una
banda musicale e anticamente dal coro dei cosiddetti 'mbriachi (ubriachi) che cantavano
i lamintanzi (lamenti), sorta di gemiti di dolore che rievocano la passione di Ges.
Seguono poi, in ordine di fondazione pi recente, la Confraternita di Sant'Anna, la
Confraternita del SS. Crocifisso di Pergusa,la Confraternita di Maria SS. di Valverde, la
Compagnia del SS. Sacramento, la Confraternita di Maria SS. delle Grazie, il Collegio di
S. Giuseppe, la Compagnia di Maria SS. del Rosario, la Confraternita di Maria SS.
Addolorata, la Confraternita di Maria SS. della Visitazione, la Confraternita del Sacro
Cuore di Ges, la Venerabile Confraternita dello Spirito Santo, la Confraternita di Maria
SS. Immacolata, l'Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio, il Collegio di Santa
Maria La Nuova e infine la Confraternita del SS. Salvatore.
Seguendo l'ordine sopra descritto tutti i confrati entrano in Duomo salendo la gradinata
centrale e defluiscono, con forte effetto scenico, all'interno della chiesa: attraversando
la navata centrale, essi rendono omaggio al Cristo Morto e poi escono dal portale
secondario, in tal modo sono pronti per l'inizio della Processione vera e propria.
Il fercolo della Madonna Addolorata si avvia al Duomo[modifica | modifica sorgente]

Il fercolo dell'Addolorata arriva in Duomo.

Il simulacro della Madonna Addolorata ricorda quello della "Macarena" di Siviglia.


La statua di Maria, appare con il capo reclinato a sinistra ed un'espressione d'angoscia e
dolore impressa sul volto, con le labbra socchiuse in un gemito di disperazione, e le mani,
a differenza di quanto avviene in gran parte delle statue mariane, non sono giunte, ma
una, la destra, stringe il seno in corrispondenza del cuore, trafitto dal dolore, mentre la
sinistra afferra un fazzoletto. Il collo cinto da una preziosa collana d'argento contenente
una reliquia. Fino agli anni settanta, il resto del corpo era invece ricoperto di ex voto. La
Madonna indossa un ampio manto merlato di velluto nero in segno di lutto, e la "vara",
sormontata da una cupoletta, illuminata da piccole lampadine, con fiori bianchi ai piedi
della statua.
Terminata l'esposizione del fercolo dell'Addolorata, alle 18:15 esso viene portato a spalla
dai confrati lungo via Mercato Sant'Antonio, viuzza secondaria piena di botteghe che in
questa occasione trabocca di gente, superata la quale i confrati si immettono in una via
Roma stracolma, lungo la quale muovono il fercolo con un ritmo lento e ondulatorio
accentuato dalle marce funebri che sottolineano la tragedia della madre di Ges che
piange suo figlio morto.
Alle 18:40 circa, il fercolo della Madonna Addolorata viene caricato, sempre a spalla dai
confrati, sulla grande scalinata del Duomo, e viene posizionato all'interno della Chiesa
Madre dove l'attendeva l'urna del Cristo Morto.
La Processione dal Duomo al Cimitero[modifica | modifica sorgente]

L'urna sfavillante del Cristo Morto si accoda alla processione degli incappucciati lungo via Roma

Il fercolo dell'Addolorata segue in processione l'urna di Cristo in una via Roma a luci spente

Entrato il fercolo della Madonna Addolorata in Duomo,alle ore 19:00 cominciano a sfilare
in processione e i fercoli di Ges prima e dell'Addolorata appresso vengono usciti in
processione,seguiti dalla banda comunale e preceduti dalla cosiddetta Spina Santa. Si
tratta di una preziosa Croce reliquiario in argento delXVI secolo, al cui centro, incastonata
in una casella di vetro, si trova una delle spine della corona di Cristo assieme ad un pezzo
della sua croce. La croce innestata in un candeliere decorato allo stesso modo, ovvero
con motivi a ramoscelli e fiori dorati, mentre la sua base presenta cesellate delle arpie con
possenti ali e grandi artigli. La Spina Santa viene condotta in processione da quando la
nobildonna Emilia Grimaldi, principessa di S. Caterina, vi fece sistemare la reliquia donata

dai frati Cappuccini e don la croce al Tesoro del Duomo il 13 marzo 1733 con la precisa
volont che fosse portata in processione il venerd Santo sino al Cimitero dove si trova la
chiesa di S. Paolino (antica sede del Convento dei frati Cappuccini).
Un mesto silenzio accoglie l'uscita dal portale centrale del Duomo della Spina Santa, e dei
due fercoli condotti in processione lungo Via Roma: essi discendono lentamente la
scalinata della Chiesa Madre sulle note di alcune marce funebri composte apposta per
l'occasione nell'Ottocento, e vengono quindi posti al centro di una piazza Duomo
stracolma al pari dell'attigua piazza Mazzini per ricevere l'adorazione e le preghiere di una
folla silente. Il fercolo della Vergine in lutto per la morte del Figlio viene issato sulle spalle
dei confrati portatori che acquisiscono questo privilegio secondo una delle norme dello
statuto che regolamenta la congregazione, che legittima il diritto alla spalla in base alla
successione da padre in figlio. Si tratta, probabilmente, della processione pi lunga di
Sicilia, poich si snoda per 3,7 km (dal Duomo al Cimitero e viceversa) e vede l'intero
centro storico cittadino riempirsi di una calca di migliaia di persone, ordinatamente
disposte ai lati della via Roma come in un abbraccio che le due ali di folla stringono ai
quasi 2.500 confrati che sfilano per ore con la visiera abbassata attraversando Enna
alta da un capo all'altro.
I confrati, seguendo le note delle marce funebri intonate dalle bande, con passi cadenzati,
ondeggiano cercando quasi di rendere meno doloroso il cammino della Vergine
Addolorata. La suggestione della Processione del Venerd Santo data dalla rievocazione
di eventi a tutti noti che suscitano la piet popolare dei fedeli. Tace il caotico traffico
ennese, tace il frenetico shopping, si spengono le vetrine dei negozi, delle banche, degli
uffici, per lasciare che migliaia di torce collocate in imponenti cordoni luminosi gettino luce
quando il sole comincia a calare, senza perci turbare un'atmosfera di mestizia.
La processione scorre lenta per il corso di via Roma, attraversando tutte le piazze
protagoniste della vita cittadina, da piazza Napoleone Colajannialle piazze Umberto I e VI
dicembre, fino ad arrivare alla centralissima Piazza Vittorio Emanuele II, meglio nota
come Piazza San Francesco. Nelle piazze sono regolarmente accalcate migliaia di
persone.
La processione raggiunge a questo punto piazza Matteotti, l'incrocio cittadino pi
pesantemente trafficato e abitualmente rumoroso e movimentato: ma all'arrivo dei confrati,
che procedono lentamente, la vita frenetica si ferma improvvisamente (l'intero centro
storico viene trasformato in una grande isola pedonale sin dal pomeriggio) per cedere il
passo all'evento religioso.
Essa si snoda dunque per tutta via Roma, per sopraggiungere poi in via Libert ed arrivare
quindi in un anomalo quadrivio del Monte, dove si accalcano soprattutto i fedeli ad
attendere l'arrivo della processione. Percorso per tutta la sua lunghezza il viale Diaz, il
solenne corteo raggiunge finalmente il vastissimo spiazzale antistante il Cimitero intorno
alle 20:45.
Il clero ha naturalmente seguito la processione: un baldacchino ospita il Vescovo, seguito
dai monsignori e dai parroci.Anticamente tutti e due i vescovi della provincia di Enna quello della Diocesi di Piazza Armerina e quello di Nicosia assistevano alla processione
nel capoluogo.

Dalla benedizione al Cimitero al ritorno in Duomo[modifica | modifica sorgente]

I due fercoli al Cimitero in attesa della Benedizione

Una sosta strategica ha luogo dunque nell'enorme spiazzale antistante il Cimitero storico
di Enna. Le confraternite defluiscono verso gli spazi loro appositamente riservati, mentre il
resto della piazza occupato dai fedeli in coda. Fino ad alcuni anni fa, da un palco
allestito in un angolo da cui l'intera piazza era ben visibile, veniva impartita la solenne
benedizione, dopodich la Spina Santa ed i fercoli del Cristo Morto e della Madonna
Addolorata entravano nella Chiesa annessa all'ex Convento dei Cappuccini mentre i
tremila confrati ripartivano a volto scoperto. Allo stato attuale qualche cosa cambiata. La
solenne benedizione viene comunque impartita da un palco allestito ad un angolo della
piazza ma i fercoli non entrano pi nella chiesa a causa di alcuni lavori di restauro che non
ne consenteno l'accesso. Inoltre la tradizione secondo la quale tutti i confrati, al ritorno,
dovevano procedere con la visiera alzata fino al Duomo, tradizione che risale al 1860,
anno in cui la polizia borbonica si vendic del pi clamoroso smacco dei patrioti ennesi, fu
abolita nel 1980. Infatti dall'anno successivo, il 1981, si riprese la tradizione della visiera
abbassata anche nella processione di ritorno al Duomo. Ci non toglie che i fatti risalenti al
1860 vengono comunque ricordati dai confrati con un gesto simbolico. Infatti, non appena i
confrati di ogni confraternita arrivano nel piazzale antistante il cimitero, giungono all'arco
laterale della chiesa di S. Paolino con la visiera abbassata ed escono da quello centrale
alzando la visiera, ci in memoria degli episodi avvenuti in quegli anni.
Dopo questa sosta, la processione riprende procedendo per la via S. Francesco d'Assisi e
la via Vittorio Emanuele. In quest'ultima via, stretta ma tanto caratteristica, si pu notare
quanto sia realmente viva la partecipazione degli ennesi a questa tradizione. I balconi che
danno sulla via Vittorio Emanuele sono tutti illuminati con luci appropriate, la gente vi sta in
ginocchio, e molti di quanti vedono passare il fercolo dell'Addolorata, cercano di sfiorarne il
tetto, quasi per una loro eccezionale adorazione. Superata la chiesa di S. Cataldo, in
piazza Matteotti, i portatori si avvicendano nei cambi per favorire l'incedere della
processione: cos che i confrati pi alti passano per ultimi e i pi bassi passano nei primi
posti delle aste (i baiardi in dialetto ennese) dei simulacri. Risalendo per la via Roma,
nonostante l'ora tarda, una folla resta a veder rientrare la processione. Essa arriva cos in
Duomo dopo aver percorso la via Mercato S. Antonio ancora illuminata dalle luci delle
botteghe allestite con dei fiori. Poi, l'urna del Cristo morto viene riportata nella propria
chiesa, e successivamente il fercolo dell'Addolorata, preceduto da tutte le confraternite,
come i parenti e gli amici dopo il funerale, fa ritorno per la via Roma alla chiesa del
Mercato S. Antonio, dove praticamente finisce la processione del venerd Santo. Ai
portatori vengono offerti biscotti e vino. Non molto tempo addietro anche delle fave bollite.

Domenica di Pasqua[modifica | modifica sorgente]

I fercoli di Ges Risorto e della Madonna si incontrano

La domenica di Pasqua si concludono in grande stile le celebrazioni della Settimana


Santa: la festa della Resurrezione ha luogo in piazza Duomo, nel pomeriggio alle 18:00, si
svolge la Processione della Pace (Paci in dialetto), durante la quale la Madonna e il Cristo
Risorto vengono portati dai confrati in processione, rispettivamente da quelli di San
Giuseppe e del SS. Salvatore, per convergere ai piedi della Chiesa Madre. Quando il
Cristo Risorto appare all'ombra della mole del Duomo, il velo nero che sino ad allora ha
ricoperto la Madre cade, i due fercoli corrono l'uno verso l'altro al suono delle campane
che vengono finalmente sciolte, quindi i fercoli vengono portati dentro alla Chiesa Madre
dove rimarranno per una settimana.
La commovente cerimonia della Paci cos chiamata giacch, fino al XVI secolo, era
questa l'unica occasione in cui gli abitanti veri e propri della citt ed i contadini che vi
erano stati ghettizzati nel versanteoccidentale, detto Monte, deportati questi ultimi
dai feudi sottostanti, potevano incontrarsi. Infatti, per tutto l'anno un muro, posto dove oggi
c' piazza Matteotti nota appunto come piazza Balata, divideva i cittadini ennesi dai
contadini, che celebravano i riti della Settimana Santa separatamente, ma potevano solo a
Pasqua e per la settimana successiva accedere in citt.
Dopo la Pasqua[modifica | modifica sorgente]
Festa della Donna Nuova[modifica | modifica sorgente]

Il sabato successivo alla Pasqua si tiene la Festa della Donna Nuova, organizzata dal
Collegio di Santa Maria La Nuova l'uscita in processione - alle ore 19,00 - del simulacro
della Donna Nuova, ovvero della Madonna a fine lutto, portato da 60 confrati del collegio
dall'omonima chiesa fino al Duomo per l'incontro con il simulacro di Ges Risorto. Il rientro
di Santa Maria La Nuova alla propria chiesa d'origine avviene in tarda serata.
Tali festeggiamenti, che originariamente si svolgevano il marted e non il sabato dopo
Pasqua, sono parte integrante dei riti della Settimana Santa ennese da molti secoli,
certamente dal Quattrocento, e nel corso del tempo hanno ricevuto numerosi privilegi
concessi dalle massime autorit del Regno: dalla possibilit di rinviare la festa fino a 15
giorni dopo la Pasqua in caso di maltempo, all'acquisto, nel Seicento, di nuove e pi belle
statue, opera di Giovanbattista Li Volsi da Nicosia.
La Spartenza[modifica | modifica sorgente]

L'indomani, Domenica in Albis, alle ore 18:00 i confrati del SS. Salvatore, S. Giuseppe e
dello Spirito Santo,con le rispettive insegne oltre al simulacro rappresentante la SS.
Trinit, riunitisi in duomo, si avviano in processione verso il Castello di Lombardia, seguiti
dal sacerdote che impartir la benedizione dei campi sottostanti le mura del maniero, per
avere abbondanti raccolti. Terminata la benedizione e tornati in Chiesa Madre, presso la
adiacente piazza Mazzini si tiene la caratteristica cerimonia della Spartenza (Separazione)
[4]: i due simulacri, di Cristo e di sua Madre, allontanandosi lentamente l'uno dall'altro
mentre il simulacro della SS. Trinit si volge ripetutamente in entrambe le direzioni,
tornano ciascuno nella propria chiesa.

Il termine spartenza deriva proprio dal fatto che, nel Basso Medioevo, la settimana di
tregua, iniziata con la Pasqua, tra i cittadini ennesi ed i contadini che vi erano ghettizzati,
volgeva al termine, e tutti i fedeli si separavano, appunto, facendo ritorno ognuno nella
propria parte di citt.
Eventi collaterali[modifica | modifica sorgente]

Sono tradizionalmente organizzati numerosi eventi collaterali alla Settimana Santa. Tra
questi, si ricordano le mostre e le estemporanee di pittura che si tengono al Teatro
Garibaldi, le gigantografie della gran parte delle chiese e conventi di Enna e dei costumi
dei confrati presso la Galleria Civica, e ancora i concerti che hanno luogo presso le varie
chiese e la diretta tv della processione del Venerd Santo. Si tengono infine recital di
poesia e visite organizzate della citt, dei musei e delle mostre grazie a guide
specializzate in lingue straniere.
Turismo e impatto mediatico[modifica | modifica sorgente]

Uno dei cartelli affissi ai principali monumenti ennesi, nella foto a Palazzo Chiaramonte

La Settimana Santa richiama ad Enna un ingente numero di presenze turistiche. secondo


le dichiarazioni pervenute dal Comune, si registrano in questa settimana pi di 60.000
turisti in citt di cui un terzo per il Venerd Santo, dato che non comprende le migliaia di
siciliani che da tutte le province dell'isola visitano il capoluogo pi alto d'Italia in questa
occasione. C' da specificare che, come avviene per tutte le feste nel Mezzogiorno,
l'evento richiama anche ad Enna numerosi immigrati che nei decenni precedenti sono
andati a vivere in tutto il mondo. Questo quadro fa ben comprendere quale ruolo le
celebrazioni pasquali ennesi rivestano per la stagione turistica dell'intera Sicilia centrale,
area non certo prolifica di eventi a grande affluenza.
Rappresentando il culmine della stagione turistica della citt, le autorit locali, in occasione
del Venerd Santo specialmente, bloccano il traffico stradale nel centro storico, situato
nella parte alta della citt, e istituiscono un "ponte" che offre ai pellegrini e ai turisti un
servizio continuato di bus navetta gratuiti che a ritmo serrato trasportano gli utenti da Enna
Bassa a Enna Alta.
Il Venerd Santo, poi, ha uno spessore mediatico considerevole, giacch molte emittenti
televisive regionali e satellitari piazzano le proprie troupes lungo tutto il percorso della
Processione per trasmetterne le immagini in diretta. Lo stesso Comune riporta inoltre a tal
proposito dati d'ascolto, attestando che l'audience ha raggiunto i 5 milioni e mezzo di
spettatori per il terrestre e 132 milioni per il satellitare[5].
I riti del 2007 sono stati infine presentati a Roma con una duplice tappa: prima i
rappresentanti delle 15 confraternite ennesi accompagnati dalle massime autorit locali
hanno illustrato le celebrazioni al Santo Padre Benedetto XVI, poi si tenuta presso la
Chiesa di Maria SS. odigitria dei Siciliani una conferenza di un certo risalto. difatti
tradizione da alcuni anni che l'apertura della Settimana Santa sia peceduta da convegni e

conferenze stampa solitamente ospitati dall'Universit Kore di Enna.


Settimana Santa di Aidone
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Settimana Santa di Aidone, che si apre con la Domenica delle Palme e si conclude con
la Giunta di Pasqua, si svolge secondo una tradizione antica che nel tempo ha subito poche
variazioni. Gli eventi celebrati si inseriscono a pieno titolo nel solco delle sacre
rappresentazioni usate dalla Chiesa, in seguito alla Controriforma, per riportare i cristiani alla
fedelt del messaggio evangelico. Protagonisti sono le sette confraternite, i Santoni, i lamentatori.
Questi ultimi, in genere cinque o sei voci, eseguono i lamenti, antichi canti in lingua siciliana,
accompagnando le processioni del precetto, della visita dei Sepolcri e del Venerd Santo. Un solista
intona la strofa ed il coro a cui si aggiungono tutti i confratelli intervengono rafforzando la nota
finale. Gli aidonesi hanno difeso questa tradizione, anche quando si cristallizzata in riti poco
comprensibili, con le unghia e con i denti. Quando nel 1960, per ordine del Vescovo, fu sospesa la
Giunta ci fu una rivolta popolare di cui tutti conservano memoria: coloro che ne furono riconosciuti
gli istigatori fecero qualche giorno di galera e la Giunta fu sospesa per pi di dieci anni

Indice
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1 Domenica de

lle Palme

2 Le processioni penitenziali
3 Il Mercoled santo tra folklore e sentimento religioso
3.1 La storia
4 Venerd: a scisa a cruc' e la processione
5 Domenica: a Giunta d' Pasqua
6 Voci correlate

Domenica delle Palme[modifica | modifica sorgente]

La processione delle Palme con due dei 12 Santoni

La prima sacra rappresentazione del periodo pasquale quella della Domenica delle
Palme; da tutte le chiese si muovono i Santi, a coppie, accompagnati dalle proprie
confraternite; il raduno nella chiesetta dell'Annunziata, appena un oratorio dal momento
che la chiesa diroccata, ma strategica per tutte le funzioni della settimana santa. Da qui,
benedette le palme, la processione, guidata dal parroco della chiesa Madre, si snoda per

le vie del paese e si conclude alla Matrice; qui si svolge un rito antico e singolare.
Le porte della chiesa sono serrate a simboleggiare Gerusalemme che si rifiuta di
accogliere il Messia. Gli apostoli (i santoni) a turno bussano senza risultato perch la porta
resta chiusa; poi tentano di aprirla con la forza, ci riesce Mattia ma si tira indietro perch
tutti possano entrare secondo una rigida gerarchia: Giovanni, Giacomo
maggiore, Pietro,Mattia, Filippo, Matteo, Giuda Taddeo, Andrea, Giacomo
minore, Bartolomeo, Tommaso,Simone. I Santi entrano facendosi grandi inchini, per ultimo
entra il parroco che simboleggia Ges e che procede alla funzione solenne. Una volta i
tentativi di apertura della porta erano sottolineate da battute in siciliano pronunciate da un
prete all'interno della chiesa chiusa e dal parroco che era all'esterno
Le processioni penitenziali[modifica | modifica sorgente]

La prima met della Settimana Santa caratterizzata dalle processioni penitenziali nel
rispetto del precetto pasquale; dopo la confessione, i confratelli, accompagnati dalla
banda, intonando i lamenti, si recano nella chiesa dove faranno la Comunione. Qui celebra
anche un momento di convivialit e solidariet: vengono distribuite le giamelle e i biscotti
di vino tipici aidonesi e in ricordo dei confratelli morti si condividono questi dolci anche con
le vedove.
Il Mercoled santo tra folklore e sentimento religioso[modifica | modifica sorgente]

U Sgnur a mucciungh o U Sgnur rubat ( Il signore di nascosto o Il Signore


rubato)
La sera dalla chiesa dellAnnunziata parte un corteo mesto e suggestivo che accompagna,
nella Chiesa Madre, in modo molto discreto, quasi nascosto, la statua del Cristo, che poi
sar messa sulla croce; qui riceveva lomaggio dei fedeli che ne baciavano i piedi e il
costato. Questultima tradizione, un po strana dal momento che sembrerebbe che gli
aidonesi adorino Ges morto con due giorni di anticipo - stata motivo di contesa tra la
popolazione e i parroci, anche se sembra accertato che un proprio un parroco labbia
introdotta negli anni cinquanta.
La storia[modifica | modifica sorgente]

La tradizione, alquanto rara se non unica, risale probabilmente alla fine dellOttocento o
agli inizi del Novecento, allepoca dei movimenti di rivendicazione dei contadini, delusi
della mancata distribuzione delle terre promesse da Garibaldi e dissanguati dallesosit
del governo sabaudo. La statua, che viene ancora portata in processione dentro una bara
il venerd, caratterizzata da braccia pieghevoli, era di propriet della confraternita dei
Bianchi, formata dai nobili e dai grossi proprietari terrieri; loro era lonore della processione
del Cristo Morto la notte del Venerd Santo, onore che condividevano benignamente con i
loro mezzadri e salariati che facevano capo alla confraternita dellAnnunziata. A seguito di
una rivolta i nobili negarono ai contadini la statua del Cristo per la celebrazione del
Venerd, costoro rapirono la statua, la portarono nella loro chiesa e poi alla Matrice, da
dove partiva la processione. Fu un momento di grande partecipazione ma poi si venne a
pi miti consigli e la statua fu restituita ai Bianchi. Ma da quel momento i rampolli dei
Bianchi, per paura che fosse ancora trafugata, il Mercoled portavano la statua da una
chiesa allaltra di notte, attenti che non ci fosse nessun testimone. La gente che laveva
capito osservava questa processione dalle fessure delle porte e delle finestre, al buio.
Quando la confraternita dei Bianchi si sciolse la statua fu donata alla confraternita
dellAnnunziata, ma i Nunciatari vollero continuare a commemorare quel memorabile atto
di ribellione con la celebrazione del Mercoled. Si racconta anche che lultimo nobile, che
aveva in affidamento la statua, dopo avere svenduto tutto ci che aveva, si vendette
anche il Cristo, ai Nunciatari appunto; da qui il detto in aidonese s venduto pure Cristo .

Il Cristo deposto su una scala di legno e coperto con un lenzuolo, come quei poveri morti
che si trasportavano dalla campagna o dal luogo di un incidente, quando faceva buio
veniva trasportato dai confratelli in sordina alla Chiesa Madre, e la gente attendeva con
ansia il passaggio del mesto corteo spegnendo le luci delle case per non disturbarlo. La
tradizione di baciare la statua, dopo che era stata portata alla chiesa Madre, pi recente,
risale alla fine degli anni cinquanta e fu introdotta dal parroco dellepoca, Padre Minasola.
Negli ultimi anni si tornati alle origini: in modo discreto la statua viene portata la sera del
mercoled alla chiesa madre, dopodich vengono chiuse le porte.
Venerd: a scisa a cruc' e la processione[modifica | modifica sorgente]

Nella Chiesa Madre a partire dal pomeriggio si raduna gran parte della popolazione
aidonese per assistere ai riti del venerd santo che culminano con la deposizione della
Croce (a Scisa a crusg'). Si celebrano i riti del Venerd Santo davanti alla statua del Cristo
(del Mercoled) che, intanto, stata inchiodata sulla croce,. Quando si fa sera, in chiesa
giunge la confraternita dell'Annunziata che, al suono triste dei lamenti e di una banda che
esegue un repertorio molto mesto, porta la bara di vetro illuminata ed addobbata di fiori. A
questo punto il rettore dell'Annunziata e qualche altro confratello, guidati dal celebrante,
schiodano la statua dalla croce e la depongono nellurna di vetro, tra la commozione
generale. Da qui muove il suggestivo e frequentatissimo corteo notturno che da qualche
decennio si arricchito anche della presenza della statua dellAddolorata portata da
alcune ragazze, di figuranti che rappresentano le pie donne e di due angeli.

A Scisa a Cruci

La Bara pronta per la processione

Domenica: a Giunta d' Pasqua[modifica | modifica sorgente]

La "Giunta" di Pasqua, la corsa dei Santoni, San Pietro

Domenica verso mezzogiorno in piazza Filippo Cordova ha luogo una delle pi suggestive
sacre rappresentazioni. Protagonisti sono: le statue dellAddolorata, coperta con il velo
nero e quella del Cristo Risorto,portate da giovani vestiti di bianco che vengono
posizionate ai lati opposti della piazza, in modo che non si vedano; i dodiciSantoni,
rappresentanti di tutte le confraternite e ad alcuni messaggeri con stendardi infiorati; tutti
insieme si danno da fare per cercare Ges e portarne notizia alla Madre; si assiste alle
corse di San Pietro che per tre volte (quante furono le negazioni), accompagnato dagli
stendardi e da frotte di ragazzini, fa la spola tra la Madonna e Ges. Alla fine di questo
viaggio, Giovanni gli va incontro per annunciargli che Cristo risorto; la statua del Cristo
viene mostrata e Pietro e Giovanni corrono verso la Madonna che gi si avvicina al centro
della piazza. A mezzogiorno in punto, in un tripudio di campane, mortaretti e salti dei
Santoni, avviene lincontro, a giunta; si fa saltare il velo nero alla Madonna e alle due
statue si fanno fare inchini e si sollevano come fossero fuscelli. La festa si conclude con la
processione, le due statue vengono portate insieme, la Madonna accompagna Ges nella
chiesa Madre e poi a sua volta viene accompagnata a Santa Maria La Cava, tutte le
separazioni vengono sottolineate dagli inchini acrobatici dei santoni. La festa oggi si
svolge dalle dieci del mattino all'una circa, ma una volta i Santi partivano nella ricerca del
Cristo gi di buon mattino in giro per tutto il paese e spesso anche in campagna. Ovunque
trovavano ristoro, soprattutto vino e biscotti e quando, in modo particolare San Pietro,
eccedevano nelle libagioni e sacconciavano a dormire in qualche stalla, si restava in
piazza per ore ad aspettarli; e poich dovevano essere San Pietro e San Giovanni a
portare la lieta novella a Maria, non si faceva la giunta finch non tornava o qualcuno non
andava a prelevarlo. Questa pratica suscit le ire del Vescovo che alla fine degli anni
Cinquanta proib la Giunta, ne segu una rivolta popolare che ancora oggi si racconta con i
facinorosi che passarono anche qualche mese in galera, con i preti asserragliati nella
chiesa di Santa Maria La Cava e tutta la gente che di forza, impadronendosi delle Statue,
volle ugualmente celebrare la Giunta. Da quel momento venne sospesa e solo quasi venti
anni dopo fu ripresa, quando tutti accettarono di farla secondo regole ben definite; si
guadagnato in puntualit e rispetto delle regole ma si sicuramente perso molto della
partecipazione e del colore e della gioia con cui era seguita.
Mercati di Palermo

Ballar (Palermo)
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Ballar un noto mercato storico di Palermo, insieme ad altri denominati Vucciria, Il


Capo, Mercato delle Pulci e Lattarini.

Banchi di frutta a Ballar

Indice
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1 Il mercato
2 I cibi cotti
3 Bahlara
4 Curiosit
5 Note
6 Bibliografia

Il mercato[modifica | modifica sorgente]

Il mercato si estende da Piazza Casa Professa ai bastioni di corso Tukory verso Porta
Sant'Agata. Il mercato famoso per la vendita delle primizie che provengono
dalle campagne del palermitano. Ballar il pi antico tra i mercati della citt, frequentato
giornalmente da centinaia di persone, animato dalle cosiddette abbanniate, cio dai
chiassosi richiami dei venditori che, con il loro caratteristico e colorito accento locale,
cercano di attirare l'interesse dei passanti. Ballar un mercato adibito alla vendita di
frutta, ortaggi, verdure, carne e pesce, ma si trovano anche articoli di uso domestico per la
cucina e pulizia della casa, come nei mercati del Capo e della Vucciria.
I cibi cotti[modifica | modifica sorgente]

All'interno del mercato i fruttivendoli vendono cibi cotti, tipici della cucina palermitana,
come cipolle bollite o al forno, panelle (frittelle di farina diceci), cazzilli (crocchette
di patate), verdure lesse, polpo e quarume (interiora di vitello).
Bahlara[modifica | modifica sorgente]

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Commento: Da quale seria fonte provengono queste etimologie assai curiose?

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Cuore del quartiere dellAlbergheria, il mercato di Ballar viene cosi chiamato da Bahlara,
villaggio presso Monreale da dove provenivano i mercantiarabi, o da Vallaraya, nome di
un re indiano della regione del Deccan.[1]
Una passeggiata fra le bancarelle di questi mercati pu essere anche loccasione per
unesplorazione nel passato dellIsola. La strada letteralmente invasa da cassette di
legno: contengono la merce che viene continuamente urlata, abbanniata, cantilenata per

reclamizzare la buona qualit e il buon prezzo dei prodotti.


Secondo altri il nome Ballaro' e' di origine tedesca, Ferdinand Ballaro' era il capitano del
Re Ferdinando di Aragona a Palermo nel 1400; si dice anche che il mercato si chiama
Ballaro' perch la famiglia Ballaro' riscuoteva per conto del Re di Spagna una percentuale
sulle vendite dei prodotti alimentari in vendita al mercato di Ballaro'. O anche che,
relativamente all'etimologia del nome di questo mercato tipicamente arabo, Ballar
deriverebbe da Souk el Ballarak, mercato degli specchi in arabo.
Curiosit[modifica | modifica sorgente]

Questa sezione contiene curiosit da riorganizzare.


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Ballar anche il nome di un gruppo teatrale palermitano, di una radio web palermitana, e
anche di una trasmissione televisiva in onda su Rai3.

Il Capo (Palermo)
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Il mercato del Capo

Il Capo un antico e noto quartiere del centro storico di Palermo; con lo stesso termine i
palermitani indicano indifferentemente anche il mercato che vi si tiene e con cui il quartiere
si identifica.

Indice
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1 Descrizione
2 Storia
3 Curiosit
4 Voci correlate

Descrizione[modifica | modifica sorgente]

Il mercato del Capo, insieme agli altri mercati di Palermo come Ballar, La
Vucciria, Lattarini eMercato delle Pulci, un importante punto di smercio agroalimentare al
dettaglio. un animatissimo e caratteristico, addirittura folkloristico, mercato alimentare; i
colori, le urla (i vuci) dei venditori, l'animazione delle bancarelle ne fanno un elemento
essenziale del carattere della citt di Palermo. un mercato attivo tutti i giorni, dando la
possibilit di acquistare sia generi alimentari sia altre mercanzie. Si estende lungo le via
Carini e Beati Paoli, la via di Sant'Agostino e la via Cappuccinelle.
Storia[modifica | modifica sorgente]

Furono gli Agostiniani a popolare questa zona, poich avevano la loro sede nel convento
attiguo alla trecentesca chiesa di Sant'Agostino. Uno degli ingressi principali al mercato
quello di Porta Carini, nei cui pressi il Palazzo di Giustizia. Caratteristico il nome di
alcune delle strade che si trovano in questa zona: via "Sedie volanti", via "Scippateste", via
"Gioia mia".
Curiosit[modifica | modifica sorgente]

Nel 2013, sul campanile della Chiesa della Madonna della Mercede apparso il fantasma
di una suora, poi rivelatosi un effetto di luci e ombre provocato dal muro scrostato e dalle
ombre delle campane.
Lattarini
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Palermo, targa trilingue dei Lattarini

I lattarini un mercato storico di Palermo situato nel quartiere Kalsa.


