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UN CHICCO DI MELOGRANO

come nacquero le stagioni

Questa storia si svolge in un tempo prima del nostro tempo, quando gli Dei percorrevano ancora le strade
degli uomini e capitava spesso di incontrarli, non come oggi, che è molto più difficile, perché si sono
nascosti in luoghi misteriosi.

Una ragazza coglieva fiori su un morbido prato insieme alle figlie dell’Oceano: si chiamava Persefone e sua
madre era Demetra dalla spada d’oro, la Dea delle spighe di grano. Coglieva le rose, il croco e le belle viole,
l’iris, il giacinto ed il narciso, che era apparso sulla terra proprio quel giorno, per la prima volta.

Nell’istante in cui Persefone tendeva la mano verso il fiore splendente, la terra si aprì con fragore, e dagli
abissi apparve il Signore dell’Oltretomba, Ade, il più tremendo degli Dei, che regnava sui mortie dominava
gli Inferi. Il suo carro era trainato da cavalli del colore del tuono, ed il suo mantello era cupo come le
tenebre.

Ade rapì la fanciulla e la portò con sé nelle profondità della terra, per farne la sua regina. Persefone gridava
di paura, un grido così forte da scuotere il cielo, eppure nessuno lo udì, fra gli immortali e gli umani,
nessuno tranne la piccola Ecate, dea della notte.

Quando Demetra scoprì che la figlia era stata rapita, diventò pazza di dolore. Si strappò il velo dai capelli, e
si lanciò come un uccello sulle terre e sul mare, cercando ovunque la figlia per nove lunghi giorni, con i
mano due fiaccole, chiamando forte il suo nome, disperata.

Nessuno poteva aiutarla, tranne Ecate. “Ho sentito il suo grido – disse la dea – ma non so dove sia sparita.”
Demetra si rivolse allora ad Helios, il dio del sole, che vede tutto dall’alto, con il suo occhio abbagliante. “Tu
sai cosa è accaduto a mia figlia! Ti supplico, dimmelo!”. Helios le rispose: “Demetra maestosa, so che è
stato Ade a rapire tua figlia, per farne la sua sposa, la sovrana dell’Aldilà.” Nessuna notizia poteva essere
più spaventosa. Persefone, sottoterra, era come se fosse morta.

Demetra vagò a lungo per il mondo degli umani, nascondendosi sotto le sembianze di una vecchia, finché si
ritirò in un tempio magnifico, sulla vetta più alta. Demetra visse là a lungo, rinchiusa, in preda alla nostalgia
della figlia, ed adirata con gli sciocchi mortali, incapaci di comprendere la grandezza degli Dei. Ma, senza il
suo aiuto, la terra non produceva più frutti, il mondo era arido e spento.

Un eterno inverno era sceso sugli uomini. Zeus, Signore del Cielo, padre di tutti gli Dei, era impietosito per
la sorte dei mortali, e mandò la sua messaggera, Iride, la dea dell’arcobaleno, che dopo le tempeste traccia
nell’aria i colori della pace. “Demetra, ti prego, in nome di Zeus – implorò Iride – torna con noi nell’Olimpo,
fra gli immortali!”
Ma la dea era vestita di scuro come il suo cuore indurito per il tormento: e così scura e indurita era la terra,
senza più primavere, senza le calde estati; il mondo era morto, com’era morto l’animo di Demetra.

Uno per uno vennero gli Dei a visitarla, portandole ricchi doni. Non servì a niente. Zeus allora si risolse a
chiamare l’altro suo messaggero, il magnifico Hermes, dalle ali ai piedi e con lo scettro alato, attorno a cui
sono avvolti due serpenti intrecciati. Lo inviò sottoterra, nell’Oltretomba, dove Ade viveva insieme a
Persefone.

“Signore dei morti, padrone degli abissi – supplicò Hermes – lascia che la figlia di Demetra ritorni sulla terra,
sua madre la aspetta, piena di nostalgia.” Ade, che amava la sposa, le domandò cosa preferisse: “Persefone,
davvero vuoi tornare sulla terra da tua madre?”

La fanciulla assentì silenziosa, ed Ade capì che non poteva trattenerla per sempre in un luogo dove non
desiderava restare. Ma, durante la cena d’addio, le offrì i magici semi del melograno, avvolti in dolci chicchi
trasparenti come i rubini. Persefone non sapeva che significato avessero quei frutti.
Grande fu la gioia di Demetra quando di nuovo la scorse: vide la figlia uscire dalla terra, e scendere agile dal
carro di Ade, ancora in corsa, per riabbracciare la madre. A lungo si chiamarono per nome e si strinsero, a
lungo si guardarono negli occhi con muti gesti d’affetto, ed in quel momento la gioia della dea si diffuse
sulla terra, rendendola di nuovo fertile: sbocciarono ancora i fiori, gli alberi si caricarono di frutti, pesanti e
colorati sui rami dalle verdi foglie, brillanti sotto il sole.

“Rimarrai sempre con me, Persefone adorata”, sussurrò Demetra alla figlia, ma all’improvviso un dubbio la
turbò. “Cosa ti diede da mangiare Ade, prima di lasciarti ritornare?”. E Persefone, pronta: “Mi preparò una
ricca cena, mamma, ma io non toccai niente, per l’emozione di rivederti. Accettai soltanto qualche chicco
del bel melograno dorato.”

Fu come se un fulmine avesse colpito la dea. Sapeva cosa significasse quel dono, lei che era la sovrana dei
frutti: i semi di melograno avrebbero legato la figlia al mondo dei morti, costringendolo a tornare dal suo
sposo, almeno temporaneamente.

Così, per sempre, una volta all’anno, Persefone tornava nell’Aldilà, presso Ade, il suo sposo: ed allora la
terra moriva lentamente, mentre l’autunno si trasformava in inverno.

I semi dormivano sotto le zolle, finché veniva il tempo in cui Persefone poteva abbandonare l’Oltretomba
per riabbracciare sua madre, e solo allora nel mondo tornava la primavera.

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