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MANUALE DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

Parte Prima – primi riferimenti per l'analisi organizzativa

1. L'organizzazione come parte dell'azienda, come attività, come teoria

1.1 Tre significati di organizzazione


_ Da sempre gli uomini hanno affron2tato il problema di distribuire fra più persone una serie di compiti e di
coordinarne lo svolgimento, per realizzare scopi di ordine economico, militare, religioso, nell'ambito di
aggregati sociali ben definiti. L'etimologia stessa di organizzazione, che rimanda al latino organum ne riflette
la visione come strumento, come potenzialmente artificiale della capacità operativa del singolo , e nello
stesso tempo riflette anche un'analogia rispetto agli organismi viventi.
_Con la rivoluzione industriale, la forza dell'organizzare, intesa come capacità di combinare in modo creativo
risorse diverse generando ricchezza e valore, emerge come potente leva di trasformazione economica e
sociale. Nel contesto dell'industria, le parti si associano e pongono le basi per raccogliere i frutti di tutto il
sapere accumulato dagli uomini.
_ Nell'ambito di un approccio interessato soprattutto agli aspetti aziendali, tra i tanti significati possibili, è
utile considerare in particolare i tre seguenti:
1. assetto organizzativo e quindi componente, o parte, dell'azienda
2. specifica attività o funzione, rivolta a costruire, realizzare o modificare l'assetto organizzativo di
un'azienda
3. riferimento teorico e concettuale che orienta l'intervento sull'organizzazione e quindi la funzione o
attività che consiste nell'organizzazione
→ la teoria dell'organizzazione (3) orienta gli interven) e le azioni (2) rivol) a costruire o modificare un
determinato assetto organizzativo (1).

1.2 L'assetto organizzativo e i suoi elementi di base


_ L'assetto organizzativo è una delle componenti primarie dell'azienda e trova quindi riscontro in ciascuna
delle fondamentali tipologie di soggetti aziendali (imprese, amministrazioni pubbliche, organismi non
profit), anche se con modalità peculiari:
− le imprese perseguono finalità e interessi individuali e particolari producendo redditi alimentati da
ricavi derivanti dalla vendita di prodotti e servizi nei mercati
− le amministrazioni pubbliche perseguono finalità collettive e sociali sostenute da tributi imposti in
modo coattivo
− gli organismi non profit perseguono finalità collettive o di rilevanza sociale attraverso contributi
volontariamente concessi dai soggetti aderenti o partecipanti
_ Ogni azienda a bisogno, per funzionare e conseguire i propri fini, di utilizzare il lavoro di persone e di
mettere in atto un assetto organizzativo mediante il quale si realizza la divisione dei compiti, l0attribuzione
di ruoli operativi e il coordinamento dei suoi interventi.
→ l'organizzazione è parte della risorse fondamentali che consentono lo svolgimento della combinazione
economica dell'azienda (=dei processi operativi che ne caratterizzano il funzionamento), insieme al
patrimonio, al personale e alla dotazione tecnologica. Come questo elementi l'assetto organizzativo si
colloca nell'ambito di un sistema di rapporti definito e strutturato tra i soggetti di cui l'azienda è
espressione.
_ L'assetto organizzativo è parte del più generale assetto istituzionale che include, inoltre, la più complessiva
struttura proprietaria dell'azienda ed elementi che riguardano il ruolo giocato dai prestatori di lavoro, dai
finanziatori, clienti, fornitori, dagli enti della pubblica amministrazione → l'asse.o is)tuzionale comprende i
meccanismi che regolano le relazioni di influenza e di potere che coinvolgono tutti questi soggetti e i loro
rispettivi contributi e ricompense: per queste sue caratteristiche esso interagisce fortemente con
l'organizzazione dell'azienda.
_ L'assetto organizzativo risulta dal combinarsi delle scelte che riguardano:

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• la struttura organizzativa = modalità di distribuzione dei compiti e delle responsabilità tra i vari
organi o unità operative
• i sistemi operativi = meccanismi che regolano l'assegnazione ai vari organi aziendali i obiettivi e
risorse, reclutamento, retribuzione e carriera personale
_ Nonostante gli assetti organizzativi delle aziende si presentino con una grande varietà di caratteristiche, si
ritrovano in generale presenti cinque elementi fondamentali che si riconoscono per il peculiare ruolo che
svolgono nel funzionamento del sistema:
− vertice strategico = comprende organi e figure responsabili del governo economico e quindi dei
risultati globali dell'azienda: esercitano rappresentanza esterna e leadership complessiva, decidono
la strategia, allocano le risorse principali e sono il punto di riferimento per i manager intermedi →
CDA, comitati di direzione, AD e direttore generale nelle aziende private
− nucleo operativo di base = o nucleo tecnico, è dedicato alle attività primarie di produzione, vendita
e assistenza attraverso cui si genera il valore per i destinatari di beni e servizi offerti dall'impresa.
Nelle organizzazioni non profit esso corrisponde alle scopi istituzionali della stessa
− linea di direzione intermedia = comprende i manager che collegano il nucleo operativo di base al
vertice strategico. Essi traducono le finalità generali in obiettivi specifici e garantiscono la
supervisione dell'ordinario funzionamento aziendale, la raccolta e la trasmissione di informazioni
− tecnostruttura = comprende organi e addetti responsabili delle funzioni di analisi, controllo e
standardizzazione che regolano il funzionamento aziendale (controllo sul processo) → essa affianca
la gerarchia manageriale offrendole specifici strumenti di programmazione, controllo e regolazione
del funzionamento aziendale
− servizi di supporto = costituiti da unità di operatori che svolgono attività non direttamente connesse
al nucleo operativo ma che ne facilitano e assistono il funzionamento (ufficio legale, mensa,
vigilanza, pulizia ecc...) → insieme alla tecnostruttura agevola l'ottimale svolgimento delle attività
primarie (nucleo operativo) ma che non fanno parte di queste ne dell'attività manageriale

1.3 Attività e funzione di organizzazione


_ Nel secondo dei significati prospettati, organizzazione identifica un'attività che ha contenuto organizzativo
e che determina l'assetto o la forma organizzativa di cui un azienda si dota.
_ Questa attività consiste nell'insieme degli interventi e delle azioni rivolti a costruire e modificare l'assetto
organizzativo delle aziende al fine di massimizzarne l'efficienza.
Si tratta principalmente di un'attività di problem solving che si esprime nelle tipiche fasi di:
− analisi dei problemi organizzativi
− progettazione di strutture e meccanismi operativi, a livello sia generale di azienda che di contesti
più circoscritti alla stessa
− manutenzione degli assetti in atto
− governo dei processi di cambiamento
Attività e funzione di organizzazione riguardano, oltre a questi, anche la politica e gestione del personale e
l'impostazione di sistemi informativi aziendali attraverso l'information and communication technology (ICT)
_ → la funzione di organizzazione è così scomponibile in tre sotto-funzioni:
− organizzazione (in senso stretto)
− personale (e relazioni sindacali)
− impostazione e gestione dell'ICT
_ La complessità della funzione è tale da attivare in materia una pluralità di soggetti professionali e quindi di
prerogative e competenze attribuite a diversi ruoli come:
− alta direzione (vertice strategico) = ha la responsabilità complessiva delle decisioni che riguardano
l'impostazione, la messa in atto e la modifica del disegno organizzativo aziendale. Nelle piccole
imprese, anche le scelte organizzative sono preparate e realizzate da questa figura
− manager di linea = a loro fa diretto riferimento il personale impegnato nelle fondamentali attività di
gestione caratteristica ed essi sono dotati di risorse informative e decisionali importanti per
intervenire sull'organizzazione del lavoro, compiti e mansioni, flussi informativi, meccanismi di

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gestione del personale e relazioni sindacali hanno notevole rilievo nelle fasi di analisi dei problemi e
di gestione dei processi di cambiamento
− organi specialistici di organizzazione = vengono istituiti nelle aziende complesse che hanno
l'esigenza di operare sistematicamente sulle variabili organizzative, mantenendole
continuativamente sotto controllo. Più diffusa, anche in aziende non molto complesse, è la presenza
di unità per la gestione del personale, data la notevole estensione dei processi gestionali inerenti
alle risorse umane. Questi organi agiscono a supporto del management, elaborando analisi e
progetti, sviluppando la parte più tecnica relativa gli interventi sull'organizzazione: in questo senso,
unità e organi di questo tipo si configurano come tecnostruttura, ad indicare la loro valenza di
regolatori del funzionamento aziendale (esempio: amministrazione del personale). Attività analoghe
possono comunque essere svolte da consulenti esterni, professionisti specializzati in metodologie e
tecniche organizzative.
[Per un approfondimento ulteriore dei ruoli organizzativi, si rinvia alla parte quinta del libro]

1.4 Teorie e visioni dell'organizzazione


_ L'attività di organizzazione appena considerata non costituisce un momento progettuale isolabile dal fluire
continuo di decisioni e di azioni. Da questa continua attività di problem solving deriva l'assetto organizzativo
che un'azienda concretamente assume.
_ Ma tutto ciò viene potentemente influenzato dalle concezioni e dalle visioni dell'azienda e della stessa
organizzazione di cui questi stesse soggetti sono più o meno consapevolmente portatori.
_ Esistono diverse visioni di fondo, diverse teorie e diversi concetti che esprimono modi anche radicalmente
diversi di concepire e interpretare i fenomeni organizzativi: essi sono frutto dell'esperienza e della
riflessione e portano il segno di diversi paradigmi maturati nell'ambito delle scienze sociali ed anche quello
dei percorsi evolutivi compiuti dalle aziende nell'ambito dei vari contesti spaziali e temporali.
_ Diviene quindi importante avere consapevolezza delle principali correnti d pensiero, o dei fondamentali
paradigmi d riferimento in materia di organizzazione.

2. Le teorie dell'organizzazione

2.1 Visioni e immagini dell'organizzazione


_ E' utile a questo punto prendere in considerazione l'influsso delle diverse teorie e visioni
dell'organizzazione sullo sviluppo della prassi e degli interventi nelle aziende.
_ L'analisi delle teorie dell'organizzazione dimostra come nel tempo si siano sviluppate molteplici e
concorrenti modalità di concepire l'organizzazione: sono soprattutto le due concezioni dell'organizzazione
come macchina e come organismo vivente a segnare, anche attraverso la loro contrapposizione,
l'evoluzione del pensiero organizzativo sia a livello degli studi e della ricerca, che a quello di intervento nelle
aziende.

2.2 L'organizzazione come macchina: il paradigma classico


_ L'organizzazione ha assunto un ruolo come disciplina scientifica e come fonte di indicazioni per la prassi
nelle aziende, offrendo prima di tutto un contributo all'efficienza dei processi produttivi e amministrativi e
promuovendo un pieno conseguimento dei vantaggi derivanti dalla divisione del lavoro.
_ Nell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento i criteri di efficiente organizzazione del lavoro si sono
affermati parallelamente agli sviluppi dell'industria e ai grandi incrementi di produttività derivanti dalla
meccanizzazione dei processi.
_ In questo contesto è naturale che la macchina sia il riferimento concettuale di fondo anche delle teorie
organizzative: ricondurre l'impiego del lavoro umano a sequenze di attività preordinate e programmate in
modo da massimizzare il rendimento è stata la leva fondamentale della nascita di sistemi industriali
spettacolari e guadagni di efficienza, produttività, affidabilità dei risultati.
_ Il paradigma meccanico dell'organizzazione si è costruito e consolidato su tre presupposti:
1. metafora di riferimento che riconduce alla razionalità ed efficienza della macchina industriale

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2. l'organizzazione ha confini netti e ben presidiati, sia rispetto alla realtà esterna, sia al suo stesso
interno: le componenti/unità si sviluppano in linea verticale (gerarchia) e orizzontale (articolazione
di funzioni e di compiti ben precisi)
3. le condizioni di stabilità, sicurezza, e ripetitività sono i fattori fondamentali per l'efficienza dei
processi produttivi
_ A questo comune orizzonte di riferimento si possono ricondurre i contributi di Taylor e Weber, basi per i
successivi sviluppi delle teorie organizzative.

Taylor e l'organizzazione scientifica del lavoro


_ Taylor (1856 – 1915), ingegnere americano, fu il promotore della organizzazione scientifica del lavoro o
scientific management. Il taylorismo si diffuse e continuò anche dopo la sua morte ed aumentò il suo
impatto grazie all'azione di Henry Ford, che fece dell'innovazione organizzativa taylorista una delle leve
fondamentali di espansione della sua impresa automobilistica (il ''fordismo'' diventò lo sviluppo naturale del
taylorismo).
_ Il principio fondamentale dell'organizzazione scientifica del lavoro consiste nella ricerca di
massimizzazione dell'efficienza produttiva attraverso a una molto accentuata divisione del lavoro,
pianificata attraverso uno studio attento e analitico delle operazioni elementari dei lavoratori, dei tempi di
svolgimento e dei metodi e strumenti impiegati.
_ → l'organizzazione scien)fica comporta quindi una scissione tra l'attività di coloro che progettano e
definiscono l'organizzazione del lavoro (tempi e metodi) e quella degli operai che sono chiamati ad adattarsi
il più attentamente possibile alle istruzioni ricevute.
_ Il taylorismo si impernia anche su un determinato ragionamento economico e, in qualche misura, sociale:
le imprese che adottano correttamente i nuovi metodi dispongono di un vantaggio competitivo (come si
direbbe oggi) e possono quindi conseguire migliori risultati economici in seguito a risparmi di costi e
realizzazione di produzioni tecnicamente più valide. Inoltre, se queste imprese destineranno una quota di
queste risorse all'incremento dei salari, si realizzerà un circolo virtuoso che vedrà gli operai sempre più
convinti del loro interesse a conformarsi alle prescrizioni dell'organizzazione scientifica e quest'ultima
sempre più legittimata dai suoi protagonisti, imprenditori, azionisti, manager, lavoratori, come fonte di
sviluppo e benessere diffuso.
_ Ciò che determinò in parte il grande successo pratico dello scientific management fu anche la nascita di un
nuovo ceto di tecnici e specialisti che cominciavano ad animare, in quegli anni, quella parte del sistema
organizzativo che prima abbiamo definito come tecnostruttura. Questi si presentavano alle aziende come
portatori di criteri scientifici autonomi rispetto al potere aziendale ed ambivano ad agire anche come
risolutori dei conflitti industriali, mediando tra gli interessi del capitale e quelli del lavoro, altrimenti
destinati a confliggere.

Weber e il modello della burocrazia


_ Weber (1864 – 1920), sociologo e politologo tedesco, ha assunto un ruolo di riferimento per il secondo
filone che confluisce nel paradigma classico e che si può identificare con la configurazione del modello, o
idealtipo, della burocrazia.
_ La sua riflessione è contemporanea a quella di Taylor ma vi si differenzia per diversi aspetti:
− matura nel contesto della nascente scienza sociale europea, non dell'industria americana
− non comprende un'analisi secondo canoni positivistici delle situazioni organizzative, ma mira a
realizzare tipi ideali, o puri – derivati dall'osservazione di fenomeni storici attraverso un processo di
astrazione – e la loro seguente proposizione come modelli di riferimento per la conoscenza della
realtà e per l'azione
− l'ambito di applicazione, così, può estendersi all'organizzazione degli apparati amministrativi, degli
stati, delle istituzioni e delle stesse imprese: non rimane quindi limitato alla sola industria.
_ Per Weber, la burocrazia è un tipo ideale di organizzazione, una forma razionale per l'esercizio di
un'autorità legalmente legittimata, che consegue gli obiettivi per cui è posta attraverso la corretta
individuazione di particolari sottoinsiemi chiamati ''uffici''. Le qualità fondamentali (/principi) del modello
burocratico di organizzazione, quindi, sono:

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− la spersonalizzazione → la competenza di decidere e agire è affidata ad uffici e posizioni, non alle
persone in quanto tali; in questo modo si liberano le organizzazioni dall'uso personalistico e
arbitrario del potere e dai problemi inerenti il patrimonio personale e le risorse organizzative, che
caratterizzavano le istituzioni politiche e produttive
− l'orientamento strumentale ai fini → si ci aspetta che ogni assetto burocratico risponda
lealmente e prontamente agli scopi ufficiali definiti nell'ambito istituzionale pertinente
− la specializzazione → comporta la suddivisione e attribuzione di compiti e responsabilità in base a
requisiti di competenza e capacità professionale (concetto che richiama la spinta alla divisione del
lavoro propria del taylorismo)
− la gerarchia → esistenza di un ordine gerarchico tra uffici che equilibra il criterio di specializzazione
in modo da combinare la ricerca di razionalità con l'esigenza di mantenere il controllo d'insieme
senza frammentare eccessivamente la responsabilità
− la formalizzazione → la condotta degli uffici si deve fondare su documenti formali da conservare a
testimonianza dell'azione svolta dalle amministrazioni
− l'oggettività, neutralità, trasparenza → sono criteri che escludono concessioni all'arbitrarietà dei
singoli, ma che prevedono che le azioni si ispirino a regole generali (oggettività e conformità): il
funzionario deve trattare tutti secondo le stesse regole (neutralità) e tutti devono poter conoscere
le regole generali che ispirano la burocrazia (trasparenza)
→ anche in questa visione sono presen) i traI o analogie di una metafora di )po meccanico, ma sono
presentati in tutt'altro modo rispetto a Taylor.

2.3 La critica del paradigma classico


_ Il paradigma meccanico ha costituito per lungo tempo la visione dominante dei fenomeni organizzativi e
mantiene ancora oggi una notevole presa.
_ Tuttavia i suoi limiti furono ben presto evidenti a una serie di studiosi che svilupparono alcune critiche
verso di esso, riferibili al movimento statunitense delle human relations (anni '20) e agli studi sociologici sui
limiti della burocrazia.
Elton Mayo fu il maggior rappresentante del movimento delle risorse umane - nato in America negli
anni '20 a seguito di esperimenti ed interventi condotti nelle imprese – che presenta diversi assunti assunti
fondamentali:
1. elevati livelli di produttività sono correlati e causati dagli elevati livelli di soddisfazione personale
2. la maggior parte dei conflitti si può essere risolta in modo efficace attraverso la comunicazione tra
le parti
3. un lavoro più interessante, meno specializzato, più ricco di responsabilità e autonomia produce
maggior soddisfazione e maggior produttività
Il limite di questa impostazione stava nell'assumere che autonomia, responsabilità e impegno fossero
preferibili e preferibili in ogni contesto sociale, ma le human relations scalfirono per prime le rigidità per
taylorismo.
Altrettanto rilievo ebbero le considerazioni sulla burocrazia portate avanti da sociologi come Merton
che, partendo dall'analisi empirica di situazioni organizzative, constatarono che l'applicazione puntuale dei
canoni del modello burocratico non sempre sortiva gli effetti positivi che la teoria di Weber sembrava
garantire. Emersero, in questo modo, le disfunzioni e gli effetti non voluti e non previsti dalla burocrazia –
trasposizione dei fini, influenza di interessi particolari e inerzia, incompletezza intrinseca delle regole formali
-.
_ Inoltre, fino a che il modo di concepire l'organizzazione rimane all'interno della logica meccanica, le
conseguenze previste e quelle non previste hanno l'effetto di rafforzare le caratteristiche inerenti a modello,
vedendo creare un circolo vizioso che la blocca.
[vedi fig.24]
_ La concezione di assetto organizzativo come ''macchina'' induce a ricercare l'equità e l'affidabilità del
funzionamento delle istituzioni attraverso la formalizzazione di procedure. Questo, da un lato, risponde
all'esigenza dei funzionari di giustificare il proprio operato di fronte a possibili contestazioni e, dall'altro, la

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codificazione di regolamenti e procedure formali come strumento di modifica dell'organizzazione finisce per
rendere rigido il comportamento dei funzionari stessi.
→ da tu.o questo derivano livelli bassi (o comunque calan)) di funzionalità, risposta ai bisogni,
soddisfazione di istanze sociali e degli utenti, insieme al cumularsi di problemi irrisolti. È proprio
l'insoddisfazione dei destinatari dei servizi che finisce per rilanciare l'originaria istanza di controllo della
situazione mediante strumenti formali come regolamenti e procedure.
_ Sintetizzando, le difficoltà e i limiti della visione dell'organizzazione come macchina:
− danno luogo a forme organizzative che incontrano resistenza quando si tratta di adattarsi ad un
ambiente mutevole
− favoriscono lo sviluppo di comportamenti rituali e chiudi all'interazione
− sono esposti ad essetti non previsti e indesiderati
− comportano effetti disumanizzanti sui dipendenti

2.4 L'organizzazione come organismo vivente e come sistema


_ La critica al modello meccanico non ha prodotto immediatamente un modello concettuale alternativo, ma
ha aperto una prospettiva di ricerca in questo senso.
_ È emersa in questo modo una visione dell'organizzazione che si è contrapposta a quella meccanica, ed è
riconducibile all'immagine/metafora dell'organismo vivente.
Sono numerosi e molto articolati i filoni che si rifanno a questa prospettiva e tra gli altri possiamo
riferirci a: le teorie sulla motivazione e lo stile di direzione; l'approccio del sistema socio-tecnico, la
concezione dell'organizzazione come sistema aperto.
_ Un primo passo verso la concezione di organizzazione come organismo vivente è avvento sviluppando i
concetti ereditati dalle human relations, affermandosi così l'idea che si dovesse cercare di integrare i bisogni
degli individui con le esigenze organizzative derivanti dagli obiettivi aziendali e dai fattori tecnologici.
Si è prodotta, in seguito, l'analisi dell'organizzazione come sistema socio-tecnico: l'aspetto tecnico e
quello umano sono strettamente interdipendenti, e si influenzano sempre e reciprocamente. Ogni
intervento sull'organizzazione deve basarsi, quindi, su un'analisi contestuale e sistemica dei due ordini di
fenomeni.
Da questa consapevolezza si è passati poi alla teoria del sistema aperto: le organizzazioni, al pari
degli organismi, sono aperte al loro ambiente di riferimento e se vogliono sopravvivere devono stabilire con
esso un rapporto adeguato di interazione e interdipendenza reciproca.
→ per le due cara.eris)che e la sua stessa origine, il modello organico si contrappone a quello meccanico:
− modello meccanico → ne.a separazione di compi) e funzioni tra unità e marcata formalizzazione di
compiti, pratiche di lavoro, responsabilità; importanza rilevante alla gerarchia e prevalenza di
relazione gerarchica verticali e di metodi autoritari di comando e coordinamento; norme e regole di
obbedienza ai superiori; livelli di status e di autorità determinati dalla posizione e dal rango occupati
nella struttura formalizzata.
− modello organico → visione dinamica dei compiti, scarsa formalizzazione delle variabili
organizzative e concetto di responsabilità diffusa; importanza della gerarchia in quanto sede di
competenze e informazioni, e intense relazioni orizzontali; stile di direzione partecipativo; livelli di
status definiti dall'autorevolezza professionale e dai contributi forniti a prescindere dalle qualifiche
e posizioni formalizzate.