Il mercato ha origine araba, come si evince dal nome, che deriva da Suq el attarin,
cio Mercato delle spezie,[1] e infatti la zona era nota per la vendita delle spezie e delle
droghe. Attualmente la sua estensione molto limitata e si trova nelle vicinanze di via
Roma a poca distanza dal mercato della Vucciria. La tipologia di merce venduta non pi
legata alle spezie ma si allargata a tutte le categorie merceologiche vendibili al dettaglio.
[2] Il nome oltre al mercato adesso identifica l'intera zona.
Vucciria
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Banchi del pesce alla Vucciria

La Vucciria un noto mercato storico di Palermo, insieme ad altri denominati Ballar, Il


Capo,Mercato delle Pulci e Lattarini.
Si estende tra via Roma, la Cala, il Cassaro, lungo le via Cassari, la piazza del Garraffello,
la via Argenteria nuova, la piazza Caracciolo e la via Maccheronai, all'interno del
mandamentoCastellammare.
"Vuccira" in siciliano significa "Confusione". Oggi, la confusione delle voci che si
accavallano e delle grida dei venditori (le abbanniati) uno degli elementi che,
maggiormente, caratterizza questo mercato palermitano.
La vicinanza al porto cittadino stimol l'insediamento di mercanti e commercianti genovesi,
pisani, veneziani, etc. sin dal XII secolo. La presenza di numerosi artigiani ancora
leggibile dai nomi di alcune strade (via Chiavettieri, via Materassai, via dei Tintori, etc.)
Il termine Bucceria deriva dal francese boucherie, che significa macelleria. Il mercato era
infatti inizialmente destinato al macello e alla vendita delle carni. Successivamente
divenne un mercato per la vendita del pesce, della frutta e della verdura. Anticamente era
chiamato "la Bucciria grande" per distinguerlo dai mercati minori.

Venditore di stigghiole al mercato della Vucciria di Palermo

Nel corso dei secoli la Vucciria sub diverse modifiche. Il vicer Caracciolo nel 1783 decise
di cambiarne l'aspetto, in particolare della sua piazza principale, che fu chiamata col suo
nome in suo onore. Intorno alla piazza si costruirono dei portici che ospitavano i banchi di
vendita ed al centro fu sistemata una fontana. impossibile descrivere tutti gli odori
caratteristici che pervadono il posto, anche se il tipico odore di pesce risulta certamente il
pi intenso.
All'interno della zona del mercato si trovano palazzi nobiliari ed opere d'arte quali il
Palazzo Mazzarino, appartenuto alla famiglia del celebre cardinale, la fontana del
Garraffello, palazzo Gravina Filangeri di Rammacca al Garraffello.

Muovendosi all'interno del fitto intreccio di vicoli e piazzette del mercato della Vucciria si
possono ritrovare tutti gli ingredienti della cucina siciliana; le coloratissime bancarelle
traboccano di cassette di legno che, grazie ai colori della mercanzia, si trasformano in
scrigni ricolmi dell'oro dei limoni, dell'argento delle sarde fresche e salate, del bronzo delle
olive e del corallo dei pomodori essiccati.
Spettacolari le piramidi di cuccuzzedde, di broccoli verdi, di mazzi di tenerumi. In estate la
scena di questo grande teatro di strada vede trionfare come assoluti protagonisti i muluni
d'acqua e le grandi angurie con il ventre affettato e messo a nudo.
E cosa dire delle mille erbe aromatiche assolutamente indispensabili per la riuscita dei
nostri piatti regionali pi gustosi: l'addauro (alloro), il basilico, il prezzemolo, l'origano, il
finocchietto selvatico ed i capperi diPantelleria; esposte come piccoli tappeti orientali da
preghiera, le cassette basse e larghe traboccano di uva passolina, ingrediente
fondamentale per la pasta con le sarde e il pesce stocco a ghiotta, di mandorle sgusciate,
noccioline croccanti, noci dalla buccia ruvida e pistacchi dolci e salati.
Il variegato mondo dei pesci, poggiato su letti di ghiaccio tritato, rappresentato da
gamberi, orate, scorfani, tonni, pescespada, polpi, seppie e grossi calamari.
Nelle pentole bollenti vengono tuffati i polipi bolliti, conditi a fine cottura con soltanto una
spruzzata di limone. Le sarde salate vengono pulite davanti agli occhi dei clienti.
Caratteristiche sono anche le stigghiole cotte alla brace e le panelle.
Il nome di questo mercato spiccatamente popolare di origine francese: deriva, infatti,
dalla parola francese boucherie ("macelleria"), perch in epoca angioina vi sorgeva un
macello, mentre oggi vi abbondano le carnezzerie, ma non solo. Il mercato venne
immortalato nel 1974 in un celebre dipinto di Renato Guttuso, la Vucciria di Palermo, oggi
conservato a Palazzo Steri. L'allegra baraonda delle bancarelle stata trasformata dal
pittore bagherese Renato Guttuso in una fantasmagorica tappezzeria di odori e di colori: la
Vucciria, dipinta nel 1974, nelle sue mani di artista e di poeta diventata una metafora
della terra di Sicilia e di tutti i suoi abitanti.
Dal 1999 fino al 2007 l'artista austriaco Uwe Jaentsch ha realizzato numerose installazioni
ed opere d'arte alla piazza Garraffello. Nel 2006 lui ha creato la Cattedrale dei rifiuti della
stessa piazza e il Museo Piazza Garraffello con Costanza Lanza di Scalea.
A partire dagli anni 2000 la Vucciria diventata una delle sedi della movida palermitana,
dal pre-sera e fino a notte inoltrata.[1] possibile trovare tanti locali che vendono bevande
a costo inferiore rispetto ai locali di altre zone, e angoli in cui si vende cibo da strada,
[2] dal panino con panelle ecrocch al panino col la milza, dalle stigghiola al polpo.

Indice
[nascondi]

1 Curiosit
2 Note
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni

Curiosit[modifica | modifica sorgente]

Da alcuni anni sono attivi nel mercato en plein air, il fotografo Santo Eduardo di Miceli,
l'artista Alessandro Bazan, in piazza Garraffello e di recente un secondo atelier del
pittore Mom Calascibetta che ha la sua residenza a Milano ma che ha aperto un nuovo

"Spazio Mom" proprio in piazzetta della Vucciria accanto alla trattoria Shanghai.
Dal 15 giugno al 5 luglio 2010 una personale fotografica di Angelo Trapani [1] sul tema "la
Vucciria" ha avuto luogo presso palazzo Fatta a Palermo. La mostra, inserita nell'ambito
della rassegna fotografica Pot-Show, organizzata della rivista palermitana di fotografia,
arte e culturaPotpourri [2], ha messo in evidenza lo stato di decadenza e di
semiabbandono di alcuni degli angoli pi suggestivi dell'antico mercato.
Negli ultimi anni numerosi edifici della Vucciria sono in fase di ristrutturazione, e numerosi
banchi del mercato sono attualmente chiusi o trasferiti in altri mercati storici. La zona
caratterizzata da una vivace vita notturna, conosciuta per il suo ambiente alternativo e le
taverne.
Ancora oggi sono numerosi nel mercato i banchi del pesce, che viene continuamente
mantenuto umido. Per questo in citt si dice che:
i balati ra Vucciria 'un s'asciucanu mai
Il pavimento della Vucciria non si asciuga mai
Di una promessa o di un avvenimento che non si realizzer mai si dice che avverr
"quannu e balati ra Vucciria s'asciucanu" (quando il pavimento della Vucciria
s'asciugher).

Feste cattoliche

Festa di Sant'Alfio a Lentini


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Festeggiamenti in onore ai Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino

Tipo di festa religiosa locale

Periodo 9-10-11 Maggio; 2 settembre


Lentini (SR), Trecastagni (CT),Sant'Alfio (CT), Vaste (LE), San
Celebrata a
Fratello (ME), Scif (ME)
Religione Cattolicesimo
Oggetto della Martirio di Sant'Alfio, San Filadelfo, San Cirino; rientro delle sue
celebrazione Spoglie
Tradizioni religiose "I Nuri", "a Via", offerta della cera, processioni
Tradizioni profane Luminarie, cerei, altre
Questo box: vedi disc. mod.

La Festa di Sant'Alfio, ovvero i Festeggiamenti in onore ai Santi Martiri Alfio,


Filadelfo e Cirino sono la pi importante festa religiosa della citt di Lentini e si celebrano
in onore dei tre Santi Patroni della citt. Si svolgono tutti gli anni il 9-10-11 Maggio ed il 2
settembre.
Sant'Alfio considerato il Patrono dei muti.

Indice
[nascondi]

1 Festivit e

riti

2 La Chiesa e i Santi Martiri


2.1 I vescovi lentinesi fino al IX secolo
3 Inni a S.Alfio
4 Leggende
4.1 La Leggenda del Simeto
4.2 La leggenda del cavallo
4.3 La leggenda della peste
4.4 La leggenda dei pozzi
4.5 La leggenda del terremoto
5 Curiosit
5.1 La ricorrenza del Tre
6 Compatroni
7 Sant'Alfio nel mondo
8 Altri progetti
9 Collegamenti esterni

Festivit e riti[modifica | modifica sorgente]

Nella chiesa madre di Lentini, a tutt'oggi, si conserva un busto reliquiario d'argento che
contiene il cuore di Sant'Alfio, che la sera del 9 maggio viene portato in processione.
All'una di notte viene aperta la chiesa e inizia il Giru Santu, ovvero il giro santo effettuato
dai tradizionali Nuri, cio uomini coperti solo da calzoncini bianchi, che scalzi toccano
correndo i luoghi legati al martirio dei tre fratelli, invocandoli con la tipica
espressione Prima Ddiu e i Santi Mattri (Prima Dio e poi i santi Martiri) a cui si
risponde Mattri Santi (Martiri Santi).
Il 10 maggio il fercolo argenteo di Sant'Alfio e le reliquie vengono portati in processione dai
Cavalieri del Santo Sepolcro con il mantello bianco crociato di rosso, la deputazione ed i
Devoti Spingitori, i canonici con la mozzetta purpurea. La citt vestita a festa, tramite le

tradizionali luminarie, e gli stendardi rossi appesi ai balconi delle case, con la scritta "W S.
Alfio", "W. S. Alfio S. Filadelfo S. Cirino" o semplicemente "W. i SS. Martiri".
Tutto questo accompagnato da momenti commoventi, fino all'alba del 12 maggio,
quando il Santo viene riposto nella sua cappella.

I Nuri accostati all'Ex Cattedrale diLentini, in procinto di iniziare il Giru Santu.

I festeggiamenti in onore ai Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino a Lentini rientrano negli
appuntamenti religiosi, culturali e folkloristici pi importanti nel
panorama siciliano ed italiano.
La Chiesa e i Santi Martiri[modifica | modifica sorgente]

Alfio, Filadelfo e Cirino sono tre santi cristiani del III secolo.
Secondo la tradizione agiografica, erano tre fratelli, figli di due patrizi di fede cristiana,
Vitale e Benedetta, vissuti nella cittadina di Vaste in provincia di Lecce; i tre sarebbero
stati uccisi durante l'epoca delle persecuzioni imperiali, accusati di aver provocato la
generale rovina in cui era caduto l'Impero romano. Si concludeva cos la breve vita terrena
dei Tre Santi, ma il Loro sangue non era stato versato invano.
L'ultimo vescovo Costantino (787), intimorito dai pericoli di una imminente invasione
musulmana, impose in gran segreto il trasferimento delle Sacre Reliquie nel suo convento
di Fragal al principio del IX secolo e da allora i lentinesi non ne ebbero pi notizie.
Sino al 22 settembre del 1516 quando alcuni operai, nell'abbattere un muro del monastero
di Fragal, trovarono nascosta in un sacco di tela una cassetta contenente ossa umane ed
un manoscritto in greco antico. Informato l'abate, questi si premur di far tradurre il
documento che conferm essere quelle ossa i resti umani dei Tre Giovani Fratelli che
erano stati martirizzati a Lentini. Grande fu la gioia dei monaci che, dopo una solenne
processione, conservarono le reliquie nella loro chiesa sotto l'altare da tempo consacrato
ai Tre Martiri. La notizia ben presto giunse a Catania e poi a Lentini, dove si decise di
mandare cinque sacerdoti ed un laico alla Badia di Fragal per sondare gli umori di quei
monaci e nello stesso tempo per studiare la topografia del convento nel caso si dovesse
optare per un ricorso alla forza. La missione non ebbe purtroppo un esito felice: sulla loro
richiesta i monaci non si pronunciarono apertamente, avallarono diritti, chiesero di sentire
prima i loro superiori.

Sant'Alfio all'interno dell'Ex Cattedrale diLentini.

Al ritorno a Lentini questa presa di posizione fu illustrata dagli sconfitti ambasciatori ai loro
concittadini che, desiderosi di avere al pi presto i resti dei propri Martiri Protettori,
votarono ad unanimit in assemblea di armare una spedizione per avere con la forza
quello che non erano riusciti ad ottenere con la forza di quella legge naturale che dava loro
il diritto al possesso delle sacre reliquie. Questa, al comando di Giovanni Musso, giunse
sul far della notte del 29 agosto, di fronte al Convento di Fragal. Dopo aver bussato
ripetutamente e rassicurato i monaci delle loro intenzioni, i lentinesi, visti vani i tentativi di
pacifico accesso, decisero l'azione di forza. In breve entrarono nel cortile.
Ai monaci, impauriti per quella brusca invasione di armati, parteciparono ancora una volta
il nobile scopo della loro missione, che altro non era di ritornare in possesso delle reliquie
dei loro Santi protettori; reliquie che alla fine furono loro consegnati dall'abate. il 2
settembre 1517 quindi, 80 cavalieri entrarono al galoppo a Lentini, accolti dagli applausi, e
portavano, sorretta da "fra servo di Dio" la cassetta con le reliquie dei Santi Alfio, Filadelfo
e Cirino. Questa fu consegnata ai sacerdoti della chiesa di Lentini e dopo una solenne
processione custodita nella Chiesa dei Martiri.
Ma se il cittadino lentinese era stato soddisfatto nelle sue aspirazioni la chiesa leontina,
invece, non poteva chiudere questo capitolo della sua nobile storia con quell'atto di forza
"extra legem". Cos mand vari doni ai monaci di Fragal e, successivamente, tramite alla
brillante arringa di difesa di Don Costantino, inviato espressamente dal senato Lentinese
in Vaticano, chiese e ottenne dal sommo pontefice Leone X la conferma della titolarit del
possesso delle reliquie e la remissione di ogni censura.

I Fratelli Martiri esposti all'interno dell'Ex Cattedrale di Lentini il 2 settembre di ogni anno.

I vescovi lentinesi fino al IX secolo[modifica | modifica sorgente]

La breve vita terrena dei Tre Santi si concluse, dunque, in modo tragico. Essi vennero
per a costituire il seme della chiesa lentinese, che ebbe il privilegio di essere elevata

a sede vescovile, privilegio che tenne sino al 790. Il primo vescovo di Lentini fu Neofito,
nuovo nome di quell'Alessandro, vicario diTertullo, convertitosi anch'egli al cristianesimo e
consacrato nel 259. Seguirono Rodippo (290), Crispo (305), Teodosio Maratonide (338),
Feliciano (372), Herodion (407), Teodosio (438), Crescenzio (496), Luciano I (538),
Alessandro (600), Lucido (643), Luciano II (649), Costantino (787), con cui si chiude la
serie storicamente accertata.
Inni a S.Alfio[modifica | modifica sorgente]

Col passare del tempo, i cittadini lentinesi hanno elaborato una serie di inni in onore del
loro Santo Patrono. Attualmente, gli inni maggiormente utilizzati sono:
Testo di monsignor Moschitto - Musica di Don Paolo Leggeri:
1. A Lentini di zagara adorna,
nella luce dei santi pi bella,
il tuo sangue, cadendo, risorse
in fulgore di splendida stella.
Ritornello: O martire Sant'Alfio,
dammi l'ardente brama
del cielo e dell'amore,

S.Alfio venerato a Lentini.

dammi la forza indomita


di confessar la f.
2. Tre fratelli di stirpe latina,
in quell'era di strage e tormenti,
dieder forti la vita novella,
per ardore di fede roventi.
Rit.: O martire sant'Alfio
3. In un'alba di maggio dorata
tre cherubini spiriti aleggianti,
sorvolando con strofe desiata,
tre corone riportano al cielo.
Rit.: O martire Sant'Alfio
4. Le corone che mai sulla terra
vengon spente dall'ira e dal sangue,

che dal mondo ne fanno una serra


di germogli, di gigli e di Santi.
Rit.: O martire Sant'Alfio

S.Alfio in Piazza Duomo e il popolo lentinese che intona gli inni a Lui dedicati.

Testo di don Giovanni M. D'Asta:


1. O Sant'Alfio glorioso
dal tuo trono eccelso in ciel
volgi il guardo tuo pietoso
sul tuo popol fedel.
Ritornello: Tutti noi concittadini
t'invochiamo con amor
o Sant'Alfio su Lentini
le tue grazie spargi ognor.
2. Coi fratelli benedetti
Filadelfo e Cirino
ora infiamma i nostri petti
per Ges d'amor divino.
Ritornello: Tutti noi concittadini
v'invochiamo con amor
o fratelli su Lentini
vostre grazie date ognor.
Leggende[modifica | modifica sorgente]

Attorno alle tre figure dei Santi Martiri della chiesa di Lentini ruotano numerose leggende e
credenze che vengono trasmesse oralmente da padre in figlio. Alcune di esse trovano
riscontro nelle documentazioni storiche, altre sono basate su testimonianze scritte dagli
storici, altre ancora vengono semplicemente raccontate. Qui di seguito ne riportiamo
alcune.

La Leggenda del Simeto[modifica | modifica sorgente]

Il Fercolo di Sant'Alfio, accompagnata dai Devoti Spingitori, prima della celebre Agghianata ra Santa Cruci.

Si narra che durante le persecuzioni cristiane da parte dei romani, i Tre Fratelli di Vaste,
giunti ormai nei pressi di Lentini, pi esattamente nel fiume Simeto, si trovarono nella
difficolt di doverlo attraversare, avendo i soldati romani alle loro spalle; il Simeto allora pi
grande e rigoglioso di quanto sia oggi, era un turbinio di acque. I Tre Fratelli, non avendo
altra possibilit, si avventurarono in quelle acque, ma invece di sprofondarvi, vi
camminarono sopra, mentre i soldati romani che volevano prenderli vi annegarono.
La leggenda del cavallo[modifica | modifica sorgente]

Nella Grotta rupestre di Tertullo, chiamata a rutta di ra Tattullu, carcere dei Tre Santi, nella
parte di destra in alto si possono vedere delle orme di zoccoli di cavallo, di cui non si sa
ben spiegare l'origine. Alcuni dicono sia stato un cavallo alato, altri dicono si trattasse del
cavallo di Tertullo che cadde dalla sommit della grotta, altri le attribuiscono al mito
di Pegaso Alato.
La leggenda della peste[modifica | modifica sorgente]

Interno dell'Ex Cattedrale di Lentini,Sepolcro dei Santi Martiri.

Quando i Tre Fratelli di Vaste giunsero a Lentini, la trovarono appestata. Riuscirono, per,
a miracolarla, liberandola dalla peste. Oggi, nella chiesa di San Francesco di Paola, si
conserva a sinistra dell'altare un frammento di roccia che conserva le orme dei tre fratelli
che sarebbero state lasciate nel momento in cui Lentini fu liberata dalla peste.
La leggenda dei pozzi[modifica | modifica sorgente]

Quella dei pozzi , forse, l'unica Leggenda che si avvalga di elementi materiali che ne
spieghino l'origine. Si racconta che, durante il martirio dei Tre Fratelli, la lingua mozzata di
Sant'Alfio cadesse a terra, facendo tre balzi e scavando tre pozzi. Ancora oggi nella
Chiesa della Fontana, edificata sulle basi di un foro romano, possibile scrutare i tre pozzi
nel luogo in cui vennero martirizzati. In occasione della Festa Patronale, quello centrale
viene aperto e l'acqua santa contenuta miracolosamente si innalza di livello.
La leggenda del terremoto[modifica | modifica sorgente]

Questa Leggenda riguarda sempre la Chiesa di Maria della Fontana o dei Tre Santi.
Nell'abside, si trovano le statue di cera raffiguranti i Tre Santi. Si racconta che, in
occasione del ricordo della traslazione delle Reliquie dei Tre Fratelli (2 settembre 1517), le
statue vennero spostate e portate fuori dalla Chiesa: nello stesso istante, si abbatt
su Lentini un violento sisma, tanto che le statue vennero immediatamente riportate

all'interno della Chiesa ed il sisma cess. Da allora non vennero pi spostate.


Curiosit[modifica | modifica sorgente]

S.Alfio all'interno della Chiesa della Fontana con lo sguardo rivolto verso i fratelli.

Nella notte tra il 10 e l'11 di Maggio il Fercolo di Sant'Alfio viene riposto all'interno della
Chiesa della Fontana con lo sguardo rivolto verso i Fratelli, collocati da secoli nell'abside
della chiesa.
Quest'antica usanza rispecchierebbe l'unione fraterna tra i Santi Martiri, la quale supera
ogni barriera temporale.
Nella mattinata dell'11 maggio, nell'ex cattedrale di Lentini vi la celebrazione della SS.
Messa in onore dei Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino, la quale funzione religiosa svolta dal
vescovo dell'Arcidiocesi di Siracusa e accompagnata dalla celebre Corale Polifonica "Ad
Dei Laudem" di Lentini.
La ricorrenza del Tre[modifica | modifica sorgente]

La ricorrenze del "Tre" rappresenta forse pi che una leggenda, un elemento di


coincidenza facilmente appurato, prendendo in esame i giorni e le date riguardanti i tre
Santi: nacquero tutti il terzo giorno di un mese, sono tre fratelli, giunsero a Lentini il 3
settembre del 252, vennero martirizzati nel 253, il giorno dei Tre Santi si festeggia il 10
maggio, i pozzi aperti dalla lingua di Sant'Alfio durante il suo Martirio sono tre.
Compatroni[modifica | modifica sorgente]

Alfio, Filadelfo e Cirino sono compatroni di alcuni comuni italiani:

Lentini
Trecastagni
Sant'Alfio
Vaste (frazione di Poggiardo)
San Fratello
Scif (frazione di Forza d'Agr)

La Reliquia di S.Alfio e i fuochi in Piazza Duomo la sera del 9 maggio.

Sant'Alfio nel mondo[modifica | modifica sorgente]

Alfio, Filadelfo e Cirino vengono celebrati anche d'oltralpe:

Lawrence, dal Massachusetts


Swedesboro, dal New Jersey

Omaha, dal Nebraska


Silkwood, dal Northern Queensland

Festa di Sant'Anna (Castelbuono)


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Festa di Sant'Anna (Castelbuono)

Sant'Anna, San Gioacchino e Bambina

Tipo di festa religiosa


Data 26 luglio
Periodo 17/27 luglio
Celebrata in Castelbuono
Religione Cattolicesimo
Oggetto della
rientro del teschio a Castelbuono
celebrazione
novena,corteo delle chiavi,giro podistico,solenne processione,giochi
Tradizioni
pirotecnici
Questo box: vedi disc. mod.

La festa di Sant'Anna si svolge a Castelbuono (Palermo) dal 17 al 27 luglio di ogni anno.


La cittadina siciliana conserva il teschio della Santa alla interno della Cappella Palatina del
Castello dei Ventimiglia il quale stato portato il 4 maggio 1454 dal marchese Giovanni
IVentimiglia dal castello di Geraci Siculo. Nel 1605 la Reliquia venne trafugata e ritrovata
nei pressi di Palermo nel 1615. Al rientro del teschio in paese Sant'Anna venne
proclamata, per acclamazione popolare, Patrona di Castelbuono.
La Novena[modifica | modifica sorgente]

La festa si apre con la novena che dura dal 17 al 24 luglio in cui una statua della Santa
viene portata in processione da quattro persone appartenenti alle confraternite religiose
locali per le vie della cittadina madonita. I percorsi effettuati sono in seguenti:
17 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Piazza Margherita- Via Roma- Via
Mario Levante- Piazza San Francesco- Via SantAgostino- Via Maurolico- Piazza Min
Palumbo- ViaVittorio Emanuele Corso Umberto I- Collegio
18 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Via collegio Maria Via \ Piazza San
Paolo arco Benedettini Via Arcomonte Via Trapani Piazza Margherita Via
A.Ventimiglia Via A Via Macello Via Conceria Via Giordano Corso Umberto I
Collegio

19 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Via collegio Di Maria Via
Benedettini Via SantAnna Piazza Margherita Vicolo alberghi Via Aragona Via \
Piazza San Francesco Via Mangano Salita al Calvario Via Cappuccini Via
Leonardo Piraino Via A. Ficile Vicolo Olimpia Via Gugliuzza Corso Umberto I
Collegio
20 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Via Giordano Salita Guerrieri
Largo Parrocchia Via Giovanni Cucco Via Garibaldi Via SantAgostino Salita al
Monte Via Cappuccini Via Petagna Via Paradiso ViaVittorio Emanuele Via
capitano Di Garbo Via Vittorio Emanuele Corso Umberto I Collegio
21 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Corso Umberto I
Piazza Margherita Via Sant Anna Piazza Margherita CorsoUmberto I Salita al
Monumento Via Turrisi Via Anitra Via Collotti Vicolo Olimpia Via A. Ficile Via
Errante Via Abruzzo Piazza Min Palumbo Via Belvedere Via Esperidi
Via Vittorio Emanuele Corso Umberto I Collegio
22 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Corso Umberto I Via Di Stefano
Via Giovanni Cucco Via Antonio Spallino Via Belvedere Piazza Min Palumbo Via
Mariano Raimondi Santa Croce Via Morvillo- via Falcone Via Attanzio Via Tenente
Forte Via Alessandro vetriera Via San Nicol Via Giardini Via Cefal Via
principe Umberto Piazza Matteotti Corso Umberto I Collegio
23 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) Corso Umberto I Piazza Matteotti
-Via Vittorio Emanuele Via Sergente Carollo Vicolo Olimpia Via Antonio Ficile Via
Giovanni Guzzio Via Vittorio Emanuele Piazza Min Palumbo Via Mustaf Piazza
Matteotti CorsoUmberto I Collegio
24 luglio: Collegio (Chiesa della Santissima Trinit) -Via Roma Via Mario Levante
Via Cavour Piazza Min Palumbo Via Paradiso PiazzaSan Leonardo Via Livolsi
Piazza Matteotti Corso Umberto I Collegio
25 26 e 27 luglio[modifica | modifica sorgente]
Gli ultimi tre giorni di festa sono i principali.

La Cappella Palatina del Castello

Il 25 luglio si svolge lo storico corteo delle chiavi in cui il sindaco consegna all'arciprete le
chiavi con cui aprire l'urna in cui custodito il teschio di Sant'Anna, ed insieme si recano
alla cappella palatina per aprire la predetta urna ed esporre il busto in argento, in cui
custodita il teschio, ai fedeli.
Il 26 luglio si svolge un importante manifestazione sportiva di rilievo mondiale il Giro
podistico internazionale di Castelbuono la corsa su strada pi antica d'Europa che si corre
dal 1912.
Il 27 luglio si svolge la solenne processione di Sant'Anna in cui vengono portati in
processione il busto in argento della Santa che contiene al suo interno il teschio, le reliquie
del Beato Guglielmo Gnofficompatrono di Castelbuono ed il complesso monumentario
della Madonna del Rosario. Alla processione partecipano oltre alle autorit civili e miliari le
18 Congregazioni religiose maschili nell'ordine riportato nella tabella sottostante.

Ordine

Nome

Sant'Anna

Gruppo Uomini
Cattolici "Pio X"

4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15

16

17

Abitino
Bordeaux con
bordo verde
Fiocco dorato
con immagine

Anno di
fondazione
1747, rifondata
nel 1886

Sede

Corporazione

S.Nicol

1909

Partecipa
Marrone scuro
nuovamente alle
Sant'Antonio
con bordo bianco manifestazioni
dal2000
Blu con bordo
1838, ricostituita
Sacro Cuore di Ges
rosso
nel 1884
Nero con il
Santa Rita
1949
colletto bianco
Rosso con bordo Inizio XVI
San Pietro
verde e stemma secolo, rifondata
pontificio
nel 1883
Verde con bordo XVI secolo,
Sant'AntoninoMartire
rosso e coccarda rifondata nel1823
Verde con bordo
Santa Lucia
1883
bianco
Rosso magenta
SS. Crocifisso
con bordo bianco 1786
e coccarda
San Francesco di
Amaranto con
1875
Paola
bordo blu
Congr.Madonna del
Viola con bordo XVIII-XIX
Rosario
bianco
secolo
Marrone con
San Pasquale Baylon
1873
bordo bianco
Celeste con
Maria SS.Immacolata
1699
bordo rosso
Avorio con bordo
San Vincenzo Ferreri
1873
e colletto nero
Celeste con
San Giuseppe
1747
bordo dorato
Nero con bordo
bianco,
1773, rifondata
MariaSS.Addolorata
medaglione e
nel 1835
guanti neri
Bianco con bordo
SS. Sacramento
1539
rosso e immagine

Chiesa del
Calvario

Pastori

S.Agostino
Matrice
vecchia

Maestranze

S.Antonino
San
Vincenzo
S.Antonino
S.Francesco Muratori
San
Vincenzo
S.Antonino Pastori
S.Francesco

Braccianti e
contadini

S.Vincenzo Maestranze
S.Agostino

Falegnami

Matrice
vecchia

Nobilt e alte
maestranze

Matrice
vecchia

Frumentari

18

Confr. Madonna del


Rosario

dell'ostensorio
Nero con bordo
1492
blu e medaglione

S.Vincenzo

Quest'ultime sfilano in ordine di nascita dalle pi giovani sino alle pi antiche ad eccezione
della Congregazione di Sant'Anna che apre la processione in prima posizione. Il percorso
della processione si snoda per le vie principali del paese con inizio e rientro al castello. Al
rientro dell'urna con il teschio quest'ultima viene esposta dal balcone del castello per la
solenne benedizione alla popolazione. La festa si conclude nella notte con i giochi
pirotecnici.
Festa del Santissimo Crocifisso a Calatafimi
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La festa del Santissimo Crocifisso una delle feste popolari pi antiche d'Italia, si svolge nella
citt di Calatafimi ogni 5 o 7 anni, nei giorni che vanno dal 1 al 3 maggio.
una festa religiosa in onore di Cristo Crocifisso, la cui devozione nella cittadina
collegata ad un antico crocifisso ligneo di autore ignoto, cui sono attribuite numerose
guarigioni avvenute nel 1657. In tale anno il crocifisso, che si trovava nella sagrestia della
chiesetta di Santa Caterina d'Alessandria, fu portato per la prima volta in processione con
autorizzazione del vescovo di Mazara.
Tradizionalmente, come riporta l'etnologo Giuseppe Pitr, la festa non si svolgeva ogni
anno, ma ogni qualvolta vi fossero abbastanza risorse per organizzarla: ogni 10 anni
dapprima, ogni 5 anni a partire dal 1800[1].
La popolazione calatafimese, divisa in ceti, sfila per tre giorni in processione lanciando
confetti, cucciddati e fiori.

