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PREMODERNO, MODERNO E POSTMODERNO

Tema dell’immagine  centrale per il fatto che la percezione sensibile avviene con le immagini (tema già
platonico), le quali sono caratterizzate da una loro struttura e peculiarità che si modificano nel corso del
tempo, si evolvono e trasformano nelle diverse culture venendo percepite in forme distinte in base alla
cultura di appartenenza e alla conformazione gnoseologica di chi le osserva.
Definizione di immagine: insieme di forme e figure dotate di unità e significato. Ogni immagine ha in sé
una molteplicità di sotto immagini, non è mai una singola verità assoluta, dotata di unità (identificabile) e di
significato (dotata di un senso che traspare allo spettatore). Lo studio dell’immagine è una materia
interdisciplinare perché coinvolge varie discipline diverse, tra cui la filosofia, l’estetica, la storia dell’arte, la
semiologia e discipline di carattere scientifico e neuroscientifiche che studiano le modalità con cui la mente
umana configura la realtà in immagini. Un versante più recente e pragmatico di applicazione di conoscenze
teoretiche al campo dell’immagine coinvolge le scienze delle comunicazioni, i culturale studies e tutti gli studi
sul digitali che si interfacciano con la questione dell’audiovisivo che si manifesta in immagini
Tema di rilevanza perché viviamo in un contesto culturale affollato di immagini in cui da un punto di vista di
apprendimento e di primato nell’ambito della formazione l’immagine assume un valore centrale e decisivo
andando a soppiantare la parola scritta. Secondo alcuni assistiamo a un processo epocale paragonabile a
quello che ha portato al mondo della cultura orale a quello della cultura scritta. Tracce delle modalità
conoscitive ed educative delle fasi precedenti rimangono anche oggi tracce di sapere e conoscenze
trasmesse oralmente, una civiltà delle immagini non soppianterà mai totalmente la dimensione della parola,
ma in termini quantitativi questo processo potrebbe avvenire ed è già in atto. È urgente parlare di immagini
anche all’interno del dibattito estetico
Nuclei evolutivi essenziali  dislocazione temporale adeguata a comprendere il concetto stesso di immagini,
quando si cerca di fornire un quadro esaustivo di processi lunghi individuando categorie di riferimento, si
incorre nel pericolo del riduzionismo: semplificazione di fenomeni complessi, rischio necessario correre e
che ci fa assumere in maniera critica le categorie.
3 concetti
PREMODERNO
Fase che precede l’avvento della modernità, possiamo parlare di premoderno o di arcaico (in eliade) per
definire il tipo di civiltà e culture di oriente e occidente che erano caratterizzate da una strutturazione
culturale, politica e sociale di tipo arcaico, legato a una visione del mondo che presenta una serie di costanti
e correlati che variano nel tempo e nelle civiltà, esplicati con elementi che si ripresentano (archetipici).
Civiltà caratterizzate dalla centralità dell’esperienza del sacro nell’esistenza individuale e collettiva.

Un altro elemento identificabile come costante in questo tipo di civiltà e cultura è una certa unità della
coscienza dell’io con l’alterità, altro da sé  questo sia in un senso verticale-religioso (unità dell’uomo
come piano divino) sia in un senso orizzontale-divino (untù dell’individuo con la comunità di appartenenza).
Non dice niente dell’oggettività del piano divino, ma su come i popoli consideravano se stessi e si
mostravano nei documenti e fonti a disposizione. L’io che sarà un protagonista della modernità, nelle civiltà
arcaiche è una figura sconosciuta, uomo come singolo, ma sempre in rapporto con l’altro da sé, sia come
trascendenza del divino che permea con il sacro la vita collettiva sia l’altro da sé umano, con altri membri
della collettività, antenatice e tradizionale di riferimento.