2.5 L'approccio contingente


_ L'affermazione della visione organica ha fatto sì che ci si rendesse conto del fatto che non esiste un unico e
migliore modo in assoluto per risolvere i problemi organizzativi delle aziende, e che quindi sono possibili
approcci differenti da confrontare.
_ Si è fatto strada il tentativo di operare una sintesi tra gli apporti conoscitivi sviluppati dalla teoria
meccanica e dalla teoria organica. Da questo ambito di studio derivano le ''teorie contingenti'' (anni '60),
secondo le quali la contrapposizione tra i due paradigmi è troppo accentuata, e che entrambi possono
trovare applicazione in quei casi e situazioni che presentano caratteristiche coerenti con i loro assunti di

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fondo.
_ Nella prospettiva contingente l'efficienza dell'impresa dipende dalla coerenza e consonanza tra
configurazione dell'ambiente e configurazione organizzativa, poiché il grado di cambiamento e complessità
ambientale influenza il disegno della struttura organizzativa e dei meccanismi di controllo e coordinamento
→ le imprese efficien) si ada.ano all'ambiente rispondendo con l'organizzazione ai requisi) posti sia dal
clima competitivo che da quello dei rapporti con le forze rilevanti per la loro riuscita e sopravvivenza.
Notevole rilievo si attribuisce, in particolare, alla correlazione diretta tra grado di incertezza ambientale e
grado di flessibilità della struttura organizzativa.
_ È propria di questa corrente di studi una più precisa caratterizzazione dell'ambiente, attraverso la
distinzione tra general environment e task environment. Quest'ultimo è costituito dalle forze ambientali
specifiche che hanno influenza sul processo decisionale d'impresa e che sono al di fuori della sua capacità di
controllo diretto; vi sono inclusi anche fattori almeno parzialmente sotto il controllo dell'azienda o che sono
aspetti della sua gestione, come le tecnologie adottate e le caratteristiche tecniche dello svolgimento dei
compiti.
_ La tecnologia, in particolare, svolge un ruolo rilevante nelle analisi che seguono l'approccio contingente.
Importante in questo senso è l'analisi di Perrow sulle differenti implicazioni organizzative del tipo di
tecnologia impiegata nell'ambito di unità di lavoro omogenee. Prendendo come riferimento la variabilità dei
compiti e l'analizzabilità dei compiti, si possono classificare quattro tipi diversi di tecnologie:
1. di routine → bassa variabilità, alta analizzabilità: caso tipico è la produzione industriale di massa
(catena di montaggio)
2. artigianali → bassa variabilità, bassa analizzabilità: l'artigiano svolge un lavoro senza grandi
scostamenti dalle procedure standard, e risolve i problemi con la propria esperienza e creatività,
non attraverso modalità operative
3. ingegneristiche → alta variabilità, alta analizzabilità: le situazioni sono complesse a tal punto che
occorre continuamente uscire dalle pratiche standard e affrontare eccezioni che sono però
riconducibili a soluzioni note (esempio: contabili e tecnici di laboratorio)
4. non di routine → alta variabilità, bassa analizzabilità: caso tipico è il pronto soccorso o un
laboratorio di ricerca, dove gli addetti devono risolvere problemi e affrontare incertezze di continuo

2.6 Gli sviluppi di nuove visioni dell'organizzazione


_ Come tutte le visioni, anche quella organica presenta limiti e insufficienze, tra i quali:
− l' eccessiva dipendenza dell'organizzazione dalle condizioni esterne e ambientali
− l'insufficiente attenzione per la dialettica interna all'organizzazione e le problematiche del potere
− l'individuo rimane sempre troppo subordinato al sistema organizzativo
_ Inoltre, l'accostamento contingente dei diversi paradigmi non ha risolto le carenza degli stessi.
_ Occorre avere, quindi, la consapevolezza che le lenti che possono aiutare a fare fuoco sui fenomeni
organizzativi, oltre le due principali, sono molteplici:
1. organizzazione come sistema che apprende → concezione assimilata al cervello umano, che
''presenta una meravigliosa capacità di organizzarsi e riorganizzarsi in modo da affrontare i
cambiamenti ambientali'': elaborando le informazione e governando i processi di apprendimento, il
sistema genera un'elevata flessibilità interna che gli consente di auto-organizzarsi continuamente
2. organizzazione in quanto sistema politico → ambito di esercizio di una capacità di governo fondata
sull'attivazione del consenso e sulla gestione dei rapporti di forza tra i soggetti (interessi, alleanze,
conflitto, potere..)
3. organizzazione in quanto cultura → iden)ficata da valori, credenze, assunti, schemi di significato
condivisi dai suoi membri e che generano coesione sociale e senso di appartenenza
4. organizzazione come sistema che si autoriproduce → inserito in una corrente di con)nuo divenire:
la stabilità e lo sviluppo di un sistema si realizza attraverso la capacità di gestione del continuo
cambiamento
_ Questi e i tanti altri approcci hanno aiutato a superare gli eccessi indotti dall'approccio contingente e dalle
sue applicazioni troppo ingenue e relativiste.
Gran parte di questi sviluppi delle teorie sono stati però ricondotti a una prospettiva

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postmodernista, che si contrappone al tentativo di creare una visione complessiva dei sistemi organizzativi
operato attraverso gli approcci sistemico e contingente: l'idea di fondo (anche in filosofia e architettura) è
quella dell'inevitabilità di una frammentazione della conoscenza e della conseguente necessità di
abbandonare le pretese di una visione unica e integrata della realtà.
_ I nuovi approcci, quindi, non hanno prodotto un nuovo generale paradigma di riferimento che, anzi, tende
ad essere escluso, ma possono comunque essere inserite come complementi della teoria del sistema aperto
o come sue integrazioni di fronte a problemi specifici: quest'ultima resta la base concettuale per orientare il
lavoro sulle organizzazioni, grazie alla sua grande capacità di adattamento e flessibilità.

3. L'analisi sistemica delle organizzazioni

3.1 La lettura sistemica


_ Chiunque è chiamato ad esercitare responsabilità nell'ambito di organizzazioni complesse (dirigente
d'impresa, amministratore pubblico...) ha l'esigenza di leggere le situazioni organizzative nel cui ambito
deve operare, sviluppando un minimo di abilità nell'analisi e comprensione dei fenomeni organizzativi.
_ Le teorie di seguito esaminate rappresentano il presupposto di analisi, letture e interpretazioni variamente
finalizzate.
_ Analisi e diagnosi delle situazioni organizzative sono comunque i presupposti di ogni azione, intervento o
ricerca.
_ La scelta del modello concettuale di riferimento rappresenta una prima delicata decisione per chi si pone
in osservazione. Esso, infatti, orienta la selezione delle informazioni e la definizione degli interrogativi che
l'analista terrà presenti svolgendo il suo lavoro. Solitamente, la scelta del modello dipende dal tipo di
problema che ha generato l'analisi e dalle specificità conosciute della realtà esaminata.
_ In chiave introduttiva al tema dell'analisi organizzativa, può essere utile fare riferimento a un modello
sistemico. È caratterizzato da forte flessibilità e adattabilità d'impiego e deriva da un approccio contingente,
quindi non orientato a priori verso una logica meccanica od organica che sia.
Una visione sistemica dei fenomeni organizzativi implica che si individui un sistema, ovvero un
complesso unitario formato da elementi tra loro interrelati che assumono il significato di insieme
autonomo, diverso e superiore rispetto alla somma delle sue parti (il sistema non esiste in quanto tale, ma è
definito da un osservatore che attribuisce significato alle interazioni individuate tra alcuni elementi
all'interno della realtà) → il sistema costituisce uno strumento di indagine della realtà che pone attenzione
soprattutto all'effetto sinergico, cioè il fenomeno per il quale gli elementi che lo compongono producono un
risultato globale diverso, che assume – per l'osservatore – un significato superiore rispetto a quello che si
sarebbe prodotto dagli stessi elementi considerati disgiuntamente.
→ l'analisi sistemica mette quindi in evidenza una correlazione permanente (feedback) tra unità (livello
macro) ed elementi (livello micro): il sistema assume un significato nuovo e autonomo rispetto agli elementi
che lo costituiscono (unità della molteplicità); le parti perdono la loro individualità, contribuendo
all'esistenza del sistema e divenendo essenziali alla formazione dell'unità. Individuare un sistema vuol dire
definirne ciò che ne fa parte e ciò che non ne fa parte.
_ Ai fenomeni organizzativi si possono quindi applicare svariati modelli sistemici, sia riferiti all'intera
organizzazione, sia riferiti ai fenomeni organizzativi più ristretti.
_ L'organizzazione , nel suo insieme, può essere considerata un elemento del sistema aziendale
complessivo; oppure sistema, composto da molteplici elementi che a loro volta possono essere analizzati
come specifici sistemi. Ciò che ogni volta cambia è il punto di vista dell'osservatore.

3.2 Un modello di riferimento per l'analisi del sistema organizzativo


_ Il sistema organizzativo è considerato come componente di un'azienda in rapporto al contesto ambientale,
nel quale rientrano tutte le forze di ordine esterno che producono svariate dinamiche. Secondo questo
taglio di analisi,inoltre, le scelte organizzative sono considerate variabili centrali del sistema organizzativo.
_ L'assetto istituzionale e le variabili strategiche, tecnologiche, individuali e sociali costituiscono le forze e
fonti principali che alimentano il funzionamento del sistema e che, se adeguate alle scelte organizzative,

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possono condurre al conseguimento di risultati validi in merito agli scopi aziendali.
L'assetto istituzionale interviene sull'organizzazione e le sue variabili, poiché struttura poteri e
prerogative di organi fondamentali e stabilisce una serie di regole che improntano la vita dell'azienda.
Esistono svariati assetti istituzionali, sia efficaci – che favoriscono, cioè, la permanenza e il progresso
delle aziende – che inefficaci – che portano le aziende al declino –. I primi rendono i soggetti dell'azienda
consapevoli dell'importanza dei loro contributi per i risultati ottenuti dalla stessa e perché correlano, in base
ad essi, le ricompense.
_ Le variabili strategiche generano e genereranno sempre una certa tensione negli assetti organizzativi, in
quanto sintetizzano le esigenze di adeguamento e innovazione rispetto alle dinamiche, alle opportunità e ai
rischi di derivazione ambientale, richiedendo continuamente adattamento e flessibilità.
_ Le variabili tecnologiche sono da sempre considerate determinante fondamentale delle scelte
organizzative, soprattutto per quanto riguarda il nucleo operativo e quindi le modalità di utilizzo del lavoro
esecutivo. Il loro ruolo non è quello di imporre determinate soluzioni, ma di aprire nuove opportunità in
relazione ad esigenze esplicite e altre meno esplicite che devono essere esplorate attraverso una ricerca e
progettazione congiunta, tecnologica e organizzativa.
_ Le variabili individuali riguardano le caratteristiche delle persone che agiscono nel sistema organizzativo,
dai vertici al nucleo operativo che, mano a mano, introdurranno nell'organizzazione determinate
conoscenze, specializzazioni, esperienze, che contribuiranno alla sua crescita.
Quando l'assetto organizzativo evolverà verso forme più complesse, il funzionamento dell'azienda
sarà più impersonale, ma si constata comunemente il peso rilevante dell'influenza dei fattori individuali, e
sono proprio questi che fanno unico ogni assetto. Tra le varie caratteristiche individuali assumono molto
rilievo quelle legate alla qualificazione professionale, alle conoscenze tecniche, alle abilità lavorative,
atteggiamenti e motivazioni riguardo al lavoro, le attitudini relazionali e la capacità collaborativa.
→ la variabile umana interagisce pienamente con gli altri elemen) del contesto
_ Le variabili sociali riguardano le relazioni interpersonali nell'ambito del sistema organizzativo e i fenomeni
derivanti dal fatto che le aggregazioni di gruppo si interpongono tra individui e organizzazione complessiva
nell'influenzare i comportamenti. Le persone sono influenzate dalle idee, concezioni e norme che si
stabiliscono nell'ambito delle relazioni sociali, di gruppi e sottogruppi di appartenenza → i gruppi non sono
solo semplici insiemi di persone, ma comportano le interconnessioni tra di esse che possono determinare
significative convergenze in atteggiamenti e comportamenti: di fatto, in ogni sistema sociale si può
constatare la presenza di vari gruppi.
Da molto tempo si è riconosciuto che la componente sociale nelle aziende porta alla creazione di
una organizzazione informale a cui sono riconducibili: il ruolo inteso come modello di comportamento
definito dalle esigenze e dalle aspettative del gruppo di inserimento rispetto all'individuo; lo status, nel
senso di grado di stima e prestigio di cui una persona gode all'interno di un gruppo; l'influenza, cioè la
capacità di modificare un comportamento altrui in base alle capacità personali e all'abilità del soggetto che
la esercita.
_ → le variabili (o scelte) organizzative tengono quindi conto dal contesto che emerge dall'insieme delle
variabili appena esaminate, che costituiscono la materia prima per il proprio svolgimento. Tali scelte
possono essere fatte consapevolmente o meno, ma per un osservatore esterno esse sono sempre ravvisabili
e riconoscibili.
_ Prendiamo ora in considerazione tre variabili:
− la forma organizzativa assunta → approfondita nella seconda parte di questo manuale
− la struttura organizzativa adottata → modalità per attuare la divisione del lavoro e il coordinamento
delle diverse responsabilità all'interno dell'azienda
− i meccanismi operativi 8o sistemi di gestione) → s)moli dinamici pos) in a.o per consen)re
l'adattamento dell'operato di organi e ruoli asse esigenze della situazione. Particolare è il rilievo
assunto dalle pratiche di gestione delle risorse umane
_ Struttura e meccanismi costituiscono lo schema organizzativo, che si affronterà nella parte terza e nella
parte quarta del libro, dedicate alla progettazione organizzativa.

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Parte seconda – Forme organizzative e cicli di evoluzione

4. Le forme organizzative

4.1 Le modalità di coordinamento e controllo


[vedi esempi a inizio capitolo]
_ Nella realtà empirica si possono rilevare i più svariati assetti organizzativa, anche diversi tra loro. Essi sono
la risultante di interventi effettuati da diversi soggetti a causa della necessità di risolvere due fondamentali e
principali problemi:
− la divisione del lavoro, l'identificazione di ruoli e l'attribuzione di mansioni e compiti ai diversi
soggetti
− il coordinamento di ruoli e compiti, al fine di potare a termine positivamente l'attività
_ Come si è visto nel primo capitolo, l'esigenza di governare processi di funzionamento e attività complesse
conduce a dare corpo a diverse componenti che assolvono funzioni distinte e che sono riconducibili ai
cinque elementi di base che abbiamo già analizzato: nucleo operativo, vertice strategico, management
intermedio, tecnostruttura e servizi di supporto.
Il modo in cui queste componenti intervengono nella risoluzione di problemi organizzativi è
tutt'altro che univoco a causa della diversità di modalità di coordinamento e controllo delle operazioni,
suddivise tra loro. Gli strumenti utilizzabili a questo fine possono essere ricondotti a cinque fondamentali
elementi, tra loro variamente combinabili:
1. coordinamento per aggiustamento diretto e adattamento reciproco tra i lavoratori del nucleo
operativo → modalità fondamentale utilizzata negli assetti semplici: i pochi addetti si scambiano
continuamente informazioni, suggerimenti e consigli e intervengono con flessibilità nei diversi
compiti secondo le esigenze che si presentano. Questa modalità di coordinamento si trova anche
nelle situazioni più evolute e dinamiche, dove si richiedono – però – grandi capacità di adattamento
2. supervisione diretta → una figura gerarchica, capo o manager, segue, controlla e coordina il lavoro
degli operatori, assumendosi le responsabilità del risultato del loro lavoro
→ queste due modalità costituiscono gli strumenti di controllo e coordinamento più diretti, immediati e
naturali, universalmente adottati nelle situazioni organizzative più semplici.
Quando le aziende assumono dimensioni e complessità maggiori si cercano di definire:
3. i processi operativi e le sequenze di lavoro → attraverso il loro studio e la definizioni a priori del loro
svolgimento ottimale. Le teorie classiche dell'organizzazione contribuiscono, in questo livello, a
definire gli standard di svolgimento dell'attività attraverso regole e procedure e scomponendo il
lavoro in varie fasi e sottofasi cui vengono attribuiti tempi standard e contenuti operativi specifici.
La definizione e standardizzazione dei compiti e delle fasi di lavoro garantisce la validità del risultato
finale. In questa situazione assume rilievo la tecnostruttura, che consente ai manager di controllare
il funzionamento anche senza intervenire direttamente
4. i risultati attesi → su di essi si sposta l'a.enzione nel momento in cui la proge.azione anali)ca dei
processi operativi incontra limiti insormontabili. Standard e tentativi di definizione vengono così
orientati verso il momento terminale del processo, responsabilizzando operatori e manager
intermedi per la qualità e quantità dei risultati ottenuti alla fine dello stesso
5. le capacità e le qualità professionali → è una modalità ancora più sofisticata con cui i tentativi di
definizione a priori si rivolgono verso le qualità professionali, le abilità e i modelli di comportamento
degli operatori che intervengono nei processi stesso. Questo avviene nei processi caratterizzati da
una forte variabilità e complessità, sia del processo operativo che delle caratteristiche dei risultati
attesi: è il caso di medici, avvocati, insegnanti, e di tutti quei lavori che necessitano di una forte
specializzazione e forti abilità
→ le cinque classi di strumen) appena analizzate non vengono u)lizzate in modo isolato, e quasi ogni
situazione aziendale vede il ricorso simultaneo a diverse modalità, variamente combinate, anche se esiste
una prevalenza, un contesto che rende adatto l'utilizzo – in maggioranza – di uno o l'altro. Naturalmente,
l'utilizzo di modalità non adatto al contesto di azione è causa diffusa di crisi del coordinamento e inefficacia
organizzativa.

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4.2 Le forme base di organizzazione
_ Accogliendo come riferimento l'analisi proposta da Mintzberg (1983, 1989), possiamo considerare cinque
forme organizzative principali, ciascuna delle quali caratterizzata:
1. dal particolare rilievo di una tra le cinque parte o componenti dell'organizzazione [vedi cap.1] dal
punto di vista del ruolo centrale e critico assunto in funzione del processo aziendale
2. dall'emergere di una modalità privilegiata di coordinamento e controllo (paragrafo precedente)
3. dalla prevalenza di una cultura organizzativa diversamente orientata
_ Le cinque forme si possono così denominare:
− elementare/imprenditoriale → vertice strategico, gerarchia e cultura autoritaria e paternalistica
sono gli elementi chiave
− meccanica accentrata (burocrazia) → controllo centralizzato mediante la standardizzazione dei
processi operativi, cultura di razionalità formale: la tecnostruttura assume ruolo centrale
− manageriale decentrata → vi si afferma la linea manageriale intermedia, la definizione degli
obiettivi o dei risultati attesi: cultura prevalentemente di razionalità formale e assetto meccanico,
interpretate meno rigidamente
− innovativa → concentrata sui processi di aggiustamento e adattamento reciproco, la logica del
servizio estesa alle unità: cultura di apprendimento e ricerca
− professionale → assumono maggiore importanza il nucleo operativo, la definizione dei modelli
professionali: cultura di autonomia diffusa e autodeterminazione
→ ques) aspeI verranno illustra) nei prossimi capitoli, ma per ora basta rendersi conto dell'importanza
che assumono i fattori di proporzionalità e scala relativa tra le componenti organizzative.

4.3 Significato e utilità delle forme organizzative: coerenza e sindrome del successo
_ Le cinque forme che abbiamo cominciato ad analizzare sono ''tipi ideali'' e non si trovano in natura come
tale. Infatti, a una specifica azienda possono essere ricondotte più forme. Nondimeno, molte aziende reali
sono decisamente inserite in uno o nell'altro dei tipi di modelli → le specie esistono in natura, in
collegamento a specifiche ''nicchie ecologiche'', e così fanno le forme organizzative.
_ L'aderenza piena a un modello garantisce un elevato grado di coerenza, ordine e integrazione , che
previene crisi di identità e impedisce di abbinare contraddittoriamente logiche e strumenti incompatibili,
come potrebbero essere tempi e metodi con circoli di qualità (Mintzberg).
_ Ciascuna delle forme considerate rimanda anche a differenti modi di orientare l'azione:
− comando diretto → assetto elementare: imprime una direzione chiara e precisa dell'azienda
− efficienza → forma accentrata: tende a razionalizzare l'impiego delle risorse e ottenere il massimo
rendimento
− focalizzazione sugli obiettivi → assetto decentrato: concentra l'attenzione e gli sforzi in specifici
ambiti di attività
− creatività → forma innovativa: mira a scoprire opportunità e generare nuovi prodotti e servizi o
nuovi modi di operare
− competenza → forma professionale: forza orientata a svolgere compiti con alto grado di conoscenza
e abilità
→ ciascuna di queste forza risponde a un ordine di esigenze presente in qualunque contesto aziendale che
non può essere mai del tutto ignorato. Oltre all'armonia, coerenza e adattamento, queste forze evocano
altre problematiche e – peraltro – se la forza dominante prevale troppo sulle altre può fare emergere dei
punti deboli.
_ La crisi degli assetti organizzativi può essere quindi di identità, quando non si riesce a scegliere la forma
più opportuna e si oscilla tra opposti o a causa – all'opposto – di una troppo rigida collocazione che,
inizialmente efficace, col tempo si rileva limitante e unidimensionale. Quando sorge il problema di
cambiamento, infatti, la forza dominante finisce per bloccare l'organizzazione, oppure si realizza una perdita
di controllo che causa delle crisi tipiche per ognuno dei modelli organizzativi [si approfondiranno in seguito]:
di accentramento per la forma elementare; di rigidità per la burocrazie; di dispersione di risorse per la

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forma professionale; di instabilità per la forma innovativa → ciò che era funzionale diventa, così fattore di
crisi.
_ → Si fa strada allora la sindrome del successo, una sorta di ''trappola manageriale'' che deriva
paradossalmente da un eccesso di coerenza e di congruenza tra i vari elementi della strategia
dell'organizzazione.
5. La forma organizzativa elementare

5.1 Le caratteristiche
_ La forma elementare (imprenditoriale) è l'impostazione organizzativa che si trova più frequentemente
nelle nuove aziende o nelle aziende di piccole dimensioni. Non solo, si ritrova anche in tutte quelle
organizzazioni in cui l'agire è incentrato sul ruolo di un leader, e in imprese in crisi che vengono
commissariate.
_ Le caratteristiche fondamentali di questa forma organizzativa sono:
− l'adozione di una struttura semplice, spesso non formalmente definita e flessibile
− il ruolo centrale nella figura del capo azienda, che assume le prerogative del vertice strategico e che
controlla e orienta direttamente gli operatori (nucleo operativo di base)
− l'assenza, o molto debole presenza, di dirigenti intermedi tra capo azienda e nucleo operativo
− lo scarso sviluppo di sistemi operativi formalizzati (programmazione, sistemi di gestione del
personale)
→ coordinamento e controllo avvengono, perciò, attraverso la supervisione diretta e quindi l'esercizio del
ruolo gerarchico da parte del capo azienda. In subordine può esservi ricorso alla modalità
dell'aggiustamento reciproco tra i diversi operatori aziendali.
Il capo azienda agisce anche come primo responsabile dell'organizzazione, eventualmente
supportato da consulenti esterni, più difficilmente da specialisti interni o manager intermedi.
_ La struttura organizzativa elementare si colloca in un contesto più organico che meccanico, consentendo
all'azienda che ne fa uso di sviluppare qualità con il mercato e il contesto esterno di riferimento; dal punto
di vista dei rapporti interpersonali all'interno dell'azienda, tali condizioni favoriscono la disponibilità
all'impegno, il gioco di squadra e il formazione di un ''senso della missione'' [esempio fig. 5.2].
Un simbolo per questa forma organizzativa può essere la tela del ragno.