Indice
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1 Origini
2 Ceti
2.1 Ceti scomparsi
2.2 La Sciabica
2.3 La Maestranza
2.4 I Commercianti
2.5 I Borgesi di San Giuseppe
2.6 Gli Ortolani
2.7 I Mugnai
2.8 I Pecorai ed i Caprai
2.9 I Macellai
2.10 I Borgesi
2.11 I Cavallari
2.12 I Massari

3 Note
4 Bibliografia

Origini[modifica | modifica sorgente]

La festa del SS. Crocifisso viene celebrata solennemente sin dal 1657. Inizialmente i
festeggiamenti si celebravano in giugno;furono poi spostati a settembre e poi agli inizi di
maggio. Nella chiesa di S. Caterina, tra il 23 e il 25 giugno 1657,un crocifisso ligneo nero
oper vari prodigi. Una mattina, mastro Fontana trov il Crocifisso caduto e istintivamente
lo rimise a posto. Il giorno dopo lo ritrov di nuovo a terra con un braccio staccato e dopo
avergli incollato il braccio,con una zagarella (nastro) azzurra. Lo appese alla croce. Il
giorno 23 giugno 1657,mastro Fontana si rec nella chiesa diSanta Caterina con linfermo
Francesco Saltaformaggio,e vedendo che nuovamente il Crocifisso era di nuovo a
terra,chiese allamico di aiutarlo e glielo diede in mano e immediatamente guar. Mastro
Fontana si port a casa la zagarella che fece miracolo sulla moglie indemoniata.
Nel novembre1657, due ricchi borghesi, donano quattro once e 35 tar per laltare e altre
spese necessarie al culto come chiesto dalla Curia Vescovile di Mazara. Nellarco di 100
anni il popolo ingrandisce la chiesa di Santa Caterina dedicandola al SS Crocifisso. Il 19
dicembre 1657 i giurati,chiedono al Vescovo il permesso di condurre in processione il SS.
Crocifisso per poi deporlo nella nuova cappella. Da allora ad oggi tutto il popolo si
suddiviso e raggruppato in diversi ceti e ha sempre reso omaggio al Suo Protettore per
aver dato labbondanza dei raccolti e la ricchezza nel lavoro benedetto da Dio. Il dono del
pane dato a tutti in abbondanza nel corso dellomaggio del SS. Crocifisso,inizialmente
mirava nel far gioire anche i poveri nei giorni di festa. Quel pane oggi diventato lu
Cucciddatu. Il Crocifisso and perduto il 25 settembre del 1887 quando, in occasione
della festa della Madonna di Giubino,un incendio distrusse la cappella. Il Crocifisso fu
subito sostituito e benedetto da Papa Leone XVII. Nel 1988,Padre Ingarra lev i marmi alla
base della croce,perch si diceva che erano stati murati pezzetti del SS. Crocifisso
bruciato,in effetti li trov,prese il pezzetto pi grande che cera e lo sistem in una
reliquiario dargento che viene portato in processione.
Ceti[modifica | modifica sorgente]

I Ceti hanno statuti ben precisi, con amministrazioni che si rinnovano, in genere, al termine
di ogni "Festa" e sono:

La Sciabica,
La Maestranza,
I Commercianti,
I Borgesi di San Giuseppe,
Gli Ortolani,
I Mugnai,
I Pecorai ed i Caprai,
I Macellai,
I Borgesi,
I Cavallari,
I Massari.
Ceti scomparsi[modifica | modifica sorgente]

Li burgalori
Li maddalinari
Braccianti
Mezzaioli
Crivellatori

Vulgalori
Cirniturari
Trappitari
Sculari
Carbonari
Careri
Clerici
Fornari
Jurnateri
Picciotti
Saccari
Schetti
Lavanneri
Linalori
Spatuliaturi
Innocenti
La Sciabica[modifica | modifica sorgente]

Il nome Sciabica, di origine araba, significa rete, nella quale finisce ogni sorta di pesce e,
per analogia, il vocabolo indica il Ceto che raccoglie tutti coloro che non hanno un ceto
specifico, senza alcuna distinzione.
La sciabica il ceto pi giovane tra tutti quelli che partecipano alla festa.
Lo stendardo del ceto in velluto rosso, in un lato vi riprodotta l'immagine della Maria
SS. di Giubino, con la scritta "Madre e gloria del popolo di Calatafimi", nell'altro lato vi
rappresentata la faccia del SS. Crocifisso con la dicitura "Ges Crocifisso proteggi il tuo
popolo". Entrambi i dipinti dell'attuale stendardo sono stati eseguiti da suor Emilia
Camilleri, delle Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria (PA),
rispettivamente negli anni 1977 e 1979.
La Maestranza[modifica | modifica sorgente]

maestranza

Ceto molto caratteristico che sfila per le vie del paese a passo di marcia.
presente con l'alabarda, arma del cinquecento, sempre accanto al SS. Sacramento. Nei
secoli passati costituiva la "Milizia urbana", corpo armato alle dipendenze dei giurati
(autorit cittadine), pronto ad intervenire nei momenti di bisogno. La maestranza aveva il
compito di proteggere l'intera comunit calatafimese e nel 1573 si radun sul Monte Tre
Croci per proteggere Calatafimi da un eventuale attacco; infatti si temeva uno sbarco
delle triremi turche.
La M. iniziale del nome di Maria e l'ostia d'oro ricamata nello stendardo, indicano l'amore
di questo Ceto per la Madonna e per l'eucarestia. Durante la festa, La Maestranza il
primo ceto a sfilare per le vie cittadine.
I Commercianti[modifica | modifica sorgente]

Il ceto dei commercianti stato fondato solo da pochi decenni, nelle precedenti "Feste" i

Commercianti non avevano un ceto proprio. Dopo gli anni quaranta, a seguito delle
trasformazioni economico-sociali dovute alla guerra e alla notevole trasformazione
avvenuta nel campo agricolo, i Commercianti cominciarono ad organizzarsi, dando un
certo contributo allo sviluppo del paese.
Ogni anno, il 3 di maggio, il ceto dei commercianti offre alla cittadinanza un bellissimo
spettacolo di giochi d'artificio.
I Borgesi di San Giuseppe[modifica | modifica sorgente]

Borgesi di San Giuseppe

Detti anche "Sangiusippara" si propongono di incrementare il culto e la devozione


al Santo, cercando di imitarne le virt. Il ceto solennizza il Santo il 5 mercoled
precedente la festa, inoltre il 2 mercoled ne propaga il culto e la devozione erigendo un
maestoso altare di pani e distribuendo casa per casa i Cucciddati. Nei giorni di festa i
borgesi sfilano per le vie cittadine con lo stendardo raffigurante la "Sacra Famiglia" e "Lu
Circu" (semi-mappamondo coperto di cuccidati), e distribuendo alla popolazioni "li panuzzi
di San Giuseppe".
Gli Ortolani[modifica | modifica sorgente]

Ceto Ortolani

Il ceto degli Ortolani o Iardinara uno dei pi antichi, esso compare negli archivi sin
dal 1689.
Nel loro stendardo vi raffigurato Ges nell'orto degli ulivi. Durante la sfilata i soci del ceto
si dispongono su due file e ognuno tiene in mano una candela. Al centro delle due file sfila
un ragazzino che porta un'urnetta sorretta da un'asta dove all'interno vi San Palinu.
Grazie a un congegno meccanico il ragazzino fa muovere il santo, facendo vedere cos il
santo mentre pianta ortaggi. In coda alle due file chiude ilcassiere che porta in mano la
caratteristica coppa del ceto. Molto suggestivo il carro addobbato di fiori e ortaggi dove
ragazzi e ragazze vestiti da ortolani lanciano fiori alla cittadinanza.
I Mugnai[modifica | modifica sorgente]

I Mugnai

Anche se ormai a Calatafimi il mestiere del mugnaio scomparso, il ceto raggruppa tutti i
figli ed i nipoti di coloro che lavoravano ai mulini. I mulini ad acqua presenti a Calatafimi
erano 15 e tutti sorgevano lungo il fiume Kaggera. Ogni anno, nel pomeriggio di Pasqua, i
Mugnai portano la "Santa Cruci" d'argento, donata da loro nel 1776 al SS. Crocifisso, nella
chiesa della Madonna di Giubino.
Durante il primo giorno di festa i mugnai sfilano in processione con la "Santa Cruci" per le
vie del paese, distribuendo alla popolazione le "Milidde". Nello stendardo del ceto
rappresentata una croce ricamata in oro zecchino.
I Pecorai ed i Caprai[modifica | modifica sorgente]

Inizialmente, erano due ceti diversi, ma nel corso degli anni si sono fusi per formare un
unico ceto.
I due ceti hanno Santi protettori diversi, San Pasquale Baylon il santo dei Pecorai ed
rappresentato sul loro stendardo mentre si trova in adorazione davanti al SS. Sacramento.
I caprai, invece, hanno come protettore San Gregorio (Vivroli in siciliano).
Durante i giorni di festa sfilano con abiti siciliani caratteristici distribuendo alla
gente formaggio fresco mentre alcuni giovani portano "U Circu" con, appesi alla
circonferenza, pecorelle, cestelli e frange confezionati con formaggio fresco, due pecorelle
in legno contornate di monete e una piccola urna con San Pasquale portata anch'essa a
spalla da quattro giovani in vesti folkoristiche
I Macellai[modifica | modifica sorgente]

Uno dei ceti pi piccoli come numero di partecipanti, ma, non per questo, meno
importante. Dal 1727, fino a qualche decennio fa, i Macellai, omaggiavano il SS. Crocifisso
con due tar per ogni bue, vacca, vitellaccio, ecc.
Sfilano per le vie cittadine portando il loro stendardo, a coda, di velluto rosso, sul quale sta
una Croce ricamata in oro.
Il presidente del ceto, posto alla fine delle due file composte dai componenti del ceto, tiene
in mano come "Prisenti" (dono) la coppa con le monete d'oro.
I Borgesi[modifica | modifica sorgente]

Rappresentano i coltivatori diretti, sempre pronti nelle manifestazioni religiosi locali.


Maestosa risulta durante la "Festa", "La Cavalcata" (sfilata di muli addobbati per il caso).
Hanno statuti particolari, specialmente per la nomina dei nuovi "Dubbitati" (deputati) dopo
ogni "Festa", che avviene in segreto, dopo mezzanotte.
Nello stendardo che porta l'effigie del SS. Crocifisso con spighe, fiori, ramoscelli d'ulivo e
uva, c' la scritta "Gloria Filiorum".
Caratteristico "Lu Zu Ntunisi", gruppo ligneo raffigurante un agricoltore che guida
l'aratro tirato da muli, e "Li Muliceddi" scolpite in legno e coronate da zecchini d'oro.
I Cavallari[modifica | modifica sorgente]

Si tratta del Ceto pi vivace e pieno di fantasia.


particolarmente devoto a Maria S.S. di Giubino, ed sempre presente a tutte le
manifestazioni mariane.
Ogni anno cura anche, nel Santuario di campagna durante l'estate, la celebrazione
solenne di un sabato.
Non a caso, nello stendardo ha effigiata la Madonna di Giubino.
I Massari[modifica | modifica sorgente]

I Massari, o Massarioti erano sovrintendenti, che si occupavano dell'affitto dei feudi, delle
greggi e delle imprese cerealicole, e in seguito, i ricchi borgesi che governavano la
"Massaria", azienda con buoi e pecore.
Attraverso i campieri, su cavalli, con fucile e frusta, si scortavano nelle sfilate,

vicendevolmente, con i Borgesi.


Il loro numero pi caratteristico il maestoso "Carro" tirato da buoi, che va in giro gettando
"Cuccidati", a ricordo dei pani che durante la "Festa" venivano distribuiti ai poveri. Dei ceti
calatafimesi risulta essere sempre stato il pi ricco.
Festa della Madonna della Visitazione a Enna
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La Festa della Madonna della Visitazione, santa patrona della citt di Enna, , assieme
ai riti della Settimana Santa, l'evento religioso pi importante del capoluogo ereo. La festa
si tiene il 2 luglio, data che la Chiesa ha concesso alla citt per i festeggiamenti
nonostante la Madonna della Visitazione sia celebrata in un altro giorno dopo la riforma
del calendario ecclesiastico.

Indice
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1 Storia e co

ntestualizzazione

2 La Bella Leggenda
3 I delegati ennesi a Venezia
4 Festeggiamenti
4.1 29 giugno
4.2 2 luglio, giorno della Festa
5 La citt di Enna miracolata

Storia e contestualizzazione[modifica | modifica sorgente]

In Enna la prima invocazione alla Vergine si ebbe quando S.Pancrazio predic ai


Fullones,abitanti del Monte Enna,lungo le rive del torrente Torcicoda,il Verbo di Cristo.in
quella occasione mut il profondo culto degli Ennesi alla Dea Cerere,al culto della Madre
sempre Vergine di Cristo Maria. Il culto pagano della dea Cerere era molto intenso ad
Enna;secondo il mito la Dea visse proprio ad Enna dove si trovano, presso l'omonima
Rocca, i resti del pi sontuoso santuario dedicato alla dea delle messi durante la storia
di Roma. La citt era cos legata ai riti pagani e alla fede in Cerere e nella sua
figlia Proserpina o Kore, che per soppiantare definitivamente questi residui antichissimi e
per giungere all'affermazione completa del cattolicesimo, durante il Basso Medioevo fu
introdotto un nuovo culto, quello verso Maria SS. della Visitazione che, nel corso dei
secoli, riusc a rendere il ruolo di Kore e della madre pi che marginale nella vita degli
ennesi, che tuttora conservano una popolare esclamazione locale dialettale, che
proprio Cori! Cori! (Kore! Kore!) ed hanno intestato ad ella la loro universit. Agli inizi del
Quattrocento vi erano per ancora diverse famiglie che seguivano la Fede di
Maometto,grazie alla precedente occupazione araba, e ad altre divinit.

La Bella Leggenda[modifica | modifica sorgente]


I delegati ennesi a Venezia[modifica | modifica sorgente]

La Municipalit di Enna pens di solennizzare le festivit patronali,decidendo di porre


Enna sotto il patronato celeste di Maria,venerata in Enna sotto il titolo"Della Visitazione". Il
giorno dell'Epifania del 1412,partirono da Enna per Venezia due senatori dell'Universit e
due dignitari della Chiesa Madre,per comprare una bella effigie raffigurante Maria,da
venerare sotto il titolo"Della Visitazione",in Campo dei Frari,nella centralissima citt della
Laguna Veneta.La Navigazione dur circa due mesi.Con il cuore colmo di tanta speranza
giunsero in citt. Rimasero delusi quando,visitando le numerose botteghe,non trovarono la
statua che fosse adatta a soddisfare il loro voto, poich tutte le statue raffiguravano la
Vergine con in braccio in Bambin Ges,quindi da venerare sotto altri titoli,poich nel Brano
Evangelico si esclude la presenza del Pargolo Divino durante l'incontro della Vergine con
la cugina Elisabetta.L'unico che si intendeva di arte dei quattro ambasciatori era rimasto
ammaliato da una statua della Madonna che aveva visto nella bottega di Mastro Alvise
Genazzin.La Madonna aveva una bella fisionomia che nello sguardo riuniva gli affanni e le
speranze di ogni cuore.Cercarono ancora ma nessuna statua poteva essere accostata a
quella. Quindi,dopo non poche riflessioni, acquistarono la statua che,tra il bizantino e il
moderno,era un capolavoro.Il simulacro fu acquistato e chiusa in una cassa con su scritto
M.N (Maria di Nazareth),fu imbarcata nel veliero Nostra Signora della Salute,diretto a
Barcellona,con scalo a Catania.
Festeggiamenti[modifica | modifica sorgente]

I festeggiamenti cominciano 3 giorni prima del giorno clou, che il 2 luglio (sebbene la
citt si prepari con l'illuminazione artistica gi 2 settimane prima), creando un clima
d'attesa nella cittadinanza e nei turisti, per culminare appunto il secondo giorno
di luglio caratterizzato dal trasferimento in pompa magna dell'immagine della Madonna
della Visitazione dal Duomo alla Chiesa di Montesalvo. Il 3 luglio dedicato al compatrono
San Primo mentre i riti si concludono la seconda domenica di luglio, con il rientro in
Duomo della Vergine Maria.
29 giugno[modifica | modifica sorgente]

Il 29 giugno iniziano i festeggiamenti in onore della patrona di Enna. Nel pomeriggio


dalla chiesa di san Pietro, celebrato in questo giorno, parte laprocessione diretta al Duomo
per la consegna delle chiavi con le quali aprire la statua della patrona. Alle ore 19,30 si
provvede all'apertura della nicchia in cui custodita la statua della Madonna,
nella cappella destra del Duomo, in marmi policromi. La statua viene nascosta tutto l'anno
fino a questo giorno, quando la si scopre in presenza della folla di fedeli. Per prima viene
aperta la porta della nicchia, costituita da un quadro di Domenico Basile raffigurante la
Patrona con Santa Elisabetta, oltre cui si cela un'altra porta detta "delle sette chiavi"
perch sette sono le chiavi necessarie ad aprirla.
Non appena viene schiusa la nicchia, appare la statua di Maria, ricoperta interamente
monili d'oro facenti parte del prezioso Tesoro del Duomo, con, pezzo forte, una
pregiatissima corona d'oro bianco posta sul capo della Vergine, e cesellata con ori e
smalti, ravvolta in un ampio manto di broccato trapuntato a filigrana aurea.
Al suono della banda municipale, i confrati detti "Nudi" portano a spalla il simulacro,
collocato su un piccolo fercolo simile a quello originale del 1412, e issato
sull'altare maggiore per consentire la venerazione da parte dei fedeli. Sull'altare maggiore,
la Guardia di Finanza rimuove dalla statua la corona, gli ori ed il mantello per sostituirli con
delle copie, evidenti sono le ragioni di sicurezza. Segue una Santa Messa durante la quale
la statua viene posta su un piedistallo per essere visibile da tutta la navata centrale.

2 luglio, giorno della Festa[modifica | modifica sorgente]

Maria SS. della Visitazione patrona del popolo Ennese, sulla vara chiamata nave d'oro

Il 2 luglio il giorno dei grandi festeggiamenti. Anche se la Madonna della Visitazione,


dalConcilio Vaticano II, viene ricordata in un'altra data, Enna ha ricevuto dal Papa il
privilegio di festeggiare la sua patrona all'antica data, sia per non sconvolgere la tradizione
radicatissima presso i fedeli, che per evitare festeggiamenti non estivi, perch il clima della
Sicilia centrale potrebbe impedirlo per freddo o nebbia.
Le celebrazioni cominciano con la Santa Messa tenuta in Duomo alle 6,30, culmine delle
messe mattutine speciali che si susseguono in attesa della festa sin dal 2 giugno. Mentre i
fedeli, molti dei quali raggiungono la collegiata a piedi nudi in segno di devozione alla
Vergine Santa, assistono alla celebrazione eucaristica in Duomo, nella Chiesa di
Montesalvo, situata nell'altra parte della citt alta, vengono sparate 101 salve di mortaretti,
come si fa nelle monarchie quando nasce un futuro sovrano. Essendo la Chiesa da cui
vengono sparati i 101 colpi, Montesalvo, il punto pi alto di Enna dopo il Castello di
Lombardia (970 m di quota circa), la loro eco raggiunge tutte le vallate sottostanti,
compresa la conca dove sorge la citt nuova, Enna Bassa, e la Valle del Dittaino. questo
il segnale che decreta ufficialmente l'inizio dei festeggiamenti.
Alle 10,30 si svolge in Duomo una solenne Messa pontificale, ovvero una celebrazione
eucaristica cantata officiata dal Vescovo della Diocesi di Piazza Armerina che siede
in cathedra (trono), alla presenza delle massime autorit civili e militari della provincia di
Enna. Intanto la banda municipale effettua un giro delle vie principali della citt intonando
marce festose, fermandosi sulle scalinate della collegiata.
In seguito i confrati della Confraternita di Maria SS. della Visitazione, deputati ai
festeggiamenti patronali, procedono a montare il fercolo e le aste necessaire a far s che i
124 uomini lo sorreggano e lo portino in processione per tutta Enna alta. Nel primo
pomeriggio, i portali del Duomo vengono chiusi per consentire alla Guardia di Finanza di
effettuare in massima sicurezza la vestizione della Madonna, ovvero l'addobbo della
statua. Su di essa vengono collocati panni rossi in cui sono cuciti innumerevoli monili
d'oro, collari, anelli, orecchini, bracciali, che i fedeli di tutti i tempi hanno donato come ex
voto e che ricoprono interamente la statua. Sul suo capo viene deposta la
famosa Corona in oro zecchino, cesellata finemente secoli fa da abili artigiani in stile
barocco, con diversi medaglioni ciascuno rappresentante una scena sacra. La corona
pertanto considerato ilgioiello pi prezioso mai prodotto dall'oreficeria sacra barocca
in Sicilia.
Alle 17,00 il duomo viene riaperto a turisti e fedeli per far vedere loro la statua di Maria
addobbata dai preziosi gioielli in oro, smalti e pietre preziose, oltrech la vara, che in
Sicilia designa il carro trionfale su cui i santi patroni vengono portati in processione,
detta Nave d'Oro (1590) essendo rivestita d'oro zecchino.

Essa verr portata in processione lungo tutte le vie principali della citt fino alla Chiesa di
Montesalvo, con spari di cannoni nelle tappe di sosta. La seconda parte del viaggio la
pi difficoltosa, perch la processione non segue i viali moderni del quartiere Monte che
portano a Montesalvo, bens l'antica, stretta e tortuosa via Mercato, nella quale la nave
d'oro viene spesso calata e trascinata quasi a rasoterra, perch la strada poco larga.
L'angusta salita che precede Montesalvo (secondo punto pi alto di Enna) viene effettuata
dai 124 uomini che sorreggono la pesantissima nave d'oro a corsa, mentre la statua della
Vergine ondeggia e vacilla e la statua di sua cugina Elisabetta esce da Montesalvo per
accoglierla.
La citt di Enna miracolata[modifica | modifica sorgente]

L'11 gennaio 1693 un terremoto catastrofico di magnitudo 11 colp la Val di Noto e quasi
tutta la Sicilia. Ci furono oltre sessantamila morti, circa settanta paesi colpiti, ma
miracolosamente Enna non sub grossi danni. E ancora oggi, si ricorda quel giorno con
una messa al Duomo dove per l'occasione esposto il simulacro di Maria Ss della
Visitazione, patrona del popolo ennese.La Madonna viene esposta ricordare quel triste
evento, che vede in questa ricorrenza come un ringraziamento alla Madonna che
salvaguard Enna.Prima la citt ringraziava la Madonna, in questa data, con una festa
analoga a quella del 2 luglio,festa Patronale. Adesso si susseguono solo funzioni speciali
con il canto del Te Deum,come ringraziamento a Dio per intercessione della Madonna.
Festa di Santa Barbara a Patern
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Festa di Santa Barbara a Patern

Tipo di festa religiosa


Data 3, 4, 5 e 11 dicembre
Celebrata in Patern (CT)
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Martirio di santa Barbara
Tradizioni religiose processione, messa pontificale
Tradizioni profane cerei

Data d'istituzione 1576


Questo box: vedi disc. mod.

La festa di Santa Barbara la principale festa religiosa di Patern, in provincia di


Catania, dedicata a santa Barbara, originaria di (Nicomedia,
l'attuale zmit in Turchia) e martirizzata secondo la tradizione nel 306 dal padre Dioscuro.
L'evento si svolge annualmente il 3, 4, 5 e 11 del mese di dicembre, il 27 maggio ed il 27
luglio. Il secondo giorno di festivit rappresenta la data del martirio della santa.

Indice
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1 Storia dell

a festa

2 La processione
3 Le altre feste in onore di santa Barbara a Patern
4 Note
5 Bibliografia
6 Collegamenti esterni

Storia della festa[modifica | modifica sorgente]

Il culto religioso di santa Barbara venne introdotto a Patern dai cavalieri dell'ordine
Teutonicoattorno al XIII secolo.
Secondo la tradizione in seguito alla peste che colp la Sicilia nel 1576, diffusasi il 22
luglio in citt a partire dall'antico quartiere di Santa Barbara (oggi "Falconieri"), gli abitanti
portarono le suereliquie nella chiesa di Sant'Antonio abate, trasformata in lazzaretto, e ne
invocarono la protezione. La liberazione della citt dal morbo fu interpretata come un
miracolo della santa.
La processione[modifica | modifica sorgente]

Preparazione alla festa


Ogni anno la festa viene annunciata ai cittadini, con spari di bombe e sfilate di bande
musicali per le vie cittadine, il 3 novembre, cio un mese prima, che nel linguaggio
comune dei paternesi viene chiamato 'u mis' santa Barbara.
Le prime celebrazioni eucaristiche hanno inizio il 18 novembre con il tradizionale rito
dellatraslazione delle reliquie dalla chiesa di Santa Barbara al prevosto della chiesa
madre.
Nei giorni di preparazione, sin dalle prime luci dell'alba dei giovani si recano
sul campanile della chiesa della patrona per dare inizio ad un lungo scampanio, che viene
chiamato 'a nona.
La tradizionale quindicina in onore alla santa si conclude il 2 dicembre.
La giornata del cereo
La festa ha inizio il 2 dicembre con la giornata del cereo. Per tutta la mattinata i cerei (a
Patern chiamati varette), girano i diversi rioni della citt, per poi ritrovarsi alla sera a
sfilare insieme per il corso principale fino alla chiesa di Santa Barbara.
I nove cerei, che rappresentano le varie corporazioni cittadine sono:

il cereo degli operai, chiamato anche dei muratori o di Santa Barbara, per il fatto che
l'ultima e precede il fercolo della santa;
dei contadini;
dei commercianti, anticamente dei putiari d' vinu, cio coloro che vendevano il vino;
dei panettieri o mugnai;
dei dipendenti comunali, un tempo dei macellai;
dei pescatori;
degli ortolani;
dei camionisti, un tempo dei carrettieri;
dei massai.
I cerei sono stati realizzati nel corso del XVIII secolo in legno scolpito e indorato, che nel
tempo sono diventati parte integrante della festa. Patern vanta di avere il maggior
numero di cerei in tutta la provincia dopo Catania[1].
La vigilia
Il giorno della vigilia della festa, il 3 dicembre, nella chiesa di Santa Barbara fin dal
mattino, vengono esposte alla venerazione dei fedeli le reliquie della santa. Segue la
celebrazione della messa con la partecipazione del corpo dei Vigili del Fuoco (dei quali
patrona), presieduta dal parroco.
Nella serata vi la solenne concelebrazione eucaristica, che precede la processione con
le reliquie che ogni anno viene celebrata in una diversa parrocchia della citt. La
processione percorre le vie principali della citt, con la partecipazione delle associazioni,
delle confraternite, del clero, delle autorit civili e militari e dei fedeli e si conclude nella
chiesa di Santa Barbara con la benedizione solenne.
La vigilia si conclude nella tarda serata con l'ingresso del carro trionfale infiorato che
rappresenta l'apoteosi di santa Barbara, tra inni e spari di fuochi dartificio.
Il martirio di santa Barbara
Il mattino del 4 dicembre, giorno in cui viene ricordato il martirio della santa, le campane
delle chiese cittadine suonano a festa e vengono sparati 21 colpi dal Castello normanno,
mentre le bande musicali suonano per le vie del paese.
Verso le ore otto nella chiesa della patrona si svolge la svelata della santa cio l'apertura
della cameretta che custodisce per tutto l'anno il suo simulacro.
Successivamente il busto reliquiario della santa viene portato in processione. La prima
sosta avviene in contrada Falconieri nella chiesa dell'Itria, che prima dell'edificazione della
parrocchia di piazza Santa Barbara, aveva ospitato il culto della santa.
La seconda sosta ha luogo in piazza Vittorio Veneto, dove secondo la tradizione sarebbe
avvenuto il miracolo del debellamento dell'epidemia di peste. Successivamente
la vara passa per le varie chiese della citt fino al rientro nella chiesa di Santa Barbara in
tarda notte.
Il giorno del pontificale
La mattina del 5 dicembre per il corso principale della citt, la via Vittorio Emanuele,
sfilano tutte le autorit civili e militari sino a piazza Santa Barbara, dove vengono resi gli
onori al monumento ai caduti in ricordo delle vittime di tutte le guerre.
All'evento fa seguito la messa pontificale celebrata dall'arcivescovo di Catania. Il fercolo fa

poi il suo cammino nella zona nord della citt per poi andare in piazza Indipendenza,
accompagnato da fuochi pirotecnici.
Nella tarda notte, il busto di santa Barbara ritorna nella sua chiesa, dove i fedeli assistono
al suo rientro nella cameretta che lo ospita.
L'ottava della festa
Ad una settimana di distanza, le festivit riprendono l'11 dicembre con la celebrazione
della santa messa, a seguito della quale il simulacro e le reliquie di santa Barbara
vengono portate processionalmente nella piazza antistante la chiesa per l'atto di
affidamento e la benedizione della citt per poi essere definitivamente riposti nella sua
cameretta.
Le altre feste in onore di santa Barbara a Patern[modifica | modifica sorgente]

La festa di maggio
La festa ha luogo il 27 maggio, e rapprersenta il patrocinio della Santa a Patern, che si
svolge dal 1983.
Venne istituita in occasione delleruzione dellEtna nel 1780, la cui lava minacciava di
raggiungere la citt di Patern. Il 27 maggio dello stesso anno, dalla chiesa di Santa
Barbara si snod una processione penitenziale con il busto reliquiario della santa
accompagnato. Secondo la tradizione la lava si sarebbe fermata quando la processione
giunse presso il feudo di Ragalna ponendo le reliquie davanti al fronte lavico.
La festa conosciuta dai paternesi con l'appellativo di Santa Barbara delle rose in quanto
il busto della santa viene adornato da una corona di rose. Tale usanza risale alla prima
processione del 1780 quando, avvenuto il miracolo, i fedeli intrecciarono una corona di
rose, ponendola sul busto della santa durante la processione di ritorno al paese.
La festa di luglio
Definita anche festa di Santa Barbara di mezza estate ha luogo il 27 luglio e rievoca la
traslazione delle reliquie della santa.
Tale festivit trae origine quando nel 10 luglio 1660 venne donata ai giurati di Patern la
reliquia del braccio della santa da parte di fr Stefano de Marines dell'ordine dei
predicatori, del convento di Messina e il 27 luglio del 1667 venne donata alla chiesa di
Santa Barbara.
Il 27 luglio del 1731 i padri benedettini della chiesa della Gancia di Patern donarono
unaltra reliquia di santa Barbara alla chiesa della santa patrona.
In questo giorno il busto della santa viene esposto ai fedeli all'interno della chiesa.
Festa di San Giacomo a Caltagirone
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Festa di San Giacomo a Caltagirone

Tipo di festa religiosa


Data 24 e 25 luglio
Celebrata in Caltagirone (CT)
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Solennit del Patrono
Tradizioni Corteo storico del Senato Civico
Tradizioni religiose Pontificale, processioni
Tradizioni profane Illuminazione della Scala di Santa Maria del Monte
Data d'istituzione 1591
Questo box: vedi disc. mod.

La festa di San Giacomo si svolge a Caltagirone, in provincia di Catania.


Viva Diu e San Jacupu gridavano un tempo i portatori del pesante fercolo di san
Giacomoapostolo, patrono di Caltagirone dal 1109 per volere del conte Ruggero il
Normanno, che volle erigere anche un tempio in suo onore. Dall'XI al XVI secolo la festa si
svolgeva solo in chiesa, dov'era venerata una statua dell'apostolo realizzata nel 1518 da
Vincenzo Archifel, orafo e scultore catanese, la stessa che ancora oggi viene portata in
processione entro una bara dall'originale struttura architettonica, opera dello scultore
napoletano Scipione di Guido, che in essa fuse in prefetto equilibrio le fastose
linee barocche con quelle sobrie dell'arte classica. La bara ha, infatti, la forma di un
tempietto, che nei sei angeli sostenenti il tetto richiama alla mente l'Eretteo d'Atene con le
sue cariatidi.
La prima festa esterna, celebrata con manifestazioni folkloristiche, artistiche e cerimonie
religiose, si ebbe nel 1591.
Un tempo il fercolo veniva portato a spalla, accompagnato dal Senato Civico e dal popolo
in festa, percorrendo le strade principali della citt dalla mezzanotte del 24 luglio sino
all'alba del 25. Il fercolo inoltre era preceduto da una preziosa cassa argentea, realizzata
dal 1599 al 1701dai pi noti argentieri del tempo, contenente, in un reliquario a forma di
mano, una parte dell'osso del braccio di san Giacomo donata nel 1457 alla citt natale da
Giovanni Burgio, vescovo di Siponto. Era una manifestazione corale di fede con qualche
divagazione edonistica, che faceva folklore ma non intaccava tuttavia la devozione sentita

e mantenuta fervida nei secoli.