Queste civiltà erano caratterizzate dal predominio e centralità nell’esperienza conoscitiva della facoltà
definita come analogica o simbolica, facoltà che vede nelle cose della realtà non oggetti su cui si esercita la
ragione o l’intelletto, ma forme simboliche che rimandano sempre a qualcosa d’altro.
La costruzione di categorie con cui le civiltà arcaiche e premoderne osservano la realtà non è improntata alla
centralità della facoltà irrazionale, ma facoltà analogica-simbolica che ha varie correlazioni (estetica, poetica,
magica…) in alcuni contesti religiosi.

Un altro aspetto costante è il cosmismo: percezione ottimista da un punto di vista cosmologico rispetto ai
destini dell’universo sulla base della convinzione di un principio metafisico assoluto che sarebbe elemento
fondativo e provvidenziale della realtà. il cosmo in queste civiltà è qualcosa che ha un senso intrinseco
perché è proiezione della trascendenza. La realtà al contempo era intesa come una dimensione chiusa e
finita, l’universo è una posizione finita, conchiusa e dotata di limiti  idea di perfezione, se qualcosa è
ordinato ha un principio, questo qualcosa deve essere circoscrivibile, campo in cui lo sguardo umano può
posarsi, in questo senso lo stesso spazio limitato è anche aperto al manifestarsi dell’irrazionale: mondo con
leggi che possono essere infrante dal divino, anche l’idea di natura è intesa come nel senso greco di fysis
come una dimensione vitale e non come una dimensione morta e reificata.

Questi elementi sono costanti culturali proprie delle civiltà arcaiche, si tratta di una terminologia molto ampia:
una popolazione amerinda ha un visione del mondo completamente diversa da quella dei greci, ma nella
maggior parte dei casi queste costanti sono riconoscibili da una lunga tradizione di studi. Caratteri che si
modificano fino alla modernità

MODERNO
difficile trovare una data di fondazione: negli studi storici inizia dal 1492, quello che forse da un punto di vista
filosofico può essere indentificato come il chiaro segno dell’avvento della modernità è la congiunzione
culturale tra il razionalismo (autori come Cartesio con il ‘Discorso sul metodo’, padre del razionalismo
filosofico moderno) e le rivoluzioni scientifiche del 1600 con tutte le scoperte e studi intorno alle figure di
Keplero, Newton e Galilei che trasformano la visione del cosmo in un senso radicale (momenti simbolici).

Trasformazione di grado: i germi di queste posizioni ci sono anche nei secoli precedenti come
nell’umanesimo, in una sistematizzazione filosofica viene collocata in questo secolo. Sul piano della
interpretazione filosofica di come veniva letta e interpretata l’immagine possiamo identificare la figura
dell’immagine con quella del simbolo  simbolo deriva dal greco sumbolon, identificava nella cultura greca
quella tessera ospitale spezzata nel momento in cui un ospite ospitava un amico a memoria di questa unione
e legame in modo da ricomporre la tessera negli incontri successivi futuri, immagine che si riversa nella
cultura di simbolo come unione.
Simbolo è quella unione che è capace di unire se stesso e qualcosa altro, unire la propria manifestazione
formale-fenomenica e un piano ulteriore, altro da sé. Una delle definizioni più celebri di simbolo formulata da
Goethe è quella di unità particolare e universale: simbolo come figura che congiunge in sé simultaneamente
la particolarità della propria manifestazione singolare e un richiamo all’universale ossia ciò che è generale e
assoluto, in questo senso il simbolo è identificato come una facoltà alternativa alla ragione che ha una
funzione analitica, ovvero di scissione (simbolo congiunge, la ragione smembra e identifica le singolarità).
Il simbolo ha un significato molto potente e profondo, molte tradizioni distinguono il simbolo da quello di altri
concetti trattati in maniera sinonimica come quelli di metafora e allegoria: entrambi da verbi greci che parlano
dell’alterità, allegouerin ovvero dire altro  elemento particolare che dice qualcosa di altro da sé, ma il
simbolo non dice qualcosa di totalmente altro da sé, ma un universale che è compresente al contempo in sé.
Esempio di Schelling: mentre le statue del mondo greco erano simboli (perfetta unione di particolare e
universale, la statua ma anche il divino), sono allegorie le rappresentazioni in cui una figura e immagine
viene utilizzata come segno per esprimere qualcosa di altro da sé che non è immediatamente se stesso. Per
esempio, il fedele quando vede la figura della croce pensa che quell’oggetto di legno rappresentante il divino
che è nei cieli, particolare che esprime un universale fuori dall’immagine stessa.
Per eliade tutti gli elementi nell’antichità erano visti come simboli: compresenza che aveva un valore
conoscitivo ed epistemico, l’uomo moderno invece avrebbe perso questo tipo di facoltà sintetica e vedrebbe
con chiarezza la distinzioni e tra elementi naturali e quelli divini.

