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I Misteri Eleusini

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Centro studi filosofici

Contenuti
Introduzione alla Sapienza esoterica occidentale 1. Il sapere iniziatico ed il suo insegnamento 2. Le parole del sacro nella tradizione misterica 3. Sciamanesimo, oracoli e sapienza nellantica Ellade 4. I Misteri Eleusini 5. I Misteri Dionisiaci 6. I Misteri Orfici 7. Socrate e la tradizione iniziatica 8. Platone e l'esoterismo: un'introduzione 9. Plotino e le vie per l'estasi filosofica Filosofia esoterica comparativa

I Misteri Eleusini
di Attilio Quattrocchi

1. Il divino uno e molteplice nella tradizione filosofica I pi famosi misteri greci furono quelli che si celebravano ad Eleusi, una citt di origine orientale ed occidentale micenea le cui remote tradizioni religiose vennero nel tempo progressivamente integrate 2. Buddha, Socrate e con quelle della vicina citt di Atene. Pirrone: dallo scetticismo al misticismo Eleusi, distante appena una ventina di chilometri dalla pi potente citt dellAttica, fu Psicologia, filosofia ed esoterismo celebre in tutta lantichit per il santuario di Demetra e Kore, costruito sullestremit sud-orientale dellacropoli sin dal 1500 circa avanti Cristo, periodo a cui si deve gi riferire la costruzione del telesterion, la sala destinata alle iniziazioni misteriche.

1. Psicologia e Filosofia per Parzialmente distrutto durante le guerre persiane, il tempio fu ricostruito da Cimone (480un nuovo Umanesimo: 450 a.C.), ampliato da Pericle e dai Romani, fu saccheggiato e chiuso dai Cristiani con dalla terapia leditto di Teodosio (381 d.C.) e distrutto definitivamente da Alarico nel 396. all'autorealizzazione stato riportato alla luce con scavi archeologici intrapresi dal 1817. Tale era la fama dei misteri di Eleusi che Pausania afferm: I Greci pi antichi consideravano i misteri di Eleusi tanto superiori in onore a tutti gli atti che riguardano la religione, quanto gli di sono superiori agli eroi (Pausania, 10, 31, 11; Colli, v. I, p.115) Lo stesso Cicerone, nel mondo latino, celebr i misteri e rifer ad essi, oltre allincivilimento dei costumi umani, la conoscenza del principio della vita e la speranza di una felice sopravvivenza dopo la morte. Infatti cos dice: e daltra parte nulla di meglio di quei misteri, che ci hanno affinati e addolciti da una vita rozza e feroce a una cultura umana, e le iniziazioni (initia), come vengono chiamate. Cos in verit abbiamo conosciuto i princpi della vita e non solo abbiamo ricevuto con letizia la ragione del vivere, ma anche con una speranza migliore quella del morire. (Cicerone, Sulle leggi, 2, 14, 36)

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IL MITO
A causa del segreto che veniva imposto agli iniziati le notizie che ci sono giunte circa le sacre cerimonie sono scarse e per giunta molte di esse sono di provenienza cristiana, quindi non del tutto affidabili a causa della prospettiva critica della nuova religione di origine palestinese nei confronti delle religioni pagane. Il documento scritto pi antico circa i misteri eleusini costituito da un inno omerico a Demetra (), la dea delle messi che i latini identificarono con la loro Cerere (Ceres, Cereris), che si fa risalire al VII secolo avanti Cristo. Esso fa riferimento al mito fondativo del tempio: esso racconta come alla Dea venisse rapita la figlia Core ( = figlia, fanciulla), nota anche come Persefone () che i latini chiameranno Proserpina ad opera del dio degli Inferi, Ade (, Plutone). Vagando disperata alla sua ricerca, Demetra (il cui nome significa: la Terra Madre) giunse appunto ad Eleusi, ove venne ospitalmente accolta dalla famiglia del re. La dea per gratitudine volle nascostamente rendere immortale il figlio del sovrano attraverso una sacra immersione nel fuoco ma, la madre del bimbo, avendo scorto il rito, atterrita ruppe lincantesimo. Demetra continu a vagare alla ricerca della figlia e nel pieno della collera per non averla rinvenuta caus una terribile carestia; ci port alla fine ad un accordo con Ade in base al quale Persefone avrebbe trascorso tre quarti dellanno con la madre sulla Terra e laltro quarto agli Inferi con lo sposo. evidente la simbologia relativa al ciclo vegetativo e tale correlazione sottolineata dal particolare che il mito racconta secondo cui fu la Dea stessa ad insegnare a Trittolemo la coltivazione del grano. In effetti le fonti ci confermano che al culmine della iniziazione eleusina si mostrava alladepto, in silenzio, una spiga di grano.