5.2 Problemi e ragioni di crisi


_ La crisi della forma elementare è tipicamente una crisi di accentramento, indotta dal confluire di troppi
impegni nella figura del capo dell'azienda e soprattutto di problemi di gestione operativa.
_ L'impulso di onnipotenza che impronta, non raramente, i comportamenti del capo azienda, e il
conseguente confinamento degli altri membri in una situazione anche culturale di dipendenza, può minare
il buon andamento dell'organizzazione.
_ nonostante questo, non sono poche le aziende, anche di notevoli dimensioni, che mantengono questa
forma organizzativa.
[esempio Mivar, pag 76]

5.3 Linee di rinnovamento


_ Il destino della forme elementare non è obbligato, né si riduce alla scelta tra evoluzione e resa
all'egocentrismo del padrone. Lo studio dei casi reali mostra che si può mantenere e e rafforzare una forma
elementare che consente anche di gestire la crescita
_ Una prima soluzione può essere quella di mantenere ''ordine e semplicità'', una chiara strutturazione dei
ruoli e il riferimento a criteri gestionali ben identificati [es. pag 78]
_ Rimane comune il problema della successione rispetto alle figure forti di leader aziendali, un passaggio
delicatissimo che, se gestito bene, può dar luogo ad un rinnovamento della leadership che si rivela
fondamentale.
6.La forma organizzativa meccanica accentrata (burocrazia)

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6.1 Le caratteristiche
_ Il passaggio dal un assetto elementare ad uno razionalmente organizzato avviene attraverso la delega – da
parte del capo – a ruoli gerarchici intermedi, permettendogli di mantenere il controllo su uno spettro di
attività abbastanza ampio. È questa la forma piò diffusa di organizzazione. Fondamentale è la definizione dei
compiti (del mandato), dei ruoli intermedi, dell'ampiezza della delega, dei casi in cui il vertice (il capo) è
chiamato ad intervenire.
L'organizzazione meccanica si ritrova ancora in medie e grandi aziende che operano in contesti
abbastanza stabili, come avviene per molte amministrazioni pubbliche ed enti di servizio, quali poste,
imprese elettriche, compagnie aeree, banche ed assicurazioni.
_ Le sue caratteristiche essenziali sono:
− la prevalenza del lavoro operativo di routine, in gran parte semplice e ripetitivo
− il ricorso a forme di specializzazione del lavoro per i compiti più complessità
− la presenza di compiti di lavoro fortemente standardizzati con una forte divisione delle mansioni
− l'impostazione di strutture ben sintonizzate, regolate, e integrati da ruoli di management
intermedio molto articolati
− il ruolo fondamentale della tecnostruttura, che standardizza il lavoro e consente alla linea
manageriale di supervisionare le attività e risolvere problemi in temi di eccezioni che sforano dalla
routine
− il mantenimento di una forte centralizzazione attraverso il peso dato alle relazioni d tipo gerarchico
_ Gli aspetti meccanici di questa forma, originariamente poco presenti, si sono sviluppati in modo
accentuato con l'affermarsi dell'organizzazione scientifica del lavoro, di taylorismo e fordismo. Così,
coordinamento e controllo sono fondati su forme sempre più spinte di definizione e standardizzazione dei
processi, gestite dalla tecnostruttura.
→ con l'intervento della tecnostru.ura, l'organizzazione dispone di norme e regole che consentono il
controllo del processo operativo e dei comportamenti attraverso la standardizzazione di compiti, di
procedure (=sequenze programmate di compiti) e analisi e ottimizzazione dei tempi e metodi di lavoro.
Questa è la tipologia d organizzazione più comune e tradizionale, conosciuta con il nome di burocrazia.
_ Queste caratteristiche riflettono gli aspetti fondamentali, evidentemente, del modello meccanico d
organizzazione. Da esse discendono qualità positive in termini di efficienza, affidabilità, precisione, coerenza
che si manifestano maggiormente in presenza di un contesto di azione stabile e prevedibile.
[es. pag 83, controllo del personale di banco dei fast food]

6.2 Problemi e ragioni di crisi


_ Con le modalità indicate, questa forma organizzativa riesce a gestire livelli elevati di complessità, ma si
trova disarmata in condizioni di incertezza e dinamismo. Di fronte a questi contesti è destinata ad incontrare
forti problemi che culminano in una crisi di rigidità, caratterizzata dal difficoltà di adattamento strategico, di
coordinamento interno e dalle conseguenze della demotivazione del personale e del nucleo operativo di
base → emergono, così i circoli viziosi della burocrazia [cap.2] che diminuiscono l'efficacia e la rispondenza
alle attese dei soggetti dei quali l'organizzazione dovrebbe servire bisogni ed interessi.
Il simbolo della forma meccanica e accentrata può essere il tempio greco, architettura di geometrie
e proporzioni perfette e metafora dell'ordine e della razionalità [fig. 6.2 pag. 84]. la sua crisi è anche legata
all'eccesso di fiducia nella capacitò di progettazione astratta, quando il dominio di questa cultura di
razionalità finisce per assimilare gli uomini alle cose.
→ la crisi dei modelli burocra)ci e accentra) viene allora largamente iden)ficata con la crisi a
dell'organizzazione razionale e con la rivincita della soggettività umana di fronte al macchinismo
dell'industria, dello stato ecc.; lungo tutto il Novecento la troviamo illustrata in opere letterarie (Kafka), nel
cinema (Chaplin) e nella saggistica, e il loro ruolo di controcanto è stato importante.
_ Tuttavia, bisogna distinguere le crisi che dipendono dal venire meno delle condizioni di stabilità nelle quali
la sola forma accentrata può risultare efficace, dalle crisi dovute ad una cattiva o impropria applicazione del
modello.
Inoltre, siamo abituati a polemizzare contro la burocrazia; ma il suo cattivo funzionamento, in Italia,

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va ricondotto al loro non aver mai applicato seriamente i principi weberiani né tayloristi. In Italia, il
problema vero è che la forma organizzativa è stata applicata parzialmente e tardivamente, ed è stato poco
assimilato il cambiamento culturale di personalizzazione dell'organizzazione portato avanti da Taylor e
Weber.

6.3 Linee di rinnovamento


_ La forma organizzativa meccanica e accentrata, sebbene sia stata considerata superata ed obsoleta, sta
trovando nuove possibilità di affermazione grazie ai modi originali di reinterpretazione favoriti anche dalle
nuove tecnologie.
Nei call center, ad esempio, la tecnostruttura esercita un ruolo molto importante definendo in
termini anche minuti e dettagliati, il lavoro dei telefonisti, poi controllato in modo stringente dai supervisori.
_ È evidente, però, che queste modalità possono mantenere il governo solo di attività dotate di non molta
complessità tecnica e garantire livelli qualitativi accettabili, ma non eccellenti.
[_ vedi esempi sulla Germania e Francia (Michelin e Salomon) pag. 88 – 89]

7. La forma organizzativa manageriale decentrata.

7.1 Le caratteristiche
_ Una prima risposta alla crisi degli assetti burocratici è stata trovata decentrando decisioni e responsabilità.
La rigidità burocratica viene superata senza rinunciare alle modalità meccaniche di funzionamento,
dividendo l0azienda in centri di responsabilità che rispondono al vertice strategico dei risultati riguardanti
definiti sistemi di attività.
→ il ver)ce non perde il controllo complessivo dell'indirizzo aziendale e a.ua su vasta scala il classico
principio di delega.
_ Il principio di decentramento delle responsabilità per ampi aggregati di prodotto non è nuovo alla storia
delle organizzazioni [vedi esempio dell'Arsenale della Repubblica di Venezia, pag. 91), ma solo nel XX secolo
emerge in pieno la grande impresa moderna, divisa in più unità e gestita da manager di professione; questa
innovazione ha consentito il pieno sfruttamento delle innovazioni tecniche e la rapida crescita della
produttività e dei redditi in un sistema economico in forte espansione.
Sono soprattutto le imprese che offrono molteplici prodotti e che operano su mercati eterogenei, ad
adottare questa forma organizzativa che risponde comunque alle esigenze di tutte le aziende che si trovano
a dover governare livelli crescenti di complessità e che possono scomporre la configurazione delle attività in
unità in grado di funzionare separatamente le une dalle altre.
_ Le caratteristiche essenziali sono:
− l'introduzione di un doppio livello di direzione generale o del coordinamento complessivo delle
operazioni fondamentali: quello dell'intera azienda e quello delle singole unità (divisioni) che
gestiscono autonome combinazioni di prodotti e mercati
− la presenza, quindi, di decisioni che agiscono negli ambiti operativi affidati con livelli di autonomia
abbastanza ampi
− l'istituzione di una struttura amministrativa centrale, che offre supporto al vertice strategico nel
coordinare alcuni aspetti del funzionamento
− lo sviluppo di sofisticate modalità di controllo sui risultati, affidate a organi di staff (tecnostrutture)
della direzione complessiva
− la possibilità di sviluppare strategie articolate con distinzione tra il livello divisionale e quello
aziendale complessivo, che vede il vertice strategico impegnato nel governare lo sviluppo, allocare
le risorse, orientare l'azione del management
− il rilievo assunto dai meccanismi e dalle politiche di allocazione delle risorse finanziarie, umane e
tecnologiche, come focus per l'intervento della direzione generale
− la possibilità di un orientamento verso lo sviluppo di un'imprenditorialità diffusa
→ questa forma organizza)va è imperniata quindi sul ruolo del management intermedio che, grazie al

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decentramento, trova spazi di autonomia, decisione ed esercizio di iniziativa e imprenditorialità; soprattutto
a livello di divisione, i manager intermedi acquisiscono ruolo e status simili a quelli di capo azienda.
→ grande rilievo assumono anche le modalità di coordinamento e controllo gestite dalle tecnostrutture che
operano a supporto del vertice aziendale.
_ Occorre anche rendere compatibili l'autonomia delle divisioni con l'esigenza di controllarne il rendimento:
la standardizzazione dei risultati, economici e competitivi, è la modalità fondamentale che consente questo
equilibrio.
_ Soprattutto grazie a questi meccanismi, la forma di organizzazione decentrata è capace di adattarsi meglio
ai cambiamenti nelle condizioni ambientali e dei mercati.

7.2 Problemi e ragioni di crisi


_ L'orientamento alla diversificazione produttiva, oltre che essere la base della forma organizzativa
decentrata, rappresenta anche la base dei suoi maggiori limiti. La scomposizione dell'azienda, al di là di una
certa soglia, in centri semi autonomi induce costi delle diversificazione e del mancato coordinamento.
Inoltre, l'azienda che adotta questa forma organizzativa può perdere le radici del proprio successo, che
risiedono in nuclei di conoscenze, capacità, competenze non facilmente estensibili in diversi settori di
attività.
→ la crisi a cui si può andare incontro è una crisi di dispersione di risorse e di energie e di mancata
integrazione tra i diversi centri di attività.
L'immagine del tempo appare ora troppo statica ed inadeguata per rendere questo diverso assetto
di cultura che la caratterizza. Può essere sostituita dall'immagine del sistema solare, dove le unità satelliti
percorrono le proprie orbite nel controllo e con il coordinamento del sole o pianeta centrale intorno al
quale ruotano.
_ Il decentramento comporta la formazione di tante unità quasi aziendali, e quindi richiede che si
moltiplichino le figure di coloro che ne conducono le traiettorie attorno ad orbite predefinite, intorno
all'unità centrale.

7.3 Linee di rinnovamento


_ La risposta ai rischi a cui la forma decentrata è esposta sono da ricercarsi in un'ulteriore attenuazione degli
elementi meccanici, attraverso un maggiore ancoramento al core business, uno sviluppo delle propensioni
imprenditoriali, uno snellimento delle strutture di coordinamento e controllo → bisogna liberare il
decentramento manageriale da un'interpretazione troppo meccanica e dai dispositivi burocratici.
_ Si aprono, quindi, tre possibilità:
1. separare e autonomizzare definitivamente le unità decentrate o le divisioni non centrali: li divisioni
di una grande azienda divengono imprese autonome, recuperando agilità organizzativa e
imprenditorialità, cosicché le divisioni restanti possano valersi di condizioni e risorse migliori per il
loro sviluppo
2. snellire le funzioni accentrate e rafforzare il decentramento, mantenendo comunque una struttura
di corporate
3. sostituire l'attività di regia, stimolo, consulenza, alla pianificazione econtrollo delle attività
divisionali.

8. Il ciclo di evoluzione organizzativa: strategia e struttura

8.1 Il ciclo di vita dell'organizzazione


_ Le tre forme organizzative finora considerate possono essere viste anche come tappe distinte di un
percorso di evoluzione e sviluppo dell'azienda, che si trova significativamente ricorrente.
_ Gli studi di Chandler e Scott hanno mostrato con abbondanza di particolare come le grandi imprese
americane abbiano conseguito crescita e profitti attraverso la capacità di adattare la propria forma
organizzativa: sono passate da un assetto non formalizzato (semplice), a una struttura funzionale (con
caratteristiche meccaniche), a una struttura multidivisionale (decentrata) → dalla produzione di un unico

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prodotto, a una linea articolata di prodotti, a diverse linee di prodotti anche non correlati tra loro per aspetti
tecnologici e di mercato.
Il modello analitici di Chandler è stato elaborato a partire dalla storia di grandi imprese statunitensi
come General Motors, ma ha poi trovato riscontro nelle analoghe ricerche condotte su imprese europee.
Sono quattro le tappe fondamentali del percorso strategico-organizzativo seguito dalle imprese:
1. espansione del volume di produzione in un solo ramo di attività ed in una limitata area geografica →
struttura organizzativa imperniata su un unico centro decisionale
2. sviluppo attraverso l'allargamento dell'area geografica di azione → stru.ura organizza)va che si
articola in unità centrali e unità periferiche
3. strategia di sviluppo integrato verticalmente → elaborata stru.ura organizza)va burocra)co-
funzionale a line e staff
4. strategia di sviluppo diversificato (nuovi prodotti non integrati verticalmente) e continua espansione
territoriale nazionale e internazionale → stru.ura organizzativa multidivisionale, per prodotto o
aree di mercato
→ l'evolversi della strategia e delle condizioni di sviluppo è seguito da successivi adeguamenti della forma
successiva assunta. I ritardi nell'adeguamento della struttura alla strategia dipendono dall'inerzia del
management o dall'insufficiente chiarezza di visione.
→ questa evoluzione delle forme organizza)ve comporta – oltre le innovazioni nel disegno delle strutture in
senso stretto e risvolti di ordine tecnico – anche diversi assetti relazionali e di potere, parallelamente
all'elaborazione di nuovi metodi e logiche gestionali.
→ l'adozione di nuove forme è dovuta alla necessità di affrontare livelli superiori di complessità, che
derivano dall'introduzione di nuove combinazioni di prodotti e mercati, da gradi maggiori di diversificazione
e dai nuovi modelli di relazione con il mercato e con gli altri interlocutori esterni..

8.2 Evoluzione organizzativa e grado di complessità


_ La complessità che il sistema organizzativo deve gestire può essere analizzata in due dimensioni: operativa
e strategica.
_ L'aumento di complessità si traduce in crescita quantitativa e maggiore articolazione dei processi
gestionali. La complessità operativa è causata da:
− l'articolazione delle combinazioni economiche, che si manifesta attraverso la pluralità di produzioni
e di fasi lavorative, di percorsi procedurali prolungati, di molteplici localizzazioni degli interventi
− lo sviluppo di professionalità e specializzazioni diversificate, con impiego anche di tecnologie che
richiedono competenze e qualificazioni specifiche
− la presenza di segmenti distinti di mercato e clienti, che hanno diverse esigenze
− la presenza di molteplici interlocutori esterni con cui si deve intrattenere un rapporto, per ragioni
istituzionali o per semplice visibilità e rilevanza nel contesto circostante
− la pervasività di norme e regolamenti formali, provenienti dall'esterno, che regolano l'attività e le
responsabilità formali dei soggetti che operano all'interno dell'azienda
_ Negli aspetti strategici, la complessità si traduce nell'incremento delle possibilità di scelta che riguardano
le aree di attività da sviluppare, l'allocazione delle risorse, il modo di porsi rispetto all'ambiente e il
fronteggiamento di un maggiore grado di incertezza. La complessità strategica, quindi, deriva da:
− grado di diversità dei prodotti e dei servizi; del numero, quindi, delle linee di attività che l'azienda
ha attivato e gestisce
− interdipendenza e conseguente fabbisogno di integrazione tra le diverse linee di attività
− grado di incertezza derivante dai rapporti col mercato e gli altri interlocutori esterni, più in generale
con l'ambiente
_ Se la complessità operativa e strategica sono molto contenute, si rivela adeguata la messa in atto della
forma elementare (struttura semplice, meccanismi operativi derivati dalla prassi e scarsamente formalizzati,
sistemi formativi poco definiti e strutturati, cultura dominante non molto elaborata ma che funge da
legante organizzativo)
_ Se la complessità operativa e strategica assumono condizioni di complessità intermedia (operativa e

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strategica) anche le modalità operative dovrebbero improntarsi a criteri di maggiore complessità, come la
forma meccanica accentrata.
In questo caso la struttura organizzativa si sviluppa sia in senso verticale (numero di livelli gerarchici)
che orizzontale (numero di unità organizzative per ogni livello gerarchico), ma vi p comunque necessità di un
forte coordinamento centralizzato. La cultura dominante è di tipo tecnico-professionale e amministrativo, e
il linguaggio tecnico è il legante fondamentale di ordine generale (consente la comunicazione tra le culture
dei doversi organi aziendali)
_ Quando la complessità diviene molto elevata, occorrerebbe sviluppare differenti qualità
dell'organizzazione: una struttura basata su un numero non troppo ampio di unità autonome,
responsabilizzate e dotate di sufficienti risorse, elasticità interna per gestire il rapporto – ricco di incertezza
– con l'ambiente. Le unità devono fare poi riferimento ad un centro di governo unitario della azienda, a loro
sovraordinato, che agisce attivando meccanismi operativi di integrazione.
La cultura connaturata a questa forma di organizzazione è frutto dell'assimilazione delle logiche e
degli strumenti del management da parte delle figure tecnico-professionali: il linguaggio della gestione
affianca quello tecnico come legante generale e strumento di comunicazione intersettoriale.
_ → l'incremento di complessità determina quindi una crisi che impoverisce i risultati dell'assetto
organizzativo, dando spazio a forme di insoddisfazione e conflitto.

8.3 L'evoluzione organizzativa di imprese e istituzioni in Italia


_ Tutta la storia delle organizzazione reali sembra contrassegnata da inerzia e ritardi nel compiere questi
passaggi evolutivi appena indicati. Da questo punto di vista, la realtà italiana ha manifestato resistenze e
ritardi, ma ha finito anche per affrontare grandi trasformazioni. Un esempio importate p quello del caso
Natuzzi.
[vedi esempio pag. 106, 107]
[esempio fiat, pag. 108]
[esempi Enel, pag. 109]
_ Anche la pubblica amministrazione ha cominciato ad introdurre nuovi correttivi rispetto al tradizionale
assetto di burocrazia frammentata.
[vedi box pag. 110]
_ Per ultimi, si stanno adeguando anche i ministeri, che alla fine degli anni '90 sono stati ridotti di numero
ed organizzati secondo una struttura multi-divisionale.
[vedi schema pag. 111]
_ Così, all'inizio del nuovo millennio, il paradigma dell'organizzazione manageriale decentrata sembra
divenuto il riferimento comune per le organizzazioni di grandi dimensioni.

8.4 nuove tendenze evolutive delle organizzazioni


_ Gli scenari economico-sociali di inizio millennio, però, introducono nuovi elementi di stimolo e tensione.
Infatti, sono presenti caratteri di novità rispetto ai decenni precedenti, così sintetizzabili:
− disponibilità di tecnologie sempre più sofisticate e differenziate: anche diverse convergono su un
unico prodotto o servizio
− centralità del fattore produttivo ''conoscenza''
− evoluzione e maturazione culturale dei lavoratori, consumatori, cittadini
− necessità di compiere investimenti più rilevanti e rischiosi
− sviluppo di prodotti e servizi sempre più differenziati e personalizzati, caratterizzati da alta varietà
ed alta qualità
− competizione su base internazionale
− velocità di decisione ed azione richieste in tutte le sfere del funzionamento aziendale
→ questo clima porta anche le stesse amministrazioni pubbliche e gli organismi non profit a ricercare livelli
di maggiore efficienza – attraverso innovazione – tecnologica, sociale, organizzativa.
_ Le esigenze che si propagano in ambiente organizzativo, e che fanno di esso un successo, sono ora:
flessibilità, integrazione, velocità, innovazione. Esse prendono il posto dei fattori tradizionali riconosciuti

17
dalle teorie classiche, come la dimensione, la chiarezza dei ruoli, la specializzazione e il controllo.
In questo scenario, le qualità attribuite alle forme semplici di organizzazione, come la piccola
impresa, ritornano attuali e sono oggetto di attenzione, per l'adattabilità, la propensione all'innovazione, le
modalità organiche di funzionamento.
_ Lo stesso ciclo di evoluzione dell'impresa (da forma semplice, poi accentrata e poi decentrata) viene
messo in discussione: le nuovi grandi imprese non seguono spesso questo percorso, ma si sforzano di
mantenere la forma organica originaria, anche quando crescono a livello di dimensione e complessità.
→ nascono così altre forme organizzative diverse da quelle classiche che riscoprono, attualizzano e
rinnovano due altre configurazioni organizzative, quella innovativa e quella professionale, in passato
confinate ad ambiti abbastanza circoscritti.

9. La forma organizzativa innovativa

9.1 Le caratteristiche
_ La forma innovativa possiede esempi e precedenti significativi di istituzioni ed imprese che hanno
ricercato forme non meccaniche per gestire la complessità e realizzare innovazioni, anche in anni
caratterizzati da uno scenario generale diverso da quello attuale.
Una prefigurazione ai limiti del sarcasmo è quella offerta da Swift, quando racconta degli incontri di
Gulliver nella città di Lagado [vedi box pag. 115]; è importante come lo scrittore evidenzi come il progettare
innovazioni sia cosa diversa dal renderle efficienti e tradurle in prodotti praticamente utilizzabili, e come vi
sia l'esigenza di ambiti organizzativi specifici per gestire le due funzioni.
_ Ecco quindi che si apre uno spazio per la forma di organizzazione innovativa (adhocrazia di Mintzberg),
strutturalmente orientata al nuovo, a gestire continuamente la creatività, a generare innovazione in modo
non occasionale, ma sistematico.
Tale forma è caratterizzata da:
− un assetto strutturale flessibile, organico, spesso imperniato su piccoli gruppi di specialisti o esperti:
viene infatti considerata un'organizzazione team based, nella quale i gruppi costituiscono il ''cuore''
dell'azienda e la risorsa del suo successo
− una sistematica collaborazione tra dirigenti, tecnici e specialisti, consulenti interni ed esterni,,
organizzata con modalità poco formalizzate e orientata a generare contesti in cui i diversi gruppi si
integrano per realizzare scopi comuni
− una sorta di ritorno, di conseguenza, alle modalità di coordinamento e controllo proprie delle
organizzazioni elementari, in chiave di collaborazione sistematica
− un orientamento delle unità di staff ad agire come unità di servizio interno, atte a generare risorse
spesso immateriali (conoscenza, informazione), piuttosto che come tecnostrutture che impostano il
lavoro di altri
− un rilievo del fattore conoscenza, incorporata in prodotti, processi, tecnologia, e come fonte di
vantaggio competitivo, col formarsi di assetti aziendali in cui emergono i knowledge workers,
lavoratori dotati di altra professionalità che partecipano alla ''creazione di conoscenza
− un'apertura verso l'esterno, non definendo nettamente i ''confini'' aziendali, verso clienti, fornitori,
centri di produzione di know-how, e attivando processi intensi di collaborazione, condivisione e
partnership
− l'assimilazione, diffusa e condivisa, di un modello mentale improntato al pensiero sistemico, una
sorta di disciplina, arte e pratica al tempo stesso, dell'apprendimento organizzato
→ queste cara.eris)che portano ad un indebolimento, se non completo superamento, dei confini tra le
componenti classiche dell'organizzazione.
Resta comunque in piedi, in essa, la distinzione tra nucleo operativo e il resto della struttura, mentre
gli organi di staff abbandonano la logica della tecnostruttura per assumere quella di servizi di supporto –
non più separati – integrati con il resto dell'organizzazione.
_ Oltre alla capacità innovativa, questa forma di organizzazione manifesta un forte coinvolgimento degli

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operatori di tutti i livelli, partecipazione e motivazione.
In assenza della tecnostruttura, inoltre, la partecipazione dei diversi soggetti agli interventi
sull'organizzazione è diffusa.
→ è una forma organizzativa basata su forti competenze professionali, sulla creatività diffusa, sul mix
collaborazione-competizione, sulla ricerca di motivazione.

