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INTRODUZIONE
Omero e Tucidide
Amore e bellezza
Il tragico
Il mondo storico
Il XVIII secolo
Platone
Le cose
C’è un poemetto del I secolo d.C., per molto tempo attribuito a Virgilio,
che descrive bene il clima del presentarsi delle cose nella loro iniziale
indeterminatezza, quando riappaiono sulla scena del quotidiano irradiarsi
della luce, che le distoglie dal nascondimento notturno e le ripropone. Si
tratta del Moretum, in cui un contadino, Simulo, svegliatosi al buio, si alza
sollevando il corpo, scivolato dal misero letto e con la mano esplora le
tenebre e cerca il focolare per ravvivare, soffiando la cenere, il tizzone
ardente. La luce elenca le cose, distinguendo le varie coltivazioni: il
cavolo, le bietole e il ravanello con la zucca. Per definire la riunione con se
stessi dopo il ritorno dal mondo notturno, Proust ha usato un’immagine
che ricorda i soldatini dell’infanzia: un sonno di piombo. E sembra di
essere diventati se stessi, nei brevi attimi che seguono il sonno, un ometto
di piombo. Non si è più nessuno. Quando si pensa nuovamente, non
succede mai che un’altra personalità diversa dalla prima si incarni.
Perché? Risorge l’ordine delle parole e delle cose: si ritorna nel
quotidiano, ci si ricollega a passate esperienze e si risvegliano ansie sopite,
mentre le cose riacquistano la loro apparente inerzia. Si osservi come
Virgilio e Ovidio descrivono il riposo di tutti gli esseri nella natura in
quiete. Dice Virgilio che era notte, e in terra i corpi stanchi riposavano, e si
erano placati i boschi e il mare, quando le stelle si volgono a metà del
corso, e tacciono i campi, le greggi e gli uccelli, e gli esseri acquatici e dei
rovi: dormienti nella notte silente placano le pene e i cuori dimentichi
degli affanni. Ovidio ripropone tale topos dicendo che la quiete profonda
aveva liberato nel sonno uomini, uccelli ed animali e senza rumore stavano
inerti le siepi e le fronde; umida taceva l’aria: solitarie brillavano le stelle.
Molto dopo, nella poesia di Nikolas Lenau il tema ritorna con riferimento
agli uccelli che si agitano nel sonno, immersi nella profondità del canneto,
in un inerte stagno notturno illuminato dalla luna. Per l’evocazione del
risveglio nelle società antiche ci si può riferire a questo passo tratto da La
morte di Virgilio di Herrmann Broch, dove l’arrivo imminente del giorno è
annunciato dal risuonare delle cose passate, dal respiro degli animali e
dagli uomini che vanno al mercato: la fila dei carri avanzava lentamente; si
sentiva il rumore delle ruote sul lastricato, lo scricchiolio degli assali, lo
stridere dei cerchioni contro le pietre, il cigolio delle catene; ma a volte
ansimava un bue, a volte echeggiava un richiamo sonnolente. Il respiro
La natura
CONCLUSIONE p. 152
BIBLIOGRAFIA p. 155
156