I GRADI INIZIATICI E LE PROVE


I sacerdoti che conducevano le iniziazioni erano diversi da quelli che operavano nel vicino tempio di Demetra Eleusina; essi erano chiamati mistagoghi, cio coloro che guidano i misti ed appartenevano a due famiglie che svolgevano il compito da antica tradizione: gli Eumolpidi ed i Kerici. Colui che presiedeva al rito era lo ierofante (letteralmente: colui che mostra, fa apparire le cose sacre) che poteva essere anche una donna: in una iscrizione che ci pervenuta, infatti, si parla di una madre santa che mostrava la telet delle dee con chiaro riferimento a Demetra e Kore (CIA, III, 737). Alla cerimonia partecipava anche un deduks, un portatore di fiaccola. Lo studioso Victor Magnien ha distinto, sulla base delle fonti, tre gradi iniziatici: quello dei Piccoli Misteri, quello dei Grandi Misteri e quello della Epopteia. La gerarchia sacerdotale sembra corrispondere alle diverse fasi del processo iniziatico e alle connesse diverse funzioni: i sacerdoti che dovevano accogliere i neofiti dovevano aver ricevuto una iniziazione particolare, definita holoclere (da = completo) che conferiva il potere di purificare; al secondo grado gerarchico cerano i sacerdoti che potevano conferire la telet e che per svolgere tale funzione avevano ricevuto la iniziazione sacerdotale; infine cerano i sacerdoti che potevano conferire la epopteia in quanto titolari di una iniziazione ierofantica. Quindi ai tre gradi iniziatici corrispondevano esattamente i tre gradi dufficio sacerdotale. Al di sopra di tutti cera un supremo sacerdote indicato dalle fonti con nomi diversi. Per ci che concerne il rito ben pochi sono gli elementi che conosciamo attraverso specifiche testimonianze. Da Clemente Alessandrino sappiamo, ad esempio, che liniziato allatto della cerimonia recitava la formula (synthema): Ho digiunato, ho bevuto il ciceone (kikon), ho preso gli oggetti dal cesto (kiste) ,
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ho lavorato e ho rimesso nel cesto alto (klathos) e da l nellaltro cesto (kiste). (Proptrettico, 2, 21, 2) Il ciceone era una bevanda fatta con farina e menta; quanto al lavorare, gli studiosi sulla base di un testo di Teofrasto, linterpretano come il macinare del grano in un mortaio: tutti atti cui si dava evidentemente un significato simbolico. Da Ippolito testimoniato che: gli ateniesi, nelliniziazione di Eleusi, mostrano a coloro che sono ammessi al grado supremo il grande e mirabile e perfettissimo mistero epoptico in silenzio: la spiga di grano e poi continua enigmaticamente: lo ierofante in persona che si reso impotente con la cicuta e si staccato da ogni generazione carnale, di notte ad Eleusi, in mezzo alla luce delle fiaccole, nel compiere il rituale dei grandi ed ineffabili misteri, grida e urla proclamando: Brim, la Signora, ha generato il sacro fanciullo Brimos . (Ippolito, Confutazione, 5, 8, 39-40) Per alcuni studiosi il grido dello ierofante sembra riferirsi alla nascita di Iacchos/Bacco dalla madre Persefone. Il candidato passava attraverso una serie di prove che servivano a vagliarne le capacit e, sembra, soprattutto il coraggio, necessario per sostenere le visioni a volte sconvolgenti che venivano indotte nel processo iniziatico stesso. Proclo, ad esempio, ha cos testimoniato: nelle teletai i misti, poich vedono delle apparizioni indicibili e dei simboli terrifici, divengono pi atti a ricevere liniziazione ed hanno pi vivo il desiderio di riceverla (Proclo, in Plat. Alcib., ed. Creuzer, p. 61) In unaltra opera lo stesso filosofo ha scritto: Come nella pi santa delle iniziazioni, i misti, si dice, incontrano la prima genesi, vedendo apparire dinanzi a loro di dagli aspetti molteplici e dalle molteplici forme, ma, essendo abili e fortificati dalla telet, ricevono nel loro seno lilluminazione; ed ancora: Gli di presentano molteplici forme, spesso mutando apparenza. Talvolta presentano una fiamma di forma indeterminata, talvolta una fiamma in forma di uomo, talvolta in altra forma. E ci ci trasmesso dalla mistagogia di origine divina. (Proclo, in Polit ., p. 379) Infine lo stesso autore ribadisce in un altro passo: Per gli stessi motivi, nelle pi sante delle iniziazioni, dinanzi alla presenza di un dio, simboli di demoni ctoni appaiono e spettacoli che turbano coloro che vengono iniziati Cos gli di ordinano di non guardarli prima di prima di essere fortificati dalle forze che vengono dalle iniziazioni. (Proclo, in Plat. Alcib., ed. Creuzer, p. 39)