Da anni non si ode pi il grido "Viva Diu e San Jacupu" levato alto dal popolo. La sera del
25 luglio il fercolo e la cassa della reliquia fanno il giro della citt su mezzi meccanici con
lo stesso cerimoniale d'un tempo e qualche variante nello svolgimento.
In compenso il programma dei festeggiamenti s'articola e arricchisce di anno in anno di
numerose manifestazioni artistiche, culturali, sportive e folcloristiche. Prima fra tutte, in
ordine cronologico, la "serata alla villa", giorno 23, contrassegnata da concerti bandistici e
da un fantasmagorico spettacolo di fuochi pirotecnici. Segue il corteo del Senato Civico
(XVII secolo) che accompagna le autorit civili ai riti religiosi la sera del 24 e del 25 luglio.
In costumi delSeicento, il corteo testimonia, nello sfarzo delle vesti dei suoi componenti, il
prestigio che l'Universitas caltagironese aveva nel Regno per la vastit del patrimonio
demaniale. Nelle sere del 24 e del 25 luglio viene effettuata l'illuminazione della scalinata
di Santa Maria del Monte con lumiere ad olio entro coppi policromi, disposti a disegno
lungo i centoquarantadue gradini, che la rendono un arazzo brulicante di luci. Non
mancano, solitamente, mostre d'arte d'ogni genere, spettacoli folcloristici di tradizione
come l'opera dei pupi, manifestazioni musicali coinvolgenti tutte le fasce d'et e i pi
diversi interessi.
Festa di San Giorgio a Ragusa
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(SCN)
Giorgiu cavaleri, vui a cavaddu e iu a peri,
vui ch'andasti a lu livanti chi vinisti a lu
punenti, sta grazia m'ati a fari tempu un
nenti.
(Detto ragusano)

(IT)
San Giorgio cavaliere, voi a cavallo e io a piedi,
voi che siete andato a levante, che siete venuto a
ponente, questa grazia mi dovete fare in tempo
breve

Festa di San Giorgio a Ragusa

Tipo di festa religiosa locale


Periodo Ultima domenica di maggio
Celebrata a Ragusa, Modica, Genova,Reggio Calabria, Barcellona,Inghilterra

Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Martirio di San Giorgio
Tradizioni religiose processioni
Tradizioni profane Ballata del Santo
Data d'istituzione 1091
Questo box: vedi disc. mod.

La festa di San Giorgio una festa molto singolare che a Ragusa non si festeggia il 23
aprile come sarebbe logico, ma l'ultima domenica di maggio.
Caratterizzata dalla processione che si articola per le strade di Ibla, la statua del Cavaliere
(rappresentato a cavallo, vestito come un antico soldato, armato di una corta spada
mentre affronta e uccide un terribile drago) viene portata a spalla dai fedeli e seguita da
una folla di devoti. Per la grande occasione la chiesa viene addobbata con stendardi, fiori
e luci e la statua del santo viene posta al centro della chiesa per la venerazione dei fedeli.
L'intera citt - vicoli, strade, piazze, si veste di luminarie e di vivaci colori, inoltre le
pregevoli porte intagliate della chiesa madre, che nel corso dell'anno rimangono coperte
da due imposte, si aprono per la gioia dei fedeli. I festeggiamenti cominciano una
settimana prima, ma finalmente gli ultimi tre giorni (venerdi sabato e domenica) a suon di
banda e di mortaretti si porta fuori il simulacro di San Giorgio.
La statua che fu opera dello scultore palermitano Rosario Bagnasco verso la seconda
met dell'Ottocento composta prevalentemente di legno di ciliegio, questo materiale
infatti di facile intarsio nella lavorazione con aggiunta di altri materiali ferrosi distribuiti
nelle parti, opera di eccellente valore artistico ed espositivo, le forme infatti sono in
equilibrio tra di loro, lo sguardo del cavaliere, la posizione della testa del cavallo in perfetta
armonia con esso danno a questa statua equestre una sensazione di attraente folclore
allegorico, ci nonostante consente ai portatori di danzare quasi a passo di musica, di farla
girare e di alzarla a braccia fino a "lanciarla" in aria per riprenderla poi. La statua del
Cavaliere preceduta da un'altra portantina sulla quale posta la "Santa Cassa" in
argento lavorato con le reliquie dei santi. La statua viene portata in piazza dove si forma la
processione che, con il clero in testa, seguito subito dopo dalla "Santa Cassa", dalla statua
del santo, dalla banda musicale e quindi dai fedeli comincia il giro delle caratteristiche vie
di Ibla.
Tra le manifestazioni collaterali, si pu assistere a numerosi concerti musicali di artisti
abbastanza noti, esibizioni di gruppi, sbandieratori ed infine il clou dello spettacolo dato dai
suggestivi fuochi pirotecnici.
Festa di San Giovanni Battista a Ragusa
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Festa di San Giovanni Battista a Ragusa

Tipo di festa religiosa locale


Periodo 29 agosto
Celebrata a Ragusa, Firenze, Genova,Roma, Torino
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Decollazione di San Giovanni Battista
Tradizioni religiose processioni
Tradizioni profane Luminarie
Tradizioni culinarie gallina ripiena
Data d'istituzione 1300
Questo box: vedi disc. mod.

La festa di San Giovanni Battista la festa religiosa pi importante di Ragusa superiore,


il 24 giugno, giorno della nascita del santo, viene celebrata liturgicamente con
una messa solenne e con l'esposizione delle sue reliquie.
Il santo invocato per ottenere conforto dalle calamit e per ottenere la guarigione del
corpo.
Si conserva un reliquario, a forma di braccio d'argento che conserva, secondo la
tradizione, un pezzo di un radio del santo.
I festeggiamenti solenni, invece, si svolgono il 29 agosto, data del suo martirio.
La statua del santo, in pietra calcarea e risalente ai primi anni del 1513, scolpita dallo
scultore Angelo Recto, viene esposta sull'altare centrale. Si tratta di una statua che veniva
portata in processionenell'antica Ragusa vecchia prima del fatidico terremoto del 1693.
Nel 1861 invece fu scolpita dal ragusano Carmelo Licitra, detto U ghiuppinu,
l'attuale simulacroche tutt'oggi viene portato in processione, accompagnata dalla banda
musicale e dai suoi fedeli portatori per le strade ragusane. Questo, oltre ad essere un
grande momento di devozionereligiosa e di rinnovo delle tradizioni della citt, anche uno
spettacolo singolare in quanto migliaia di fedeli, molti a piedi nudi, accompagnano la
statua del Santo portando dei grossi ceri accesi per grazia ricevuta. Al sacro si unisce il
profano; infatti, la festa ricordata oltre che per la solenne processione, anche per la fiera
commerciale di prodotti vari e per lo spettacolo pirotecnico che conclude i festeggiamenti.

Festa di San Giuseppe a Santa Maria di


Licodia
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Festa di San Giuseppe a Santa Maria di Licodia

Simulacro ligneo del Patrono San Giuseppe

Tipo di festa religiosa


Data ultima domenica di agosto
Periodo dalla terza domenica del mese al luned successivo alla quarta domenica
Celebrata in Santa Maria di Licodia (CT)
Religione Cattolicesimo
Oggetto della
Solennit del Patrono
celebrazione
offerta della cera, svelata, trionfale uscita, corse del fercolo, benedizione dei
Tradizioni
bambini, calata dell'Angelo, cantate
triduo solenne in preparazione, Te Deum di ringraziamento, Pontificale,
Tradizioni religiose
processioni
Tradizioni profane spettacoli concertistici e pirotecnici
Data d'istituzione secolo XVII
Questo box: vedi disc. mod.

La Festa di San Giuseppe, la festa patronale che si svolge a Santa Maria di Licodia,
in provincia di Catania.

Indice
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1 Storia
2 La Festa
2.1 Il Sabato
2.2 La Domenica
2.3 Il Luned
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica sorgente]

Le origini del culto di San Giuseppe a Santa Maria di Licodia sono incerte. Sicuramente
ebbero la loro genesi durante il secolo XVII, epoca in cui venne realizzato
lattuale simulacro, ma certamente la festa in suo onore ha origini tra il seicento e il
settecento, come si evince da note di spesa del monastero per la festa del paese, in cui si
fa menzione di uso di apparati, musiche e mortaretti, altra fonte si trova negli scritti di don
Anselmo Val di Bella del 1754. Nella visita pastorale del vescovo Deodato Moncada del
1808, si fa menzione particolare dellaltare di San Giuseppe, descrivendone gli arredi tra
cui una tela posta innanzi alla porta che celava la statua. Non si al corrente della data
esatta di elevazione a Patrono, ma ci d un indizio lincisione della seconda campana della
chiesa, datata 1827, fusa dal popolo in onore del Patrono San Giuseppe. Con lelevazione
di Licodia a comune autonomo (1841), il consiglio comunale delibera e accetta il Patriarca
come Patrono Principale. Fino all'anno 1875 la festa veniva celebrata in data mobile nel
mese di settembre, con la processione della Reliquia nel primo giorno, del simulacro nel
secondo, mentre nel terzo veniva portato in processione San Luigi Gonzaga. Il 7 giugno
1876 il Consiglio Comunale, per dare conferma alla forte devozione popolare, rivolse
un'istanza alla Santa Sede, Onde degnarsi sanzionare che questo Comune sia posto
sotto lo speciale Patrocinio del Glorioso Patriarca San Giuseppe. Il beato Giuseppe
Benedetto Dusmet, Cardinale Arcivescovo di Catania e Abate titolare di Santa Maria di
Licodia e San Nicol l'Arena, con bolla Ut in die Feste Patrocinii Sancti Josephi del 23
novembre 1876, concesse e fiss la data della celebrazione dei festeggiamenti nellultima
domenica del mese di agosto, in concomitanza con lanniversario di fondazione e
infeudazione del villaggio di Licodia (agosto 1143) e della successiva autonomia comunale
ottenuta con Regio Decreto nell'agosto del 1840. Nella seduta comunale dell'11 luglio
1948, a seguito dei dissensi e disordini provocati dal Sacerdote Giuseppe Ronsisvalle
Corsaro in merito alla proclamazione della Madonna del Carmelo a patrona del Comune, il
sindaco e il consiglio, favorendo la volont dei cittadini, proclamava San Giuseppe unico
Patrono di Santa Maria di Licodia.
La Festa[modifica | modifica sorgente]

La festa la pi attesa e sentita ricorrenza per i cittadini licodiesi. annunciata gi lultima


domenica di luglio con lo sparo di mortaretti e il suono della banda, e viene realizzata con
lobolo offerto da tutti i cittadini e devoti.
Il Sabato[modifica | modifica sorgente]

Uno dei momenti pi attesi senzaltro la svelata, o in gergo locale a sbarrata di San
Giuseppi. Nella serata del sabato, dopo la messa nella chiesa della Consolazione e la
processione delle confraternite e associazioni locali, nella Chiesa Madre gremita, i fedeli
assistono alla commovente elevazione del simulacro, che attraverso un argano, sale
lentamente da dietro laltare, accolto dai VIVA SAN GIUSEPPE, dagli applausi, dal suono
dellorgano, delle campane e della banda e dallo sparo di fuochi dartificio. Segue la

Cantata dei devoti in onore al Patrono.


La Domenica[modifica | modifica sorgente]

La domenica lapice dei festeggiamenti. Dopo la messa solenne delle nove, tutto si
mobilita per la trionfale uscita, il prezioso fercolosettecentesco, avara, viene portato
allaltare maggiore, da qui il Santo scende, e il grido E GRIDAMU TUTTI VIVA! VIVA SAN
GIUSEPPI!rimbomba tra le navate della chiesa. Quando il Santo gi ancorato al fercolo
si passa alla cerimonia della vestizione, nella quale i preziosi che i devoti offrono al
Patrono vengono sistemati sul simulacro. Quando anche questa finisce, il capo fercolo u
mastru di vara suona la campanella che da inizio alla processione.

Trionfale uscita del Patriarca San Giuseppe. Ultima domenica di agosto

Il fercolo accolto dalla piazza gremita dai viva, dagli applausi, dalla musica dal lancio di
volantini, zaareddi, dalla interminabile moschetteria e da una tempesta di fuochi
dartificio. Quando lo spettacolo finisce, il popolo devoto saluta il proprio Protettore con la
Cantata, a questa segue la benedizione e la distribuzione del pane di San Giuseppe,
simbolo della Divina Provvidenza, che i devoti si contendono a gran fatica. La processione
si snoda per le vie del centro, adornate dalle caratteristiche bandiere ocra e blu, accolta
dai devoti, che elargiscono offerte e doni a San Giuseppe. La vara tirata mediante il
cordone da bambini, giovani, adulti, e anziani, tutti uniti nel nome di Giuseppe. Momento
particolare della processione e la corsa nella ripidissima cchianata de Caseddi, qui i
devoti si cimentano, in una faticosa impresa, per percorrere di corsa la salita, che data la
difficolt del percorso viene effettuata in tre riprese. Larrivo sotto la piazza trionfalmente
accolto dai numerosi spettatori e dai fuochi. La processione continua per i quartieri della
Matrice. Nellantico rione Pepe, avviene la benedizione dei bambini, che offrono al Santo il
giglio. La serata della domenica conclusa dal Pontificale e dallo spettacolo di musica
leggera.
Il Luned[modifica | modifica sorgente]

La giornata del luned aperta dai colpi di cannone, e la mattinata allietata dalle note del
corpo bandistico per le vie della cittadina. La sera dopo la messa vespertina avviene la
seconda uscita del fercolo. La lunga processione, coinvolge quasi tutti i quartieri del
paese.

Al termine della festa, il simulacro del Patrono viene custodito nella Cameretta fino alla festa futura

Frequenti sono le soste del fercolo per le offerte di cacciagione, frutta, pane e qualsiasi

altro prodotto, che verr conteso allasta quando la processione avr fine. Momenti salienti
della processione serale del luned sono gli omaggi dei vigili urbani, dellarma dei
carabinieri e della parrocchia della Madonna del Carmelo, dove al passaggio della
processione si ripete la cantata. Attesissima la Calata dellAngelo, al quartiere dei Larghi.
Nella sua parte conclusiva la processione percorre tutta la via principale, e arriva nella
piazza gremita di fedeli e devoti che aspettano lasta, durante la quale vengono contesi i
doni che la cittadinanza ha offerto al Patrono. Al termine dellasta il fercolo rientra in
chiesa, e tra i viva incessanti dei devoti il simulacro di San Giuseppe viene prelevato dal
fercolo e deposto e velato nella Cameretta che lo custodisce durante lanno. In tarda
nottata un grandioso spettacolo pirotecnico chiude i festeggiamenti in onore al Sommo
Patriarca.

Festa di Santa Lucia a Siracusa


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Festa di Santa Lucia a Siracusa

Tipo di festa religiosa locale


Data 13 e 20 dicembre
Celebrata a Siracusa
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Martirio di santa Lucia
Tradizioni religiose Vespri solenni, processione
Tradizioni profane Fuochi pirotecnici
Tradizioni culinarie Cucca
Questo box: vedi disc. mod.

La Festa di Santa Lucia si svolge il 13 e il 20 dicembre a Siracusa dove


la vergine e martireSanta Lucia ebbe i natali.
una festa molto sentita e partecipata che convoglia nella citt siciliana una enorme
quantit di fedeli provenienti da tutta la provincia e da buona parte della Sicilia orientale.
Non mancano nemmeno le varie delegazioni di emigrati siracusani provenienti da diverse
parti del mondo (Argentina e Stati Uniti su tutte) che tornano nella citt natale
appositamente per assistere alla festa della loro concittadina pi illustre.[1]

Indice
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1 Inizio dell

e festivit di dicembre

1.1 La festa del 13 dicembre


1.2 La festa del 20 dicembre (l'ottava)
2 Festa di Santa Lucia ad aprile
3 Festa di Santa Lucia a maggio
3.1 Prima domenica (il volo re quagghie)
3.2 Seconda domenica (giro di Ortigia e conclusione dei festeggiamenti)
4 Storia
5 Note
6 Altri progetti

Inizio delle festivit di dicembre[modifica | modifica sorgente]

La festa patronale della Santa siracusana, sebbene sia preceduta da una preparazione
composta da momenti di preghiere e di altre iniziative prettamente religiose che inizia 13
giorni prima (tale preparazione viene definita tredicina), comincia ufficialmente in
Cattedrale la mattina del 12 dicembre con la traslazione del simulacro argenteo dalla sua
"cameretta" all'altare maggiore. La sera vengono poi celebrati, sempre in Cattedrale, i
vespri solenni presieduti dall'arcivescovo a cui partecipano diversi sacerdoti della diocesi,
diaconi, il seminario arcivescovile, oltre a diverse autorit civili e religiose. Alla fine dei
vespri viene distribuita ai fedeli la "cucca", dolce tipico Luciano che viene preparato come
da tradizione il giorno antecedente alla festa.
La festa del 13 dicembre[modifica | modifica sorgente]

Fuochi d'artificio durante la festa

questo il giorno principale della festa, in cui tutta la citt e non solo si stringe attorno alla
Vergine e Martire siracusana. Il simulacro argenteo viene portato a spalla da 60 berretti
verdi (nomignolo affibbiato ai portatori) dalle ore 15:30 circa quando, tra il suono festoso
delle campane, viene portato dalla Cattedrale su Piazza Duomo gremita di devoti in
attesa.
Dopo un breve discorso a sfondo sociale dell'arcivescovo alla cittadinanza, la processione
scende lungo il passeggio Aretusa per varcare, nel tardo pomeriggio, la "Porta Marina"
(attigua al Porto grande), qui avviene uno dei momenti pi toccanti della giornata, ovvero il
saluto di marinai e di militari che fanno suonare a festa le sirene delle loro navi. Dopo di
ci, il Simulacro di Santa Lucia pu dirigersi verso il ponte a Lei intitolato per consentire
una sosta di alcuni minuti.
Quando il corteo ormai sulla terraferma, percorre il corso Umberto dove svolta per viale
Regina Margherita avvicinandosi quindi al cuore della Borgata Santa Lucia salendo per via
Piave fino ad arrivare in piazza Santa Lucia e alla Basilica di Santa Lucia al Sepolcro.
Entrato in basilica, il Simulacro viene sistemato sull'altare maggiore dove rester dinanzi ai

fedeli per i successivi sette giorni.


La festa del 20 dicembre (l'ottava)[modifica | modifica sorgente]

Portatori di S.Lucia

Giorno 20, giornata tradizionalmente definita dai siracusani come l' ottava, il simulacro di
S.Lucia, rispetto al tragitto di sette giorni prima, osserva diverse soste molto sentite dai
fedeli. La processione prevede come orario di inizio le ore 16:00 con partenza dalla
basilica della Borgata, e non molto tempo dopo in programma la prima fermata
alSantuario della Madonna delle Lacrime dove avviene l'incontro tra la Santa e Maria
attorno al quale si stringe la comunit del tempio Mariano con il suo Rettore che tiene un
breve discorso alla cittadinanza.
A pochi metri dal Santuario situato l'ospedale umberto I ed una volta terminata la prima
visita qui che la processione si ferma nuovamente assistendo alla visita ai malati e
partecipando al momento di preghiera gestito dalla comunit ospedaliera.
Terminata quest' altra sosta, la processione riprende il suo cammino scendendo lungo il
corso Gelone e le vie limitrofe del centro cittadino, la discesa verso l'isola comincia dalla
cima del corso umberto, giunti al ponte umbertino (i ponti per i siracusani), viene effettuata
l'ultima sosta per dare il via al tradizionale spettacolo pirotecnico.
Una volta rientrati nell'isola di Ortigia da piazza Pancali, il percorso prevede la salita del
corso Matteotti e successivamente una nuova deviazione per la centralissima piazza
Archimede e stradine attigue con destinazione finale piazza Duomo. Il rientro in Cattedrale
viene salutato con il definitivo sparo dei botti, e dopo le operazioni di rito, avviene la
conservazione del Simulacro argenteo nella nicchia dove rimane chiuso fino alla prima
domenica di maggio, quando in programma la festivit di Santa Lucia re quagghie.
Festa di Santa Lucia ad aprile[modifica | modifica sorgente]

Da dieci anni, come intermezzo tra le tradizionali festivit di dicembre e maggio, se n'
inserita un'altra per commemorare il miracolo del 1735 caratterizzato dalla sudorazione
della Statua marmorea di Santa Lucia ospitata nel Sepolcro a Lei dedicato.
L'ultima domenica di aprile, quindi, una piccola statuetta raffigurante la Martire aretusea
viene portata in processione, il cui percorso originariamente era racchiuso nella Borgata
Santa Lucia spostato ed esteso, dall'aprile 2011, all' ultimo sabato di aprile e dalla Borgata
a Ortigia seguendo, in un certo senso, la tradizione dicembrina.[2]
Festa di Santa Lucia a maggio[modifica | modifica sorgente]

La festa del Patrocinio di Santa Lucia, pi comunemente definita come Santa Lucia re
quagghie (appellativo dialettale aretuseo per definire i colombi), si svolge le prime due
domeniche di maggio per ricordare il miracolo avvenuto nel maggio 1646 quando a
Siracusa divamp la carestia "interrotta" dall' arrivo nel porto aretuseo di navi cariche di
grano oltre che di altro cibo. La leggenda narra inoltre che a comunicare il miracolo fu una

colomba entrata all' interno del Duomo per comunicare alla popolazione l'avvenimento del
miracolo, ecco spiegato perch le quagghie sono il simbolo di tali festeggiamenti.
Prima domenica (il volo re quagghie)[modifica | modifica sorgente]

mezziogiorno quando il Simulacro esce dal Duomo per dare vita ad una breve ma
sentita processione nella stessa piazza per raggiungere l'attiguaChiesa di Santa Lucia alla
Badia, non prima di sostarsi per alcuni minuti rispettivamente per il tradizionale discorso
dell'arcivescovo e soprattutto per il lancio delle quagghie dalle gabbiette in cui sono
custodite. Al termine della celebrazione, il Simulacro argenteo accede nella suddetta
chiesetta dove permane per una settimana.
Seconda domenica (giro di Ortigia e conclusione dei festeggiamenti)[modifica | modifica sorgente]

La processione parte dalla Chiesa della Badia alle 19 circa per effettuare il giro esterno di
Ortigia. Scende per la fontana Aretusa e il Castello Maniace in direzione del lungomare di
Ponente, successivamente si riaddentra nell' isola svoltando per via Roma
attraversarsando quindi i rioni dellaCannamela e della Giudecca.
Giunti in via Maestranza il suono festoso delle campane della Chiesa dell'Immacolata
accoglie il corteo che effettua una breve sosta, al termine della quale riprende la marcia
verso piazza Duomo dove rientra in Cattedrale sancendo la definitiva conclusione dei
festeggiamenti e la riconservazione nella "cameretta".
Storia[modifica | modifica sorgente]
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Secondo una convinzione popolare il terremoto del 13 dicembre 1990 che colp Siracusa e
i comuni limitrofi non ebbe degli effetti disastrosi a causa dell'intercessione della Santa a
protezione della citt. In quell'occasione pur di festeggiare la Santa, nonostante lo stato
d'emergenza, il simulacro fu portato in processione dai vigili del fuoco. Da allora, in ricordo
di quell'occasione e in segno di devozione, ogni anno i vigili del fuoco danno il cambio ai
portatori del simulacro, in corrispondenza dell'ospedale, durante la processione dell'ottava,
a dicembre.
Il 13 dicembre 2011 nata una polemica attorno alle celebrazioni di Santa Lucia poich
l'arcivescovo di Siracusa Pappalardo ha invitato il cardinale Law (accusato di aver coperto
centinaia di casi di pedofilia in Usa) a presenziare la festa. Ne nata una reazione
polemica presso i giornali, considerando la presenza inopportuna.[3].

Festa della Madonna del Bosco a Buscemi


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Voce principale: Buscemi.

La festa della Madonna del Bosco una ricorrenza del comune di Buscemi, di cui proprio
la Madonna ne la Patrona.

Indice
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1 La storia

2 La festa
3 Collegamenti a YouTube
4 Altro

La storia[modifica | modifica sorgente]

L'affresco rinvenuto dai frati (particolare)

Le origini della festa risalgono a un'antica leggenda. Si narra che un giorno agli abitanti del
paese si presentarono due frati muti, i quali riuscirono a fatica a spiegare alla gente che
avevano bisogno di attrezzi per addentrarsi nel bosco. Aiutati da alcuni abitanti, alla fine
giunsero a un muretto sul quale era raffigurato un affresco ritraente la Madonna, questa
seduta recante su un braccio Ges bambino mentre nell'altra mano racchiusa una
sferetta identificabile con un melograno (anche se prima che fosse restaurato sembrava
pi un piccolo mondo). Avvenuto lo sconvolgente ritrovamento, gli abitanti proposero la
costruzione di un santuario, proprio nel luogo in cui era l'affresco. V'era per il problema
dell'acqua, necessaria per l'edificazione della chiesa, data la distanza dal paese; cos i frati
scavarono proprio nelle vicinanze del ritrovamento e da l cominci a sgorgare un'acqua
limpida da una sorgente che prima non c'era. In seguito fu edificato il santuario e la
sorgente incanalata in una fontana tuttora esistente; per quanto riguarda i frati, non se ne
seppe pi niente. A seguito del terremoto del 1693, ogni abitazione del paese cos come il
santuario furono distrutti, ma miracolosamente l'affresco rest intatto. Cos ogni anno
aBuscemi si celebra la festa dedicata alla Madonna chiamata per l'appunto "del bosco".
La festa[modifica | modifica sorgente]

La festa celebrata l'ultima domenica di agosto (anche se in precedenza si trattava della


terza di settembre) e, dato che si tratta della ricorrenza pi importante del paese,
possibile notare la grande affluenza di concittadini che ogni anno fanno ritorno per non
mancare all'appuntamento.
La processione inizia nel santuario fuori dal paese, dove dei portatori trasportano sulle
spalle il fercolo, dimostrando la loro devozione alla Madonna; condotta fuori al santuario
inizia la processione dove sfilano, davanti al fercolo, la banda musicale, i portatori con
gli stendardi, oltre che i devoti. Percorsi pochi chilometri dal santuario, si giunge all'entrata
del paese, dopo essere passati vicino i ruderi dell'antico castello settecentesco della
famiglia Requisenz, qui la patrona accolta con ventuno colpi di cannone dalla
cittadinanza e dalle autorit civili, che l'accompagnano lungo le vie del paese. Neanche

cento metri dopo l'entrata in paese i portatori della "vara" devono affrontare tutta d'un fiato
una tra le salite pi ripide di Buscemi (la salita di via Filippo Corridone).

La statua della Madonna con in braccio Ges bambino

A questo punto il fercolo condotto per le chiese (ancora praticabili), quella del Carmine e
di S. Antonio da Padova.
Dopo aver percorso le vie principali il momento pi emozionante quello in cui la statua
raffigurante laMadonna viene condotta all'interno della Chiesa Madre; prima di ci infatti i
portatori della "vara" devono affrontare le scale della Chiesa Madre mentre attraversano
una pioggia di "'nzareddi", cio delle fettuccine di carta arrotolata lanciate in aria al
momento della salita delle scale. Lungo tutta la settimana successiva alla festa vengono
praticate messe in onore di Maria, ma soprattutto pellegrinaggi dal centro abitato al
santuario fuori paese rigorosamente senza scarpe, il famoso "viaggiu scausu" (lett. viaggio
scalzo). La festa viene conclusa la prima domenica di settembre, cio esattamente otto
giorni dopo la celebrazione iniziale (l'Ottava); la sera del medesimo giorno il fercolo viene
ricondotto al Santuario fuori paese con un percorso inverso a quello di partenza.

Festa della Madonna della Provvidenza a


Zafferana Etnea
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Festa della Madonna della Provvidenza a Zafferana Etnea

Tipo di festa religiosa


Data seconda domenica di agosto
Periodo dal sabato al luned a cavallo della seconda domenica di agosto
Celebrata in Zafferana Etnea (CT)
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Solennit della Patrona
Tradizioni processione votiva, offerta della cera, svelata
Tradizioni religiose Vespri, Pontificale, processioni
Tradizioni profane spettacoli concertistici e pirotecnici
Data d'istituzione 1747
Questo box: vedi disc. mod.

La Festa della Madonna della Provvidenza si svolge a Zafferana Etnea, in provincia di


Catania.

Indice
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1 Storia
2 Festeggiamenti
2.1 Il sabato
2.2 La domenica
2.3 Il luned
3 Bibliografia
4 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica sorgente]

Fino al 1747 la festa in onore della patrona si svolgeva in forma esclusivamente liturgica,
allinterno della chiesa intitolata alla Madonna, in cui si venerava un quadro raffigurante la
titolare insieme a san Francesco di Paola. Nel 1746 i fedeli acquistarono una statua e
ottennero dal vescovo di poter effettuare una processione per le vie del piccolo borgo, la
seconda domenica di ottobre, che venne anticipata alla terza domenica di settembre a
partire dal 1752.

Il culto e la devozione nei confronti della Madonna della Provvidenza divennero pi


ferventi quando, nel 1792, la statua portata in processione dinanzi il fronte lavico avrebbe
miracolosamente arrestato lavanzare del fuoco. Nel 1861, sul luogo del miracoloso evento
del 1792, i fedeli eressero un monumentale altare, che custodisce ancor oggi la statua
originaria. Una nuova statua in legno ottocentesca venne realizzata per essere portata in
processione e i festeggiamenti vennero spostati alla seconda domenica di agosto per
permettere il ritorno degliemigrati in occasione della festa patronale. La statua viene
durante lanno custodita allinterno di una nicchia chiusa da una porta lignea riccamente
intagliata e raffigurante effigi mariane.
Festeggiamenti[modifica | modifica sorgente]
Il sabato[modifica | modifica sorgente]

Il sabato precedente la seconda domenica di agosto si svolge l'"entrata delle bande", a cui
partecipano complessi bandistici provenienti da diverse localit siciliane e di fuori la Sicilia.
Dopo la messa serale, un corteo a cui partecipano le autorit civili e religiose della
cittadina, raggiunge in processione l'altare monumentale della Madonna, presso cui il
parroco rievoca l'arresto ritenuto miracolo della lava nel 1792. Al ritorno in chiesa, si
svolge il rito della svelata del simulacro, che lentamente viene fatto salire da dietro laltare
maggiore, restando collocato in alto. Segue l'omaggio floreale.

L'uscita dalla Chiesa Madre

La domenica[modifica | modifica sorgente]

La domenica il giorno della festa liturgica della Madonna della Provvidenza, celebrata
con un solennepontificale presso lAnfiteatro Comunale.
Il luned[modifica | modifica sorgente]

Nella serata del luned viene celebrata una messa sul sagrato della Chiesa Madre, quindi
il simulacro viene portato in processione fuori dal portale maggiore della chiesa su
un fercolo ligneo (a vara). La processione, accompagnata dal suono delle campane,
musiche della banda e fuochi dartificio si svolge lungo le vie della citt, con una durata di
quattro ore, toccando anche i quartieri periferici. Al rientro, un ultimo spettacolo pirotecnico
conclude i festeggiamenti, e la statua viene riportata all'interno della chiesa.

Festa di Santa Maria di Ognina


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Questo paragrafo sull'argomento cattolicesimo ritenuto non neutrale.


Motivo: Il punto di vista in questa voce soggettivo: la statua della Vergine Maria viene considerata un essere vivente o un essere sacro (non la rappresentazione) che si
rivolge ad un "popolo" inesistente (Ognina un piccolissimo borgo di Catania).

Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finch la disputa non risolta. Segui i suggerimenti
del progetto di riferimento.