9.2 Problemi e ragioni di crisi


_ I limiti e le difficoltà dell'organizzazione innovativa sono speculari alle caratteristiche appena descritte: da
una parte, infatti, l'efficacia e l'innovazione possono essere ottenute a discapito dell'efficienza; l'informalità
potrebbe degenerare in ambiguità, l'incertezza può divenire ingestibile con il pericolo di trasformazione
impropria in altre forme organizzative.
→ l'instabilità è la forma tipica di crisi cui l'organizzazione innovativa è esposta.
Questi aspetti sono ravvisabili anche nell'immagine di rete, strumento di potente connessione di
molti centri, ma anche difficilmente governabile in direzione di finalità precise. In chiave mitologico, la
forma innovativa è stata ricondotta ad Atena, la dea nata dalla testa di Zeus [vedi box pag. 121].
la forma innovativa conosce, infine, un delicato equilibrio; non è facile mantenerla a lungo ed è
esposta al rischio di fallimento quando i suoi membri, passata la gioventù, cercano riparo nella routine o nel
potere personale.

9.3 Linee di rinnovamento


_La suggestione di questa forma organizzativa è esaltata dalla vivacità attuale del contesto economico,
dominato dalle nuove prospettive aperte da Internet dall'e-business. Per questo, molti considerano molte
delle sue caratteristiche come i naturali connotati per un'azienda imprenditoriale e di qualità. E viene così
evocata la metafora della rete, come simbolo di uan forma organizzativa che caratterizza il nostro tempo,
estesa/estendibile a situazioni normali, ad aziende che mantengono un alto tasso di creatività per diverso
tempo, superando così l'instabilità che è limite tipico di questa forma.
_ Molte imprese che hanno assunto forma decentrata possono fare un ulteriore passo verso la forma
innovativa.
_ Cisco è l'azienda americana che ha ottenuto in un quinquennio il maggior tasso di crescita mai riscontrato
per aziende di queste dimensioni. Essa rappresenta un emblema della new economy e un modello per i
nuovi imprenditori [vedi box pag. 122]. Il suo modello di funzionamento p caratterizzato da una debole
strutturazione e dall'obbedienza a poche regole, trasmette attraverso la leadership, la comunicazione e la
capacità di influenzare i comportamenti, non certo tramite norme formali e procedure.

10. La forma organizzativa professionale

10.1 Le caratteristiche
_ L'organizzazione professionale si forma quanto un'attività collettiva richiede l'impiego di personale
altamente qualificato, che si vale di metodologie difficili da apprendere.
_ Questo è il caso delle attività di servizio alle persone – scuola e sanità – e alle imprese – revisione
contabile, consulenza aziendale –.
Ciò che accomuna questi ambiti è il fatto che si basano su un lavoro particolarmente complesso, ma
dotato di caratteristiche relativamente stabili, eseguito o controllato da professionisti.
_ Il nucleo operativo composto da professionisti è la componente fondamentale dell'organizzazione; il
management intermedio ha ruolo limitato, dal momento che i professionisti operano con notevole
autonomia. La loro azione è influenzata dalle norme dettate dalla professione, definiti all'esterno – quindi –
dell'organizzazione.
Le figure di alta direzione, hanno quasi sempre una specifica competenza professionale e
provengono dai ranghi dei professionisti.
_ L'organizzazione professionale presenta i vantaggi derivanti dalla diretta responsabilizzazione dei
professionisti, di una conduzione partecipata e democratica, che privilegia l'autonomia.

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I vantaggi sono legati, invece, alla difficoltà di coordinamento tra specialisti e ai rischi di abuso della
discrezionalità inerente ai compiti professionali.. come le burocrazie, queste organizzazione sono esposte ai
processi di sostituzione degli scopi ufficiali con propensioni e interessi individuali o di gruppo.
_ Il funzionamento di queste aziende dipende dal bilanciamento tra tre ordini di esigenze:
1. della qualità del servizio ai clienti
2. della soddisfazione dei professionisti
3. del ritorno economico
Tale equilibrio ha conseguenze rilevanti soprattutto per quanto attiene la composizione degli addetti ai
diversi progetti. I professionisti si distinguono, tipicamente, per il grado di esperienze. Ci vorrebbe, quindi,
un equilibrio tra il mix di risorse dedicate a ogni progetto e il grado di complessità, innovazione, originalità
di approccio richiesto dagli stessi. Non è facile da conseguire, a causa della lenta dinamica evolutiva delle
risorse professionali.
[vedi box Camera dei Deputati, pag. 127]

10.2 Problemi e ragioni di crisi


_ La crisi tipica a cui un'organizzazione professionale va incontro è quella della carenza di integrazione
organizzativa, che deriva dalla scarsa incisività ed efficacia degli strumenti di coordinamento e controllo
compatibili con la cultura professionale e con le condizioni di autonomia, e dal diffuso individualismo che
caratterizza il funzionamento del nucleo operativo.
_ Di questi problemi sono espressione aspetti di ordine culturale, come il richiamo ad un'indipendenza
totale cui i professionisti tendono e che subordina la coesione organizzativa ad una logica di sviluppo
autonomo dei talenti professionali → culto dell'indipendenza come nel mito greco di Dioniso (tante stelle
tra loro slegate) [vedi box, pag. 128].
la recente affermazione della necessità di svolgere questi compiti in organizzazione complesse e in
una dimensione interattiva e di coesione, ha dovuto confrontarsi con le tradizioni millenarie del mestiere
dell'avocato, del medico, dell'insegnate, del magistrato.

10.3 Linee di rinnovamento


_ Nonostante i problemi appena citati, la professione rimane una forza importante per formare competenze
in gradi di rispondere ai bisogni complessi, delle persone e della società.
Le organizzazioni professionali, a parte rientrare nell'ambito di altre logiche organizzative
considerate più efficienti, devono trovare modi propri di esprimersi, caratterizzati dalla compatibilità di
livelli più alti di coesione aziendale, con la salvaguardia dei valori professionali. Esempi di questa tendenza si
possono trovare in ambiti nuovi, come quello del giornalismo televisivo [vedi box CNN, pag. 130].
_ L'essenza della forma professionale consiste nell'affidamento agli operatori di base di una forte
autonomia, insopprimibile perché indotta dalla natura stessa dell'attività che non si presta alla
standardizzazione.
Diversamente dall'assetto innovativo in cui si realizzano per la prima volta un prodotto o un servizio
che non esistevano, nella forma professionale si ha a che fare con interventi che si ripetono con una certa
stabilità (insegnamento, medicina, giornalismo), ma che – al contempo – sono in qualche modo e ogni volta
nuovi, dato che si deve tenere conto degli aspetti irripetibili legati al cliente o alla situazione.
_ È la scelta di valorizzare queste caratteristiche, per costruire un servizio di qualità o un vantaggio
competitivo, che pone l'esigenza della forma professionale.
[vedi esempio pag. 131 – 132].

11. Evoluzione dell'organizzazione e apprendimento: la learning organization come nuova forma


organizzativa?

11.1 Percorsi nel ciclo di vita delle forme organizzative


_ Un'azienda orientata a durare nel tempo e a rinnovare le condizioni del proprio successo, deve quindi
riuscire ad adeguare e trasformare la propria forma organizzativa, percorrendo una sorta di ''ciclo di vita''.

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Avendo già visto l'evoluzione forma elementare/accentrata/centrata, possiamo prendere in considerazione
il modello di ciclo evolutivo delle due ultime forme, quella innovativa e quella professionale.
_ Normalmente, una nuova azienda assume la forma elementare. Questa prima forma può essere
mantenuta per lungo tempo, ma di fronte alla crescita dell'azienda diventa vulnerabile. Oltre all'assetto
meccanico però, anche quello innovativo e professionale possono derivare direttamente dalla forma
elementare → non vi è nessun tipo di determinismo nell'evoluzione delle forme organizzative.
_ Come per tutte le scelte di ordine strategico, l'influenza di alcuni fattori di contesto – come ad esempio
l'ambiente sociale ed economico di riferimento, la tecnologia, la dipendenza da poteri esterni – avrà un
grande peso: ogni azienda risente delle caratteristiche ambientali, di carattere generale o proprie del settore
di attività, predominanti nel periodo in cui la stessa azienda è sorta e cresciuta [IMPORTANTE: vedi TAB. 11.1
pag. 135].
_ Le cinque forme organizzative considerate sono, quindi, espressione dell'esigenza che le aziende si
adattino al contesto operativo di riferimento, adottando un approccio contingente.
È importante ricordare, comunque, che la constatazione di alcune conseguenze derivanti dal contesto non
autorizza a generalizzare alcun determinismo, per esempio legato agli effetti della tecnologia → la scelta di
tempi, delle modalità, dei percorsi per l'evoluzione nel ciclo delle forme organizzative è espressione
dell'individuale e irripetibile identità di ciascuna azienda, come soggetto dotato – anche – di una
dimensione storica.

11.2 Oltre le forme base: l'organizzazione che apprende


_ Gestire una forma organizzativa significa sfruttarne le qualità e conciliare forze differenti gestendone
l'aspetto contraddittorio come fattore di adattamento e sviluppo. Occorre, inoltre, bilanciare forza
divergenti e in concorrenza, come sono i cinque richiamati fattori di comando diretto, efficienza, obiettivi,
creatività, competenza.
_ Osservando le aziende di grande e durevole successo, però, si nota come il loro assetto trascenda tutte e
cinque le forme, realizzando qualcosa di più (qualcosa di simile è stato evidenziato nei paragrafi dedicati alle
linee di rinnovamento di ciascuna forma).
Le esperienze organizzative più interessanti, infatti, non sono quelle che applicano le logiche
convenzionali in modo piatto e ripetitivo. Ciò vale soprattutto per quelle aziende orientate ad apprendere e
rinnovare con sistematicità, che richiamano in qualche aspetto la forma innovativa anche se non vi sono
praticamente riconducibili. Si tratta della compresenza, nel loro assetto organizzativo e nella loro logica di
funzionamento, di elementi in apparenza contraddittori, di aspetti nuovi e antichi, di spezzoni di modalità
organizzative più tradizionali e burocratiche combinati con le caratteristiche di orientamento
all'innovazione.
Come una squadra di calcio che durante una partita mutagli schemi di gioco a seconda del risultati,
dell'avversario, degli eventi anche imprevisti come l'espulsione di un giocatore.
_ Ciò trova espressione attaverso concetti e linguaggi diversi nella ormai vasta letteratura sulla learning
organization, espressione che qualifica quasi una nuova braca della ricerca organizzativa.
Fra l'altro, emergono indicazioni come le seguenti:
− l'esigenza di attivare strutture duali, diversamente orientate e predisposte per gestire lo stadio
iniziale di un progetto di innovazione e lo stadio di realizzazione gestione operativa
(implementazione) → nel secondo caso si è di fronte a minore complessità, mentre vi è esigenza di
maggiore formalizzazione e maggiore centralizzazione
− il concetto di organizzazione ipertestuale, costituita da una serie di strati e contesti tra loro molto
differenti, tra i quali – però– i membri dell'organizzazione sviluppano la capacità di muoversi con
facilità → combinazione dei i vantaggi di efficienza e stabilità della burocrazia con quelli di efficacia
e dinamismo delle task force, aggiungendo un terzo contesto orientato ad elaborare basi di
conoscenza proprie dello strato burocratico e di quello innovativo
− il concetto di organizzazione postmoderna, capace di fondere le dimensione di passato e presente,
in modo da creare nuove forme e dare spazio a nuove capacità e atteggiamenti mentali →
organizzazione ibrida (strutture temporanee e permanenti, piccole èquipes e grandi dimensioni,
autorità gerarchica e potere diffuso); organizzazione trasversale (natura privata e finalità pubbliche);

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organizzazione turbolenta (attrezzata a darsi assetti stabili nel cambiamento e nella discontinuità)
− il concetto di team based organization, in cui i gruppi assolvono lo scopo principale di integrare il
lavoro dei diversi specialisti (requisito critico per l'aspetto non di routine della produzione di
conoscenza combinato al lavoro di routine connesso agli stessi processi di apprendimento) →
l'assetto per gruppi si sovrappone a un a struttura organizzativa impostata in modo tradizionale
− il concetto di organizzazione ambi-destra, che esprime una gamma di risorse e capacità adatta a
gestire sia il successo presente che a porre le basi per quello futuro → idonea a governare
l'evoluzione incrementale e il cambiamento radicale
− il concetto di impresa organizzazione) eterarchica e policellulare, cioè orizzontale in cui le decisioni
vengono prese attraverso processi laterali
→ in tu.e queste forme torna sempre l'elemento comune e strutturale di un assetto organizzativo
attrezzato per innovare e gestire il cambiamento ma, al tempo stesso, per quanto contraddittoriamente, per
governare con efficienza alcune necessarie routine d funzionamento.
Peraltro, nessuna delle forme qui proposte appare del tutto convincente. Si deve quindi concludere
che ancora non si è scoperta e descritta una nuova forma organizzativa, la sesta, capace di combinare
durevolmente innovazione ed efficienza; la sempre più evocata learning organization non esiste, non come
forma pura dotata di proprie esclusive caratteristiche non riconducibili a quelle delle altre cinque forme
considerate.
Ciò che esiste è invece la capacitò di fare coesistere più di una delle forme base e di attivare il
ricorso alla modalità più valida in reazione alle specifiche esigenze poste da diverse situazioni operative,
diverse fasi di attività, diverse situazioni di mercato.
→ sebbene la learning organization non esista come forma stabile, esiste ed è concreta la capacità di
apprendimento, che può svilupparsi in qualsiasi forma organizzativa e diventa condizione per innovare per
continuità senza sacrificare l'efficienza e la funzionalità delle routine di funzionamento.

11.3 Verso nuove soluzioni: e-business e knowledge management


_ La nuova economia del 2000 spinge comunque le aziende a cercare nuove soluzioni organizzative.
_ Tra i contesti maggiormente stimolanti vi è quello di trasformare il modo di competere sui mercati
sfruttando appieno le potenzialità di Internet, i delle tecnologie elettroniche e digitali in generale [vedi
esempio e-banking, pag. 140].
Con le nuove ''banche virtuali'', ad esempio, si assiste alla formazione di un'organizzazione di tipo
innovativo, che agisce parallelamente e separatamente all'azienda di credito organizzata in modo più
tradizionale. In questo modo, il gruppo bancario doverna e fa coesistere le due diverse logiche, facendo
della loro dialettica una leva di evoluzione e affinamento dell'assetto complessivo.
_ Oltre a questo, le imprese e le istituzione del XXI secolo sono chiamate a trasformare radicalmente il modo
di gestire la conoscenza, ormai considerata la risorsa più importante o la sola che impernia il funzionamento
delle aziende. Imparare a gestire lo sviluppo, la comunicazione, l'utilizzazione della conoscenza, del sapere
applicato ai processi aziendali e farne la fonte di un vantaggio competitivo durevole.
I sistemi di gestione delle conoscenze hanno un grande potenziale per il miglioramento
organizzativo come leva della trasformazione aziendale, ma è falsa l'idea che l'economia basata sulla
conoscenza finirà per dar luogo a forme organizzative del tutto nuove (appunto, la learning organization)
nelle quali non vi sono più confini, né suddivisioni di responsabilità per linee funzionali, ecc...
Non deve stupire, quindi, che anche anche nel mondo aziendale più evoluto, il knowledge
management sia più oggetto di retorica che di pratica.
_ Si può per il momento concludere che l'inizio del terzo millennio vede aperte prospettive di grande
trasformazione per gli assetti istituzionali, ma non sembra di poter cogliere l'emergere di una forma del
tutto nuova rispetto a quelle storicamente note e in precedenza repsentate. Tantomeno l'affermarsi di un
modello unico e vincente.

PARTE TERZA: LA PROGETTAZIONE DEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI AZIENDALI


SCHEMI ORGANIZZATIVI GENERALI AZIENDALI
Le scelte di progettazione della struttura organizzativa macro e micro e dei principali meccanismi operativi

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compongono concettualmente un unico sistema. Tuttavia si possono trattare in modo distinto alcuni
principali ambiti e livelli di progettazione come: -schema organizzativo generale (MACROSTRUTTURA); -
unità intermedie e di base, ruoli professionali, compiti degli operatori (MICROSTRUTTURA).
Nella scelta del modello di riferimento macro strutturale, occorre tenere presenti le implicazioni della forma
organizzativa fondamentale nella quale l’azienda si colloca. FORMA ORGANIZZATIVA ≠ STRUTTURA O
SCHEMA ORGANIZZATIVO. FORMA ORGANIZZATIVA = LOGICA ORGANIZZATIVA GENERALE, EQUILIBRIO E
RAPPORTI TRA LE DIVERSE COMPONENTI, PROBLEMI CRITICI DA AFFRONTARE. STRUTTURA = RIFERIMENTO
PIU’ SPECIFICO, SOLUZIONI E RISPOSTE GIA’ OPERATIVE PER I FABBISOGNI ORGANIZZATIVI DI UN’AZIENDA.
Una naturale associazione sarebbe quindi: forma organizzativa elementare e struttura semplice.
La progettazione della macrostruttura può far riferimento ad un’articolata tipologia di strutture base
(schemi organizzativi generali) da applicare nel modo più congruo, tenendo conto dei fattori di complessità
e criticità, facendo seguire scelte coerenti per quanto riguarda i fondamentali meccanismi operativi.
SCHEMI FONDAMENTALI PER L’IMPOSTAZIONE DELLA MACROSTRUTTURA:
(SCHEMI= struttura + principali sistemi operativi di coordinamento, programmazione e controllo)
1. Schemi semplici
2. Schemi funzionali
3. Schemi funzionali modificati
4. Schemi reticolari
5. Schemi divisionali

1 SCHEMI SEMPLICI: struttura organizzativa poco articolata in livelli gerarchici e organi specializzati; scarsa
formalizzazione; accentramento delle funzioni direzionali; sistemi operativi poco definiti: programmazione e
controllo avvengono in modo informale, la valutazione dell’operato avviene attraverso parametri impliciti e
spesso personali, la comunicazione è legata ai rapporti interpersonali. L’assetto è caratterizzato da forte
flessibilità. Questo tipo di schema si adatta ad aziende di limitate dimensioni. Esistono 3 diverse versioni di
questo schema: 1-SCHEMA GERARCHICO SEMPLICE: figura centrale di capo azienda, attività semplici; forma
di coordinamento più efficace: supervisione diretta di una figura. 2-SCHEMA ARTIGIANALE: le attività hanno
carattere più complesso e richiedono una più forte capacità di elaborare conoscenze e informazioni che può
essere garantita solo da una professionalità diffusa in un certo numero di operatori che padroneggiano il
mestiere. È quindi necessario il ricorso a norme, regole, prassi di riferimento; meccanismi di coordinamento
poco formalizzati ma più sofisticati. 3-SCHEMA DEL GRUPPPO DEI PARI: attività anche molto complesse
gestite da un piccolo gruppo di persone nell’ambito di relazioni paritarie e mediante forme di
coordinamento non gerarchico basate su: condivisione di obiettivi, confronto diretto, negoziazione, cura nel
selezionare nuovi membri. È diffuso in società di servizi avanzati e società di consulenza.
2 SCHEMI FUNZIONALI: soluzione più comunemente adottata dalle aziende medie e grandi, spesso
risultante dall’evoluzione di schemi semplici; affidamento stabile e sistematico delle decisioni a organi
specializzati (non più al capo azienda), le cui prerogative vengono formalizzate ed esercitate anche
attraverso meccanismi operativi espliciti. La struttura è caratterizzata da una specializzazione degli organi
direttivi di primo livello secondo il criterio della tecnica o funzione, cioè per gruppi di processi della
medesima specie. È fondamentale la divisione dei compiti tra le direzioni funzionali e la direzione generale.
Le prime garantiscono il funzionamento delle principali attività operative e coordinano il lavoro delle unità
organizzative alle proprie dipendenze. La direzione generale definisce gli obiettivi complessivi, regola
l’utilizzazione delle risorse aziendali e interviene nelle aree di conflitto. Questo sistema richiede: sistemi di
programmazione e controllo formalizzati, valutazioni basate su obiettivi e standard, ricorso a strumenti di
coordinamento. Ne esistono 2 varianti: 1- SCHEMA FUNZIONALE BUROCRATICO O ACCENTRATO: chiara e
ben formalizzata divisione dei compiti tra unità organizzative in linea orizzontale mentre, in verticale, le
prerogative decisionali delle unità di diverso livello gerarchico sono attribuite seguendo la classica
distinzione tra momento strategico, tattico e operativo. I sistemi di coordinamento privilegiano controlli di
processo e risultato. Una caratteristica importante di questo schema è la uniformità, rinunciando alla ricerca
do soluzioni differenziate, che per esempio tengano conto delle diverse condizioni operative proprie delle

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differenti funzioni aziendali. 2-SCHEMA FUNZIONALE PROFESSIONALE: caratterizza le organizzazioni
imperniate su ruoli professionali che richiedono elevati livelli di formazione, competenze ed esperienze di
difficile acquisizione. I sistemi di coordinamento privilegiano la standardizzazione delle conoscenze e delle
competenze anziché i processi operativi e i risultati: questo presuppone un decentramento decisionale
molto spinto verso le figure professionali di base. Si cominciano ad utilizzare modalità di funzionamento
differenziate per diverse parti dell’organizzazione.
3 SCHEMI FUNZIONALI MODIFICATI: le difficoltà e i limiti degli schemi funzionali sono dovuti a due cause
principali: la prima legata allo sviluppo di una diversificazione dell’attività e la seconda riguarda invece la
crisi della forma burocratica e l’esigenza di recuperare maggiori requisiti di flessibilità. Da tempo quindi si
sono cercate applicazioni dello schema funzionale in chiave meno accentrata e modi per correggerne la
rigidità. Hanno questo scopo i schemi funzionali modificati. 1-SCHEMA CON RESPONSABILITA’ DI PRODOTTO
(PRODUCT MANAGER): soprattutto le imprese orientate al mercato hanno adottato assetti organizzativi più
sofisticati all’interno della funzione commerciale per attivare nuovi ruoli integratori focalizzati sui singoli
prodotti. Questa struttura vede la direzione commerciale attivare al suo interno queste nuove figure di
RESPONSABILE DI PRODOTTO = organo integratore tra diverse funzioni; considerato responsabile dei
risultati economici parziali del suo prodotto; non dispone di autorità gerarchica sui suoi principali
interlocutori. Per il buon funzionamento sono necessarie due condizioni: attivazione di meccanismi
operativi congruenti che facilitino l’interazione tra diversi ruoli e funzioni, selezione di product manager
dotati di adeguate caratteristiche personali e comportamentali (es. capacità di comunicazione e
persuasione). È un organo permanente. 2-SCHEMA PER PROGETTI (PROJECT MANAGER): organi temporanei
di progetto, ciascuno dei quali è responsabile di portare a buon fine la realizzazione dell’opera o dei prodotti
che configurano il progetto. Come il product manager, anche il project manager è un organo integratore,
che coordina per un tempo definito un gruppo di progetto cui partecipano risorse professionali di diversa
estrazione. Alla fine del progetto il gruppo si scioglie. Il responsabile del progetto esercita una prerogativa
gerarchica nei confronti delle persone assegnate al progetto. Per il buon funzionamento sono necessari dei
requisiti: unicità del prodotto, chiara finalizzazione, temporaneità pianificata, selezione di un buon project
manager.
1 e 2 hanno in comune la ricerca di condizioni di alta differenziazione e alta integrazione
discostandosi fortemente dagli assetti uniformi propri delle burocrazie.