L EPOPTEIA
Il grado epoptico, il terzo e quello culminante della iniziazione, rimasto, significativamente, meno testimoniato. Il miste vi veniva ammesso ad un anno di distanza dalliniziazione ai Grandi Misteri. In effetti cos definisce gli epopti l antica enciclopedia Suida: Coloro che ricevono i Misteri si chiamano allinizio misti e, un anno dopo, epopti ed efori (cio sorveglianti). (Cit. dall Enc. delle Rel., Vallardi, 1128) Plutarco, parlando di Demetrio che aspirava a ricevere contemporaneamente le tre iniziazioni, scrive: Ora ci non era permesso e mai prima si era fatto, ma i Piccoli Misteri si celebrano nel mese di Antesterione e i Grandi nel mese di Boedromione. Lepoptica si
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riceveva, poi, al pi presto un anno dopo i Grandi Misteri. (Plutarco, Demetrius, 26, apud Magnien) Forse il testo pi utile, anzi per molti aspetti fondamentale, per comprendere la natura dellesperienza epoptica, sempre di Plutarco, il seguente: Lanima al momento della morte, prova la medesima impressione provata da coloro che sono iniziati ai Grandi Misteri. La parola e la cosa si somigliano: si dice teleutn (morire) e telisthai (essere iniziato). Prima vi sono delle cose a caso, penosi ritorni, inquietanti cammini interminati attraverso le tenebre. Poi, prima del termine, il fragore al colmo, il brivido, il tremito, il sudore freddo, lo spavento. Ma poi una meravigliosa luce si offre agli occhi, si passa in puri luoghi e in praterie, dove risuonano voci e danze. Parole sacre e divine apparizioni ispirano un religioso rispetto. Allora luomo, perfetto ed iniziato, divenuto libero e passeggiando senza costrizione, celebra i Misteri con una corona sul capo, vive con gli uomini puri e santi, vede sulla terra la folla di quelli che non sono iniziati e purificati schiacciarsi e pressarsi nella palude e nelle tenebre e, per timore della morte, attardarsi nei mali, per lerrore di credere nella felicit di laggi. (Plutarco, fr. 178, Sandbach, Stobeo, 4, 52, 49; Colli, p.113) E Apuleio fa dire ad un iniziato sostanzialmente le medesime cose collegando lesperienza del distacco dellanima dal corpo con la visione mistica ottenuta con il santo rito. La telet permette agli iniziati di non avere lo stesso terrore della morte che prova luomo comune poich essi lesperienza della morte lhanno provata gi da vivi e sanno che essa solo un passaggio ed il preludio di una possibile felicit ultraterrena nel mondo degli di: Raggiunsi il confine della morte, dopo aver varcato la soglia di Proserpina fui condotto attraverso tutti gli elementi, e ritornai indietro. A met della notte vidi un sole lampeggiante di fulgida luce. Mi presentai al cospetto degli di inferi e degli di superni, e proprio da vicino li venerai (Apuleio, Metamorfosi, 11, 23; Colli, p. 113) Il mutamento di coscienza che avveniva nelliniziato era straordinario; egli viveva dopo quellevento di nuove certezze. Un retore, parlando dellesperienza che aveva provato ad Eleusi, afferm: Uscii dalla sala dei Misteri sentendomi totalmente diverso straniero a me stesso) (Sopatro, Reth. Gr., VIII, p. 114) (letteralmente:

Ma i testi pi autorevoli e famosi che ci parlano dellesperienza epoptica sono quelli di Platone nel Fedro e nel Simposio. In un passo del Fedro il filosofo indica i due diversi destini degli uomini: quello delle persone comuni legate alla sola vita dei sensi e che si nutrono del cibo dellopinione, cio non giungono mai per quel motivo alla vera conoscenza della Realt, e coloro che, invece, iniziati (attraverso i sacri riti o la filosofia), sono capaci di pervenire alla pianura della verit poich hanno nutrito la parte pi elevata della loro anima, quella che ha le ali, cio che tende alla dimensione metafisica. Esiste dunque per Platone una parte inferiore dellanima ed quella legata alla vita del corpo, quella che si pu intendere come linsieme delle forze vitali, appetitive, istintive ed emozionali ma luomo ha in s anche una parte dellanima superiore. Questa parte pi elevata sidentifica con la consapevolezza e lalta razionalit e si esprime nella ricerca del Bene, del Bello e del Vero. Cos intesa la filosofia, nutrita dalle aspirazioni pi elevate, ha la stessa funzione del rito iniziatico: quella di guidare lanima verso il divino e per questo si pu definire filosofia epoptica. Ecco appunto quello che ci dice il testo: Tutte le anime che non sono state iniziate provando un grande tormento si allontanano dalla visione dellEssere e, essendosi del tutto distaccate dalla Verit si nutrono con il cibo dell'opinione. Ma a causa di ci esse provano una grande e tormentosa difficolt a vedere la pianura della verit e scoprire dov: il pascolo che si addice alla parte migliore dellanima si trae appunto dalla prateria di lass, e di questa si nutre la natura delle penne e delle piume da cui lanima, resa leggera, viene sollevata (Platone, Fedro, 244 e 245 a. Trad. dellaut.) In un altro celebre passo il fondatore dellAccademia descrive con toni di mistico entusiasmo la condizione di beatitudine oltremondana degli iniziati che sanno elevarsi verso lAlto grazie alla loro purificazione ottenuta col distacco rituale dal corpo. questo corpo/carcere/tomba che ci vincola al mondo materiale, esso che va trasceso: E la Bellezza era fulgida a vedersi nel tempo in cui vedemmo, assieme al coro felice, la beata apparizione e visione, noi nel corteggio di Zeus e altri al seguito di un altro dio, ed eravamo iniziati in quella che giusto chiamare la pi beata delle iniziazioni, quel rito segreto che celebravamo, noi stessi integralmente perfetti e
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sottratti a tutti i mali che ci attendevano nel tempo successivo, mentre integralmente perfette e semplici e senza tremore e felici erano le apparizioni entro uno splendore puro in cui eravamo iniziati e raggiungevamo il culmine della contemplazione: puri noi stessi, senza essere sigillati nella tomba che ora appunto portiamo in giro e chiamiamo corpo, avvinti strettamente a lui come lostrica al suo guscio (Platone, Fedro, 250 b-c; Colli, I, p.103) Nella tradizione iniziatica si afferma costantemente che lanima deve ricordare la sua origine divina e che per far ci deve identificarsi con la sua essenza: tali concetti furono alla base, com noto, sia della filosofia socratica del conosci te stesso che di quella platonica, esplicitamente metafisica. Cos si comprende perch la connessione tra Conoscenza e Ricordo sia cos costante e rilevante nel pensiero del fondatore dellAccademia: non dobbiamo, per cos dire, costruirci un io divino, perch il nostro stesso io, nelle sua profonda essenza, divino lo gi lo deve solo ricordare, far ritornare alla luce della sua consapevolezza ordinaria. Per tutto questo, sempre nel Fedro, Platone collega il tema del ricordo con quello della perfetta iniziazione: Un uomo che si serva correttamente di tali ricordi, iniziato ai sempre pi perfetti misteri, lui solo diventa veramente perfetto. Allontanandosi poi dai comuni oggetti delle preoccupazioni umane e divenendo tutto