"la Madonna sale lentamente dall'altare maggiore e si mostra in tutto il suo


splendore al suo popolo ogninese"; "piazza gremita di fedeli che attendono vedere il
soave volto della Vergine Maria"; "al termine la Madonna rientra in Santuario e si
congeda lentamente al popolocome nel giorno precedente."
Questa voce o sezione sull'argomento cattolicesimo non ancora formattata secondo
glistandard.
Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.

La festa della Madonna di Ognina la seconda festa religiosa pi partecipata nella citt
di Catania. Il Santuario di S. Maria di Ognina situato nei pressi del quartiere di OgninaPicanello ed vicinissimo al mare. Da anni la festa della Madonna di Ognina molto
sentita da tutti i catanesi come "a festa da Bammina" cio la festa di Maria Bambina.
La festa di Ognina non vista come una semplice festa di quartiere, ma come una festa
patronale a tutti gli effetti, per via delle antiche tradizioni ed origini, per la grande
partecipazione, per le numerose iniziative culturali e ricreative, ma soprattutto per la
grande devozione.
La festa di Ognina dura dall'8 settembre, giorno della Nativit di Maria (e da alcuni anni
anche diversi giorni prima di giorno 8 settembre) fino alla domenica successiva.

Indice
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1 La Sagra de

l Tonno Rosso

2 La Gara delle Barche


3 8 settembre - La festa liturgica di Maria
4 Il Sabato successivo
5 La Domenica successiva
6 Collegamenti

La Sagra del Tonno Rosso[modifica | modifica sorgente]

Nei giorni venerd, Sabato e domenica precedenti alla festa liturgica di Maria nel piazzale
molo "grande" si svolge la tradizionale Sagra del Tonno Rosso organizzata
dall'A.T.A.M.B.O (Associazione Tonnieri Attivit Marinare Borgo Ognina). Il Tonno rosso
cucinato e arrostito all'aperto viene venduto a un prezzo simbolico.
La Gara delle Barche[modifica | modifica sorgente]

La domenica pomeriggio prima della festa liturgica di Maria si svolge presso il molo
"piccolo" la tradizionale Gara delle Barche. Questa gara prevede la partecipazione di
diversi equipaggi maschili e femminili che si sfidano a due a due. La sfida vinta
dall'equipaggio che riuscir a tagliare per primo il traguardo.
8 settembre - La festa liturgica di Maria[modifica | modifica sorgente]

L'8 settembre di ogni anno si svolge in Santuario la tradizionale "Svelata" della Madonna e
subito dopo la S. Messa. La Madonna per la maggior parte dell'anno rimane esposta
sull'altare maggiore nella sua nicchia, ma il giorno della sua assunzione al cielo essa viene

nascosta dietro l'altare maggiore fino al giorno della festa liturgica. L'8 settembre alle ore
8.00 del mattino, dopo una piccola introduzione del parroco, si accendono tutte le luci e
con l'intonare di un canto mariano, del suono dei fuochi pirotecnici e della banda che
suona in piazza, la Madonna sale lentamente dall'altare maggiore e si mostra in tutto il suo
splendore al suo popolo ogninese.
Tutta la giornata dell'8 settembre caratterizzata di S.Messe celebrate da diversi parroci
delle parrocchie limitrofe a essa.
Il Sabato successivo[modifica | modifica sorgente]

Il sabato successivo alla festa liturgica di Maria si svolge la tradizionale festa esterna.
Questo il giorno dedicato ai pescatori ed al mare di Ognina perch la processione si
snoda per il mare.
La Mattina del sabato caratterizzata dalla processione di una barca addobbata a festa
per le vie del quartiere per ricordare a tutti la festa della Madonna e per raccogliere doni
per l'asta del giorno successivo.
Alle 16.30 la Madonna esce dal suo santuario e si reca nel palco montato sul mare per la
solenne celebrazione eucaristica in riva al mare. Subito dopo la S.Messa intorno alle 18.00
la Madonna lascia il molo "piccolo" per dirigersi verso il mare aperto, tutta la gente salita
sugli scogli e sul molo saluta la madonna con i fazzoletti bianchi al suono di canti mariani.
La prima tappa nei pressi del porto dove ogni anno viene gettata una corona di fiori in
onore dei caduti a mare, subito dopo comincia la processione per il mare di Catania. La
processione arriva fino alle coste di Aci Castello e poi anche verso San Giovanni Li Cuti e
Piazza Europa.
Un momento molto bello durante la processione l'arrivo a San Giovanni Li Cuti: la
Madonna entra dentro il porto e subito si incontra con la parrocchia si S.Maria della
Guardia con un intenso momento di preghiera e di fuochi pirotecnici. Intorno alle 22.30
presso il molo "grande" si pu vedere un bellissimo spettacolo pirotecnico accompagnato
da musica classica.
Subito dopo la Madonna fa "scalo" nel molo "grande", si ferma per la lapide dei caduti in
mare e si dirige verso il Santuario; l'entrata in Santuario molto particolare perch
nessuno pu entrare in Chiesa, ma solo la Madonna, e mentre il simulacro entra le porte
lentamente si chiudono.
La Domenica successiva[modifica | modifica sorgente]

La domenica successiva alla festa liturgica di Maria caratterizzata dalla seconda


processione della Madonna. Tutta la mattinata caratterizzata da S.Messe, dalla
benedizione delle famiglie con omaggio floreale alla Madonna e dall'Asta dei doni raccolti
il giorno precedente per le strade del quartiere.
Alle 17.30 del pomeriggio subito dopo la S.Messa, la Madonna sistemata sul fercolo ligneo
oltrepassa il portale del Santuario e si affaccia sulla piazza gremita di fedeli che attendono
di vedere il soave volto della Vergine Maria. Accompagnata da tantissimi fuochi pirotecnici
la Madonna comincia la sua processione per le vie del borgo di Ognina, cominciando con
una piccola omelia celebrata all'interno del Santuario. Alcuni momenti pi salienti della
processione sono la "Calata dell'Angelo" posta in Piazza subito dopo l'uscita del fercolo ed
il momento di preghiera alla rotatoria dov' situata una statua di Sant'Agata; si dice che
quello fosse il punto dove arrivarono le reliquie della Santa Martire da Costantinopoli, in
cui vi anche un omaggio floreale da parte del comitato e delle associazioni agatine
presiedute dal Cerimoniere del Comune di Catania, presente anche il Sindaco di Catania.
Momenti intensi di preghiera sono sparsi per tutte le varie CEB del quartiere e vicino alle
due parrocchie limitrofe, quella di S.Giuseppe e quella diS.Lucia.
Infine a tarda serata dopo aver attraversato tutte le strade del quartiere la Madonna sosta

sul piazzale della "Garitta" per vedere i fuochi pirotecnici sparati sulle acque di Ognina; al
termine la Madonna rientra in Santuario e si congeda lentamente al popolo come nel
giorno precedente.

Festa di San Mauro abate a Viagrande


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Festa di San Mauro abate a Viagrande

Tipo di festa religiosa


Data 15 gennaio
Periodo dal 1 gennaio al 22 gennaio e la prima domenica di settembre
Celebrata in Viagrande
Religione Cattolicesimo
Oggetto della
solennit del patrono
celebrazione
Tradizioni religiose vespri cantati, novena, pontificali e processioni votive
trinfale uscita ed entrata, ingresso dei giovani cantanti, spettacoli pirotecnici
Tradizioni profane
e concertistici e fiera di piante, fiori, bestiame ed attrezzi agricoli
Questo box: vedi disc. mod.

La Festa di San Mauro abate la pi importante festa religiosa del paese


di Viagrande (CT) in onore del Santo Patrono ed una delle pi belle e partecipate
della Sicilia orientale. Si svolge tutti gli anni dal 1 gennaio al 22 gennaio e la prima
domenica di settembre.
San Mauro abate un santo cristiano del VI secolo, abate dell'Ordine benedettino.

Indice
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1 Viagrande e

il suo patrono

2 Festeggiamenti
2.1 1 gennaio
2.2 Dal 6 gennaio al 14 gennaio
2.3 14 gennaio: vigilia della solennit
2.4 15 gennaio: solennit di San Mauro
2.5 16 gennaio: giornata della devozione cittadina
2.6 Domenica tra il 15 e il 22 gennaio
2.7 22 gennaio: ottava della festa
2.8 Prima domenica di settembre
3 L'organizzazione
3.1 8 dicembre
4 Le reliquie
5 Il fercolo
6 Il sacco
7 La preghiera
8 Le Cantate
8.1 Cantata del Partito-quartiere S. Caterina
8.2 Cantata del Partito-quartiere Scalatelli
9 Bibliografia
10 Collegamenti esterni

Viagrande e il suo patrono[modifica | modifica sorgente]

Il piccolo paese di Viagrande sin dalle sue origini ha avuto molto caro il culto a San Mauro,
introdotto dai monaci benedettini: la comunit viagrandese venera come patrono San
Mauro dalla seconda met del XVII sec., secondi a Salvatore Mirone, che
nella Monografia storica dei Comuni di Nicolosi, Pedara, Trecastagni e Viagrande di
quest'ultimo, edita nel 1875, afferma che il Santo venne scelto or sono 200 anni per
opera di un talesofferente di gotta....

Particolare della parte superiore dell'altare dedicato a San mauro abate

Proprio per questo, Viagrande cominci a venerare San Mauro per le molte grazie che a
di Lui intercessione si compiaciuto Iddio Signore nostro concedere ai fedeli, per cui
dal Clero e li capi della Comunit della terra di Viagrande fu eletto per loro principale
Patrono e pertanto fu celebrata con particolare solennit la sua festa, con la stessa
solennit con la quale si continua a celebrarla ai giorni nostri con non minore devozione di
allora.

Altare di San Mauro con il quadro raffigurante l'apoteosi di San Mauro abate all'interno della chiesa madre

Nella Chiesa Madre di Viagrande presente un grande altare alla destra dell'altare
maggiore dedicato a San Mauro, costruito nei primi anni del Novecento con le offerte dei
tanti viagrandesi emigrati nelle Americhe. Il quadro, donato alla Chiesa dal Beato
Card. Dusmet, e proveniente dal Monastero Benedettino di San Nicol l'Arena,
rappresenta l'Apoteosi di San Mauro ed una bella tela d'autore ignoto,. A San Mauro
dedicata la Confraternita della Penitenza, una delle due Confraternite cittadine insieme
alla Confraternita del Sacramento.
Festeggiamenti[modifica | modifica sorgente]

Tutte le giornate di festa vengono salutate, alle ore 7.00, dallo scampanio solenne delle
campane e dallo sparo di diversi colpi a canone.
1 gennaio[modifica | modifica sorgente]

questo il giorno dell'apertura dei festeggiamenti. Nel primo pomeriggio vengono lanciate
delle piccole mongolfiere in segno di festa; in seguito viene prelevato l'artistico fercolo
dalla Casa a vara, situata dietro la Chiesa antica e ricavata in una delle sue navate, e
viene portata in chiesa madre tirata dai fedeli e accompagnata dal corpo bandistico.
Dal 6 gennaio al 14 gennaio[modifica | modifica sorgente]

In questi giorni, ogni sera, si svolge la novena di preparazione con la recita della coroncina
e con la celebrazione di una messa da parte di un predicatore, il quale far da guida in
questi nove giorni. Durante le varie sere le diverse celebrazioni vengono curate da un
determinato gruppo parrocchiale, oltre ad una serata curata dai comitati e dai giovani
devoti.
14 gennaio: vigilia della solennit[modifica | modifica sorgente]

Il giorno della vigilia inizia con la tradizionale fiera del bestiame, di attrezzi agricoli, di
piante e di fiori a piano gelsi, oggi piazza Matteotti: questa la prima fiera dell'anno che si
svolge in provincia di Catania e una delle poche rimaste di questo genere nella zona.
Intanto nel cortile della scuola elementare e nella zona di via Aldo Moro comincia il lavoro
dei fuochisti per gli spettacoli che si svolgeranno la sera stessa. Durante la mattinata
avviene poi l'ingresso dei complessi bandistici che percorreranno le principali vie cittadine
eseguendo poi un concerto sinfonico in piazza San Mauro.
Alle ore 16 avviene il lancio delle bombe di tiro da parte di ciascun fuochista presente. Alle
17,30 si ha in chiesa madre l'offerta della cera, introdotta negli ultimi anni, dove ogni
gruppo parrocchiale e non, ma comunque viagrandese, comprese le istituzioni del paese,
porta all'altare un cesto di cera e fiori: un momento nel quale si vede l'attaccamento
dell'intera comunit viagrandese verso il suo santo patrono. In seguito si ha la
celebrazione di una messa solenne, alla fine della quale avviene la processione del

braccio reliquiario di san Mauro per alcune vie del paese, effettuando, durante il giro, una
breve sosta presso la chiesa S. Caterina. una processione molto sentita, alla quale
vengono invitate tutte le Confraternite dei paesi limitrofi, e proprio per sottolinearne
l'importanza, tradizione non effettuare il giro del Santo il giorno 15 se, per motivi
meteorologici o per altri, non avviene la processione con la reliquia, la sera del 14. Al
termine della processione si ha il canto dei vespri della solennit eseguiti dalla corale della
parrocchia; in seguito la cameretta, dove il santo viene conservato durante l'anno, viene
aperta tra lo sventolio dei fazzoletti bianchi dei devoti e al grido di diverse invocazioni.
Dopo la benedizione con la reliquia, questa viene posta ai piedi del santo e la cameretta
viene richiusa.

Entrata dei partiti la sera del 14

In seguito si ha il momento forse pi folkloristico della festa, la cosiddetta entrata dei


partiti o dei giovani cantanti. I cittadini, infatti, si dividono in occasione della serata per una
sana competizione, in due fazioni, o partiti: quello di S. Caterina, comprendente la parte
del paese confinate con Aci Bonaccorsi e Lavina, e quello di Scalatelli, che comprende la
piazza e l'omonimo quartiere, anche se oggi l'appartenenza a questi due partiti pi
affettiva e non dipende tanto dalla residenza. I due partiti fanno cos a gara a chi offre il
miglior spettacolo pirotecnico. Dal testo di Salvatore Mirone: dal quartiere di Santa
Caterina e da quello di Scalatelli esce uno stuolo di giovani, che comunemente si chiama
partito dei cantanti, con bandiere in mano e torce a vento, seguito ognun di questo dalla
banda musicale e da molto popolo: e tra gli evviva e lo sparo dei mortaretti s'avviano per
la piazza maggiore, ove giungendo accendono una miriade di fuochi di Bengala che
dimenandoli in aria fanno un magico effetto: indi ciascuno di quei partiti preso il loro posto,
dopo lo sparo di una infinit di bombe, di razzi, e di giuoco di artifizio, alla lor volta
intuonano un inno in lode del Santo: inno che viene accompagnato con apposita musica
delle rispettive bande musicali.

Partito S. Caterina

Tutto rimasto cos anche ai giorni nostri, a eccezione delle cantate dei rispettivi quartieri
le quali non vengono eseguite in piazza la sera della vigilia dal secondo dopoguerra;
soltanto nel 2006 la cantata del quartiere S. Caterina stata rieseguita durante l'entrata
del partito S. Caterina, mentre la cantata del quartiere Scalatelli continua ad essere
eseguita all'interno della chiesa in diverse occasioni. I due partiti entrano in ordine in base
al sorteggio avvenuto l'8 dicembre, accompagnati da un corpo bandistico: per ogni partito,
il primo spettacolo avviene sul sagrato della chiesa, all'interno della loggia comunale e un
secondo spettacolo si ha nel cortile della scuola elementare. Alla fine di tutto, gli spettacoli
continuano nella zona di via Aldo Moro, in aperta campagna, con calibri pi grossi.
15 gennaio: solennit di San Mauro[modifica | modifica sorgente]

Durante la mattinata del giorno di festa, la piazza e via della regione, dove si trovano le
bancarelle dei vari venditori ambulanti, cominciano a riempirsi di devoti e persone venute
in occasione della svelata, la quale avviene alle 10.30 tra le tante acclamazioni dei devoti
vestiti col tradizionale sacco e lo sventolio dei loro fazzoletti bianchi.

Il simulacro del Santo traslato sull'altare maggiore

Il simulacro del santo viene prelevato dalla cameretta, o in sicilianocammaredda, e a


spalla viene portato verso l'altare maggiore sul quale viene issato con un particolare
elevatore. In seguito viene celebrato un solenne pontificale con la presenza di diversi
sacerdoti, con la corale che esegue un antico canto in onore a san mauro:
(LA)
Gaudeamus omnes in Domino. Diem festum
celebrantes sub honore Sancti Mauri, de cuius,
solemnitate gaudent Angeli, gaudent Angeli et

(IT)
Gioiamo tutti nel Signore celebrando insieme
questo giorno solenne in onore di san Mauro: per
la sua festa esultano gli angeli, esultano gli angeli

e lodano insieme, lodano insieme il figlio di


Dio.
oltre poi ad una messa interamente cantata. Alla fine della celebrazione il simulacro del
Santo viene sceso dall'altare maggiore e sistemato sul fercolo, mentre la piazza si riempie
sempre pi di persone, arrivate in occasione dell'uscita. Una volta sistemato, il fercolo
comincia ad essere tirato tramite le due lunghe corde poste davanti al fercolo stesso dai
devoti, e si ferma poco prima della porta centrale della chiesa, pronta per l'uscita, la quale
avviene ogni anno puntualmente allo scoccare delle ore 13.00.
collaudant filium Dei, et collaudant filium Dei.

Trionfale uscita del Santo alle ore 13.00 in punto

Appena l'orologio del campanile segna le ore tredici, suona la campana dell'orologio
stesso e puntualmente il fercolo esce dalla chiesa tra le acclamazioni dei devoti e lo
sventolio dei loro fazzoletti bianchi. Subito parte un forte spettacolo pirotecnico,
inizialmente con la caratteristicamoschetteria sparata in via matrice, una lunghissima
catena di petardi sparati sequenzialmente per una durata che si aggira intorno agli 8-15
minuti. In seguito parte uno spettacolo pirotecnico dalla loggia comunale seguito da uno
pi assordante dal cortile della scuola elementare. Muvendosi, il fercolo percorre piazza
san Mauro e qui si ha la cosiddetta calata dell'angelo: un angelo in legno viene fatto
scendere da un baldacchino, posto ad un'altezza superiore a quella del fercolo, portando
in mano fiori e banconote, donandole al Santo.

Il fercolo prima della volata a Viscalori

Successivamente il fercolo esce dalla piazza e si dirige verso il quartiere Viscalori dove,
prima di arrivarvi, effettua la prima delle tre volate, la pi faticosa in quanto si svolge in
salita: il fercolo viene tirato di corsa dai devoti e arriva fino in piazza San Biagio. Nella
stessa piazza avviene la benedizione con la reliquia, mentre in passato veniva celebrata
una messa all'interno della chiesa di Viscalori; per l'occasione viene aperta la cameretta
di san Biagio, compatrono di Viagrande, situata all'interno della stessa chiesa. Il giro
continua per il quartiere Viscalori, scendendo poi verso il centro di Viagrande e dirigendosi
verso il quartiere Sciara e poi a Lavina dove effettua una breve sosta di fronte alla chiesa
di Maria SS. Ritornata. Salendo, poi, la via Vittorio Emanuele, il fercolo si dirige all'interno

del quartiere S. Caterina, effettuando nel tardo pomeriggio la seconda volata arrivando in
piazza Urna. Proseguendo, il fercolo passa da piazza San Mauro e in seguito percorre via
della regione, lungo la quale si ha una seconda calata dell'angelo, salendo,
successivamente, verso il quartiere Scalatelli. Alla fine, a tarda serata, da via Umberto
verso piazza San Mauro viene effettuata la terza volata con il fercolo che termina il suo
lungo giro del paese durato pi di 10 ore.

Entrata del Santo

L'arrivo del santo accompagnata da un lungo spettacolo pirotecnico, un primo spettacolo


sempre dal sagrato e dalla loggia, poi un secondo dalla scuola elementare.
Alla fine il fercolo entra in chiesa dove il simulacro viene sceso dal fercolo e portato a
spalla verso la sua cameretta. Qui, dopo la benedizione col braccio reliquiario, la
cameretta viene richiusa tra le acclamazioni dei numerosi devoti che hanno tirato il fercolo
del Santo lungo le vie del paese durante tutta la giornata.
16 gennaio: giornata della devozione cittadina[modifica | modifica sorgente]

Questo il giorno della cosiddetta festa dei paesani, il giorno in cui non vi sono
manifestazioni esterne e dove la comunit viagrandese si stringe intorno al proprio Santo
in modo pi intimo. Durante la giornata vengono celebrate tre Messe, una la mattina alle
8.00, una alle undici e una di sera. Durante la giornata i corpi bandistici effettuano un giro
per le vie principali del paese. Prima della messa delle ore 11.00, vi l'accoglienza
dell'Arcivescovo, invitato per l'occasione a celebrare il sacro rito. Alle 10.30 avviene la
svelata del Santo e la sua traslazione sull'altare maggiore con la celebrazione di un
Solenne Pontificale da parte dell'Arcivescovo. Alla fine della celebrazione l'alto prelato
riceve un omaggio al Municipio da parte dell'Amministrazione Comunale, con un rinfresco.
In serata viene celebrata la Messa e alla fine il Santo, dopo una breve processione
all'interno della chiesa, viene chiuso nella sua cameretta.
Domenica tra il 15 e il 22 gennaio[modifica | modifica sorgente]

La domenica tra il giorno di festa e l'ottava viene dedicata alla venerazione di San Mauro.
Vengono celebrate sempre tre messe, ma la Messa delle ore 11.00 viene dedicata ai
malati: grazie all'assistenza dell'U.N.I.T.A.L.S.I e della Croce Rossa, viene permesso ai
malati di poter assistere da vicino alla svelata del Santo all'interno della cappella e alla
celebrazione della Messa. In serata si ha la celebrazione della Messa al termine della
quale vi un concerto polifonico con la presenza delle corali locali, il coro parrocchiale S.
Cecilia e il coro dei bambini S. Maria dell'idria, e di altre corali provenienti dai paesi
limitrofi. Infine il simulacro del santo viene richiuso all'interno della sua cameretta.

22 gennaio: ottava della festa[modifica | modifica sorgente]

Luminarie in piazza San Mauro

Questa la giornata conclusiva dei festeggiamenti. Durante la giornata vengono celebrate


tre messe e avviene il giro del corpo bandistico sempre per le vie principali del paese. Alle
10.30 si ha la svelata del simulacro e la sua traslazione sull'altare maggiore con la
celebrazione di una messa. In serata, dopo la celebrazione della messa vespertina,
avviene la processione del simulacro del Santo attorno piazza San Mauro. Al rientro in
chiesa il simulacro viene poggiato sull'altare e il parroco fa un discorso finale, dando le sue
considerazioni sui festeggiamenti appena conclusi insieme al resoconto della
commissione Centrale. In seguito avviene la lettura dei nuovi comitati per la festa dell'anno
successivo. Infine la corale insieme ai fedeli esegue la cantata dopo la quale il simulacro,
in seguito alla benedizione col braccio reliquiario, viene definitivamente chiuso nella sua
cameretta tra le acclamazioni dei devoti e lo sventolio dei loro fazzoletti bianchi. Il
programma dell'ottava viene spostato nel caso in cui l'ottava stessa capiti di sabato: in
questo caso, dato che la domenica tra il 15 e l'ottava corrisponde al giorno 16, il
programma della domenica viene spostato al giorno dell'ottava, cio sabato 22, mentre i
festeggiamenti dell'ottava vengono spostati a domenica 23.
Prima domenica di settembre[modifica | modifica sorgente]

La prima domenica di settembre dedicata, da molti decenni, alla venerazione del Santo
Patrono. Viagrande, infatti, durante la stagione estiva meta di molti villeggianti,
specialmente catanesi, che trascorrono qui le loro vacanze. Proprio per soddisfare la
richiesta di quest'ultimi di poter vedere il Santo durante la stagione estiva, data
l'impossibilit di poter essere presenti alla festa invernale, la prima domenica di settembre
la cameretta di San Mauro viene riaperta permettendo a tutti di poter venerare San Mauro.
da questo caso che altri comuni limitrofi hanno successivamente seguito l'esempio,
dedicando questa giornata alla venerazione del proprio santo patrono. La giornata inizia
con le campane suonate a festa e lo sparo di mortaretti. A differenza della festa a gennaio,
la svelata avviene alle ore 08.00, e non alle 10.30. Il simulacro viene traslato sull'altare
maggiore e la chiesa rimane aperta l'intera giornata per la venerazione del Santo. Nel
tardo pomeriggio arriva il pellegrinaggio dei devoti di San Mauro proveniente da Aci
Castello (CT), i quali parteciperanno alla Messa serale. Al termine della celebrazione, il
simulacro viene sceso dall'altare maggiore e viene portato a spalla in processione attorno
piazza San Mauro. Al rientro in chiesa viene eseguita la cantata, al termine della quale il
simulacro viene richiuso nella cappella.
L'organizzazione[modifica | modifica sorgente]

L'organizzazione della festa esterna avviene attraverso un sistema di 5 commissioni,

ognuna della quale si occupa di un preciso aspetto della festa. Ciascuna commissione
formata all'incirca da 15 elementi ed composta da un cassiere, il quale svolge il ruolo pi
importante, un vice-cassiere, il quale aiuta il cassiere e lo sostituisce in sua assenza, e da
componenti. In ordine di importanza, le commissioni sono:
Centrale: si occupa delle luminarie, impiegando spesso due ditte diverse, una che si
occupa solo della piazza San Mauro e di via della Regione, e un'altra che si occupa delle
restanti vie del paese; ha anche il compito di impiegare le bande per la festa, solitamente
non meno di tre, due delle quali si alterneranno durante il lungo giro del fercolo del giorno
15, e una che eseguir i concerti sinfonici in piazza San Mauro;
Uscita: si occupa dell'uscita del Santo, e quindi dello spettacolo pirotecnico con la
caratteristica moschetteria, insieme alla calata dell'angeloche avviene in piazza;
solitamente si occupa anche delle mongolfiere lanciate il 1 gennaio, in occasione
dell'uscita del fercolo dalla casa a vara;
Entrata: si occupa, invece, dello spettacolo pirotecnico in occasione del rientro del Santo
in chiesa dopo il lungo giro;
Partito S. Caterina: detto pure u' pattitu di sutta, uno dei due partiti che la sera del 14
fanno a gara offrendo il miglior spettacolo pirotecnico, occupandosi dello spettacolo
pirotecnico sul sagrato, nella loggia comunale, nella scuola elementare e, in tarda serata,
nella zona di via Aldo Moro;
Partito Scalatelli: ha gli stessi compiti sopra elencati, detto u' pattitu di supra.
La raccolta delle offerte necessarie allo svolgimento della festa, come per la festa
di Sant'Antonio di Padova il 13 giugno, della Madonna di Lourdesl'ultima domenica di
agosto e la festa di San Biagio il 3 febbraio, avviene in forma di questua volontaria
mediante un coppo, un contenitore argenteo avente l'effigie di San Mauro, tenuto
mediante un manico, dentro il quale i fedeli depositano volontariamente l'offerta.
La raccolta avviene tutte le domeniche dell'anno comprese varie feste, come Natale,
Santo Stefano, Pasquetta, Ferragosto ecc. Le date delle raccolte vengono divise tra le
commissioni Uscita, Entrata e i due Partiti, ad eccezione della prima domenica successiva
alla conclusione dei festeggiamenti, la quale spetta al cassiere della
commissione Centrale. Quest'ultima svolge la raccolta a partire dall'8 dicembre, passando
per le case dei viagrandesi, annotando le offerte e i donatori su un quaderno, detto nota.
Una data molto importante l'8 dicembre, considerata dai devoti viagrandesi come la data
che da inizio ai preparativi della festa. Da questo giorno si sente forte il clima di festa.
8 dicembre[modifica | modifica sorgente]

I festeggiamenti si aprono ufficialmente il 1 gennaio, ma gi l'8 dicembre si tiene nell'aula


consiliare del municipio una riunione al quale partecipano il presidente della festa, carica
ricoperta dal sindaco pro-tempore del comune, da rappresentanze della giunta e del
consiglio comunale, dai comitati, dal parroco della chiesa madre e da molte altre persone
che sono presenti per ascoltare o anche intervenire. In codesta riunione il parroco
comunica il programma religioso dei festeggiamenti, vengono fissati i luoghi e i calibri
massimi consentiti per gli spettacoli pirotecnici che si terranno nei giorni di festa, le
commissioni Uscita, Entratta e i partiti S. Caterina e Scalatelli comunicano i fuochisti
ingaggiati, vengono comunicate le ditte per le luminarie e le bande musicali ingaggiate
dalla commissione Centrale e viene effettuato il sorteggio riguardante l'ordine di ingresso
dei partiti durante la sera della vigilia. Questo momento viene considerato dai devoti
viagrandesi una sorta di inizio dei festeggiamenti in quanto finalmente si conosce quale
sar il programma della festa.

Dopo aver letto le nuove commissioni e dopo aver chiuso San Mauro nella sua cameretta,
la sera dell'ottava viene portato il coppo, insieme al corpo bandistico, presso l'abitazione
del nuovo cassiere della commissione Centrale, come un passaggio di consegne tra i due
comitati.
Le reliquie[modifica | modifica sorgente]

Sono diverse le reliquie di S. Mauro che il popolo viagrandese custodisce con devota
gelosia. Le pi significative, donate nei primi decenni del Settecento, sono tre. La prima
quella custodita nel medaglione d'argento settecentesco incastonato proprio nella statua.
Le altre reliquie, due frammenti di osso di 4 cm circa, sono conservate dentro un prezioso
reliquiario d'argento a forma di braccio benedicente che fu realizzato grazie alle offerte di
tutta la universit della Terra di Viagrande tra il 1675 e il 1680. Sicuramente tra i pi belli
del circondario una pregevole opera di argenteria messinese che si compone di due
elementi: il braccio vero e proprio e la base, di fattura pi tardiva, che venne applicata
nella seconda met del settecento per slanciare ancora di pi il reliquiario.

Braccio reliquiario argenteo contenente le reliquie del Santo

Dai documenti sappiamo per certo che in origine l'opera venne realizzata con lo scopo di
custodire e contenere l'insigne reliquia di S. Vito martire. Per tutto il Seicento la piet
popolare viagrandese consider sia S. Mauro che S. Vito patroni del paese. Le vicende
legate alla fortuna delle due confraternite determineranno, tra la prima e la seconda met
del Settecento, la definitiva elezione di S. Mauro come patrono principale di Viagrande, e
le sue reliquie, sino a quel momento custodite in reliquiari di legno dorato, furono sostituite
nel braccio argenteo a quella pi grande di S. Vito martire.
Nel 2006 per opera del partito S. Caterina, questo reliquiario, insieme al pastorale e ai due
porta ex-voto in argento del simulacro, sono stati magistralmente restaurati. Nel 2007 ad
opera dei due partiti S. Caterina e Scalatelli, il braccio reliquiario stato impreziosito con
l'aggiunta della mitra e del pastorale, simboli della dignit abbaziale del patrono S. Mauro.

Il fercolo[modifica | modifica sorgente]

Fercolo ligneo di San Mauro abate

Il fercolo di San Mauro, detto anche varain siciliano, come quasi tutti quelli dei vari
comuni della Sicilia orientale. Di colore oro zecchino, un bel fercolo ligneo costituito da
sei colonne. Non si hanno date certe sulla costruzione della parte in legno del fercolo. Fino
ai primi anni del Novecento il fercolo veniva portato a spalla per le vie del paese,
seguendo un giro molto pi ridotto proprio a causa della pesantezza del fercolo. Nel primo
dopoguerra fu realizzato l'impianto di sciassi e ruote ripiene, realizzato tramite un relitto di
un vecchio macchinario da guerra, grazie alle offerte degli abitanti del quartiere Sciara.
Infatti, il Santo, scendendo dalla odierna via Alessandro Manzoni, nel quartiere Sciara,
girava subito a sinistra per via Roma, senza proseguire per il resto della via, poich il
fercolo portato a spalla era troppo pesante da permettere un allargamento del giro. Grazie,
appunto, alle offerte dei devotisciaroti, il fercolo fu dotato di ruote che permisero al fercolo
stesso di poter percorrere l'intero quartiere Sciara, e quindi anche altre parti del paese. Da
quel momento il fercolo fu dotato di due grosse funi poste ai due lati e tirato dai devoti. Col
passare degli anni le corde sono sempre aumentate di lunghezza, grazie anche al
crescente numero di devoti, numero che anche ai giorni nostri non accenna a diminuire,
proprio a sottolineare il sempre pi attaccamento dei viagrandesi verso il proprio patrono.
Nel 2001 stata poi realizzata una nuova struttura meccanica, con il restauro anche della
parte in legno. La lunghezza delle corde oggi stimata per 150 metri. Il posto guida del
fercolo situato sul lato destro della parte posteriore, fuori dal fercolo stesso rendendo la
guida pi complicata: pochissimi sono gli altri fercoli che presentano la stessa
caratteristica, rendendolo un caso raro se non unico nella zona, al contrario degli altri
fercoli che presentano il posto guida sotto il fercolo stesso, al centro della parte anteriore.
Il fercolo viene guidato da u mastru 'a vara, letteralmente il mastro di vara, il quale,
suonando una piccola campana, regola l'andamento del fercolo durante la processione,
come le fermate presso i fedeli che vogliono dare un'offerta. U mastru a' vara cura anche
altri momenti come l'aperura della cameretta, la traslazione sull'altare maggiore del
simulacro e la sistemazione sul fercolo dello stesso.