Nell’epoca premoderna in senso generale l’immagine coincide con il simbolo, oltre a essere la forma
particolare, incarna in sé la dimensione del cosmo che è pieno del divino. Il simbolo per eliade ha un valore
di caratterizzare l’esistenziale all’interno dell’esperienza del mondo degli uomini antichi: simbolo come
strumento con cui la conoscenza si realizza, l’uomo vede nella realtà immagini simboliche perché la sua
mente è definibile con funzioni simboliche. Questo tipo di tesi è giustificata ricorrendo alle categorie kantiane
delle forme a priori di spazio e tempo se rilette però in un’ottica pluralista: per Kant tutte le formi a priori
erano uguali in tutti gli uomini, possiamo ipotizzare che queste forme siano distinte da una civiltà all’altra e la
visione dell’immagine seguisse forme a priori di carattere simbolico che vedevano spazio e tempo con criteri
analogici e simbolici.
In un contesto antico il mondo può essere inteso come un vasto repertorio di scritture che si danno per
immagine in attesa di essere disvelate, lette e comprese  esempio: come i testi sacri vanno letti in senso
simbolico, le parole possono essere intese come simboli che intendono se stesso, ma anche un significato
trascendente, così le immagini della natura hanno una funzione simbolica.

La teoria platonica sull’immagine ci mostra una sistematizzazione filosofica di questa visione del mondo
arcaica, ma contiene già l’intuizione della distinzione moderna tra dimensione particolare e universale
dell’immagine. Le immagini di cui parla Platone sono definite in modo ambiguo, complessa e duale:
incorpora l’idea (anch’essa un simbolo), nell’immagine l’uomo vede l’idea, da questo punto di vista la
celebrazione platonica di alcune specifiche forme artistiche come la danza che si esprime per immagini ci
testimonia del possibile riconoscimento del divino e ideale, al contempo si ha anche l’intuizione platonica
della dismisura e differenza tra immagine e idea (arte come copia di copia). L’artista platonico viene letto e
interpretato con una chiave di lettura che non corrisponde a quella visione arcaica per cui l’artista era legato
a stretto giro alla sfera del divino: l’artista mette in immagine simbolica la verità che si manifesta in ambito
religioso e sacrale con un linguaggio ineffabile, l’arte dà testimonianza concreta e manifesta del divino.
Prospettiva che nel corso dei secoli va in crisi, smantellata nella modernità

Moderno non è sinonimo di presente o contemporaneo, il concetto di moderno inizia a essere presente nelle
forme in epoca umanistica in una forma quasi antitetica: erano gli umanisti che criticavano i propri moderni
(loro contemporanei che si attestavano su posizioni filosofiche e culturali di tipo scolastico a cui gli umanisti
guardavano come forme culturali da superare tornando all’antico), in questo contrasto gli umanisti si
ritenevano antimoderni, parlavano della centralità della cultura antica da recuperare in un appello all’antico
contro il moderno.
In una metamorfosi del genere nasce l’idea di moderno più diffusa  è la nuova cultura sollecitata dagli
umanisti volta a smantellare il mondo antico a essere centrale (ipse dixit= verità si trasmette
tradizionalmente e non è un percorso individuale da intraprendere sulla scorta della facoltà critica)
È dal moderna che nascono le forme di pensiero progressiste: idea che l’idea antica diffusa che guardava
alle origini con nostalgia viene sostituita da una proiezione del futuro, non veniamo da un’età dell’oro a cui
dobbiamo tornare, ma possiamo accelerare il passaggio con la tecnica e la ragione umana verso un mondo
migliore (La ragione filosofica e scientifica ha un ruolo decisivo).