volto alle cose divine, viene giudicato dai pi come se fosse un folle, ma essi non si accorgono che ha il dio dentro di s (entousizon) (Platone, Fedro, 249 c-d; trad. dellaut.) Tale linguaggio e tali concetti iniziatici sono presenti anche in un altro capolavoro platonico, il celebre Simposio, laddove si racconta come il grande Socrate (che loracolo di Delfi aveva indicato come il pi sapiente tra gli uomini) chieda con lumilt di un qualsiasi adepto (una umilt non certamente ironica!) di essere iniziato ai Misteri dAmore proprio ad una Sacerdotessa, Diotma di Mantinea. E significativo che costei, al primo approccio, dichiara di non essere certa che il filosofo abbia le qualit per essere iniziato ai misteri e, ancor pi, al grado epoptico, quello pi elevato. Tale passo proprio per questo particolarmente significativo: Platone, mettendo in bocca a Diotma quelle affermazioni lascia proprio ad intendere che le mere capacit razionali, intellettuali, di cui evidentemente Socrate era straordinariamente dotato, di per s non sono sufficienti a che si venga accettati al rito iniziatico. Perch questo si possa compiere bisogna vagliare le aspirazioni profonde dellaspirante, saggiarne la qualit morale, verificarne insomma la tensione metafisica, cio quella che volge lindividuo al Vero, al Bene, al Bello. Se non esistono tali presupposti, liniziato non sapr sublimare lEros e volgerlo dal piano fisico/corporeo a quello spirituale/metafisico. Cos infatti Diotma si rivolge a Socrate prima diniziarlo: A queste dottrine dAmore (t erotik), dunque, forse anche tu, o Socrate, potresti essere iniziato; ma ai Misteri (t tlea) e ancor pi a quelli Epoptici (epoptik), in virt ed in ragione dei quali esistono quelle dottrine sulleros, se si procede correttamente, non so se ne saresti capace (Platone, Simposio, 209 e - 210 a; trad. dellaut.) Svelato il Mistero, compiuta liniziazione, Socrate comprende che lAmore per sua natura volge al Trascendente e che quando lo si conosce nella sua purezza, nella sua assolutezza non contaminata dalla materia e dalla volgare passionalit, si manifester misticamente come la insopprimibile aspirazione alla Bellezza in s. Questa nella sua pura essenza sidentifica con il Divino che attrae tutti gli esseri, li affascina e li beatifica. Dopo aver illustrato i gradi del processo iniziatico dAmore, Diotma descrive lesperienza di chi perviene al suo livello supremo: A colui che sia giunto al grado supremo (tlos) della iniziazione amorosa, allimprovviso si riveler una realt meravigliosa per sua natura, quella stessa, o Socrate, in vista della quale sono state sopportate tutte le fatiche precedenti: una bellezza eterna, che non nasce e non muore E il Bello (t kaln) neppure si render visibile a lui come un volto n apparir come un concetto o una conoscenza di tipo razionale si manifester come esso per s e con s, sempre identico a se stesso (Platone, Simposio, 210 e 211 b; trad. aut.) Una suprema illuminazione ottenuta attraverso un processo di conoscenza intuitiva:
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questa lo scopo vero e comune delle iniziazioni e della filosofia epoptica, cio di quella parte della filosofia, la pi essenziale, che si propone la conoscenza metafisica. Aristotele per questo chiam la metafisica (tale termine verr usato solo in seguito dal sistematore delle sue opere, Andronico di Rodi) la filosofia prima o, anche, teologia, giacch il Principio Primo coincide con Dio stesso. Il pi grande discepolo di Platone, lo afferma con grande chiarezza descrivendo lesperienza mistica/misterica con gli stessi modi con cui si descritta in Oriente quella del samadhi, del satori o del nirvana: questa esperienza come lapparire improvviso di una luce interiore allanima: La conoscenza intuitiva (noesis) del mondo spirituale, puro, santo, lampeggiando allimprovviso come un fulmine nellanima ci permise allora di toccare e vedere (la Suprema Realt). Perci