Il sacco[modifica | modifica sorgente]

Devoti col tradizionale sacco mentre tirano il fercolo

Come detto sopra, il numero dei devoti col tradizionale sacco bianco cresce ogni anno
sempre pi, infatti, ogni anno durante i festeggiamenti, prima del giorno 15, avviene la
benedizione dei nuovi abiti Ex-Voto di San Mauro, detti appunto sacchi, e i giovani che
decidono di indossarlo per la prima volta aumentano sempre di pi. Il numero dei devoti
che indossano il sacco si aggira oggi intorno ai 100-150.
Il sacco, presente fino alla prima met del Novecento e andato quasi in disuso, fu
reintrodotto alla fine degli anni ottanta, per evitare che durante il giro, vuoi per il mal
tempo, vuoi per la coincidenza con l'ora di pranzo, il Santo venga lasciato solo, senza
persone che tirino le corde del fercolo. Il sacco dei devoti stato introdotto proprio per
contraddistinguere quel gruppo di persone che hanno lo scopo di tirare il fercolo, lo scopo
di non lasciare solo San Mauro durante il giro. Cos, anche quando, data la stagione
invernale di gennaio, capiti che venga a piovere, i devoti sono sempre l, a tirare il fercolo,
senza lasciare il proprio Santo. Ma oggi i devoti col sacco non sono presenti soltanto in
occasione del giro del fercolo per il paese, ma sono i primi a prendere i posti dentro la
piccola cappella in modo da assistere all'apertura e alla chiusura della cameretta del
Santo, sono presenti durante le varie celebrazioni, anche a settembre. I devoti, nel
manifestare la loro fede verso il Santo, all'apertura della cameretta gridano invocazioni
come devoti tutti, o chiamamulu cu cori, o cu vera fidi, o patriotti veri, da parte di un
singolo devoto, al quale rispondono tutti gli altri viva Santu Mauru!.
Il sacco di San Mauro costituito da una lunga veste bianca, un cordoncino rosso legato
alla vita, un fazzoletto di stoffa bianco usato dai devoti durante le invocazioni, e guanti di
stoffa bianchi. una quasi diffusa usanza dei devoti che indossano il sacco, di legare sul
cordoncino tanti nodi quanti sono gli anni i quali egli indossa il sacco.
La preghiera[modifica | modifica sorgente]

Tavoletta votiva raffigurante un miracolo ottenuto per intercessione del Santo

Glorioso San Mauro, inclito discepolo di San Benedetto e purissima gloria della Chiesa,

dalla patria celeste, dove godi per l'eternit il premio delle tue virt, volgi lo sguardo
benigno a noi tuoi devoti nelle amarezze e nei pericoli di questa vita.
Fa che il nostro cuore non si perda dietro ai beni fallaci del mondo, e la nostra fede mai
non vacilli alle tentazioni che ci muovono incessantemente gli empi, nemici di Dio.
Tieni lontano dalle nostre famiglie e da tutto l'amato nostro paese che ti ha scelto a
celeste patrono, ogni motivo di discordia e ogni sentimento di rancore e di odio, affinch
tutti noi, vivendo nella carit che Ges Cristo ci ha insegnato, possiamo sentrci figli di un
medesimo padre e stretti nel dolce vincolo della pace, quasi a preludio di quella vita beata
che per mezzo della tua valida intercessione speriamo di poter godere un giorno nel cielo.
Amen. (propriet riservata alla Chiesa Madre di Viagrande)
Le Cantate[modifica | modifica sorgente]

A Viagrande, cos come in molti altri comuni, vi sono diverse cantate, forse quattro, cio
inni che vengono inneggiati al Santo da parte dei fedeli. Di queste quattro soltanto due
sono disponibili, quelle dei due quartieri S. Caterina e Scalatelli, mentre le altre due si
troverebbero nell'archivio storico della parrocchia, una delle quali attribuita a Giuseppe
Mirone.
Le cantate dei due quartieri, proprio perch li rappresentavano, venivano eseguiti la sera
del 14 gennaio in occasione dell'entrata dei corrispondenti partiti e venivano cantate da
tutto il popolo. L'esecuzione delle due cantate la sera della vigilia durata fino al primo
dopoguerra, epoca dalla quale non venne eseguita nessuna cantata. Ci si auspica di poter
reintrodurre questa bella tradizione, in quanto espressione di fede verso il santo Patrono.
Cantata del Partito-quartiere S. Caterina[modifica | modifica sorgente]

Particolare di uno dei tanti festoni che vengono portati a corsa durante l'entrata dei due partiti

Introduzione
Gloria, gloria e splendor dei secoli
amor dei tuoi devoti
speme e sostegno
e sostegno ai miseri
oggi seconda i voti.
A celebrar a celebrar Tue glorie
a gara ogni altro avanza
Tu lo proteggi, lo proteggi o Mauro
d'ogni malor lo scanza.

Preghiera
Dalle nubi qual piove rugiada
Ti stillava dal cor la favella
annunziando la buona novella
ai redenti di molte citt.
Sempre forte nei gravi cimenti
confondesti dal mondo l'errore
la Tua Legge fu Legge d'Amore
che scolpita nei petti ci sta.

Giuseppe Vitaliti, dicembre 1903 - gennaio 1904

Cabaletta
Qual astro che splende
qual nauta esperto
che il pino difende
dall'ira del mare
che in mezzo al periglio
degli irti marosi
con savio consiglio
fa al lido approdar.
Tu fosti e d'or sei
nel cielo Nostra Guida
noi figli ma rei
l'osiamo sperar

Attualmente tale cantata non viene eseguita: l'ultima esecuzione risale in occasione
dell'entrata del partito S. Caterina la sera del 14 gennaio 2006, dopo molti anni, dal primo
dopoguerra. in corso, da parte della corale parrocchiale, un tentativo di rieseguire la
cantata nuovamente in chiesa, con l'accompagnamento dell'organo.
Cantata del Partito-quartiere Scalatelli[modifica | modifica sorgente]

Introduzione
Di gioia un nuovo cantico
leviam, fratelli, ai cieli
che al gran Patron la fervida
fede del cuor riveli.

Preghiera
Deh tu di questo popolo
divino protettore
vivi tra noi benefica
stella di nostra vita.

Cabaletta
La vita misera
rendesti bella
fosti tra gli uomini
polare stella.

Oggi a Lui lieti volino


l'inno e il pi forte evviva
dal monte all'ampia riva
tutt'oggi allegri d'amor.

Fuga da noi l'orribile


periglio dell'orrore
ridona Cristo amabile
ai figli nel dolore.

Dolce qual balsamo


fu la tua voce
salvasti i popoli
con la tua croce.

Vince nel sol pi fulgido


in sua belt la luce
in questa val di lacrime
e la speranza duce.

Il tuo sorriso vigile


salvi i tuoi figli, o Santo
e sempre tu difendici
contro l'ostil furor.

Fosti qual angelo consolatore


nella miseria e nei dolori
e noi miseri pieni di fede
vogliamo, o Mauro, la tua merc.

E amor sublime gloria,


vago sospiro il vanto
muta in gioia il pianto
perch gli sacro il cuore.

Infondi, o Santo amabile


speme alla mente e al cuore
godiamo nella patria
le tue virt d'amor.
Deh tu di questo popolo,
divino protettore
ridona Cristo amabile
ai figli nel dolore.

Il tuo sorriso vigile


salvi i tuoi figli, o Santo
e sempre tu difendici
contro l'ostil furor.
Questa cantata viene ancora eseguita in chiesa in occasione dell'ottava e della prima
domenica di settembre, e occasionalmente il 15 gennaio in piazza, subito dopo la
celebrazione, accompagnata dal corpo bandistico.

Festa di San Paolo a Solarino


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Voce principale: Solarino.

Festa di San Paolo a Solarino

Tipo di festa religiosa locale


Periodo Prima domenica d'agosto
Celebrata a Solarino
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Conversione di San Paolo
Tradizioni religiose processione
Tradizioni profane offerta animali, manifestazioni collaterali
Tradizioni culinarie calia e simenza
Data d'istituzione 1770
Questo box: vedi disc. mod.

La Festa di San Paolo la festa patronale che si svolge a Solarino, ogni


prima domenicad'agosto.
Essa rappresenta, per i solarinesi, la "Festa" per antonomasia, talmente sentita e
partecipata, al punto da coinvolgere non solo i residenti ma anche da richiamare i fedeli
dei comuni vicini e soprattutto i molti emigrati provenienti dalle diverse parti del mondo
(specialmente in Australia,Stati Uniti, Svizzera e Germania).[1]

Indice
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1 Le origini
2 Note
3 Bibliografia
4 Voci correlate
5 Collegamenti esterni

Le origini[modifica | modifica sorgente]

Per approfondire, vedi Storia di Solarino.


Nel 1770 il vescovo di Siracusa Giuseppe Antonio Requisenz proclam San Paolo di
Tarsopatrono della Terra di San Paolo nel feudo di Solarino e sempre nello stesso periodo
concesse di celebrare, il 25 gennaio, giorno della Conversione di San Paolo, la festa del
patrono con la processione del simulacro del Santo[2].
Le condizioni atmosferiche non sempre favorevoli, spesso, non permettevano il regolare
svolgimento dei festeggiamenti, per cui non era raro che gli stessi venissero posticipati alla
domenica successiva. Per questo motivo e perch a gennaio scarseggiavano le provviste
digrano, offerta principale che veniva donata al Santo dai fedeli durante la processione del
fercolo, gi nella seconda met dell'Ottocento si pens bene di spostare la festa patronale
nei mesi estivi.[3]

Nel 1869 venne trasferita al 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo; quindi, nel 1906,
all'ultima domenica di luglio, vale a dire dopo la raccolta del frumento. La festa del 25
gennaio continu ad esistere, ma perdendo sempre pi d'importanza, sino a ridursi a mera
"festa interna", costituita dalle semplici funzioni religiose svolte in chiesa.
L'ultimo cambiamento, che nell'intenzione delle parti doveva essere soltanto provvisorio,
avvenne nel 1953, su richiesta della Societ Meridionale di Elettricit, quando la festa
venne rinviata alla prima domenica d'agosto, perch l'ultima domenica di luglio, ad Avola,
si svolgeva contemporaneamente la festa di Santa Venera e l'ente gestore, a causa di
carenza di energia elettrica, non era in grado di fornire l'elettricit sufficiente per
l'illuminazione straoridinaria dei due comuni. Tale cambiamento di data, legato ad un
evento isolato e contingente, come detto, avrebbe dovuto riguardare soltanto l'anno in
corso, ma si dimostr pi duraturo del previsto e da allora, la festa di San Paolo viene
ancora celebrata la prima domenica d'agosto.

Festa del Santissimo Salvatore della


Trasfigurazione a Cefal
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Festa del Santissimo Salvatore della Trasfigurazione a Cefal

Tipo di festa religiosa locale


Periodo dal 2 al 6 agosto
Celebrata in Cefal (PA)
Religione Cattolicesimo
Oggetto della celebrazione Celebrazione dellaTrasfigurazione di Cristo
Tradizioni religiose Veglia, santa messa, processione
Tradizioni profane Antinna a mari, Gioco delle pignate
Questo box: vedi disc. mod.

La festa del Santissimo Salvatore della Trasfigurazione la festa principale di Cefal;


dedicata al Santissimo Salvatore, titolare della Basilica Cattedrale di origine normanna.
Si celebra dal 2 al 6 agosto, periodo durante il quale gli agricoltori, che hanno da poco

finito la mietitura e latrebbiatura, si trovano a riposare e a gioire per il raccolto.

Indice
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1 Storia
1.1 Origini sulla liturgia
1.2 Il legame di Cefal con il Santissimo Salvatore
2 Festeggiamenti
2.1 Il dispiegamento della bandiera
2.2 La'ntinna a mari
2.3 La solenne processione
3 Voci correlate
4 Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica sorgente]

La Trasfigurazione di Raffaello

Origini sulla liturgia[modifica | modifica sorgente]

La Liturgia della Trasfigurazione viene istituita in occidente nell'ambito della liturgia


romana solo nel 1457 ad opera di Callisto III che aveva inteso manifestare, con la festivit
della Trasfigurazione, la gratitudine della Chiesa per la vittoria a Belgrado ottenuta dalle
armi cristiane contro la possente armata turca votata a distruggere la civilt europea e
cristiana. Nel mondo orientale, per, la solennizzazione della Trasfigurazione da farsi
risalire a prima del IV secolo, epoca in cui l'Imperatrice Elena faceva erigere sul Tabor un
Basilica della Trasfigurazione. in Sicilia, ormai accertato, che la Trasfigurazione vive sin
da XII secolo ed legata strettamente al periodo ruggeriano.
L'episodio della trasfigurazione narrato nei tre vangeli sinottici (Vangelo secondo
Marco 9,2-8, Vangelo secondo Matteo 17,1-8, Vangelo secondo Luca 9,28-36). Secondo
questi testi Ges dopo essersi appartato con i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni,
cambi aspetto mostrandosi ai tre discepoli con uno straordinario splendore della persona
e una stupefacente bianchezza delle vesti. In questo contesto l'apparizione
di Mos ed Elia che conversano con Ges e una voce da una nube che dichiara la
figliolanza divina di Ges. Lo splendore di Cristo richiama la sua trascendenza, la
presenza di Mos ed Elia simboleggia la legge e i profeti che hanno annunciato sia la
venuta del Messia che la sua passione e glorificazione, la nube si riferisce a teofanie gi

documentate nell'Antico Testamento.

Edicola votiva dedicata al S.S. Salvatore

Il legame di Cefal con il Santissimo Salvatore[modifica | modifica sorgente]

La devozione della citt di Cefal al Santissimo Salvatore ha sicuramente inizio con la


costruzione della Basilica Cattedrale da parte del re normanno Ruggero II, che all'interno
progetta e realizza il grande avvenimento evangelico della Trasfigurazione di Ges
attraverso il grandioso mosaico raffigurante il Cristo Pantocratore. Il primo riferimento alla
festivit del S.S. Salvatore, per quel che sappiamo, lo troviamo in una pergamena del
1159 e, in seguito, troviamo altre tracce documentarie nell'atto di fondazione di una
confraternita cefaludese, gi attiva nel 1212 e nell'elenco dei Giudei e dei Servi di cui si
serviva la Chiesa di Cefal nella Festa del SS. Salvatore per i forestieri ospiti nel suo
Palazzo. Ma l'evento che lega Cefal al suo Santo Patrono in modo indissolubile, il
violento terremoto del 5 febbraio 1783, che scuote la Sicilia intera; Cefal ne uscir
miracolosamente intatta sotto l'invocazione del popolo al Santissimo Salvatore. In seguito i
festeggiamenti saranno spostati al mese di agosto, sia per la stagione estiva pi propizia
sia per farla coincidere con la vigilia della Solennit della Trasfigurazione dei Cristo. Il
legame con il SS. Salvatore diverr sempre pi forte nel tempo, tanto che il Comune
deliberer che nel suo stemma sopra i tre pesci e il pane, simboli di Cefal, apporr
l'effigie di Cristo Re del Mondo.
Festeggiamenti[modifica | modifica sorgente]
Il dispiegamento della bandiera[modifica | modifica sorgente]

Il dispiegamento della bandiera sulla cattedrale (2004)

Cefal inizia a festeggiare la Trasfigurazione sin dal 2 di agosto con una cerimonia
commovente e suggestiva: il dispiegamento della Bandiera di Cristo Pantocratore al centro
dei due torrioni della Basilica-Cattedrale al contemporaneo suono di tutte le campane della
Citt all'esplosione dei petardi ad imitazione del suono delle bombarde. L'innalzamento di
tale bandiera, ed il resto delle tradizioni, non sono assolutamente da legarsi alla sola
liturgia. Infatti, sappiamo che a Cefal si praticava il porto-franco nel corso della fiera che
aveva inizio proprio il 2 di agosto di ogni anno e si concludeva il 10 dello stesso mese.
L'usanza antichissima, certamente risale ai tempi stessi di Ruggero, dal momento che
decine furono i privilegi che egli, da re, diede alla citt e al vescovato di Monsignor
Faraone, allor quando dipendevano le dogane della Citt, il predetto Vescovo con
l'assenso dei Giurati della Citt di Cefal e con il consenso espresso da Cesare De Flore

"dohanerii maioris Cephaludensis Ecclesiae" concede "l'immunitas nundinarum" cio


l'esenzione doganale per ogni sorta di genere e di animali per otto giorni di mercato, per
otto giorni dal 2 al 10 agosto di ogni anno nella Solennit del S.S. Salvatore. Al suono
delle bombarde i mercanti potevano entrare per terra e per mare in "franchigia". Ancora
oggi al 2 di agosto la bandiera del Salvatore viene dispiegata ed al 10 ammainata.
La'ntinna a mari[modifica | modifica sorgente]

Per approfondire, vedi Antinna a mari.


Il pomeriggio dell'ultima giornata dei festeggiamenti si svolge una gara chiamata Antinna a
mari. Questa gara voluta dai pescatori, da essi curata, organizzata e realizzata, una gara
che nella sua semplicit racchiude lessenza stessa del legame uomo-barca, uomo-mare.
La gara vede giovani ed anziani pescatori protesi alla conquista di una bandierina colorata
attaccata alla punta di un lunghissimo tronco, reso scivoloso da grassi animali, che viene
sistemato orizzontalmente al mare e saldamente fissato alla banchina. Chi riesce a
prendere la bandiera quasi sempre sottolinea la vittoria con il grido "Viva il S.S. Salvatore",
a cui fa coro tutto il pubblico presente. Sulle origini storiche della gara non si hanno notizie
certe. Lipotesi pi coerente quella secondo cui la gara nata dal gioco che compivano i
marinai sulle antiche navi a vela che, nella parte della prora, avevano un albero chiamato
di Bompresso.
La solenne processione[modifica | modifica sorgente]

Processione del

6 agosto2003

Nel tardo pomeriggio ha luogo la solenne processione del S.S. Salvatore. Il simulacro del
Cristo (XIX sec.), opera dello scultore cefaludese Salvatore Restivo, si ritrova ben presto
in mezzo al suo popolo devoto, a concedere grazie, a raccogliere promesse e preghiere, e
ad asciugare le lacrime dei pi devoti. La lunga processione si svolge in assoluto silenzio,
ricca di preghiere, canti e benedizioni, in particolare quella del mare cara ai cefaludesi
pescatori, il quale invocano il Salvatore nelle loro battute di pesca. A fine processione la
piazza Duomo gremita di fedeli. Il discorso del Vescovo conclude i festeggiamenti in
onore del Salvatore. Alla fine al grido di "Viva Ges Salvatore" il simulacro del Cristo risale
lentamente la scalinata del Duomo, dando l'impressione che con le sue braccia
riabbraccia per l'ultima volta il suo popolo devoto. La serata viene conclusa (tranne alcune
volte in cui salta, o viene posticipata) da uno spettacolo pirotecnico sul lungomare della
cittadina, chiudendo tra mille luci, tanti colori e assordanti botti, la festa del SS. Salvatore.

Festa di San Sebastiano ad Acireale


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Voce principale: Acireale.

Acireale: Il fercolo del Santo

La festa di San Sebastiano una festa religiosa che ha luogo ad Acireale (Provincia di
Catania), il 20 gennaio, data della celebrazione cattolica del Santo.

Indice
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1 Il Santo
2 La devozione della Citt di Acireale
3 Struttura della festa
4 L'Ottava
5 Come si diventa devoti
6 Abiti Votivi e loro significato
7 Bibliografia
8 Voci correlate

Il Santo[modifica | modifica sorgente]

San Sebastiano Nacque a Narbona, in Francia. Fu un legionario romano sotto Diocleziano


e Massimiliano, dalla nascosta fede cristiana. Appena scoperta quest'ultima, fu
condannato prima alla trafizione mediante frecce. Sopravvisse miracolosamente al
supplizio, tramite intercessione divina. In seguito, fu condannato al pestaggio, stavolta
mortale, poi buttato in una fossa comune.
La devozione della Citt di Acireale[modifica | modifica sorgente]

La citt Acireale particolarmente devota al Santo, tanto da chiamarlo con epiteti dialettali
vezzeggiativi (uno fra i tanti "rizzareddu", "ricciutello"); motivo di devozione stato il
risparmio della citt dalla pestilenza medioevale.
L'apertura dei festeggiamenti si ha il 1 gennaio per poi arrivare al 16-17-18 con le sere del
triduo solenne e al 19 sera, giorno della vigilia della festa. Prima della santa messa si
effettua una piccola processione delle reliquie del santo. Dopo il rientro in chiesa si celebra
la santa messa. Successivamente, intorno alle ore 22:00 vengono suonate le sette
chiamate. Il giorno 20 giorno della festa la chiesa viene aperta verso le 5:30 del mattino.
Poi, cominciano, dalle 6:15, le Sante Messe dei Devoti, Messe dedicate principalmente
alla preparazione di questi ultimi alla festa. Verso le 7:15 cessano le messe. Alle 7:20
circa, entrano in Basilica i Devoti gridando a squarciagola frasi in lingua siciliana, del tipo:

Talitilu cche beddu, rizzareddu rizzareddu, chiamamulu ccu tuttu 'u cori, Sammastianu!
(Guardatelo quant' bello, il ricciutello);
Amamulu cu tuttu lu cori (Amiamolo con tutto il cuore);
"Ogni annu sutta 'e vostri pedi semu", e si risponde: "W Sammastianu!" (ogni anno siamo
ai tuoi piedi);
Nun semu muti, Viva Sammastianu (Non siamo zitti, viva San Sebastiano);
Poi, verso le 7.30, il momento pi commovente: l'apertura della cappella da parte del
Decano della Basilica. In seguito, il Fercolo (Vara, in dialetto) settecentesco imbullonato
alla macchina lignea, anch'essa settecentesca (il "Baiardo", restaurato e rinforzato nei
secoli). Alla fine, alle undici, la consegna del Santo alla Citt.
Struttura della festa[modifica | modifica sorgente]

L'Uscita: alle 11, il Santo si affaccia dalla porta centrale sul sagrato della Basilica:
campane a festa e fuochi d'artificio per il Ricciutello. Segue il "fervorino", una omelia che
invita i fedeli e i devoti a seguire l'esempio di Sebastiano, e che serve anche da
incitamento per i devoti (ogni anno fatto da un sacerdote diverso) in seguito, la trionfale
corsa di uscita del santo: il fercolo viene trainato di corsa gi dal sagrato, effettua una
curva verso destra e si dirige, sempre di corsa, verso Piazza Duomo, centro storico e
religioso della citt.

La folla accalcata in Piazza Lionardo Vigo adiacente alla Basilica

La salita di San Biagio: il Santo transita per piazza San Domenico, passando davanti
all'omonima Chiesa, presentandosi al cospetto della salita di Via San Biagio, lunga
pressappoco 80 metri e con una pendenza di oltre 20. I devoti si caricano sulle spalle la
Vara di diverse tonnellate portandola alla fine della Via: questa la Salita di San Biagio,
momento in cui i devoti si caricano il peso del Santo. La tradizione di sollevare per intero la
"vara" deriva da una antica necessit: in passato la via S. Biagio era una mulattiera, strada
adibita al trasporto dei carretti. Le ruote della vara non coincidevano con le due strisce di
basalto lavico sulle quali passavano i carretti. Era necessario, quindi, sollevare l'intera
vara.
Il saluto del treno: Verso le 16:00, il Santo, transitando attraverso Via Vittorio Emanuele
II, arriva in Piazza Agostino Pennisi, a ridosso della vecchia stazione ferroviaria della citt.
Qui passa un treno che si ferma di fronte al Santo, emettendo con il fischio, un Saluto.
Questo gesto ricorda la partenza di alcuni soldati acesi verso il fronte, proprio il 20 gennaio
1915, giorno in cui, salendo sul treno in partenza, poterono salutare il loro amato
protettore.
Corsa di Via Roma e sotto l'Arco del Vescovo: vero le 20:30, il santo transita in Via

Roma, e simmette in Corso Umberto I; questo percorso lo fa di corsa, eseguendo una


curva relativamente stretta. Questa corsa sicuramente la pi entusiasmante e
partecipata dagli acesi, e il Santo procede tra due ali di folla, preceduto e seguito da un
fiume di devoti. Poco dopo, spesso continuando la corsa sempre sul Corso Umberto I, il
fercolo esegue una pericolosa e repentina inversione a U in Largo Giovanni XXIII,
fermandosi davanti alla porta del palazzo Vescovile. Ne segue unimmancabile omelia del
Vescovo, anch'essa molto sentita dalla Citt.
Fuochi pirotecnici in Piazza Duomo: Dopo aver percorso altre strade del centro della
citt, e dopo le cantate e i fuochi d'artificio di Viale Regina Margherita, il Santo entra
trionfalmente in Piazza Duomo, per assistere allo spettacolo pirotecnico che in qualche
modo "chiude" la Festa.
Entrata in basilica: verso mezzanotte, dopo aver lasciato Piazza Duomo, San Sebastiano
si presenta in via Musmeci che conduce proprio nella piazza della Basilica, gremita di
gente. Quando tutto pronto, il Santo entra trionfalmente in piazza, effettua di corsa una
spettacolare inversione a U, che termina con l'entrata in basilica (la Vara entra in
retromarcia, spinta dai devoti, per consentire ai fedeli di guardare il viso di S. Sebastiano).
L'Ottava[modifica | modifica sorgente]

Come tutte le feste religiose, anche quella di San Sebastiano ha l'Ottava: otto giorni dopo
la festa, la sera del 27 gennaio San Sebastiano esposto alla citt, esegue un giro della
Piazza, e poi rientra in Basilica.
Come si diventa devoti[modifica | modifica sorgente]

Diventare devoti relativamente semplice: ci si presenta la sera del 19 gennaio dinanzi ad


un prete, con gli abiti votivi; essi saranno benedetti. Da quel momento in poi, si Devoti di
San Sebastiano, dietro promessa che dovr essere mantenuta per tutta la vita; le
promesse (fatte al momento della benedizione) sono di vario tipo:
Effettuare tutto o mezzo giro;
Portare al Santo della cera un dono;
Partecipare all'apertura della cappella ogni anno;
Abiti Votivi e loro significato[modifica | modifica sorgente]
Il Devoto porta, durante tutto l'arco della festa, degli abiti votivi. Essi constano in un
maglione, una fascia e un fazzoletto portato a mo' di bandana. Il maglione simboleggia la
nudit del santo, portando i devoti alla condizione di San Sebastiano (appunto, nudo, al
suo martirio); e il fazzoletto a mo' di bandana, invece, legato alla pestilenza: infatti,
durante la Peste Nera, le (poche) persone che guarivano, portavano un fazzoletto bianco
in testa, che ne decretava la riammissione alla societ.

Settimana Santa di Caltanissetta


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Voce principale: Caltanissetta.

Un momento della sfilata della Real Maestranza, durante il mercoled Santo

La Settimana Santa di Caltanissetta un evento tradizionale che si ripete da secoli


durante lasettimana che precede la Pasqua nel centro storico di Caltanissetta. Essa si
compone di varie manifestazioni religiose che si concatenano l'un l'altra, dalla Domenica
delle Palme alla Domenica di Pasqua.
L'avvenimento, che attira ogni anno in citt migliaia di turisti, per l'importanza e la
tradizione che porta con s, gemellato con la pi famosa Settimana Santa di Siviglia,
in Spagna.

Indice
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1 Origini del

le tradizioni pasquali

2 Domenica delle Palme


3 Marted Santo
4 Mercoled Santo
4.1 La Real Maestranza
4.2 Le Varicedde
5 Gioved Santo
5.1 Origini della processione
5.2 La processione delle Vare
5.2.1 Lista delle Vare nell'ordine con cui sfilano
6 Venerd Santo
7 Domenica di Pasqua
8 Bibliografia
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni

Origini delle tradizioni pasquali[modifica | modifica sorgente]

Intorno al XVII secolo nacquero nella chiesa di Sant'Agata al Collegio numerose


congregazioni: Sant'Ignazio, Purificazione di Maria Santissima, San Luigi e quella della
Santa Vergine Bambina. Queste svolgevano l'adorazione al Santissimo

Sacramento di Ges Cristo, che si svolgeva nella chiesa madre dalla sera del luned santo
fino al mezzogiorno del mercoled santo, quando lasciavano il posto alla Maestranza, che
salutava l'ostensione del Santissimo Sacramento, e la pia visita ai Sepolcri, le chiese della
citt antica, nel pomeriggio del Gioved santo e la mattina del Venerd santo. Nel corso
della Quaresima e della Settimana santa le varie confraternite e congregazioni
contemplavano i vari Misteri della Passione di Ges, dando luogo a rappresentazioni
sacre e a piccole processioni, come quella dei Misteri della Congregazione di San Filippo
Neri che si svolgeva al vesprodel Gioved Santo e che diede origine a quella delle
attuali Vare.
Domenica delle Palme[modifica | modifica sorgente]

La barca infiorata e la statua prima di essere portate in processione

WGN: Viva Ges Nazareno

La processione di Ges Nazareno ha l'intento allegorico di rievocare l'ingresso


di Ges a Gerusalemme. La statua del Cristobenedicente posta su una barca, realizzata
con numerosi fiori, come allegoria al "pescatore di anime".
Tutti i fiori sono raccolti dai contadini nei giorni immediatamente precedenti alla
processione; sono gerbere, mimose, ciclamini,margherite, l'abbarcu (fiore che d il nome
alla barca), o semplici fiori di campo. La mattina della Domenica delle Palme, i fiori
vengono intrecciati e disposti sulla barca, per creare un suggestivo effetto scenografico.
Prima dell'uscita dal cortile della biblioteca comunale "Luciano Scarabelli" nel pomeriggio,
sulla barca viene posta la statua di Ges Nazareno benedicente vestito di una veste di
stoffa, che viene circondata dai numerosi ex voto. Attraversata, cos, la porta della
biblioteca, come fosse la porta di Gerusalemme, ha inizio la processione che si snoda
lungo le principali vie del centro storico.