Passaggio del mondo teocentrico a antropocentrico, il moderno si costituisce in contrapposizione


all’arcaico con una sorta di capovolgimento: alla centralità del sacro si opera un processo di
desacralizzazione individuale e collettiva, processo che porterà agli esiti ultimi della disgregazione che
coincide con il nichilismo, in cui manca il fine e il perché (si perde il valore dei valori). Al contempo l’idea di
unità cosmica forte nelle popolazioni primitive si va a incrinarsi, si afferma sempre più un radicalismo di tipo
dualistico con la netta distinzione tra oggetto e soggetto, individuo e collettività.
Il tutto è rappresentato in una delle forme più note  distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensia, 2
termini con cui identifica la polarità essenziale della realtà, ovvero il pensiero e la natura. Cartesio
contrappone questi 2 principi: l’io umano che è dotato di sostanza autonoma dal resto della realtà esiste
come res cogitans, l’altra è un oggetto passibile di conoscenza, viene meno l’idea di complicazione tra uomo
e natura. Si afferma così l’antropologia individualista che diventa centrale nei modelli politici di tipi illuministici
e liberali dove si cristallizza l’idea dell’individuo come protagonista della vita associata.

L’individuo è dotato come facoltà guida della facoltà della ragione e correlati della stessa, fondata sul
principio Aristotele di non contraddizione, si oppone alla logica del simbolo che viola il principio di non
contraddizione (una cosa ha identità con se stessa e per essere tale deve essere distinta da ciò che è
diversa da sé, è impossibile che A sia uguale a B), sulla base della logica e ragione si sviluppa la logica
scientifica e la scienza moderna. Visione cosmica di ottimismo trasfigurata in una forma immanente e
materiale: non si ha più fiducia nel cosmo in sé, ma nella possibilità del progresso ed evoluzione guidata
dall’uomo, la realtà tende a perdere il carattere magico presente nell’antichità e diventare qualcosa di
oggettivo  estensione con parametri quantitativi, dimensione naturale dotata di un senso e leggi che sono
immanenti a se stessa, escludono la trascendenza e il divino
Se adottiamo in maniera estesa il tipo di paradigma notiamo come lo statuto estetico dell’immagine subisca
una trasformazione nella modernità: nel moderno l’immagine tende a separarsi dal simbolo e a chiudersi e
risolversi in se stessa, ossia perdersi il carattere universale del simbolico  immagine solo particolare.
Immagini di età moderna dotate di significate e senso, capaci di coinvolgere ed esprimere, ma il significato
ha i tratti convergenti con la cultura razionalista di riferimento, significato descrittivo, univoco, logico che
tende a esprimere in maniera apollinea la propria stessa identità

Una testimonianza si ha nel fatto che nel periodo moderno le opere d’arte hanno un carattere autonomo
svincolato dai caratteri religioso e metafisico, mentre nel mondo antico l’arte era essenzialmente arte sacra,
aveva una dimensione simbolica essenziale per la natura simbolica di rimando costante alla trascendenza,
l’opera d’arte era giudicata con criteri metafisico simbolico che con un criterio estetico in senso moderno.
Questo tipo di svuotamento del carattere universale dell’immagine si accompagna non in maniera lineare e
univoca allo svuotamento dei principi metafisico e teologico della modernità
Il processo non è lineare, anche nel moderno seguendo un percorso storico artistico troviamo artisti con un
linguaggio simbolico, es. movimento dei preraffaelliti, hanno un orientamento artistico simbolico, si tratta
però di eccezioni che spesso nella stessa coscienza degli artisti vengono rivendicate come alternative alla
cultura dominante, Davide bigalli scrive ‘Un’altra modernità’ individuando una serie di filosofie e correnti che
senza rifugiarsi in pensieri o formule passatiste riflettono sulle modalità altre interne alla modernità stessa.