sia Platone, sia Aristotele chiamano questa parte della filosofia liniziazione suprema (epoptikn), in quanto coloro che hanno toccato direttamente la pura verit circa essa(la realt metafisica), ritengono di aver conseguito il fine della filosofia (tlos philosophias), lo stesso che nella iniziazione (en teleti). (Aristotele, Eudemo, fr. 10; Colli, I, p.107) Nella tradizione media e neo-platonica si adott in effetti una tripartizione progressiva della filosofia, suddivisa in etica fisica epoptica: lepoptica rappresentava il punto culminante del sapere e per questo corrispondeva alla metafisica ed alla teologia. Plutarco, uno dei pi tipici rappresentanti del medioplatonismo, commentando la settima lettera platonica ribadisce che la filosofia ha il compito di superare il piano delle varie opinioni prodotte dallintelletto discorsivo per poter cos giungere ad una piena apprensione mistica, sovrarazionale, del Principio Primo. Per questo, a suo parere, il fine della filosofia conseguire quella condizione epoptica della coscienza che stato da sempre in Grecia il fine di tutti i misteri. Bisogna attraverso l'intuizione (noesis), dice Plutarco, percepire il Principio primo del mondo che puro e intelligibile, cio spirituale e per questo conoscibile in virt della sola coscienza. Tale mondo, cio tale realt, ben diversa da quella sensibile, multiforme e caduca a cui ci limitano le nostre corporee facolt di percezione. Solo con lintuizione se ne pu avere conoscenza, si pu contemplarlo. Con la contemplazione c una pura estatica visione del Principio Divino resa possibile attraverso larresto di ogni processo logico-discorsivo. Ma proprio la ragione che per giungere a tale condizione contemplativa deve superare dialetticamente le opinioni e le dottrine da essa stessa elaborate. Tale trascendimento si verifica quando ne percepisce l'inconsistenza e l'inadeguatezza ma permane lo slancio conoscitivo, il desiderio erotico di conoscenza, cio la filo-sofa che orienta a quel punto lanima verso lAlto: sempre puro il principio, non pu essere mescolato ci che primo e intelligibile. [...] E lintuizione () dellintelligibile, del puro e del semplice, che lampeggia attraverso lanima come un fulmine, permette talvolta di toccarlo (&) e di contemplarlo () tutto dun tratto (). per questo che Platone e Aristotele chiamano epoptica () tale settore della filosofia: alludendo cio al fatto che quanti siano riusciti a superare con la ragione ( &) il mondo delle varie opinioni, del composto, del multiforme, si slanciano verso ci che primo ( ), semplice e immateriale; e se giungono a toccare direttamente ( ) la verit pura che irraggia da esso, raggiungono come in una iniziazione il fine della filosofia ( ) (Platone, De Iside et Osiride, 382 d-e). Teone di Smirne il filosofo e matematico, padre della celebre Ipazia (370/375 415 d. C.) la quale fu a capo della scuola neoplatonica di Alessandria sino alla sua tragica morte ad opera dei cristiani, ribad con assoluta chiarezza tali concetti: La filosofia , possiamo dire, una iniziazione () alla vera perfezione ( ) e una trasmissione dei veri misteri ( ). Vi sono cinque parti delliniziazione (). La prima la purificazione () [...]. Dopo questa purificazione, viene la trasmissione delliniziazione ( ). La terza viene chiamata visione (). La quarta, che la perfezione della visione ( ), la fasciatura () e limposizione della corona ( ), con la quale si in grado di trasmettere agli altri le iniziazioni () acquisite, sia attraverso il portare le fiaccole (), sia attraverso il mostrare le cose sacre
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() o qualche altro ufficio sacerdotale (). Al quinto e ultimo posto, risultato di tutto quanto precede, troviamo la felicit () che deriva dallessere amato da Dio () e dalla vita con gli dei ( ) (Teone di Smirne, Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem, pp. 14-15 Hiller = pp. 20-23 Dupuis).