4 GLI SCHEMI RETICOLARI: sono un’evoluzione dell’assetto per progetti. Si considerano 2 varianti: 1-
SCHEMA A MATRICE: denominato così per la rappresentazione grafica che se ne può fornire, ponendo da un
lato le linee funzionali e dall’altro quelle di prodotto o progetto. Gli organi specializzati per funzioni non
gestiscono processi operativi correnti, ma aggregano tecnici e specialisti che sono permanentemente
assegnati ai diversi progetti in corso. ->ci si riferisce quindi a due “capi” separati: il TWO BOSS MANAGER
riferisce sia al coordinatore per area tecnica, sia al coordinatore di progetto complessivo. Quando questo
schema è impostato correttamente, consente un equilibrio dinamico tra le due dimensioni fondamentali
che lo compongono, consentendo di riuscire a pianificare una strategia di sviluppo nel lungo periodo. 2-LE
RETI ORGANIZZATIVE: consiste nell’individuazione di nuclei organizzativi e professionali dotati di
competenze distintive, come nodi di una rete di relazioni più aperte e meno prevedibili a priori. Si supera
quindi la struttura come assegnazione stabile di ruoli, a favore di un reticolo di unità-nodi posti
tendenzialmente sullo stesso piano e collegati da modalità connettive che privilegiano la comunicazione
diretta, l’aggiustamento reciproco, la decisione congiunta.
5 SCHEMI DIVISIONALI: sono la risposta al forte carico di complessità indotto dalla diversificazione
produttiva sulle pre esistenti organizzazioni burocratico-funzionali. Principio fondamentale: dividere
l’azienda in combinazioni prodotto/mercato parzialmente indipendenti, ciascuna delle quali gestisce un’area
di prodotti distinta da quella di ogni altra unità. ->autonomia, immediata leggibilità dei risultati, rapidità
decisionale. La condizione per il successo di questo schema consiste nel bilanciamento tra la forza
imprenditiva e la spinta individualistica delle divisioni da un lato, e la capacità dell’alta direzione di integrare
e stimolare la collaborazione dall’altro.
Questo schema può assumere 4 diverse fisionomie: 1-DIVISIONALE ACCENTRATO: adottato solitamente in
presenza di integrazione verticale tra le diverse divisioni e quindi quando c’è forte interdipendenza tra le

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stesse. 2-DIVISIONALE INTEGRATO: si distingue dal precedente per l’adozione di più sofisticati sistemi di
coordinamento. 3-DIVISIONALE RETICOLARE: linee di responsabilità principali sia per la dimensione
geografica che per quella di prodotto. Si dà luogo a una matrice divisionale che presenta, accentuate, le
caratteristiche dell’assetto a matrice. È ideale quando l’impresa assume una logica transnazionale. Assetto:
rete integrata interna, attraverso la quale l’impresa transazionale coordina e integra le diverse entità
specializzate per prodotto, tecnologia o paese, gestendo interdipendenze reciproche e non sequenziali. 4-
DIVISIONALE DECENTRATO: versione pura dello schema divisionale: divisioni largamente autonome nelle
loro scelte, anche di tipo strategico, coordinamento ricercato attraverso regole del gioco e incentivi di tipo
economico, attraverso i quali ci si sforza di riprodurre la logica del mercato all’interno di un contesto
aziendale.

CRITERI E STRUMENTI DI PROGETTAZIONE


Nel progettare lo schema generale d’azienda è necessario basarsi sui schemi precedentemente riportati
(sopra) ma anche su ulteriori supporti metodologici (strumenti valutativi) applicabili alle condizioni
specifiche di ciascuna azienda.
Queste metodologie riguardano:
1-VALUTAZIONE DELLE DIMENSIONI DI COMPLESSITA’: la scelta dello schema organizzativo genarale richiede
per prima cosa la conoscenza e la rilevazione di tutte le variabili critiche per l’intervento dell’azienda.
L’attenzione deve andare verso gli aspetti dell’ambiente esterno e del funzionamento interno che rivestono
un ruolo critico o influente dal punto di vista dei risultati perseguiti. -> bisogno di multidimensionalità. I
principali fattori, o dimensioni di complessità, che assumono rilievo per l’assetto organizzativo sono:
• TECNICHE-FUNZIONI: necessità di omogeneità dei processi operativi e delle competenze tecnico-
specialistiche necessarie per il loro efficace svolgimento;
• PRODOTTI: efficace ed efficiente funzionamento dell’insieme dei processi gestionali che hanno per
oggetto una medesima tipologia di produzione;
• MERCATI E CLIENTI: condizioni di efficace ed efficiente svolgimento dell’insieme dei processi
gestionali che sono riferiti ad una medesima area di mercato o gruppo di clienti;
• PROCESSI OPERATIVI: condizioni di svolgimento efficace ed efficiente delle operazioni che
convergono nell’ambito di una specifica fase o sede o impianto.
• TEMPI di intervento: condizioni di efficacia ed efficienza che caratterizzano il raggiungimento di
obiettivi riferiti al breve, medio e lungo termine, oppure l’attività ordinaria rispetto a quella in
condizioni d’urgenza.
• INTERLOCUTORI ESTERNI: diverse condizioni di contratto e rapporto che caratterizzano lo stabilirsi
di processi collaborativi o lo sviluppo di azioni congiunte tendenti alla soluzione di problemi di
comune interesse, rispetto a soggetti esterni all’azienda e diversi da clienti e fornitori.
• RISULTATI AZIENDALI: diverse condizioni di attenzione e sensibilità poste dai distinti profili di
risultato, che caratterizzano le aziende nella loro qualità di istituti dotati di valenza economica e
sociale. Distinti profili (attinenti per es. a qualità dei prodotti, soddisfazione, benessere socio
economico) sono proponibili punti di riferimento valutativo per le aziende di diverso tipo.

La scelta di dare massimo peso ad una delle prime 3 dimensioni comporta nel primo caso la scelta di uno
schema funzionale, nel secondo la scelta di uno schema divisionale per prodotti e nel terzo uno schema
divisionale per mercati.
2-DINAMINSMO DEL CONTESTO OPERATIVO: è necessario porsi degli interrogativi per quanto riguarda il
grado di stabilità, le esigenze di cambiamento e le innovazioni che si prospettano al fine di cogliere i
mutamenti di variabili interne ed esterne che prospettano cambiamenti e opportunità.
3-DIFFERENZIAZIONE DEGLI ASSETTI: esigenza e opportunità di differenziare le soluzioni adottate secondo le
particolari condizioni operative che interessano diverse parti o diversi organi dell’azienda. È necessario che

25
ciascun organo assuma caratteristiche organizzative coerenti con i caratteri del sottoambiente in cui opera.
Gli oggetti specifici della differenziazione sono il tipo di struttura, i meccanismi adottati e gli orientamenti
che influenzano il comportamento degli operatori aziendali. Differenziare gli assetti è di grande ausilio alla
progettazione perché consente di ridurre, in singole parti dell’organizzazione, e con riferimento a gruppi di
operatori omogenei, la gamma degli orientamenti richiesti.
4-CONDIZIONI DI INTERDIPENDENZA E STRUMENTI DI COORDINAMENTO O INTEGRAZIONE: necessità di
integrazione, coordinamento e collaborazione tra unità organizzative che presentano assetti differenziati per
variabili organizzative e orientamenti. Per valutare il grado di interdipendenza degli organi identificati da
una struttura è utile riferirsi ad un modello che consente di individuare 4 TIPI DI INTERDIPENDENZA:
• Generica: appartenenza ad un unico sistema e condivisione di risorse comuni; le unità di una stessa
organizzazione sono tutte collegate da interdipendenza generica;
• Sequenziale: quando un’attività è condizione per lo svolgimento successivo dell’attività di un altro
organo che quindi può iniziare solo quando l’attività a monte è completa;
• Reciproca: quando gli output di ogni unità diventano input per le altre;
• Intensiva: le diverse unità agiscono insieme attraverso un contatto continuo, co decisioni e scambi
di informazioni. Solitamente si tratta di affrontare interventi non ripetitivi in un contesto di forte
collaborazione.

5-FABBISOGNI RIFERITI ALLE PERSONE: fabbisogni che derivano dalle variabili individuali e sociali presenti
nel contesto interno dell’azienda e che sono ricollegabili a esigenze delle persone: valori, bisogni,
motivazioni e capacità. In generale i fabbisogni riguardano l’identità, la stabilità e lo sviluppo.
6-AMPIEZZA DEL CONTROLLO E ARTICOLAZIONE GERARCHICA: è necessario stabilire il numero delle unità
che possono fare diretto riferimento a una figura di responsabile gerarchico. In ogni azienda è opportuno
scegliere una soluzione ad hoc, appropriate per ciascun ambito organizzativo.

L’AZIENDA FLESSIBILE E L’ATTENUAZIONE DEI CONFINI ORGANIZZATIVI


Ruolo e ragione dei confini organizzativi:
la centralità delle strutture è rimasta rilevante anche nell’orientare gran parte delle applicazioni di forme
organiche. La troppa attenzione alle strutture però, con la centralità del criterio della specializzazione per
gruppi di compiti omogenei (schema per funzioni), si rinnova in tutte le tipologie organizzative. Si afferma
così il concetto di ORGANIZZAZIONE PER PROCESSI: un modo di vedere l’organizzazione ricomponendo la
sequenza delle attività aziendali a partire dall’obiettivo della soddisfazione del cliente, enfatizzando gli
aspetti del funzionamento fluido e integrato delle diverse componenti organizzative.
L’azienda è quindi concepita come un sistema di flussi o correnti di attività che generano valore e
coinvolgono clienti, fornitori, altri partners, attraverso relazioni stabili di scambio, collaborazione e servizio.
I confini organizzativi sono presenti ed operano in diverse direzioni e in particolare:
1- IN SENSO VERTICALE, tra livelli e strati gerarchici del personale
2- IN SENSO ORIZZONTALE, tra unità funzionali, divisionali o di altro tipo
3- VERSO OGGETTI ESTERNI come clienti e fornitori
4- IN SENSO GEOGRAFICO tra nazioni, culture, mercati

I confini organizzativi svolgono importanti funzioni quali: AIUTARE A TENERE LE COSE FOCALIZZATE E
DISTINTE, SEPARARE PERSONE PROCESSI E PRODUZIONE NEI MODI NECESSARI PER PROMUOVERE
L’ORDINATO IMPIEGO DELLE RISORSE, FAVORIRE LA DIFFERENZIAZIONE DEI COMPITI E IL COORDINAMENTO
DI RISORSE E ABILITA’. -> i confini organizzativi quindi non vanno soppressi ma è necessario renderli più
permeabili in modo da concedere più fluidità di movimento all’organizzazione.

1.MISURE DI ATTENUAZIONE DEI CONFINI VERTICALI: (cioè tra i diversi strati dell’organizzazione e i diversi
livelli gerarchici che ne sono espressione).è necessario che l’organizzazione abbia un capo riconosciuto che
deleghi responsabilità e poteri ma bisogna configurare in modo corretto e fisiologico le modalità di

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interazione tra i livelli gerarchici. Come? Con misure organizzative volte a realizzare il corretto bilanciamento
tra il ruolo esercitato dall’alta direzione, dal management intermedio e dal nucleo operativo.
In particolare:
-decentramento delle decisioni: spostare una parte delle decisioni dal vertice verso il
management intermedio e il nucleo operativo in modo che siano prese in un ambito più vicino ai problemi
da risolvere. Il GRUPPO, IL TEAM emergono come i moduli fondamentali del disegno organizzativo;
-diffusione dell’informazione: attivare strumenti e linee di comportamento rivolte a
superare l’accentramento delle informazioni presso il vertice strategico o le figure di alta direzione, per
consentire una condivisione e un accesso ai principali canali informativi da parte dei responsabili delle
attività di base e degli stessi operatori. Il principio di fondo è quello di condividere il più possibile buone e
cattive notizie utilizzando la diffusione delle informazioni come leva per incoraggiare il cambiamento,
motivare e responsabilizzare gli operatori dei vari livelli.
-intervento sulle competenze professionali: implica il superamento del classico schema di
divisione dei compiti per adottare una diffusione anche alla base di competenze strettamente
tecniche legate a una visione chiara delle interrelazioni ed all’abilità di comunicare. ->più alto grado
di diffusione delle competenze generalisti che.

-reimpostazione di sistemi di ricompensa: destinare quote più ampie del monte retributivo
complessivo per compensi collegati a risultati ottenuti o alle abilità concretamente dimostrate.
L’accesso a questa nuova forma di retribuzione dovrebbe però essere esteso a tutti i livelli
organizzativi.

2.MISURE PER L’ATTENUAZIONE DEI CONFINI ORIZZONTALI: sono i confini stabiliti tra unità organizzative
dello stesso livello gerarchico che emergono dalla differenziazione di compiti indotta dalle dimensioni
aziendali e dalle esigenze di specializzazione, chiarezza di ruoli, mantenimento complessivo del controllo. Gli
interventi e le misure rivolte a ricondurre i confini orizzontali tra unità a una corretta fisiologia e per
ottenere alti livelli di integrazione sono:
-subordinazione di tutte le dimensioni di complessità organizzativa e in particolare di quella
tecnico funzionale alla dimensione cliente, che acquisisce il ruolo di riferimento centrale: attenzione in
primo luogo alle sequenze ordinate di operazioni che risultano critiche per il successo dell’azienda e che
hanno quindi maggiore impatto per la soddisfazione del cliente.
-utilizzo esteso dei team come modalità di lavoro particolarmente orientata all’integrazione:
team di lavoro, team di integrazione, management team, team di miglioramento. Permettono di attenuare e
ridurre le barriere orizzontali interne al nucleo operativo e alla linea manageriale intermedia.
-aggregazioni e disaggregazioni frequenti di unità: rivedere periodicamente l’affidamento di
nuclei omogenei di attività all’una o all’altra unità operativa e connessa area di responsabilità ->necessità
che anche la struttura formale si adegui dinamicamente alle esigenze operative.
-riorientamento degli organi di staff come servizi condivisi attraverso una attenta
riconsiderazione del loro ruolo, dei loro costi, del rapporto con le unità di line. La logica di base è la
trasformazione di queste unità e della loro logica di funzionamento da elementi di centralizzazione a servizi
condivisi.
-sviluppo di forme di apprendimento organizzativo: impegno diretto e costante dell’alta
direzione nel promuovere e diffondere una cultura orientata allo sviluppo delle conoscenze.

3.LE RETI ESTERNE E LE MISURE PER L’ATTENUAZIONE DEI CONFINI INTERAZIENDALI: anche i confini esterni
possono con vantaggio essere resi più permeabili, attenuando l’impatto delle forze che dividono
l’organizzazione dai suoi clienti, dai fornitori e da altri interlocutori esterni. Si possono rendere più
costruttivi e interattivi i rapporti con questi soggetti condividendo per esempio risorse, informazioni e anche
visioni del comune campo di attività. Occorre sviluppare e condividere con altri una visione sistemica senza
confini della partecipazione a una catena del valore: coordinamento dei piani operativi e di business, ampia

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condivisione delle informazioni al fine di risolvere congiuntamente i problemi, coerenza nella contabilità.
(ESEMPI IKEA E BENETTON PAGINE 218-219).

PARTE QUARTA: LA PROGETTAZIONE DEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI DI DETTAGLIO


La progettazione di dettaglio ha come riferimento le scelte di fondo che riguardano il sistema organizzativo
complessivo. Occorre tenere conto che nel funzionamento degli ambiti organizzativi di base riveste
particolare e più immediata evidenza l’interazione e la stretta interdipendenza tra il disegno strutturale,
l’individuazione dei ruoli e la divisione dei compiti tra i diversi operatori.
Lo svolgimento dei processi è significativamente influenzato dai meccanismi operativi, stabiliti in generale a
livello di azienda o comunque di più ampi aggregati; seguendo regole e modalità definite dai meccanismi
operativi, le unità organizzative di base gestiscono i propri processi e partecipano a processi più ampi. La
presenza di questi collegamenti richiede un approccio unitario e integrato alla progettazione degli assetti di
dettaglio. Una corretta impostazione organizzativa dovrà definire in modo integrato e contestuale: 1-il
disegno delle unità intermedie e di base e dei relativi confini. 2- la progettazione dei processi lavorativi, dei
ruoli professionali e delle mansioni del personale.
1: il disegno delle strutture intermedie e di base richiede la definizione di distinte unità organizzative e dei
confini tra le stesse, orientati sia in senso orizzontale che verticale. A maggior ragione, i confini organizzativi
non vanno concepiti come barriere rigide. Una corretta progettazione delle unità richiede che si affronti
questa sequenza di problemi:
• CATALOGAZIONE DELLE ATTIVITA’ ELEMENTARI: cioè individuare con precisione attività e compiti
che devono essere organizzati, soprattutto le attività elementari. Attività elementari = operazioni
necessarie affinchè il sottosistema aziendale svolga il suo ruolo e consegua i suoi abiettivi; si parte
da zero rispetto all’organizzazione esistente, in modo da poterla mettere in discussione più
facilmente. Una riprogettazione efficace richiede un’analisi delle attività che si spinga fino al livello
di scomposizione sottostante a quello che vede presenti sintomi di difficoltà.
• VALUTAZIONE DELLE RELAZIONI TRA ATTIVITA’ ELEMENTARI: per valutare le relazioni tra le attività
elementari il catalogo si presenta in genere come troppo articolato e complesso per un successivo
uso nella fase di analisi. È quindi preferibile identificare i NAO = NUCLEI OMOGENEI DI ATTIVITA’. Il
passaggio da un catalogo dettagliato delle attività a una mappa di nuclei omogenei consente di
vedere insieme il complesso delle attività svolte, mediante un giusto bilanciamento di analiticità e
sintesi. NAO = insiemi di attività elementari caratterizzati da: interdipendenza, affinità di ordine
tecnico e culturale, produzione di un risultato specifico. A ciascun NAO si può attribuire una
denominazione, evocativa di contenuto e finalità. Per identificare i NAO è necessario esaminare le
relazioni tra le attività elementari individuate e valutare distintamente ogni coppia di attività
elementari rispetto a profili di interdipendenza generica, sequenziale, reciproca e da azione
comune.
• IDENTIFICAZIONE DEI NUCLEI OMOGENEI DI ATTIVITA’: a questo punto si deve effettuare
l’aggregazione delle attività elementari in nuclei omogenei. Il criterio fondamentale di riferimento
consiste nel considerare parte di un unico nucleo le attività che mostrano elevata interdipendenza,
affinità nelle tecniche richieste, affinità negli orientamenti culturali. L’accorpamento di determinate
attività in nuclei è una scelta operata dall’analista. Una volta operate le scelte di individuazione dei
nao si dispone di uno strumento che consente di definire con chiarezza, le attività di competenza di
un’organizzazione. Ciò rappresenta il presupposto per le attribuzioni di compiti e responsabilità alle
unità organizzative vere e proprie.
• DEFINIZIONE DELLE UNITA’ ORGANIZZATIVE. Occorre tenere conto di 3 aspetti importanti:
1.esistono dei limiti alle dimensioni di ogni unità dovuti all’ampiezza del controllo sostenibile da
parte del responsabile e quindi anche all’entità di risorse attribuibili ad una singola unità. 2.si

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devono considerare anche le economie di scala, evitando di configurare unità troppo povere di
attività e quindi non in grado di saturare le risorse umane e tecniche attribuite. 3.la definizione
delle unità deve corrispondere anche a situazioni contingenti, ai momenti e alle fasi concrete che
l’organizzazione si appresta ad attraversare. La struttura quindi può modificarsi più volte nel
tempo, riconsiderando l’aggregazione dei nao nelle diverse unità.
• SVILUPPO VERTICALE DELLA STRUTTURA. Necessità di ricorrere allo sviluppo verticale solo quando
non si trovi altro modo di rispondere alla complessità della situazione.
• MISURE DI INTEGRAZIONE E FLESSIBILITA’.

2. la progettazione dei ruoli operativi e delle mansioni riguarda i contenuti di lavoro affidati alle diverse
posizioni di lavoro comprese nelle unità organizzative previste dalla struttura. Si tratta di aspetti che: si
collegano alla gestione del personale, producono effetti sulla motivazione del personale, sulla flessibilità
organizzativa e sulla produttività, completano l’assetto organizzativo.
Ogni posizione di lavoro identifica una mansione e corrisponde quindi ad un insieme di attività affidate ad
un lavoratore di solito omogenee e tra loro collegate.