POSTMODERNO
Fase più complessa, evidente come la modernità del XXI sec abbia tratti distinti dalla modernità 700-800.
Proprio per mostrare questo iato è nato il concetto di postmoderno: è difficile identificare una nascita storica,
ma possiamo identificare traiettorie culturali, è ciò che viene dopo il moderno, nasce con il collasso della
modernità.
Ha un carattere contraddittorio rispetto al moderno: è strettamente connesso al moderno, più di quanto era
all’antico-premoderno, nasce in polemica contro quel tipo di civiltà. Questa estrema conseguenza logica
fagocita i principi essenziali del moderno.
Una delle immagini più efficaci è presente nell’opera ‘La dialettica dell’illuminismo’ di Adorno e Horkheimer:
testo complesso ed enigmatico, l’illuminismo inteso come il filone culturale della modernità sarebbe
caratterizzata da una dialettica intrinseca per cui la ragione che l’illuminista libera, che mette in campo nella
storia delle idee con il potenziale critico, compiuta piazza pulita del mondo precedente alla modernità e
implementatasi in maniera fagocitante, arriva con il divorare sé stessa: la ragione moderna per il carattere
decostruttivo arriva a mettere in dubbio anche se stessa, se tutto perde di valore, anche la ragione arriva a
decostruire se stessa e a non valere come principio autonomi.

Il post moderno è caratterizzato dal tracollo della centralità della ragione, sviluppa una visione culturale
esistenziale paradossale che da un lato radicalizza la tendenza soggettivistiche della modernità, ma proprio
per il carattere di decostruzione arriva in maniera creativa e ironica a inglobare in sé stesso tendenze anche
premoderne. Se nemmeno la ragione ha un fondamento di carattere assoluto e teoretico possiamo
ammettere che il pensiero magico di una tribù ci dica tanto quanto il pensiero di Newton  forma centrale
del postmoderno che ha tante varianti, non esiste il postmoderno in sé, ma tanti autori del grande processo
di trasformazione globale, i protagonisti di questa trasformazione che elaborano una filosofia all’altezza di
questo cambiamento si sono riconosciuti come artisti del post moderno

Condizione postmoderna di Lyotard


Quali sono gli elementi strutturali a questo tipo di visione? Crollo centralità della ragione e crollo del principio
di realtà, se la ragione non è in grado di giungere a una verità sul mondo, possiamo mettere in discussione
anche la sussistenza della realtà in sé  posizioni radicalmente relative che immaginano ipotesi di una
realtà illusionistica, se la ragione dell’uomo è capace di ingannarlo, come facciamo a costruire un pensiero
solido e verificabile? Emergono posizioni di carattere relativistico o prospettivo  valorizzano in maniera
decisiva nella struttura della conoscitiva il lato della prospettiva soggettiva. Ciò in parte lo si ricollega agli
sviluppi dell’estetica: l’affermazione di Dino Formaggio ha questo tipo di sfumatura post moderna in quanto
esprime il fatto che la definizione della classe di realtà non corrisponde a un principio di realtà, ma in base a
chi instaura uno sguardo sulle cose. L’orinatoio può essere opera d’arte come un quadro di Raffaello perché
è la prospettiva che vince e dà significato alla realtà

L’idea stessa di individuo entra in crisi, le radici di molte riflessione postmoderne risalgono all’opera di N:
la coscienza per N non è un principio sostanziale capace di offrire questa distinzione perché non è un dato
oggettivo, ma è una funzione che serve all’uomo per rapportarsi all’esterno, pensiero perturbante che ha
avuto varie declinazioni concettuali
Per esempio, Foucault parla della morte dell’uomo nella postmodernità riprendendo l’espressione N della
morte di dio: così come nella modernità il valore di dio viene meno, la conseguenza estrema è la morte
dell’uomo che non ha più un valore universale fondato genericamente condivisibile

Alla facoltà della ragione dell’invidio si sostituisce una idea di conoscenza e di esperienza del mondo, è
molto in voga tutt’ora l’affermazione di N che non esistono fatti, ma solo interpretazioni  porta al pluralismo
epistemico che ritroviamo in alcune intuizioni scientifiche, in quanto anche la scienza con le grandi
trasformazioni scientifiche del primo 900 inizia a perdere il carattere positivia e deterministico che l’aveva
contraddistinta in modernità e ammette una pluralità di interpretazioni. Il principio Heisenberg ci testimonia la
indicibilità della conoscenza: la fisica arriva a dichiarare che la posizione dell’atomo non è decidibile in
maniera univoca assoluta.