La barca infiorata entra dentro lachiesa di Sant'Agata al Collegio al termine della processione

Durante tutto il percorso, la processione viene accompagnata da numerosi bambini,


recanti ramoscelli d'ulivo e palme intrecciate, da due bande musicali e dai componenti

della confraternita organizzatrice che avanzano in due schiere, vestiti con un abito
caratteristico, portando i bilannuna, dei grossi ceri.
In serata, a conclusione della processione, l'abbarcu viene sollevato a spalla lungo le
scalinate antistanti lachiesa di Sant'Agata al Collegio e, prima di entrare, viene salutato
con un imponente serie di giochi pirotecnici.
Si tramanda che questa processione sia stata voluta dai contadini di Caltanissetta che,
essendo stati estromessi dalle altre processioni della Settimana Santa, volevano avere il
ruolo di protagonisti almeno nel giorno della Domenica delle Palme. Prima del finire
del XIX secolo, la Congregazione della Santa Vergine Bambina portava in processione un
simulacro del corpo senza vita di Ges interamente ricoperto di fiori, simbolo della civilt
contadina, che andava dalla chiesa di Sant'Agata al Collegio fino alla Cattedrale, dove
avveniva l'adorazione a Ges Cristo. Nel 1869, quando il barone Vincenzo di Figlia di
Granara fece notare l'incongruenza di tale simulacro con il clima di festa della Domenica
delle Palme, venne portata in processione una statua del Cristo benedicente su un trono
fatto di fiori e, con il tempo, la festa assunse l'aspetto con cui la si pu ammirare oggi.
Marted Santo[modifica | modifica sorgente]

La Scinnenza una rappresentazione sacra che inizia la sera del marted santo nel centro
storico con la recita del processo a Ges seguito da altri momenti della Via Crucis.
Accompagnati dalle bande musicali, gli attori in costume rievocano i vari momenti
della Passione di Ges, che culminano nella vera e propria Scinnenza (dalla lingua
siciliana scinniri che significa scendere), ovvero la deposizione di Ges dalla croce.
Gi nel Medioevo esistevano tali rappresentazioni a Caltanissetta, che si svolgevano nei
quattro venerd di marzo che precedevano la Settimana Santa. La prima vera
rappresentazione con molti attori ebbe luogo nel 1840 ma l'anno successivo, a causa di
gravi disordini generati dalla grande folla, venne abolita. Ripresa con successo
nel 1957 per iniziativa dei salesiani e poi nel 1972, la Scinnenza si svolse ogni anno la
sera del Sabato santo per le vie del centro storico. Dal 2006 la manifestazione stata
spostata al marted santo per volere del clero.
Mercoled Santo[modifica | modifica sorgente]
La Real Maestranza[modifica | modifica sorgente]

La Real Maestranza nacque nel 1554 come milizia cittadina per difendere Caltanissetta in
caso di invasione dei Saraceni ed era formata da artigiani(mastri, appunto) e guidata da
un capitano d'armi, generalmente un nobile. L'attuale processione ebbe origine dal fatto
che la mattina del mercoled santo, a conclusione delle quaranta ore in cui il Santissimo
Sacramento (il Venerabile) rimaneva esposto all'interno della chiesa madre all'adorazione
dei fedeli, la Maestranza salutava, armata di archibugi e picche, l'ostensione
del Venerabile, che veniva mostrato dal parroco alla folla in unostensorio dal sagrato della
chiesa madre. In quel momento la Maestranza sparava a salve con gli archibugi per
rendere l'onore delle armi alSantissimo Sacramento.
Il titolo di "Reale" le fu attribuito nel 1806 da Ferdinando IV di Borbone che, trovatosi in
visita a Caltanissetta, rest impressionato dalla grande sfilata della Maestranza.
Nel 1820 la milizia perse il suo carattere militare, sostituendo le armi con i ceri, con cui
ancora oggi vanno in processione, continuando per a partecipare a importanti
manifestazioni religiose cittadine come la processione del Cristo Nero del Venerd santo.

Il Capitano riceve il Crocifisso velato di nero

Il fulcro attorno al quale ruota la processione, e tutti gli altri avvenimenti della Settimana
Santa, il Capitano, un artigiano scelto ogni anno in una categoria diversa, che durante
tutta la settimana gode di alcuni privilegi: ha in consegna le chiavi della citt; porta con s
la spada, simbolo di comando; si cinge della fasciatricolore, simbolo della fedelt
all'autorit statale; riceve la nomina a Cavaliere della Repubblica.
Durante la processione, il Capitano preceduto dallo Scudiero, che porta innanzi lo scudo
e la lancia. Ancora davanti allo Scudiero l'Alfiere Maggiore, che apre il corteo portando il
vessillo raffigurante tutti i Santi Patroni delle categorie. Per ogni categoria, poi, nominato
un Portabandiera, che ne porter il vessillo, ed un Alabardiere.

Il rito della vestizione del Capitano

Oltre a queste cariche, rinnovate di anno in anno, ve ne sono altre che hanno mandato pi
lungo: il Gran Cerimoniere, solitamente il Mastro pi anziano, il Maestro Cerimoniere, il
Cerimoniere Ecclesiastico, il Responsabile di Corteo, il Console Generale, i Membri del
Direttivo, i Consoli di Categoria. Infine, tutti gli altri artigiani sono i Milizioti, termine che
ricorda l'antica origine della Maestranza.

Il Capitano ed il Paggetto, con le chiavi della citt

I preparativi per la cerimonia iniziano sin dalla prima mattina del mercoled santo,
seguendo una rigorosa tradizione. I Mastri della categoria che ha espresso il Capitano si
recano in corteo a prelevare l'Alabardiere, il Portabandiera, l'Alfiere Maggiore e lo
Scudiero dalle loro abitazioni. Successivamente, tutte le categorie si riuniscono in Piazza

Garibaldi e si recano a rendere omaggio al Capitano, davanti la sua abitazione. Il Maestro


Cerimoniere sale a casa del Capitano e pu iniziare la vestizione, con il tipico
abito settecentesco, sotto l'attento occhio dei Capitani degli anni precedenti, del Console
Generale e dei Cerimonieri. Dopo un breve saluto dal balcone, il Capitano scende in
strada, annunciato da tre squilli di tromba ed accolto da un caloroso applauso.
Qui accolto dal Presidente della Real Maestranza, che lo invita a passare in rassegna la
milizia schierata davanti l'abitazione del Capitano, con la formula: Capitano, la Milizia
schierata. La onori passandola in rassegna.Durante questa fase il Capitano usa il saluto
militare, retaggio delle origini miliziane della Maestranza.
Dopo la rassegna, il corteo, composto in genere da circa quattrocento Mastri, si reca in
Municipio, dove il Sindacoconsegna al Capitano le chiavi della citt, investendolo
simbolicamente della responsabilit della citt fino allaDomenica di Pasqua.

Il corteo della Real Maestranza che sfila in Corso Umberto I la mattina del mercoled santo

Da qui tutto il corteo si sposta nel cortile della Biblioteca comunale "Luciano Scarabelli",
dove vengono accesi i ceri, si alza il gonfalone e, non appena il Capitano abbia ricevuto
il Crocifisso velato di nero, parte la processione penitenziale fino in Cattedrale,
accompagnata dal solo suono dei tamburi dellabanda musicale. Tutta la Maestranza
indossa guanti e calze nere, in segno di lutto. Dentro la Cattedrale, il Capitano riceve il
perdono perch si fatto carico dei peccati di tutti ed, insieme a tutta la Maestranza,
sostituisce le calze, la cravatta e i guanti con quelli bianchi, in segno di gioia.
A mezzogiorno la Real Maestranza esce dalla Cattedrale scortando in processione
il Venerabile portato dal Vescovo in unostensorio d'oro, mentre la banda musicale li
accompagna suonando a festa e il Capitano porta un ceroinvece del Crocifisso velato.
Al termine dell'intensa mattinata, il Capitano si ritira nuovamente a casa, dove per tutto il
pomeriggio e buona parte della sera ricever le categorie di artigiani, le autorit civili,
quelle ecclesiastiche ed infine gli amici ed i parenti.
Le attuali categorie che partecipano alla Real Maestranza sono: i Panificatori, gli Idraulici e
Stagnini, i Barbieri, i Pittori Decoratori, i Muratori, i Marmisti, i Falegnami ed Ebanisti, i
Carpentieri e Ferraioli, i Calzolai, Tappezzieri e Pellettieri, e i Fabbri.

Le Varicedde[modifica | modifica sorgente]

La Varicedda de La Piet

Le Varicedde (o i Variceddi, letteralmente piccole Vare) sono diciannove gruppi statuari


che vengono portati in processione la sera del mercoled santo. Sedici di queste altro non
sono che riproduzioni pi piccole delle sedici Vareche sfilano il Gioved santo, a cui si
aggiungono altri tre gruppi, raffiguranti scene della Passione di Cristo.
La processione delle Varicedde nacque ai primi del '900 quando giovani garzoni di
bottega, rimasti esclusi dalla processione delle Vare del Gioved santo, decisero di
organizzare un corteo con delle piccole imitazioni in terracotta delle grandi Vare che
partisse dal quartiere San Domenico al tramonto del mercoled santo. Queste "Varicedde"
venivano portate in processione in palma di mano su dei vassoi e venivano accompagnate
da canti di dolore in siciliano (le Lamentanze o Ladate) intonati dai giovani organizzatori.
Nel giro di pochi anni per la processione scompar del tutto e venne ripristinata negli anni
venti quando lo scultore e restauratore di San Cataldo Giuseppe Emma venne incaricato
da alcuni privati di realizzare delle piccole riproduzioni delle Vare per ripristinare la
processione, che venne fatta partire davanti la chiesa di San Giuseppe, vicino Piazza
Garibaldi e al quartiere Provvidenza, per poi seguire il percorso dei grandi gruppi
del Gioved santo. Anche Salvatore Capizzi, artista nisseno, venne incaricato di realizzare
altri piccoli gruppi per la processione, che tra il 1941 e il 1945 non ebbe luogo a causa
della Seconda guerra mondiale. Negli anni cinquanta la manifestazione venne ripresa con
pi organizzazione, assumendo l'aspetto attuale, e vennero commissionati nuovi gruppi a
Salvatore Capizzi e a Giuseppe Emma. I materiali di realizzazione erano generalmente gli
stessi per tutti i gruppi sacri: terracotta per visi, mani e piedi; legno per le intelaiature
e cartapesta per i panneggi. Nel 1994 i possessori delle Varicedde hanno costituito
l'associazione "Piccoli Gruppi Sacri" con lo scopo di organizzare al meglio la processione,
mentre l'anno successivo i fratelli Emma, figli di Giuseppe, hanno realizzato l'ultimo gruppo
"Ges inchiodato alla croce. Usualmente le Varicedde sono conservate nelle abitazioni di
alcuni cittadini nisseni (i proprietari). Durante il primo pomeriggio del mercoled santo
vengono sistemate in vari punti della citt e vengono preparate per la processione, con
decorazioni floreali e luci. All'approssimarsi del vespro, accompagnate dalle bande
musicali, tutte le Varicedde confluiscono in Piazza Garibaldi, da dove prender il via la
processione, che segue lo stesso itinerario di quella delle Vare del gioved santo. Lungo
tutto il tragitto numerosi devoti, in gran parte ragazzi e bambini, accompagnano la
processione con candele, ceri ed in particolare i tradizionali bilannuna, ceri di grandi
dimensioni.
La processione termina diverse ore dopo in Piazza, l dove era iniziata. In seguito,
le Varicedde vengono esposte per tutta la durata della Simana Santa presso l'androne

del Palazzo del Carmine, sede del Municipio.


Lista delle Varicedde
1. La Cena (realizzata nel 1958 da Salvatore Capizzi)
2. L'Orazione nell'orto (realizzata nel 1952 da Salvatore Capizzi)
3. La Cattura (realizzata nel 1939 da Giuseppe Emma)
4. Il Sinedrio (realizzato nel 1947 da Salvatore Capizzi)
5. La Flagellazione (realizzata nel 1947 da Giuseppe Emma)
6. L'Ecce Homo (realizzato nel 1933 da Salvatore Capizzi)
7. La Condanna (realizzata nel 1950 da Giuseppe Emma)
8. La Prima Caduta (realizzata nel 1924 da Giuseppe Emma)
9. Ges incontra la madre (realizzata nel 1987 da Giuseppe Emma)
10.Il Cireneo (realizzato nel 1924 da Giuseppe Emma)
11.La Veronica (realizzata nel 1949 da Salvatore Capizzi)
12.Lo Spoglio (realizzato nel 1955 da Salvatore Capizzi)
13.Ges inchiodato alla croce (realizzato nel 1995 dai fratelli Emma)
14.Il Calvario (detto anche "Il Crocifisso", realizzato nel 1924)
15.La Deposizione (realizzata nel 1965 da Salvatore Capizzi)
16.La Piet (realizzata nel 1924 da Giuseppe Emma)
17.La Traslazione (realizzata nel 1924 da Salvatore Capizzi)
18.L'Urna (realizzata nel 1948 da Salvatore Capizzi)
19.La Desolata (detta anche "Addolorata", realizzata nel 1934 da Salvatore Capizzi).
Gioved Santo[modifica | modifica sorgente]

La Vara de La Crocifissione in sosta in piazza Garibaldi durante la processione

Le Vare o Misteri sono sedici gruppi statuari che rappresentano scene della Passione di
Ges e stazioni dellaVia Crucis e vengono portate in processione la sera del gioved
santo, in quello che di gran lunga il momento pi importante della Settimana Santa
nissena, e che l'ha resa famosa in tutto il mondo.
Le Vare che attualmente sfilano la sera del Gioved santo per le vie del centro storico
furono realizzate tra il1883 e il 1902 dall'artista napoletano Francesco Biangardi ed, in
parte, dal figlio Vincenzo (morto prematuramente nel 1890) con una tecnica mista
di legno, cartapesta, gesso e tela olona. Le uniche Vare che sfilano ancora in processione
non eseguite dai Biangardi sono La Traslazione, la cui realizzazione venne commissionata
nel 1853 a Napoli ad uno scultore ignoto, e La Flagellazione, iniziata da Francesco
Biangardi e terminata dai suoi allievi a causa della morte del maestro.
Inizialmente le Vare vennero portate in processione a spalla dai devoti e da persone
incaricate dai proprietari, nonostante il loro peso e la loro mole. Tutto questo fino ai

primi anni sessanta quando tutte le Vare vennero dotate di un carrello con ruote che
consentiva un numero minore di portatori durante la processione.
Origini della processione[modifica | modifica sorgente]

Nel 1780 la Congregazione di San Filippo Neri, istituitasi nel 1690 nella chiesa madre della
citt, port per la prima volta in processione al vespro del Gioved santo cinque
piccolissime riproduzioni statuarie in cartapestadei cinque misteri dolorosi
del Rosario: Ges nell'orto, La flagellazione, L'incoronazione di spine, La salita al
Calvario e La crocifissione, che venivano fatti passare davanti cinque chiese della citt
antica (i cosiddetti "Sepolcri").
La processione venne abolita nel 1801 per ragioni sconosciute, per essere poi ripresa
nel 1841 per volere di alcuni notabili dell'epoca e del farmacista Giuseppe Alesso, membro
della Congregazione di San Filippo Neri. Egli fece costriure sette nuove "Vare" con statue
prese dalla chiesa di San Sebastiano e da altre chiese cittadine. Questi gruppi non erano
molto grandi e rappresentavano i momenti principali della Passione di Ges:L'Orazione
nell'orto, Il bacio di Giuda, Il Signore alla colonna, L'Ecce homo, La Crocifissione, Il corpo
di Ges e L'Addolorata.
La processione continu negli anni successivi e i vari ceti e confraternite della citt fecero
costriure da artisti dilettanti nuovi gruppi sempre pi grandi ma non di eccellente fattura,
facendo arrivare il numero delle Vare a 14 nel 1850. Nel 1853 la Congregazione della
Candelora, di cui facevano parte in gran numero muratori e fabbri, commission
a Napoli l'esecuzione del gruppo a grandezza naturale de "La Traslazione" che, ultimata,
giunse aPalermo in piroscafo e fu trasferita a Caltanissetta su un carro trainato da buoi per
essere portata in processione insieme alle altre Vare. Dal 1866 la processione ebbe per
un periodo di crisi per via della soppressione degli ordini religiosi e delle confraternite,
rischiando di scomparire.
Il 12 novembre 1881 un'esplosione di grisou nella miniera di zolfo Gessolungo uccise 65
minatori; i sopravvissuti decisero di ripristinare la processione del Gioved santo in segno
di ringraziamento per essere scampati alla tragedia e commissionarono allo scultore
napoletano Francesco Biangardi e al figlio Vincenzo, che in quel tempo operavano
a Mussomeli, l'esecuzione del gruppo La Veronica. In seguito alla buona riuscita
dell'opera, gli altri ceti commissionarono altri gruppi a grandezza naturale ai Biangardi, che
sostituirono le vecchie Vare nella processione delGioved santo.
La processione delle Vare[modifica | modifica sorgente]

Piazza Garibaldi in occasione del gioved santo. Sulla destra visibile la Vara deLa Sacra Urna

Gi dalla prima mattina del Gioved santo, le Vare vengono disposte nelle varie vie
cittadine, usualmente di fronte l'abitazione dei rispettivi proprietari, e vengono addobbate
con fiori e lumi, mentre le bande musicali contribuiscono a rendere allegra l'atmosfera di
preparazione. Con l'arrivo del tramonto, per, il registro della musica cambia di colpo,
lasciando spazio alle marce funebri ed ai canti della Passione di Ges. Le Vare vengono
cos accompagnate dalle bande musicali verso Piazza Garibaldi, dove vengono circondate

da un vero e proprio mare di gente. Verso le ore 21,00, quando tutti gruppi hanno
raggiunto la loro posizione, formando un cerchio intorno alla Fontana del Tritone, la
processione ha inizio ed il primo gruppo, La Cena, si mette in marcia e gli altri la seguono
in fila. Il percorso della processione segue un itinerario che passa nei pressi delle principali
chiese del centro storico (i "Sepolcri"): la Cattedrale, San Sebastiano, Sant'Agata al
Collegio, Santa Croce (chiamata dai nisseni "Badia") e Santa Maria della Provvidenza.
Durante il tragitto, ogni Vara quasi scortata da numerose persone: la banda musicale,
lecongregazioni, la famiglia che possiede la Vara ed alcuni ragazzi, che sono vestiti con un
saio bianco e recano in mano i ceri ed i bilannuna. In vari momenti della processione,
le Vare si fermano e sono salutate da imponenti giochi pirotecnici (che insiciliano vengono
chiamati maschiata).
Inizia cos il primo giro della processione che, partito da Piazza Garibaldi, si snoda per la
prima met di Corso Umberto I, fino ad arrivare di fronte alla chiesa di Sant'Agata al
Collegio e da qui si inserisce nella Via Re d'Italia, dove le Vare passano a stento per via
dell'angusta viuzza. Raggiunta l'estremit di Corso Vittorio Emanuele, dove generalmente
ha luogo una maschiata, la processione ritorna nel Corso Umberto I, da dove parte il
secondo giro. Attraversato tutto il Corso, le Vare proseguono per Via Maddalena Calafato,
per poi scendere all'estremit opposta di Corso Vittorio Emanuele dove, all'altezza di Via
XX settembre, la processione si interrompe per permettere ai processionali ed ai musicisti
di mangiare e bere quanto offerto dai proprietari delle Vare. Dopo circa un'ora di sosta,
durante il quale l'immensa folla pu ammirare tutte le Vare ferme nel Corso, prende inizio,
ormai a tarda notte, il terzo giro e le Vare salgono per la ripida Via XX settembre, dove
notevole lo sforzo compiuto dai portatori per farle salire lungo la salita. Da qui la
processione passa per l'angusto quartiere Provvidenza e imbocca l'estremit di Corso
Umberto I, scendendo lentamente in Piazza Garibaldi.
Mentre ormai sono le ore 5:00 circa della mattina, le Vare si dispongono nuovamente tutte
in cerchio in Piazza dopo aver compiuto un giro attorno alla Fontana del Tritone e, dopo
i giochi pirotecnici e accompagnate sempre dalla musica delle bande musicali, iniziano a
disperdersi disordinatamente in ogni direzione per tornare ai luoghi in cui sono custodite,
dando luogo alla "Spartenza" (dal siciliano spartiri che significaseparare), che pone fine
alla processione. Da qualche anno ormai, la spartenza ha perso il proprio valore, dato che
oggi tutte le Vare sono custodite presso lo stesso deposito, ovvero nella chiesa San Pio X.
Tanti anni fa invece le Vare erano custodite ognuna in ogni chiesa della citt, e la fine della
processione si poteva chiamare realmente spartenza, mentre oggi si osservano le Vare
camminare in fila indiana per raggiungere tutte la stessa chiesa, ad eccezione della Sacra
Urna che viene portata in Cattedrale e dell'Addolorata che viene portata in un magazzino
per spogliarla del mantello, per essere riportata successivamente con le altre. Tempo fa
invece, l'Ultima Cena, la Flagellazione, l'Ecce Homo, la Condanna e la Deposizione erano
depositate in un magazzino in via Xiboli (custodite dalla Chiesa della Stella), la Piet e la
Traslazione a Gessolungo, l'Orazione nell'orto a San Giuseppe, la Cattura a Sant'Agata, il
Sinedrio a San Antonino, la Prima Caduta e l'Addolorata a Santa Lucia, il Cireneo a San
Domenico, la Veronica nella chiesa Santa Croce, la Crocifissione alla San Sebastiano e la
Sacra Urna in Cattedrale.
Lista delle Vare nell'ordine con cui sfilano[modifica | modifica sorgente]

La Cena
anno di realizzazione: 1885
autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: panettieri e fornai

ceto a cui attualmente appartiene: panificatori


L'Orazione nell'orto

anno di realizzazione: 1884


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: pastai e mugnai
ceto a cui attualmente appartiene: mugnai
La Cattura

anno di realizzazione: 1884


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: ortolani
ceto a cui attualmente appartiene: Famiglia Giunta
Il Sinedrio

anno di realizzazione: 1886


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: minatori di Testasecca
ceto a cui attualmente appartiene: Municipio di Caltanissetta
La Flagellazione

anno di realizzazione: 1909


autori: allievi di Francesco Biangardi
ceto di commissione: minatori di Gessolungo
ceto a cui attualmente appartiene: Famiglia Cervellione
Ecce Homo

anno di realizzazione: 1892


autore: Francesco Biangardi
ceto di commissione: ortofrutticoli
ceto a cui attualmente appartiene: ortofrutticoli
La Condanna

anno di realizzazione: 1902


autore: Francesco Biangardi
ceto di commissione: minatori di Trabonella
ceto a cui attualmente appartiene: tipografi
La Prima Caduta

anno di realizzazione: 1886


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: congregati di Santa Lucia
ceto a cui attualmente appartiene: marmisti
Il Cireneo

anno di realizzazione: 1886


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: gessai

ceto a cui attualmente appartiene: Famiglia Cannarozzo


La Veronica

anno di realizzazione: 1883


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: minatori di Gessolungo
ceto a cui attualmente appartiene: Lega Sacra "San Michele'"
La Crocifissione

anno di realizzazione: 1888


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: macellai
ceto a cui attualmente appartiene: macellai
La Deposizione (a' Scinnenza)

anno di realizzazione: 1885


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: minatori di Tumminelli
ceto a cui attualmente appartiene: commercianti d'abbigliamento
La Piet

anno di realizzazione: 1888


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: ceto dei borgesi
ceto a cui attualmente appartiene: Banca nissena di credito cooperativo "San Michele"
La Traslazione

anno di realizzazione: 1853


autore: scultore napoletano ignoto
ceto di commissione: Congregazione della Candelora
ceto a cui attualmente appartiene: muratori
La Sacra Urna

anno di realizzazione: 1882


autori: Francesco e Vincenzo Biangardi
ceto di commissione: clero
ceto a cui attualmente appartiene: preti e Congregazione dei Cavalieri San Filippo Neri
L'Addolorata

anno di realizzazione: 1896


autore: Francesco Biangardi
ceto di commissione: vinai e carrettieri
ceto a cui attualmente appartiene: autotrasportatori

Venerd Santo[modifica | modifica sorgente]

Un momento della processione delCristo nero

Il Cristo Nero un crocifisso in legno di ebano che viene portato in processione nei
quartieri pi antichi delcentro storico nella sera del Venerd santo. chiamato dai
nisseni Signore della Citt perch fu Santo Patrono di Caltanissetta fino al 1625, anno in
cui il titolo venne attribuito a San Michele Arcangelo. La sua origine incerta, ma sembra
che questo simulacro non sia opera di uno scultore, bens di un semplice devoto, come
testimoniano alcune notevoli sproporzioni nel corpo del Cristo. La leggenda per narra che
sia stato trovato in una grotta da due Fogliamari (in siciliano Figliamari, i raccoglitori di
verdure selvatiche) e che sia diventato scuro a causa del fumo dei numerosi ceri offerti dai
fedeli nel corso dei secoli.
La processione inizia al calare del sole, quando il Cristo Nero viene uscito a fatica dal
portone della chiesa del Signore della Citt, nei pressi del quartiere San Francesco, uno
dei pi antichi della citt dove si svolger maggior parte della processione. Ad aspettarlo,
oltre i numerosi fedeli, c' la Real Maestranza al completo, che scorter la processione
con le bandiere abbrunate e le lance avvolte da nastri neri in segno di lutto, e soprattutto
i Fogliamari. Quest'ultimi spargeranno l'incenso durante tutto il tragitto e
accompagneranno la processione con i loro tipici canti funebri e di dolore: le Lamentanze.
La statua sormontata da un pesantissimo baldacchino dorato e viene portata a spalla
proprio dai Fogliamari, che sono scalzi in segno di penitenza, e seguita dai numerosi fedeli
scalzi e da tutto il clero. Lungo tutto il tragitto, che abbraccia anche Piazza Garibaldi, parte
del Corso Umberto I e Via Re d'Italia, i balconi e le finestre sono rivestiti da coperte
purpuree e, a parte le Lamentanze, difficile sentire un altro suono, che rompa l'atmosfera
di devozione che si crea attorno alla processione.
Domenica di Pasqua[modifica | modifica sorgente]

La processione della Resurrezione, nata alla fine degli anni settanta, si svolge la mattina
della Domenica di Pasqua. Alle ore 9,00 del mattino, la Real Maestranza, guidata dal
suo Capitano, si dirige verso la sede del vescovado, indossando guanti, cravatta e calze
bianchi in segno di gioia per laResurrezione di Ges e accompagnati dalle allegre marce
della banda musicale. Il Vescovo passa in rassegna delle maestranze ed, insieme al
Capitano, guida la processione verso la Cattedrale. A mezzogiorno il Vescovo benedice la
folla in Piazza Garibaldi e un rappresentante della Maestranza libera delle colombe
bianche in cielo. Dopo la messa solenne in Cattedrale, il Capitano riconsegna le chiavi
della citt al Sindaco.

Settimana Santa di Ispica


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

non c' paese in Sicilia, in cui la passione di Cristo non riviva attraverso una vera e propria
rappresentazione, in cui persone vive o gruppi statuari non facciano delle strade e delle piazze il
teatro di quel grande dramma i cui elementi sono il tradimento, lassassinio, il dolore di una
madre
(Leonardo Sciascia, Feste religiose in Sicilia, 1965)
Indice
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1 Ultimo vene

rd di quaresima

2 Domenica delle palme


3 Triduo pasquale
3.1 Gioved santo - Santissimo Cristo flagellato alla colonna
3.1.1 La processione
3.1.2 La statua
3.2 Il venerd Santo - Santissimo Cristo con la croce sulla via del calvario
3.2.1 La processione
3.2.2 La statua
3.2.3 La storia
3.3 La domenica di Pasqua - Santissimo Cristo risorto
3.3.1 La festa
4 Galleria immagini
5 Note
6 Bibliografia
7 Collegamenti esterni
8 Voci correlate

I riti della settimana santa di Ispica (RG) sono considerati per gli ispicesi tra i pi
importanti tra quelli che si tengono nella Sicilia sud-orientale. Essi sono organizzati dalle
due principali confraternitestoriche del paese, quella di Santa Maria Maggiore, detta
dei cavari[1][2] (di colore rosso) e quella della Santissima Annunziata, detta
deinunziatari[3] (di colore azzurro). Il ciclo di festivit si apre con lultimo venerd
di quaresima e con la domenica delle palme, per culminare con i riti del gioved santo,
del venerd santo e della Pasqua.

Pasqua a Ispica (RG)

Le manifestazioni, molto numerose, sono costituite da processioni e vere e proprie sacre

rappresentazioni rifacentesi a riti antichi gi praticati nel XVII secolo, i quali rivestono una
doppia valenza, sia mistico-religiosa che popolare, attraverso i loro pi salienti e
riconoscibili tratti iconografici.
La manifestazione ha un richiamo piuttosto ampio, e coinvolge in genere, oltre agli
ispicesi, anche visitatori delle province confinanti.
Ultimo venerd di quaresima[modifica | modifica sorgente]

Con lultimo venerd di quaresima alla basilica Santissima Annunziata si entra nei
festeggiamenti della settimana santa. In serata si svolge la tradizionale processione
dellurna reliquiaria contenente la Santa spina. Dopo aver accompagnato la "Santa
Cascia" (termine siciliano che sta ad indicare le tantissime reliquie di santi contenuti
all'interno dell'urna, tra cui, appunto, la "Santa Spina" cos chiamata perch facente parte
della corona intrecciata dai romani e messa sul capo di Cristo) in Basilica, ha inizio la Via
Crucis Vivente. Essa un momento di vera fede dove si ripercorrono gli ultimi istanti della
Passione di Ges in maniera reale e commovente. Inutile dire che la Via Crucis Vivente
richiama ogni anno migliaia di fedeli o semplici visitatori da tutte le province per la
particolarit e suggestivit della stessa.
Domenica delle palme[modifica | modifica sorgente]

I festeggiamenti della domenica delle palme si svolgono nella basilica di Santa Maria
Maggiore e nella basilica della Santissima Annunziata. In mattinata, a Santa Maria
Maggiore un corteo di fedeli con palme e rami di ulivo da benedire, si reca allingresso
della citt; qui avviene la benedizione delle palme, e quindi si forma un corteo che,
preceduto da Ges seduto sul dorso di un asino seguito dai discepoli e attorniato da
palme e rami di ulivo, risale la strada verso la basilica fra due ali di folla.
Triduo pasquale[modifica | modifica sorgente]
Gioved santo - Santissimo Cristo flagellato alla colonna[modifica | modifica sorgente]
La processione[modifica | modifica sorgente]

Il gioved santo, per i cavari della basilica di Santa Maria Maggiore, ha inizio in piena notte.

Cristo alla colonna

Alle ore 1:30 inizia il pellegrinaggio dei fedeli alla chiesa rupestre di Santa Maria della
Cava da dove parte la Via Crucis, animata dai giovani della parrocchia. Durante il tragitto
vengono rappresentate le stazioni della passione di Cristo e le ultime due,
la crocefissione e la deposizione del Cristo morto nel sepolcro, avvengono nella piazza
antistante la basilica di Santa Maria Maggiore. Appena dopo la sepoltura del Cristo, alle
ore 4:00, il parroco ed il presidente dell'arciconfraternita, si avviano verso l'ingresso
principale della basilica dove, bussando per tre volte al portone, danno avvio
alla tradizionale apertura delle porte, che si spalancano all'improvviso consentendo ai
fedeli di entrare di corsa in chiesa per dirigersi verso laltare del Santissimo Cristo alla
colonna, dove usanza recarsi a pregare[4] ('U Patri a Culonna), tra il pungente odore

di incenso e il tipico suono dell'organo a canne che intona le note della marcia funebre
dedicata al Cristo. Inizia cos la liturgia del gioved santo.