La ricerca di fattori motivanti attraverso il disegno delle mansioni: secondo la visione meccanica
dell’organizzazione, l’alta specializzazione e il forte controllo sono ricette per conseguire l’efficienza
produttiva. In effetti in alcuni casi possono favorire l’efficienza produttiva semplicemente in ragione della
più facile rilevazione dei risultati dovuta alla forte strutturazione dei compiti. Tuttavia, determinano anche
effetti negativi nei rapporti tra lavoratore e mansione con ripercussioni sulla produttività. Il contenuto
intrinseco della mansione è fondamentale per la motivazione del lavoratore e ha quindi un potente impatto
sulla produttività e sull’accuratezza delle prestazioni. Soluzioni operative a questa problematica sono state
date dal TAVISTOCK INSTITUTE: la risposta principale è stata quella di ruotare, allargare e arricchire le
mansioni. La rotazione permette di ridurre monotonia e ripetitività, l’allargamento consiste nell’unificazione
in una sola mansione di più fasi contigue di un ciclo di lavoro precedentemente frazionato. L’arricchimento
consiste nella ricomposizione in una sola mansione di compiti esecutivi e di quelli che comportano
maggiore autonomia decisionale.
Il nesso tra motivazione e produttività può essere espresso considerando quest’ultima la risultante
dell’interazione tra capacità di lavoro e motivazione. La motivazione è legata alle variabili di progettazione
già considerate; la capacità di lavoro è la risultante di due componenti: l’abilità del lavoratore maturata nel
tempo attraverso la formazione, l’esperienza e l’aggiornamento, e la tecnologia disponibile.
CRITICA A QUESTA VISIONE: la prima ragione di critica è per il fatto di considerare in modo privilegiato i
comportamenti e le reazioni individuali, trascurando le variabili sociali e le interazioni di gruppo. Una
seconda ragione di critica deriva dagli sviluppi delle teorie motivazionali che portano a ritenere superati gli
assunti che correlano arricchimento con motivazione. Le visioni più moderne sottolineano invece la valenza
percepita a vari livelli della mansione e la molteplicità dei fattori motivanti: la mansioe non viene giudicata
motivante o demotivante sulla base di parametri oggettivi ma si cercano interpretazioni più ampie; diventa
rilevante il significato che gli operatori attribuiscono ad una determinata mansione e agli elementi
complementari del contesto organizzativo.
Nuovi scenari per il lavoro nel XXI secolo: diviene sempre più difficile tracciare ragionevoli confini intorno ad
un insieme limitato di doveri e responsabilità da assegnare agli individui. Il lavoro risulta un “artefatto
sociale” in un contesto di relazioni intersoggettive. Prima: lavoro, mestieri, compiti erano le unità di
riferimento intorno a cui si organizzava il lavoro. Le responsabilità attribuite al lavoratore erano collegate
insieme in base all’interazione tra quanto l’organizzazione chiedeva di svolgere e i limiti degli individui
assegnati ai compiti. All’origine di questo cambiamento si individuano 7 fattori: interconnessione tra lavoro
e tecnologia, necessità di accettare l’instabilità come un aspetto normale e non eccezionale, integrazione
nella forza lavoro di lavoratori temporanei, crescente rilievo dell’ apprendimento continuo, tendenza a
coinvolgere i clienti o i destinatari dei servizi nel controllo della performance, limitazioni di leadership e
supervisione connesse al minore impatto organizzativo della gerarchia, nuove strutture dei flussi di lavoro

29
imperniate sui gruppi e non più sugli individui.

Dalla mansione al ruolo: il rilievo delle competenze professionali. L’evoluzione più recente dei modelli di
progettazione dell’attività lavorativa è attratta da contesti di attività che richiedono forti livelli di autonomia
e discrezionalità professionale. IL CONCETTO DI MANSIONE IN QUESTI AMBITI Può ESSERE SOSTITUITO
UTILMENTE DA QUELLO DI RUOLO PROFESSIONALE che sottolinea aspetti come:
-il riferimento ad un ciclo di prestazioni considerato nella sua globalità e continuità.
-la presenza di un processo operativo da seguire e ottimizzare nel suo svolgimento
-il contributo qualitativo al problem solving in un contesto di relazioni con altri ruoli organizzativi.

L’analisi del contenuto dei ruoli professionali comporta che si rivolga l’attenzione a 3 diverse dimensioni di
tipo tecnico, relazionale e gestionale. Per questo tipo di analisi si può considerare la professionalità come un
concetto che implica queste tre dimensioni:
1. Componente tecnica: complessità del processo di produzione dei prodotti finali e quindi quale è
l’entità delle conoscenze scientifiche e delle metodologie professionali necessarie per operare
utilmente. Ciò si lega anche al grado di incertezza che è necessario tenere in conto a fronte di
imprevisti o eccezioni
2. Componente relazionale: quanto complesse e delicate sono le relazioni da attivare e mantenere per
ottenere risorse, informazioni, supporto. Solitamente sono i rapporti con i clienti e i fornitori.
3. Componente gestionale: quanto ampie e delicate sono le eventuali risorse economiche e/o umane
assegnate, cioè sotto la responsabilità del ruolo.

Il contenuto del ruolo non è identificabile isolandolo dal contesto, ma è definito in base alle attese di
comportamento e di requisiti di prestazione, che derivano dall’inserimento in un sistema di ruoli tra loro
interdipendenti e collocati in un ambito organizzativo specifico. Inoltre, il concetto di ruolo professionale
rimanda ad una capacità propria del soggetto di rispondere in modo personale e originale con le proprie
risorse di conoscenza, abilità e comportamento ai requisiti della situazione operativa.
Modello di Boyatzis: definizione di competenze come sistema di schemi cognitivi e comportamenti operativi
causalmente correlati al successo sul lavoro, a una prestazione efficace o superiore nella mansione. Da
questa definizione discende cuna codificazione delle competenze, utile anche a livello operativo per
analizzare ruoli di dirigenti o quadri intermedi: abilità di azione e conseguimento, abilità di gestione delle
persone, abilità di ragionamento analitico ->tre fondamentali classi di competenze. Ciascuna di esse può
essere poi declinata in diverse componenti, o fattori costitutivi.
Analisi della performance lavorativa: compito e contesto. Job performance= grado in cui il singolo lavoratore
aiuta l’organizzazione a raggiungere i suoi scopi. Performance = ciò per cui il datore di lavoro paga il
dipendente. Un’analisi dell’efficacia della performance deve riconoscere gli episodi rilevanti, quelli dai quali
dipendono differenze effettive di validità della prestazione, da tutti gli altri che hanno minore influenza.
Emerge quindi il carattere multidimensionale della performance che richiede all’analisi dei comportamenti
di focalizzarsi su una pluralità dei parametri, in modo da poter registrare vari gradi di efficacia. È utile
considerare due piani di valutazione della performance e dei comportamenti che la esprimono con
riferimento a uno specifico ruolo lavorativo: la performance di compito presenta una relazione diretta con il
cuore tecnico dell’organizzazione, perché ne segue i processi tecnici, e la performance di contesto che non
interessa direttamente i processi tecnici ma contribuisce a costituire e mantenere nel tempo le condizioni di
ambiente organizzativo sociale e psicologico che sono favorevoli ad uno efficace funzionamento del nucleo
tecnico. Entrambi questi aspetti assumono importanza. La performance di compito è promossa dal possesso
di conoscenze, abilità e abitudini connesse ad aspetti tecnici del lavoro e che derivano da abilità cognitive
accompagnate dall’esperienza. Invece la performance di contesto si rivela soprattutto determinata da un
diverso tipo di qualità del lavoratore, connesse soprattutto al sapere come comportarsi in situazioni
relazionali critiche, all’abilità nelle relazioni e nella cooperazione, alla motivazione nel resistere alle
difficoltà.
Il punto di riferimento fondamentale per orientare la progettazione dei ruoli professionali diviene allora

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l’analisi e la riflessione sulle caratteristiche di best performer, proprie di lavoratori che esprimono
comportamenti e risultati di eccellenza, sia a livello di compito che di contesto. La competenza definita a
partire dalle qualità di best performer diviene la condizione essenziale per un utilizzo delle leve di direzione
del personale come spinta e sostegno a coloro che ottengono una performance media, verso il
miglioramento complessivo della loro prestazione o verso l’acquisizione di caratteristiche nuove di abilità e
comportamento.
Il maggiore guadagno può essere ottenuto da una serie di interventi coordinati di politica del personale,
miranti a spostare la curva espressiva dei rendimenti del personale in direzione della performance di
eccellenza, in modo che i valori medi si avvicinino agli standard migliori e le prestazioni meno valide a quelle
considerate accettabili. ->l’approccio per competenze, orientato a sviluppare la performance attraverso lo
sviluppo della qualità del personale, diviene così il tema centrale della progettazione micro organizzativa.
Analisi dei ruoli professionali. Si possono individuare alcune classi fondamentali di figure e profili
professionali per metterne in luce differenze e implicazioni:
• Figure con prevalente contenuto tecnico
• Figure con prevalente contenuto di relazione
• Figure con contenuto tecnico e di relazione

1: tipiche situazioni di lavoro industriale, criticità del rapporto tra operatore e tecnologia
2: tipiche situazioni del mondo dei serivizi
3: diversi settori produttivi
LA PROGETTAZIONE INTEGRATA DI STRUTTURE, TECNOLOGIE, PROCESSI E COMPITI: gli interventi più incisivi
di riprogettazione organizzativa di dettaglio sono quelli che riescono a comprendere contemporaneamente
e in senso integrato, non solo la configurazione delle unità organizzative di base e dei compiti del personale,
ma anche la tecnologia e i processi operativi. Si tratta di cambiamenti self contained che ristrutturano o
reimpostano una parte del nucleo operativo di un’azienda senza modificare le altre parti o la macro
struttura. È un passaggio necessario per favorire a diffusa assunzione di modi di pensare e valori coerenti
con il ruolo e la responsabilità nuovi attribuiti al personale attraverso il ridisegno dei processi e dei compiti.
Esempio della Whirpool corporation: (ALTRI ESEMPI DA PAG 278) azienda su scala globale, che integra
geograficamente le diverse unità produttive con una capacità di gestione complessiva che costituisce il
fondamentale vantaggio competitivo. La chiave sta nel creare un’azienda che pensi globalmente, uno staff
che lavori insieme costantemente e al meglio. Inizialmente la struttura aveva un assetto abbastanza
tradizionale con 5 livelli gerarchici ma la riorganizzazione ha comportato una radicale semplificazione della
struttura con:
• Eliminazione di due livelli gerarchici
• Forte snellimento degli staff centrali
• Accorpamento della funzione information tecnology con la funzione di progettazione industriale
• L’avvicinamento della funzione qualità alla produzione
• Snellimento radicale della struttura: abolizione delle figure di capo intermedio, articolazione in 5
sezioni, ricomposizione di fasi prima gestite separatamente, arricchimento dei compiti nel senso
della pianificazione e del controllo della qualità.
• Cambiamento maggiore nei reparti produttivi, dove i gruppi di operai svolgono mensioni più ricche
e si auto regolano, assumendosi la responsabilità della gestione giorno per giorno e partecipando a
funzioni più complesse di programmazione e miglioramento della qualità.

Riprogettazione dei ruoli di base e forme organizzative: gli esempi riportati sono significativi dei nuovi
orientamenti progettuali imperniati sulla ridefinizione dei ruoli operativi di base, facendo leva
sull’autonomia professionale, sul lavoro di gruppo e sulla responsabilizzazione diffusa del personale.
Attenzione alla dimensione del contratto psicologico che si stabilisce nella relazione tra individui e
organizzazione -> clima che si stabilisce nella situazione organizzativa e qualità della leadership che la
anima.

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Le esperienze pratiche condotte da molte aziende evidenziano la fertilità dell’utilizzo combinato di una
pluralità di metodi di intervento che aumentano la flessibilità organizzativa e creano un contesto di lavoro
motivante e favorevole all’apprendimento come:
• Total quality management quale continuo intervento volto a promuovere la qualità dei processi
aziendali, attraverso il coinvolgimento dei lavoratori a tutti i livelli e l’attivazione di team di
miglioramento
• La misurazione e il monitoraggio continuo della soddisfazione dei clienti
• Il benchmarking ossia il confronto sistematico con le performance ottenute da concorrenti o
comunque da altre aziende che possono costituire punti di riferimento
• La riprogettazione dei flussi fondamentali di attività con attenzione particolare alla generazione di
valore per i clienti
• Lo sforzo per indirizzare anche i progetti di ICT e di sviluppo organizzativo verso la diffusione di una
cultura di miglioramento continuo.

PARTE QUINTA:
18. L’ INTEGRAZIONE ORGANIZZATIVA DELLE TECNO-STRUTTURE E DEI SERVIZI DI SUPPORTO
GLI ORGANI DI STAFF COME PROBLEMA DELL’ORGANIZZAZIONE

Le funzioni di intervento sull’organizzazione fanno parte di un più ampio gruppo di attività per le quali le
aziende a struttura complessa attivano le componenti di base: tecnostruttura e servizi di supporto.
Un intervento diretto è esercitato dai management di vertice o intermedi; in alternativa è possibile ricorrere
a contributi esterni di consulenti o imprese specializzate
La rilevanza e lo sviluppo di questi organi varia in relazione alle diverse forme organizzative:
1. Forma elementare = le funz. organizzative sono assunte direttamente dal capo impresa
2. Forma innovativa = le funz. organizz sono condivise da diversi organi
3. Burocrazie accentrate = le funz. organizz sono sviluppate con forti tecno-
Strutture
4. Forme professionali = le funz. organizz sono sviluppate come servizi di supporto
5. Forma decentrata = si ha uno sviluppo di tutti gli organi di staff, tecnostrutture e servizi ( sia a livello
aziendale, che delle singole unità divisionali)

La presenza di queste attività e strutture è quantitativamente rilevante in quanto possono incidere per oltre
il 20% dei costi aziendali.
Si è poi individuato nell’ assetto delle unità di staff, un problema organizzativo dovuto:
a) Opportunità di ridurre i costi
b) La facilità con la quale lo sviluppo di queste unità dà luogo a duplicazioni di analoghe strutture che
diventano poi fonte di diseconomie
c) Il rapporto tra organi di linea e organi di staff ha prodotto frequenti conflitti e tensioni;
accentuandosi quando lo sviluppo quantitativo e l’articolazione organizzativa degli organi di staff
superano certi livelli

Le principali funzioni di staff hanno alcune caratteristiche che se non governate generano problemi
organizzativi importanti:
_ Sono monopoli interni alle aziende
_ Comportano forme di decentramento e di duplicazione eccessiva di tecnostrutture e servizi
_ Esprimono una doppia natura e personalità legate alla difficoltà di separare nella pratica il ruolo di
tecnostruttura da quello di servizio

32
LA RICERCA I NUOVI ASSETTI PER LE FUNZIONI DI STAFF

Di fronte a queste problematiche le risposte sono state individuate tramite l’analisi dei contenuti specifici
delle principali funzioni di staff, in modo da poter avvalersi di soluzioni più adeguate alle rispettive
caratteristiche.
La distinzione funzioni di tecno struttura e attività di servizio (nel cap. 1) si presta ad essere ulteriormente
approfondita:
_ Funzioni di corporate governance: quella parte di funzioni di tecnostruttura che supportano dirett
il ruolo degli organi di governo economico o del vertice strategico dell’organizzazione. Ognuna delle
unità di staff ha una componente di questo tipo, volta a tutelare gli assetti complessivi dell’
azienda. - per quanto riguarda la condivisione di risorse e strutture è essenziale il
controllo dirett del management
_ Servizi professionali e consulenziali: spesso combinati all’assunzione da parte degli esperti di un
ruolo consulenziale o di assistenza nell’analisi dei problemi complessi e nella conseguente
risoluzione tecnica. Si tratta di attività che rientrano nei compiti della componente tecnostruttura
(analisti che progettano sistemi di valutazione delle prestazioni del personale o di controllo
gestionale) o nella componente servizi (avvocati che assistono l’azienda nelle cause giudiziarie).
Queste due attività hanno in comune il fatto di fondarsi sulla gestione di risorse professionali di
qualità. – per quanto riguarda la condivisione di risorse e
strutture è importante che vi sia una configurazione che consente di generare un apprendimento e
sviluppo professionale.
_ Servizi operativi: attività dotate di un minore contenuto tecnico professionale e prive di implicazioni
strategiche. Prevedono fattori di criticità quali: economie di scala, efficienza dei processi, efficace
uso della tecnologia. – per quanto riguarda la condivisione di risorse e strutture
si tende alla ricerca di una dimensione favorevole alle economie di scala.

Classificazione che comporta delle conseguenze:


I. La sfera delle funzioni di governance non è gestibile al di fuori dei confini organizzativi, in quanto è
una figura preposta a tutelare gli investimenti aziendali e a garantire la generazione di valore per
gli azionisti. Richiede la formazione di veri e propri uffici di staff, che possono rimanere snelli e
operare in stretto rapporto con il vertice strategico.
II. I servizi di expertise si prestano a essere gestiti in ambiti ad essi dedicati (centri stabili orientati allo
sviluppo e rafforzamento tramite un continuo esercizio e applicazione di competenze tecniche alle
problematiche complesse). Non necessariamente si dovrà di unità organizzative interne, ma la
scelta sull’ esternalizzazione di queste funzioni è legata alla frequenza di utilizzo, al costo, al grado
di flessibilità o rigidità.
III. Gli altri servizi richiedono una gestione orientata dalla ricerca di economie di scala e del massimo
grado di automatismo e standardizzazione. Centri di servizi di questo tipo possono essere
sviluppati sia all’interno, sia tramite il ricorso a forme di outsourcing.

Questi due ultimi tipi di funzioni di servizio si prestano ad una gestione di servizi condivisi a livello aziendale
e operanti secondo una logica di mercato (interno o esterno all’ azienda).
Nel passaggio da servizi centralizzati a servizi condivisi, ciò che cambia è la distribuzione del potere tra i
soggetti interessati; i servizi condivisi sono controllati dagli utilizzatori e permettono di attirare risorse dal
vertice alla base.
Oltre alla distinzione tra servizi specialistici e servizi correnti, bisogna prendere in considerazione la
frequenza e il volume di utilizzo delle specifiche prestazioni, se questi due fattori si presentano in modo

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elevato, la problematica dei servizi condivisi si pone pienamente, con l’ affermarsi di una convenienza per il
ricorso a centri stabili di servizi che possono essere di due tipi:
1. Centri di servizi interni: gestiscono le procedure amministrative, attività e servizi di routine con
economie di scala e metodologie efficienti.
2. Centri di expertise: si avvalgono di professionisti specializzati che intervengono come risolutori di
problemi in campi come la selezione del personale, la progettazione organizzativa, la valutazione, la
gestione del contezioso, ecc.

L’ outsourcing può porsi come alternativa rilevante sia per il primo che per il secondo ordine di attività.
Il vantaggio che porta l’adozione di queste modalità è che nessuna delle due prevede l’accentramento dei
servizi; mentre invece i servizi affidati all’esterno o concentrati nei centri di servizi interni o nei centri di
expertise, sono interpretati con una logica “fornitore- cliente” alla quale si conformano i criteri di
assegnazione delle risorse nell’ambito dei budget.
Adottando queste soluzioni si risolve anche la questione del quale sia il corretto equilibrio tra
accentramento di funzioni di staff e il loro decentramento verso i responsabili di linea.
19. IMPATTO ORGANIZZATIVO DEI SISTEMI E DELLE TECNOLOGIE DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE

L’impatto che le tecnologie dell’informazione e comunicazione (ICT) hanno sulle moderne organizzazioni, si
riversano su tutti gli stadi della catena del valore (logistica interna ed esterna, processi operativi primari,
marketing, vendite, servizi, gestione risorse umane), aprendo nuove prospettive verso ambiti di
collaborazione, partnership, alleanze con sogg esterni ai propri confini formali.
Negli ultimi anni del xx sec, le ICT si sono combinate con l’affermazione di nuovi fattori che influenzano la
formazione del vantaggio competitivo: centralità e maggior potere del cliente, velocità degli scambi,
diffusione delle connessioni tra imprese-istituzioni-persone.
Le innovazioni offrono importanti opportunità a ogni impresa e istituzioni, nel riprogettare e rigenerare
radicalmente la propria catena del valore e il modello strategico e organizzativo.
Capacità di possedere, attivare rapidamente e utilizzare informazione e conoscenze = fonti fondamentali
del valore e competitività
Ogni azienda dovrà essere valutata per il suo carattere information intensive tramite:
Dati = insieme di fatti distinti e oggettivi, che si riferiscono a un evento; nel contesto organizzativo possono
essere descritti come registrazioni strutturate dalle operazioni o dagli scambi. Possono essere assimilati ad
una “materia prima” necessaria alla creazione di informazioni.
I dati diventano informazioni quando il loro creatore vi aggiunge un significato.
informazioni = possono essere descritte come messaggi prodotti attraverso un documento, una
comunicazione scritta o a voce; implicano la trasmissione da un emittente ad un ricevente. All’interno delle
aziende circolano attraverso reti hard e soft, e sono organizzate a un certo fine.
Conoscenza = combinazione fluida di esperienza, valori, info contestuali; competenza specialistica che
fornisce un quadro di riferimento per la valutazione e assimilazione esperienze e informazioni. Nelle
organizzazioni risulta legata a documenti, procedure, processi organizzativi, pratiche e norme. Rappresenta
un concetto più ampio, rispetto a quello di dato e informazione
La tecnologia informatica è un potente strumento di trasmissione e conservazione, ma da sola non può
produrre conoscenza.
INTEGRAZIONE DEI SISTEMI INFORMATIVI AZIENDALI E RUOLO DEI PROGETTI ERP

Nello scenario appena descritto i sistemi tecnologici si trovano a essere sottoposti a stati di tensione, a
causa dell’ esigenza di integrare le diverse basi di dati e di favorire un uso più raffinato delle risorse di
informazione e conoscenza. Abbiamo dunque dei problemi di integrazione che coinvolgono i confini
organizzativi verticali, orizzontali ed esterni della flessibilità organizzativa.
L’integrazione dei sistemi informativi contribuisce a travalicare questi confini, ad attenuare l’impatto, a
favorire il coordinamento delle diverse unità; ma irrigidisce anche l’organizzazione, in quanto obbliga le

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diverse unità a seguire schemi comuni di elaborazione delle info, limitando l’adattamento a situazioni
specifiche.
I sistemi enterprise resource planning (ERP) sono ampi pacchetti modulari e integrati di software, che
rispondono all’esigenza di una completa riprogettazione dei sistemi informativi aziendali; si articolano in
sottosistemi che rispondono alle principali aree funzionali di un azienda.
I diversi moduli sono collegati in una rete, che consente la gestione unitaria e decentrata delle info e dei
processi, all’interno dell’azienda.
Si tratta di soluzioni applicative concepite in maniera tale da integrare l’insieme dei processi operativi e
quelli amministrativi, al fine di codificare il maggior num possibile di conoscenze manageriali e di annullare
cosi le distanze spazio-temporali tra i diversi luoghi e tempi di generazione e impiego delle info.
Questa integrazione tra i vari moduli è raggiunta tramite la costruzione di un data base unico, in cui
vengono archiviati tutti i dati aziendali. È un sistema che ha una struttura a più livelli.
Il patrimonio dei dati viene mantenuto in un unico data base server e le diverse stazioni di lavoro possono
richiamare le applicazioni contenute su diversi server applicativi.
I sistemi ERP hanno avuto una rapida diffusione a partire dalle imprese più grandi e dalle multinazionali,
fino a poi estendersi al mondo della media impresa.
I sistemi integrati ERP forniti da alcune società di software internazionali si sono rivelati efficaci nel
soddisfare i bisogni di velocità, flessibilità di risposta, qualità e livello di servizio, globalità e integrazione.
La rapida diffusione dei sistemi ERP negli anni 90, ha beneficiato di alcune spinte di carattere contingente:
1) l’esigenza di far fronte ai rischi del millennium bug 2) l’adeguarsi all’ introduzione dell’ euro
hanno accelerato la decisione di molte imprese di affrontare una completa reimpostazione dei propri
sistemi informativi.
Decisione dovuta a due cause più profonde: 1) emergere di una preferibilità di soluzioni package per motivi
legati ai costi e velocità di realizzazione; 2) l’abbandono delle architetture informatiche incentrate sui
mainframe.
Elemento critico dei sistemi ERP: essere orientati a integrare tutti i sottosistemi gestionali e amministrativi.
Attraverso questi sistemi, le ICT compiono un passaggio evolutivo, si passa da: una fase orientata all’
abbassamento dei costi e alla automatizzazione delle attività più strutturate e ripetitive a una fase di
supporto alle attività di programmazione e controllo operativo da parte del management a una
nuova fase di risposta al fabbisogno di coordinamento tra diverse unità e centri di attività nell’ ambito delle
aziende a una fase incentrata sull’ estensione dei sistemi ERP ai rapporti di un’azienda con
soggetti esterni.
I sistemi informativi aziendali tradizionali nascono da aggregazioni successive di componenti hardware e
software e sono caratterizzati da una forte frammentazione.
Con i sistemi ERP l’ integrazione del sistema informativo aziendale diviene nativa: ovvero dall’origine è
previsto il collegamento di tutte le info aziendali in un unico sistema in grado di pianificare, gestire e
organizzare tutte le attività dell’azienda, basandosi su archivi unici, aggiornamenti unitari e centralizzati
degli archivi.
Risulta cosi un ruolo di supporto alla gestione aziendale sui piani dell’interpretazione delle attività nei
processi della comunicazione tra le diverse unità, della tempestività e qualità delle decisioni.
Inoltre questi sistemi hanno una portata strategica e criticità operativa; consentono all’impresa di
combinare flessibilità ed efficienza, standardizzando le attività di gestione delle info senza rinunciare alla
varietà e variabilità dei contenuti.
L’uso di questi sistemi è oramai di abitudine nelle diverse sfere del funzionamento aziendale e cambia il
modo di lavorare delle persone. Ogni operatore inserisce info alimentando i data base aziendali e usa gli
input messi a disposizione da chi è intervenuto prima di lui. Aumenta cosi la necessità di lavorare
in modo coordinato e la responsabilizzazione da parte degli operatori sui rispettivi interventi. Queste
caratteristiche configurano i sistemi ERP come leve potenti anche di progettazione e ridisegno organizzativo.
I progetti ERP sono stati abbinati a interventi di riorganizzazione aziendale incisivi come quello del gruppo
Pirelli. L’applicazione degli stessi può prestarsi a sostenere l’evoluzione verso strutture organizzative piatte,
per processi con rafforzamento del ruolo del personale che viene dotato di tutte le informazioni necessarie
e viene responsabilizzato sulle operazioni da compiere .Lo sviluppo di queste potenzialità richiede che