LIMMORTALITA NELLA BEATITUDINE


Il testo dellinno omerico, il pi antico dei Misteri Eleusini, ci conferma che gi da epoca molto antica il mito ed il rito erano connessi alla speranza di una vita oltremondana felice: e Demetra a tutti mostr i riti misterici, a Trittolemo e a Polisseno, e inoltre a Diocle, i riti santi, che non si possono trasgredire n apprendere n proferire: difatti una grande attonita e atterrita reverenza per gli di impedisce la voce. Felice colui, tra gli uomini viventi sulla terra, che ha visto queste cose: chi invece non stato iniziato ai sacri riti, chi non ha avuto questa sorte non avr mai un uguale destino, da morto, nelle umide tenebre marcescenti di laggi. (Omero, Inno a Demetra, 476-482) Il testo straordinariamente significativo perch mette in correlazione i riti misterici (rgia) con la visione- mistica, appunto!- (popen= ha visto) e lo stato di beatitudine (lbios = felice). Altri elementi essenziali della tradizione eleusina gi ben presenti nei versi sono quelli della assoluta segretezza circa lintero rituale ed il fatto che esso non si possa apprendere come una qualche nozione o per conoscenza indiretta, n pertanto si possa proferire. Tale un silenzio non era solo imposto, per cos dire, esteriormente, come cio norma convenzionaleda rispettare allinterno di quella particolare forma ed organizzazione religiosa, ma un silenzio sacrale perch legato ad una particolare esperienza di ordine metafisico, dunque incomprensibile per i profani. Questi temi della segretezza, della visione diretta del divino, della beatitudine anche oltremondana riservata agli iniziati, della ineffabilit, non solo collegano in quella lontana antichit la tradizione mistico-esoterica occidentale con quella orientale (si pensi alle Upanishad) ma, si pu dire, costituiranno lessenza stessa dellesoterismo filosofico greco (da Pitagora a Plotino). Lo stesso Platone, del resto, ribadir questi concetti nella sua celebre Settima Lettera. La celebrazione dei misteri si attuava in due fasi: a primavera venivano celebrati i Piccoli Misteri, che avevano un carattere preparatorio, quindi essenzialmente catartico, agli inizi di ottobre si celebravano i Grandi Misteri. Il tutto avveniva con pubblica solennit e tradizionali processioni da Eleusi ad Atene e viceversa. Quando il corteo degli iniziandi ritornava al tempio iniziava la sacra cerimonia, la telet. Il rito, ci dicono le fonti, comprendeva tre elementi: 1) le cose dette (ta legmena); 2) le cose compiute (ta drmena); 3) le cose mostrate (ta deiknymena). Il significato preciso di tale testimonianza difficile da definire. Quello che sembra certo che lespressione le cose dette non si riferisse ad una qualche dottrina o, quantomeno, che il centro della esperienza iniziatica non consistesse in una astratta teoria ma in una trasmutazione indotta dello stato di coscienza delladepto. Su questo punto fu molto chiaro Aristotele un cui frammento (il 15, Sulla filosofia) pone una netta distinzione tra ci che pu essere appreso (diremmo noi per maggior chiarezza: mentalmente, razionalmente e che lui qualifica come didaktikn e ci che, invece, si apprendeva mistericamente per via intuitiva: t telestikn. Cos dice infatti lo Stagirita: (Ci che didattico) gli uomini lo apprendono attraverso ludito, invece ci che misterico lo si apprende quando la capacit intuitiva stessa () subisce lilluminazione (), e autocitandosi aggiunge: Il che appunto fu chiamato anche misterico da Aristotele e simile alle iniziazioni di Eleusi; in queste infatti liniziato () spiritualmente trasformato dalle sue visioni, ma non riceve un insegnamento (Il testo in G. Colli, La Sapienza Greca, Milano, 1977, pp. 106-108. La personale traduzione che qui si presenta leggermente difforme).

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Gli studiosi ammettono comunemente che, alla luce dei pochi documenti pervenutici, molto arduo capire la connessione tra il mito di Demetra ed il rito eleusino. comunque certo che le testimonianze collegano costantemente il rito ed il particolare tipo di conoscenza che vi si acquisiva al destino oltremondano; anche Sofocle ci riporta tale diffusa convinzione: O tre volte felici quelli fra i mortali che vanno nellAde dopo aver contemplato questi misteri: difatti solo per essi laggi c una vita, mentre per gli altri l vi sono tutti mali. (Sofocle, fr. 837; Colli, p.95) E Pindaro dice: Felice chi entra sotto la terra dopo aver visto quelle cose: conosce la fine della vita, conosce anche il principio del tutto dato da Zeus (Pindaro, fr. 137; Colli, p.93) Non diversamente Aristofane fa cos cantare gli iniziati nella loro beatitudine celeste: Avanziamo sui prati fioriti dove abbondano le rose, giocando alla nostra maniera, la pi vicina alle belle danze, sotto la guida delle Moire felici. Per noi soltanto gioioso il sole e il lume delle torce, per tutti noi che siamo iniziati e abbiamo condotto una vita religiosa verso gli stranieri e i concittadini. (Aristofane, Rane, 448-459; Colli, p. 97-99) E si noti come per Aristofane il titolo della beatitudine sia connesso vuoi alliniziazione, vuoi alla vita morale manifestata nei confronti degli altri, siano essi concittadini che stranieri. C un termine ricorrente con cui si esprime la purezza degli iniziati, sioi, termine utilizzato anche nella tradizione orfica e bacchica come attestano Euripide (fr. 472, v. 15) e Plotino (Enn., I, 6, 6). Che la purit non fosse solo rituale, cio formale, lo attestano anche le prescrizioni che vietavano le iniziazioni agli impuri come spergiuri, violatori dellospitalit, assassini.

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