Via Crucis notturna - mercoled notte

La mattina verso le 11 il parroco sale sull'altare del Cristo flagellato, bussa per tre volte
con una chiave sulle porte dell'SS. Cristo flagellato che improvvisamente scivolano gi.
Dopo un'omelia in cui il sacerdote spiega il vero significato della devozione popolare, la
banda musicale inizia a suonare la marcia funebre intitolata al cristo[5], ed il simulacro
inizia a scendere lentamente tra i devoti suscitando una profonda commozione.
Dopo la mezzanotte, la trasuta[6] e i tradizionali giri all'interno della basilica.
La statua[modifica | modifica sorgente]

Cristo alla colonna

Il Santissimo Cristo flagellato alla Colonna situato nella cappella sinistra


del transetto della basilica di Santa Maria Maggiore. La statua raccolta in una
macchinetta lignea argenteo-dorata costruita nel 1700 e pi volte fatta indorare. La base
della macchinetta rettangolare, di legno. La colonna dalla base a quasi met del corpo,
di colore oro, il resto colore argento, sormontata da un capitello in tile corinzio. Nel corpo
della colonna, un medaglione di cristallo contiene una reliquia della santa croce. Il corpo
nudo del Cristo flagellato cinto alla vita da un perizoma dorato e la testa coperta da
una parrucca raccolta in due code e realizzata con veri capelli, offerti dai devoti come
ringraziamento e devozione. Dei due Giudei ai lati, quello di destra raffigurato nell'atto di
percuotere la schiena di Ges, mentre quello di sinistra piegato in avanti all'altezza
del Cristo e lo percuote al petto. Un'altra macchinetta lignea sormonta il gruppo con frange
statiche ed collegato alla base da quattro colonne simile a quella centrale ma pi
piccole. Sul capo del Cristo nel 1899 fu posto un nimbo in argento impreziosito da pietre, e
comunemente chiamato patena, dove all'interno applicata la reliquia della santa croce
posseduta dalla chiesa fin dal 1696, frammento donato alla basilica dal frate G. Battista,
per ricambiare i favori ottenuti dal marchese don Maurizio Statella[7].
La storia

Cristo alla colonna

Detti popolari:
(SCN)
(IT)
Lu cunigghiu avi la tana, lu surci lu pirtusu e Il coniglio ha la tana, il topo il buco e Voi padre
Vui patri amurusu, n'avistuvu n tana n
amorevole, non avete avuto n tana n buco. Tutta
pirtusu. Tutta a notti Vi batteru cu na viria ri
la notte Vi hanno percosso con un ramo di
ranatu, Vi purtaru nni Pilatu scausu, nuru e
melograno, Vi hanno portato da Pilato, scalzo, nudo
scapiddatu
e spettinato
(detto popolare)
(SCN)
(IT)
Santa Rusalia ri Palemmu, Sant'Agata ri
Santa Rosalia di Palermo, Sant'Agata di Catania
Catania e u Santissimu Cristu ri Spaccafunnu su e il Santissimo Cristo di Spaccaforno (Ispica) sono
numinati ppi tuttu lu munnu
nominati in tutto il mondo
(detto popolare)
Il Santissimo Cristo flagellato alla colonna ha una storia complessa. L'immagine che
tutt'oggi si pu ammirare il risultato di una serie di lavorazioni effettuate per motivi
religiosi e politici nel corso dei secoli. Il simulacro risale all'incirca al 787 d.C., l'anno
del concilio di Nicea[8] e apparteneva alle comunit del fondo valle, delle grotte della cava
ranni (Cava Grande), una parte di Cava d'Ispica, dove sorgeva l'antico insediamento della
citt. Alcune parti del cristo risalgono ad ancora prima, cio ad un crocifisso di
manifattura bizantina chiamato crucifixi de cava, che si venerava nel santuario della valle.
Il volto mostra i tratti tipici delle immagini bisantine: inanimato e inespressivo, con gli occhi
dilatati[8]. Con la dominazione bizantina si diffuse l'uso di abbellire le immagini sacre con
ricche decorazioni e ornementi, ma l'introduzione di alcune pratiche religiose port alla
distruttiva campagna degli iconoclasti. Infatti, queste eccessive forme di piet portarono
l'imperatore Leone III l'Isaurico ad una campagna iconoclasta delle immagini di Cristo,
della Madonna e dei santi e questi inevitabilemente raggiunsero l'antica spaccaforno[9].
Il grande crocifisso fu ridotto in frammenti e grazie alla piet di qualche fedele, la testa e le
avambraccia con le mani vennero nascoste e risparmiati alla distruzione[9]. I resti vennero
portati alla luce dopo l'Editto di Nicea e gli Editti di Teodora che riammettevano il culto
delle immagine sacre[8].

Cristo alla colonna: incontro con l'Addolorata.

Cos con le avambraccia e la testa del grande crocifisso della cava venne composto un
nuovo corpo, non pi sulla croce ma sotto forma di Ecce Homo con le mani legate in
avanti. Intanto, all'epoca si diffuse il culto del flagellato e cos il Cristo venne modificato
con le mani indietro e pi curvo, ad angolo retto con la spalla destra pi bassa e le gambe
larghe e tremanti, col corpo lacerato dalle percosse e grondante di sangue. In questo
modo per il Cristo presentava un anacronismo visto che il flagellato aveva le mani forate
e il capo coronato di spine: per ovviare si camuff il vecchio capo con un fermaglio
d'oro[9] e con una parrucca, le mani vennero legate alla Colonna. Riprese cos il culto del
Cristo di spaccaforno.
Inoltre il simulacro miracolosamente si salv al terremoto dell'11 gennaio 1693, ritrovato
intatto sotto le macerie tra le grida di gioia del popolo della cava, il quale, suonando la
vecchia campana di Santa Maria della Cava appesa provvisoriamente in un albero vicino,
ripet per tre volte " Eppicciuotti Culonna "[10],grido che viene ancora oggi usato dai
portatori di Cristo. Nel 1695, il simulacro, ancora senza giudei, venne caricato su un carro
trainato da buoi per essere portato nel nuovo insediamento urbano[11]. Come narra la
tradizione popolare, i buoi appena arrivati nella collina accanto non vollero pi andare
avanti e cos in quello stesso luogo, sull'ameno colle della Calandra, venne edificata
una cappella per ospitare il Cristo, con le stesse pietre della distrutta antichissima chiesa
di Santa Maria della Cava. Dopo diversi ampliamenti, prima con l'altare del Cristo alla
Colonna, poi quello Maggiore, si arriv all'attuale basilica di Santa Maria Maggiore.
Il simulacro si salv per la seconda volta il 6 gennaio 1727 dopo un altro sisma che
distrusse la navata destra, il tetto e parte della cupola,risparmiando proprio la navata
sinistra con la cappella del Cristo. Dopo il 1729, ad opera dell'artigiano Francesco Guarino
da Noto, alla statua vennero aggiunti i due giudei ai lati del Cristo, lo stesso artigiano che
nel 1728 realizz il simulacro del SS Cristo alla Croce. I due personaggi sono d'ispirazione
popolare[12] e mentre il Cristo, per la sua storia antica, viene chiamato affettuosamente "'u
viecciu" (il vecchio), i due Giudei vengono chiamati "Pap" (quello alla destra del Cristo) e
"Pluchinotta" (quello alla sua sinistra).
La statua si salv per la terza volta nel luglio del 1943 quando una bomba tirata dalle navi
degli alleati colp la cappella del Cristo alla Colonna. La bomba miracolosamente non
esplose.
Il venerd Santo - Santissimo Cristo con la croce sulla via del calvario[modifica | modifica sorgente]
La processione[modifica | modifica sorgente]

Il Venerd Santo il giorno in cui si celebra e rievoca la passione del Signore e per i
nunziatari della basilica Santissima Annunziata il giorno pi importante per la fede e la
tradizione nella Settimana Santa.

Cristo con la Croce: il volto

La giornata inizia di buon mattino con l'incensamento e l'apertura delle porte della chiesa
ai fedeli. Inizia il ringraziamento all'altare del Cristo con la croce("'U Patri a cruci"). Si
forma un lungo corteo per entrare la vara in chiesa, si cerca il posto per assistere alla
tradizionale caduta delle "porte". Nonostante l'impressionante numero di persone che
riempiono il tempio, il silenzio grande quando alle ore 11,00 il sacerdote bussa tre volte
sulle "porte". allora che avviene la caduta delle stesse con la svelata improvvisa della
sacra immagine del Cristo con la croce tra il grido dei devoti "eppicciuotti: cruci, cruci,
cruci ..."[10] e il suono delle bande musicali, mentre il simulacro pian piano scende tra i
fedeli.
antica usanza portare da parte della gente numerosi ex voto in cera o offerte in denaro
che vogliono essere un segno di riconoscenza per la grazia ricevuta. Nel pomeriggio, dopo
l'arrivo in piazza Santissima Annunziata della cavalleria dei soldati romani, ha inizio la
processione del simulacro del Cristo con la croce preceduta dalla cavalleria, dalle
delegazioni di tutte le chiese diIspica con le proprie insegne, dai confrati dell'Associazione
Santissima Annunziata in abito confraternale, dai giovani dell'Associazione "Don Bosco",
seguito dalle autorit civili, militari, dai corpi bandistici e dai fedeli.

Tradizionale grido: eppicciuotti...[10]

La processione percorre le principali vie della citt e ha dei momenti particolarmente


toccanti nella via delle regioni con lo sparo di 21 colpi a cannone e lilluminazione
suggestiva della stessa, poi in prossimit della chiesa San Giuseppe lincontro con la
Veronica, nella chiesa Madonna delle Grazie lincontro con le pie donne, e lincontro con la
Madonna Addolorata che viene dalla basilica Santa Maria Maggiore. Dopo la mezzanotte il
rientro in chiesa del simulacro, la fiaccolata e allinterno i tradizionale giri per le navate con
la riposizione del simulacro nella sua nicchia.

La statua[modifica | modifica sorgente]

Cristo con la Croce

Il Cristo con la Croce situato nella nicchia dell'altare destro del transetto della chiesa
Santissima Annunziata. Il gruppo statuario come quello del Cristo alla Colonna raccolto
in una macchinetta lignea di colore oro. Sulla base rettangolare collocato il Cristo che
porta la croce con i due giudei. La parte superiore che sovrasta il gruppo con un
baldacchino legata alla base da quattro colonnine di colore oro. Queste sono pi larghe
alla base e tendono a restringere verso la parte superiore, dove sono sormontate da
quattro piccoli capitelliin stile corinzio, di colore oro. Il Cristo indossa una tunica blu con un
bordino colore oro al collo e alle maniche; la vita e le spalle sono legate ad una corda
sorretta dai due giudei ai lati. Il gruppo statuario non frontale ma rivolto verso il lato
sinistro, rappresentato nell'atto di salire verso il monte del Calvario. Sulla spalla sinistra il
Cristo sorregge la Croce di legno scuro mentre i due giudei lo sollecitano con forza a
camminare. Quello di sinistra di carnagione scura ed raffigurato nell'atto di tirare con
forza Ges in avanti. l'altro giudeo, di carnagione chiara, con una mano stringe la corda
con cui legato Cristo e con l'altra grava violentemente sulle spalle di Ges. Il Cristo
coronato di spine e sul capo posta un'aureola di argento. Il volto molto espressivo,
scarno stravolto dalla fatica, grondante di sangue, con gli occhi pietosi e la bocca
socchiusa per l'affanno.
La storia[modifica | modifica sorgente]

Cristo con la Croce: incontro con l'Addolorata

La storia del Cristo con la croce sicuramente meno travagliata del Cristo alla colonna e
della presenza del simulacro nella chiesa della Santissima Annunziata del parco Forza
(Fortilitium) non si hanno fonti certe. Si afferma l'esistenza di un primo simulacro del Cristo
di finissimo ilice del marzo 1623[9], commissionato dai Signori e Nobili che abitavano
all'interno delle mura del Fortilitium (oggi parco Forza), residenza degli Statella. Questi,
infatti, vollero a tutti i costi un simulacro da portare in processione proprio come il Cristo
alla colonna, portato in processione dal popolo povero in fondo alla valle di Cava d'Ispica.
Iniziava cos la rivalit storica tra le due Confraternite: "nunziatari" (da SS Annunziata) e

"cavari" (da Santa Maria della Cava). Questo primo simulacro, per, venne andato
distrutto durante il terremoto dell'11 gennaio 1693[9].

Cristo con la Croce

La realizzazione del secondo simulacro del Cristo che porta la croce fu commissionata
solo nel1728 a Francesco Guarino da Noto. L'artista realizz la statua
in cartapesta e stucco, portata da Avola a Spaccaforno il 19 marzo1729 e posta nella
nuova chiesa della Santissima Annunziata, dove tutt'oggi si venera. La solenne
processione che si svolge il Venerd Santo, al posto di quella antica della S. Spina
(spostata all'ultimo venerd di quaresima), risale al 1861.
La domenica di Pasqua - Santissimo Cristo risorto[modifica | modifica sorgente]
La festa[modifica | modifica sorgente]

Cristo risorto

La domenica di Pasqua il Cristo Risorto (U Risuscitatu) della basilica Santissima


Annunziata di Ispica conclude i festeggiamenti della Settimana Santa. Alle ore 12,00 il
Cristo uscendo dalla Chiesa percorrer il Corso Garibaldi gremito di gente per incontrarsi
(U ncuontru) di corsa con Maria Addolorata proveniente dalla Chiesa Madre San
Bartolomeo tra spari di moschetterie, volo di colombe, lancio di biglietti di auguri e il grido
dei nunziatari ....Eppicciuotti Viva lu Patri (viva il Cristo), viva lu Patri..[10] Dopo un giro
della piazza principale riscende verso la propria chiesa. Particolare il rientro fatto tutto di
corsa dallo spiazzale antistante sino allinterno della Santissima Annunziata.
Il popolo fa tutto suo ci che lo colpisce e sollecita la sua sensibilit emotiva; accoglie
animandolo con i valori insiti nelle sue tradizioni e nella sua cultura; lo fa diventare lentamente
bagaglio acquisito che lo accompagna nella vita sociale, e lo inserisce man mano sempre pi in
profondit nelle sue strutture sociali, fino a farlo divenire un valore ed un patrimonio da
tramandare[13]

Galleria immagini[modifica | modifica sorgente]

Basilica SS. Annunziata

Basilica Santa Maria Maggiore

Apertura delle porte della basilica Santa Maria Maggiore

Processione del Giovedi Santo

l'Addolorata della SS. Annunziata

Processione del Venerdi Santo

Il Cristo risorto: incontro con la madre

Il Cristo risorto: incontro con la madre

Cupola della basilica SS. Annunziata

Interno della basilica Santa Maria Maggiore dopo apertura porte

Confrati di SS. Annunziata in abito tipico


Confrati di S.Maria Maggiore in abito tipico

Portatori del SS. Cristo alla colonna

Portatori del SS. Cristo con la Croce

Portatori del Cristo risorto

Esempio di cera votiva - Ex voto

PALAZZOLO ACREIDE

Tradizioni e folclore[modifica | modifica sorgente]

Il teatro antico di Akrai


Le manifestazioni che hanno un'antica tradizione popolare nel paese sono: le feste in
onore di san Paolo, san Sebastiano, san Michele, l'Addolorata, la Santa Pasqua, il
Carnevale e le "rappresentazioni classiche".
Le feste in onore dei santi si svolgono quasi tutte con uno stesso cerimoniale, ma quelle
con il maggior coinvolgimento popolare sono quella in onore di san Paolo, patrono della
citt (25 gennaio e 29 giugno), quella dei san Sebastiano (20 gennaio e 10 agosto), quella
dell'Addolorata (terza domenica di settembre e venerd santo) e quella di San Michele
(domenica successiva al 29 settembre, quando questa data non cade di domenica, e 8
maggio).
I festeggiamenti, fino agli anni sessanta, duravano circa una settimana, in quanto si
tenevano, per l'occasione, fiere di bestiame note in tutta la Sicilia. Oggi i festeggiamenti
durano tre giorni. Nel primo giorno si svolgono concerti di musica leggera al Giardino
Pubblico ('a sirata a villa). Nel secondo giorno ('a vigilia) avviene la svelata del santo
nell'altare maggiore della chiesa di appartenenza ('a sciuta ra cmmira).
Il terzo giorno quello dei festeggiamenti veri e propri: le messe solenni, quelle cantate, il
panegirico e, alle tredici, l'uscita del santo dalla chiesa ('a sciuta ri manziornu), tra
scampanii, fuochi artificiali e lancio di 'nzareddi, portato, secondo la tradizione, a spalla ('a
spadda nura) e seguito da fedeli, soprattutto donne, a piedi nudi ('u viaggiu scausu), che
adempiono allo scioglimento di un voto. Il santo viene fatto uscire anche di sera, verso le
ore 20, e condotto per tutto il paese, secondo itinerari tradizionali, accompagnato dalle
bande musicali e dai fedeli. I festeggiamenti si concludono nella tarda notte o nelle prime
ore del mattino con l'esibizione di cantanti o altri spettacoli e con il grande finale di fuochi
d'artificio.
Da segnalare infine la festa con processione dell'Immacolata (8 dicembre), ripristinata da
qualche anno. Come tradizioni gastronomiche ricordiamo la "salsiccia palazzolese", le
paste di mandorle, la produzione di olio extravergine d'oliva....ed anche squisiti piatti con i
sapori dell'ambiente circostante: timo, asparagi, finocchietto selvatico, origano,
"aiti","amareddi" e altre ancora.

NOTO
Il patrono: san Corrado Confalonieri[modifica | modifica sorgente]

Urna d'argento contenente il corpo di san Corrado

San Corrado eremita, mor nel 1351, nella grotta dove era vissuto in eremitaggio per
numerosi anni, nella Valle dei Pizzoni, presso Noto, dove oggi si trova la "Chiesa
dell'Eremo fuori le mura", che ingloba la grotta. Il 19 febbraio, giorno della sua morte, si
tiene la festa patronale. Vi si svolge una processione, con la "vara" dell'urna argentea
contenente il corpo del santo, che viene portata per le vie del paese. Ogni dieci anni, la
processione con l'urna giunge fino alla grotta, con un percorso che si svolge durante la
notte e percorre i circa 10 km che separano la citt dall'eremo originario. Caratteristici
sono i portatori di ceri artistici, dipinti con simbologie legate alla figura del patrono.
MODICA
Tradizioni e folclore[modifica | modifica sorgente]

Madonna Vasa-Vasa
Madonna Vasa-Vasa: si svolge nella mattinata di Pasqua. Risalente almeno[45] al 1645,
rappresenta l'incontro fra la Madonna ed il Cristo Risorto, reso caratteristico ed
emozionante in questa versione modicana dal fatto che il simulacro di Maria, in pratica un
burattino in legno sul tipo dei pupi Siciliani, muove le braccia, impartisce benedizioni e si
china a baciare il petto del figlio risorto. A mezzogiorno in punto, fra ali di folla acclamanti,
spari di bombe e campane a festa, alla Madonna, non appena "scorge" in lontananza
Ges Risorto, viene fatto cadere il manto nero che la ricopre, lasciando cos scoperto il
suo vestito azzurro; contemporaneamente vengono liberate in volo una decina di colombe
bianche, nascoste in precedenza nel basamento del simulacro della Madonna.

Festa del Patrono San Giorgio, il 23 aprile se cade di domenica, oppure la prima
domenica successiva alla data (nel 2011 eccezionalmente i festeggiamenti hanno avuto
luogo l'8 di maggio): il simulacro raffigurante il Santo Cavaliere che uccide il drago, viene
portato a spalle lungo tutto il centro storico della citt, prima a Modica Alta, poi a Modica
Bassa, a partire dal primo pomeriggio, per finire con i giri festanti all'interno del Duomo
dalle 23.00 circa.
Eurochocolate - ChocoBarocco: si svolge preferibilmente in primavera ed ha gi celebrato
sei edizioni. L'evento rappresenta l'occasione giusta per visitare la citt partecipando a
tour guidati, e per degustare tutte le specialit dolciarie locali. In occasione della Kermesse
del cioccolato di Modica si svolgono una serie di convegni ed eventi incentrati sul cacao,
sulla tipica cioccolata modicana e sui prodotti dolciari per i quali Modica rinomata. Il
dolce appuntamento per il 2010 si svolto nei giorni dal 3 all'8 dicembre, (Choco Notte il
4 dicembre), e la versione di quest'anno, cos come quella del 2009, non ha pi avuto il
marchio perugino, ma piuttosto, col nome di ChocoBarocco, stata un'edizione
organizzata in maniera autonoma dai maestri cioccolattieri modicani, riuniti in un
Consorzio per la tutela e la promozione del prodotto, ricchi dell'esperienza degli anni
passati, ed animati solo dalla passione per la propria arte dolciaria. L'edizione del 2011,
che si tenuta dal 28 ottobre al 1 novembre, era inserita fra le manifestazioni turistiche di
rilevanza nazionale della Regione Siciliana.
"Nel solco della tradizione": dal 2008, in occasione di ricorrenze tipicamente legate al
mondo dei bambini (i Morticini, il Natale, il Carnevale), si organizzano eventi per i pi
piccoli che coinvolgono scuole e istituzioni di tutta la citt. La supervisione delle iniziative
affidata a Marcella Fragapane, direttrice del Festival internazionale delle Ombre di Staggia
Senese.
Settimana Quasimodiana: puntualmente come dal 1996 in poi ogni anno, nella settimana
a cavallo del 20 agosto 2011 si terranno le varie rappresentazioni culturali che ricordano,
nell'anniversario della sua morte (20 agosto), il poeta Salvatore Quasimodo, che a Modica
ebbe i natali. Il programma prevede tutte le sere visite guidate ai Musei ed alla Casa
natale, mentre il clou la Notte della Poesia il 20 agosto. A Modica stato istituito ed
opera un Parco Nazionale Letterario[27], dedicato al Poeta.
Sagra del carrubo, a Frigintini in settembre o ottobre: si degustano tutte le specialit a
base di carrube: lolli (cavatelli cotti in sciroppo di carrube e ricoperti con mandorla tritata
abbrustolita), gelo, biscotti e caramelle.
Presepe Vivente: durante le festivit di Natale, un Presepe Vivente viene rappresentato
lungo i vicoletti e le scalinate di uno degli antichi quartieri del centro storico della citt,
oppure, a volte, fuori citt, nella zona archeologica di Cava Ispica, nella suggestiva
ambientazione delle grotte scavate dall'uomo nel corso dei secoli. L'edizione 2007 stata
ambientata nei bassi e negli anfratti rocciosi su cui poggiano i resti del Castello dei Conti.
L'edizione 2009 si svolta nel caratteristico parco urbano di San Giuseppe Timpuni di
recente realizzazione.
SCICLI
Manifestazioni[modifica | modifica sorgente]
Festa delle Milizie: i festeggiamenti, che hanno inizio ogni anno, a fine maggio, durano
una settimana. Il momento pi significativo della festa la rappresentazione teatrale, il
sabato, di una "moresca" a ricordo di una battaglia avvenuta nel 1091 per la liberazione
della Sicilia dal dominio saraceno; nella rappresentazione, che si tiene ogni anno da
tempo immemorabile, si fronteggiano i turchi (i Saraceni) capeggiati dall'Emiro Belcane e i
Cristiani (i Normanni) guidati dal Gran Conte Ruggero d'Altavilla. Nella rappresentazione,

vengono ricreati gli ambienti suggestivi della lotta e attori popolari con abiti d'epoca e armi,
recitano sulle strade ripercorrendo i momenti pi importanti della battaglia, che si conclude
con l'intervento miracoloso della Vergine Maria (detta "delle Milizie" o "dei Milici"), che,
scesa dal Cielo in groppa ad un Bianco Cavallo, libera la citt dall'assedio straniero. La
tradizione vuole che Maria Santissima delle Milizie rappresenti l'Addolorata, molto
venerata dagli sciclitani, cui sono anche dedicate due processioni e due culti (nella Chiesa
di Santa Maria La Nova e nella chiesa di San Bartolomeo).
Il Gioia: al culmine della Settimana Santa, il giorno di Pasqua viene festeggiata la
Resurrezione di Cristo, detto l'Uomo Vivo, al grido di "Gioia", da cui per antonomasia il
Gioia (con l'articolo al maschile). La statua lignea del Cristo, opera settecentesca attribuita
a Civiletti e custodita nella Chiesa di Santa Maria La Nova, viene portata in processione
per le vie della citt e fatta ondeggiare e ballare in segno di gioia per tutto il giorno sino a
tarda ora. Di recente il cantautore Vinicio Capossela ha dedicato una delle sue canzoni a
questa caratteristica festa.
La Cavalcata di San Giuseppe: il sabato precedente il 19 marzo (o quello successivo)
dalla Chiesa di San Giuseppe parte una processione di cavalli e cavalieri per le vie della
citt di Scicli. Figuranti che rappresentano San Giuseppe e la Vergine Maria guidano il
corteo che passa nei vari quartieri in cui vengono allestiti dei fal, dei fuochi
detti Pagghiari, dove i cavalieri e la gente che segue la cavalcata accende dei fasci di
stoppie dette ciaccre. I cavalli sono bardati con manti di violaciocche, dette blicu, e gigli
selvatici (spatulidda) composti a modo (nelle settimane precedenti) per rappresentare
scene religiose o simboli della citt (leone rampante, stemma, San Giuseppe, Ges, la
croce...). Campanacci, sonagli, testiere, ed altri ornamenti completano le bardature.
Il 19 marzo la stessa processione si fonde a quella religiosa di San Giuseppe. La
rappresentazione vuole ricordare la fuga in Egitto di Giuseppe e Maria, dopo l'editto di
Erode. La sera del sabato della Cavalcata nel sagrato della chiesa di San Giuseppe si
svolge una Cena per raccogliere offerte per la parrocchia e i poveri, e i cavalli e cavalieri
della Cavalcata presenziano alla Cena, alla fine della quale verranno premiati i migliori
manti infiorati.
Sagra della seppia si svolge a Donnalucata nel fine settimana che precede il 19 marzo in
occasione dei festeggiamenti di San Giuseppe. Lungo la via Pirandello sono allestiti gli
stands che propongono specialit a base di seppie pescate al largo di Donnalucata e
cucinate secondo la tradizione locale.
Al termine della sfilata, chiamata "la Cavalcata" si celebra il concorso con la premiazione
per la bardatura migliore.
Marzo Mese Della Cultura: da qualche anno a questa parte stato istituito il Marzo A
Scicli, Mese Della Cultura, che prevede un cartello fitto di eventi che variano dall'arte con
mostre, estemporanee di pittura, al cinema con cineforum organizzati dalle associazioni
culturali, al folklore con le feste di primavera (La cavalcata di San Giuseppe di Scicli e
Donnalucata), e vari altri appuntamenti di tipo culturale.
Sagra del Pomodoro o festa del grappolino a Sampieri: festa del pomodoro a grappolo di
produzione locale, il 1 maggio. Oltre al pomodoro spazio viene dedicato agli altri prodotti
orticoli e ai formaggi. In occasione della sagra viene anche allestita una fiera
dell'artigianato a cui prendono parte numerose aziende provenienti da tutta Italia.
Basole Di Luce festival: si tiene nel mese di agosto. Il suo nome vuole magnificare la luce
riflessa sulle basole delle vie del centro storico, diventato patrimonio dell'umanit da
quando l'Unesco ha inserito Scicli bella World Heritage List. Basole di Luce Festival
prevede una serie di manifestazioni di carattere culturale, con spettacoli musicali, teatrali e
di intrattenimento incentrati sul confronto tra le etnie e i popoli.
Carnaluvaru ra Stratanova: il Carnevale da anni viene festeggiato in Corso Umberto,

detto dagli scilitani "A Stratanova" (la strada nuova) e si svolge con manifestazioni,
sketches in maschera, sfilate e carri allegorici.
Natale a Scicli: nel quartiere storico di Scicli, la Cavuzza Di San Guglielmo si svolge il
tradizionale presepe vivente, immerso in una vallata con una fitta vegetazione di fichi
d'India.
MEZZOJUSO
Mastro di Campo[modifica | modifica sorgente]
Si svolge ogni anno, nell'ultima domenica di Carnevale, "Il Mastro di Campo", nella
pubblica piazza. Si tratta della festa pi importante per Mezzojuso, di una rara
permanenza su quelle antiche rappresentazioni in forma pantomimica, che si usavano
svolgere nelle piazze. Di questa pantomima tratt gi nel XVIII secolo, il Villabianca, ma la
inquadra a Palermo, presso gli antichi quartieri del centro storico della citt, si presume
siano la Kalsa o l'Albergaria, dove era nota come Atto di Castello.
Il Mastro di campo posto alla testa di una piccola armata, deve marciare verso il castello e
prendere con s la Regina. Mentre il Re si prepara alla difesa, e le truppe si combattono
tra loro, il Mastro di Campo, inerpicato su di una scala deve tentare il rapimento della
Regina, ma viene respinto dalle guardie che lo fanno cadere gi. A Mezzojuso, questa
antica tradizione presenta caratteristiche per certi versi analoghe a quelle dell'antica
pantomima di Palermo, ma arricchita da elementi propri della tradizione locale. Appare
infatti un figurante col volto coperto da una maschera rossa, che cerca di conquistare la
sua amata regina, arroccata nel castello. Egli infine riesce a conquistare la sua amata.
La pantomima trae origine da un fatto veramente accaduto nel '400, quando la vedova di
Martino il Giovane, Bianca di Navarra, rifiut di cedere la reggenza dell'isola a Bernardo
Cabrera, conte di Modica e gran giustiziere del Regno. Bernardo Cabrera, diede quindi
l'assalto al castello di Solanto, presso Palermo, dove si era rifugiata la regina. Il racconto
tratto dal fatto storico, da cui trae origine la pantomima del "Mastro di Campo" avrebbe
quindi nel tempo subito delle sostanziali modificazioni dettate dalla fantasia, che avrebbero
portato la bella Regina ad essere innamorata del Mastro di Campo. In realt Bianca di
Navarra, non voleva proprio sapere nulla di cedere alle lusinghe del Cabrera.
L'evento si svolge nella pubblica piazza cittadina con la partecipazione di numerosi
figuranti, molto atteso da tutta la cittadinanza, ed rappresentato sin dal XVII secolo. Si
tramanda oralmente e propone dei personaggi abbigliati con costumi spagnoleggianti
siciliani. Nel corso dei secoli, l'evento ha subito delle modifiche, come quelle relative
all'intervento del personaggio storico "Giuseppe Garibaldi" e di alcuni suoi uomini
garibaldini. Sembra che questa particolare innovazione abbia avuto origine alla fine
dell'800, quando apparve un figurante vestito appunto da Garibaldi. Tale evento scosse lo
spirito patriottico degli spettatori, che applaudirono tanto fragorosamente alla novit, da far
s che nelle edizioni successive si riproponesse sempre la figura del condottiero dei due
mondi, Garibaldi. La partecipazione dell'eroe nazionale, e dei suoi uomini, molto attiva: i
garibaldini ingaggiano una bella battaglia con le guardie saracene del castello. Altri
caratteristici personaggi di tale pantomima sono gli alleati del Mastro di Campo, i briganti
ed i guerriglieri che vogliono sovvertire l'ordine rappresentato dalla Corte del Re ed il
"Diavolo Pecoraio", un figurante rivestito di pelli di pecora che rappresenta il reale
avversario dell'eroe della pantomima. Nonostante le modificazioni suesposte, c' da dire
che i caratteri dei protagonisti sono pressoch identici a quelli delle rappresentazioni
originali, e il Mastro di Campo continua ad essere rappresentato come una figura
grottesca, irreale, mentre la regina come una donna dolce e mite. Alla fine tutte le

maschere scendono dal palco adibito a Castello e si cominciano a diffondere le note


martellanti delle danze della Tubiana, che si rifanno ad un antico ballo di Carnevale,
tipicamente siciliano.
SAN FRATELLO (ME)

Tradizioni e folclore[modifica | modifica sorgente]

Due "Giudei"

"Giudeo"
Tradizione in ricorrenza della Settimana Santa: Festa dei Giudei
una manifestazione folkloristica della settimana pasquale caratterizzata da gruppi di
persone che scorrazzano per il borgo suonando trombe ed indossando un costume
carnevalesco detto appunto da "Giudeo". In accordo con la tradizioneantisemita, il nome
dei "Giudei", ovvero il popolo accusato per secoli di "deicidio", viene trasposto ad una
sorta di demoni allegri e chiassosi, quanto il loro coloratissimo costume e la musica dei
loro ottoni. Ignari dell'origine del termine, si esibiscono in una costosissima uniforme di
foggia ottocentesca di colore giallo e rosso, ricamata di perline, con elmo e spalline dorate.
Il volto coperto da cappuccio caratterizzato da una lunga lingua di stoffa con una croce
ricamata sulla punta, in riferimento al carattere menzognero diabolico. Essi infatti si
immedesimano nei personaggi in una trasgressione che irride al carattere sacro ed
austero della Passione, disturbando addirittura con le loro trombe messe e processioni. I
"Giudei" frequentano bar, osterie e case facendosi offrire dolciumi e vino, i quali a loro
volta lo trovano di buon auspicio.
10 maggio
una tradizione che sembra avere origini medioevali risalenti agli anni di beatificazione e
santizzazione dei santi patroni Alfio, Filadelfio e Cirino. La tradizione consiste in una
cavalcata dal paese fino al Monte San Fratello, meglio conosciuto come Monte Vecchio;
per la cavalcata vengono per la maggior parte utilizzati i cavalli sanfratellani.

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