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l’organizzazione aziendale si assesti nel gestire un maggior livello di standardizzazione e formalizzazione
delle operazioni su elevati livelli di affidabilità e professionalità. Questi sistemi comportano un elevato livello
di codifica di comportamenti e degli standard di prestazione e pongono all’organizzazione requisiti di
funzionamento rigidi. Ciò comporta un rischio di malfunzionamento nel caso in cui non vi sia coerenza tra i
requisiti imposti dal sistema e le caratteristiche professionali e di comportamento degli operatori, attraverso
l’adozione del software l’azienda si conforma a modelli organizzativi predefiniti; questo costituisce una
spinta potente alla razionalizzazione. I sistemi ERP rappresentano una più moderna modalità dei diffusione
di modelli meccanici di organizzazione.
STRUTTURE E
FUNZIONI PER LO SVILUPPO DEI SISTEMI INFORMATIVI

I sistemi aziendali si imperniano sulla risorsa tecnologica, hanno nella componente umana un elemento
indispensabile per il loro funzionamento. Quando le elaborazioni erano accentrate e offline, solo gli
specialisti informatici potevano essere considerati coloro che assicuravano il funzionamento dei sistemi; con
l’evoluzione verso le elaborazioni online e l’informatica distribuita gli utenti interni sono entrati in contatto
diretto con il sistema, sia come soggetti attivi che immettono dati, sia come diretti responsabili ed esecutori
di procedure. Quindi la componente umana è rappresentata da operatori della funzione sistema
informativo, e da tutti gli utilizzatori che alimentano le basi di dati. Nelle imprese a struttura complessa
resta rilevante il ruolo della funzione “sistemi informativi” cui compete la maggiore responsabilità in
materia di ICT.
Tale funzione è chiamata:
• a
sovraintendere all’applicazione delle tecnologie informatiche all’attività dell’azienda;
• applicare la
tecnologia ai sistemi informativi al fine di automatizzarli rendendoli più tempestivi precisi ed
efficienti.
• a seguire
l’evoluzione delle tecnologie informatiche in modo da favorire l’introduzione delle soluzioni e
applicazioni che rispondono ai processi aziendali.

Nelle aziende più evolute questa funzione contribuisce a valutare l’impatto potenziale delle nuove
tecnologie sull’assetto competitivo dell’azienda elaborando idee e proposte utile alla formazione e
all’adeguamento della strategia.
Un criterio diffuso che definisce l’assetto della funzione sistemi informativi è quello della suddivisione tra gli
specialisti e quelli che gestiscono le applicazioni già esistenti. Si afferma così la distinzione tra unità del tipo
“centro elaborazione dati” diretto da un EDP manager, rispetto alle attività di sviluppo e innovazione che
sono esaltate dalla crescita dell’informatica individuale e delle applicazioni delle tecnologie di rete.
L’assetto organizzativo delle ICT muta con un passaggio da architetture centralizzate basate su un unico
mainframe aziendale ad architetture in cui la potenza di calcolo e la capacità di archiviazione dati sono
distribuite su minisistemi, server e personal computer.
Viene meno il concetto di CED.
La funzione sistemi informativi deve garantire e mantenere in buona efficienza operativa le risorse di calcolo
elaborazione e archiviazione dati.
Gli operatori informatici dovranno essere distribuiti nei centri effettivi di utilizzo o continuare ad operare
nell’ambito della funzione centrale.
Cambiano anche interventi richiesti agli specialisti nel senso dell’assistenza, del sostegno dell’utenza nello
sviluppare autonome applicazioni nel coordinamento e fissazione di regole e standard aziendali.
Ciò richiede lo sviluppo di capacità di consulenza verso le applicazioni di informatica individuale e di abilità
nel gestire le relazioni con gli utenti. Acquistano senso gli sviluppi dell’outsourcing che interessa l’attività con
più marcato carattere di servizio routinario, acquistano senso anche attività tipiche della tecnostruttura che
si prestano alla esternalizzazione.

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L’attivazione degli ERP e la fase di parametrizzazione e adattamento ai processi specifici aziendali si
avvalgono dell’assistenza offerta da società di consulenza specializzate, che sono considerate partner stabili
dei fornitori di software e i loro tecnici operano per lunghi periodi presso le aziende che hanno intrapreso
progetti di questo tipo; si osserva la tendenza a esternalizzare i compiti dotati di contenuto tecnico
specialistico e a rivolgere attenzione ai compiti di tecnostruttura che possiedono contenuti che vedono
sempre più la convergenza tra progettazione organizzativa e informatica, nell’ambito di progetti di business
process reenginering. Le caratteristiche di tecnostruttura riducono l’esigenza di figure manageriali ed
incrementano quella di professional.
CONDIZIONI
DI SUCCESSO DEI PROGETTI INFORMATICI E MODELLI ORGANIZZATIVI AZIENDALI

In tutto il mondo imprese e organizz di diversi settori stanno investendo risorse sempre più ingenti in ICT. Si
è notato che le imprese che hanno saputo utilizzare le ICT con maggiore efficacia sono state le ICT STARS,
mentre in caso di fallimento sono collegati al manifestarsi di patologie organizzative.
Il rapporto tra unità specialistiche di ICT e utilizzatori aziendali nelle tecnologie stesse, è individuato come
elemento critico che spiega il successo di alcune esperienze aziendali: nelle ICT STARS gli utilizzatori hanno
un buon livello di conoscenze di tecniche, mentre le unità specialistiche operano come fornitori di servizi
interni orientati ai processi. Mentre le imprese che ottengono scarsi benefici si valgono di strutture
specialistiche sottosviluppate con carente orientamento al servizio e cattiva gestione dei progetti.
REGOLE PER UNA SUPERIORE PERFORMANCE DELLE ICT
1) Priorità alle
ICT nello sviluppo dei prodotti
2) Integrare le
ICT in marketing vendite e servizi
3) Usare le ICT
selettivamente per integrare altri processi aziendali
4) Spostare il
focus delle ICT dall’amministrazione alla pianificazione e sviluppo manageriale
5) Fare delle ICT
un problema del Top management
6) Creare un
network di servizio ICT orientato al cliente
7) Introdurre
sistemi integrati di SW nella logica del veloce imitatore dando però priorità al ridisegno del
business.

Risalta il ruolo del sistema informativo come strumento di connessione e integrazione dell’intera azienda e
la sua rilevanza non meramente strumentale.
La tecnologia dell’informazione è un elemento del business e degli stessi prodotti e servizi offerti e impone
l’attenzione diretta del vertice strategico e l’innesco di collaborazioni tra specialisti e clienti interni.
Il successo o insuccesso delle ICT nelle aziende, rimanda a scelte organizzative di fondo:
le moderne tecnologie dell’informazione sono neutre dal punto di vista del modello organizzativo
nonostante la potenza della suggestione che le accompagna come sorgente primaria di nuove strategie e
logiche competitive.
LE ERP si limitano ad agevolare sfruttando al meglio le potenzialità delle risorse hardware e Software
avanzate conferendo affidabilità ai flussi informativi.
un utilizzo efficiente delle ICT può costituire strumento di potenziamento e affinamento di:
_ una forma di
burocrazia dinamica che ha alla base lavoro di routine,
_ di una forma
imperniata su unità di business decentrate e governate dal centro mediante sistemi di misurazione
per obbiettivi

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_ di una forma
professionale che si fonda su attività lavorative dotate di elevato grado di giudizio e discrezionalità
e che dipende dalle esperienze e capacità degli operatori di alta qualificazione
_ di una forma
innovativa nella quale l’elevata competenza delle risorse professionali è orientata a progetti di
radicale innovazione
_ di una forma
elementare nella quale un utilizzo creativo e diretto delle tecnologie che vede fondersi nelle stesse
persone le figure di specialisti e imprenditori diventando base per lo sviluppo di nuovi business.

20. LA DIREZIONE DEL PERSONALE


LA DIREZIONE
DEL PERSONALE NEL CONTESTO ORGANIZZATIVO AZIENDALE: RESPONSABILITà DIFFUSA,
PROCESSI ARTICOLATI, DESTINATARI E INTERLOCUTORI DIFFERENZIATI

La funzione di direzione del personale all’interno di un’azienda, è destinata a scontrarsi con alcuni problemi
e ad essere soggetta alla pressione di molteplici individui.
Si tratta di un’attività e funzione caratterizzata da:
_ Responsabilità
diffusa
_ Processi
articolati
_ Clienti
differenziati
_ Contesto ad
alta intensità di relazioni
_ Professionalit
à multiple

La direzione del personale risponde a diverse esigenze:


_ Esprimere una
politica del personale unitaria e coerente con gli indirizzi strategici, che incidono
sull’organizzazione e funzionamento dell’azienda
_ Favorire e
sostenere una forte assunzione della responsabilità da parte della dirigenza nella gestione del
personale
_ Procurare
servizi rivolti sia ai responsabili delle unità organizzative, sia a tutto il personale

Il problema di fondo è: orientare i comportamenti di tutti, indistintamente dal titolo o ruolo che ricoprono
all’interno dell’azienda, verso il raggiungimento degli obiettivi istituzionali e di mettere in atto le condizioni
necessarie alla trasformazione di questi comportamenti, avvicinandoli alle esigenze di efficienza
organizzativa, competitività aziendale, innovazione di prodotti e processi.
L’ azienda deve governare la diversità del personale nel suo insieme, in modo da rispettare alcune regole
generali necessarie per motivi di economia e razionalità, ma anche per realizzare alcuni vantaggi legati
all’integrazione, interscambio, generazione di stimoli.
La gestione del personale rappresenta un ambito critico e delicato sul quale si misura la gestione del potere
e gioca un ruolo importante:
_ la politica
dell’organizzazione
_ la suddivisione
formale di competenze e responsabilità

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_ argomenti e
decisioni specifiche di gestione del personale (assunzioni, retribuzioni, gestione carriera, ecc.)
sono esposti a relazioni ed esercizio di influenza attraverso strumenti di un serie di attori e soggetti
interni ed esterni. (VEDI PAG 323, FIGURA 20.1)
ORGANI
SPECIALISTICI DEL PERSONALE: I RUOLI ORGANIZZATTIVI MULTIPLI

Il management delle risorse umane costituisce un’attività professionale inserita nell’assetto organizzativo e
orientata ad aggiungere valore al funzionamento aziendale esercitando una serie di ruoli, che in un assetto
a responsabilità diffusa devono comporsi a sistema.
RUOLI MULTIPLI DI DIREZIONE DEL PERSONALE:
1. Gestore di
servizi di supporto: ruolo tradizionale, che vede le strutture e professionisti del personale
progettare e far funzionare efficientemente i processi di selezione, formazione, valutazione,
retribuzione, promozione, mobilità del personale, assicurando cosi l’adeguamento dell’organico
alle esigenze organizzative proprie delle diverse unità. La direzione del personale deve assicurare
l’efficienza di tutti questi processi.
2. Partner
strategico: la direzione del personale svolge questo ruolo quando contribuisce a determinare
politiche del personale coerenti con le impostazioni strategiche acquisite dall’ente e in grado di
sostenere efficacemente la realizzazione. Qui l’asse di attenzione è posto sull’aspetto strategico.
3. Promotore
delle risorse umane: svolge funzioni quali: accrescere l’impegno del personale per gli obiettivi
dell’organizz, accrescere la sua competenza; ciò richiede dedicare energie nella comprensione delle
esigenze dei dipendenti, cercare i modi più adatti per sostenerli nel rispondere alle richieste
organizzative, stimolare e incoraggiare i responsabili di linea nel valorizzare le qualità del personale.
4. Agente del
cambiamento: richiama l’aiuto richiesto ai professionisti del personale nell’identificare e realizzare i
processi di trasformazione organizz e di cambiamento culturale, operando come ”guardiani” dei
valori fondanti l’identità aziendale.

Gli ultimi due ruoli sono maggiormente orientati nel dare attenzione alle persone e relazioni
intersoggettive; mentre 1 e 3 hanno in comune un prevalente orientamento operativo, 4 e 2 esprimono una
maggiore sensibilità strategica.
RUOLO MULTIPLI DI DIREZIONE DEL PERSONALE NELLE DIVERSE FORME ORGANIZZATIVE: ( VEDI PAG
329, TAB 20.2)
• Forma
elementare: ruolo centralizzatore del capo azienda spazio limitato per gli organi specialistici e
quasi tot confinato nello spazio di gestione dei servizi. Ci può essere qualche figura di consulente
esterno a sostenere il vertice, nell’affrontare probl di ordine generale.
• Forma
accentrata e decentrata: caratterizz da razionalità organizzativa formale danno maggiore
spazio ad organi di staff in chiave operativa, e strategica. La forma decentrata: vede il maggior
sviluppo di tutte le funzioni di staff che si sviluppano sia nel “quartier generale” che nelle unità di
business.
• Forma
innovativa: afferma l’esigenza di un contributo professionale a affrontare i processi di
cambiamento e sostenere la creatività delle persone. Tutti e 4 i ruoli hanno un loro spazio che viene
colto con l’esteso coinvolgimento delle varie unità aziendali e tramite ricorso a consulenze esterne.
• Forma
professionale: limita le funzioni specialistiche e concentra l’azione sugli aspetti di orientamento alle
persone promuovendo lo sviluppo professionale e del cambiamento

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L’adempimento di ciascuno di questi 4 ruoli diviene essenziale e determinante per la performance
complessiva nel governo delle risorse umane. La gestione dei servizi assicura progettazione e
funzionamento efficiente delle funzioni base; la partnership strategica allinea i meccanismi operativi del
personale con proprietà derivanti dalla ricerca di vantaggi competitivi. Le funzioni del personale
raggiungono uno standard professionale elevato solo se sono attente e focalizzate sui processi e sulle
persone, e se sono in grado di padroneggiare gli aspetti strategici sia quelli operativi.
Il successo nell’ esercizio di ruoli multipli richiede di bilanciare la tensione e la contraddizione potenziale
connessa all’essere al contempo sia partner strategico del management, sia soggetto che valorizza i
dipendenti.
Essere un partner accettato, significa aver sviluppato un capitale professionale che conferisce autorevolezza
e autonomia; ma che richiede un bilanciamento tra l esigenza di cambiamento, innovazione e
trasformazione e bisogno di continuità disciplina e stabilità. Richiede dunque una capacità di gestione
delle tensioni tra le istanze di cambiamento e garanzia di un efficiente funzionamento ordinario; ciò è
possibile quando i professionisti del personale si interpongono come elementi di dialogo tra coloro che
difendono la tradizione e i sostenitori dell’innovazione, garantendo che siano predisposti sistemi operativi
adeguati a supporto della tradizione organizzativa e del cambiamento culturale.
LA DIREZIONE
DEL PERSONALE TRA MERCATO ESTERNO E MERCATO INTERNO DEL LAVORO

La consistenza di ruoli multipli nella gestione del personale acquista pieno significato solo nel momento in
cui si adotta l’ottica di attivare, gestire e valorizzare il “ mercato interno del lavoro”.
I responsabili delle diverse unità organizzative aziendali vengono considerati come datori di lavoro che
esprimono una domanda e possono ricorrere per soddisfarla sia all’interno, sia ad assunzioni esterne.
I dipendenti invece costituiscono soggetti attivi del mercato e dispongono della possibilità di migliorare la
loro condizione lavorativa attraverso processi di mobilità interna.
Entrambi gli aspetti devono rispondere ad una serie di regole che vengono proposte e gestite dagli organi
specialistici di direzione del personale, che ha il compito di regolare il mercato interno del lavoro e
l’equilibrio, tramite le condizioni del mercato esterno.
La logica di mercato interno e di concorrenza regolata, stimolano i responsabili ad usare leve di gestione del
personale in modo selettivo ( cioè dispongono di un tot di premi che devono corrispondere alle attese di
miglioramento economico e professionale dei dipendenti). Dal punto di vista dei dipendenti la concorrenza
interna apre una gamma di più ampie prospettive professionali e valorizza le persone più competenti e più
aperte e disponibili al cambiamento.
Condizione per una positiva gestione del mercato interno del lavoro risiede nel ruolo ricoperto dalle
strutture centrali del personale come sogg che gestisce “ le regole del gioco” atte a bilanciare e contenere la
concorrenza interna.
Anche il ricorso al mercato esterno del lavoro pone dei probl di bilanciamento tra autonomia dei vari centri
di responsabilità e la garanzia delle regole.
La gestione dell’ equilibrio tra mercato interno ed esterno del lavoro comporta un decentramento di
decisioni e responsabilità ai responsabili e un ri -orientamento delle strutture generali del personale verso
compiti di definizione e gestione delle regole e l’ emergere di alcune nuove tematiche che assumono un
importante rilievo.
Canali di marketing interno atti a mettere in relazione i gruppi chiave del mercato interno: scelta da parte
dei vertici strategici del canale, mediante il quale rapportarsi con i dipendenti: possono essere ad esempio
sindacati interni.
Il marketing interno porta a:
1) ridefinire organicamente il quadro delle regole del gioco che interessano le classi degli operatori
2) rilevare e valutare le competenze, il potenziale e i risultati
3) gestire efficacemente la comunicazione
Ne deriva la necessità di una serie di strumenti di gestione che pongono esigenze nuove anche per quanto
riguarda i sistemi informativi di supporto, come:

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_ Strumenti per
il governo e la programmazione della mobilità: ricorso a “bandi interni” per la selezione del
personale interessato a ricoprire determ posizioni, la definizione di periodi e scadenze dei concorsi
alla mobilità
_ Strumenti di
gestione delle competenze: impostazione di un sistema informativo del personale(curriculum
professionale)
_ Nuovi
strumenti per potenziare la comunicazione diretta e bidirezionale con i dipendenti :sondaggi,
rilevazioni d’opinione attraverso posta elettronica

L’ASSETTO
ORGANIZZATIVO DELLE FUNZIONI DEL PERSONALE

Si è arrivati a suddividere gli ambiti cui sono affidate funzioni di supporto alla governance, di servizio con
forte contenuto di expertise e di servizio di ordine più corrente.
Nelle aziende più modernamente organizzate si tende a ricercare assetti diversi per le tre componenti
indicate, concentrando soprattutto:
• nella
governance l’azione della direzione del personale
• nel servizio di
expertise si ricorre ad apporti esterni
• nel servizio di
ordine si tende alla ricerca della max automazione e ci si affida a centri di servizi.