Ciò lo vediamo anche nell’arte: T mostrava come oggi una delle posizioni più significative in ambito artistico
per quanto concerne la possibile definizione di arte è legata all’accettazione della sua indicibilità: non è una
rinuncia all’arte, ma alla pretesa di poter stabilire una definizione univoca di arte che sarebbe il frutto di una
pluralità infinita di fenomeni e prospettive
In parallelo il cosmo perde qualsiasi idea di fondamento oggettivo, non solo nel senso antico e
premoderno, ma anche in senso moderno di fondamento scientifico e razionale. Tutta la cultura
contemporanea è caratterizzata dalle sue analisi che fanno dalla scienza alla filosofia da un linguaggio di
tipo debole e liquido (Baumann parla della modernità liquida, in Smith si trova l’immagine dell’avvento di una
forma culturale gassosa nella modernità, vaporizzazione dell’arte…), il processo nichilista di perdita del
fondamento è spinto alle massime conseguenze
Cosa succede al mondo dell’immagine?
 L’immagine pre moderno è coincidenza di particolar e universale
 L’immagine moderna è manifestazione del particolare in sé
 La post modernità è svuotata di qualsiasi forma e viene a coincidere non più con il simbolo, ma con
quello che Baudrillard definisce come simulacro, riprendendo un’immagine platonico, ma è definibile
come la copia priva di originale: l’immagine post moderna sarebbe un simulacro ovvero una copia
priva di originale, una copia priva di una paradigma che viene copiato, andrebbe a manifestare la
dimensione di vuoto e nulla originatasi con il processo nichilista proprio del moderno

A COSA SERVE QUESTA SCANSIONE?


Questo tipo di scansione ci permette di individuare una serie di costanti sullo studio dell’immagine che
connettono e distinguono una lettura simbolico arcaico dell’immagine (es. eliade) per passare alla modernità
(es. Maffesoli) con il carattere vuoto dell’immagine contemporanea che non svaluta in senso morale o di
giudizio-valore l’immagini contemporanee, ma cerca di ricostruire la fenomenologica.
Kenotico  aggettivo dal greco kenosis, significa svuotamento, si parla del processo kenotico ovvero
svuotamento sul piano ontologico sostanziale che riguarda anche il mondo del immagine

Concetti che vanno a racchiudere epoche, strumenti provvisori che ci permettono di dare un quadro
interpretativo con una certa efficacia. Concetti con una doppia sfaccettatura:
1. Storico e cronologico  si può parlare di modernità, definendo pre modernità ciò che precede la
nascita del moderno e parlando di post modernità per indicare un’epoca recente sorta dal collasso
della modernità. Posizioni che tendono a destituire di senso la scissione moderna e postmoderna
riunendo in una sola categoria.
2. Triplice possibilità di lettura del mondo della realtà  meglio parlare di moderno, premoderno e
postmoderno, aggettivo declinato e attribuito in maniera più relativa allo sguardo dell’individuo o
civiltà che legge lo sfondo post-pre o moderno. Essendo le definizioni generali, in realtà le 3
possibilità si danno spesso nella storia come compossibili: nella modernità assistiamo a civiltà e
autori che rivendicano uno sguardo premoderno sulle cose, come alcuni che intuiscono una visione
che prelude al post moderno  funzione teoretico interpretativo. La storia permette di mostrare
come da un punto di vista quantitativo le visioni si siano cristallizzate in culture e posizioni filosofiche
che hanno espresso posizioni diverse espresse con questa pluralità di concetti

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