Nelle piccole organizzazioni il supporto alla governance può essere assolto da consulenti esterni.
le imprese più innovative e orientate a mantenersi “snelle” riescono a far a meno di molti organi di staff,
abituando la dirigenza a gestire dirett i processi più critici, affidando gli altri processi a centri esterni di
servizi.
Si presenta una esigenza di disporre di un presidio professionale specifico per i processi di gestione del
personale che sostenga la propria dirigenza (sia quella di vertice che intermedia) nell’ esercizio delle prorpie
responsabilità.
Nel definire l’assetto organizzativo per le funzioni del personale, vi sono delle problematiche connesse alla
collocazione dell’ unità preposta alle stesse nella macrostruttura aziendale.
È possibile che la funzione di direzione del personale sia anche combinata con altre funzioni affini ( altre
unità di staff : affari generali, organizzazione) l’unificaz in un unico centro di responsabilità delle
strutture di direzione del personale e di quelle che si occupano dell’organiz, è utile nelle situazioni in cui si
affrontano intensi processi di cambiamento organizzativo e si esercita una più forte pressione sui
comportam individuali e di gruppo.
Altra questione è : l’ Assetto interno alle unità che si occupano di personale si presenta il problema di
come definire la microstruttura della funzione del personale.
Le soluzioni sono diverse e risentono del condizionamento delle dimensioni dell’azienda:
1) struttura per
progetti: introduce una distinzione tra unità dotate di compiti più stabili e routinari, e interventi più
innovativi. I gruppi di progetto funzionano come un’aggregazione temporanea di risorse professionali
diversificate e orientate alla realizzazione di un obiettivo
2) Unità di lavoro
più stabili: incaricate di gestire continuamente gli strumenti di gestione .
3) Unità di staff
decentrate: nelle grandi aziende l’assetto delle funzioni del personale sono chiamate anche a gestire il

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decentramento di responsabilità. I dirigenti hanno continuamente alle loro dipendenze i lavoratori e
ciò comporta la formazione di piccole unità di staff decentrate ai dipartimenti e settori operativi.
SISTEMI
OPERATIVI DI GESTIONE DEL PERSONALE: UN MODELLO PER Più COMPETENZE

La strumentazione operativa di direzione del personale può essere considerata attraverso un approccio e
una visione integrata, secondo il modello delle competenze che permette di ottenere un quadro di
definizione delle competenze dal quale derivano tutti i principali strumenti operativi di direzione e gestione
del personale.
Modello di gestione del personale per competenze (vedi pag 340- fig 20.8)
La definiz delle competenze professionali riprende l’analisi sulle determinanti della performance lavorativa
in termini di qualità nei comportamenti (vedi pag 341 fig 20.9). il contributo offerto o sviluppato dal
lavoratore, può manifestarsi nel concreto tramite un intreccio di risultati ottenuti e competenze manifestate
nei comportamenti osservabili. Ne deriva il vantaggio di evitare di affrontare questioni che rientrano nella
privacy della persona, e si guarda solo ai comportam visibili.
CATALOGO
DELLE COMPETENZE

Alcune grandi aziende predispongono di una mappa completa delle qualità professionali rilevanti per il
complessivo contesto aziendale; che può operare una selezione di un numero più o meno limitato di fattori,
in vista delle caratteristiche del proprio business e dei processi da gestire.
Il gruppo FIAT ha elaborato una mappa di questo tipo, restringendo l’attenzione a due elementi: 1) le
conoscenze 2) le capacità- qualità professionali; privilegiando le professionalità polifunzionali e
interdisciplinari.
La mappa è composta da 10 capacità/ qualità uguali per tutti i dipendenti e 21 fattori di conoscenza, 12 dei
quali specifici per ogni funzione e 9 generali.
Questo modello è applicato a circa 1/3 dei dipendenti e orienta tutti gli interventi di gestione del personale
più qualificato.
Le conoscenze sono divise in:
_ generali (
comuni a tutte le aree di attività)
_ disciplinari
(proprie di specifiche aree funzionali o settoriali)

le capacità- qualità danno luogo invece ad un insieme di competenze che assumono valore generale per
l’azienda, in quanto sono considerate rilevanti per l’esercizio di qualunque attività- ruolo
Questi sistemi di gestione per competenze sono orientati verso i ruoli più complessi ed in particolare verso
le figure di knowledge worker, ma si prestano anche ad improntare tutta la gestione del personale,
orientando l’attenzione verso fattori differenziati.
La sua applicazione consente di approfondire l’analisi delle competenze per ciascun ruolo, con un livello di
personalizzazione molto spinto sottolineando anche le qualità che l’azienda vuole promuovere (come :
fattori di integrazione e identità complessiva)
Altro modello: adottato dalla Canon: si basa sulla distinzione tra competenze chiave e competenze di ruolo.
In seguito all’introduzione di prodotti digitali (1996) l ‘organizzazione e la gestione del personale hanno
subito dei cambiamenti. L’organizzazione ha subito cambiamenti radicali sui settori delle vendite e del
marketing, tramite l’uso esteso di team di lavoro interfunzionali capaci di operare in orizzontale lungo la
struttura.
Per quanto riguarda la politica del personale si è passati all’ adozione di un modello per competenze
focalizzato sulle possibilità di sviluppo e accrescimento professionale. ( VEDI PAG 344)
PROFILI
PROFESSIONALI E POSIZIONI DI LAVORO

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Il profilo definisce le caratteristiche e contenuti professionali richiesti ad una tipologia di operatori, prevista
da un sistema di classificazione formale di derivazione contrattuale ed idonea ad essere impiegata in una
serie di posizioni organizzative con requisiti simili.
Sistema di profili professionali articolati per una pluralità di variabili. Profilo base deve individuare elementi
quali:
_ Aree di
responsabilità / risultato attribuite
_ Relazioni e
contesto organizz di riferimento
_ Competenze
richieste
_ Curriculum
formativo e professionale previsto per l’accesso
_ Linee di
sviluppo professionale

Tramite questi strumenti l’azienda dispone di un preciso riferimento per lo sviluppo del personale volto a
comunicare un concetto allargato dei compiti e del potenziale di utilizzazione di ogni figura.
I diversi profili vengono raggruppati in famiglie professionali (insiemi di figure dotate di caratteristiche
abbastanza omogenee)
Tale raggruppamento avviene in base alla comunanza delle competenze che li caratterizzano e del tipo di
processi operativi che concorrono a gestire, facendo emergere una serie di percorsi naturali di sviluppo.
Il numi stretto di profili e famiglie, riduce la rigidità organizzativa e facilita l’uso del personale per più
mansioni.
Le caratteristiche individuate per ciascuna famiglia e profilo costituiscono una base di riferimento
utilizzabile per diversi scopi tra loro correlati:
_ Individuazione
delle caratteristiche dl personale da inserire nell’ambito delle diverse posizioni
_ L’orientament
o della definizione degli obiettivi operativi, articolati per sottogruppi omogenei o per singoli ruoli,
nell’ ambito di programmi di attività o piani di lavoro e dei connessi parametri o indicatori
espressivi dei risultati ottenuti
_ Valutazione
delle prestazioni del personale
_ Retribuzione
_ Sviluppi di
carriera
_ Impostazione
di iniziative di formazione
_ Eventuale
riprogettazione delle posizioni e ruoli

l’effettiva collocazione organizzativa e l’assegnazione di compiti specifici hanno un carattere più dinamico e
fortemente variabile; fanno parte dell’organizzazione del lavoro che i dirigenti sono chiamati a impostare e
rinnovare all’occorrenza – non sono quindi troppo rigidi e formali.
SISTEMI
OPERATIVI DI GESTIONE DEL PERSONALE

Sono sequenze strutturate di elaborazioni informative e di decisioni che consentono l’adattamento


dinamico di organi e ruoli organizzativi alle esigenze operative; vi rientrano i meccanismi retributivi,
compresi quelli incentivanti o legati alla valutazione delle posizioni, progressione di carriera, la valutazione
delle prestazioni, le procedure di selezione e assunzione del nuovo personale, la gestione della mobilità,

43
ecc.
L’approccio per competenze rivela la sua potenzialità e utilità quando diviene principio ispiratore e
ordinatore di tutti i meccanismi operativi del personale.
I vari sistemi operativi tendono a stimolare le qualità richieste in termini di comportamenti osservabili; l
anello di congiunzione è: l’ analisi e definizione delle competenze.
SISTEMI DI
VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI DEL PERSONALE

L’analisi delle competenze offre una traccia di riferimento, dalla quale si possono far derivare schede che
schematizzano i fattori che i valutatori dovranno tenere in considerazione, facendo riferimento alle
prestazioni svolte da ogni operatore in un determinato periodo.
I sogg che esprimono le valutazioni sono i responsabili gerarchici, cioè coloro che sono più dirett a contatto
con i valutati e che rispondono del coordinamento delle attività.
Negli ultimi anni oltre ai capi gerarchici, anche altri valutatori( almeno 3_ figure che hanno contatto e
conoscenza diretta sull’attività dell’azienda) esprimono valutazioni riguardo al personale.
È il caso della Canon Italia, che usa due procedure differenti per la valutazione:
1) Per le
competenze: considerate più stabili nel tempo
2) Per le
competenze di ruolo

I risultati della valutazione non si legano solo al sistema premiante economico e di carriera. Ma anche allo
sviluppo di piani formativi per accrescere le competenze secondo le esigenze
La periodica valutazione delle prestazioni è strumento che completa la definizione dei ruoli, rendendola più
aderente alle esigenze e condizioni di funzionamento delle strutture consentendo di governare e gestire
l’adattamento dinamico dell’organizzazione rispetto al reale contesto operativo.
PARTE SESTA
20. IL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
Considerato nella sua accezione forte, è una realtà che coinvolge nel profondo l’impresa o l’istituzione che
la affronta.
Il cambiamento organizz :
• si associa
spesso a un contestuale ri-orientamento strategico
• induce a
modifiche nell’assetto delle risorse aziendali
• comporta il
superamento di forme di inerzia organizzativa
• richiede
drastici mutamenti nei comportamenti degli individui

nei periodi di radicale e complessiva trasformaz, l’azienda supera modi e logiche di funzionamento
consolidati, che possono sfociare nell’assumere tratti di una nuova e diversa forma organizz o nel ripristino
delle caratteristiche di una forma già in atto.
Queste trasformaz complesse e radicali, comportano ri-orientamenti strategici, e in alcuni casi la
definizione e realizzazione di una strategia nuova.
Strategia che può essere il motore che innesca l’evoluzione o l’evoluzione di una capacità organizz di
apprendere e generare innovazioni. Processi di riorganizzazione inseriti in un rinnovamento
complessivo
Altre volte, i processi di cambiamento aziendale di maggior entità possono essere connessi al recupero
dell’efficienza ed efficacia organizzativa. Processi di ristrutturazione aziendale.
UN MODELLO
PER L’ANALISI E INTERPRETAZIONE DEL PROCESSO DI CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO

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Variabili che sono contemplate nel modello elaborato:
_ Spinte al
cambiamento: fattori motivanti, forze che aprono prospettive o suscitano stimoli
_ Inerzia
organizzativa: varie manifestaz nelle quali si esprime la proprietà caratt dei sistemi organizz di
tendere alla stabilità e continuità del funzionamento
_ Agenti del
cambiamento: attori in grado di operare nell’ ambiente interno all’organizz come promotori e
partecipanti attivi del processo di cambiamento
_ Processi di
cambiamento: specifiche sequenze di azioni e interaz dove i manifesta il percorso evolutivo di
un’azienda
_ Leve di
attivazione dei processi di cambiamento: strumenti e prassi mediante i quali gli attori possono
intervenire nei processi evolutivi cercando di indirizzarli e gestirli
_ Risultati e
forme dell’evoluz organizz: nuovi profili che emergono dalle varie sfere del funzionam aziendale
come risultato del processo di cambiamento

22. I FATTORI MOTIVANTI, L’INERZIA ORGANIZZATIVA E IL RUOLO DEGLI AGENTI DEL CAMBIAMENTO
LE SPINTE(
FATTORI MOTIVANTI) PER IL CAMBIAMENTO

I processi di cambiam organizz hanno le loro radici e forze motivanti nell’incessante riprodursi e rinnovarsi
delle relazioni tra le aziende e l’ambiente.
E diverse spinte vengono distinte in 2 gruppi che generano:
1. tensione
strategica : deriva da condiz di variabilità e incertezza presenti nell’ambiente, che generano
opportunità e minacce per il futuro dell’azienda, comportando l’esigenza di governare una
complessità informativa rilevante
2. tensione sulle
risorse : derivano da vincoli e restrizioni che limitano la disponibilità di risorse per alimentare il
funzionam del sistema organizz e il suo adattamento a esigenze ed opportunità che si
manifestano.
principali
spinte che determ la tensione strategica:
_ Tendenze
macro-ambientali e della domanda
_ Cultura e
valori sociali, espressi dai consumatori, clienti, cittadini
_ Cultura e
valori professionali
_ Concorrenza
_ tecnologia
spinte che
detem tensione sulle risorse:
_ imposizione
dall’esterno di traguardi sfidanti
_ scarsità
_ situazioni di
emergenza o crisi acuta

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_ forme di presa
di parola o di protesta
_ vincoli
normativi

la portata dei diversi fattori esaminati, risulta come indispensabile condizione di cambiamento della quale
hanno bisogno gli attori istituz per impostare e realizzare le loro strategie.
studi effettuati da Hirschman hanno evidenziato che la presenza di alternative concorrenziali per un servizio
pubblico, non è sempre garanzia della sua positiva evoluzione, ma può trovare seguito in andamenti
perversi come: la “scrematura” degli utenti più consapevoli, e il mantenimento di una sorta di monopolio
indolente, non scalfito dalla concorrenza di cui si serve per dirottare la clientela insoddisfatta della bassa
qualità delle prestazioni fornite.
Le diverse spinte mettono in tensione l’assetto organizzativo, determinando un forte divario tra realtà
esistente e le esigenze percepite dagli attori.
La tensione strategica agisce evidenziando uno scenario di possibilità e tendenze sia positive che negative
che richiedono adeguamento e prospettano innovazione.
La tensione sulle risorse è caratterizzata dall’immediatezza dell’impatto e dalla necessità di far fronte a
qualcosa di critico; per entrambi i gruppi di spinte la situazione più favorevole al cambiamento non è dato
dal massimo livello d intensità dello stimolo. Se la tensione strategica o la tensione sulle risorse generate
dall’interazione con l’ambiente sono molto elevate, è forte il rischio che la capacità innovativa e di
adattamento organizzativo dell’azienda sia paralizzata e bloccata, invece che stimolata.
Una situazione più favorevole si realizza quando il livello di tensione è intermedio, in quanto è in tali
condizioni che le aziende possono gestire attivamente l’incertezza e dispongono di uno spazio di manovra
per concentrare risorse sui nodi critici e obiettivi di innovazione.
Questo stimolo positivo si produce molto meno nelle situazioni stabili e dotate si risorse abbondanti, dove è
debole l’incentivo a innovare e mutare.

Possiamo dire che:


_ la forma
burocratica è tipicamente idonea ad un habitat con basso livello di tensione strategica e alto grado
di tensione sulle risorse, che riesce ad economizzare al massimo in condizioni di stabilità
_ la forma
innovativa si adatta ad un livello medio- alto di tensione strategica, ma richiede bassa tensione sulle
risorse, date le modalità dispendiose del funzionamento.
_ La forma
professionale si colloca in livelli medio-bassi di tensione strategica, con limitata pressione sulle
risorse, dovuta all’autonomia difficilmente comprimibile dei professionisti
_ La forma
decentrata consente di gestire una forte tensione sulle risorse, in presenza di livelli medi di
tensione strategica
_ La forma
elementare ha una grande adattabilità e si può ritrovare in ogni ambito, compresa la condizione più
difficile di tensione elevata per entrambi gli aspetti.

L’aumento della tensione al cambiamento verso livelli intermedi o alti, modifica le condizioni di esistenza e
compatibilità ambientale, proprie delle diverse forme e può innescare processi di transizione da una forma
all’altra.
INERZIA
ORGANIZZATIVA

I sistemi organizzativi risentono di dinamiche autonome di espansioni dimensionale di tutela della


continuità e di sensibilità a interessi e fini anche non istituzionali.

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Per inerzia si intende la tendenza di forme e funzioni organizzative a permanere anche quando risultano
inefficienti e non funzionali agli scopi stabiliti.
L’inerzia organizzativa non significa solo impermeabilità e resistenza al cambiamento e alle spinte che lo
legittimano; ma anche che la logica stessa del cambiamento è soggetta a condizioni di inerzia e quindi il suo
procedere può trovarsi indirizzato o deviato da istanze e fini diversi da quelli considerati istituzionali.
Possiamo distinguere due grandi ordini di fattori che si traducono in inerzia organizzativa:
• fattori
comportamentali riconducibili al modo in cui individui e gruppi orientano le loro azioni nell’ambito
di un sistema organizzativo
• fattori
sistemici che agiscono indipendentemente da una scelta di comportamento e dalla relativa
dinamica che coinvolge individui e gruppi; si presentano come risultante di un insieme di relazioni
che coinvolgono soggetti e ruoli professionali e ambiti diversi di attività.
• L’inerzia di
tipo comportamentale si esprime in 5 forme legate a fattori di ordine:
_ Cognitivo
_ Organizzativo
_ Di stile
relazionale
_ Politico
_ Di valori
• I fattori
sistemici di inerzia si manifestano quando la messa in atto di una strategia si trova ostacolata dalla
limitata capacità del sistema aziendale di adeguarsi alla nuova logica di funzionamento richiesta per
cause strutturali e non riconducibili a scelte dei vari soggetti. Si distinguono situaz tipiche quali:
_ Sovraccarico
strategico: quando le nuove strategie non sono sostenute da un proporzionato investimento nella
capacità di management e quindi il processo di cambiamento non trova una guida affidabile
_ Effetto di
soffocamento della strategia da parte della routine operativa dove vi è un progressivo abbandono
degli sforzi per realizzare una nuova impostazione strategica a vantaggio della continuità nella
gestione
_ Divario tra
risorse e capacità richieste dal cambiamento ed effettivamente disponibili: tale divario presenta
rilevanti aspetti qualitativi e quantitativi e si esprime in carenze di dosaggio tra i differenti tipi di
capacità profess e gestionale.
GLI AGENTI
DEL CAMBIAMENTO

L’avvio dei processi del cambiamento non è mai un fatto deterministicamente dipendente dalle condiz
ambientali, ne dalla sola capacità di concepire e formulare obbiettivi e strategie. L’energia che si genera
nell’interazione tra azienda e ambiente trova una via razionale se incanalata in una visione strategica
tramite il contributo di soggetti capaci di incidetico. Il cambiamento riguarda anche un sistema aziendale e
quindi è necessaria una guida che sviluppi energia negli aspetti professionali e tecnici. La combinazione fra
leadership politica e professionale varia da caso a caso a seconda del tipo di istituto ma anche del genere di
cambiamento che si profila, portando alla differenziazione delle qualità personali emergenti nei leader
efficaci.
L’azione di un leader rappresenta probabilmente la prima forma di agente del cambiamento.
Il ruolo dei leader e il loro rapporto con gli altri sogg che animano il mutamento è importante. L’efficacia
dell’azione di leadership poggia sulla capacità di favorire il sorgere e l’attivazione di ruoli e relazioni nei
principali ambiti operativi rilevanti per la realizzaz di una strategia e per il conseguente processo di

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cambiamento.
Al di là della leadership ulteriori forme di agenti di cambiamento complementari, si combinano ad esso; e
sono :
_ Ruoli organizz
critici: si presentano in corrispondenza allo svolgimento di compiti che assumono un ruolo decisivo
per l’esito di un intervento; da essi dipende la messa in atto di condiz che influenzano comportam
diffusi e rilevanti di altri operatori
_ Costellazioni
di ruoli: emergono dalle ricerche sul processo di innovazione nelle organizzaz complesse come un
fattore impo, complementare alla leadership nello sviluppare energia e tensione verso il
cambiamento raccogliendo impulsi insiti nelle spinte ambientali
_ circuiti o reti
emergenti: costituiscono degli insiemi di ruoli organizzativi o in parte extraorganizz, fra i quali si
stabiliscono nessi e legami di vario tipo, tesi a rafforzare e amplificare l’influenza degli appartenenti
al circuito e rivolti a facilitare lo svolgimento di compiti assegnati a ciascuno.

23 I PROCESSI DEL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO


I PROCESSI DI
CAMBIAMENTO E LE LEVE DI ATTIVAZIONE

Nel processo di cambiamento possiamo distinguere diversi sottoprocessi orientati da specifiche logiche, che
sono:
1. Processo di
apprendimento: si ha il mutamento delle conoscenze, degli stili relazioni e dei valori
2. Processo di
sviluppo organizzativo: prevede il mutamento del sistema delle risorse
3. Processo di
gestione del potere: muta il sistema degli interessi e delle influenze
4. Gestione
complessiva dei processi di cambiamento e loro coordinazione

24. GESTIONE INTEGRATA DEL PROCESSO DI CAMBIAMENTO


FASI E FORME
DI TRANSIZIONE ORGANIZZATIVA

L’evoluzione delle organizzazioni costituisce un processo che coinvolge le persone, non solo come individui,
ma nella dimensione sociale e di interazione con ripercussioni nei rapporti interni all’azienda e in quelli con
sogg esterni.
È un processo che si sviluppa nel tempo, deve fare i conti cioè con la scansione temporale dei diversi eventi
e fasi.
I progetti elaborati in un ottica tecnica, devono confrontarsi con dinamiche nelle quali hanno peso fattori
come: idee, valori, cultura, interessi influenza dei diversi sogg. ecc.
1. Fase
ideologica: sostenuta da specifiche scelte organizzative, orientate a diffondere i valori di
riferimento. Non è una fase-forma stabile. Possiede una naturale tendenza a scivolare verso altre
modalità di funzionamento; è indotta da spinte come il trascorrere del tempo che indebolisce ogni
ideologia, comporta la scomparsa di leader carismatici, comporta la crescita delle competenze
tecniche e professionali, ecc.
Possono avere un ruolo anche fattori esterni all’azienda come: l’ emergere di tensioni e pressioni
concorrenziali, l’evolvere dell’ambiente di riferimento
Assume il ruolo di un elemento che catalizza e orienta il cambiamento, precludendo alcune
direzioni e facilitandone altre. Si può sovrapporre ad altre forme, coesistendo con esse e
accentuandone i tratti.

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2. Fase di
evoluzione: sovrapporsi di modalità di funzionamento diverse da quelle fin ora analizzate. I
cambiamenti che si manifestano sono caratt dall’emergere di conflitti e contrapposiz tra attori del
sistema organizzativo. Si vengono a confrontare diverse visioni dell’azienda e diverse concezioni del
modello organizzativo da adottare. Emerge una dinamica di potere ed è solo con l’imporsi di alcuni
sogg che l’azienda trova assestamento
3. Fase
professionale: modalità di funzionamento di tipo politico. Si ha quando si materializza la lotta per il
potere, che va a coinvolgere tutta l’organizz che diventa a sua volta un’arena politica, ovvero uno
spazio per il perseguimento degli interessi in conflitto di diversi individui. La gestione del potere
diventa l’unico processo di cambiamento cui si rivolge tensione e impegno dei sogg. tale forma a
volte si sovrappone a quelle tradizionali; può sovrastarle e trasformarle, ma può avere anche una
funzione positiva, in quanto può attuare dei cambiamenti che altrimenti erano impediti da assetti
di potere
Preesistenti. Questa forma ha un carattere centrifugo che tende a dissolvere l’unità
dell’organizzazione e a frantumarla in parti che divengono risorse da conquistare da altri gruppi che
sono in lotta per il potere.

Il conflitto rappresenta un fenomeno impo per il cambiamento. Se portato a livello ottimale di


intensità produce benefici socio-psicologici ed organizzativi; oppure può essere visto come un
fenomeno da contenere il possibile.
• Lati positivi
del conflitto:
_ Genera
motivazione ed energia per affrontare probl
_ Rende
esplicite questioni non immediatamente evidenti
_ Attraverso il
confronto che ne segue allarga la comprensione dei veri obiettivi e interessi di individui e
gruppi e porta a rinforzare la comprensione tra gruppi
_ Stimola il
senso di urgenza
_ Scoraggia
comportam elusivi o di rinvio rispetto a probl e situazioni critiche
_ Aiuta a
prevenire soluz premature di probl complessi.

Fondamentalmente il conflitto crea stress, ostacoli e ritardi e viene quindi, spesso considerato
un fenomeno negativo da evitare.
Quando l’intensità del conflitto è troppo intensa l’organizzaz si paralizza: vi è fiducia e ostilità,
rigidità nei modelli di comportam, l’informaz viene ristretta e distorta e si riduce la ricerca di
alternative di fronte alle decisioni.
Con bassa intensità di conflitto l’organizz entra in una fase di stasi, le persone evitano di
prendersi responsabilità, non c’è confronto di idee, si trascurano le info rilevanti, i probl
vengono diagnosticati con superficialità.
Un corretto livello di conflitto diviene una forza attiva che consente di comunicare problemi e
informazioni, e trasformare dati e informazioni in conoscenza, le decisioni sono di migliore
qualità, l’impiego di energia si sposta sulle tattiche difensive al fine di attuare una concreta
attività di problem solving.
COMPLESSIVA
GESTIONE E COORDINAZIONE DEI PROCESSI DI CAMBIAMENTO

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Complessiva gestione del processo di cambiamento sono state individuati degli aspetti:
_ Essa si
inserisce nell’ambito del modello generale di analisi del cambiamento organizzativo
_ Assume
importanza il livello di coerenza e” l’effetto sistema” dell’insieme di leve attivato
_ Assume
importanza la scelta e scansione dei tempi nell’attivare le varie leve e percorso

25. TRASFORMAZIONE ORGANIZZATIVA


VARIETà E
PLURALISMO DELLE FORME ORGANIZZATIVE NEGLI SCENARI EVOLUTIVI PER LE IMPRESE E
ISTITUZIONI DEL XX SEC
L’organizzazione del futuro sembra destinata a rispondere a esigenze quali:
_ Utilizzare in
misura magg rispetto al passato, le potenzialità di apprendimento, di cui le imprese
stesse dispongono
_ Riconoscere
che il cambiamento dei comportam non è solo il risultato dei processi di trasformazione
aziendale, ma anche che rappresenta il motore e la forza traente
_ Diviene
capace di trasformarsi e riconfigurarsi nel tempo

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